(Curr. C): Schemi lezioni 1-4

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(Curr. C): Schemi lezioni 1-4
DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
a.a. 2013-14
Letteratura inglese 1 (Simona Beccone)
“Peerless nymphs, fair creatures e Dames sans merci: mito classico, meraviglioso magico e
fantastico orrifico nella poesia di John Keats”
(SCHEMI DELLE LEZIONI 1-4)
Introduzione
Naiadi ispiratrici e consigliere, incantevoli bellezze lunari, fragili e sfuggenti, spietate dame elfiche,
coercitive e mortifere: più di quanto accada nella produzione artistica degli altri grandi romantici inglesi, la
rappresentazione del femminino nella scrittura keatsiana spicca per la straordinaria varietà delle sue
figurazioni. Nel contempo, essa palesa anche un’ambiguità di fondo: la compresenza, nel singolo poema o
perfino tra le diverse sfaccettature psichiche del medesimo personaggio, di caratteri femminili
apparentemente incompatibili tra loro e in costante tensione polare.
Se, da una parte, il lettore registra infatti, nella fenomenologia di questi personaggi in rapporto all’io
poetico, una netta propensione verso atteggiamenti rassicuranti, salvifici e protettivi, palesemente
riconducibili a un modello attanziale archetipico di femminile materno, dall’altra parte non si può fare a
meno di notare, accanto alla prima, una disposizione opposta, fatta di atteggiamenti seduttivi, divoranti e
distruttivi, riconducibili invece a un modello attanziale di matrice tipicamente morganiana. Entrambi questi
fasci di attitudini e comportamenti sono poi in stretta relazione con un nodo semico fondamentale: il
problema del linguaggio lirico. L’analisi di alcune tra le più importanti figure femminili che costellano
l’intero arco della produzione keatsiana, dalle opere giovanili (Cynthia, le ninfe e l’Indian maid di Endymion)
a quelle del periodo più maturo (Isabella, la Belle Dame sans Merci, Lamia, Moneta e Mnemosyne), costituirà
il punto di partenza di una riflessione più ampia su due questioni nodali riguardanti l’immaginario e
l’estetica di questo autore, e tra loro intimamente correlate: il rapporto con l’universo femminile, centro
nevralgico di una polarità timica irrisolta tra le tonalità affettive euforico-disforiche della fascinazione e della
repulsione, dell’attrazione e della paura; il rapporto di Keats con il proprio “poetic self”, la cui struttura
bipolare, profondamente lacerata fra tendenze psichiche contrastanti, e rinvenibile in modi del discorso
letterario solo in apparenza incompatibili tra loro (narrazione mitica, romance, meraviglioso magico e
fantastico orrifico), diviene lo spazio privilegiato della difficile Begründung di un io creativo in continua
trasformazione e mai del tutto completata, perché interrotta dalla morte prematura di questo grande artista
romantico.
Romanticism, gender e genre
Occuparsi delle figure femminili nell’opera di John Keats significa studiare la poesia romantica inglese
sotto una luce diversa e, per certi versi, inedita, nuova, rispetto alla consueta immagine che viene
solitamente fornita, nei manuali di Storia della letteratura, di questo importante movimento artistico.
Il Romanticismo inglese, per molto tempo, in particolare fino a questi ultimi anni, è sempre stato visto,
più o meno inconsapevolmente, come territorio esclusivamente o principalmente maschile, “male”:
- “male“ inteso non soltanto in senso biologico = tutti i great Romantics canonici sono di sesso maschile
(dal protoromantico Blake, ai poeti della Prima generazione, Wordsworth e Coleridge, sino a quelli
della Seconda generazione, Byron, Shelley e Keats)
- ma soprattutto tenendo conto del significato che oggi diamo al termine chiave “gender”.
Quest’ultimo può essere definito come: “costrutto sociale”, “ruolo o identità di genere” che va al di
là dei caratteri biologici e che costituisce invece il prodotto di un data cultura, il frutto del persistente
rinforzo sociale e culturale delle identità di “uomo” o di “donna”. Queste ultime non sono innate,
ma vengono apprese da ciascuno di noi attraverso i comportamenti, il linguaggio, i ruoli sociali e le
attività svolte (insomma: maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa).
Secondo quanto osserva Anne Mellor, nell’Introduzione al suo saggio, Romanticism and Gender, all’epoca
in cui Keats scrive, l’identità di genere (maschile/ femminile) è assai marcata, non soltanto rispetto ai ruoli
sociali, ma soprattutto rispetto alla produzione artistica, per cui esisteva una forte differenza tra, da una
1
parte, le pratiche discorsive e i corrispondenti generi letterari considerati tipicamente “male” e, dall’altra
parte, le pratiche discorsive e i corrispondenti generi letterari considerati invece tipicamente “female”:
- “female discourses and genres” novel, diaries, letters
- “male discourses and genres” ode, satire, epic, sonnet
Nel periodo protoromantico e romantico, le women writers sono tuttavia molto numerose e prolifiche (Jane
Austen, Anne Radcliffe, Mary Shelley, Mary Wollstonecraft, Dorothy Wordsworth ecc.), benché siano
soggette a una generalizzata forma di ghettizzazione da parte della coscienza collettiva sociale e letteraria
coeva. Questa coscienza è infatti fondamentalmente maschilista: il “feminine discourse” è spesso considerato
come tecnicamente imperfetto e ideologicamente ingenuo, mentre le donne intellettualmente e
artisticamente attive sono il più delle volte definite con un termine, “bluestockings”, all’epoca connotato
disforicamente.
Il British Romanticism canonico (a cui si può aggiungere anche quello Americano) è insomma un territorio
maschile che storicamente tende a escludere, marginalizzare, in tutti i casi a problematizzare, il femminino.
Questo avviene:
- sia consciamente: ad es. nelle dichiarazioni esplicite presenti negli epistolari, nelle prefazioni alle
opere, nelle dichiarazioni di poetica
- sia più inconsciamente: ad es. nelle modalità attraverso le quali la fenomenologia dei personaggi, in
particolare quelli femminili, e l’atteggiamento emotivo e conoscitivo dell’io poetico (sempre
maschile), presenti nelle varie opere, risentono dei valori che costituiscono i presupposti impliciti
della visione del mondo “male”, all’epoca dominante.
Quali sono le ragioni di questo fenomeno, complesso e diffuso? Come si articola il fenomeno nella poetica e
nella pratica artistica dei singoli poeti? Ci sono delle eccezioni?
Anne Mellor risponde a queste domande spiegandoci che il rapporto tra l’ideologia Romantica (male) e il
femminino è caratterizzato da un forte e irriducibile dualismo tra opposti inconciliabili e in continuo conflitto
(diverso quindi da un rapporto di tipo invece polare, in cui gli opposti sono complementari e agiscono
ciascuno secondo la propria funzione, in perfetto equilibrio e reciproca armonia).
