POSIZIONI E RAPPRESENTAZIONI DELLE LETTERATURE

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POSIZIONI E RAPPRESENTAZIONI DELLE LETTERATURE
POSIZIONI E RAPPRESENTAZIONI DELLE LETTERATURE FRANCOFONE
IN ITALIA
MARIA CHIARA GNOCCHI
[…] la plate-forme du pouvoir culturel repose sur des pilotis
institutionnels, industriels et commerciaux dont la matérialité
sensible échappe le plus souvent à ceux qu’ils supportent
R. DEBRAY1
L’hypothèque la plus lourde qui pèse sur les littératures francophones est leur faible diffusion.
L. GAUVIN et J.-M. KLINKENBERG2
Istituzioni
Curiosamente, la convinzione di tante persone che non conoscono le letterature
della francofonia periferica è che queste debbano essere esigue o mediocri, dal momento
che sono scarsamente diffuse e conosciute. Come se tra il valore di un testo e il suo riconoscimento pubblico ci fosse sempre un rapporto causale diretto; come se un prodotto
di qualità giungesse per forza, prima o poi, alla notorietà; come se gli unici agenti nel
sistema della comunicazione letteraria fossero l’autore e il lettore. In realtà è chiaro che
i testi rientrano in un sistema più vasto, responsabile non solo della loro produzione (la
scrittura) e della loro ricezione (la lettura), ma anche dell’elaborazione dei giudizi critici
formulati intorno ad essi e, a monte, dei criteri di valore su cui basare questi giudizi.3 La
ricerca condotta dalla nostra équipe4 vuole fare luce su alcuni aspetti di questo sistema,
e si configura pertanto come uno studio di tipo istituzionale del fenomeno letterario5 (di
un suo aspetto, in un preciso contesto spazio-temporale): come ricorda Jean-Marie
Klinkenberg, considerare la letteratura come un’istituzione significa «l’appréhender
dans ses usages, et l’affirmer comme tributaire d’une insertion historique et sociale».6
1
R. DEBRAY, Le pouvoir intellectuel en France, Paris, Ramsay, 1979, p. 122.
L. GAUVIN et J.-M. KLINKENBERG, La diffusion des lettres francophones: une question de représentation, in Écrivain cherche lecteur. L’écrivain francophone et ses publics, Paris, Creaphis, 1991, «Rencontres à Royaumont», p. 11.
3
A proposito del valore attribuito ai testi letterari rimando non solo al celebre studio di Claude Lafarge
(La valeur littéraire. Figuration littéraire et usages sociaux, Paris, Fayard, 1983), ma anche al più recente
volume collettivo Que vaut la littérature? a cura di Denis Saint-Jacques (Québec, Éditions Nota Bene,
2000, «Les Cahiers du Centre de Recherche en Littérature Québécoise»).
4
Mi capiterà spesso, nel corso di questo intervento, di parlare in prima persona plurale, o di fare riferimento alla nostra ricerca: ciò è dovuto al fatto che l’impostazione teorica che espongo in questa sede è
alla base del progetto nel suo insieme.
5
Al di là di questo primo saggio, la nostra ricerca muove da indagini pratiche più che da speculazioni teoriche.
6
J.-M. KLINKENBERG, L’analyse institutionnelle de la littérature en Belgique francophone: où en est-on?,
introduzione al volume L’institution littéraire, «Textyles», n. 15, 1999, p. 7.
2
13
Ci è sembrato importante volgere l’attenzione a quelle che Jacques Dubois, uno
dei primi teorici dello studio istituzionale della letteratura,7 chiama le «condizioni di
possibilità» della letteratura. Perché un testo esista (nel mondo letterario e nel sociale),
devono intervenire le cosiddette istanze di produzione, legittimazione, diffusione, consacrazione. Secondo Dubois, «il prodotto letterario si compone dell’interazione di più
istanze. Per istanza, si intende un apparato istituzionale che svolge una funzione specifica nell’elaborazione, definizione o legittimazione di un’opera. Le istanze variano nel
numero e nella forma secondo il punto di vista da cui si esamina il processo letterario, e
si differenziano anche sulla base dell’evoluzione storico-sociale».8 Come ha fatto notare
Alfredo Luzi, che ha curato l’edizione italiana della Letteratura come istituzione di Jacques Dubois, confluiscono nell’istanza il significato di apparato (concetto statico) e
quello di processo (concetto dinamico),9 entrambi necessari per rendere pienamente
conto delle dinamiche di legittimazione. Non a caso, abbiamo preso in considerazione
non solo l’effettiva diffusione dei testi primari e le strutture che la rendono possibile (le
case editrici, i centri culturali, le accademie, le riviste), ma anche i processi legittimanti
e le logiche che li sottendono. Particolarmente illuminante è stato, per esempio, lo spoglio di riviste che pubblicano sia testi primari sia i relativi commenti critici, o ancora lo
studio dell’apparato paratestuale che accompagna determinati testi.
