il gioco degli inganni - Cineforum del Circolo

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il gioco degli inganni - Cineforum del Circolo
i quaderni del cineforum
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MARTINA CASTOLDI
IL GIOCO DEGLI
INGANNI
ALFRED HITCHCOCK
racconta:
Martina Castoldi
IL GIOCO DEGLI
INGANNI
CIRCOLO FAMILIARE DI UNITÀ PROLETARIA
CINEFORUM DEL CIRCOLO
OTTOBRE - NOVEMBRE
2014
INTRODUZIONE
Perché fare una rassegna su Alfred Hitchcock?
Sono diverse le generazioni ad essere cresciute guardando Uccelli, Intrigo internazionale e La finestra sul
cortile.
Molti di noi hanno apprezzato il suo humor e il suo profilo nelle storie di Hitchcock presenta.
Il pubblico ancora oggi cerca nei primi dieci minuti di film la sua inconfondibile sagoma, immancabilmente
nascosta tra le comparse, come Wally in mezzo alla folla.
Tutti sappiamo che si tratta di un autore che ha rivoluzionato la storia del cinema: ha sperimentato nuove
tecniche, ha raccontato il fragile mondo della psiche umana e delle relazioni.
E dunque, perché fare una rassegna su un regista così noto, visto e studiato?
Per due motivi semplicissimi.
Il primo è che un autore così complesso non lo si conosce mai a sufficienza. Ogni volta che si vede un film di
Hitchcock si scopre qualche cosa di nuovo, un particolare, che può cambiare la complessiva visione del film.
L’atmosfera di condivisione e confronto che si crea in una situazione come quella di un cineforum, costituisce
un’occasione per vedere (o rivedere) la stessa pellicola con una nuova prospettiva.
Il secondo, molto più importante, è che Hitchcock è uno dei rari autori i cui film, a ogni visione, regalano un
piacere universalmente partecipato: lo spettatore freme nell’attesa della risoluzione del mistero, si identifica
perfettamente con i personaggi e cede ai maliziosi meccanismi psicologici delle trame.
Con questa rassegna presentiamo uno dei tanti volti di Alfred Hitchcock, ma soprattutto speriamo di condividere
il piacere di rivederlo insieme su un grande schermo.
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BIOGRAFIA
IL PERIODO INGLESE
L’infanzia
Alfred Hitchcock è nato il 13 agosto del 1899, nell’East End di Londra. Suo padre aveva un negozio di
alimentari, e lo delineava un carattere austero, fortemente devoto alla religione cattolica e molto severo. Il
piccolo Alfred è cresciuto in un ambiente di grandi privazioni e punizioni esemplari; è ormai noto l’episodio
in cui il padre lo spedì, all’età di circa otto anni, in un commissariato di polizia con in mano un biglietto. Una
volta letta la nota del padre, il poliziotto chiuse il bambino in una cella, dicendogli “ecco cosa facciamo ai
bambini cattivi!”.
Insieme alla severità del padre, Hitchcock fu accompagnato nella sua crescita da una rigida formazione cattolica.
Anche i suoi studi sono stati condotti in un istituto gesuita. Indubbiamente, l’iconografia cattolica, e un senso
netto dell’etica e della morale, sono stati tratti riconoscibili del suo lavoro.
Grazie ad una straordinaria predisposizione per il disegno, sembrava dovesse intraprendere la carriera di
ingegnere; una forte attrazione verso il mondo dell’arte lo portò ad abbandonare presto questa direzione per
entrare in un’agenzia pubblicitaria, come disegnatore di manifesti.
I primi incarichi
La vera passione di Hitchcock, però, era il cinema: nel 1920, grazie ad un colpo di fortuna trovò lavoro presso
una casa di produzione americana come disegnatore di titoli e di didascalie. Presto, grazie alla sua indiscutibile
bravura, divenne capo della sezione addetta ai titoli. Grazie a questo primo incarico, ha potuto per prima cosa
lavorare a stretto contatto con diversi sceneggiatori americani, imparando a scrivere sotto la guida dei migliori
dell’epoca. Ha poi soprattutto dedotto un insegnamento prezioso: i migliori registi usavano pochissime
didascalie, perché erano in grado di spiegare tutto tramite le immagini. Questa sarà sempre una caratteristica
di Hitchcock, i cui dialoghi sono spesso di contorno, più che esplicativi di una situazione. I misteri, i pensieri
dei suoi personaggi, si descrivono tramite giochi di sguardi, campi e contro campi, l’uso dell’arte del montaggio
come scheletro narrativo, insomma, attraverso quella che lui chiama “la fabbrica dell’immagine”.
Nel 1923 gli venne assegnato il posto di aiuto regista alla ditta Gainsborough, e in breve tempo cominciò la
produzione di alcuni film interamente suoi: Number Thirteen, il suo primo lavoro in assoluto, rimasto
incompiuto. Successivamente The Pleasure Garden (1925) e The Mountain Eagle (1926). Questi lavori
aiutarono Alfred ad affermarsi ufficialmente come regista e a costruirsi una certa fama.
Lavorando alla Gainsbourgh, Hitchcock incontrò anche Alma Reville, che allora lavorava al montaggio e come
segretaria di edizione. Alma diventerà la moglie di Hitchcock nel 1926, nonché fondamentale compagna d’arte.
The lodger
Uscito nel 1926, è il film che ha segnato ufficialmente l’avvio della carriera di Hitchcock. Anche lui stesso
non ha mai esitato a definirlo il primo vero film di Hitchcock. Innanzitutto, è stato il primo vero successo;
infatti il film ebbe un’accoglienza più che favorevole, sia da parte del pubblico che della critica.
