"Vita Giuseppina" di Aprile 2009 - Giuseppini del Murialdo
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"Vita Giuseppina" di Aprile 2009 - Giuseppini del Murialdo
Anno CXV - N. 4 Aprile 2009 - poste italiane spa -spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 2, dcb – Filiale di roma So mm a rio Sono otto le parrocchie intitolate a San Leonardo Murialdo affidate ai giuseppini. Si trovano in Ecuador (Guayaquil, Quito, Tena), in Colombia (Bogotà: foto in copertina), in Italia (Milano, Roma, Viterbo) e in Brasile (Caxias do Sul). prima pagina 3 visita sessennale rUBriCHe 8 9 10 11 12 14 15 i faColtosi non sono esClUsi, ma i poveri sono preferiti Una vita spesa in Cortile gesù soffrì per noi: amiamolo! padre damiano, proClamato santo gesù risorto: la speranza di ogni persona nell’iConografia antiCa e moderna: san giUseppe operoso vita giovani F oto del 19 20 24 25 26 28 29 31 ComUniCare in famiglia la lezione dei BamBini, la lezione del BamiBino festival da CaÇÃo forUm ColomBia: nUova frontiera per l’engim nella Casa del padre flasH di vita in poCHe rigHe attUalità 4 6 7 22 23 27 provinCia eCUatoriano-ColomBiana Una CHiesa in Cammino giUseppini in ColomBia fraternitatea mUrialdo - romania assoCiazione mUrialdo - viterBo india: inaUgUrazione della grotta di loUrdes M ese Il papa Benedetto XVI compirà un pellegrinaggio in Terra Santa dall’8 al 15 maggio “per domandare al Signore, visitando i luoghi santificati dal suo passaggio terreno, il prezioso dono dell’unità e della pace per il Medio Oriente e per l’intera umanità”. Un centinaio di giovani della Provincia Italiana saranno negli stessi luoghi dal 2 al 10 agosto 2009. Nella foto: un gruppo di confratelli giuseppini in pellegrinaggio in Terra Santa nel luglio 2005. Sullo sfondo la città di Gerusalemme e in particolare la spianata delle Moschee dove al tempo di Gesù c’era il grande Tempio ebraico. 2 P r i m a Pa g i n a A Alziamo lo sguardo e orientiamo il cuore a cammini di comunione fraterna, di passione per i giovani e di slancio missionario mici di Vita Giuseppina, le parole di questo lungo titolo sono quelle che annunciano ai confratelli della congregazione di san Giuseppe la visita che il vicario generale ed io svolgeremo nel biennio 2009-2011 a tutte le realtà della congregazione (e che io ho già iniziato nella provincia di Ecuador-Colombia). Si tratta di un momento importante per noi e per questo desidero coinvolgere i lettori di Vita Giuseppina perché ci accompagnino con il loro affetto e la loro preghiera. La visita sessennale, infatti, è un passaggio importante per la vitalità della nostra congregazione, momento di unità e di risveglio del senso di appartenenza, momento di verifica e di ripresa delle indicazioni di cammino che il capitolo generale del 2006 ci ha dato. Siamo a metà strada nella programmazione capitolare: alziamo lo sguardo e cerchiamo di vedere cosa stiamo realizPROGRAMMA DELLA VISITA: Provincia ecuadoriano-colombiana: febbraio – aprile 2009 Delegazione d’Africa: settembre – ottobre 2009 Provincia Italiana e case dipendenti dal consiglio generale: settembre 2009 – settembre 2010 India: dicembre 2010 Viceprovincia Usa–Messico: febbraio – marzo 2010 Viceprovincia di Spagna: giugno 2010 Provincia argentino-cilena: agosto – settembre 2010 Provincia brasiliana: ottobre – dicembre 2010 zando, cosa ci manca da realizzare… Ci animiamo a verificare il cammino della comunione fraterna nel contesto della Famiglia del Murialdo, a ravvivare la nostra passione per i giovani poveri e il nostro slancio missionario. L’augurio e l’impegno è che questa “visita” che sarà l’occasione per incontrare non solo i confratelli ma anche i laici che in ogni parte del mondo stanno a fianco dei Giuseppini, sia un momento di comunione e di gioia per tutti; un momento di piena corresponsabilità da viver davanti a Dio, alla Chiesa, alla società; uno sforzo di edificazione reciproca; uno sguardo sereno e sincero su di noi, contemplando “lo sguardo di Dio Amore su di noi, che, come frutto dell’incontro intimo con Lui, genera la gioia di sentirci amati, sempre ed in ogni vicenda”. (Capitolo Generale XXI) p. Mario Aldegani padre generale “Sia la strada al tuo fianco il vento sempre alle tue spalle; che il sole splenda caldo sul tuo viso e la pioggia cada dolce nei campi attorno e, finché non ci incontreremo di nuovo, possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.” (Patrizio di Armagh) 3 at t u a l i t à PROVINCIA ECUATORIANO-COLOMBIANA intitolata a San Francesco Saverio Durante la visita sessennale del padre generale nella provincia ecuatorianocolombiana abbiamo incontrato il provinciale p. Sánchez Barreno Juan Hugo che brevemente ci ha descritto le comunità e le opere giuseppine presenti in Ecuador e in Colombia. I confratelli della provincia sono un’ottantina: quale siamo conosciuti ed apprezzati e che non l’impegno principale è vivere la consacraziodobbiamo disperdere. ne religiosa in un clima di fraternità. Da queUn aspetto molto evidente della vita della nostra sto vissuto germoglia l’entusiasmo apostoliprovincia è la grande mole di lavoro dei confratelli, il co per compiere, nella nostra chiesa, la missione loro zelo e la loro generosità nel donare la loro vita. specifica di Josefinos, Giuseppini. Anche in questo siamo eredi di un patrimonio di stodi La provincia è impegnata in opere di educazioria e di testimonianza che provengono sin dai primi Sánchez ne (collegi e scuole), di evangelizzazione (parrocconfratelli che sono venuti qui nell’Ecuador. Juan Hugo chie e missione) e di azione sociale. La Missione Giuseppina del Napo si trova nella L’aspetto dell’educazione ha una grande imporprovincia ecuadoriana e, anche se oggi il nostro tanza nella nostra provincia: abbiamo migliaia di impegno concreto nel vicariato è più ridotto, anche a ragazzi e giovani nelle nostre scuole e siamo davanti anche causa della riduzione del personale, con il nostro cuore noi qui a quella che il papa Benedetto XVI ha chiamato “l’emer- tutti ci sentiamo molto vicini e in qualche modo legati a quegenza educativa”. In particolare il nostro impegno è formare sta realtà missionaria, che fu la prima della nostra congregae responsabilizzare sempre più i laici, nostri collaboratori, zione e dalla quale in pratica è nata la provincia. perché siano in grado di assumere anche il ruolo di “rector” – La provincia si chiama ecuadoriano-colombiana perché, come si dice qui – delle scuole, ma profondamente ispirati e giustamente, abbiamo due comunità ed opere, molto significamotivati dal carisma pedagogico murialdino. tive anche in Colombia: a Bogotà, una parrocchia e una casa Un altro grande impegno della nostra provincia è restare hogar e a Medellin la parrocchia Santa Maria de la Sierra. sempre vicino ai poveri nell’azione educativa; anche se le Si sta camminando con piccole o grandi difficoltà nell’acsituazioni sociali e legislative mutano dobbiam, sempre intercoglienza e nella fraternità delle nostre comunità e in tutto ciò rogarci sulla necessità di essere “sempre più visibilmente che la Provincia ha programmato per questo “sessennio”. dedicati ai giovani poveri”. Abbiamo cominciato organizzando un’assemblea aperta a Comunque, al di là di tutto, la tradizione educativa è un tutti i confratelli, durante il mese di novembre in preparazione grande patrimonio della nostra provincia religiosa, per la alla seconda fase del Capitolo Provinciale dove si è manife- Cozz p. Sereno 4 a p. Oscar e p. Marco Antonio con p. Celm o e p. Patrizio at t u a l i t à p. Francis co Mena p. Josè Leonardi e p. Manuel Valero p. Fausto stata apertamente la gioia di essere giuseppini e la nostra unità nella Provincia. Quest’anno abbiamo avuto la fortuna di avere nella nostra Provincia due confratelli in magistero dall’India, come segno di internazionalità e vedo che hanno ricevuto una buona accoglienza e si trovano bene lavorando con entusiasmo e buona volontà dove l’obbedienza li ha portati. Voglio sottolineare la crescita notevole, nelle distinte aree della Provincia, della sensibilità da parte della maggioranza dei confratelli e dei collaboratori verso le caratteristiche principali del nostro carisma apostolico: la realizzazione di attività specifiche verso i giovani poveri e verso tutti quei bambini, ragazzi e parrocchiani che ci sono stati affidati. L’impegno particolare di quest’anno è stato il condividere, cioè il far conoscere ed approfondire il nostro Carisma e la nostra spiritualità, specialmente con i collaboratori, per integrarli nella Famiglia del Murialdo. In tutti gli incontri di professori, giovani, mamme apostoliche, raduni di ex-alunni e del Clajmur, si è messo in rilievo il Carisma e la Spiritualità di San Leonardo Murialdo, presente e vivo nella nostra Provincia. In ogni caso, nonostante le difficoltà e le vicissitudini, abbiamo sperimentato che Dio ci ama e continua a contare su di noi per la missione che la Chiesa ci ha affidato. I NUMERI E LE OPERE DELLA PROVINCIA ECUATORIANO-COLOMBIANA 56 i confratelli di voti perpetui. 65 gli anni dell’età media dei confratelli 19 i confratelli in formazione (dai novizi ai teologi) 11 le comunità: 9 in Ecuador e 2 in Colombia. 8000 circa gli allievi presenti nelle nostre scuole di Ambato, Babahoyo, Guayaquil, Quito, Salinas. 215.000 circa gli abitanti delle nostre parrocchie di Ambato, Babahoyo, Guayaquil, Quito, Salinas, Tena, Bogotà, Medellin. 