La Moda italiana degli anni Cinquanta

Transcript

La Moda italiana degli anni Cinquanta
Lidia Trivisonne
WS 2006/07
La Moda italiana degli anni Cinquanta
1
Periodo storico
2
Situazione sociale e politica, ed il suo influsso sulla moda
3
Nasce il „Made in Italy“
4
Alcuni stilisti di quell’epoca (italiani)
5
Ruolo delle indossatrici
6
Star del cinema – ambasciatrici della moda
ad 1: La moda degli anni ’50 è sorta in seguito ad una esplosione della
creatività italiana, periodo che va dalle elezioni politiche del 1948 alle
Olimpiadi di Roma del 1960.
ad 2: L’Italia di quegli anni era un paese appena uscito dalle distruzioni
della seconda guerra mondiale che, per merito di una grande forza
interiore, ne vide la rinascita, economica e materiale. Il popolo italiano
aveva voglia di vivere, sperimentare, ostentare, sognare e gioire; e fu così
che, grazie alla peculiare creatività italiana, avvenne l’ascesa del „Made in
Italy“. Il decennio degli anni Cinquanta è stato il primo momento di
benessere per l’Italia; un’epoca veloce e spensierata nella quale la
concezione di vita ricevette un nuovo significato: il benessere. Dunque
anche la donna, prima vista come madre di famiglia, obbediente e
sottomessa, ora rappresentava, grazie anche all’influsso dato dal cinema
nostrano, la speranza dopo la fame della guerra, una donna elegante e
sofisticata, curata in ogni aspetto, sicura di sé.
Anche la situazione politica, con un governo stabile, contribuì a dare più
sicurezza al popolo italiano.
Tutta questa cornice d’innovazioni permise anche nel campo della moda
un percorso di evoluzione che oggi, pur non avendo ancora raggiunto la
sua meta, fa dell’Italia una nazione leader della moda mondiale, pari alla
Francia e agli Stati Uniti.
ad 3: Dopo la prima guerra mondiale, le donne, alle quali si apriva ora la
possibilità di accedere a ruoli in passato ricoperti esclusivamente dagli
uomini, incominciarono ad aspirare ad abiti pratici e funzionali e ad
acconciature semplici: accorciarono le gonne, cominciarono a indossare i
pantaloni e a portare i capelli molto corti. Si trattò probabilmente della
prima vera e propria rivoluzione nella storia della moda.
Forse ancor più grande fu la rivoluzione dopo la seconda guerra mondiale,
in quanto per la prima volta si parlò di moda come la intendiamo oggi. Gli
abiti non erano esclusivamente funzionali e pratici, ma raffiguravano lo
stato d’animo di un’intera generazione, piena di vita e nuovi colori. Questa
nuova moda fu introdotta dallo stilista francese Christian Dior e
soprannominata „new look“, che in pochissimo tempo prese piede anche
in Italia. Secondo Dior, il „new look“ serviva per donare alla donna la
femminilità e la raffinatezza persa durante la guerra: la figura femminile
1
Lidia Trivisonne
WS 2006/07
torna ad essere viva: le spalle si spogliano e divengono morbide e
arrotondate, il seno viene messo in risalto, la vita è sottilissima, ritorna
l’uso del corsetto con i fianchi imbottiti, le gonne sono voluminose e
gonfie. Si ripropone la donna oggetto, bella da ammirare ma che non fa
nulla e passa il tempo nei saloni di bellezza. I capelli sono permanentati e
morbidi, il trucco pesante ma dettagliato, uso sfrenato di fard sugli zigomi,
sopracciglia depilate, eye-liner nero, ombretto colorato e mascara,
rossetto rosso.
L’Italia aveva capito che la sua moda poteva contrastare l’egemonia
dell’Alta Moda francese grazie alla fantasia, la vestibilità, la semplicità di
taglio e la raffinatezza dei materiali, l’uso sapiente del colore e delle
decorazioni. Non era soltanto una questione di prezzi più bassi: la moda
italiana era soprattutto in sintonia con i nuovi stili di vita che la prima vera
e propria generazione di donne lavoratrici stavano affermando negli Stati
Uniti e nel nord Europa.
Fino all’inizio degli anni ’50 l’Alta Moda era riservata a un’élite:
aristocrazia, alta borghesia e cinema. Ma ben presto nacque anche nel
resto della popolazione il desiderio di vestire bene, di essere eleganti sia
negli abiti che negli accessori. Bisogna però aspettare fino agli anni
Sessanta dove, per via del „prêt-à-porter“ la moda divenne accessibile a
gran parte della popolazione.
