Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
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Piccola biblioteca
human
beings. Saturn, not surprisingly given the darker side of the deity's nature,
sociated with melancholy, both the cold and the hot sort, and with
Somewhat
surprisingly, however, Ciavolella finds "the influence of
inextricably, yet fatally, connected"
influence of the rays of Saturn and
and argues
Venus on
that "it is
the
.
.
ill
is as-
fortune in love.
Venus and Saturn
.
.
because of the unyielding
.
human being
can turn mel-
that lovers
ancholic, and melancholiacs can see their feelings of longing heightened to an unbear-
able level
the
.
.
."
so that "the passionate lover lives under the menacing sickle of Saturn, at
mercy of the darker side of his nature"
Saturn
From
(174).
Antiquity to the Renaissance
is
a treasure-trove of riches, not only for
the professional academic, but for general readers as well, especially those
themselves fascinated with the
way
human beings with them
clothe themselves in
communities of discourse
in various guises in
is
find
myth and reappear
in interpenetrating
many times and places, and under many
The volume's scholarly standards are high,
theological, intellectual, and artistic auspices.
and the quality of the essays
who
natural processes and ideas about the connection of
remarkably even for a collection principally incorporating
make rewarding
conference proceedings. All the essays
reading;
many
are also brilliant.
JAMES WYATT COOK
Albion College and The Newberry Library
Teodolinda Barolini. The Undivine Comedy: Detheologizing Dante. Princeton,
NJ: Princeton UP, 1992. Pp. 356.
Un
libro sorretto
da forte intelligenza, ben costruito e pausato utilizzando
gomentativa offerta da
articola,
E
organismo
libro,
(i
Paradiso), eppure
al
unitario, a dar
la libertà ar-
dieci capitoli e l'Appendice in cui
tali
da
si
assemblare a
lasciarsi
conto e rassegna di una linea di ricerca coeren-
per quanto, anche formalmente, non agevole, condannato a piacere,
impegnato com'è a
fetta
indipendenti
che spaziano daìl'Inferno
costruire un
tissima.
moduU
sostituire
conoscenza del
testo, di
cose
una
alle parole,
con l'uso
sottile abilità
di salda informazione e di per-
argomentativa, che non è mai sofisma,
che corrode dove bisogna e polemizza quando occorre
e, al
caso,
morde dove è oppor-
tuno mordere.
Intento-guida
è,
come
dice l'autrice, di "deteologizzare Dante", di chiedere ragione a
Dante, cioè, delle guide ermeneutiche che sorreggono
quali condizionamenti interpretativi per
ci
persuadono a credere
in ciò
che
U suo
il
poema
e che egli vi ha inserito
lettore, di indagare, quindi, le tecniche
egli afferma, quasi fosse poeta teologo,
che
eliminando lo
scarto fra ciò che Dante dice e la sostanza della sua operazione letteraria. In quest'ottica,
viene ovvio che
volume
ma
il
barbacane che sorregge
— premessa
cui dà luce e spessore
volta e non.
U
Qui s'avanza
insistence that he
is
la
costruzione stia nel saggio che apre
teorica di tutto lo svolgersi dimostrativo
—
,
rileggerlo e rimeditarlo accerchiato dagli
la capitale
domanda:
telling us the truth?",
"How
are
we
to
U
contributo non nuovo,
altri,
nuovi a loro
respond to the poet's
che adduce una preventiva, fondamentale
questione: se Dante credesse nella verità letterale di quelle cose per le quali rivendica
verità letterale.
La proposta
solutoria giunge al temine di un percorso che dà rassegna del
pregresso lavoro critico sul tema, a partire dall'intervento di Nardi, che innescò
le
ambo
le
discussioni e s'apprez2a anche perché s'appiglia, ed è richiamo salutare su
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sponde dell'Oceano,
concretezza del
alla
testo.