900 circa i ragazzi coinvolti nei vari progetti sociali di Quito, S.Domingo, Tena, Bogotà. ECUADOR p. Evelio O Vasconez COLOMBIA rtiz 5 at t u a l i t à UNA CHIESA IN CAMMINO Intervista con Mons. Paolo Mietto, da 15 anni vescovo del Vicariato Apostolico del Napo in Ecuador grado e formando migliaia di giovani; praticamente ha contribuito in modo determinante allo sviluppo di questa regione. Ancora oggi le scuole gestite dalla Missione nel Tena e in altri centri hanno un grande prestigio per la loro serietà. Abbiamo 128 scuole “fisco-missional”, nelle quali lo stato paga lo stipendio dei professori e che per il resto sono gestite dalla Missione con oltre 16.000 alunni dai 5 ai 18 anni. E i problemi pastorali quali sono? Direi quelli di tante chiese oggi: le famiglie, i giovani, un’azione evangelizzatrice che regga l’urto del neo paganesimo e, qui, del diffondersi delle sette. Noi abbiamo avviato un piano pastorale pluriennale, a livello nazionale, che si intitola: Famiglia e Missione. La famiglia deve essere protagonista della missione, così essa si auto evangelizza ed evangelizza. La prima tappa di questo piano coinvolge vescovi, sacerdoti e religiosi; la seconda tappa i laici; la terza i diversi settori pastorali. E la catechesi? La catechesi direi che è ben organizzata; fra l’altro vi è una buona produzione di sussidi. Una iniziativa che mi pare importante e significativa è la “settimana biblica” che si svolge nelle parrocchie (di solito nel tempo di avvento-natale e di quaresima). Mons. Paolo, il Vicariato del Napo è la Missione che la Santa Sede più di ottanta anni fa ha affidato ai Giuseppini del Murialdo. Ci parli della realtà di questa chiesa oggi. Il vicariato ha circa 100.000 abitanti. Le parrocchie sono 20, poi ci sono i numerosi centri missionari nell’interno. Tena è la capitale della regione, qui ci sono 4 parrocchie. È una città che si può dire “moderna”, benché sia nella selva amazzonica. Oggi poi il miglioramento del collegamento stradale consente di raggiungerla da Quito con circa 4 ore di macchina. Quanti sacerdoti ci sono nel Vicariato? Abbiano nel Vicariato 8 sacerdoti nativi, 3 sacerdoti fidei donum che provengono da altre diocesi e poi abbiamo… i Giuseppini, che, anche se non sono più né giovani né numerosi come un tempo, sono sempre una bella forza. Attualmente sono 15 i confratelli giuseppini che vivono e lavorano nel Vicariato. Quali solo i principali impegni della Missione? L’educazione è al primo posto. Da sempre. In questo la missione giuseppina nei suoi più di ottanta anni di storia ha compiuto un lavoro meraviglioso, costruendo scuole di ogni 6 Progetti? Stiamo costruendo nuove sedi per gli uffici pastorali diocesani e anche per la nostra Radio, perché sia più accessibile al pubblico. La Radio della Missione è qualcosa di storico; ha ancora la sua grande importanza, soprattutto nella selva, dove la gente segue attraverso di essa preghiere quotidiane e santa messa domenicale. Oggi in questa zona ci sono altre 8/9 radio, ma all’inizio, e per un bel po’ di tempo, noi siamo stati gli unici. Ma… ci sono ancora i “selvaggi” nella foresta? Beh, forse questo è un modo di dire un po’ fantasioso. Ci sono gli indigeni, con le loro tradizioni e la loro cultura e, soprattutto con la loro lingua. Il Vicariato ha lavorato sempre molto per loro. Abbiamo pubblicato un libro di preghiere, il “Devozionario Quichua”; siamo all’ottava edizione e stiamo per pubblicare la nona. Il futuro del Vicariato? Il futuro è nelle mani di Dio e anche un po’ nelle nostre, nel nostro impegno a fare crescere questa chiesa. Le nostre speranze, naturalmente, sono nelle vocazioni locali: abbiamo un gruppo di seminaristi, alcuni studenti di filosofia e 2 diaconi: penso che il futuro del Vicariato sta soprattutto nella loro perseveranza. La Redazione at t u a l i t à GIUSEPPINI IN COLOMBIA Intervistiamo p. Jaime Bravo, parroco di Santa Maria de la Sierra e p. Elias Cruz Bravo. Oltre ad essere veri e propri fratelli sono entrambi confratelli giuseppini ecuatoriani e vivono dal 2004 nella stessa comunità di Medellin. Come è nata la presenza dei giuseppini in Colombia e attualmente quali sono le opere? La nostra presenza in Colombia man mano prende forma con l’arrivo dei primi giuseppini Juan Agnoletto e Víctor Grados scelti dal provinciale dell’Ecuador nel 1983. La Comunità di Bogotà, oltre ad essere casa di formazione “Teologado”, contemporaneamente è la casa-hogar per i ragazzi a rischio. A Medellín, il giorno dell’Assunta del 2001, si è aperta la casa di formazione per tre studenti di filosofia e poco tempo dopo, il 2 dicembre 2002, l’Arcivescovo ci ha affidato la Parrocchia Santa María de la Sierra. Quali sono i progetti apostolici dell’opera di Medellin dove, ogni giorno, condividete la vita dei ragazzi e delle famiglie? Di fronte ai bisogni delle famiglie della parrocchia di Medellin, quattro sono gli obiettivi che ci si prefissò fin dall’inizio: l'evangelizzazione, l'alimentazione, l'assistenza sanitaria, l'educazione. 1. Evangelizzazione. Portiamo la Buona Notizia che Dio ci ama con un amore che ha sei caratteristiche, come amava dire san Leonardo Murialdo: un amore infinito, gratuito, attuale, personale, tenero e misericordioso. Tale annuncio avviene attraverso le varie attività che svolgono i gruppi parrocchiali. 2. Alimentazione. Attualmente seguiamo circa 500 bambini dai tre ai quattordici anni, servendo loro un pranzo caldo al giorno. La maggioranza delle famiglie sono disastrate: il marito se ne è andato e la mamma porta avanti la "baracca"; famiglie numerose, fino a nove figli, nati da diversi uomini. La gente lavora quel poco che riesce, anche per il basso livello culturale o, addirittura, analfabetismo. Molte vivono di lavoretti o chiedendo l'elemosina nelle piazze. La maggior parte delle case sono di tavole di legno, chiamate ranchitos; alcune sono fatte di terra impastata con paglia ed alcune, infine, di mattoni. Si trovano alla periferia di Medellin, sul fianco e in cima ad una collina ed in questo periodo di piogge non sono poche le case che sono crollate. 3. Assistenza sanitaria. Distribuiamo medicine, accompagniamo ammalati umanamente e spiritualmente... 4. Educazione. Nel pomeriggio la parrocchia offre sostegno scolastico per un gruppo di ragazzi. Organizza altresì attività di formazione per le mamme dei bambini. La parrocchia ha anche una piccola biblioteca intitolata Nadino, il cui motto è: "la possibilità di conoscere, nelle tue mani". La biblioteca, che non gode di contributi statali, ha un suo blog: http://bibliotecanadino.blogspot.com/. Qual è la situazione giovanile nelle città di Bogotà e di Medellin? A Bogotá parecchi ragazzi sono nella strada perchè non hanno parenti capaci di prendersi cura della loro crescita. Così li andiamo a cercare nelle strade e sotto i ponti della città per offrirgli una casa hogar e la possibilità di studiare. A Medellín, nei nostri quartieri di Villa Liliam, Villa Turbay e la Sierra, troviamo circa 2000 minorenni senza una famiglia completa, con scarsa scolarità e nutrizione, tra questi ci sono molte ragazze-madri. Standogli accanto cerchiamo di generare nella loro vita un cambio di prospettiva: dalla violenza alla pace, dalla strada alla scuola, dal “recorrido” all’apprendimento. In che modo possiamo aiutarvi? E chi volesse mettersi in contatto con voi, come può fare? Potete aiutarci dando un generoso apporto all’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola” . Inoltre potete mettervi in contatto direttamente con noi in Colombia scrivendoci all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]. La Redazione Co ngre ga zione S «I FACOLTOSI NON SONO ESCLUSI, MA I POVERI SONO PREFERITI» tendere regole e statuti era un’abilità spedichiarato che l’opera della nostra Pia Società è la cifica di don Eugenio Reffo. San Leonardo institutio puerorum vel adolescentium, praesertim gli affidava l’incarico di redigere i regolapauperum [l’educazione dei fanciulli e degli adolementi necessari al Collegio Artigianelli e i scenti, specialmente se poveri]. testi legislativi della congregazione. Le pagine che In queste parole è manifestato l’intento del don Reffo ha scritto con questo fine (le cosiddette nostro Venerato Fondatore il Murialdo che, tra i figli di «minute») testimoniano il dialogo e l’interazione tra di famiglie facoltose e quelli di famiglie povere, si dia Giovenale Dotta lui e il Murialdo, con interventi anche di altri confrasempre la preferenza a questi ultimi. In tal modo i telli, al fine di precisare nel miglior modo possibile facoltosi non sono esclusi, ma i poveri sono preferiidee, valori, stili di vita e metodi educativi che si voleti, come la porzione migliore del campo affidatoci da vano «fissare» nelle regole. Don Reffo stese dei commenti Dio. Questo è conforme all’origine stessa della Congregazioalla regola della congregazione (lo si è già visto) e lasciò pure ne, la quale è sorta nel seno di una istituzione (Artigianelli di alcuni manoscritti che contenevano le sue riflessioni sulla vita Torino) che ha per suo programma l’educazione dei giovani religiosa dei giuseppini, sul loro apostolato e il loro stile edupoveri, orfani o abbandonati. cativo. Anche sotto la sua penna torna la dichiarazione che la È vero che la Pia Società, fin dalla fondazione, è uscita congregazione estende la sua opera «a tutti i fanciulli e adoalquanto dalla esclusività di questo programma, ma essa lo lescenti; ai poveri e ai facoltosi, ma con preferenza ai poveri; ha fatto per i bisogni dei tempi, nei quali tanti giovani di civile ai giovani corrigendi bisognosi di emendazione» (Eugenio condizione non hanno meno bisogno di cristiana educazione, R EFFO, Il fine della Pia Società Torinese di San Giuseppe, di quello che l’abbiano i derelitti e i diseredati. Tipolitografia PP. Giuseppini, Pinerolo [1961], p. 123). Così, presentandosi l’occasione, la Congregazione, Commentando le Costituzioni del 1923, che parlavano senza alterare minimamente i suoi statuti, apre pensioni o dell’educazione dei fanciulli e degli adolescenti, don Reffo collegi anche per le famiglie facoltose, preferendo ancora scriveva: «si abbraccia così tutta l’età giovanile che si esten- quelle di mezzana condizione. Tali giovani sono più affini ai de dalla prima puerizia fin dove si protrae l’adolescenza. [...] poveri e più proporzionati agli studi ed alla forma propria della Ma quali condizioni sociali di giovani comprende il nostro isti- Congregazione nostra. Ciò però si deve fare in modo che, per tuto? Lo dice l’articolo 109 delle stesse Costituzioni, in cui è favorire i giovani di civile condizione, non solo non si trascurino i poveri, ma, anzi, questi abbiano per sé la parte migliore delle nostre occupazioni. È poi desiderabile, sebbene nelle Costituzioni non sia prescritto, che, accanto ad un collegio più signorile, s’istituisca e si faccia fiorire qualche opera per la gioventù povera, in modo che i nostri Confratelli, chiamati dall’obbedienza ad una classe più elevata di giovani, non abbiano a dimenticare ciò che è più proprio della nostra vocazione» (Eugenio R EFFO, Il fine della Pia Società Torinese di San Giuseppe, Tipolitografia PP. Giuseppini, Pinerolo [1961], pp. 121-123). Quest’anno il Collegio san Giuseppe di Rivoli compie 90 anni di vita (1919-2009). Nelle foto: un momento di festa, nel cortile interno, in onore dei missionari giuseppini (anno 1930) 8 i n Co n t ri UNA VITA SPESA IN CORTILE Lo abbiamo trovato a Napoli, nella Parrocchia Sacra Famiglia. È fratel Agostino Agostini, 81 anni, originario di Isola del Liri, Frosinone. Sguardo intenso e dolce; un sorriso rassicurante, che fa il giro del viso. Bianchissimi i capelli che gli sono rimasti. Ha la saggezza profonda e ossequiosa, propria dei nostri cari nonni. Una vita spesa nel cortile di varie opere giuseppine. Una vita che gli abbiamo chiesto di raccontare. utile e ancora giovane dentro. Sono orgoglioso di essere giuseppino