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Alfred Hitchcock nel giorno del suo matrimonio
In secondo luogo perché cominciano a apparire alcune delle tematiche più importanti per il regista, che
ritroveremo sempre nel suo lavoro. Si tratta infatti del primo poliziesco, l’inizio di un sodalizio con il mistero
e il brivido che porterà avanti per tutta la carriera. Soprattutto, entra in scena per la prima volta il tema del
capro espiatorio, l’innocente contro il quale convergono tutti gli indizi, a cui si attribuisce una funzione di
minaccia che in realtà non ha. Approfondiremo ulteriormente l’importanza di questo film più avanti, nel capitolo
dedicato alle pellicole che vedremo in questa rassegna.
Sull’onda di questo successo, la Gainsbourgh affidò a Hitchcock un nuovo lavoro, dal titolo Downhill (1927),
che però non ebbe la stessa accoglienza.
La fine del muto e la British International
A ventisette anni era considerato la più grande promessa del cinema britannico. Ricevette moltissime offerte
di lavoro, da tutta la Gran Bretagna. Scelse la casa di prduzione British International, e strinse un accordo con
il produttore John Maxwell. Quest’ultimo, diede al giovane piena libertà, e Hitchcock negli anni successivi
lavorò sia come sceneggiatore che come regista, producendo quattro film muti e sei sonori, nonché alcuni dei
lavori più importanti del periodo inglese.
In particolare bisogna ricordare The Ring (1927), che affronta un altro tema tipicamente hitchcockiano, ovvero
l’adulterio. Racconta infatti la storia di un triangolo amoroso, tra un boxeur, il suo allenatore e la moglie di
quest’ultimo. Pur avendo il taglio di un melodramma popolare, il film è ricco di notazioni e di attenzione ai
particolari.
Nel 1929 torna nuovamente al tema poliziesco con il film Blackmail. Racconta le vicissitudini di Alice, giovane
di buona famiglia fidanzata con un detective. Una sera un pittore la assale per violentarla, e lei nel tentativo di
difendersi lo accoltella. Un uomo l’ha vista entrare in casa del pittore e conosce il suo delitto, e per questo
comincia a ricattarla. Tutti i sospetti ricadono però su di lui, grazie proprio al fidanzato di Alice, che lo arresta
come colpevole. Alice, però, tormentata dal rimorso, confessa alla fine la verità. Di Blackmail esistono due
versioni, una muta e una sonorizzata successivamente. Con il sonoro, privato dalle didascalie, il film rivela in
modo ancora più netto la straordinaria potenza suggestiva delle immagini.
Con questi film Hitchcock ha messo ulteriormente in luce la grande influenza che la religione cattolica ha
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esercitato su di lui, raccontando i tormenti del senso di colpa e delineando i giusti comportamenti morali da
assumere nella vita.
Murder! (1930) affronta invece per la prima volta il tema dell’omosessualità, che Hitchcock riprenderà in film
successivi come Rope e Strangers On A Train. In questo caso, l’assassino è un pederasta, che soffre della sua
condizione, considerandola una colpa. Inoltre si rivela incapace di vero amore, perché, per non essere scoperto,
lascia che a prendere la colpa del delitto sia la sua fidanzata. Riferendosi a questa pellicola, Chabrol afferma:
Allorchè Hitchcock approfondisce – nei film prima citati – il problema dell’omosessualità, ci accorgiamo che
la sua riprovazione della pederastia si fonda appunto sull’impossibilità di un amore omosessuale autentico,
in quanto tale amore è solo un’imitazione e, di conseguenza, sempre unilaterale.
Il Feuilleton
A seguito dello scarso successo dei film successivi a Murder!, quali Rich and Strange (1932) e Number
Seventeen (1932), Hitchcock decise di dedicarsi interamente ai polizieschi, nei quali riusciva al suo meglio.
Partendo da questo, cerca però di creare un nuovo genere, un feuilleton, una fusione tra il film di spionaggio,
ricco di intelligenza e di approfondimenti psicologici, pieno d’azione e di suspence, decorato però da gag e
momenti di grande spirito. Arriva lentamente ad una combinazione perfetta, realizzata con il film The Man
Who Knew Too Much (1934). La trama del film è piuttosto nota: una coppia in vacanza a Saint-Moritz sente
per sbaglio le parole di un agente segreto in punto di morte: “ci sarà un attentato all’Albert Hall”. Per tener
loro la bocca chiusa, la banda di terroristi rapisce la figlia della coppia. Alla fine riusciranno a sventare
l’attentato, e a far arrestare i rapitori. Il film aveva una serie di difetti tecnici, dovuti soprattutto all’uso ancora
poco pratico del sonoro, tanto che Hitchcock volle rifarlo nel 1956. Nonostante questo, il film si è dimostrato
uno straordinario successo, grazie soprattutto a Peter Lorre, che calzava perfettamente i panni dell’uomo cattivo.
Anche i film successivi, tra gli ultimi del periodo inglese, sono una rielaborazione della mescolanza tra giallo
e commedia, suspance, avventura e facili risate. Esemplari sono The Thirty-nine Steps (1935) e The Secret
Agent (1936). In quest’ultimo, in particolare, troviamo un’innovazione geniale: a rivestire il ruolo comico è il
cattivo, disegnato come simpatico e affascinante.
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ISopra: una scena di Blackmail (1929). Alfred Hitchcock è il viaggiatore seduto a sinistra.
A lato: The Lodger.