La
navicella che consente all'autrice di
varcare le non quiete acque è sospinta, se non vedo male, da vele agostiniane: vera la
visione, verisimile la rappresentazione (che è poi, mutatis mutandis, la tesi che trent'anni
or sono
Rocco Montano calava
credo,
la
concretezza
nel suo
stessa
dell'acutissimo Barbi, di cui
del
La poesia
di
Dante, Napoli 1962, 288-301). Ma,
una sosta più prolungata suUa lezione
(e
testo
impiego un poco frettoloso nel cap.
si fa
s'apprezza
7, in cui
però una meditata riproposta del problema della realtà della visione e del viaggio)
avrebbe forse potuto
far riflettere sulla agibilità
metodologica di una soluzione che è una
non-soluzione, una sospensione di giudizio: scegliere
infatti la strada della
visione e della
profezia oppure l'altra della completa finzione appare, in definitiva, opzione emozionale
e aprioristica, 'teologizzante', dell'interprete.
presenza della straordinaria
statura
piacere in direzione delle opposte ipotesi.
o senza
mio
la costrizione
1
percorsi per accedere all'una o all'altra, in
ed abilità del narratore, sono costruibili e decostruibili a
ermeneutica
Lo
Comedta, può essere
stesso titolo,
deW Epistola
letto
a Cangrande (che, deliberatamente,
con
e,
a
vedere, assai opportunamente, è tenuta fuori gioco nel volume), dove Dante pare
inscio di quello che tutti al
tempo suo sapevano, essere
specimine per eccellenza del verosimile:
il
evitare interazioni
con quella considerabile, a sua
della 'visione' o
come un modo
coinvolge di necessità
la diretta
fa di "e vidi cose che ridire /
esplicazioni del titolo date
come ben vede
di procedere
volta,
alla prassi esegetica,
esperienza dell'autore, dico
né sa né può chi
Comedia va
commedia appunto
lo
o come una scoperta ammissione
comune
il
commento che
di la su discende".
daW Epistola vengono
cato, puntato sul contenuto,
la
che può essere dimenticanza programmata per
tuttavia, se le
bonarie
integrate col suo più intrigante signifi-
diritto, si
la Barolini (la cui bibliografia
E
che non
l'Epistola
diceva, a collocare
il
testo dantesco,
bene avrebbe potuto accogliere U denso
studio di C. Paolazzi, "Nozione di 'comedia' e tradizione retorica nella dantesca Epistola
a Cangrande", in Dante e la
Comedia
nel Trecento. Dall' Epistola a
Cangrande
all'età
di Petrarca, Milano, Vita e pensiero, 1989, 3-110) entro l'ambito del verisimile (che
altrimenti
Dante aveva già beU'e pronto, apueritia,
verosimile,
disse della "mirabile visione").
Il
non
quanto
storia
il
testo dantesco, in
il
si sa, si
la storia
è
il
titolo dell'opera
maggiore, quando
insinua fra storia e fabula. Quindi,
racconto di cose vere, storicamente
vere (r"alta tragedia" virgiliana: ed è questo tema che viene proposto fra
del cap. 4 del volume), non fabula, cioè costruzione meramente
non
allegorico, col reale;
le dalla possibilità di
ma argumentum,
racconto
fittivo
ma garantito
inveramento della res narrata attraverso
il
le
molte cose
senza rapporto, se
fittiva,
e reso accoglibi-
suo riconoscimento nella
opinione universale, che nella fattispecie era costituita da una percezione dell'aldilà
pressoché coincidente con quella dantesca: sicché, neWargumentum non era l'elemento
formale ad essere
'falso',
sibbene quello sostanziale ("res non vera") e di conseguenza
esso sembrerebbe da sintetizzarsi non con un "ver ch'ha faccia di menzogna",
mai con una menzogna che ha
stello
che vede
in
Gerione
faccia di verità,
l'ipostasi della
scombinando un poco
i
ma
sem-
conci del bel ca-
Commedia.