del Murialdo e di servire umilmente la congregazione. Fratel Agostino, vuoi dirci brevemente il tuo percorso di fratello religioso nella nostra congregazione? Secondo te, quale attività unisce tutte le tue esperienze? Aspirandato e postulandato a Viterbo (1943-46). Settembre 1946: a Pinerolo (TO) noviziato, prima professione religiosa e due anni di formazione. Da ottobre 1949: in provincia romana dell’Immacolata la prima obbedienza a Dipignano (CS): Scuola Apostolica; a Sezze Romano (LT) collegio per orfani; a Sarno (SA), oratorio e parrocchia. Qui ho emesso i voti perpetui il 19 ottobre 1952. A Roma, San Pio X, per due volte. San Giuseppe Vesuviano (NA): oratorio, parrocchia, scuola. Foggia: parrocchia, oratorio, scuola, per due volte. Montecatini Terme (PT): parrocchia, oratorio, collegio, scuola professionale, per due volte. Qui ho ricevuto i ministeri del lettorato e accolitato. Rossano (CS): parrocchia e oratorio. Qui ho festeggiato il 50° dei voti perpetui il 18 maggio 2002. Sono a Napoli dal 25 settembre 2003. A Napoli, nella parrocchia Sacra Famiglia… Dalla mia venuta in quest’opera fino a settembre 2005 sono stato in oratorio a tempo pieno in cortile. Quando è venuto il tirocinante Marius Martin, l’allora direttore p. Gino Savino, mi chiese di occuparmi del nuovo parco giochi. La provincia di Napoli affidò alla parrocchia una moderna struttura per bambini, fatta di scivoli, scale, tubi, trampoli etc etc. Fu inaugurata solennemente il 22 maggio 2004. Fu p. Gino a fondare un’associazione di volontariato, l’Isola del Sorriso, per la gestione e la manutenzione del parco. È aperto tutti i giorni dalle 17.00 alle 19.00. La domenica dalle 11.30 alle 13.30. Tutte le sere, prima della chiusura, raduniamo bambini, genitori e collaboratori per un breve momento di preghiera. Abbiamo composto anche un inno, che termina così: “Oh cari genitori, non vi prendete pena, col gioco noi lodiamo, lodiamo il Signore!”Mi sento felice quando sto con i bambini, mi sento Il cortile per me ha rappresentato, e lo rappresenta tutt’ora, il luogo dell’apostolato più importante. Anche se impegnato in diversi uffici e responsabilità che i superiori mi hanno affidato (scuola elementare, economo, dirigente di Azione Cattolica, presidente di polisportive e di un centro turistico giovanile, A.N.S.P.I., catechesi, ministranti, vice-direttore) ho sempre cercato lo spazio per l’animazione nei cortili delle diverse opere. Il cortile è una palestra di allenamento continuo: per la conoscenza dei ragazzi; per dialogare a tu per tu con loro; per esercitare la pazienza e la calma e il controllo di se stessi nei momenti di tensione e per stare serenamente assieme come amico, fratello e padre. Naturalmente da solo cosa avrei potuto fare? Con i giovani adulti ben formati, abbiamo animato i cortili con sport, gare, teatro, feste, gite, campi scuola per la formazione umana e cristiana. Tutto questo con i giovani e per i giovani. Quale consiglio daresti in tal senso ai giovani confratelli giuseppini? Una volta l’oratorio, e di conseguenza il cortile, era tutto per la gioventù, non essendoci all’esterno tanti interessi. Oggi la gioventù respira il mondo che li circonda: televisione, videogiochi, pornografia, violenze, prepotenze, insidie, bullismo, droga etc. Stare con i giovani richiede più preparazione, spirito di sacrificio, molto dialogo e tanta comprensione e amicizia. Non stanchiamoci, non lasciamo soli i nostri giovani. Formiamo tra i laici alcuni giovani adulti che conducano insieme a noi le attività sempre più consone ai ragazzi. Chiediamo l’aiuto al nostro fondatore, che ci guidi nel delicato compito del carisma che ci ha trasmesso. La Redazione 9 S Pir i tua l i tà gi uSePP ina L «GESÙ SOFFRÌ PER NOI: AMIAMOLO!» a devozione del Murialdo alla passione del quelle piaghe, amore chiede quel sangue, amore Signore ha occupato un posto importante chiede quella morte. Cosa mai potrà accendere in noi nella sua spiritualità. Scrive don Reffo: questo sacro fuoco di amore se non la contemplazio«...era la passione del Signore l’argomento ne delle pene, delle offese e dei dolori del nostro Dio più frequente delle sue meditazioni, e ai giovani ne crocifisso?» (Scritti, VI, pp. 78-79). parlava sovente e sempre con indicibile calore, ed In un altro testo ritornano gli stessi concetti: «Il di ingiunse ai superiori della congregazione di tenere mondo presenta ogni giorno un triste spettacolo. Noi Giuseppe ogni domenica di quaresima ai loro giovani un discorvediamo un Dio, dice san Lorenzo Giustiniani, un Dio Fossati so sui patimenti del divin Salvatore. Ad onore della che ama gli uomini fino all’eccesso, fino alla follia, e passione si mortificava rigorosamente il venerdì, e gli uomini non amano ancora Dio... Tutti gli uomini non mancava mai al pio esercizio della Via crucis... amerebbero il Signore se riflettessero quanto il Era solito recitare le litanie della passione tanto che volle che Signore soffrì per loro poiché, dice san Bonaventura, dalle piagliele leggessero il giorno stesso della sua morte, ed era dinanghe aperte del Salvatore escono come tante fiamme di amore zi ad un devoto Crocifisso che sfogava la sua pietà e si intratteche possono intenerire e accendere anche i cuori di ghiaccio... neva in fervorose preghiere» (Vita, p. 245). Consideriamo quanto il Redentore soffrì per noi per accendere Il Murialdo considerava la Passione del Signore come un in noi quell’amore di Dio che è la radice, la perfezione e il comgrande segno dell’amore misericordioso di Dio verso l’umanità plesso di tutte le virtù... Gesù soffrì per noi: amiamolo, imitiamopeccatrice: «La croce è la cattedra che insegna la grande verilo... Preghiamolo che accenda in noi il suo amore e che ci vantà dell’amore infinito di Dio» (Scritti, VI, p. 90). E all’amore tiamo di dire, come san Paolo, di non conoscere altro che Gesù occorre rispondere con l’amore: questa è la prospettiva del Cristo crocifisso» (Scritti, VI, pp. 80, 82). Murialdo nel meditare e nel parlare della passione del Signore. Introducendo una riflessione sulla passione, il Murialdo In una predica tenuta il venerdì santo, così il Murialdo si così inizia: «La meditazione di oggi è sull’amore» (Scritti, II, p. esprime: «Perché e per chi morì l’Uomo-Dio, il buon Gesù? Per 299) e, nel 1881, parlando dei patimenti di Gesù si chiede: me e per voi: sì, per noi e per la nostra salvezza tanto soffrì e «Che ci dicono queste piaghe? Che ci dice questo sangue? morì il Redentore. Egli è morto per noi: siamo a lui riconoscenPerché Gesù è coperto di piaghe dalla pianta dei piedi alla ti; consideriamo quanto ha fatto per noi e ringraziamolo... Io testa? Perché ci ama: ha amato me! Perché questa corona? vorrei innamorarvi di Gesù, di questo buon Gesù che ci ha Perché queste spine che gli trafiggono gli occhi? Perché ci amato fino alla morte, e voi non desiderate innamorarvi di lui? ama!... L’amore ha amato me!» (Scritti, IV, p. 334). Egli merita tanto che lo amiate grandemente...» (Scritti, VI, p. In definitiva, il Signore, attraverso la passione, «volle che 174), e continua: «Portiamoci sulla vetta del Calvario. Là si noi conoscessimo quanto egli ci amava perché lo riamassirespira un’aria tutta impregnata di amore... Amore chiedono mo» (Scritti, VI, p. 75). 10 Nelle foto: il triduo pasquale presieduto da Benedetto XVI. Il giovedì santo, il papa fa memoria dell’Ultima Cena. Il venerdi santo prostrato a terra durante la funzione della passione e morte di Gesù. Alla sera, Via Crucis al Colosseo. E la veglia pasquale del sabato santo. V i ta della Ch ieSa PADRE DAMIANO, PROCLAMATO SANTO L a notizia è stata resa ufficiale solo pochi lavorare attivamente per portare a fine i suoi progiorni fa: padre Damiano sarà proclamato getti fino alla morte. Nel frattempo fu raggiunto da santo l’11 ottobre 2009. Chi è padre quattro collaboratori: un sacerdote, una suora, un Damiano? Per molti come me è l’eroe del soldato americano in congedo, una infermiera di film Molokai, che racconta la storia di questo missioChicago. nario che ha dato la sua vita per i lebbrosi, malati e Egli non fu solo pastore di anime: si fece cardi Tullio disperati abitanti sull’isola di Molokai. pentiere, falegname, infermiere per i suoi lebbrosi. Locatelli Padre Damiano de Veuster nacque a Tremelo in Con l’aiuto dei più robusti e volenterosi abbatté Belgio nel 1840 in una famialberi, costruì chiese e casette decenti, insegnò a glia di contadini prima di coltivare la terra. Visitava sistematicamente tutti i entrare nella Congregazione lebbrosi. Arrivava col sorriso e la borsa piena di medicidei Sacri Cuori, aveva stune e di bende per pulire e fasciare le piaghe con le prodiato medicina. Divenuto reliprie mani, nonostante egli provasse una forte repulsiogioso fece gli studi filosofici e ne a causa del fetore che le piaghe emanavano: “Più teologici a Parigi, e, qualche volte – confessa – sono stato costretto a chiudermi le mese prima di essere ordinanarici e a correre fuori a respirare aria pura”. Trovò un to sacerdote, giunse missioparziale antidoto nell’uso della pipa. nario ad Honolulu, dove fu Padre Damiano morì ordinato nel 1864. Proprio in di lebbra nel 1889, all’equegli anni una grave epidetà di 48 anni: fu seppellimia di lebbra portò alla morte to a Lovanio vicino al vilmolti abitanti, tanto da far laggio in cui nacque. decidere il re a relegare i lebLa sua opera ebbe brosi sull’isola di Molokai. una vasta eco tanto da Nel 1873 padre Damiano arrivò nella far dire a Gandhi: “La colonia di Kalaupapa (nella foto), dove politica e il mondo gior600 lebbrosi vivevano abbandonati da nalistico possono vantatutti senza alcuna assistenza. La prima re eroi, ma pochi possocosa che fece padre Damiano fu di no essere paragonati a costruire una chiesa e di stabilire la parpadre Damiano di Molorocchia di Santa Filomena. Non fu solo un sacerdote; svolse kai. Vale la pena dare un’occhiata alle fonti di tale eroismo”. bene anche il ruolo di dottore: curò ulcere, costruì case e letti, Giovanni Paolo II, il 4 giugno 1995, a Bruxelles, disse costruì bare e scavò tombe. nella celebrazione di Pentecoste annoverando padre DamiaQuella di Kalaupapa è stata definita una “colonia di no nel numero dei beati: “Padre Damiano ha vissuto una morte”, dove molte persone furono costrette a lottare per forma particolare di santità nel corso del suo ministero; era sopravvivere. L‘arrivo di p. Damiano fu considerato una svol- allo stesso tempo sacerdote, religioso e missionario. Attrata per la comunità. Sotto la sua direzione, la comunità si dotò verso queste tre qualità, egli ha rilevato il volto di Cristo, indidi leggi che regolassero la vita comune, costruì capanne e cando il cammino della salvezza, insegnando il Vangelo ed case decorose anche esteticamente, eresse scuole e creò essendo un infaticabile agente di sviluppo. fattorie. Ha organizzato la vita religiosa, sociale e fraterna di MoloNel dicembre del 1884, mettendo a bagno i suoi piedi nel- kaî, isola messa al bando dalla società a quell’epoca; con lui, l’acqua calda, non poté sentirne il calore: si accorse così di ognuno aveva il suo posto, ognuno veniva riconosciuto e aver contratto la lebbra. Nonostante la scoperta continuò a amato dai suoi fratelli.” 