Situazioni e rappresentazioni
Lo scopo della nostra ricerca può essere ricondotto al tentativo di situare le letterature francofone in Italia. Situare i testi da un lato (e quindi analizzare la diffusione dei
testi primari in traduzione e di quelli secondari – di qui i contatti presi con le riviste e le
case editrici) e dall’altro capire come queste letterature occupino simbolicamente lo
spazio all’interno del campo letterario: quale e quanto spazio occupano, in che modo
viene conquistato e conservato, e grazie a chi. (Ricordiamo en passant che durante gli
ultimi dieci-quindici anni il concetto di campo letterario, introdotto da Pierre Bourdieu,10 si è rivelato particolarmente pertinente per lo studio di diverse realtà letterarie
marginali.)11 In altre parole, abbiamo voluto studiare la letteratura nello spazio e come
7
Cfr. soprattutto il testo fondatore, L’institution de la littérature (Bruxelles, Labor, 1978), tradotto in italiano con il titolo La letteratura come istituzione (a cura di A. Luzi, Urbino, 4 venti, 1980).
8
J. DUBOIS, op. cit., p. 98.
9
A. LUZI, Introduzione a J. DUBOIS, op. cit., p. 14.
10
Cfr. essenzialmente P. BOURDIEU, Le champ littéraire. Préalables critiques et principes de méthode,
«Lendemains», n. 36 (Schwerpunkt: das literarische Feld), 1984, pp. 5-20; ID., Le champ littéraire,
«Actes de la recherche en sciences sociales» (n. 89, settembre 1991, pp. 3-46; ID., Les règles de l’art. Genèse et structure du champ littéraire, Paris, Seuil, 1992, «Libre examen» (in quest’ultimo testo è confluito anche Le marché des biens symboliques, articolo di fondamentale importanza inizialmente pubblicato
in «L’année sociologique», vol. 22, 1971, pp. 49-126).
11
Marginali da diversi punti di vista, senza dovere necessariamente uscire dai confini geografici della
Francia. Per esempio, grazie al concetto di campo e all’impostazione delineata da Bourdieu, Anne-Marie
Thiesse ha ricostruito e illustrato in modo esemplare sia il fenomeno delle letture popolari nella Belle Époque sia lo sviluppo delle letterature regionali e regionaliste tra la fine del XIX e la metà del XX secolo,
cfr. A.-M. THIESSE, Le Roman du quotidien; lecteurs et lectures populaires à la belle Époque, Paris, Le
Chemin Vert, 1984; ID., Écrire la France. Le mouvement littéraire régionaliste de langue française entre
la Belle Époque et la Libération, Paris, PUF, 1991, «Ethnologies». Farei ugualmente notare che
l’iniziativa di studi di tipo istituzionale del fenomeno letterario è spesso partita da zone periferiche, ai
margini (geografici o simbolici) del campo, o da sottocampi dotati di scarsa legittimità. E questo per ovvie ragioni: chi patisce gli effetti negativi di logiche di potere non solo se ne rende più facilmente conto,
ma ha interesse a svelarle per giustificare o comunque relativizzare la propria marginalità (vale a dire, per
14
spazio. Abbiamo messo in secondo piano la dimensione temporale, l’aspetto diacronico
del processo, per fare il punto della situazione attuale.
Uno studio della letteratura di tipo istituzionale implica l’analisi di diverse dinamiche spaziali: si tratta della formazione di campi (e sotto o contro-campi), di posizionamenti nel campo, di accessi, ammissioni, spostamenti, collocazioni, classificazioni, gerarchie (su un piano verticale, alto-basso, ma anche orizzontale, centro-periferia).
Il campo letterario è «un campo di forze che agiscono su tutti quelli che vi entrano», un
campo di potere e di lotte per il potere.12 Le posizioni assunte implicano altrettante prese di posizione, e l’equilibrio dell’insieme è instabile perché dipende da tutti gli elementi partecipanti al sistema, da come essi si pongono, appunto, gli uni in rapporto agli altri.
Ecco perché, parlando della legittimazione e della diffusione di una data letteratura in
un dato campo letterario, si può parlare di conquista dello spazio.
Chiariamo brevemente cosa intendiamo qui per legittimazione. In un numero
speciale della rivista «Études littéraires» dedicato a L’institution littéraire en Afrique
subsaharienne francophone, André Patient Bokiba ha scritto che «la légitimation peut
être définie comme le processus par lequel un législateur est autorisé à proclamer la validité d’un discours afin de le rendre recevable par l’institution intéressée par ce type de
discours».13 Possiamo aggiungere che la legittimazione è una questione sia di accesso
sia di riconoscimento. Per definizione, in senso lato, è considerato legittimo ciò che è
consacrato dalla legge, dalle leggi, o riconosciuto conforme ad esse: ciò che è ammesso,
ciò che è permesso. Il processo di legittimazione prevede due tappe fondamentali: una
prima tappa al termine della quale si ottiene un permesso d’accesso al campo, ed una
seconda tappa che corrisponde maggiormente ad una consacrazione, dove ciò che è riconosciuto non è solo un diritto (di esistere, di essere preso in considerazione) ma un
valore positivo.
Oltre ad un beneficiario, questo processo implica dunque un dispensatore, qualcuno che, dotato di autorità, riconosce e attribuisce un diritto. Le istanze di legittimazione sono molteplici e multiformi; noi abbiamo deciso di concentrarci su quelle che ci
sembravano essere più determinanti per la diffusione delle letterature francofone in Italia, e al tempo stesso più facilmente raggiungibili: le case editrici e i relativi responsabili, i centri culturali e universitari, le riviste e i siti Internet che divulgano opere della
francofonia (non ci siamo, per esempio, occupate né dei premi letterari né
dell’istituzione scolastica).