IL PERIODO AMERICANO
Selznick e Rebecca
Nel 1939, Hitchcock strinse un accordo con David O’Selznick, il produttore di Gone With The Wind. In realtà,
erano moltissime le case di produzione che ambivano ad assumere il giovane prodigio inglese; Hitchcock
scelse però Selznick perchè questo gli accordò di girare un film tratto da Rebecca, il romanzo di Daphne Du
Maurier, e questa promessa lo convinse definitivamente. Partì quindi con la moglie e la figlia per Hollywood.
Il primo film del periodo americano è stato dunque Rebecca (1940), film che rivelò per la prima volta la
straordinaria maturità artistica di Hitchcock, e che rappresentava il compimento di un percorso complesso.
Probabilmente, anche il cambiamento di ambiente, il salto in avanti che la sua carriera aveva fatto e il fertile
mondo cinematografico che trovò ad Hollywood, contribuirono a stimolare le straordinarie potenzialità
artistiche del regista.
Rebecca, che ha vinto il premio Oscar come miglior film dell’anno, ed è il primo vero e proprio capolavoro
del “maestro del brivido”, ha consacrato definitivamente il nome di Alfred Hitchcok. Oltre alle sue doti come
regista, Hitchcock mette anche alla prova la sua abilità nella gestione degli attori: a differenza della Gran
Bretagna, Hollywood offre una vastissima scelta di attori estremamente preparati.
L’avventura americana continua
Dopo questo straordinario successo, Hitchcock, anche se aveva un contratto esclusivo con Selznick per i
successivi sette anni, veniva “affittato” da altre case di produzione. Perciò realizzò per Selznick solo pochissimi
titoli.
Nel 1941 girò una vera e propria commedia americana, dal titolo Mr. & Mrs. Smith.
I signori Smith sono felicemente sposati. Scoprono però che, per un vizio di forma, il loro matrimonio è da
ritenersi non valido. Si separano quindi per un periodo, per mettere alla prova la loro indipendenza, entrando
però così in circolo vizioso di gelosie e tradimenti.
Per narrare questo film, Hitchcock non si è attenuto al classico e lineare schema della commedia, ma ha
sperimentato una nuova tecnica: il film si basa su dei continui cambi di soggettiva, da lui a lei, alternando i
punti di vista.
Hitchcock si sentì conquistato da questo esperimento sulla regia soggettiva, e decise di trovare un soggetto
che gli desse la possibilità di portare avanti le sue ricerche. Quest’occasione arrivò con Suspicion (1941), film
su cui aveva totale libertà, in quanto coproduttore.
Con questo film, il regista segue il punto di vista della protagonista, e tutte le atmosfere del film vengono
traviate dal suo sguardo; dall’idillio dell’amore iniziale fino al senso imminente di pericolo e di mistero.
Le tre facce della donna
Nel 1945 uscì il film Spellbound, che segna l’inizio del sodalizio con l’interprete Ingrid Bergman. Affascinato
dall’immagine e dalla bravura di quest’attrice, Hitch iniziò, lavorando con lei, uno studio sui personaggi
femminili, un approfondimento su tre diversi aspetti della donna.
In Spellbound, Ingrid Bergman interpreta la donna materna, l’angelo custode, l’inestimabile fonte di integrità
attraverso il quale chi le si avvicina ritrova il meglio di sé stesso.
Con Notorius (1946), invece la protagonista femminile è perduta, corrotta, smarrita. Sogna di dimenticare il
proprio passato per ricomporre i pezzi della propria anima, e solo l’amore vero può condurla a una redenzione.
Notorius è anche uno dei rari film politici di Hitchcock; troviamo un disegno minaccioso e cospiratorio del
nazismo, descritto quasi come una setta demoniaca, capace di mietere vittime anche fra le proprie fila.
In Under Capricorn (1949) infine, la Bergman rappresenta la donna colpevole, gravata di una cattiva coscienza.
È l’immagine femminile gravata dal senso di colpa, in cerca di espiazione.
La Transatlantic Pictures
Nel 1947, Hitchcock creò una società indipendente in collaborazione con Sidney Bernstein, proprietario di
un’importante catena di sale cinematografiche in Gran Bretagna, e così fondò la Transatlantic Pictures.
Finalmente il regista godeva di totale libertà nella scelta dei temi e delle tecniche cinematografiche con cui
lavorare. Era libero di sperimentare.
Nel 1948 girò Rope, film che in effetti fece molto parlare di sé; infatti è girato con un unico piano sequenza.
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Molti erano gli esperimenti dell’epoca sulle inquadrature molto lunghe, ma Hitch voleva superare il limite,
girando l’intero film con una sola inquadratura. Le critiche furono molte, non sempre favorevoli. André Bazin
scrisse:
Questa regia, fondata su una carrellata continuata, che poi è solo una successione ininterrotta di recadrages,
di reinquadrature, è tutt’altra cosa dall’inquadratura fissa di Welles e di Wyler, i quali riescono a integrare in
un solo quadro diversi momenti del montaggio virtuale.
Sostanzialmente, Bazin criticava il faticoso tentativo di evitare tagli, perchè il film ha comunque la forma di
un classico decoupage. Le inquadrature di Rope non riescono a ritrovare la profondità di campo e il dinamismo
dei film di Orson Welles.
Con i film successivi, Hitchcock ha approfondito ulteriormente una serie di tematiche per lui importanti, quali
il tema della menzogna (Stage Fright, 1950), il tema della confessione come sgravo della coscienza (I Confess,
1953) e il tema della pederastia e della psicosi (Strangers On Train, 1951).
Il contratto con la Paramount
Nel 1954 uscì La finestra sul cortile, uno dei film più significativi della carriera del regista.