11 Bi BBia GESÙ RISORTO: LA SPERANzA DI OGNI PERSONA Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell' uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno". Ed esse si ricordarono delle sue parole. E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l' accaduto. (Lc 24,1-12) Q uesto brano ha un’importanza notevole nel Vangelo secondo Luca: esso infatti testimonia la risurrezione di Gesù ed è l’inizio del capitolo che conclude il terzo Vangelo, ma che, al tempo stesso, contiene elementi che aprono alla continuazione della narrazione della storia della salvezza, che troveremo nel libro degli Atti degli Apostoli. In effetti il capitolo 24 del Vangelo di Luca è raffrontabile, quanto a programmaticità dell’opera lucana, ai primi due capitoli del Vangelo stesso (anche se non giustificherò, né motiverò questa affermazione in questo scritto). Grammaticalmente (a motivo delle particelle/congiunzioni coordinate me.n e de. ), la pericope inizierebbe già in Lc 23,56b, ma ciò non è influente ai fini della presente riflessione. Intendo sottolineare soltanto alcuni aspetti e versetti della pericope, tralasciandone molti per non dilungarmi troppo rispetto agli scopi della proposta. Pertanto procedendo nell’analisi, non considererò i diversi momenti dello svolger12 si del racconto, ma svilupperò solo alcune considerazioni. È possibile porre l’attenzione, fin da subito, sulla sollecitudine delle donne. Esse già in precedenza (Lc 23,56) avevano preparato i profumi e gli unguenti da applicare alla salma, ma non avevano unto il corpo di Gesù (il testo sembra suggerire che non avevano potuto a motivo del sabato, ma ciò esegeticamente e storicamente può creare alcuni problemi e contraddizioni). Ecco ora che esse vanno alla tomba “di buon mattino”, rivelando sia il desiderio di compiere questo gesto pietoso e amorevole, che l’affetto che provavano e provano ancora per Gesù, benché ormai morto. Tale fatto, ossia il recarsi delle donne al sepolcro, ci rivela ulteriormente che ogni speranza è oramai scomparsa: avevano seguito quest’uomo, Gesù, avvinte dalla sua persona, dal suo messaggio e dal suo agire, dalla Galilea fino a Gerusalemme; avevano posto in lui molte loro speranze; in questo momento, pur mantenendo forse intatto il loro amore verso di lui, tuttavia la loro speranza è affievolita: vanno infatti a “salutare” e a rendere gli ultimi onori al cadavere. Scoprono, giunte sul luogo, la tomba vuota. La reazione delle donne non è però, a questo punto, di fede, bensì di incertezza, di perplessità. Solo dopo aver udito la rivelazione dei “due uomini” ed essersi ricordate delle parole di Gesù, esse credono. L’annuncio dei due uomini ha il sapore un po’ del rimprovero ed un po’ del proverbio: in fin dei conti le donne avrebbero dovuto già capire!! Eppure esse si son recate alla tomba per un defunto, senza altra speranza (è un po’ la dinamica che provano due discepoli incamminati verso Emmaus, guarda caso l’episodio seguente a questo brano…). Le parole degli uomini che appaiono loro divengono illuminanti. Non soltanto a livello semantico (più che un rimprovero o un proverbio, esse contengono un annuncio straordinario, il Vangelo stesso: “è risuscitato”), bensì anche a livello di dinamica: esse hanno infatti il potere di far risorgere la speranza in queste persone. Inoltre tali parole diventano ulteriormente illuminanti, anche per il fatto che i due uomini sono apparsi “in vesti sfolgoranti” (v. 4). Ora tale aggettivo è collegato con il sostantivo folgore e fa quindi pensare al cielo, quasi ad uno sguardo rivolto in alto (la rinascita della speranza mediante la fede consiste anche in questo: pur se tutto mi fa piombare – e il verbo italiano è già indicativo di un certo movimento – in BiB Bia basso, nella disperazione, la fede può darmi la forza di alzare gli occhi). Come contrasta con ciò lo sguardo delle donne, che hanno “chinato il volto a terra”, verso il luogo cioè della tomba, della morte… Tale contrasto è poi accentuato anche dal fatto che esse cercano un defunto, mentre gli uomini parlano del Vivente! È evidente che in tutto questo brano (compreso il v. 12, ove si parla anche delle bende), l’evangelista non è tanto interessato alla tomba vuota (questi casomai è Marco), quanto soprattutto al cuore di questa rivelazione: Gesù è stato risuscitato da Dio. Il fatto poi che Luca anteponga a tale messaggio (al pari di Matteo e diversamente da Marco che lo pospone), la frase “Non è qui”, indica una presenza nuova, non più limitata corporalmente, bensì viva e operante. Come a dire che il Signore è risorto ed ora è presente, che ha oltrepassato la morte ed ogni altra barriera, che ha sconfitto l’incredulità e che ha vinto la disperazione, ridonando la speranza: se egli non è qui, è risorto; e se egli ha vinto il limite estremo, la fine di tutto, rappresentata dalla morte, quale altra speranza non può essere creduta? Perciò i due uomini, indicando che il Signore non è più lì, invitano a ricordare (è singolare che i sostantivi con cui l’autore del terzo Vangelo designa la tomba, mnh/ma , v. 1, e mnhmei/on , v. 2, hanno la stessa radice del verbo “ricordare” mimnh,|skomai) ciò che Egli disse, come a sottolineare che la sua presenza era ed è nella Sua Parola. Ecco quindi che le parole dei due uomini hanno anche un altro significato illuminante: esse fanno risorgere la memoria (v. 6b “Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea” e v. 8 “Ed esse si ricordarono delle sue parole”). Infatti le donne (a differenza forse nostra, che alle volte giungiamo a porre dei dubbi alla fede o alla speranza), ricordando, fanno rinascere quelle speranza interiore forse mai del tutto spenta (almeno - così credo - coltivata anche in modo assurdo o paradossale, per l’amore verso quell’Uomo; così forse è l’esperienza di tanti di noi quando perdiamo una persona particolarmente cara: il nostro cuore non può rassegnarsi, anche se tutto intorno ci dice il contrario; e solo la risurrezione ci può ridare senso e speranza pieni) e giungono a credere. Credono certamente, giacché “tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri” (v. 9); è difficile infatti che annuncino tutto questo, se non credono… Ma, riguardo agli altri, “Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse” (v. 11). Essi crederanno successivamente, ma non tanto in base alla testimonianza di altri (lo dimostra l’episodio di Emmaus), e neppure in virtù del vedere la tomba vuota e le bende (vedi Pietro al v. 12), quanto in base ad una esperienza viva e dell’incontro diretto con il Risorto (attraverso le apparizioni oppure grazie alla Sua presenza nella Chiesa: enigmatico in ciò è l’episodio di Paolo…). È infine singolare come il primo annuncio della resurrezione venga dato, nel nostro testo, a delle donne: abbiamo già sottolineato in altre riflessioni come in generale non vi fosse grande considerazione per la realtà e la situazione delle donne nel mondo antico (ma forse anche del nostro “mondo moderno”, in svariate parti del globo). Dio sceglie di annunciare questo grande evento che costituisce il cuore delle fede di ogni cristiano anzitutto a delle donne: è una scelta di campo, di Dio che si mette dalla parte degli ultimi, delle ultime, e che fa per prime a loro il dono straordinario di questa rivelazione. p. Diego Cappellazzo Nella foto: la scultura di Pericle Fazzini sulla resurrezione presente nella sala Paolo VI in Vaticano 13 Sa n giuSeP Pe Nell’icoNogrAfiA ANticA e moderNA: L SAN giuSeppe operoSo e varie attitudini, con cui nel tempo è primi esempi, in una tavola quattrocentesca dove stato raffigurato Giuseppe, si conl’impianto generale risponde ancora allo schema nettono anche alla funzione aliinaugurato da Giotto, con la capanna aperta mentare. “Nutritor Christi” è uno sullo sfondo di un’altura rocciosa. Giuseppe, dei suoi titoli specifici, e sulla scorta di pensoso, ha un piccolo libro chiuso nella una lettura domestica, la fantasia degli mano: è rappresentato secondo lo schema artisti seppe dar vita a una molteplicità di canonico, assorto nei suoi pensieri, in una scene in cui il santo appronta il fuoco, postura derivata dall’iconografia del cucina o porge gli alimenti: a questo Sogno. tema, ispirato alla narrazione di s. BrigiAltro antecedente nella miniatura del da, relativamente al gesto di san GiusepLivre d’heures à l’usage de Bruges (1490pe per illuminare la buia grotta della nasci1500 ca.) dove, in un capolettera, il santo a ta, e per cercare cibo, si richiamano opere di mezzobusto raffigurato isolato, sfoglia un libro. Fig.1 particolare delicatezza. Anche nella Natività di Paolo di Giovanni Fei il santo L’incisore Jacques Callot (1593-1635), nella sua ha un libro in mano, di dimensioni appena percepibili, di realizzazione intitolata “Il desinare della Sacra Famiglia”, alla colore rosso (fig.3). Biblioteca Nazionale di Parigi, ne offre un’immagine premuroUna statua in terracotta invetriata dei Della Robbia, nella sa e attualizzata: sorregge il bicchiere trattenuto dalle mani incerte del figlio, al chiarore di una umile candela posta sulla Fig.3 tavola imbandita (fig.1). Il pittore Paolo Veronese (1528-1588), ne “La Madonna della pappa” di Villa Barbaro, lo mostra nell’atto di porgere una ciotola, sopraggiunto alle spalle di Maria che si volge al suo arrivo: è una scena di vita quotidiana, ma questi sguardi intensi e pacati, s obriamente Fig.2 descritti, fanno percepire una dimensione fuori dall’ordinarietà (fig.2 ). Collegiata di Figline Valdarno, mostra il santo con un libro L’altra tipolo- chiuso, tenuto nella mano sinistra (fig.4). gia che si intende Ritroviamo questo dettaglio del libro in diverse Sacra esaminare, è quel- Famiglia, in cui vediamo accrescersi l’importanza spaziale la in cui il santo del libro, da un lato, e l’attitudine di Giusepreca un libro, ed è pe, dall’altro: infatti, mentre inizialmente il intento alla lettura: dettaglio è un semplice rinvio simbolico, nelil gesto, iniziall’arte tardorinascimentale e barocca l’attitumente simbolico, dine di Giuseppe che legge si fa più carica, il porterà a una connotazione dai tratti ben