Lasciando da parte per un momento Keats (il quale, come vedremo in seguito, rappresenta invece un caso
del tutto peculiare), nelle opere dei grandi poeti romantici, questo rapporto problematico con il femminino
da parte della coscienza collettiva “male” del primo ottocento inglese è modellizzato artisticamente sotto
forma di figure femminili.
In questo rapporto:
1. l’ideologia romantica appare fortemente legata alla questione di genere (l’opposizione dualistica male
vs female). In tal senso, questa ideologia tende a una costante negazione dell’elemento femminile.
L’oggetto della negazione è importante, in quanto non corrisponde alla figura o all’idea della “donna”
in senso lato, ma in quanto quelli che vengono negati dalla coscienza collettiva dell’epoca sono invece
il fatto e il valore della differenza rappresentati dal femminino come alterità rispetto all’identità di genere
maschile.
2. Di conseguenza, come in tutte le negazioni, anche in questo caso la relazione con il termine opposto
(qui il femminino) si complica notevolmente. Il risultato è:
2.1. la continua ricerca, da parte della coscienza maschile dominante, di un’assimilazione, o un
appiattimento, del “female” al “male self”, tramite un processo molto simile ad una vera e propria
fusione erotica e che può assumere diverse forme:
a. l’inglobamento del femminino nel maschile (casi di Wordsworth e Shelley);
b. nelle rappresentazioni del femminino, la selezione di alcuni tratti, tutti sentiti euforicamente,
perché ideali, astratti, securizzanti, non minacciosi per l’identità maschile (casi di
Wordsworth, Coleridge e Byron) e la conseguente latentizzazione o totale soppressione di
altri (reali, individuali, invece sentiti disforicamente come minacciosi per l’identità
maschile).
In entrambi i casi (a. e b.), il risultato non è quello della promozione delle differenze tra il
femminile e il maschile, ma piuttosto quello dell’indifferenziazione che nega al femminino
ogni individualità e autonomia come soggetto (sia attanziale sia discorsivo) rispetto al polo
2
maschile. Le figure femminili risultanti sono tutte caratterizzate da indeterminatezza,
irrealtà, vaghezza e convenzionalità nella rappresentazione.
2.2. Quando il processo di assimilazione o appiattimento del “female” al “male self” non avviene, la
figura femminile è allora rappresentata come un’ombra negativa, che minaccia l’identità dell’io
poetico maschile assumendo ad esempio i tratti di una creatura demoniaca caratterizzata dai tratti
tipici delle donne morganiane, coercitive e mortifere (terminologia da Harf-Lancner, Morgana e
Melusina. La nascita delle fate nel Medioevo).
Female figures in (male) British Romanticism
La tabella qui sotto mostra sinteticamente il risultato dell’adattamento di questo modello-matrice,
proposto da Anne Mellor, all’analisi delle figure femminili più note e presenti nelle opere dei grandi poeti
romantici inglesi, evidenziando come la fenomenologia dei personaggi corrisponda, sul piano delle relazioni
testuali, a una modellizzazione artistica del rapporto con il femminino che invece si svolge nel teatro
intrapsichico dell’inconscio collettivo, maschile, dell’epoca.
Author
Blake
Works
Prophetic books (1789-1820)
Coleridge
Christabel (Part I: 1797; Part II:
1800)
Kubla Khan (composed: 1797;
published: 1816)
“The Eolian Harp” (composed:
1795; published: 1796)
Lucy poems (1798 and 1801)
“The Thorn” (1798)
“The Affliction of Margaret”
(1804)
“The Solitary Reaper” (1805)
Wordsworth
Byron
Shelley
Don Juan (1818-1824)
Alastor (1816)
Characters
Los (male), Enitharmon
(female).
Golgonooza (the mythical city
of art and science)
Christabel, Geraldine
River Alph
Harp
Lucy
Martha Ray
Margaret
“Yon solitary Highland Lass! /
Reaping and singing by
herself”(ll. 2-3)
Donna Julia, Gulbeyaz, Adeline
village girls, Arab maiden
Blake
Protoromantico, scrive a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, grande sperimentatore e innovatore in molti
campi: poesia, arti figurative, ideologia politica.
Nonostante le idee politiche sulla liberazione “di genere”, reminiscenti degli ideali egalitari della
Rivoluzione francese, Blake sembrerebbe comunque conservare, nelle opere una posizione ancora
tendenzialmente maschilista. Nei Prophetic Books (1789-1820) tra i vari personaggi simbolici, spicca la
coppia formata da Los (personaggio maschile e personificazione dell’ispirazione e dell’immaginazione
artistica) ed Enitharmon (personaggio invece femminile e personificazione del Tempo e dello Spazio del
mondo naturale). La subordinazione del polo femminile a quello maschile si palesa nei ruoli dei due
personaggi, dove Enitharmon è un’emanazione di Los e dove la psiche creativa, artistica, rappresentata da
Los, ha un ruolo attivo, mentre il Tempo e lo Spazio naturali, rappresentati da Enitharmon, esercitano invece
un ruolo passivo in quanto costituiscono gli oggetti della contemplazione e dell’ispirazione per l’io creativo
maschile. Blake risolve questa antinomia fondamentale (male vs female) attraverso la conciliazione degli
opposti rappresentata dalla mitica città dell’arte e della scienza, Golgonooza, quest’ultima formatasi appunto
dalla sintesi perfetta di Los (principio maschile-attivo, creativo) e di Enitharmon (principio femminilepassivo, recettivo).
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Coleridge
Il rapporto tra l’io poetico maschile e il femminino in Coleridge segue essenzialmente due modelli:
1. Appropriazione del potere creativo femminile. Messa in luce dell’elemento creativo (la componente
“procreativa” caratteristica del femminino), con l’intento, da parte dell’io poetico maschile, di
appropriarsene (inglobamento del femminino nel polo maschile) per acquisire il potere creativo,
quest’ultimo fondamentale per la produzione artistica.
• Esempi: il fiume Alph in Kubla Khan e l’arpa eolica in “The Eolian Harp”
2. Modello enantiodromico. Il femminino è modellizzato sotto forma di personaggi femminili bipolari, sul
modello positivo-negativo, euforico-disforico della Fanciulla/Seduttrice (da una parte, passiva,
vulnerabile, da proteggere; dall’altra parte, demoniaca, perturbante, attiva e pericolosa).
• Esempio: la coppia Christabel/Geraldine in Christabel, dove la prima è una fanciulla
caratterizzata da purezza, bontà, devozione, religiosità (“so fair, so innocent, so mild”), mentre
la seconda è una presenza soprannaturale, inquietante, coercitiva e potenzialmente pericolosa.
Wordsworth
Wordsworth non fa eccezione. Quasi tutte le figure femminili presenti nella produzione poetica di questo
autore sono spersonalizzate (non sono cioè rappresentate come donne reali) oppure sono in un modo o in un
altro legate al paradigma della morte (quest’ultimo legato ai semi dell’assenza, del conflitto, della
separazione, cioè a nuclei semantici che simboleggiano una generalizzata volontà, da parte dell’io poetico
maschile, di negare ogni possibilità di istituire un rapporto e un’ integrazione tra i due poli opposti del
maschile e del femminile).