Si è precedentemente accennato ai due momenti fondamentali del processo di
legittimazione: quello che potremmo chiamare il lasciapassare e il giudizio che sancidenunciarla come marginalizzazione) ed eventualmente proporre diversi criteri per una nuova conformazione del campo. Inversamente, chi occupa le posizioni più centrali e legittime tenderà ad accettare e perpetuare uno status quo percepito come indiscutibile, e ad evacuare o eufemizzare le questioni politiche
che rischiano di metterlo in discussione (cfr. anche P. CASANOVA, La République mondiale des Lettres,
Paris, Seuil, 1999). Ecco perché, da ghetto, le zone periferiche si sono spesso trasformate in avamposti
della ricerca: come ha notato Paul Aron, «La littérature périphérique devient le relais privilégié d’où partent des interrogations qui s’adressent à la littérature en général. […] Une situation vécue subjectivement
comme un repli peut devenir le lieu d’une avancée théorique» (P. ARON, Présentation, in Situations de
l’écrivain francophone, Actes du colloque Langue, écriture, francophonie, Bruxelles, 22-24 maggio
1991, a cura di P. Aron, «Revue de l’Institut de sociologie», 1990-1991, p. 15).
12
«Le champ littéraire est un champ de forces agissant sur tous ceux qui y entrent […], en même temps
qu’un champ de luttes de concurrence qui tendent à conserver ou à transformer ce champ de forces»
(P. BOURDIEU, Le champ littéraire, cit., pp. 4-5).
13
A. P. BOKIBA, Le discours préfaciel, instance de légitimation littéraire, «Études littéraires»,
L’institution littéraire en Afrique subsaharienne francophone, vol. 24, n. 2, autunno 1991, p. 78.
15
sce la consacrazione. Specialmente in questa seconda tappa risulta di fondamentale importanza il ruolo di mediazione svolto da quella che chiameremo, in un’accezione larga,
la critica (e quindi gli articoli critici in giornali e riviste, le prefazioni e postfazioni, gli
elementi paratestuali, ecc.). Come ha recentemente sottolineato Pierre Halen, il critico
non si limita a consacrare l’esistenza dell’oggetto letterario, ma lo produce,
quand’anche ne dicesse solo del male.14 La critica è parte integrante della comunicazione letteraria, la quale non si conclude con l’avvenuta redazione di un testo, ma nemmeno con la sua pubblicazione: il passaggio attraverso la critica costituisce una tappa fondamentale del processo letterario, poiché essa presenta la particolarità di essere già ricezione e al tempo stesso ancora produzione (di senso che appartiene al testo). L’azione
del critico (o del promotore culturale, dell’esperto cui fanno capo le case editrici) è fondamentale perché il suo commento – più in generale, il suo operato – orienta la lettura
dell’oggetto letterario: quindi oltre a farlo esistere, ne configura la rappresentazione.15
Questo è un fenomeno che merita di essere sottolineato: non è possibile, infatti, affrontare la diffusione dei testi letterari come se si trattasse di una questione meramente tecnico-commerciale. Per tutte queste ragioni, noi abbiamo preferito completare lo studio
della diffusione dei testi primari con l’analisi dei discorsi critici che si sviluppano intorno ad essi.
Polarizzazioni e mediazioni
Per tutte le letterature periferiche, quello della conquista dello spazio è un problema cruciale. Lo è in particolare per le letterature francofone: la questione è conosciuta, e concerne le relazioni tra queste letterature e il polo letterario francese. Possiamo dire che la storia delle letterature francofone ruota intorno alle differenti posizioni prese,
mano a mano, nei confronti della Francia e della sua letteratura (in senso lato: delle sue
opere, dei suoi critici, delle sue case editrici); intorno alle diverse modalità di situazione
rispetto a questo sistema così forte e così fortemente accentrato, spesso largamente responsabile di queste prese di posizione.16
Il campo letterario francese si è formato prima dei campi francofoni concorrenti,
ha precocemente raggiunto una propria autonomia e conquistato il riconoscimento della
propria autorità.17 Si tratta, per motivi storici, sociali e culturali propri a questo paese, di
un modello di campo fortemente centralizzato. Quando la Francia ha allargato i propri
confini con la creazione di un impero coloniale, Parigi non ha visto indebolita la propria
funzione di perno, anzi, l’ha affermata con rinnovato vigore. Le prime opere scritte in
lingua francese in paesi o da autori stranieri sono state inizialmente considerate come
facenti parte integrante del sistema letterario francese, anche se godevano di una scarsa
legittimità e venivano relegate all’estrema periferia del campo. Solo in seguito sono state riconosciute, ai confini dell’(ex)impero, vere e proprie letterature altre rispetto a quella francese: le letterature francofone di cui ci occupiamo. I processi di autonomizzazione dei campi letterari periferici sono stati difficili, problematici, e non sembrano tuttora,
14
P. HALEN, Constructions identitaires et stratégies d’émergence: notes pour une analyse institutionnelle
du système littéraire francophone, «Études françaises», vol. 37, n. 2, 2001, pp. 13-31.
15
Ibid., p. 13.
16
Le storie delle letterature francofone vedono per lo più alternarsi fasi di integrazione e di ripiego rispetto al campo francese: o si conquista un posto all’interno del campo francese (strategia tendenzialmente
individuale), oppure si crea un controcampo di pari dignità letteraria, istituzionalmente riconosciuto e accreditato (strategia collettiva).