precisi. libro diviene un elemento connotativo I vangeli canonici non riferiscono episodi dell’infanzia di nuovo. Gesù sotto il profilo educativo, mentre i vangeli apocrifi non Giuseppe, l’uomo chiamato ad accogliemancano di brani inerenti la sua educazione, e quei prodigi re i messaggio celesti, si fa mediatore visibidall’intento allegorico, con cui il Bambino suscita la meraviglia le tra la parola - il libro -, e quel Bambino che dei rabbini, suoi insegnanti. è Dio, il quale ha assunto la natura umana, Questa inconsueta iconografia fa la sua comparsa in età uomo tra gli uomini. rinascimentale: nella Pinacoteca Vaticana se ne ha uno dei Stefania Colafranceschi Fig.4 14 g e n i t o r i- F i g l i COMUNICARE IN FAMIGLIA V iviamo nella società della comunicazioambiente ipertecnologico, ma anche noi genitori, ne, e forse non è mai stato così difficile che non abbiamo fatto alcuna fatica ad assuefarci comunicare. Tante sono le ragioni di quealla presenza fissa del televisore acceso – un rumosto paradosso: la caduta dei ruoli, che re di fondo che non fa sentire l’assenza della comudavano delle linee-guida su come rapportarsi agli nicazione – e che pretenderemmo l’istantaneità altri, genitori e figli compresi; la sproporzione tra le nelle risposte dei figli ai nostri sforzi di comunicare. di potenzialità tecniche (siamo tutti iperconnessi, con Tendiamo a economizzare gli sforzi, con una comuChiara i nostri cellulari, computer, televisori in ogni stanza, nicazione standardizzata che vada bene per tutti, un e Mauro video in ogni angolo della città…) e la fatica a dire po’ come quella della televisione generalista, menMagatti qualcosa che si stacchi dal brusio di fondo e ad tre ciascuno ha diritto di essere ascoltato e di interascoltare veramente gli altri; la frustrazione per lo loquire individualmente, o almeno di sapere di scarto tra l’istantaneità delle nostre possibilità di connetterci poterlo fare. in tempo reale con ogni parte del mondo e il tempo che il rapAnche noi genitori, e non solo i nostri figli, siamo insicuri. porto con gli altri, senza il quale non c’è comunicazione, Abbiamo paura del fallimento, del rifiuto, del non riconoscirichiede… mento, e quindi spesso rinunciamo in partenza a metterci in Viviamo in un tempo in cui si rischia di vivere fianco a fian- gioco veramente. Non tolleriamo l’attesa, non abbiamo la co senza relazioni, mentre tante volte le relazioni più signifi- pazienza di gettare dei semi senza volerli vedere subito gercative diventano, un po’ per consolarci, quelle a distanza. minare, e così scoraggiamo in partenza i piccoli segnali di Essere genitori e figli oggi non può prescindere da questo richiamo che i nostri figli ci lanciano, spesso senza riuscire mutamento profondo, che non è solo tecnologico, ma cultura- nemmeno a percepirli. le. Siamo abituati alla velocità, anzi all’istantaneità, e tutto ciò Forse dovremmo interrogarci più spesso su che cosa è che richiede tempo, impegno, fatica e risultato incerto ci infa- per noi la comunicazione. Comunicare non vuol dire parlare. stidisce. Siamo abituati a fiumi di parole, a sentire che ciascu- Vuol dire sostanzialmente costruire, e abitare, un mondo no può dire qualsiasi cosa in qualsiasi modo su qualsiasi comune; un mondo in cui è possibile condividere dei signifiargomento, e facciamo fatica a capire che parlare e comuni- cati ma anche e soprattutto accogliersi a vicenda; un mondo care sono solo apparentemente sinonimi. Siamo insofferenti in cui le parole aiutano a intendersi, ma in cui anche il contatai silenzi, ai vuoti di conversazione, che preferiamo saturare to, la vicinanza, l’abbraccio e la carezza concorrono a creare con banalità o con forme di comunicazione a distanza (man- quella fiducia reciproca e quella capacità di intendersi senza dare sms, accendere la TV) o ancora prendendo le distanze le quali non può esistere comunicazione, perché è la paura dall’ambiente circostante, con le cuffie del nostro ipod nelle dell’insuccesso che alla fine prevale. orecchie. E tutto questo non riguarda solo i Ascoltare e abbracciare sono due modi di nostri figli, che pure sono educare i figli alla comunicazione che nati e cresciuti in un dovremmo, prima di tutto, saper praticare tra di noi. 19 o S S e r V at o r i o g i o Va n i LA LEzIONE DEI BAMBINI M La lezione del Bambino Ma intanto sono lì a darci una bella lezione di vita. i è capitato di partecipare ad un pranDel resto lo diceva anche Lui: Se non ritornerete zo di solidarietà, uno dei pochi o tanti come bambini… che si fanno in alcune occasioni speciali per dimostrare concretamente Quel giorno ne ho avuto una immagine vivida. l’attenzione alle persone povere, agli extracomunitaLui stesso è stato bambino, ha voluto essere bamri, a coloro che spesso bussano alla nostra porta o si bino. Ci pensiamo solo sotto le feste natalizie, ma in di affacciano agli sportelli della Caritas o delle varie realtà Lui è bambino in mezzo a noi sempre. Non Massimo mense dei poveri. Non mi ha colpito l’impegno lodesolo perché si fa piccolo in quella Eucaristia, che Rocchi vole dei volontari, né la fantasmagoria delle razze, guarda caso ricevono proprio i piccoli e che poco culture e dei colori presenti. Mi ha colpito il comportatempo dopo, diventando grandi, smettono di ricevemento e l’atteggiamento dei bambini. A tavola stanno re. Non solo perché si fa conoscere nei piccoli segni sacri seduti poco e poi cosa fanno? Giocano. Cosa c’è di tanto stra- della fede, che le persone ricevono in umiltà. Ma anche perno? C’erano tanti bambini e giocavano insieme. ché Lui da bambino lo abbiamo sempre davanti agli occhi e Nel modo più semplice, correndo, scivolando, saltando. non ce ne accorgiamo. Insieme. Beh che c’è di tanto speciale? I bambini sono abituaNon solo nel mese del presepio è davanti a noi. C’è semti a giocare insieme. Voi dite? Non so se i nostri bambini così pre, tutto l’anno, in braccio a sua Madre. Non l’abbiamo forse carichi di giocattoli costosi e speciali giocano volentieri con così anche in tutte le nostre chiese? E magari è così anche nei tanti altri bambini. Specie se sono di tanti colori. C’erano bian- nostri cortili. Già! I Giuseppini del Murialdo infatti in tutti i loro chi, neri, mulatti, asiatici. Il bimbo con la pelle e gli occhi scuri cortili hanno Lei, la Madre Sua a protezione di tutti i bambini, e i capelli neri ricci e la bimba bionda con gli occhi azzurri, ragazzi e giovani che affollano ancora i nostri cortili scolastici e quello magrebino e quella slava, il bimbo indiano e la bimba degli oratori. E spesso anche Gesù bambino è lì con Lei a ricorafricana. Tanti tutti insieme, tutti sorridenti, senza giocattoli, darci questa lezione di vita dei bambini, a ricordarci la Sua senza vestiti firmati, ma con un bel sorriso sul volto. Non parlezione di vita. “Chiunque diventerà piccolo come questo bamlavano la stessa lingua, ma si capivano benissimo e se capibino, sarà il più grande nel regno dei cieli… Chi non accoglie il tava qualche scontro o qualche zuccata involontaria, dopo il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”. primo momento di assestamento… via si riparte con lo stesParliamo spesso ai giovani dell’impegno e della responso sorriso di prima. sabilità, dell’importanza e della difficoltà del diventare grandi. È stata una immagine di semplicità, di gioia, di unione A volte lo diventano troppo in fretta, o solo nelle cose che come solo i bambini sanno dare. Arriveranno le lingue e le culfanno comodo. Altre volte restano piccoli e infantili e li sgridiature, gli insegnamenti e i pregiudizi a dividere questi bambini. 20 o S S e r Vat o r i o g i o V a n i mo. Quand’è che cresci! Purché crescere sia nella responsabilità e non nell’egoismo, nell’impegno e non nell’orgoglio di chi crede di sapere tutto della vita. Quante volte sperimentiamo negli adolescenti una sfrontatezza di chi si sente grande senza esserlo o lo è in modo sbagliato. Per abbandonare l’infanzia si abbandonano spesso anche i doni che essa portava con se e che ci aveva donato. E quante volte si sente dire che la fede è una cosa da bambini! Così, diventando grandi, i templi dove recarsi e i valori in cui credere diventano altri. La lezione dei bambini, la lezione del Bambino è sempre valida. Una lezione di semplicità, di gioia, di comunione. Una lezione di famiglia. Colpiva vedere bimbetti neri e paffutelli, con i loro bei riccioli neri in braccio alla madre in un quadretto che sembrava tanto un film dell’America anni cinquanta, così come la bimba bionda slava redarguita con calma e pazienza dal padre e che ascoltava in silenzio e con attenzione, con gli occhi fissi in quelli del Padre. Icone di umanità, forse anche icone di fede, certamente icone di educazione. Fatta di affetto, di ascolto, di semplicità, di serenità, di famiglia. E finiti i giochi i bambini tornavano dalla madre. Come quelle statue dove Gesù Bambino è tranquillo e sereno in braccio a sua Madre e ci guarda sorridente, magari spalancando le braccia. Perché la mamma è sempre la mamma, e quando c’è bisogno di qualcosa si corre da lei. “Io sono tranquillo e sereno, come bimbo svezzato in braccio a sua madre”, recita un famoso salmo. “In ogni necessita temporale o spirituale, alziamo gli occhi a Maria, invochiamo Maria”, diceva il Murialdo. È la lezione dei bambini, è la lezione del Bambino. Per tutti. Nelle foto: i bambini intorno all’alltare della chiesa S. Paolo di Ravenna e accanto alla statua della Madonna del Sorriso presente nel cortile dell’Oratorio Murialdo sempre nell’opera giuseppina di Ravenna. VItA GIUsePPINA Mensile dei Giuseppini del Murialdo aprile 2009 anno CXV - n. 4 dIRettoRe ResPoNsABIle: Giuseppe novero RedAttoRe: Juan Carlos Barcia RedAZIoNe: Mario aldegani – Modesto de summa – Massimo angeli – Marina lomunno – alessandro agazzi – emma Bellotto – ugo Maggiore – Maurizio regosa - antonio santonico -Gianlorenzo rocchetti dIReZIoNe – AMMINIstRAZIoNe Via Belvedere Montello, 77 - 00166 roma Tel. (06) 62.471.44 Fax (06) 62.408.46 ABBoNAMeNto ordinario € 20,00 sostenitore € 50,00 Benefattore € 100,00 c.c.p. 62635008 intestato a: VItA GIUsePPINA Via Belvedere Montello, 77 00166 roma seGReteRIA: anna romozzi - Francesco de summa VItA GIUsePPINA: via Belvedere Montello, 77 - 00166 Roma e-mail: [email protected] PeR leGGeRe in anticipo il prossimo numero collegarsi a: www.murialdo.org Autorizzazione del Tribunale di Roma 26-7-1954 -n. 4072 del Registro della Stampa La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 Impaginazione fotocomposizione e stampa: GRAFICA - IMPAGINAZIoNe: Claudio Brescia -sandro Girodo - peppe Marzano PeR sCRIVeRe AllA RedAZIoNe: BoRse dI stUdIo € 155,00 