Certo non tanto questo importa all'autrice, che pure ritoma all'argomento della verità
del testo dantesco in molti luoghi del libro, in particolare nel settimo capitolo e in quel
sottile capitolo terzo,
dedicato al tema del volo che connette Ulisse e Gerione
—due
esempi del "varcar del segno", due figure cariche rispettivamente della responsabilità di
rappresentare Dante e
sare
come Dante
la
sua antitesi e
U poema e
la
sua antitesi (66-67)
— quanto
pale-
ottenga la docilitas del suo lettore, attraverso quali strumenti lo induce
a credere nella verità di quello che egli dice, lo persuada là dove
U
verisimile
non è
sorret-
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(come appunto
to dalla universalis opinio
nella raffigurazione gerionea, elemento di
autentificazione della narrazione "paradossale e oltraggioso", che vale a rafforzare la
credibilità per gli altri luoghi del racconto
meno compromessi), come Dante manipoli
narrativa in ordine alla creazione di prospettive dialettiche entro
intento di decostruzione sorregge,
pausazione del
si
diceva,
tutti i
il
suo
che considera
saggi, da quello
la
Questo
testo.
la
dantesco una imitazione della inarrestabile scansione tem-
"fatale andare"
porale, puntiforme, della vita dell'uomo, continuamente intersecata dal nuovo, eretto, nel
caso dantesco, a principio di poetica (e qui andrà ricordato che l'annuncio del nuovo, del
grande, dell'inusitato era chiaramente predicato dalle retoriche del tempo, che andavano
ripetendo, rifacendosi al modello classico, alla Rhetorica
ad Herennium
—
— che Dante,
che "attentes habebinon so dire se direttamente o mediatamente, certo conosceva
mus si pollicebimur nos de rebus magnis, novis, inusitatis verba facturos" (Rhet. ad Her.
1.4.7).
La pausazione è
fernali,
dove
veda U
lettore
si
percettibile al
massimo grado
,
negli incipit dei primi canti in-
traduce in una serie protratta di inizi e sospensioni, di avvii e fermate (e
anche
l'utile
Appendice, che censisce
le
modalità di inizio e fine dei
singoli canti), di, crede l'autrice, confusioni strutturali che ingannano
dono
la
vera, appunto a partire della sensibilità del
berata intenzione o disponibilità dantesca,
dovunque è
principio che
ammessa
Il
la
la
cui gradatio riproduceva,
tempo
inferno, la riflessione teologica del
confon-
stabilito
differenziazione del peccato: altro puntello per inverare la verosimiglianza.
cerca di conoscenza sono intimamente legati.
Ulisse, è relato alla scrittura della
"carco" di narrare una verità
Il
come movimento
come
spirituale, e ri-
û tema
"folle volo" di Ulisse, e quindi
Commedia come
ripreso, stimolato
da
confine fra la vita e
altro materiale, nel
la
il
morte,
primo dei
quinto del volume) dedicati al Purgatorio, "la più agostiniana delle
(il
di
a quella di un'opera che s'assume
ispirata, la trasgressione del
l'uomo e Dio: tema che verrà
capitoli
il
suo, da cui era
lavoro esplora poi l'immaginario del volo che satura la Commedia, inteso
espressione metaforica del desiderio, dove desiderio,
fra
lettore,
il
ma fa dimenticare che essa è vera, se è
lettore, ma non implica di necessità una deli-
sua aspettativa. L'osservazione trascina,
tre
cantiche", centrata quale è sull'impegno di segnare un passaggio della volontà dagli oggetti mortali del desiderio a quelli immortali.
E
la
presenza di UUsse (adombrata anche
nel tema, ricorrente, della nave e del viaggio), che,
sotto lo stimolo di imperfetto
ulissiaco
U peccato
amore e
di 'desmezura'
come Eva, ha
ignorato gli interdetti,
di troppo desiderio, serve a caratterizzare
che deve essere redento nelle
tre
come
comici dell'avarizia,
gola e lussuria.
Avanzando
nella
lettura,
qualche riserva può invece suscitare lo svolgimento
dell'interpretazione del porgere a Virgilio la corda che cinge
naggio: se
il
vorrebbe meglio sustanziato, anche, e
corda indica
life", resta
il
nell' attribuire
mutevole
beirattieri,
soprattutto, in relazione
modo lirico al modo
modo epico sia davvero il
passaggio dal
da vedere se
il
che l'epica "de historica fide
la
i
fianchi di
Dante perso-
linguaggio sia frodolento in quanto costruzione umana, è concetto che
tractat",
invece quella funzione
e, in definitiva,
al
secondo
modo
a Dante; se
epico, "because this
il
mode
più adatto ad "imitare"
la
poetica
si
porgere della
imitates
la vita, visto
medievale,
concorde
comico. L'ambiguità del segno linguistico,
ingannevole natura del linguaggio, al centro dell'episodio dei
verrebbe protratta nei canti postgerionei, attraverso l'ambiguità semantica delle
similitudini della rana e del topo e del villaneUo {Inf. 24.1-15) e l'uso di rime equivoche.