Il rapporto tra l’io poetico maschile e il femminino in Wordsworth segue quindi essenzialmente due
modelli:
1. Femminino indifferenziato e spersonalizzato. Si tratta di figure femminili legate inscindibilmente ai
cicli naturali (le stagioni) e alle attività umane più ‘ingenue’, semplici, popolari (come la mietitura);
prive, del tutto o in parte, della funzione del Logos (il linguaggio umano è una prerogativa maschile,
nella visione del mondo del poeta); strettamente legate al paradigma dell’empatia per il dolore, cioè
dotate della capacità di fare proprie le emozioni (disforiche) altrui senza la mediazione del pensiero
razionale (prerogativa, questa, del polo femminile, nella visione del mondo del poeta).
• Esempio: “The Solitary Reaper” (1805), la ragazza scozzese delle Highlands, che canta durante la
mietitura. Le parole non sono distinguibili da parte del poeta, il quale ne può comunque
apprezzare il tono e il ritmo (cioè soltanto i tratti paralinguistici e non propriamente linguistici) e
di cui egli giunge a indovinare perfino il contenuto (immagina che il canto rievochi eventi
familiari passati, forse dolorosi). In relazione al canto della ragazza, l’io poetico si pone come
elemento sovraordinato nel rapporto maschile-femminile, in quanto è lui a detenere ed
esercitare attivamente la funzione logocentrica, negando al polo femminile il ruolo di soggetto
discorsivo (apprezzamento dei tratti paralinguistici, non linguistici, del canto) e ponendosi lui
come unico soggetto discorsivo (attribuzione del contenuto da parte dell’io maschile al canto
prodotto dalla figura femminile).
2. Modello della “Madre e della Fanciulla positive”. Rientrano in questo modello le figure femminili
wordsworthiane che incarnano l’amore materno assiologicamente positivo (accoglienza, fecondità,
capacità procreativa, cura dei figli, pietas) o la Fanciulla nelle sue sfaccettature positive e innocue
(vulnerabilità, delicatezza, leggiadria, recettività). In molti casi, queste figure hanno un rapporto molto
stretto con il paradigma della morte:
•
Esempio 1. Madre positiva legata alla morte: figure della pietas materna come Martha Ray
(“The Thorn”) e come Margaret (“The Affliction of Margaret”), che piangono potenzialmente in
eterno la morte dei rispettivi figli.
• Esempio 2. Fanciulla legata alla morte: Lucy, giovane morta prematuramente e protagonista del
ciclo dei Lucy Poems.
Entrambi i modelli comportano una spersonalizzazione e un appiattimento del femminino nel polo
maschile, perché l’io poetico wordsworthiano focalizza l’attenzione su un solo aspetto della donna alla volta
(il ruolo sociale di Madre positiva o quello di Fanciulla positiva) e rappresenta il femminino sotto il segno
della negazione (la costante presenza del paradigma della morte è un sintomo della tendenza maschile a non
riconoscere l’alterità femminile in tutti i suoi aspetti e quindi a rimuoverla dalla coscienza).
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Byron
I personaggi femminili in Byron riflettono il modo in cui questo autore si rapporta alle donne nella
propria visione del mondo. Questi personaggi sono il risultato della proiezione, da parte dell’Ego maschile
byroniano (sovraordinato, attivo, forte, individualistico), sul polo femminile (invece subordinato, passivo,
debole e spersonalizzato).
Questo stato di cose è evidente nel Don Junan, un lungo poema narrativo, epico-satirico composto tra il
1818 e il 1824. In quest’opera, il catalogo delle dame è ampio e diversificato, ma in tutti i casi rappresenta il
risultato della proiezione egotica byroniana sul polo femminile; quest’ultimo subisce a sua volta una
degradazione comica e satirica.
Tipologie byroniane del femminino in Don Juan:
• Donne sedotte, costruite sul modello della Fanciulla positiva (debole, desiderabile, passiva), da
difendere e salvare, ma allo stesso tempo da usare ai fini di una conquista erotica, tutta naturalmente
maschile.
• Mogli frustrate con le componenti del tradimento e della punizione (inflitta solo alla donna): es. di
Donna Julia, adultera che finisce in convento.
• Donne sessualmente attive e autonome. Il caso di Gulbeyaz (la moglie del sultano che vorrebbe
usare Don Juan come toy boy) e la cui disinibizione sessuale (pari a quella manifestata da Don Juan
nel resto dell’opera) è fatta oggetto di una degradazione satirica tale da renderla in molti casi una
figura patetica e ridicola.
Una parziale eccezione è rappresentata da Adeline, amica e consigliera di Don Juan, sua coetanea, l’unica
capace di costruire un rapporto paritario con il protagonista. Anche in questo caso, c’è un prezzo da pagare:
Adeline è privata di una componente del rapporto con Don Juan, invece di grande importanza nelle altre
figure femminili dell’opera, la componente sensuale: la dama non avrà infatti una relazione con il
protagonista. Anche in quest’ultimo caso, si tratta di una figura femminile costruita sul piano
fenomenologico sulla base di una selezione di tratti securizzanti per l’io poetico maschile (funzione ancillare,
di amica e consigliera) e la latentizzazione di altri (indipendenza sessuale) sentiti invece come minacciosi.
Shelley
Nonostante le idee libertarie e rivoluzionarie, Shelley vede il femminino come specchio di se stesso, un
secondo io idealizzato, non reale e subordinato al suo, invece dominante e reale. Un io idealizzato sul quale
l’io poetico maschile possa proiettare tutte le caratteristica sentite come positive, assiologicamente euforiche.
• Esempio: Alastor or The Spirit of Solitude (1816). Lo “spirit of solitude”, che anima l’immaginazione
poetica è maschile. Le figure femminili reali (le ragazze del villaggio, la “Arab maiden”, v. 129) sono
respinte dall’io poetico in favore di un ideale di donna la cui voce è come “the voice of his own
soul” (v. 153), dove “his” è appunto riferito all’io poetico, maschile.
Independent female figures (British and American Romanticism)
Nel Romanticismo inglese sono comunque presenti alcune figure femminili autonome e nettamente
distinte dall’io lirico maschile, ma debbono tutte pagare il prezzo di questa indipendenza:
1. sono connotate disforicamente (es. di Geraldine in Christabel di Coleridge: morganiana, quindi
coercitiva e potenzialmente pericolosa; Beatrice Cenci in The Cenci, A Tragedy, in Five Acts, di Shelley:
patricida e perduta);
2. sono modellizzate come non umane (es. di Vala, la personificazione della Natura nei Prophetic books
di Blake);
3. sono modellizzate come divine (come nella “Ode to Duty” di Wordsworth, dove la personificazione
del “dovere”, “Duty”, è femminile ed è chiamata con l’appellativo di “Stern Daughter of the voice of
God!”, v. 1);
4. divengono perfino figure ridicole, oggetti di degradazione satirica (es. di Gulbeyaz nel Don Juan di
Byron).