c.c.p. 62635008 scuola tipografica s. Pio X Via degli etruschi, 7 - 00185 roma 21 at t u a l i t à FRATERNITATEA MURIALDO - Romania L a storia è sempre la stessa... ieri come oggi. Il povero non trova mai posto... non c’è posto per lui nei centri città, nei luoghi “bene”perché il povero va nascosto, mandato lontano dalla vista dei più... perchè l’occhio non veda e la mente ed i cuori non possano interrogare l’animo e chiedersi... PERCHÈ? Meglio coscienze assopite, anestetizzate: meglio far apparire questo mondo come la pubblicità: scintillante, pulito, ricco, ordinato e disciplinato: tutti belli, tutte persone di successo. Ciò che non si conforma a questi standard, si butta o si mette in cantina, al buio, perchè nessuno veda! Inaspettatamente, osservando attentamente la realtà, ci si rende conto che anche il vecchio continente, l’Europa, ha le sue baraccopoli. Non stiamo parlando dei campi nomadi, li conosciamo sin troppo bene a causa della cronaca che spesso li cita. Chi viene a trovarci a Popesti o Roman resta sorpreso nel vedere come in questo paese lo sviluppo economico abbia creato condizioni di vita sicuramente migliori per la popolazione: infrastrutture, produzione e commercio di beni di consumo che pochi decenni fa erano qui impensabili da trovare... auto di lusso, grattacieli, vetrine riccamente preparate, danno un’idea (falsa) che Bucarest, la Romania, tutto l’est Europeo sia finalmente avviato su un percorso di sviluppo e generalizzato benessere che, presto o tardi, abbraccerà l’intera popolazione... ma non è così. La Romania (e tutti paesi occidentali in genere) ha paura di mostrarsi per ciò che ancor oggi è, ha paura di mostrare fragilità e povertà estreme e proprio i poveri vengono messi ai margini perchè l’immagine è ciò che conta! Noi abbiamo visto! Abbiamo visto ragazzi di strada a centinaia costretti a “scomparire” dal centro cittadino per 10 giorni, sotto minaccia della Polizia, a causa di un grande evento internazionale per il quale i numerosi media accorsi MAI avrebbero dovuto riprendere con le telecamere dei bimbi o dei giovani, con residenza fissa nei tombini delle condotte del riscaldamento... Abbiamo visto campagne in cui la gente coltiva il poco necessario per sopravvivere, spostandosi da un mercato all’altro dei vari paesini con le gerle o semplici lenzuoli caricati all’inverosimile di mercanzia ed ortaggi, nella speranza di racimolare qualche soldo per mangiare e scaldarsi nei gelidi inverni di quassù... Abbiamo visto interi quartieri, popolati da migliaia di persone, ai margini di città piccole o grandi, in cui gli abitanti vivono in catapecchie, senza acqua corrente o potabile, senza condutture fognarie, in case minuscole e fatiscenti, nelle quali una stanzetta basta per otto persone...con le finestre senza vetri ed un vento gelido che fa battere i denti... Abbiamo visto a centinaia bambini giocare tra fango e sporcizia, in mezzo a cumuli di immondizie tra i quali qualche anziano o donna cercano un po’ di scarti per preparare cena... bambini che solo saltuariamente vedono i banchi di scuola... bambini legati spesso alle sole madri, perchè i papà o sono emigrati, o li hanno abbandonati per un altra donna, o perchè hanno abbracciato la bottiglia troppo stretta... Abbiamo visto tutto questo! Ma potete vederlo anche voi, perchè per quanto la società opulenta cerchi di nascondere la povertà, questa grida giustizia! Basta tendere le orecchie per sentirla, aprire gli occhi per vederla e spalancare il cuore e la mente per andarle incontro e cercare di sconfiggerla e rendere la vita di centinaia di migliaia di persone in tutta Europa più dignitosa ed umana. Non serve andare lontano migliaia di chilometri perché se fai attenzione, la miseria è a pochi metri dalla porta di casa tua! p. Solideo, p. Elio, fra Marco, Marian e Michele Visitate il nostro sito www.murialdo.ro troverete notizie sulle nostre attività e la possibilità di aiutarci nel nostro lavoro con i ragazzi e i giovani della nostra opera. 22 at t u a l i t à ASSOCIAzIONE MURIALDO - Viterbo L a nostra associazione, nata nel 1985 a Viterbo, da anni si occupa di accogliere bambini/ragazzi in difficoltà, cercando di accompagnarli in percorsi di crescita il più possibile adatti alle loro esigenze. Nel tempo sono mutati anche i servizi che abbiamo messo in campo, per essere sempre più vicini ai minori maggiormente “feriti” dalla propria situazione socio-familiare. Ad oggi l’Associazione Murialdo accoglie minori in difficoltà in diversi modi: I Gruppi Famiglia e l’Affido I ragazzi dei Gruppi Famiglia o in Affido vivono una situazione di allontanamento dalla propria famiglia di origine e ciò accade solo in situazioni estreme, quando gli enti preposti alla tutela dei minori verificano che ogni intervento per sostenere la loro crescita serena nell’ambito del proprio nucleo familiare è fallito. Ogni allontanamento è un trauma e si procede solo quando si pensa che non farlo sia un trauma maggiore per il ragazzo. È possibile che ci sia anche solo un provvedimento di allontanamento parziale (progetto diurno). Nei Gruppi Famiglia il nostro obiettivo è che il clima in casa tra gli educatori e tra questi ed i ragazzi sia il più possibile basato su uno stile di familiarità e lavoriamo quotidianamente per verificarci e migliorarci su questo. Il Centro Aperto I ragazzi del Centro Aperto frequentano dalla terza elementare alla terza media. Stanno con noi da lunedì a venerdì dalle ore 15 alle 18 con attività di studio e animazione. Sono equamente divisi tra ragazzi delle medie ed elementari e tra maschi e femmine. Il 57% di loro sono stranieri (Algeria, Marocco, Nigeria, Perù, Romania, Santo Domingo, Tunisia) e il 23% è seguito dai servizi socio-sanitari… ...Oltre i 18 anni E il nostro impegno va anche oltre il Gruppo Famiglia: in estate due ragazzi da poco maggiorenni sono divenuti auto- nomi sia economicamente che abitativamente e noi continuiamo a seguirli, sostenerli, motivarli con un progetto educativo condiviso con i Servizi. La Formazione e l’Informazione Stiamo portando a termine un ciclo di incontri con due classi del liceo psico-socio-pedagogico della nostra città con l’obiettivo di far crescere la cultura del volontariato come dono di sé, una responsabilità come cittadino attivo che mette sé stesso a servizio dell’Altro... uno dei nostri sogni è che questo nostro mondo sia un po’ più accogliente, soprattutto verso i più piccoli ed indifesi e quindi ogni occasione per formare in tal senso è colta al volo e cercata... Un’Adozione Ravvicinata Negli anni il nostro servizio si è sostenuto con l’apporto di tante persone che gratuitamente si sono affiancate a professionisti per collaborare nelle attività. Parallelamente ci siamo attrezzati per rispondere a tutti gli obblighi legali per accedere all’accreditamento dei nostri servizi. E questo ha comportato lavori per modifiche strutturali e assunzione di personale con titolo adeguato. Ad oggi ci è chiaro che il contributo, che l’ente pubblico dà per le nostre attività, non riesce a coprire tutte le necessità dei ragazzi. È quindi importante l’aiuto anche di te che ci leggi! Siamo certi che insieme potremo fare tratti di strada più significativi. Per questo ti preghiamo di starci vicino e suscitare intorno a te tanta sensibilità per la nostra Associazione. Ti possiamo proporre un’ Adozione…Ravvicinata? p. Cesare Cotemme, presidente e Diana Dimonte, coordinatrice educativa Per contattarci: Associazione Murialdo, Via Murialdo 51 – 01100 Viterbo. tel. 0761 227121 - 347 1508238 [email protected] http://vt-murialdo.murialdo.it 23 mu r i a l d i n e FESTIVAL DA CANÇÃO D al 1973 le Suore Murialdine sono premine del corso di musica, canto e danza. Più che senti a Maringà (Brasile, stato di Parauna esibizione di potenziali talenti, questa attività nà) nel Centro Educativo “Lar Escola da favorisce, nei ragazzi e ragazze che vi partecipano, Criança” dedicando la loro vita a favore la spontaneità, l’autostima, la capacità di ascolto e di ragazzi e ragazze in situazione di grave disagio concentrazione, la memoria, l’immaginazione e il economico e familiare. gusto della bellezza. di In tanti anni di lavoro educativo ed apostolico, le Il Festival è anche una preziosa opportunità per Emma consorelle hanno avuto una sempre più vasta collagli educatori che vengono stimolati ad esprimere la Bellotto borazione e l’Opera è andata qualificandosi al loro creatività elaborando testi musicali, coreograpunto da essere riconosciuta a livello Nazionale e fie, costumi e scenari. classificata tra le prime cinquanta “Opere Sociali del I partecipanti affermano di aver vissuto “momenBrasile” ricevendo più volte il premio “Bem Eficiente”. ti di rara bellezza ed emozione”, tipici del “potere trasformanL’Opera attualmente accompagna nella loro crescita te della musica e l’armonia della danza”. umana, sociale e cristiana trecentoquindici tra ragazzi e Oltre alle famiglie e molte persone che hanno applaudito ragazze (dai 7 ai 14 i protagonisti del Festianni) attraverso le attivival, era predisposta tà di: formazione, dopouna giuria per la valutascuola, informatica, teazione del gruppo tro, danza, musica, migliore che ha ricevucanto corale, scuola di to in premio una gita. calcio e di palla canePotremmo però dire stro, ginnastica artistica, che il Festival è stato artigianato, pittura su vinto non da un singolo stoffa, giochi di squadra, gruppo di ragazzi, ma corsi di igiene e salute, dalla musica, dall’arte ecc. e da tutti coloro che si Per i ragazzi e sono impegnati in queragazze dai 14 ai 18 anni sta attività formativa. è in atto un progetto di apprendimento di una professione nell’area amministrativa: “Adolescente Aprendiz”. Attraverso alcuni “progetti” vengono aiutati anche i genitori; infatti 230 famiglie, dislocate in 41 favelas differenti, hanno la possibilità di frequentare corsi di taglio, cucito e confezione, corsi di informatica. Possono usufruire inoltre di un valido aiuto per imparare le norme elementari di vita domestica, imparano anche a fare il pane attraverso il Corso di “Assessoria Doméstica”, in collaborazione con il Centro Universitario di Maringá. Una delle attività caratteristiche, tanto apprezzata, del Lar Escola e che attira molti spettatori è il “Festival da Canção” (Festival della canzone) quest’anno alla settima edizione (nelle foto). Il Festival viene celebrato come “saggio finale” al ter- 24 Forum LA PRIMA TAPPA: da alcuni mesi si stanno presentando, settimana dopo settimana, alcune delle opere significative di ogni nazione nel servizio ai giovani più poveri sul sito "Forum Pastorale" del portale "Murialdo.org" della Famiglia del Murialdo, al quale ti