Dal periodico "PUNTO D`INCONTRO" ISEO n. 29

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Dal periodico "PUNTO D`INCONTRO" ISEO n. 29
Titolo Rubrica: Chiacchierando con lo Psicologo
Titolo Articolo: “La musica del cervello”.
A cura di: Dott. Alessandro Faita – Psicologo e Psicoterapeuta. Studio "Metis", Via del Dosso,
16. Provaglio d'Iseo (BS). Tel.: 333 3322842. Sito Internet: www.psicologiainbreve.it
La musica, in forme apparentemente molto diverse, ha da sempre accompagnato la storia
degli esseri umani. La musica, inevitabilmente, entra in modo più o meno frequente nella vita
di tutti noi. Spesso viene considerata un accompagnamento, qualcosa di futile, di secondario
alla nostra esistenza. Dai dati derivanti dalle ricerche degli ultimi decenni, invece, emerge che
la musica svolge un ruolo molto importante sulla nostra vita.
La psicologia musicale è un campo interdisciplinare che lega la musica alla psicologia, e studia
gli aspetti psicologici (toccando anche i campi della sociologia, dell’antropologia e delle
neuroscienze) e gli effetti della musica sull’essere umano.
La musica ci aiuta a entrare in relazione con noi stessi, gli altri e il mondo.
La musica è un'esperienza universale, comune a tutte le culture. Ci insegna prima di tutto ad
ascoltare. Ciò allarga i confini del nostro essere, del nostro capire, del nostro sapere; ci porta
ad essere più consapevoli della relazione con l’altro, con l’ambiente, con noi stessi. Quindi
l’ascolto, elemento primo della musica, ci offre un’immensa possibilità: quella di fare parte
del patrimonio culturale, storico, artistico, sonoro dell’umanità. L’esperienza maturata in
vari studi e ricerche conferma che sia la musica, che il canto e la danza sono mezzi molto
efficaci per favorire lo sviluppo e l’organizzazione della struttura della mente e del cervello,
per permettere di esprimere emozioni, per costruire significative e valide relazioni e legami.
Emozione e sentimento affiorano come conseguenza dell’esperienza musicale cosciente.
L’esperienza musicale mi avvicina all’altro, incontro l’altro, ascolto l’altro e do un senso a
questo incontro. Il canto (a partire dalla respirazione, dalla pronuncia e dall’intonazione)
diventa canto corale, diventa produzione di una musica d’insieme, di emozioni e sentimenti
comuni che pongono i presupposti per una cultura della partecipazione. Questo “fare
insieme”, pedagogicamente, porta al senso di responsabilità.
Musica in età prenatale.
Gli studi nel campo della neurologia, fisiologia, psicologia e biochimica confermano
autorevolmente che, già dal terzo mese di gravidanza, il feto risponde agli stimoli sonori;
pertanto ancora nell'utero il futuro bambino sembra essere estremamente sensibile alla
struttura acustica del suono, quella che i linguisti chiamano prosodia. Inoltre, il bambino
nell'utero, a partire del sesto mese, è in grado non solo di sentire e ricordare ma anche di
apprendere.
Musica e sviluppo delle funzioni cognitive.
Il canto materno presenta caratteristiche importanti all'interno della relazione primaria
madre-neonato; è infatti una prima forma di comunicazione che favorisce lo sviluppo delle
funzioni cognitive nel bambino. Se la madre gli sussurra qualcosa da un orecchio e il padre
dall'altro, il neonato si girerà quasi invariabilmente verso la madre; se invece da una parte c'è
il padre e dall'altra un maschio estraneo, nell'ottanta per cento delle volte si volterà verso il
padre. Dai tre anni in poi, il bambino è in grado di sincronizzare il suono con movimenti della
mano, attività che diviene molto precisa nei musicisti.
Musica e piacere.
Robert Zatorre, ricercatore e scienziato della McGill University, sostiene che l'ascolto intenso
della musica favorisca il rilascio di dopamina nei centri del cervello deputati al piacere,
producendo effetti simili a quelli prodotti dal trovarci davanti ad un piatto prelibato, durante
l'attività sessuale o paragonabile all'estasi indotta dalla droga. Ciò sarebbe indipendente dal
genere musicale. Che sia allegro o triste il brano, l'importante è che l'ascoltatore ne sia
coinvolto a livello cerebrale.
Musica e intelligenza.