Dove anche
viene sottolineata, rinnovando osservazioni messe in circolo dalla critica più
attenta ai risvolti formali del testo, quella continiana in particolare, la valenza stilistica
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gamma
dei canti di Malebolge che esplorano, con singolare insistenza, tutta la
variazioni tonali
competevano
e, in definitiva,
alterazioni profonde della coerenza stilistica.
Meditazione sul rapporto
un riesame del problema
fra arte e vita, fra realtà e rappresentazione
della defmizione ontologica della
capitolo, che indaga le modalità di rappresentazione che
realizzato dall'arte divina
—
vero stesso
—
Commedia
Dante
che esplicita da sé
un'arte, quindi,
— quindi ancora
— poi
è
il
proprio messaggio, che
il
come
nella cornice degli orgogliosi e, conseguentemente,
egli affronti
il
il
contrasto fra arte e "vita", interrogandosi suUo statuto della verità e della realtà.
GU
comune
ultimi tre capitoli sono collegati dal
impegnano
entro cui
il
modo con
nella necessità di raffigurare
si situa
muove
e
pensiero
il
problema è dunque quello
di
come
intento di illustrare le modalità di
cui la narrazione ed
uno
status che
umano e
la
si
il
pone
linguaggio dantesco
l'attività
dell'uomo:
si
opposizione a quello
in
sua possibilità di rappresentazione.
Il
rappresentare realtà supematurali non sensoriali,
avulse dalle condizioni di determinazione spaziale e temporale entro cui
esplica
sesto
fa del "visibile parlare"
è
rappresentazione del paradiso,
delle
realizzano pienamente lo statuto del comico, cui solo
l'assenza di
si
riconosce e
si
scansioni temporali e spaziali, quindi di
simultaneità, deve essere riprodotta attraverso
il
medium
linguistico che, per sua natura,
soggiace alle regole dello spazio e del tempo. L'impegno dantesco è pertanto quello del
come
creare l'Ulusione di una simultaneità entro un
medium
sequenziale; e l'impegno
viene esplorato attraverso lo studio della realizzazione formale di due canti cruciali nella
meditazione sulla natura e
Paradiso, dove
modo da
il
le costrizioni della narrativa,
l'undicesimo e U dodicesimo del
poeta, nel racconto delle vite di S. Francesco e S.
suggerire
mantenimento
il
Domenico, opera
tempo
dell'identità individuale e, al
in
stesso, la illu-
sione di simultaneità e di identità degli eventi. Nel Paradiso le differenze sono amalga-
mate assieme
in
modo da
costituire
una
rizzanti.
Chiude l'impegno
sommario censimento
alla riflessione in
della dantista
—
unità,
ma
non così da perdere
alla cui valentia
degli argomenti portanti, obbligato
di
loro
tratti
caratte-
non rende merito compiuto un
com'è
il
lettore al confixjnto
ed
ogni pagina del testo poiché l'assunto principale dirama sovente in
prospettive molteplici, a volte tracciate a volte appena alluse
dalità
i
con cui Dante
si
— una indagine suUe mo-
avvia alla conclusione del suo poema, viste
come una
alternanza
due modi, quello della disagguaglianza e dell'uguaglianza, discorsivo, logico, crono-
logizzato
il
primo, antinarrativo, resistente alla esposizione logica, "decronologizzato"
il
secondo e basato su apostrofi, esclamazioni, su un linguaggio altamente metaforizzato e
su similitudini intensamente affettive. Figurando
'sacrato'
deve
"saltar", tentando, spiega l'autrice,
il
paradiso, dice Dante,
una defmizione, attraverso
la
il
poema
metafora,
del discorso antinarrativo che appunto caratterizza la rappresentazione delle zone
dell'ultima cantica.
GIAN CARLO ALESSIO
Università di Venezia
'alte'