invitiamo a partecipare: http://forum.pastorale.murialdo.org/ LA SECONDA TAPPA: sarà quella dell'incontro dei delegati di tutte le nazioni che avremo a Londrina, in Brasile, dal 26 aprile al 3 maggio. Durante questo evento, nel sito internet, potrai trovare il riassunto di ogni giorno ed i documenti preparati. LA TERZA TAPPA: senza dubbio la più difficile ed importante, sarà quella di trovare i cammini concreti affinché le conclusioni del forum arrivino alla realtà quotidiana delle nostre comunità, delle nostre opere e rinnovino la vita di ciascun membro della Famiglia del Murialdo. È soprattutto qui dove più abbiamo bisogno del tuo aiuto e delle tue preghiere. Insieme possiamo fare che il nostro sogno diventi realtà. EDUCARE OGGI: ... oltre l’apparenza... PERFEzIONE O ERRORE? Capire se, come persone e come educatori, si tratta di sentirsi arrivati o sentirsi sempre in cammino poiché non è solo studiando o facendo corsi che si impara ad essere educatori. Studiando si impara a fare gli educatori, ma a chi sta accanto ai ragazzi è richiesto, oltre al fare, di essere educatori. Essere educatori non significa avere solo strumenti professionali ma vivere un percorso personale; fare non solo un corso di studi ma essere consapevoli della propria esperienza di vita… donata. Essere se stessi anche nell’errore. La natura umana comporta l’errore. Ci viene chiesto di essere credibili, non perfetti. Sistematizzare l’esperienza. Mettersi costantemente in discussione, riconoscendo e imparando a vivere con i propri limiti. Educare e lasciarsi educare. Sfruttare tutte le risorse per farcela: Lo spirito cambia quando le cose ci interessano! E per interessarcene dobbiamo amarle! Chi è motivato ce la fa! La motivazione e la passione fanno smuovere le montagne! Oggi nell’educazione si deve: ESSERE PERFETTI O RICONOSCERE L’ERRORE? Si deve: ESSERE SICURI O ESSERE FRAGILI? L’educatore oggi è: SICURO O FRAGILE? 25 S o l i da r i e t à COLOMBIA: NUOVA FRONTIERA PER L’ENGIM U n ambiente sereno e immerso nella natura, dove il minore trovi le condizioni giuste per giocare, studiare e lavorare. Questo vuole essere la Fattoria Educativa (Finca) che l’ENGIM, in collaborazione con i Giuseppini del Murialdo, sta realizzando ad una cinquantina di chilometri da Bogotà (Colombia). Il 1° marzo sono cominciati i primi lavori per l’ampliamento di alcune stalle e la realizzazione di nuove serre. Di questo ed altro abbiamo parlato con Federico Filipponi, responsabile del progetto per l’ENGIM, che di recente è tornato dal Paese Latinoamericano. mento dell’attività di pescicoltura e dell’allevamento di suini, bovini, ovini e animali da cortile; la coltivazione in serra di ortaggi e piante da frutto. So che all’ENGIM date un particolare valore a questo progetto. Perché? di Massimo Angeli Federico, parlaci di questo nuovo progetto dell’ENGIM. Il progetto, finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, vuole sostenere le attività educative e produttive della fattoria che i Giuseppini hanno acquisito nel 2002 per ospitare, nei periodi di vacanza, i bambini della Casa Famiglia di Bogotà (nelle foto). Potenziando l’attività produttiva della fattoria, vogliamo dare un contributo al sostentamento di questa Casa Famiglia, dove i Giuseppini ospitano già una trentina di bambini. In secondo luogo ci proponiamo di organizzare un ambiente dove tutti i ragazzi della capitale della Colombia possano trascorrere delle vacanze a contatto con la natura e dove svolgere corsi di formazione in ambito agricolo. In particolare cosa sarà realizzato dal progetto? Il progetto ha una durata biennale e con i fondi che ci hanno concesso saranno realizzati percorsi didattici per i ragazzi delle scuole primarie e secondarie; laboratori per la produzione del miele e la lavorazione dei prodotti agricoli; corsi di aggiornamento e perfezionamento professionale per adulti già impiegati nel settore “agropecuario”; il potenzia- 26 Perché è il primo passo di quello che, speriamo sarà un lungo cammino. Questo progetto è il primo che realizziamo in Colombia, dove, finora, avevamo messo in piedi solo piccoli interventi di microcredito. Questo Paese può diventare un campo molto fertile per la congregazione dei Giuseppini. I giovani sono tanti, spesso a rischio di emarginazione, con famiglie povere e disgregate. In questo contesto i Giuseppini stanno facendo un lavoro veramente prezioso, che merita di essere sostenuto. Avete già idea di dove andare ad intervenire? Molto probabilmente avvieremo un intervento di appoggio alle attività che la congregazione svolge a Medellin, in un quartiere di grande povertà, violenza ed emarginazione, dove i Giuseppini sono attivi da anni con mense, ludoteche, biblioteche e centri diurni. Parlaci un po’ della Colombia. Che situazione hai trovato nel tuo ultimo viaggio? Durante il viaggio sono stato sia a Bogotà che a Medellin, e dovunque ho trovato persone accoglienti e desiderose di migliorarsi. La Colombia è un Paese in cui, contrariamente alle mie aspettative, c’è un grande ottimismo, dove tutti si danno da fare per uscire dalla situazione di sottosviluppo in cui si trovano. Un Paese vivo, insomma, con alcune sacche di violenze e grandi contraddizioni, perché specie nelle grandi città è facile trovare quartieri lussuosi a fianco di baraccopoli, ma un Paese che vuole cambiare. E noi faremo quanto è nelle nostre possibilità per contribuire al cambiamento. at t u a l i t à I INDIA: INAUGURAzIONE DELLA GROTTA DI LOURDES l 12 Febbraio 2009 è stata fatta l’inaugurazione È ben nota la straordinaria e tenera devozione ufficiale della Grotta di Lourdes al nostro Semidel Murialdo alla Madonna, trasmessa dalla nario San Giuseppe in Chemparaky, cogliendo mamma specialmente verso la Consolata e poi coll’occasione della presenza del p. Aldo Pacini, tivata e approfondita in tutta la sua vita. Espressa e economo generale, in visita alle nostre comunità del alimentata anche nei suoi numerosi pellegrinaggi ai Kerala e alla nuova comunità in Tamil Nadu. vari santuari Mariani in Italia e all’estero, soprattutdi È stata una cerimonia semplice, ma toccante, con to in Francia. Giuseppe la presenza della comunità: i padri, i confratelli stuA quattro anni dalla Fondazione della CongreCavallin denti di filosofia e teologia e i novizi. Invitati per l’occagazione, 19 Marzo 1873, il Murialdo finalmente può sione anche gli operai che hanno costruito la Grotta. ritornare in pellegrinaggio a Lourdes il 27 Agosto L’ idea era iniziata l’anno scorso in un momento 1876. È la Festa del Cuore SS.mo di Maria. Vi celedi entusiasmo nel 150° anniversario delle Apparizioni della bra la Messa. Acquista un cuore d’oro vi scrive dentro: “O Madonna a Lourdes e nel 10° anniversario dell’arrivo dei Giu- Maria Immacolata io consacro nelle tue mani la mia anima e seppini in India, 12 Febbraio 1998. la Congregazione di San Giuseppe tuo Sposo – 27 Agosto Don Giuseppe e i dodici novizi si sono messi subito al 1876” e lo depone presso l’altare della Madonna. Lo stesso lavoro scavando le fondamenta, raccogliendo i sassi un po’ aveva fatto alla Salette il 12 Agosto 1874, offrendo un cuore dovunque nel compound, con la collaborazione anche dei d’Argento e facendo pregare “per una Congregazione filosofi. Sotto il sole cocente di febbraio e marzo è stato nascente, un Collegio e un’Opera per la gioventù”. costruito il basamento della grotta, il cui progetto era ancora La presenza del Murialdo nella grotta, (nella foto) oltre in fase di elaborazione. Sono passati alcuni mesi prima di che ricordarci la sua vivissima devozione alla Madonna, ci definire il progetto e trovare anche i finanziamenti necessari. rappresenta noi tutti e ci fa sentire più vicini a Maria. A questo punto sono entrati in scena due benefattori italiani di E’ la prima statua del nostro Fondatore in India, realizzaMogliano Veneto, i fratelli Elio e Leda Vian che con generosi- ta da artisti locali. La sua immagine sorridente ci accompagni tà ed entusiasmo si sono offerti di finanziare la costruzione e ci guidi nel consolidamento del carisma del Murialdo a serdella Grotta. Si sono così contattate alcune ditte locali e si è vizio dei giovani e nel ricordo dell’indimenticabile p. Tarcisio fatta la scelta del progetto. Riondato, primo missionario giuseppino in India. Si pensava inizialmente alla grotta tradizionale con la statua dell’Immacolata nella nicchia e ai piedi la veggente Bernardetta. Nel corso della realizzazione, che per diversi motivi si è protratta ben oltre il previsto, è nata la felice idea di accostare anche la figura del nostro Fondatore in atto di paterno invito di rivolgerci con confidenza a Maria, in obbedienza al suo invito alla preghiera e alla conversione, coinvolgendoci così nel suo grande amore e devozione alla Madonna. Come si sa, l’800 è stato il secolo di molte Apparizioni Mariane soprattutto in Francia: nel 1830 a Parigi a Caterina Labourè legata alla Medaglia Miracolosa, nel 1846 ai veggenti Melania e Massimino a La Salette, e soprattutto a Lourdes nel 1858, quattro anni dopo che Pio IX aveva proclamato il Dogma dell’Immacolata, 8 Dicembre 1854. 