Un fotoreporter, con una gamba rotta, è costretto su una sedia a rotelle in casa, accudito dalla fidanzata. Per
vincere la noia, con un cannocchiale sbircia il cortile del suo palazzo. Un po’ per deduzione e un po’ per
ingegnosità, giunge alla conclusione che il suo vicino abbia ucciso la moglie. Il suo guardare nel cortile diventa
così un’attesa, nella speranza sadica che gli eventi confermino la sua ipotesi. Il pubblico, attende e spera con
lui.
Il film affronta una tematica importantissima, l’essenza stessa del cinema: la visione, il voyerismo. Il pubblico
teme di vedere delusa la propria speranza, e si crea un sottile equilibrio tra il bisogno di vedere soddisfatta la propria
aspettativa e la speranza di non venire traditi da un evento troppo crudele e improvviso. Il nostro punto di vista si
identifica così con quello del protagonista, che a sua volta si identifica con il vicino assassino.
L’anno successivo a questo successo, ne seguì un altro: Caccia al ladro. Anche in questo, troviamo nuovamente il
tema del capro espiatorio, dello scambio. Questo film però ha soprattutto un merito straordinario dal punto di vista
della bellezza dell’immagine; Hitchcock dimostra di sapere usare il supporto del colore per rendere indimenticabili
le immagini. Il taglio registico è quasi da documentario, e lascia che la Costa Azzurra sia il suo set.
In alto a sinistra: Ingrid Bergman in Spellbound.
In alto a destra: con Cary Grant in Notorious.
A lato: l’attrice in una scena di Under Capricorn
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’ULTIMO PERIODO
I grandi successi
Dal 1956 girò una serie incontrastata di capolavori, che accrebbero ulteriormente la statura e la fama del
regista anglosassone.
L’uomo che sapeva troppo, Il ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Psyco, Gli uccelli,
Marnie. Non si tratta solo di un elenco di straordinari successi commerciali: questi film segnano un graduale
processo di crescita artistica, attraverso temi sempre più intimi, misteri fittissimi, trame in cui lo spettatore
rischia di perdere il proprio battito cardiaco, in cui solo la guida del regista potrà fare chiarezza.
Quello che però rende indimenticabili i film di Hitchcock, è lo studio dei rapporti umani, che rappresentano
il vero mistero: mentre nei film possono trovare una soluzione e un finale, non sempre nella vita si riesce a
delinearne un percorso così chiaro. Non il conflitto fisico, quindi, ma quello psicologico ed emotivo interessa
davvero il nostro regista, che spia le profonde verità dei
suoi personaggi.
Gli ultimi titoli e la morte
Dal 1966 in poi cominciò un lento declino fisico, che lo
portò gradualmente ad abbandonare il mondo del
cinema. L’ultimo grande successo, del 1972, fu Frenzy;
il film venne girato a Londra, dove venne accolto con
tutti gli onori.
Nel 1976 girò in suo ultimo film, Complotto di famiglia.
Morì nel 1980, dopo avere girato cinquantatre film e
avere indubbiamente cambiato la storia del cinema. Nel
1976 scrisse un’ultima lettera a François Truffaut:
In questo momento sono disperatamente alla ricerca di
un soggetto. Lei, come può rendersene conto, è libero di
fare ciò che vuole. Ma io non posso fare che quello che
ci si aspetta da me, cioè un film poliziesco e di suspence,
ed è proprio questo che trovo difficile fare. Verrebbe da
dire che tutte le sceneggiature parlano di neonazisti, di
palestinesi che si combattono contro degli israeliani e
così via. Sfortunatamente, vede, in nessuno di questi
soggetti si trova qualche spunto per un conflitto umano.
Come si fa a mettere un arabo in una commedia? Non
esiste, così come non esiste un soldato israeliano
divertente. Le sto dicendo queste cose, perchè simili
soggetti arrivano sul mio tavolo per essere esaminati.
Qualche volta mi viene da dire che la migliore commedia
o dramma potrebbero essere realizzati proprio qui, nel
mio ufficio, con Peggy Sue e Alma. La sola cosa
fastidiosa di questa idea è che una di loro dovrebbe
essere uccisa e ne sarei estremamente desolato...
In alto: Alfred Hitchcock con James Stewart sul set de La finestra sul cortile.
A fianco: Alfred Hitchcock con Kim Novak sul set de La donna che visse
due volte.
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IL GIOCO DEGLI INGANNI
In questa rassegna studiamo le tecniche cinematografiche e le strutture drammaturgiche con cui Hitchcock
gioca per tenere vivo l’interesse dello spettatore e allo stesso tempo per raccontare alcune essenziali conclusioni
sulla condizione umana.
Un consistente numero dei suoi film parte dall’espediente narrativo dell’inganno e della suspence: scambi di
persona, innocenti accusati ingiustamente e il doppio volto dell’essere umano costituiscono quasi sempre lo
scheletro della trama.
IL CAPRO ESPIATORIO
Il protagonista viene braccato dalla giustizia e dalle forze dell’ordine e deve disperatamente tentare di
dimostrare la propria innocenza.
La ricreazione di situazioni di questo genere identifica, per prima cosa, il riverenziale timore che Hitchcock
dimostra di provare nei confronti dell’Autorità. Essa costituisce un’ombra minacciosa, dalla quale è necessario
svincolarsi. Spesso l’Autorità si fa confondere dalle apparenze, e non è in grado di distinguere il vero dal falso.
Però, per quanto facilmente ingannabile, non è mai ingiusta: quando un innocente viene inseguito è comunque
perché tutti i sospetti sono contro di lui, il gioco del destino lo incatena.