17
Cfr. P. BOURDIEU, Les règles de l’art cit.
16
salvo qualche eccezione, portati a pieno compimento.18 Questo per due motivi principali: da un punto di vista puramente materiale, i paesi francofoni non hanno avuto né il
tempo né il modo di dotarsi di mezzi propri per la pubblicazione e la diffusione dei testi,
e i loro rappresentanti sono ancora poco presenti a livello degli apparati di consacrazione. Da un punto di vista più simbolico, non esistono in questi campi periferici istanze
abbastanza autorevoli (la cui autorità sia sufficientemente riconosciuta) perché sia attribuita alle opere una legittimità a pieno titolo. Gli apparati legittimanti rimangono ancora
quasi interamente in mano ad esponenti della cultura francese (o tutt’al più statunitense), il che significa che i testi creati nelle zone periferiche arrivano al pubblico (a tutto il
pubblico, francese, francofono ma, come vedremo, in larga parte anche italiano) solo filtrati e chiosati da una voce altra, emanazione del centro, ossia delle istanze di consacrazione francesi.19 Ovviamente, questi due motivi sono strettamente correlati: l’assenza,
per esempio in Africa subsahariana, di case editrici competitive rafforza il quasimonopolio delle case francesi nella produzione e nella distribuzione delle opere scritte
non solo in Francia, ma anche nella stessa Africa; la scarsità, sempre in Africa, di facoltà prestigiose, fa sì che gli specialisti più accreditati – europei o anche africani – siano di
fatto quelli che si formano in Francia. Sicché, anche al di là dell’aspetto materiale, peraltro imprescindibile, il peso del polo francese è notevolissimo per quanto riguarda i
discorsi critici che accompagnano, precedono e seguono la produzione dei testi creati
nella francofonia periferica: la maggior parte di essi, e in ogni caso quelli ritenuti più
autorevoli, sono un’emanazione dell’intellighenzia francese. In altre parole, la Francia è
largamente influente in quasi tutti i settori del contesto che vede la nascita, la promozione e la fruizione dei testi francofoni.20 Per queste ragioni, non ci sembra possibile parlare di strategie di legittimazione e modalità di ricezione delle letterature francofone in Italia senza prendere in considerazione il polo francese.
Nominazioni e collocazioni
la littérature est un effet de frontière
J. MELANÇON21
Proprio perché spesso poggiano su apparati istituzionali deboli, e – da un punto
di vista più simbolico – non sembrano andar da sé,22 le letterature francofone hanno
18
Cfr. P. ARON, Sur le concept d’autonomie, «Discours social», v. 7, n. 3-4, 1995, pp. 63-72. Ovviamente, la situazione non è identica in tutte le aree della francofonia: ad esempio, non si può dire che le letterature locali abbiano raggiunto uno stesso grado di autonomia in Québec e in Africa subsahariana. Si noti, a
proposito, che gran parte delle riflessioni esposte in questo paragrafo non sono sempre applicabili al Québec che, tra le letterature francofone extraeuropee, costituisce un po’ un caso a sé.
19
Affrontando la letteratura africana nel suo contesto istituzionale, e analizzando in particolare i parametri della sua canonizzazione, Ambroise Kom ha sottolineato il fatto che, sviluppando strategie di legittimazione in favore di scrittori e opere provenienti dal mondo postcoloniale, la critica occidentale continua
a garantirsi il monopolio dei criteri della canonizzazione letteraria (La littérature africaine et les paramètres du canon, «Études françaises», cit., p. 41).
20
Ho sommariamente delineato alcune di queste dinamiche in un piccolo articolo divulgativo cui mi permetto di rinviare: M. C. GNOCCHI, Prefazioni, prefissi e altre pretese. Percezione e ricezione delle letterature postcoloniali, «Hamelin», n. 4, aprile 2002, pp. 29-32.
21
J. MELANÇON, L’autonomisation de la littérature, «Études littéraires», vol. 20, n. 1, primavera-estate
1987, p. 18.
22
La definizione è di Marc Quaghebeur, cfr. Balises pour l’histoire des Lettres belges (testo inizialmente
pubblicato con il titolo Balises pour l’histoire de nos lettres come introduzione a M. QUAGHEBEUR e
17
sempre avuto il bisogno di definirsi, di nominarsi, di trovare un appiglio che giustificasse un interesse. Non a caso, le loro storie sono fitte di proclami e rifiuti, adesioni (temporanee) a progetti diversi, in cui le etichette, le denominazioni, spesso di carattere identitario, hanno avuto un ruolo capitale.23 Queste etichette non fanno altro che dire, suggerire l’appartenenza a uno spazio piuttosto che a un altro (in questo senso, la nominazione e la situazione appaiono fortemente interrelate). È chiaro che la scelta dell’etichetta
(del nome) rinvia ad un progetto più che a una qualsivoglia specificità essenziale, e fa
quindi parte di una strategia di affermazione e di emergenza.