Capo d’abbigliamento tipico di quegli anni è la gonna a palloncino, per
appunto di forma gonfia, ottenuta con una stretta fascia attaccata all’orlo
in modo da creare una curvatura all’interno verso le ginocchia. Chiamata
anche „bubble skirt“ (in Inghilterra), questa gonna divenne un simbolo di
femminilità, che rappresentava il ritorno ad uno stile sontuoso e un po’
nostalgico dal gusto Ottocentesco, esaltando soprattutto le corporature
adolescenziali. Primo a proporre la linea a palloncino fu lo spagnolo
Cristobal Balenciaga, ed oggi questa linea è tornata a far parte del nostro
guardaroba.
Brevemente vorrei nominare anche un altro simbolo di quell’epoca: le
acconciature „alveari“. Si faceva a gara per vedere chi si acconciava i
capelli più in alto e chi si spruzzava più lacca. Queste buffe pettinature
erano tipiche delle giovani e, di conseguenza, viste con disprezzo e
diffidenza da parte dei più anziani.
ad 4: Sin dagli anni ‘30 i creatori di abiti non erano più sarti, ma stilisti
rinomati; negli anni Cinquanta cominciarono poi a farsi un nome tra le
stelle dell’Italian Fashion. Questo innovamento fu possibile grazie alle
spese e agli incassi del dopoguerra che fecero aumentare la richiesta
sempre più forte per abiti di marca poiché ci fu un boom economico
generale. Nomi come le Sorelle Fontana, Roberto Capucci, Emilio Pucci e
Fernando Gattinoni firmavano gli abiti più belli di quegli anni; volendo
nominare uno stilista straniero non posso tralasciare il „Dio della Moda“
Cristian Dior che già da 20 anni riempiva gli animi delle persone con le sue
creazioni.
Nonostante abbiamo già sentito molto sulle Sorelle Fontana, vorrei
rinfrescarci la memoria: Per l’arte delle Sorelle Fontana si tratta di una
celebrazione nei luoghi di origine della loro famiglia e della loro attività.
2
Lidia Trivisonne
WS 2006/07
Infatti, Zoe, Micol e Giovanna Fontana iniziarono proprio a Traversetolo,
nella sartoria della mamma, il cammino che con coraggio e genialità le
avrebbe portate a ottenere successi e riconoscimenti prima a Roma e poi
in tutto il mondo. Primo fra gli abiti delle Sorelle a portare fama e lustro
oltreoceano, fu l’abito da sposa di Linda Christian che sposò Tyrone Power
nella basilica di Santa Francesca Romana. Da quel giorno in poi nacque
una sorta di frenesia tra le fidanzate d’America a desiderare abiti da sposa
creati dalle Sorelle Fontana. Ad esempio la figlia del Presidente degli Stati
Uniti, Margaret Truman. Avendo rilanciato così l’Italian-look, il marchio
„Sorelle Fontana“ si impose in un’epoca in cui la Francia dominava
incontrastata il panorama della moda internazionale con i nomi di Dior e
Balmain e dall’atelier di Roma raggiunse i mercati del mondo intero. A
questi primi successi ne seguirono molti altri, le Sorelle Fontana
intrecciarono la loro opera con famose industrie italiane, si legarono al
teatro e al cinema, alla finanza ed alla politica, senza mai dimenticare la
provenienza artigianale della loro arte e la profusione di cultura che le
distinse sempre.
Vorrei presentare ancor un altro designer italiano di fama mondiale:
Roberto Capucci. Nato a Roma nel 1930, Capucci venne giudicato miglior
creatore della moda italiana (in particolar modo da Dior) a soli 26 anni.
Nel ’62 aprì un atelier a Parigi dove venne accolto fra clamori e
entusiasmo. Capucci fu il primo artista italiano a cui venne chiesto di
firmare una sua creazione.
ad 5: Negli anni ’50 emerse anche un nuovo ruolo delle indossatrici, che,
da volti pressoché anonimi, diventarono personaggi. Così nacque l’epoca
delle modelle famose che poi aumentò ancor più negli anni ’60.
Tra le prime ricordiamo le inglesi Jean Shrimpton e Twiggy (la prima
donna „grissino“), che diventarono famose per le loro fotografie scattate
dagli inglesi David Bailey, Terence Donovan e Brian Duffy. Questi non
erano interessati a quanto una modella potesse rendere elegante
l’abbigliamento, essi volevano mostrare quanto il vestito potesse far
sembrare sexy la modella, e portarono così una rivoluzione nel pensiero.
ad 6: Come ho detto già prima, la moda era riservata ad un’élite, tra
queste anche le stelle del cinema: Linda Christian, Rita Hayworth, Ava
Gardner, Liz Taylor e Audrey Hepburn; ma anche il cinema italiano di
Cinecittà portò i suoi frutti: Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana
Mangano e Marisa Allasio. Diventando ambasciatrici della moda istituirono
così un rapporto tra moda e cinema. Questi iniziò nei primi del ’900 a
Hollywood; fino a quel momento le dive provvedevano loro stesse agli
abiti di scena. In seguito la figura del costumista ebbe un ruolo decisivo
nel decretare il successo della protagonista e di conseguenza dei film. Un
costumista noto di quegli anni fu Travilla.
3