La rappresentazione dell’uomo braccato è poi fondamentalmente la visione che Hitchcock ha della condizione
umana. L’esistenza dell’uomo può essere messa continuamente in discussione: il nostro equilibrio e la nostra
armonia sono appese a un filo sottilissimo e molto precario. A giocare un ruolo molto forte è invece la casualità:
un personaggio normalissimo, simile allo spettatore, per scherzo del fato precipita in un incubo dal quale deve
uscire in maniera del tutto autonoma.
LA SOGGETTIVA
La soggettiva è lo strumento cinematografico grazie al quale si riesce a rendere il punto di vista di un
determinato personaggio. Le immagini vengono montate con un ordine preciso, che permette al pubblico di
identificarsi completamente con il protagonista: vediamo coi suoi occhi, e l’associazione di immagini induce
nella nostra mente i suoi pensieri e le sue supposizioni.
In questo modo ne condividiamo i dubbi, i sospetti, le paure. Questo metodo narrativo, allontana lo spettatore
dall’oggettività della realtà: non siamo più in grado di vedere il mondo che circonda il personaggio con occhi
limpidi e neutrali, ma siamo traviati dalla sua emotività e dalla sua psiche.
Questa tecnica è uno dei mezzi grazie al quale Hitchcock crea la suspense, il potentissimo strumento che
trattiene l’attenzione dello spettatore.
Inoltre ci insegna ancora una volta che la visione del mondo è molto relativa: il nostro intelletto costituisce un
filtro enorme con il quale vediamo il mondo sempre distorto.
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L’APPARENZA
Un’altra caratteristica degli esseri umani raccontati da Hitchcock è che faticano moltissimo a distinguere il
falso dal vero, apparenza e realtà. Loro stessi sono spesso avvolti da un alone di mistero, di dubbio e di sospetto
che non permette neanche allo spettatore di distinguere con lucidità dove risieda la verità. Ognuno di loro vive
un interiore conflitto tra il bene e il male, l’innocenza e la colpa, la normalità e la follia, in un equilibrio
fragilissimo.
Gian Piero Brunetta scrive:
Non esiste normalità nel mondo hitchcockiano: il diaframma che separa normalità e follia o anormalità è
sottilissimo e non è possibile separare manicheisticamente i buoni dai cattivi, gli innocenti dai colpevoli, in
quanto gli uni sono le maschere e il doppio degli altri.
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I FILM
IL PENSIONANTE
Londra è terrorizzata da un maniaco omicida, “lo Squartatore”. Un giovane giunge in
una pensione familiare e il suo strano comportamento subito insospettisce la padrona
di casa; tutte le accuse sembrano ricadere sul pensionante, ma la figlia della padrona,
fidanzata con un poliziotto, non ascolta i propri genitori e stringe con lui una preziosa
amicizia.
Troviamo già alcuni dei temi e particolari che ritorneranno di
frequente nei film successivi. L’innocente: tutto sembra
congiurare contro di lui e il suo comportamento ne suggerisce
inevitabilmente la colpevolezza; le manette: simbolo di una libertà
alienata; gli oggetti: si attribuisce loro una funzione di minaccia che in
realtà non hanno. Rileviamo inoltre una ossessione dell’iconografia
cristiana: il protagonista, impigliato con le manette a una cancellata e la
folla che lo schernisce, evocano l’immagine del Cristo in croce.
Il film presenta già inoltre diversi virtuosismi tecnici: la fotografia è curata
con trovate originali e geniali. A esempio, una delle vittime, una donna
dai capelli biondi, è stata sdraiata su una lastra di vetro con i capelli sparsi,
illuminata da sotto, in modo che il bagliore dei capelli laceri l’oscurità.
Oppure, un altro esempio è l’inquadratura dal basso che mostra, grazie a
un soffitto trasparente, l’andirivieni del pensionante nella sua camera.
Prima però di mostrare i suoi passi in sovrimpressione, si mostra il
dondolio del lampadario sul soffitto, che già suggerisce il rumore dei passi
inquieti. Riguardo a questo film, Hitchcock dice:
Titolo originale The Lodger
Anno 1926
Paese di produzione Gran Bretagna
Soggetto dal romanzo di Marie Adelaide
Belloc-Lowndes
Sceneggiatura Alfred Hitchcock,
Eliot Stannard
Fotografia Gaetano Ventimiglia, Hal Young
Scenografia C. Wilfred Arnold,
Bertram Evans
Produzione Michael Balcom per la
Gainsborough
Cast Ivor Novello, June, Marie Ault, Arthur
Cresney, Malcolm Keen
Durata 90’
The Lodger è il primo film nel quale ho messo in pratica ciò che avevo appreso in Germania. Il mio rapporto
con questo film è stato del tutto istintivo; per la prima volta ho applicato il mio stile. In realtà, possiamo dire
che The Lodger è il mio primo film.
(…) Partendo da una trama semplice, sono stato costantemente animato dalla volontà di rappresentare per la
prima volta le mie idee in forma puramente visiva.
Ivor Novello, divo dell’epoca, crea un prototipo di protagonista hitchcockiano. Bello, misterioso, un po’
inquietante, di una dolcezza strana e triste, dallo sguardo romantico. Proprio per la sua fama, Hitchcock ha
dovuto adeguare il finale del film: un divo come lui doveva nel finale risultare per forza innocente.
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REBECCA, LA PRIMA MOGLIE
Una donna giovane e un po’ insicura sposa un lord bello e tenebroso; lui però è tormentato dal ricordo
della sua prima bellissima moglie Rebecca, morta tragicamente. La protagonista si trova a dovere
competere con una memoria, e sembra che mai potrà raggiungerne il livello. A tormentarla
ulteriormente è la governante, rimasta legata a Rebecca, che instaura con lei un terribile conflitto.