Il Romanticismo americano non fa eccezione. Il caso di E.A. Poe è emblematico di questo appiattimento
del femminino sul polo maschile con una conseguente semplificazione quantitativa e qualitativa del ruolo
attanziale sul piano della fenomenologia dei personaggi (madre-moglie; fanciulla debole da proteggere;
creatura elfica, vampiresca o demoniaca). In Poe, la problematizzazione dell’alterità femminile non accettata
dalla coscienza maschile è modellizzata sul piano attanziale attraverso il forte legame simbolico delle figure
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femminili con i paradigmi della morte e della separazione, con tutta la carica orrifica e perturbante che ne
consegue.
Questo modello interpretativo è valido sia per gli scritti in prosa (le short stories “Morella”, Apr. 1835;
“Berenice”, March 1835; “Ligeia”, 1838; “The Oval Portrait”, 1842), sia per la produzione poetica (“Lenore”,
“Annabel Lee”, “Eulalie – A Song”, “The Raven”, “Ulalume“).
La posizione di Poe rispetto alla rappresentazione del femminino in letteratura è ben riassunta dalla
celebre affermazione presente in un saggio del 1846, intitolato The Philosophy of Composition, in cui questo
grande autore americano illustra i parametri fondamentali della propria estetica:
[T]he death […] of a beautiful woman is, unquestionably, the most poetical topic in the
world — and equally is it beyond doubt that the lips best suited for such topic are those of
a bereaved lover.1
John Keats e il femminino
Fra i grandi romantici inglesi, il caso di Keats sembra costituire un’importante eccezione.
Apparentemente, il rapporto con il femminino mostra molte delle componenti già individuate negli altri
autori del canone romantico.
• Esempio: analisi della lettera a Benjamin Bailey del Luglio 1818 (cfr. la dispensa dei testi primari in
programma)
Esiste però una netta scissione tra le dichiarazioni esplicite, presenti nell’epistolario, e gli esiti artistici del
rapporto con il femminino, cristallizzati nelle figure femminili che popolano l’universo immaginativo di
questo autore, lungo l’intero arco della sua produzione poetica.
Nella scrittura di Keats, infatti, il rapporto con il femminino è del tutto differente, sia quantitativamente
(= numero altissimo di personaggi femminili in tutte le principali opere), sia qualitativamente (=
straordinaria varietà delle figurazioni, con una notevole differenziazione e stratificazione dei modelli
attanziali, da coprire praticamente l’intero arco delle possibili rappresentazioni del femminino in un testo
letterario).
Questa diversità proviene dal fatto che il rapporto tra Keats e il femminino è più complesso e sembra
esente dalle tendenze spersonalizzanti e standardizzanti degli altri male poets romantici. Keats sembra infatti
riconoscere, se non il valore, perlomeno il fatto dell’alterità femminile. Si tratterà di indagare le ragioni di
questa posizione, del tutto unica nel periodo storico di riferimento, assunta dall’autore.
La tabella che segue mostra sinteticamente il rapporto tra Keats e il femminino nella produzione poetica
di quest’ultimo, attraverso una selezione di opere nelle quali compare almeno una figura femminile. La
selezione è ordinata cronologicamente dalle opere giovanili del 1815-16 alle opere più mature, del 1819. Gli
asterischi che compaiono nella riga mediana della tabella indicano un importante momento di svolta da una
prima configurazione del rapporto Keats-femminino ad un nuovo assetto, avviato con la stesura di
Endymion e sviluppato progressivamente nelle opere successive.
DATE OF COMPOSITION
1815-1816
1816
March-June 1816
March 1817 (?)
***
18 Apr. 181728 Nov. 1817
TITLE
“Give me women, wine and snuff”
“To Mary Frogley”
“Woman! When I behold thee
flippant, vain!”
“Light feet, dark violet eyes…”
“Ah, who can ever forget so fair a
being…”
“To a Young Lady”
“To the Ladies Who Saw Me
Crowned”
***
Endymion: a Poetic Romance
1 E.A. Poe, Complete Tales and Poems, ed. by A.H. Quinn and E.H. O’Neill, Barnes & Noble, New York
1992, p. 982.
6
March 1818
Autumn 1818, abandoned: April 1819
18 Jan.- 2 Feb. 1819, revised Sept. 1819
21 April 1819
30 April 1819
21-30 April 1819
May 1819
19 Sept. 1819
28 June - 5 Sept. 1819
July 1819 - 21 Sept. 1819
Isabella, or the Pot of Basil
Hyperion
The Eve of St. Agnes
“La Belle Dame Sans Merci”
“Fame, like a wayward girl…”
“Ode to Psyche”
“Ode to a Nightingale”
“Ode on Melancholy”
“Ode on a Grecian Urn”
“Ode on Indolence”
“To Autumn”
Lamia
The Fall of Hyperion
Nella prima parte della produzione keatsiana (da “Give me women, wine, and snuff” ad Endymion) la
rappresentazione del femminino è caratterizzata da un atteggiamento che possiamo definire esteriore (le
donne sono figure del tutto separate dall’io poetico, lontane dalle dinamiche interiori profonde,
intrapsichiche individuali).
La rappresentazione è quindi spesso convenzionale (convenzioni petrarchesche) e le figure femminili
sono sottoposte ad un’astrazione estrema, conformemente al genere maggiormente praticato da Keats in
questo periodo, il romance.2
Queste componenti (Romance, meraviglioso) saranno sempre presenti, da ora in avanti, nella scrittura
keatsiana ma saranno anche degli elementi con i quali dovrà sempre fare i conti per tutta la vita, per
evolversi dallo stato giovanile e inesperto del mero “dreamer” (sognatore affascinato dal mondo
meraviglioso prodotto dalla propria immaginazione, ma escapista, perché slegato dal mondo reale) e il
poeta adulto e consapevole, che riesce a operare la difficile conciliazione degli opposti, concependo un
discorso artistico che sia insieme romance e poesia dei realia, incanto per la grazia del mondo (“beauty”) e
consapevolezza della realtà concreta dell’esistenza, fatta di dolore, sofferenza e morte (“truth”).
Le parole chiave della rappresentazione del femminino già presenti in questa prima fase della
produzione poetica keatsiana sono tre: 1. “fair” (bello, leggiadro, chiaro), 2. “fairy” (fatato, elfico, proprio di
creature femminili sovrannaturali, magiche, seducenti e incantevoli) e 3. “far” (relativa al tratto della
sfuggevolezza insita nella visione del femminino da parte del Keats giovanile).
A queste parole chiave che definiscono il femminino il Keats si aggiunge un altro concetto che
influenzerà costantemente il rapporto di questo autore con il proprio poetic self: “Fame” (la fama, la gloria, il
riconoscimento). Il rapporto tra il femminino e la “fame” sarà da qui in avanti contrassegnato da una
relazione di mutua esclusione (aut-aut).