Di conseguenza, tutti coloro che si adoperano per la diffusione delle letterature
francofone si trovano di fronte a una serie di scelte cruciali. Per promuovere un autore,
un testo o un’intera letteratura della francofonia periferica, risulta di fondamentale importanza decidere su che cosa si vuole insistere. Se si mira, per esempio, alla diffusione
delle letterature francofone nel loro insieme, bisognerà mettere l’accento su categorie di
apprezzamento che le riguardano tutte, senza esclusione – non a caso, le letterature belga, svizzera e quebecchese non godono del favore accordato negli ultimi tempi alle letterature dei paesi extraeuropei di recente colonizzazione, basato sull’attrazione per
l’alterità o ancora sull’interesse extraletterario per la postcolonialità. Si è assistito, nel
corso del tempo, all’alternarsi di diverse strategie di legittimazione (singolari o collettive, complessive o locali) e alla formazione di diverse alleanze, strategiche per
l’appunto. Uno degli obiettivi da noi perseguiti è proprio quello di studiare quali etichette sono state sfruttate in Italia, e cercare di dedurre il progetto che le sottende. Intendiamo altresì interrogarci sulla percezione che hanno gli italiani dei rapporti tra la Francia e
le letterature francofone: in che misura i criteri di classificazione francesi influenzano la
ricezione delle letterature francofone in Italia?
Possiamo dire che gli italiani ignorano, per lo più, le dinamiche proprie al sistema letterario franco-francofono,24 sostanzialmente diverso da quello italiano. Il modello
francese, fortemente centralizzato (Parigi fulcro del campo francese, la Francia fulcro
del campo francofono) non ha un equivalente in Italia, dove non c’è, come in Francia,
un unico centro responsabile della maggior parte dell’attività editoriale, critica e normativa in campo letterario (che, nel caso della Francia, coincide per di più con la capitale
politica ed economica della nazione). Non è nemmeno detto che gli italiani abbiano
un’idea omogenea delle appartenenze spaziali delle letterature francofone. Per esempio,
ci si può chiedere come leggano la letteratura, mettiamo, marocchina d’espressione
francese. Come letteratura marocchina, magrebina, africana, francofona…? Anche restando sul piano puramente geografico, possiamo aggiungere altri spazi possibili: c’è
chi parla, ad esempio, di letteratura del sud del mondo; e poi si può passare ad altre appartenenze o etichette identitarie corrispondenti a diversi progetti estetici, politici o altro
(letteratura araba, letteratura musulmana, etc.).
La questione degli spazi di appartenenza, e quindi della collocazione nello spazio (delle opere e delle letterature), è cruciale perché si riflette inevitabilmente a livello
della reperibilità reale dei testi: la rappresentazione degli spazi determina non solo una
A. SPINETTE, Alphabet des Lettres belges de langue française, préface de L. Wouters, Bruxelles, Association pour la promotion des lettres belges de langue française, 1982), Bruxelles, Labor, 1998, p. 9.
23
Cfr. P. HALEN op. cit.
24
Nonostante il vocabolo francofono riguardi in teoria tutti i paesi d’espressione francese, compresa la
Francia, si è diffusa la tendenza ad utilizzarlo per designare le realtà attinenti alla sola francofonia periferica (le ambiguità relative alla definizione di un campo francofono permangono, cfr. anche D. SAINTJACQUES, Vers une unification du champ littéraire de la francophonie?, in Situations de l’écrivain francophone cit., in particolare pp. 22-23).
18
visione, ma una visibilità, e influisce sulle modalità di fruizione delle opere. Nelle biblioteche ben organizzate, i lettori sono invitati a lasciare i libri su tavoli e carrelli, e a
non riporli personalmente negli scaffali; il motto è lo stesso in tutto il mondo: «un libro
mal collocato è un libro perso». E questo è verissimo, anche al di fuori delle biblioteche:
non basta che una libreria possieda un libro, o che se lo possa procurare: se non è immediatamente visibile o è di difficile reperimento, è come se non esistesse.
È proprio qui che appare fondamentale l’azione esercitata dalle diverse istanze di
legittimazione, le quali attribuiscono un posto, una collocazione ai testi ed eventualmente alle letterature. Così facendo, esse forniscono le ragioni di un interesse, e orientano la
lettura: interponendosi tra il testo e il lettore, alcune di esse incanalano la ricerca, altre
la lettura propriamente detta. Per questo abbiamo scelto di volgere la nostra attenzione a
diversi settori responsabili della legittimazione letteraria: dalle case editrici, alle riviste,
alle università, ai centri culturali e persino a certe librerie specializzate. E, ovviamente,
non è detto che tutti gli agenti operanti in questi apparati scelgano gli stessi criteri di
collocazione. Non è detto, per esempio, che il sistema editoriale tracci i confini laddove
li mette la critica universitaria: si tratterà in questo caso di valutare le conseguenze delle
eventuali convergenze o divergenze.