Rispetto al romanzo, che all’epoca veniva definito stucchevole e prolisso,
Hitchcock non cambia niente della trama, ma ne interpreta completamente
lo spirito, rendendolo un giallo fiabesco, moderno e inquietante (Rohmer e
Chabrol). Anche lo stesso regista definisce la protagonista come
Cenerentola, e la governante una delle sorellastre. Si tratta quindi di un
tentativo di richiamare le paure della nostra infanzia, attraverso la fiaba.
Rebecca però, prima di essere un misterioso thriller, è una storia di
formazione e di crescita. La nostra protagonista è una fanciulla indifesa alla
ricerca della propria libertà e identità; tutte le donne che gravitano intorno
a lei cercano di frenarla. La mortificano, la sminuiscono, facendole perdere
fiducia in sé stessa; prima Miss Van Hopper, di cui è dama di compagnia.
Poi la signora Danvers, l governante; il suo personaggio è stato costruito
con cura, e rappresenta, a parere di chi scrive, l’elemento più misterioso del
film. Hitchcock la descrive in questo modo:
La signora Danvers quasi non camminava, non la si vedeva mai muoversi,
da un posto all’altro. Si trovava lì, sempre lì, in piedi, immobile. Era un
mezzo per mostrare la situazione dal punto di vista della protagonista: non
sapeva mai dov’era la signora Danvers e così era più terrificante, veder
camminare la signora Danvers l’avrebbe umanizzata.
Titolo originale Rebecca
Anno 1940
Paese di produzione USA
Soggetto dal romanzo di Daphne du
Maurier
Sceneggiatura Robert E. Sherwood,
Joan Harrison, Philip MacDonald, Michael
Hogan (adattamento)
Fotografia George Barnes
Musiche Franz Waxman
Scenografia Lyle Wheeler
Produzione Selznick International
Pictures
Cast Joan Fontaine, Laurence Olivier,
George Sanders, Judith Anderson,
Nigel Bruce
Durata 130’
E infine la stessa Rebecca, con la sua lapidaria assenza, un’invisibilità che
la rende più che mai presente (notare che in tutto il film Hitchcock non
soddisfa mai la nostra curiosità, noi non vedremo mai nessuna immagine di
Rebecca). Liberata da questi fantasmi, la protagonista può
finalmente trovare la sua identità, mostrare di essere una donna
forte e coraggiosa.
Un altro personaggio fondamentale del film è proprio la casa; con
le sue chiavi e suoi segreti, sembra essere la custode della
memoria. Le riprese dall’esterno sono un modellino, compresa la
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strada che vi arriva.
L’aspetto però più importante del film, o che interessa più direttamente la nostra rassegna, è il gioco di
soggettive: la realtà cambia continuamente la sua faccia, traviata dalla visione della protagonista. Questo aiuta
non solo a creare un’atmosfera di mistero, ma coinvolge interamente lo spettatore, che si identifica totalmente,
non riesce a essere neutrale. Per cui ancora una volta la realtà non è quella che appare sotto gli occhi di tutti
(in questo caso i nostri), ma tutto può avere un secondo risvolto. Niente è quello che sembra.
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IL SOSPETTO
La giovane aristocratica inglese Lina sposa, contro il volere della famiglia, un farfallone. Solo dopo
il matrimonio, svanito l’idillio amoroso, Lina comincerà a sviluppare il tragico sospetto che il marito
la voglia uccidere, per intascare il premio assicurativo.
Il film è tratto dal romanzo di Francis Iles Before the Fact, dal quale si
discosta in maniera singolare, cambiandone però del tutto il significato.
Mentre nel romanzo Lina scopre che in effetti suo marito è proprio un
assassino, e che quindi sta realmente meditando di ucciderla, nel film è solo
il tarlo del dubbio a inquinare la serenità della coppia, e non abbiamo mai
nessuna certezza che i suoi sospetti siano fondati.
Tutta la prima parte è un’affascinante storia d’amore; Joan Fontain e Cary
Grant sono belli, innamorati, fatti l’uno per l’altra. Dal momento in cui si
insinua il sospetto, cambiano sia il tono che lo stile del film: il punto di vista
del narratore, fino a quel momento obbiettivo, si identifica completamente
con quello della donna. Il comportamento di Cary Grant ci appare sempre
più enigmatico, nonostante l’interpretazione dell’attore non sia
minimamente cambiata.
Anche in questo caso le soggettive catturano lo spettatore, che sente
corrodersi di dubbi tanto quanto la protagonista. Sono moltissimi gli
espedienti registici con cui l’immagine di Cary Grant assume dei contorni
sempre più inquietanti. In particolare, è fondamentale la scena del bicchiere
di latte. Mentre lui sale le scale, il liquido nel bicchiere brilla di luce propria
(Hitchcock vi aveva fatto mettere dentro una luce), per attirare i nostri occhi,
e farci pensare che sia avvelenato.
Noël Simsolo scrive:
Titolo originale Rebecca
Anno 1941
Paese di produzione USA
Soggetto Anthony Berkeley
Sceneggiatura Joan Harrison, Samson
Raphaelson, Alma Reville
Fotografia Harry Stradling Sr.
Musiche Franz Waxman
Scenografia Van Nest Polglase,
Darrell Silvera
Montaggio William Hamilton
Produzione RKO Radio Pictures
Cast Joan Fontaine, Cary Grant,
Cedric Hardwicke, Nigel Bruce, Dame
May Whitty
Durata 91’
La verità sfugge allo spettatore: è la donna che, in preda alla nevrosi, frigida
e incapace di amare un uomo, affascinata dalla morte, proietta su marito le
sue frustrazioni e i suoi impulsi autodistruttivi o è lui un bugiardo, amante
del lusso, così a corto di mezzi che per intascare il premio dell’assicurazione della vita della moglie è in
potenza e verosimilmente un
assassino?