La svolta di Endymion
Con Endymion la rappresentazione del femminino nell’opera di Keats subisce una graduale ma radicale
trasformazione. Le figure femminili saranno d’ora in avanti non soltanto più numerose, ma anche articolate,
complesse:
1. tenderanno a coprire l’intero arco delle possibilità della rappresentazione (non pochi modelli attanziali
convenzionali, ma tanti e tutti diversi, spesso inediti);
2. saranno immagini letterarie archetipiche compiute: assumeranno infatti la doppia valenza di
psicologemi (fantasmi della psiche individuale del Keats biografico, del suo inconscio privato, personale) e di
mitologemi (figurazioni attanziali dell’inconscio collettivo a cui Keats fa riferimento per nesso intertestuale e
composto di tradizioni culturali e letterarie molteplici: Ovidio, Spenser, Shakespeare, Petrarca e Boccaccio,
tradizioni folkloriche, magiche ed esoteriche).
Nella definizione di Northrop Frye (Anatomia della critica), il romance è una narrazione di eventi avventurosi
(quest) vissuti da soggetti straordinari (eroi, principesse) in spazi e tempi soprannaturali. Spesso Keats
sottopone questi elementi a una rappresentazione improntata al “meraviglioso”, cioè alla modalità
rappresentativa che nella terminologia di Todorov (La letteratura fantastica) mostra eventi e personaggi fuori
dall’ordinario accettandoli come tali, senza sottolinearne il carattere straordinario.
2
7
Endymion è una fucina nella quale il giovane Keats forgerà la propria identità poetica adulta,
confrontandosi con la componente che più di ogni altra è legata alla sfera della creatività e quindi anche alla
poesia: la parte femminile, inconscia, della sua psiche maschile, l’Anima.
La differenza tra il primo modo keatsiano di relazionarsi al femminino (opere giovanili antecedenti a
Endymion) e il secondo modo (da Endymion in poi) è individuabile nel luogo in cui esso si svolge, diverso nel
primo e nel secondo caso.
Nella prima parte della sua produzione, il rapporto tra il Sé keatsiano e il femminino si svolgeva in gran
parte nel teatro sociale dei rapporti intersoggettivi, esteriori: Keats proiettava la funzione animica (il suo
modo di vivere il rapporto con le parti più inconsce del Sé, cioè con l’archetipo junghiano dell’Anima) su
donne in carne e ossa (Mary Frogley, le young ladies di “To the Ladies Who Saw Me Crowned”, ecc.) con il
risultato di:
- una rappresentazione poetica del femminino molto convenzionale, astratta, irrealistica (petrarchesca
e incentrata sul Romance) e
- una conseguente rappresentazione del rapporto maschile-femminile come una relazione di mutua
esclusione (aut-aut) e di potenziale conflitto.
Quindi, la rappresentazione del femminino nel primo Keats è sostanzialmente in linea con quelle già
presenti nelle opere degli altri grandi romantici inglesi e già analizzate.
Da Endymion in poi, il rapporto tra il Sé keatsiano e il femminino si svolge invece, e sempre di più, nello
spazio intrapsichico della mente creativa individuale. Keats proietta ora la funzione animica (il suo modo di
vivere il rapporto con le parti più inconsce, femminili, del Sé, cioè con l’archetipo dell’Anima) su donne
finzionali (dee lunari, ninfe, donne elfiche, lamie ecc.), ossia su mitologemi già facenti parte dell’inconscio
collettivo, cioè della cultura e delle tradizioni letterarie e popolari alle quali Keats farà sempre più
riferimento, intensificando così il tasso di intertestualità dei suoi poemi.
Per via dell’alto tasso di metaletterarietà e della dimensione spiccatamente mentale, psichica che
caratterizza la fenomenologia delle figure femminili nel secondo Keats, queste stesse donne assumono
anche la valenza di psicologemi. Sono cioè figure che rappresentano, incarnandola sotto forma di personaggi,
la configurazione psichica assunta, di volta in volta, dalla mente individuale di Keats stesso rispetto al suo
modo di vivere il rapporto con la sua parte inconscia femminile e creativa, cioè con l’archetipo dell’Anima.
In altre parole, il femminino keatsiano si è ora tramutato in immagini del tutto finzionali che
modellizzano, nei vari poemi e sotto forma di rapporto tra l’io poetico o i personaggi maschili da una parte e
i vari personaggi femminili dall’altra, un confronto che si sta già svolgendo nella psiche di Keats tra il Sé e
l’Anima, tra la mente di genere maschile del giovane poeta inglese, e le componenti femminili, inconsce,
creative, immaginative di quest’ultima, fondamentali per l’attività artistica ma al momento ancora in
formazione.
Analizzare le figure femminili nell’Opera keatsiana costituisce, allora, un’operazione cruciale per
comprendere due questioni della massima importanza per la definizione dell’immaginario e dell’estetica di
questo autore:
1. il rapporto con l’universo femminile, mai problematico e piatto ma sempre complesso, articolato,
multisfaccettato;
2. il rapporto tra il Sé creativo di questo giovane poeta, che per divenire adulto e maturo deve
necessariamente confrontarsi con tre cose:
- la Persona (in termini junghiani, il ruolo sociale assunto dal soggetto nei confronti del mondo esteriore,
intersoggettivo, la “maschera dell’attore”). In questo caso, si tratta per Keats di una componente importante
dell’identità del poeta ideale, alla quale egli aspira e alla quale deve conformasi: il ruolo di “poet”,
codificato nell’ambito dell’ideologia romantica dalle personalità più influenti come Wordsworth, Coleridge
e Byron, e definito sempre come un io creativo di genere maschile, quindi: logocentrico, volitivo, attivo,
sicuro di sé, visionario, geniale;
- l’Anima (in termini junghiani, le parti più inconsce della mente dell’uomo, cioè la parte femminile della
mente di genere maschile). In questo caso, si tratta per Keats di confrontarsi con altre componenti
importanti della mente del poeta, accanto alla Persona, ma a differenza di questa identificabili nella visione
del mondo del primo Ottocento, come femminili: la creatività, l’immaginazione, la sensibilità, il sentimento,
la disponibilità alla contemplazione, la recettività;
- il sistema della cultura, della tradizione letteraria entro la quale Keats deve conquistarsi un posto,
trovando un equilibrio tra i fantasmi del suo inconscio personale (psicologemi) e le forme archetipiche
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universali e sovraindividuali dell’inconscio collettivo (mitologemi), trasmesse dalle tradizioni letterarie alle
quali deve sempre rapportarsi.
Non faremo una psicanalisi del Keats biografico, illuminando l’opera con la vita, ma cercheremo di
analizzare le “female figures” nell’Opera keatsiana come fenomeno letterario complesso e multisfaccettato,
inscindibilmente legato sia alla mente creativa individuale di questo giovane artista, sia alla cultura
letteraria nella quale egli è immerso. Faremo tutto questo utilizzando il pensiero junghiano come griglia
ermeneutica, cioè analizzeremo le figure femminili keatsiane nella prospettiva della “Critica archetipica”.