Traduzioni (paradossi spaziali)
Diversi studiosi hanno sottolineato il fatto che non tutti i campi letterari presentano una stessa conformazione. Possono differire sensibilmente anche le principali regole che determinano l’accesso a questi campi, e l’occupazione in essi di posizioni più o
meno centrali, più o meno legittime. Per esempio, riprendendo la distinzione di Norbert
Elias tra cultura e civiltà, ossia tra i diversi modi di rapportarsi alla lingua e al sapere
che si sono sviluppati in Germania e in Francia,25 Paul Aron sostiene che, pur producendo letterature in lingua francese, la Svizzera e il Belgio si rapportano al campo del
sapere (linguistico e letterario) con modalità che, per precisi motivi storici, sono più vicine al modello tedesco piuttosto che a quello francese.26 Ora, se si prendono in esame
le modalità di ricezione in Francia degli scritti provenienti dalla Svizzera, dal Belgio,
ma anche da tanti altri paesi della francofonia periferica, si nota che l’accento è il più
delle volte messo sulle somiglianze o sulle devianze dell’uso locale della lingua rispetto
al francese standard (in un’ottica generalmente normativa: corretto/scorretto, legittimo/illegittimo, accettato/inaccettabile e quindi non accettato). Si profila dunque una
prima situazione ambigua: da un lato, se la Francia dà per scontato il binomio lingua e
civiltà, non è detto che esso sia condiviso in tutti i paesi della francofonia, e soprattutto
considerato fondante per quanto riguarda le loro letterature;27 dall’altro, come abbiamo
detto, la Francia è largamente responsabile della legittimazione e della diffusione di
queste letterature periferiche. Ovviamente, gli agenti culturali francesi sono portati ad
estendere il proprio modello di giudizio a tutti i prodotti letterari francofoni, compresi
25
Cfr. N. ELIAS, «Civiltà e cultura», in La civiltà delle buone maniere, Bologna, Il Mulino, 1982 (1a ed.
1936), pp. 79-144.
26
P. ARON, Sur le concept d’autonomie cit., pp. 69-70.
27
È per questo che, come ricorda Aron, riconoscere altre letterature d’espressione francese non significa
solo prendere atto della presenza di altri mercati, alternativi rispetto a quello centrale, ma può voler dire
difendere e preservare posizioni corrispondenti ad una storia (politica, sociale, culturale) differente, alla
particolare e specifica strutturazione locale del sociale e della lingua (Ibid., p. 69).
19
quelli periferici – anche se l’imprecisa sovrapposizione o l’applicazione abusiva di criteri non pertinenti può avere conseguenze fatali.28
La situazione è problematica, ma tutto sommato ancora abbastanza semplice finché si rimane all’interno del binomio Francia-francofonia. Essa diventa paradossale nel
momento in cui le letterature francofone si diffondono in paesi alloglotti. Il paradosso è
questo: abbiamo detto che della prima pubblicazione di questi testi periferici, e di tutto
il contesto critico e mediatico che li accompagna, è responsabile nella maggior parte dei
casi la Francia, la quale determina il loro successo (o insuccesso), la loro più o meno
grande visibilità, seguendo regole che le sono proprie – tra cui, per esempio, il rigore di
correttezza linguistica. Ma che dire delle successive traduzioni di queste opere in lingue
diverse dal francese? Con il passaggio ad un altro idioma (e a un altro campo, a un altro
uso sociale della lingua e del sapere) viene a scomparire il criterio maggiormente determinante per l’accettazione e la prima ricezione di queste opere in lingua originale.
L’ortodossia in base alle quali le opere francofone sono giudicate, di fatto spesso penalizzate e marginalizzate in Francia, e che talvolta può addirittura precludere la loro esistenza, perde la sua pertinenza una volta uscite dal campo francese. In Italia, per esempio, paese in cui gli usi locali della lingua sono riconosciuti, tollerati e spesso anzi apprezzati (pensiamo a Gadda o, più recentemente, a Camilleri), un atteggiamento normativo severo nei confronti della lingua sul modello di quello francese sarebbe inconcepibile. Eppure, a meno che non sia accolta e promossa da una casa editrice periferica,
un’opera francofona deve generalmente passare da Parigi, quindi dai criteri in vigore in
Francia, per giungere in Italia.
La situazione è tanto più problematica in quanto, con il passaggio in Italia, si
trova messa in discussione non solo la preminenza del criterio della correttezza linguistica, ma, talvolta, anche proprio il criterio linguistico in sé, tant’è che si assiste a categorizzazioni basate su criteri territoriali o culturali non linguistici. Per esempio, diverse
riviste e case editrici italiane hanno promosso autori e opere provenienti dal cosiddetto
mondo arabo senza operare alcuna demarcazione tra gli scritti in lingua araba e quelli in
lingua francese.29
Logiche di rete e democrazie virtuali
Passando da un campo letterario ad un altro campo, per di più alloglotto, ci si
trova di fronte a diverse percezioni e rappresentazioni degli spazi: non solo gli spazi geografici di appartenenza (di origine) delle letterature rappresentate, ma anche gli spazi
simbolici ad esse attribuiti nel nuovo campo. Il trasferimento in paesi che non siano né
quelli di origine né la Francia può portare a queste letterature alcuni vantaggi sostanziali, proprio in termini di posizionamenti spaziali. Abbiamo precedentemente descritto gli
ostacoli legati alla conformazione del campo letterario francese e alla sua estrema cen28
Per fare un esempio che riguarda una delle principali istanze di legittimazione della letteratura francese,
ricordiamo che, specialmente nei primi anni di attribuzione del Prix Goncourt, ci furono molte resistenze
di fronte a testi provenienti dalla francofonia periferica, ritenuti inaccettabili a causa dei numerosi barbarismi. Ma pensiamo anche ai criteri di demarcazione storica delle letterature francofone africane, per le
quali si parla di una prima fase, in cui il modello linguistico (grammaticale, sintattico, discorsivo) francese è imitato e calcato passivamente, e di una successiva fase di contestazione consapevole, il cui primo
campo di battaglia è precisamente la lingua (è la svolta i cui campioni, sempre citati, sono Les soleils des
Indépendances di Ahmadou Kourouma e Le devoir de violence di Yambo Ouologuem, entrambi del
1968).
