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teatro com u n ale cl a u d i o a b b a d o f errara
danse d’école, ovvero li ha allargati; ha scelto linee
accademiche estremizzate, ballerine sulle punte, e
mentre Marie Chouinard da queste punte ha tratto
ispirazione per una estremismo quasi patologico (non
parliamo certo della sua Sagra della primavera...), Léiveillé potrebbe somigliare, se la
sua purezza tecnica con inflessioni
pure accademiche, non fosse attraversata da intenzionalità funzionali a un racconto sottotraccia
(la o le coppie) ad un nuovo Cunningham in arrivo. Così non è e
pour cause.
Solitudes Duo è infatti una pièce
ammiccante, briosa, e sorprendente, ma il suo linguaggio puro e i suoi
“corpo a corpo” insegnano quanto il contemporaneo odierno abbia acquisito un tenore anche aristocratico ed esclusivo: destinato a interpreti
molto allenati, a fluidità professionali certe, a una
naturalezza mantenuta in vita dall’assenza di virtuosistico egotico, a una semplicità per nulla spontanea,
ma frutto di un defatigante scavo nell’autocensura di
ogni orpello sia espressivo di troppo, sia manieristico.
Questo potrebbe essere, e già è il classico-contemporaneo, del presente; forse del futuro.
Per approfondire
Al termine dello spettacolo, Sala Teatrale
INCONTRO CON LA COMPAGNIA
Coordina Marinella Guatterini
da n z a co n tempora n ea 2 0 1 5
we associates
spazio implacabile mostrano la loro perfezione tecnica, lo sforzo per mantenerla nel respiro, e l’espressività. Di certo, però, in Solitudes Duo è in gioco un
quesito non più identitario bensì basato sulla natura
delle relazioni umane “a due”, uomo-donna,
uomo-uomo, donna-donna, in un mondo
in cui, a detta dello stesso coreografo,
“ogni tipo di rapporto è ampiamente condizionato da una tecnologia
tendente a isolare gli individui
più che ad unirli tra loro”. L’amore può essere screziato di tensioni
continue e trasformarsi nel suo
contrario, la lotta può non finire
mai, l’amicizia crepa le ossa di chi
si dice compagno. E Bach con i suoi
violini barocchi non poteva bastare a questa purezza velata da ombre; perciò si confronta con
musica pop-rock (Pancrace Royal) e con altri classici
ma contemporanei.
Certo in questa danza pura anche se gestuale, fatta di piccoli scatti e di minimalistiche illustrazioni
del quotidiano, ravvisiamo un nucleo tematico caro
a molti metteur en danse. Ma la bellezza pregnante
e il linguaggio, all’apparenza quasi “classico” e “di
contatto” di Léiveillé ci informano su molti aspetti
della danza contemporanea che potrebbero essere
fraintesi. Anzitutto la sorprendente trasformazione
di almeno una parte della scena québecchese dagli
anni Ottanta a oggi. Lo stesso già citato Lock ha fatto confluire le sue spericolatezze entro i confini della
foto Denis Farley
Il prossimo spettacolo
Giovedì 3 dicembre, ore 21:00
COLLETTIVO CINETICO_ italia
Amleto
concept, regia e voce Francesca Pennini
INFO E VENDITA
Biglietteria T 0532 202675
[email protected]
www.teatrocomunaleferrara.it
con il sostegno di
Comune di Ferrara
Regione Emilia Romagna
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Sabato 28 novembre, ore 21:00
DANIE L
L É V EI L L É
DAN S E _ F O C U S Q U É B E C
S O L I T UDE S DUO
DANIEL LÉVEILLÉ
DANSE_
foto Denis Farley
da n z a co n tempora n ea 2 0 1 5
FOCUS QUÉBEC
S O L I T UDE S DUO
coreografia Daniel Léveillé
musica Jean-Sébastien Bach, Pancrase Royer,
classici contemporanei
disegno luci Marc Parent
costumi Geneviève Lizotte
ripetitrice Sophie Corriveau
regia Armando Gomez Rubio
danza Mathieu Campeau, Ellen Furey,
Esther Gaudette, Justin Gionet,
Brianna Lombardo, Emmanuel Proulx,
Simon Renaud
Durata dello spettacolo 60 minuti
PRIMA ITALIANA
produzione Daniel Léveillé Danse
coproduzione CanDance Creation Funds (Canada); Festival
TransAmériques (Canada); Kinosaki International Arts
Centre (Japon); Theater im Pumpenhaus (Allemagne);
Centre chorégraphique national de Rillieux-la-Pape/Yuval
Pick (France); Agora de la Danse (Canada); Brian Webb
Dance cie (Canada); Centre national des arts (Canada);
CDC Atelier de Paris-Carolyn Carlson (France); Studio Bizz
(Canada).