La prospettiva junghiana è la più adatta all’interpretazione di queste figure, per una serie di ragioni:
1. le figure femminili keatsiane si distinguono per il fatto di avere tutte tratti marcatamente mentali,
psichici delle immagini animiche descritte da Jung;
2. la natura della relazione tra, da una parte, l’io poetico e i personaggi maschili e, dall’altra parte, i
personaggi femminili presenti nelle varie opere è equiparabile al confronto tra la mente di genere maschile e
l’archetipo dell’Anima, anch’esso descritto da Jung.
Schema generale per la classificazione delle figure femminili nella scrittura di Keats: i tratti “animici”
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Controsessuale rispetto all’identità di genere (in questo caso maschile) del soggetto. Quest’ultimo può
corrispondere all’io poetico o a un personaggio maschile (Endymion, Porphyro, Lycius, il cavaliere de
“La Belle Dame sans Merci” ecc.);
Soggetto “marcato”:
a. numinosa / apparizione “potente” (= può determinare una svolta nell’intreccio, come avviene
ad esempio nel caso delle ninfe in Endymion; non sono mai marginali né vaghe: le descrizioni
sono sempre vivide, minuziose, spesso al presente e tramite l’ekphrasis);
b. soggetto attanziale (= agiscono spesso indipendentemente dai personaggi maschili o dall’io
poetico maschile. Quest’ultimo a volte viene perfino colto di sorpresa, come nell’apparizione di
Peona in Endymion I, v. 407, in cui arriva a interrogarsi sull’identità della donna);
c. soggetto discorsivo: a differenza di molte figure femminili romantiche, come la solitary reaper di
Wordsworth, le donne keatsiane: 1. parlano molto, essendo dotate della capacità umana del
logos, o linguaggio (es. Peona), o di quella sovraumana, divina, magica, della parola profetica (es.
ninfe d’acqua di Endymion; Mnemosyne di Hyperion e Moneta di The Fall of Hyperion); 2. Cantano
canzoni delle quali il narratore comprende e apprezza sia la musica sia le parole (es., la “Song to
sorrow” dell’Indian Maid in Endymion). La Belle Dame sans Merci fa qui eccezione, perché il suo
linguaggio magico è qualificato dal narratore come “strange”. Tuttavia il personaggio rientra nel
modello per via del potere straordinario esercitato dal suo logos magico e fatato sul cavaliere;
Non umana / straordinaria (es., semidivina come Moneta; divina come Cynthia e Mnemosyne;
teriomorfica come Lamia; elfica o fatata come la Belle Dame sans Merci; superiore a qualunque altra
donna, come Peona);
Rapporto particolare con il tempo. Le apparizioni di queste figure femminili determinano importanti
deformazioni temporali: vertiginose accelerazioni della progressione naturale del tempo o drastici
rallentamenti sin quasi alla stasi: esempio dell’apparizione di Cynthia in Endymion I, vv. 624-671;
Metalinguistica (messa in discussione del logos). Sono sempre legate a una questione della massima
importanza per Keats, il problema del linguaggio poetico e di come questo possa comunicare
adeguatamente tutta la complessità del suo mondo interiore, inconscio e immaginativo, cioè dell’Anima.
Ogni volta che queste figure compaiono nel testo, la funzione metaletteraria è ovviamente alta;
Mentale. Negli altri romantici, le figure femminili sono tendenzialmente rappresentate sulla base di
parametri esteriori, oggettivi, fenomenologici; in Keats, invece, è tutto basato sulla focalizzazione su
parametri interiori, soggettivi, psichici, con il risultato che questi personaggi femminili sono
modellizzazioni attanziali di componenti della psiche individuale maschile (a seconda dei casi, dell’io
poetico o di un personaggio). Gli elementi testuali che rivelano la natura psichica, mentale di queste
figure femminili sono:
a. Il fatto che siano sempre figure della soglia (sonno-veglia; realtà-immaginazione; visione diurnaallucinazione notturna)
b. La presenza di un lessico riferito ai campi semantici della mente e delle funzioni psichiche;
c. Un alto tasso fonosimbolico in [s/z], [f/v], [TD] (le fricative sono spesso associate da Keats al
silenzio della mente, agli spazi mentali, interiori, dell’io);
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7.
d. Lo statuto allucinatorio di queste figure, spesso simili a visioni, apparizioni, che a donne in carne
ed ossa.
Enantiodromica. Le figure femminili keatsiane sono associate sempre a un’assiologia euforico-disforica
di piacere e dolore; sono ambigue, sfuggenti, metamorfiche; sono contemporaneamente belle e seducenti
ma anche sentite come potenzialmente pericolose e mortifere (esempi: Cynthia e Peona in Endymion e
“La Belle Dame sans Merci”).
La relazione io maschile/ figure animiche femminili e le funzioni psichiche jungiane
Come tutte le immagini animiche, anche le figure femminili in Keats sono sempre inconsce rispetto all’io
poetico o ai protagonisti maschili presenti nelle varie opere, essendo le prime figurazioni attanziali delle
parti inconsce (quindi femminili) del Sé maschile e i secondi figurazioni attanziali delle parti consce (quindi
maschili) della mente individuale.
In Keats, tuttavia, la relazione tra il Sé e le immagini animiche, relazione a sua volta modellizzata nei testi
come rapporto tra un soggetto maschile (l’io poetico, un personaggio) e uno o più personaggi femminili, è
sempre mutevole, mai fissa: il punto di vista conscio è infatti sempre diverso perché diversa è, di volta in
volta, la funzione psichica prevalente nella psiche individuale. Prima di procedere con l’analisi della relazione
tra il Sé maschile e le figure animiche femminili presenti nelle opere keatsiane, occorrerà precisare alcuni
concetti chiave.
Il termine ‘funzione psichica’ rimanda al lessico specialistico della psicologia analitica junghiana. In Tipi
psicologici (1921) Jung individua 4 funzioni psicologiche (Pensiero, Sentimento, Sensazione, Intuizione) e 2
tipi di atteggiamento (introverso, se l’attenzione del soggetto è rivolta prevalentemente a oggetti interiori,
mentali, o estroverso, se l’attenzione del soggetto è invece rivolta a oggetti esteriori).
Pensiero-Sentimento e Sensazione-Intuizione formano due coppie contrapposte in cui le funzioni di
ciascuna coppia si escludono a vicenda.
Pensiero e Sentimento sono due funzioni dette razionali: lavorano cioè entrambe per mezzo di valutazioni,
sono giudicanti). Il Pensiero valuta mediante nessi concettuali e deduzioni logiche, secondo il criterio di verofalso. Il Sentimento valuta mediante le emozioni, secondo il criterio di piacevole-spiacevole o di accettatorifiutato.