Ancora una volta Hitchcock
gioca con l’inganno; tramite il
tema dello scambio, elimina
completamente la cortina del
comportamento, mostrando lo
scontro reale tra anime. Passa
dall’oggettivo al soggettivo,
sperimentando e esplorando il
funzionamento della psiche
umana.
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LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI
Harry Worp viene trovato morto nel bosco, nei pressi del paesino di Highwater, Vermont. Alcuni degli
strambi abitanti del paesino sono convinti di essere i responsabili della sua morte; chi sia il vero
colpevole, e cosa farne del cadavere, costituisce la congiura degli innocenti.
Dopo il successo di Caccia al ladro, la Paramount Pictures lasciò a
Hitchcock carta bianca, e lui decise di cominciare a lavorare sul breve
romanzo inglese di Jack Trevor Story, che lo aveva colpito per il suo
umorismo. Si tratta infatti di una trama grottesca, impreziosita da uno
spiccato humor inglese.
Con questo film, il regista sperimenta un’ inversione di tono. I temi sono
gli stessi: l’inganno, la soggettività, lo scambio e il senso di colpa.
L’atmosfera comica però li smitizza, li sdrammatizza; non per questo li priva
della loro importanza. È il desiderio di dimostrare che sono temi umani,
reali, riconducibili a ogni situazione quotidiana, ad avere spinto alla scelta
di questo film.
Hitchcock stesso afferma, nell’intervista fatta da Truffaut:
Questo film rispondeva al mio desiderio di stabilire un contrasto, di lottare
contro la tradizione, contro lo stereotipo. Ne La congiura degli innocenti
tolgo il melodramma dalla notte buia per portarlo alla luce del giorno.
Titolo originale The Trouble With Harry
Anno 1955
Paese di produzione USA
Soggetto dal romano di
Jack Trevor Story
Sceneggiatura John Michael Hayes
Fotografia Robert Burks
Musiche Bernard Herrmann,
Raymond Scott
Scenografia John B. Goodman,
Hal Pereira
Montaggio Alma Macrorie
Produzione Paramount Pictures
Effetti speciali John P. Fulton
Cast Edmund Gwenn, John Forsythe,
Mildred Natwick, Shirley MacLaine,
Mildred Dunnock, Jerry Mathers,
Royal Dano
Durata 99’
Tutto viene invertito, viene sovvertito ogni comportamento logico.
Per prima cosa, l’atteggiamento dei protagonisti nei confronti del cadavere:
nessuno di loro appare spaventato, né sembra provare alcun genere di pietà
per il morto, descritto in continuazione come un pessimo personaggio, un
cattivo padre e cattivo marito. Nessuno lo rimpiange, e l’unica
preoccupazione è quella di farlo sparire.
Il tema dell’innocenza e della colpevolezza cambiano completamente il loro
ordine; i protagonisti sono sicuri di essere responsabili della morte di Harry,
quasi desiderano rivendicarla. Anche chi sicuramente non è responsabile
della morte interviene nel gruppo con placida indifferenza, e si offre di aiutare a nascondere il cadavere, che
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per loro non conta proprio niente. È solo una cosa compromettente, l’importante è sbarazzarsene. Si parla di
lui come di un oggetto qualsiasi, come se farlo sparire fosse la cosa più naturale del mondo.
Tutto l’umorismo del film nasce da un unico meccanismo, sempre lo stesso, una specie di flemma esagerata;
si parla del cadavere come si parlerebbe di un pacchetto di sigarette (François Truffaut).
Si tratta sicuramente di uno dei film più amorali di Hitchcock, forse il più misantropo. Anche perchè il registro
scherzoso consente al regista di stimolare la nostra complicità, a identificarci; giungiamo alla conclusione che
gli esseri cinici e ignavi che vediamo valgono quanto valiamo noi.
Il film ebbe scarso successo di pubblico negli Stati Uniti, non avvezzo a questo umorismo un po’ surreale, ma
divenne un cult in Europa, in particolare in Francia. Proprio a Parigi è cominciato il suo successo, in un piccolo
cinema degli Champs-Elysées, dove doveva essere proiettato per un paio di settimane e invece rimase in
programmazione per quasi due mesi.
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FRENZY
Un maniaco sessuale terrorizza Londra, strangolando le donne con una cravatta. Per una serie di
sfortunate coincidenze, le accuse ricadono su Richard Blaney, un ex aviatore della RAF, che vive di
lavori saltuari e ha un debole per l'alcool. L'ultima vittima del serial killer è infatti la sua ex moglie,
Brenda.
Il film è ambientato a Londra, e i luoghi dell'infanzia del regista sono stati
il suo set. La scelta di girare nella capitale inglese è stata data soprattutto
dalla necessità pratica di tenere bassi i costi di produzione, ma è quasi
impossibile non leggere una certa ciclicità: il primo film, The lodger, parlava
di un serial killer di donne a Londra, e in questo film, il suo penultimo,
ritroviamo lo stesso tema e lo stesso ambiente. La città viene dipinta in modo
suggestivo e particolare, sicuramente per via dell'influenza dei ricordi del
regista. Si vedono i pub affollati, il mercato ortofrutticolo di Covent Garden,
dove da bambino si recava con il padre, il tribunale di Old Bailey, istituzione
simbolica e ambientazione prediletta delle scene di processo.