La musica rende più intelligenti? Secondo molti studi sembra di sì. L'ascolto e la pratica
musicale portano a benefici a breve e a lungo termine, dalla modifica dello stato attentivo e
motivazionale alla migliore interazione con le altre persone e al rispetto delle regole. Se un
bambino sceglie di seguire delle lezioni di musica, è probabile che sia più curioso e più
motivato di chi non lo fa. Inoltre l'effetto positivo si generalizza anche su ambiti non musicali:
la memoria verbale, le abilità matematiche e la lettura. Nel 2004 Schellenberg ha studiato
l'effetto Mozart ed ha appurato come l'ascolto della musica possa aumentare la prestazione di
una serie di compiti cognitivi. La musica possiede inoltre la capacità di modificare in positivo
l'umore delle persone e questo fatto influisce direttamente sulla prestazione che si ottiene in
compiti cognitivi.
Riassumendo: l'utilità della musica per noi e per i nostri figli.
Dalla mole di questi studi emergono delle considerazioni molto interessanti per il nostro
sviluppo personale e per quello dei nostri figli: 1) Educazione musicale: ascoltare musica, o
meglio apprendere come funziona la musica, prepara il bambino ad un migliore
apprendimento del linguaggio. Anche la semplice esposizione può fare molto, come hanno
anche dimostrato le ricerche sull'intelligenza e l'ascolto musicale (vedi il noto effetto Mozart).
2) Emozioni: chi ascolta musica è anche più bravo nel riconoscere le emozioni altrui. Abilità
fondamentale per saper comunicare bene con gli altri. 3) Lettura: è stato dimostrato che
ascoltare musica aiuta a leggere meglio. Chi legge bene ha un miglior orecchio musicale. 4)
Efficacia: la musicalità del linguaggio (la prosodia) è di fondamentale importanza per
l'efficacia che avrà il messaggio.
Musica e personalità.
Dai brani che più ci piacciono si possono comprendere i tratti di personalità di ciascuno di
noi? Due sono le ricerche più importanti che hanno cercato di dare una risposta affermativa a
questa domanda.
Uno studio dell'Università di Cambridge ha individuato le "cinque dimensioni delle
preferenze musicali" grazie alle quali sarebbe possibile risalire alle caratteristiche sonore e ai
tratti psicologici di chi le ascolta. Ad esempio, persone con forte preferenza per musica
classica e jazz tendono ad avere tratti della personalità associati con l'apertura (creatività o
fantasia) e la capacità verbale; chi ascolta musica popolare si rivela estroverso, socievole e
loquace ma tende ad avere idee convenzionali e ama il dogmatismo; chi ascolta pop rock,
musica soul e l'R&B solitamente è una persona romantica e in cerca di relax. Punk, rock,
heavy metal sono, sempre secondo i ricercatori, amati da chi cerca di caricarsi per sfidare un
ambiente circostante ritenuto ostile.
La ricerca più vasta in questo settore (che ha visto la partecipazione di 36.000 persone) è stata
condotta da Adrian North, docente di psicologia applicata dell’Heriot-Watt University di
Edimburgo. Si è cercato di individuare le connessioni fra 104 stili musicali e i tratti di
personalità di chi li ascolta. Una delle cose più sorprendenti emerse è la somiglianza tra i fan
della musica classica e quelli dell’heavy metal. Sono tutti e due creativi e disinvolti, ma non
estroversi. In genere, la gente ha in mente lo stereotipo del fan dell’heavy metal come
depresso, incline a pensieri suicidi o pericoloso per se stesso e la società; mentre si tratta,
invece, di persone tranquille e dai pensieri delicati. Ecco, brevemente, i risultati riferiti ad
alcuni stili musicali più diffusi: Blues: i fan sono caratterizzati da un’alta autostima, sono
persone creative, estroverse, gentili e disinvolte. Jazz: gli appassionati hanno una grande
autostima, creatività, sono estroversi e disinvolti. Dance: i fan sono creativi, estroversi ma non
gentili o miti. Musica classica: gli appassionati sono creativi, con grande autostima, introversi
ma alla mano. Rap: i fan hanno una buona autostima e sono molto estroversi. Rock/heavy
metal: i fan hanno una scarsa autostima, tanta creatività, non sono gran lavoratori, sono poco
estroversi, gentili e miti. Musica lirica: gli appassionati sono creativi e gentili.
La musica del cervello.
Qualche anno fa un'equipe di neurologi dell'Università degli Studi di Milano ha sviluppato
una metodica che permette di esplorare direttamente le proprietà elettrofisiologiche di diverse
aree della corteccia cerebrale umana, insondabili con altre tecniche, ed utile nella diagnosi di
pazienti affetti da diverse condizioni neurologiche e psichiatriche, come la depressione, la
schizofrenia, l'epilessia e il coma. In parole semplici: misurano le oscillazioni naturali della
corteccia e scoprono come trovare le «corde stonate»; queste oscillazioni producono una vera
e propria musica... la musica del cervello... sarà la musica del futuro?