Sensazione e Intuizione sono due funzioni dette irrazionali: non formulano cioè giudizi valutativi, ma
operano tramite le percezioni, senza valutare né identificare ciò che è percepito (es.: dire “Io percepisco” è
diverso da dire “io percepisco questa cosa”). La Sensazione percepisce le cose come sono nella realtà
sensibile, come dati di fatto, tramite l’esercizio dei sensi. L’Intuizione è invece un termine attraverso il quale
Jung indica la comprensione diretta, immediata delle cose, ma senza la mediazione concettuale (è quindi
diversa dal Pensiero). L’intuizione porta il soggetto ad avere una comprensione assiomatica del mondo
(quest’ultimo inteso sia come realtà interiore sia come realtà esteriore): le verità sono sentite come assolute,
incontrovertibili, come qualcosa che va al di là dei singoli particolari; si tende a cogliere il senso globale o il
significato nascosto delle cose.
Nella psiche individuale, tutte le funzioni sono potenzialmente attive, ma di solito soltanto una è usata
per orientarsi e adattarsi al mondo. Questa funzione prevalente è detta differenziata o superiore. Essa si
combina con l’atteggiamento (introverso/ estroverso) e forma il tipo psicologico (es. intellettuale introverso,
sentimentale estroverso ecc.).
Secondo la legge junghiana degli opposti, conscio e inconscio rappresentano una polarità dialettica.
Quindi: se la coscienza sviluppa una funzione superiore e un certo atteggiamento, l’inconscio assumerà
specularmente, per compensazione, l’atteggiamento e la funzione opposta nello schema. La funzione opposta è
detta inferiore o indifferenziata e determina il comportamento inconscio rispetto alla coscienza. Pertanto, se la
funzione superiore è quella del Pensiero, la funzione inferiore sarà quella del Sentimento; se quella superiore
è la Sensazione, quella inferiore sarà l’Intuizione; se un individuo è un tipo intellettuale introverso, allora
sarà inconsciamente un sentimentale introverso, ecc.
Oltre alla funzione superiore e a quella inferiore, esiste anche una funzione terza o ausiliaria, solo in parte
conscia. Quest’ultima appartiene all’altra coppia dialettica nello schema, vale a dire si colloca sull’asse dove
non rientrano le due funzioni superiore e inferiore, per cui, ad esempio: se il Pensiero e il Sentimento sono le
funzioni superiore e inferiore, la funzione ausiliaria può essere o la Sensazione o l’Intuizione. La funzione
opposta a quella ausiliaria è prevalentemente inconscia e si affianca alla funzione inferiore.
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Tornando al caso di Keats, abbiamo detto che nelle opere di questo autore il rapporto tra il Sé e le
immagini animiche è modellizzato nei testi come una relazione tra un soggetto maschile (l’io poetico, un
personaggio) e uno o più personaggi femminili. Questa relazione è anche mutevole, mai fissa: il punto di
vista conscio è infatti sempre diverso perché diversa è, di volta in volta e come vedremo nel corso delle
analisi dei singoli poemi, la funzione psichica prevalente, concia, nella psiche individuale maschile.
Questo è dovuto al fatto che l’identità poetica Keatsiana – modellizzata per trasposizione strutturale nei
personaggi maschili delle singole opere e nell’io poetico che a sua volta riflette la configurazione psichica
profonda dell’autore implicito – è l’identità di un io creativo ancora in formazione, quindi di un io ancora
fluttuante, mobile che non ha ancora individuato un punto di vista stabile attraverso il quale rapportarsi alle
proprie componenti inconsce, femminili, animiche. La relazione con Anima è quindi sempre diversa perché
sempre diversa è la prospettiva conscia dalla quale questo io keatsiano si relaziona con essa. Sul piano della
fenomenologia dei personaggi presenti nelle opere, questa particolare dinamica intrapsichica keatsiana
comporta una moltiplicazione del numero e della varietà delle figure femminili. Queste ultime non sono
modellizzate, come invece accade negli altri grandi romantici inglesi, sulla base di pochi modelli attanziali,
ripetitivi e convenzionali, ma sono invece straordinariamente varie, originali e complesse.
In base alla funzione psichica dominante nella singola opera, noi possiamo ottenere uno schema generale
della configurazione assunta dalle figure femminili, sia in prospettiva sincronica (studiandone quindi gli
elementi costitutivi in un determinato momento dello sviluppo della poetica e della scrittura keatsiane) e sia
in prospettiva diacronica (ricostruendo anche il percorso attraverso il quale il rapporto tra Keats e il
femminino si è sviluppato nel tempo, un’opera dopo l‘altra). Prima di compiere questa operazione, occorrerà
tuttavia analizzare a fondo la configurazione psichica della mente keatsiana, ricostruendola sulla base delle
dichiarazioni presenti nell’epistolario e delle parole chiave presenti nelle opere, e utilizzando come griglia
ermeneutica lo schema junghiano delle funzioni psicologiche.
La psicodinamica keatsiana
Per analizzare la psicodinamica keatsiana e le figure femminili in chiave junghiana, dobbiamo usare lo
schema come una griglia ermeneutica da applicare agli scritti dell’epistolario e alle opere poetiche.
Una prima analisi dei dati rivela un numero davvero alto di corrispondenze concettuali e terminologiche
tra gli scritti keatsiani e la trattazione junghiana, a riprova della profonda comprensione posseduta da questo
grande poeta, sin dai primi anni della sua attività artistica, delle complessa e intricata trama della psiche
umana.
La funzione junghiana del Pensiero è sovrapponibile ai keatsiani “Thought”, “Consequitive reasoning” e
“cold philosophy”, tutti termini indicanti, sia nell’epistolario sia nelle opere poetiche, l’attività logica
razionale e l’astrazione intellettuale proprie della logica asimmetrica matteblanchiana.3
Con il termine ‘logica asimmetrica’, Ignacio Matte Blanco definisce il funzionamento del pensiero conscio,
che interpreta il mondo razionalmente, ad esempio tramite i nessi causali, temporali e spaziali, e sulla base
dei principi della logica aristotelica (principio di identità: ogni cosa è se stessa e non è nient’altro; principio di
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La funzione junghiana della Sensazione corrisponde, nell’idioletto keatsiano, ai termini “Sensation” e
“Sensations”, questi ultimi riferiti all’esercizio, pieno, intenso, estremamente piacevole e gratificante per il
soggetto, della percezione sensibile. Nella visione del mondo keatsiana, la sensation è incompatibile con il
thought (cfr. “A for a Life of Sensations rather than of thoughts!”- Lettera a B. Bailey del 22 Nov. 1817).
La funzione junghiana del Sentimento è equiparabile alle keatsiane “Heart’s affections”, intese come
espressione del trasporto individuale per gli oggetti del mondo (interiore / esteriore), sentiti come piacevoli,
attraenti, desiderabili. Questa facoltà psichica, evidentemente inscindibile dai meccanismi della funzione
erotica, desiderativa, e dal principio eudemonistico del piacere, è molto importante per Keats, specialmente
nella produzione artistica e nell’estetica del periodo giovanile (cfr. “I am certain of nothing but of the
holiness of the Heart’s affections and the truth of Imagination - What the imagination seizes as Beauty must
be truth - whether it existed before or not - for I have the same idea of all our passions as of love: they are all,
in their sublime, creative of essential beauty” – Lettera a B. Bailey del 22 Novembre 1817).