27 n ell a CaS a del Pa d r e Fratel Vittorio Dadda Nella mattinata del 10 marzo 2009, primo giorno della novena di san Giuseppe, il Signore ha chiamato a sé fratel Vittorio Dadda, colpito improvvisamente da un infarto cardiaco nella comunità di Santa Margherita Ligure. Avrebbe compiuto i 77 anni il mese prossimo. Era nato, infatti, il 25 aprile 1932 a San Pellegrino Terme (Bergamo). All'Orfanotrofio Santa Lucia di Bergamo aveva avuto i primi contatti con la congregazione: qui cominciò come tipografo e fece il suo periodo di postulato e da qui, nell'ottobre del 1950, passò a Vigone per l'anno di noviziato. Professo nel 1951, si legò definitivamente alla congregazione coni voti perpetui emessi a Vigone nel 1957. Esercitò la sua professione di tipografo prima a Pinerolo, dal 1951 al '58; poi un anno a Bergamo; fu quindi responsabile della legatoria del Collegio Artigianelli di Torino dal 1959 al '70 ed ancora un anno, sempre in tipografia, a Pinerolo. E, dopo "il lavoro", i ragazzi, la sua "squadra", ricco di entusiasmo, di energia e di inventiva. Dal 1971 diviene l'"uomo dell'opera": colui che sapeva vedere e provvedere alle necessità manutentive della casa, con un'intraprendenza, inventiva, manualità e costanza davvero uniche. Servizievole. Nonostante gli incidenti, le operazioni alle gambe [tre per ogni gamba] e le stampelle: mai fermo. "Se non ci fosse stato - si diceva di lui - si sarebbe dovuto inventarlo!" Questo nella parrocchia di Milano fino al 1990; poi a Rivoli, fino al 2000; tre anni alla parrocchia della Salute; quindi, non più in forze come avrebbe voluto, lui che pretendeva da sé senza misura, a Sommariva Bosco ed infine, dal 2005, a Santa Margherita Ligure. Dovunque sia passato ha lasciato un bel ricordo della sua cordialità, del suo buonumore, della sua amicizia, del suo starbene-insieme... della sua generosità. È morto in piedi, in movimento, senza dover essere servito, come temeva...: è morto come ha sognato. Se la più piccola cosa fatta con generosità ad un fratello verrà ricordata... La F amigLia deL m uriaLdo in C ieLo Angel Maisanche Ruiz, di anni 37, fratello del confratello ecuatoriano Juan Alejandro, studente a Tlalpan (Messico), morto in Ecuador il 10 marzo, per incidente stradale. Luigi Attilio Carbone, fratello del compianto p. Fedele, morto il 4 marzo a San Giuseppe Vesuviano. Graziella Frison, sorella di p. Baldino, della comunità di Mirano, deceduta il 3 marzo, a 71 anni. Adelina Farinon, mamma del giuseppino p. Roberto Cracco, deceduta nell' ospedale di Valdagno il 2 marzo, a 75 anni. Noel Malù, papà del confratello guineano Iber, studente a Ejisu (Ghana) morto a 71 anni a Ziguinchor (Senegal), il 1° marzo. Eugenio Bassanguê, morto il giorno 11 febbraio a Bissau, a 52 anni di età e Cristina, morta a Bula il 18 febbraio, a 41 anni, fratello e sorella di p. Tomás della comunità del teologato di Londrina (Brasile). Alberta Zanella, sorella di p. Alberico, della comunità di Tena (Napo - Ecuador), deceduta a Torino il 18 febbraio, a 61 anni di età. 28 ARGENTIN F la S h A A-C V i ta EC Dal 24 al 27 di febbraio si è vissuta una nuova tappa del progetto missionario di evangelizzazione dell'opera di Villa Bosch in Argentina. Questa volta è stato il gruppo missionario della parrocchia Nostra Signora del Carmine a partire verso tre paesi dell'interno della provincia di Buenos Aires. I 35 missionari si sono distribuiti come comunità in ognuno dei paesi: "Rojas", "Rafael Obligado" e "Carabelas", che si trovano a circa 300 Km della città di Buenos Aires. Come succede sempre... è stata un'esperienza ricchissima d’incontro con Cristo nei fratelli e di sentire l'infinito amore di Dio che ci permette di condividere la sua missione evangelizzatrice. ARGE NTIN di U AD Giovedì 19 marzo, nella cattedrale del OR Tena, al termine della concelebrazione nella Festa di San Giuseppe, alla quale hanno partecipato i missionari del vicariato, gli alunni dei Collegi Missionari del Tena, le Mamme Apostoliche, si è svolta una cerimonia particolare, molto significativa per Mons. Paolo Mietto e per la Missione Giuseppina. L’ambasciatore d’Italia in Ecuador, Emanuele Pignatelli, ha conferito a Mons. Paolo Mietto un’onorificenza del Presidente della Repubblica Italiana per i meriti acquisiti nel campo della solidarietà nei suoi quindici anni di episcopato nel Napo. Erano presenti le autorità locali e regionali. ILE Nella settimana dal 26 al 31 gennaio, circa 50 giovani animatori murialdini della Provincia di Argentina-Cile si sono incontrati a "El refugio Murialdo" (Valle del Sol, Mendoza) per condividere l'esperienza di una nuova "Scuola di Animatori Murialdini" (EscAM). Quest'anno si è riflettuto intensamente sul tema della Comunità, centro del nostro lavoro quotidiano. Si è partiti dalle prime comunità cristiane, per giungere fino ai nuovi e recenti movimenti, e al carisma della Chiesa d'oggi. Sono stati dei giorni di lavoro intenso: le esperienze che abbiamo condiviso ci hanno arricchito reciprocamente, e sono state di stimolo a continuare nella crescita in Cristo come Giovani della Famiglia del Murialdo. Mons. Paolo, commosso, ringraziando per l’attestazione ricevuta, ha voluto compiere un gesto (foto) che ha sorpreso e commosso tutti i presenti: ricordando infatti che il senso dell’onorificenza era il riconoscimento non alla sua persona, ma al lavoro dei missionari giuseppini e all’impegno della Congregazione nel Vicariato, ha consegnato la sua croce di cavaliere al P. Generale, che era al suo fianco e partecipava alla cerimonia, perché essa fosse custodita a Roma, nella casa generalizia in ricordo e riconoscenza della vita spesa da tanti giuseppini nella Missione. 29 F l a Sh di Vi ta ROMA 25° sacerdotale sulla tomba di S. Paolo. P. Franco Pairona, p. G. M., p. Sergio Lucchini si sono incontrati il 14 marzo a Roma in casa provincializia per celebrare insieme il loro 25° di sacerdozio. Calda e familiare è stata l’accoglienza della comunità di Via Etruschi 7. Un’intera mattinata è stata dedicata ad uno scambio di vita e di sentimenti con la guida di p. Tullio. Nel pomeriggio visita alla tomba di congregazione del Verano, S. Messa nella Basilica di S. Paolo dove hanno avuto l’onore di celebrare col Cardinale Josè Echegaray (nella foto). CEFALù Mons. Francesco Sgalambro, vescovo di Cefalù, in visita pastorale all’Opera Artigianelli-Murialdo e alla comunità parrocchiale S.S. Salvatore alla Torre. Dal 15 al 21 febbraio il pastore della Chiesa Cefaludense ha condiviso con la comunità religiosa (nella foto), i giovani e i parrocchiani la vita quotidiana dell’opera secondo un programma fitto di incontri e di celebrazioni. 30 ODERZO Successo oltre ogni aspettativa per l’incontro pubblico tenutosi il 22 gennaio 2009 al Collegio Brandolini da Magdi Cristiano Allam, il noto giornalista, già musulmano, che con la sua conversione pubblica al cattolicesimo è stato condannato a morte dagli integralisti islamici e viaggia rigorosamente con una scorta di 9 uomini. Per dare avvio all'itinerario quaresimale, lunedì 2 marzo, sempre presso la nostra scuola BrandoliniRota di Oderzo (Treviso) è stata invitata Claudia Koll. Ha trascorso tutta la giornata nell’istituto portando la sua testimonianza di convertita, al mattino ai ragazzi e ai giovani della scuola e alla sera ai genitori e a tutta la cittadinanza opitergina. vi No tà i n Po Ch e ri gh e O “Passiamo all’altra riva” (Mc 4,35). E’ stata scelta questa icona biblica come punto di partenza per riflettere su “I luoghi della vita quotidiana come luoghi di evangelizzazione”. Evidenzia bene, infatti, il taglio teologico-pastorale che si è voluto dare al presente volume che contiene alcuni dei principali contributi, di diversa impostazione, offerti nel Convegno teologico-pastorale, svoltosi, con lo stesso titolo, a Vitorchiano (Viterbo), dal 14 al 16 febbraio 2008, organizzato dall’Istituto Teologico “San Pietro”, con il patrocino della Congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo) e dell’Associazione Italiana dei Catecheti (AICa). Privilegiando questa prospettiva di ricerca, si vuole fare interagire le suggestioni dell’esperienza educativa e pastorale - avendo una particolare attenzione al mondo giovanile - con la riflessione teologica. L’orizzonte culturale è dato, perciò, dalla conversione pastorale in senso missionario, a cui sono chiamate oggi le comunità cristiane. Ed è questo l’intento ultimo delle diverse proposte di riflessione che seguono: ragionare sul come le varie esperienze pastorali ed educative offerte, specialmente ai giovani, possono pensarsi in modo più “decentrato” sulla vita delle persone, dando “centralità” proprio ai destinatari e ai protagonisti ultimi di queste esperienze. All’interno di quest’orizzonte culturale, si vuole approfondire, anzitutto, come i luoghi della vita quotidiana possano essere e diventare luoghi di evangelizzazione e, poi, come le azioni pastorali, l’opera giovanile e la stessa comunità cristiana siano più “missionarie”, centrate sulle persone a cui ci si rivolge, abbandonando le priorità del nostro mondo e delle nostre “sicurezze”. Dalla Presentazione degli Atti del Convegno di José Fidel Antón gni giorno i strage, di un desolato giornali offroorrore, due, tre, quattro no un bollettipersone uccise, magari no di cattive anche un bambino. Se notizie. La violenza, l'arbipoi la tragedia tocca la trio, le ingiustizie, le offese violenza in famiglia lo di alla vita ed ai più piccoli: ce sconforto diventa insopGiuseppe n'è a sufficienza per creare portabile. Novero una situazione di pesantezNiente è incredibile. za, un fardello che opprime Lo sanno bene i giudici il cuore. Il filosofo francese di pace che conoscono Andrè Gluksmann, in un bellissimo le "liti di ringhiera", gli alterchi conlibro di qualche tempo fa, immagina- dominiali, le doglianze sui panni va che Mosè avesse dimenticato sul che sgocciolano, i vasi di fiori Monte Sinai l'Undicesimo comanda- innaffiati dal balcone di sopra, la mento di Dio: "Conosci il Male". spazzatura lasciata nel cortile, i Appunto. Conoscere il male. rumori e gli schiamazzi che non Vuol dire sapere che esso ci fanno dormire... Piccole situazioni riguarda. Che che possono viene dall'uodegenerare e mo. Solo in L’INDIFFERENzA basta il pianto questo modo notturno di un possiamo bambino per riuscire a giudicarlo. E solo così si finire - come nel caso di Erba - in possono comprendere tragedie tragedia. inspiegabili (Erba, Cogne, GarlaAd ovviare a tutto ciò l'uomo ha sco) compiute da persone "norma- introdotto quei paletti di responsali", anche se inizialmente la "nor- bilità che hanno permesso di regomalità" viene rifiutata e si cerca lo lamentare la vita di una società, "straniero" cui indirizzare il sospet- grazie ai principi della convivenza, to più infamante. alle regole di condotta, alle norme "Non è dalla polvere che nasce giuridiche, ai valori morali. Questi il male", ammoniva la sapienza di "puntelli" riducono il disordine, rasGiobbe, ma nelle stanze di una sicurano chiunque vi si conformi in famiglia di Novi ligure, nella ricerca quanto membro di una comunità, di recuperare in fretta molti soldi emarginando il trasgressore come come per Pietro Maso, in una stra- un vero e proprio attentatore al da nascosta di Chiavenna dove tre benessere collettivo. Tutto questo ragazze hanno assassinato la funziona fino a quando i valori non suora amica. Niente è incredibile, si scoloriscono e tutto quello che lo sanno bene sociologi, psicologi, prima aveva senso e significato opinionisti, sacerdoti. La banalità sembra svuotarsi. Ma se un persodel male porta spesso ormai a naggio famoso giunge a dire: dover fare i conti con persone che "moralmente sono da condannare non hanno nulla dell'immagine cri- ma legalmente non potete farmi minale del passato, ma fanno nulla..." allora bisogna avere il parte della quotidianità. coraggio di ribadire ciò che è violaCome spiegare allora questi zione, eccezione, infrazione. fenomeni, questi atti che tutte le L'indifferenza lascia privi di volte ci fanno dire: "non ci posso qualunque metro di giudizio per credere" ? Non ci possiamo crede- distinguere una situazione dall'alre ogni volta che leggiamo di una tra e diventa così il male peggiore. 31