Il film racchiude in modo esemplare le tematiche di Hitchcock.
Per prima cosa, la congiura dell'innocente: il protagonista viene accusato di
tutti i crimini, e da solo deve fuggire, trovare l'assassino per discolparsi e
fare giustizia. Ovviamente, il regista è malizioso, e ammicca al pubblico;
nella scena iniziale, in cui viene ritrovato l'ultimo cadavere, il montaggio ci
mostra subito dopo il protagonista davanti allo specchio che si allaccia la
cravatta.
In secondo luogo, come in Psyco, ritorna a studiare l'orrore del delitto
sessuale, la patologia che si cela dietro ai comportamenti dello psicopatico.
Anche un gesto quotidiano come allacciarsi la cravatta diventa un modo di
uccidere: questo perché il confine tra normalità e follia è estremamente
labile.
Titolo originale Frenzy
Anno 1972
Paese di produzione Gran Bretagna
Soggetto Arthur La Bern
Sceneggiatura Anthony Shaffer
Fotografia Gilbert Taylor
Musiche BRon Goodwin
Scenografia Robert W. Laing
Montaggio John Jympson
Cast Jon Finch, Alec McCowen, Barry
Foster, Billie Whitelaw, Anna Massey,
Barbara Leigh-Hunt, Bernard Cribbins,
Vivien Merchant, Michael Bates
Durata 116’
La cravatta è l'arma del delitto ed è il leit-motiv del film, come rivela anche il celebre, avvolgente movimento
della macchina da presa che gira attorno alle vittime, stringendole come in “un nodo alla gola (Giorgio
Simonelli).
Il film ebbe uno straordinario successo di pubblico, in Europa e negli Stati Uniti. Fu presentato anche al Festival
di Cannes, fuori concorso, dove ricevette una lunga ovazione, sia da parte del pubblico che della critica.
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FILMOGRAFIA
1922 Numero 13 (Number 13) incompleto
1923 Always Tell Your Wife non accreditato
1925 Il Labirinto della passione (The Pleasure Garden)
1926 Aquila della Montagna (The Mountain Eagle)
L’inquilino (The Lodger-A Story of London Fog)
1927 Vinci per me! (The Ring)
Fragile Virtù (Easy Virtue)
Il Declino (Downhill-When a Boy Leave Home)
1928 La Moglie del Fattore (The Farmer’s Wife)
Tabarin di lusso (Champagne)
1929 Ricatto (Blackmail)
L’isola del peccato (The Manxman)
1930 Omicidio (Murder!)
Giunone e il Pavone (Juno and the Paycock)
Parla Elstree (Elstree Calling) qualche sketches
1931 Mary
Fiamma d’amore (The Skin Game)
1932 Ricco e Strano (Rich and Strange)
Numero Diciassette (Number Seventeen)
1933 Vienna di Strauss (Waltzes from Vienna)
1934 L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much)
1935 Il Club dei Trentanove (The 39 Steps)
1936 Amore e Mistero (Secret Agent)
Sabotaggio (Sabotage)
1937 Giovane e innocente (Young and Innocent)
1938 La signora scompare (The Lady Vanishes)
1939 La taverna della Giamaica (Jamaica Inn)
1940 L’isola degli uomini perduti (The House Across the Bay) non accreditato
Rebecca la prima moglie (Rebecca)
Il Prigioniero di Amsterdam (Foreign Correspondent)
1941 Il sospetto (Suspicion)
Il Signore e la Signora Smith (Mr. & Mrs. Smith)
1942 Sabotatori (Saboteur)
1943 L’ombra del dubbio (Shadow of a Doubt)
1944 Bon Voyage Cortometraggio
Aventure malgache Cortometraggio
Prigionieri dell’Oceano (Lifeboat)
1945 Io ti salverò (Spellbound)
1946 Notorious
1947 Il caso Paradine (The Paradine Case)
1948 Nodo alla gola-Cocktail per un cadavere (Rope)
1949 Il peccato di Lady Considine (Under Capricorn)
1950 Paura in palcoscenico (Stage Fright)
1951 L’altro uomo - delitto per delitto (Strangers on a Train)
1953 Io confesso (I Confess)
1954 Il delitto perfetto (Dial M for Murder)
La finestra sul cortile (Rear Window)
1955 La congiura degli innocenti (The Trouble with Harry)
Caccia al Ladro (To Catch a Thief)
1956 L'uomo che sapeva troppo (Man Who Knew Too Much)
Il ladro (The Wrong Man)
1958 La donna che visse due volte (Vertigo)
1959 Intrigo Internazionale (North by Northwest)
1960 Psyco (Psycho)
1963 Gli Uccelli (The Birds)
1964 Marnie
1966 Il sipario strappato (Torn Curtain)
1969 Topaz
1972 Frenzy
1976 Complotto di famiglia (Family Plot)
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QUIZ
DOVE È HITCHCOCK?
Trova i camei, individua Hitchcock fra le comparse!
IL PENSIONANTE
REBECCA
IL SOSPETTO
LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI
FRENZY
Tutte le soluzioni alla fine di ogni film!
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INDICE
Introduzione.......................................................................................................................................................3
Biografia............................................................................................................................................................4
Il gioco degli inganni........................................................................................................................................10
I film in rassegna............................................................................................................................................ .13
Il pensionante..................................................................................................................................... ..15
Rebecca, la prima moglie.....................................................................................................................16
Il sospetto.............................................................................................................................................18
La congiura degli innocenti.................................................................................................... .............19
Frenzy...................................................................................................................................................21
Filmografia.......................................................................................................................................................22
Quiz..................................................................................................................................................................23
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