29
Cfr. infra, gli interventi di Anusca Ferrari e di Paola Ghinelli.
20
tralizzazione: ebbene, diffondendosi e facendosi progressivamente conoscere in territori
altri, le letterature francofone possono cercare di minimizzare il peso del polo francese.
In questo senso, i tentativi di diffusione in diversi paesi possono essere visti come uno
dei tanti aspetti di una macro-strategia, di una logica di fondo che sembra sottendere
molte delle principali micro-strategie di emergenza che hanno caratterizzato la storia
delle letterature francofone fino ad oggi. Difatti, i rappresentanti di queste letterature
hanno più volte cercato di sfuggire alla scelta obbligata tra un’integrazione al centro (e
alla sua tassonomia) e una distinzione accentuata, in cui le divergenze dal centro sono
sottolineate se non esasperate (vedi le varie irregolarità della belgitude, le specificità
della créolité, tutti atteggiamenti che presuppongono sempre e comunque un termine di
paragone ben preciso, che in fin dei conti detta ancora le regole del gioco). L’unico modo per sfuggire all’alternativa è sembrato quello di ridisegnare le mappe, di cambiare la
geografia simbolica del campo e degli spazi di appartenenza per aggirare o addirittura
negare il centro. Da un lato, si è assistito all’emergere di alcuni nuovi centri, concorrenti
del Centro parigino (nel caso di Montréal, la strategia pare abbia pienamente funzionato). Ma, soprattutto, la francofonia ha preso la forma di una rete: i suoi rappresentanti
hanno creato una serie di reti sovrannazionali e internazionali che non prevedono nessun
Centro ma piuttosto la coesistenza di diversi centri, più o meno equipollenti. In questo
modo, viene contestata sia l’immagine di un campo coprente tutta la francofonia, con
Parigi e la Francia al centro,30 sia l’immagine di un campo principale francese affiancato
da diversi sottocampi periferici, scarsamente competitivi. I vantaggi di una tale strutturazione sono facilmente deducibili: in una logica di rete, i criteri di prossimità/lontananza non valgono più, le distanze sono ammesse e contemplate, e in ogni caso
compensate da solidi rapporti tra i diversi centri. Più che contestate, le gerarchie sono
negate a priori, e tutti gli elementi in gioco ottengono di sottrarsi alla marginalità.31 La
creazione di diverse organizzazioni internazionali, e in primo luogo dell’Agence Intergouvernementale de la Francophonie,32 ha non a caso segnato la storia delle letterature
francofone.
Infine non possiamo certo, parlando di reti, non evocare la rivoluzione apportata
dall’avvento e dalla diffusione di Internet. Internet non è solo uno strumento, un mezzo
di comunicazione: Internet ha apportato nuovi modelli di conformazione e di lettura degli spazi. Internet è uno spazio, che favorisce, tra l’altro, l’emergenza delle culture finora marginali e marginalizzate, perché la geografia dei siti non ricalca necessariamente
quella dei luoghi, e questa nuova conformazione spaziale è fatta in modo da minimizzare le gerarchie, almeno quali sono state finora percepibili nel campo della letteratura.33
Così come, fino ad ora, a livello della critica, le letterature francofone hanno sfruttato
30
«On se défend mal, en France, de considérer la littérature française comme le centre d’un ensemble
qu’entourent de leurs cercles concentriques les littératures francophones puis les littératures en langues
étrangères» (H. NYSSEN, Éditer d’autres littératures, in Écrivain cherche lecteur, cit., p. 35).
31
Segnaliamo P. ARON, J.-P. BERTRAND, B. DENIS et J.-M. KLINKENBERG (a cura di), Les Réseaux littéraires, pubblicazione prevista per l’autunno 2004.
32
L’«Agence Internationale de la Francophonie» nasce nel 1970 con una vocazione di cooperazione tecnica e culturale (si chiamava per l’appunto «Agence de Coopération Culturelle et Technique», ACCT),
cui si è aggiunta, dal 1995, una vocazione politica (cfr. la voce «Francophonie» nel Dictionnaire du littéraire, sous la direction de P. ARON, D. SAINT-JACQUES et A. VIALA, Paris, PUF, 2002). Recentemente,
l’Agence è confluita, insieme ad altri organismi, nell’«Agence Intergouvernementale de la Francophonie»
(cfr. il sito <http://agence.francophonie.org>).
33
Cfr. E. SCHIFANO, L’édition africaine en France: portraits cit., pp. 146 sqq., nonché l’intervento di
Barbara Giannerini nel presente dossier, che analizza le potenzialità e le conseguenze della diffusione su
Internet delle letterature francofone.
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molto i periodici, che hanno garantito loro una diffusione abbastanza libera e capillare a
costi relativamente contenuti, oggi esse sembrano investire molto sul web, che offre
vantaggi analoghi, elevati all’ennesima potenza. Viene da domandarsi in che modo la
dimensione virtuale influenzerà, nel corso degli anni a venire, la percezione e la rappresentazione degli spazi anche al di fuori dell’universo Internet. Di quanti e quali spazi disporrà, in futuro, la francofonia letteraria in Italia, anche in seguito alla rivoluzione spaziale del World Wide Web?
