NARRATIVO LETTERARIO

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NARRATIVO LETTERARIO
UNIVERSITÀ KORE DI ENNA
CORSO DI LAUREA IN LINGUE E CULTURE MODERNE
ANALISI E COMPRENSIONE DEL TESTO
NARRATIVO LETTERARIO
Prof.ssa Trinis A. Messina Fajardo
INTRODUZIONE
Il testo narrativo letterario si articola in un gran numero di forme, definite
storicamente come generi e sottogeneri della narrativa.
In particolare, si dividono in:
 testi narrativi in versi;
 testi narrativi in prosa.
Noi ci occuperemo nelle prossime pagine della seconda tipologia di testi.
Analizzare e commentare un testo narrativo in prosa significa:




comprendere a fondo il testo in ogni sua parte;
interpretare i messaggi;
approfondire i temi;
esprimere opinioni e giudizi critici avvalendosi delle nozioni di
letteratura possedute.
Per riuscire a sviluppare gli aspetti indicati è necessario:
 conoscere le tematiche e la poetica dell’autore a cui appartiene il brano;
 il contesto storico nel quale è vissuto;
 il movimento letterario al quale appartiene.
Nel commento lo studente, dunque, è invitato a dimostrare la sua capacità di
analisi, le sue conoscenze letterarie e critiche.
2
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
1 L’ANALISI DEL TESTO
«Comprendere un testo significa analizzarne la struttura» sostiene Tesnière, il
quale mette l'accento sulla necessità di non limitarsi a una pura e semplice
parafrasi del testo, comunque utile ma che si riduce fatalmente a individuare il
primo significato, a realizzare solo una prima decodifica.
L’analisi del testo consente, invece, di:
 applicare una procedura verificabile e quindi oggettiva;
 scendere nelle pieghe del testo, mettere in evidenza l’istituzionale polisemia;
 trasformare il lettore “ingenuo” in lettore “forte”, capace di cooperare all’individuazione dei significati;
 procedere allo smontaggio consapevole del testo nei suoi elementi
costitutivi e a un rimontaggio consapevole, fondamentale per acquisire
competenze specifiche che si riveleranno utilissime in fase di
produzione personale.
L’analisi del testo si giustifica in base a motivi di ordine sia teorico sia più
propriamente didattico:
 intanto perché eredita la grande lezione del formalismo europeo (Propp,
Todorov) che trova suggestive applicazioni nel campo della disciplina
specifica che si definisce come narratologia (Greimas, Bremond,
Segre, Eco);
 poi perché risulta pratica didattica utilissima che consente di diventare
lettori consapevoli in grado di analizzare a livello criticamente preciso il
testo narrativo (e non).
Nel corso di queste lezioni affronteremo l’analisi di tre generi canonici, la novella, il racconto e il romanzo.
La novella è una narrazione caratterizzata da una contenuta estensione. Il
termine ha origine dall’aggettivo sostantivato novella col significato di “cosa nuova, novità”.
Nella cultura novecentesca novella e racconto sono per lo più sinonimi, nel
senso che entrambi i termini indicano una “storia breve”.
Per romanzo (che trae il suo nome da romance, narrazione in prosa) si intende
un “modello del mondo” elaborato da un autore, dotato di notevole estensione
diegetica (cioè narrativa) e di una complessa struttura (sistema dei personaggi,
la voce narrante, lo spazio e il tempo, i temi fondamentali).
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Le differenze tra racconto/novella e romanzo sono strutturali:
1. il romanzo è caratterizzato da una salda e complessa struttura, mentre il
racconto si presenta, come dice Moravia, “disossato”, ridotto all’essenziale;;
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2. il romanzo affronta lo sviluppo concreto di una storia. La novella
affronta di solito un solo elemento di questa storia;
3. i personaggi nel romanzo sono molto articolati, analizzati in tutte le
sfumature della loro complessa personalità; il racconto coglie invece
solo taluni aspetti del personaggio relativi a un momento e a uno spazio
particolari;
4. l’azione del romanzo è inserita in una costruzione logica e diventa il
simbolo di questa coerenza;; nel racconto l’azione è presente in funzione di un evento che è l’ oggetto stesso della narrazione.
Della variegata tipologia del romanzo citiamo solo i modelli più ricorrenti in
ambito moderno:
 il Bildungsroman o romanzo di formazione;
 il romanzo storico o novel;
 il romanzo veristico, che riflette in maniera “fotografica” una tranche
de vie;
 il romanzo analitico o della coscienza che analizza la drammatica
situazione esistenziale dell’uomo borghese contemporaneo.