Infine, la funzione junghiana dell’Intuizione corrisponde alle keatsiane “Imagination” e “visionary
imagination”, termini che nell’idioletto del poeta designano l’organo intuitivo e attivamente creativo
attraverso il quale la mente individuale coglie assiomaticamente le verità nascoste dietro al molteplice
sensibile, alla realtà materiale, arrivando quindi a cogliere, platonicamente, la bellezza essenziale (“beauty”)
e percependola come più reale della realtà stessa (Cfr. “What the Imagination seizes as Beauty must be truth,
wether it esisted before or not”- Lettera a B. Bailey del 22 Nov. 1817; “Beauty is truth, truth beauty,—that is
all /Ye know on earth, and all ye need to know”, vv. 49-50 dell’Ode on a Grecian Urn).
L’orientamento della psiche keatsiana che emerge nell’epistolario e nella stragrande maggioranza delle
opere, attraverso la voce dell’io poetico e dei principiali personaggi maschili (es. Endymion, Lorenzo,
Porphyro) è tendenzialmente introverso, in quanto è sempre concentrato su oggetti interiori, mentali, e non
su realtà esteriori, oggettive.
In base a quanto detto, possiamo costruire il seguente schema generale delle funzioni psicologiche junghiane
e della terminologia keatsiana corrispondente:
non contraddizione: non è possibile dichiarare di uno stesso soggetto un predicato e negarlo, ovvero non posso
dire che “A è B” e “A è non B”; principio del terzo escluso: tra due dichiarazioni contraddittorie non esiste una
terza possibilità, ovvero una proposizione o è vera o è falsa). Questa modalità di pensiero si discosta dal
pensiero inconscio, proprio del sentimento e dell’emozione, invece strutturato secondo la cosiddetta logica
simmetrica, in base alla quale le relazioni inverse sono invece considerate identiche alle relazioni date (se a>b
allora b>a) e che pertanto non considera validi né i nessi causali, temporali e spaziali, né i principi della
logica aristotelica; cfr. I. Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Torino, Einaudi,
2000 (1975), pp. 41-69.
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L’applicazione dello schema all’epistolario e alle opere permette di individuare i seguenti tratti definitori
della psicodinamica keatsiana:
1. Esiste un conflitto perenne tra l’asse delle funzioni razionali (Thought e Heart’s affections) e quello delle
funzioni irrazionali (Sensation e Imagination);
2. Esiste un conflitto anche all’interno delle due coppie di funzioni (tra Thought e Heart’s affections e tra
Sensation e Imagination);
3. Il punto di vista è errante, nello schema, mai fisso. In altre parole, la funzione differenziata, o superiore,
cambia di volta in volta, e così fanno anche le corrispondenti funzioni indifferenziate, o inferiori, e
ancillari. Keats stesso è consapevole di questo andamento fluttuante del punto di vista conscio
all’interno della sua stessa psiche: quando parla del poeta come di un individuo sfuggente, dall’identità
sempre indefinita, privo di un “self” cristallizzato, stabile, unitario, ma sempre pronto a identificarsi, o
empatizzare, con chiunque e qualunque cosa: un vero e proprio un vero e proprio artista-camaleonte, “a
Camelion poet” – Lettera a Woodhouse del 27 Ott. 1818).
Tutto questo produce, nel Sé keatsiano, una tensione libidica forte, cioè una sorta di eccitazione tra le
quattro funzioni psichiche, le quali sono a loro volta portate a compensare questa stessa tensione,
risolvendola in uno stato di equilibrio tra opposti complementari tramite la produzione continua di
immagini e simboli. Siccome il conflitto tra le funzioni si scatena all’interno del modo in cui Keats si rapporta
alle parti inconsce del Sé (la parte femminile, creativa della sua mente di genere maschile), cioè in rapporto
all’Anima, la tensione libidica risultante dal conflitto genera un alto numero di immagini e simboli. Nel caso
keatsiano questo conflitto è elaborato poeticamente, nelle varie opere, come un confronto tra da una parte,
un soggetto maschile (l’io poetico o un personaggio maschile, entrambi figurazioni attanziali del punto di
vista conscio e corrispondente alla funzione psichica superiore, differenziata in un dato momento dello
sviluppo diacronico della psiche individuale keatsiana) e, dall’altra parte, uno o più personaggi femminili
(invece figurazioni attanziali del punto di vista inconscio e corrispondente alla funzione psichica inferiore,
indifferenziata, in un dato momento dello sviluppo diacronico della psiche individuale keatsiana).
In base a questi presupposti, è possibile collocare le figure femminili dei poemi keatsiani in punti precisi
dello schema junghiano, in corrispondenza delle quattro funzioni psichiche. In secondo luogo, è possibile
ricostruire anche il programma e il ruolo narrativo incarnati da ciascuna di queste figure femminili in
rapporto al punto di vista conscio, maschile corrispondente in un dato momento sincronico dello sviluppo
della mente creativa keatsiana e incarnato dall’io poetico o da un dato personaggio maschile.
In alcuni casi, un personaggio (sia maschile, sia femminile) può incarnare più di una funzione. Ad
esempio, Madeline e Porphyro, i protagonisti di The Eve of St. Agnes, incarnano, rispettivamente, una
combinazione di Pensiero / “Thought” e di Intuizione / “Imagination” (Madeline = pensiero speculativo e
intuitivo) e una combinazione di Sensazione / “Sensation” e Sentimento / “Heart’s affections” (Porphyro =
sentimento empirico). Nelle descrizioni keatsiane, Madeline è infatti interamente immersa nel proprio
mondo interiore, psichico (è “sole-toughted”, v. 42, e “thoughtful”, v. 55), quindi è riconducibile all’attività
astratta del “thought” e contemporaneamente vive l’amore per Porphyro nella dimensione irreale, onirica,
visionaria della “fairy fancy” legata alla superstizione della vigilia di Sant’Agnese, quindi è riconducibile
anche all’attivazione della funzione psichica dell’Intuizione / “Imagination”. Dall’altra parte, Porphyro
incarna la Sensazione /”Sensation”, essendo un personaggio dalla spiccata capacità di esercitare, al massimo
grado di intensità, l’intero ventaglio delle percezioni sensoriali (cfr. la stanza 33, vv. 262-270) ed essendo
interamente preso dal desiderio erotico per Madeline incarna anche le “Heart’s affections” (cfr. il simbolismo
del rosso, palese anche nell’etimologia del nome, e del fuoco, “burning Porphyro”, v. 159; “with heart on
fire”, v. 75, entrambi figurativamente all’ardore dell’Eros e quindi al trasporto delle “Heart’s affections”).
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