con il sostegno di
SOLITUDES DUO:
DANZE PURE MA COPPIE “PARLANTI”
di Marinella Guatterini
Se si considera che la data di nascita di Daniel
Léveillé è di due anni anteriore a quella di Édouard
Lock, ovvero del canadese d’adozione (nato nel 1954
in Marocco) che per primo, all’inizi degli anni Ottanta,
fece conoscere, con il suo spericolato gruppo La La La
Human Steps, la forza espressiva di un Paese artisticamente non schiacciato dalla vicinanza con gli Stati
Uniti d’America, qualche conto potrebbe non tornare.
Nonostante il suo apprendistato nella coreografia fosse iniziato molto presto, nel 1978, quando creò Les
bas rouge e Ocre per Louise Lécavalier, proprio la danzatrice allora musa di Lock, il cammino di Léveillé, architetto in formazione sino al 1977, verso il successo
nel milieu della danza internazionale è stato alquanto
tortuoso. O almeno così pare ai nostri occhi adusi a
coreografi del francofono Québec, come, in particolare, Marie Chouinard (da poco ospite di questa preziosa vetrina ferrarese) ascesi con regolare velocità a
una vetta dalla quale si viene presi in considerazione
da pubblico e critica anche estranei al proprio luogo
natale. Tuttavia, le strade della coreografia sono per
fortuna diverse, e non meno variegati i modi per giungere a una personale riconoscibilità d’autore.
Forse non è casuale il fatto che Daniele Léveillé e
la sua compagnia nominale siano stati invitati alla
Biennale Danza di Venezia “solo” nel 2010. Quando
ancora l’istituzione era diretta da Ismael Ivo, il gruppo
dell’artista, nato a Sainte Rosalie, venne presentato
come “una delle punte più avanzate e in assoluto più
originali della danza québecchese”. Nella città lagunare egli presentò in prima nazionale e per la prima
volta in sequenza Amour, acide et noix (2001), La
pudeur des icebergs (2004) e Crépuscule des océans
(2007). In questa trilogia intitolata Anatomy of the
imperfection, composta con meditata lentezza, possiamo ravvisare i prodromi estetici di Solitudes Duo (2015) ora al debutto a Ferrara.
L’ultima creazione di Léveillé coinvolge sette, eccellenti, danzatori
ed è il frutto più recente di una
sperimentazione iniziata proprio
nel giro di boa del terzo Millennio
e tutta volta, per l’ex architetto,
innamorato del design e delle arti
visive, a spogliare il corpo da ogni
gruccia ausiliaria: scene, costumi
(da allora ridotti all’essenziale quando
non assenti del tutto come in Amour, acide
et noix proposto all’indomani del debutto a “MilanoOltre”) gettati alle ortiche, allo scopo di dar vita a un
viaggio austero: “una discesa nelle arcaiche profondità per mostrare l’inesorabile condizione umana di
vulnerabilità”, come ebbe a precisare, all’epoca, lo
stesso coreografo.
Per questa sua nuova avventura, il coreografo refrattario ai compromessi di un mercato teso a richiedere
agli artisti creazioni nuove, in velocità, Léveillé scelse
come compagna la musica del passato: Bach, soprattutto (Sonate e Partite per violino solo) che irrora la
pièce Solitudes Solo del 2012 dalla quale Solitudes
Duo prende le mosse. Dubitiamo, tuttavia, che questa
espansione in forma di duetti abbia a che fare con
i successi internazionali e con la premiazione a “miglior coreografia della stagione
2012-2013”, attribuita a Solitudes
Solo dal Consiglio delle Arti e delle Lettere del Québec. Crediamo
piuttosto nella necessità del coreografo di estendere e precisare
una scrittura coreografica quasi
riarsa nella sua economia di movimenti, composta di brevi sequenze ancora imperniate sul rapporto tra
movimento e stasi ma ormai anche irrorata da movimenti assai più fluidi rispetto
alle opere della prima decade del 2000, carichi di piccoli gesti espressivi e di un rifiuto della nudità come
espediente non più necessario all’eloquio d’artista.
Non varia rispetto a Solitudes Solo la nuda consistenza della scena - un fondale nero, un tappeto bianco
- e quell’andare e venire degli interpreti che in questo