Inutile tentare di delineare delle vere e proprie conclusioni per quella che vuole
semplicemente essere l’esposizione di una problematica e del quadro teorico attraverso
il quale la si vuole affrontare e interpretare. Gli spunti di ricerca qui delineati portano se
non altro ad una prima constatazione: lo studio della diffusione delle letterature francofone in Italia può condurre a risultati interessanti per quanto riguarda sia le strategie
d’emergenza proprie a queste letterature, sia la strutturazione e l’ethos propri al campo
letterario italiano.
Résumé. – La recherche dont on rend compte dans ce dossier vise à situer les littératures francophones en
Italie: il s’agit d’une part d’analyser la diffusion des textes (les stratégies de légitimation mises en place,
les modalités de la réception), et d’autre part de comprendre quel est l’espace qu’ils occupent dans le
champ littéraire italien (l’influence du modèle français est-elle prépondérante? quelles sont les conséquences, dans l’un ou l’autre cas?). D’un point de vue théorique, cette recherche s’appuie sur la théorie
bourdieusienne des champs et sur ce que l’on appelle l’étude de l’institution littéraire (J. Dubois, J.M. Klinkenberg, P. Casanova, etc.)
BIBLIOGRAFIA
Volumi
P. BOURDIEU, Les règles de l’art. Genèse et structure du champ littéraire, Paris, Seuil, 1992, «Libre examen»
P. CASANOVA, La République mondiale des Lettres, Paris, Seuil, 1999
Le Dictionnaire du Littéraire, par P. ARON, D. SAINT-JACQUES et A. VIALA, Paris, PUF, 2002
J. DUBOIS, L’institution de la littérature, Bruxelles, Labor, 1978 (trad. it.: La letteratura come istituzione,
a cura di A. Luzi, Urbino, 4 venti, 1980)
Écrivain cherche lecteur. L’écrivain francophone et ses publics, par L. GAUVIN et J.-M. KLINKENBERG,
Paris, Creaphis, 1991, «Rencontres à Royaumont»
L’institution littéraire, Actes du colloque organisé conjointement par l’Institut québécois de recherche sur
la culture et le Centre de recherche en littérature québécoise, par M. LEMIRE et M. LORD, Québec, Institut québécois de recherche sur la culture – Centre de recherche en littérature québécoise, 1986
J. RIESZ, Koloniale Mythen. Afrikanische Antworten. Europäisch-afrikanische Literaturbeziehungen I,
Frankfurt a/M., IKO-Verlag, 1993, 2a ed. 2000, in particolare Teil IV: «Probleme der Rezeption und
Übersetzung afrikanischer Literatur», p. 321-374
E. SCHIFANO, L’édition africaine en France: portraits, Paris, L’Harmattan, 2003
Numeri speciali di riviste (in ordine cronologico)
«Littérature»:
L’institution littéraire I, n. 42, maggio 1981; L’institution littéraire II, n. 44, dicembre 1981
«Itinéraires et contacts de cultures» :
L’enseignement des littératures francophones, 1982, n. 2, par le Centre d’Études francophones de
l’Université Paris 13
«Présence francophone»:
Dépendance et autonomie, n. 26, 1985, sous la direction de Jacques Michon
L’édition littéraire, n. 28, 1986, sous la direction de Jacques Michon
La réception critique, n. 30, 1987
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«Études littéraires»:
L’autonomisation de la littérature, vol. 20, n. 1, printemps-été 1987
L’institution littéraire en Afrique subsaharienne francophone, vol. 24, n. 2, automne 1991
«Revue de l’institut de sociologie»:
Situations de l’écrivain francophone, Actes du colloque Langue, écriture, francophonie (Bruxelles,
22-24 mai 1991), édités par Paul Aron, 1990-1991, pp. 13-242
«Textyles»:
L’institution littéraire, n. 15, dossier dirigé par J.-M. KLINKENBERG, 1999
«Études françaises»:
La littérature africaine et ses discours critiques, vol. 37, n. 2, 2001; in particolare l’articolo introduttivo di Pierre Halen: Constructions identitaires et stratégies d’émergence: notes pour une analyse institutionnelle du système littéraire francophone, pp. 13-31
Articoli in volumi o riviste
P. ARON, Sur le concept d’autonomie, «Discours social», v. 7, n. 3-4, 1995, pp. 63-72
A. BOSCHETTI, Légitimité littéraire et stratégies éditoriales, in Histoire de l’édition française, réalisée
sous la direction générale de H.-J. Martin et R. Chartier en collaboration avec J.-P. Vivet, vol. IV, Le
livre concurrencé (1900-1950), Paris, Promodis, 1982-1986, pp. 480-528
P. BOURDIEU, Le champ littéraire. Préalables critiques et principes de méthode, «Lendemains»,
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P. BOURDIEU, Le champ littéraire, «Actes de la recherche en sciences sociales», n. 89, septembre 1991,
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S. GEHRMANN, Traduction et réception des littératures africaines en Allemagne, in Les littératures africaines: transpositions?, Actes du colloque APELA, textes receuillis par G. Teulié, Montpellier, Université Montpellier III, 2002, «Les carnets du Cerpanac», pp. 173-189
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« Francofonia », 46, primavera, 2004.
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