2 FONDAMENTI DI NARRATOLOGIA
La disciplina specifica che si occupa dell’analisi del testo narrativo è la
narratologia, che riassume in sé proposte e procedure nate in ambienti diversi
ma tutte riconducibili a una stessa impostazione: quella appunto di individuare
la struttura profonda del testo.
Fondamenti teorici comuni:
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A. Il testo narrativo si pone in posizione centrale tra l’emittente (lo
scrittore) e il destinatario (il lettore).
B. La figura dell’autore si distingue in due tipologie: l’autore reale (per Genette: narratore extradiegetico) e l’autore implicito (per Eco : autore modello).
C. Vanno distinte la figura dell’autore implicito e quella del narratore: il
chi parla del testo non è il chi scrive.
D.Esiste la figura del narratario: destinatario interno all’opera. Istanza di ricezione.
E. La struttura tipica di un testo narrativo prevede tre fasi:
1. la situazione iniziale (implicit);
2. una serie di peripezie che culminano nel momento di massima
tensione emotiva definita come Spannung ;
3. l’epilogo o chiusa (explicit). Che pone fine al “mondo possibile” evocato dalla narrazione
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3 PROCEDURE NARRATOLOGICHE FONDAMENTALI
La prima operazione consiste nella segmentazione in grandi unità narrative,
chiamate macrosequenze.
Una volta individuate le macrosequenze si procederà all’individuazione delle sequenze1, che possono essere definite come unità narrative composte di
funzioni legate da reciproca solidarietà.
La sequenza = una unità della storia narrata, un segmento
dell’intreccio, «una concatenazione di eventi fra loro coimplicati»
(Marchese).
Il passaggio da una sequenza all’altra è segnalato da:
A. cambiamento di personaggi;
B. cambiamento delle coordinate spaziali e temporali;
C. cambiamento del tempo narrativo.
Le sequenze possono essere:
 Dinamiche: che portano a una svolta all’interno del racconto.
dividono in:
Si
Narrative: che riportano le azioni dei personaggi
Dialogiche: che riportano i dialoghi dei personaggi.
 Statiche:che non portano a nessuna svolta all’interno del racconto. Si
dividono in:
Descrittive: è presente una descrizione
Riflessive: sono presenti riflessioni dei personaggi o del narratore
Dialogiche: quando nei dialoghi ci sono riflessioni o descrizioni.
Dopo aver segmentato il testo in sequenze, e assegnate un titolo per ogni
sequenza, si procede all’individuazione delle funzioni narrative.
Per Propp (Morfologia della fiaba) la funzione rappresenta: «l’operato di un personaggio visto dal punto di vista dell’azione narrativa». La moderna
narratologia allarga il ventaglio tipologico sul quale lavorò Propp: il testo
narrativo è molto più complesso della fiaba. La funzione va nominata, cioè le va
assegnato un nome che sintetizzi il ruolo da essa svolto nel tessuto narrativo.
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1
Le sequenze di un testo possono essere paragonate alle scene di un film.
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4 FABULA E INTRECCIO
La fabula (ordos naturalis) è l'insieme delle funzioni narrative
fondamentali, di quei motivi che il critico russo Tomaševskij definisce come
legati nel senso che se eliminati mutilerebbero fatalmente la storia narrata.
L'intreccio (ordos artificialis) può essere definito come l'insieme delle
scelte strategiche ideate e attuate. Ad esempio l’autore può non rispettare l’ordine cronologico rigorosamente individuato dalla fabula. Può raccontare i fatti prima che essi si siano verificati secondo l’ordine cronologico (prolessi o
flashforward, dal greco “prendere in anticipo”. Salti in avanti) o dopo (analessi
o flashback, cioè l’evocazione di un evento anteriore al punto della storia in cui ci si trova. Dal greco:“prendere a fatti compiuti” e quindi retrospezione. Salti
indietro).
Analessi e prolessi sono esempi di sfasatura o distorsioni fra il tempo della
storia (fabula) e tempo del racconto (intreccio).
l’autore sceglie un proprio ordine artificiale di presentazione e ciò per i seguenti
motivi:
 Creare tensione drammatica
 Attirare l’attenzione su alcuni particolari
 Mettere a fuoco la psicologia dei personaggi
Il confronto fabula-intreccio è utile per stabilire l’originalità dello scrittore.
5 IL TEMPO DEL TESTO NARRATIVO
Per tempo della storia si intende l'ordine di successione che hanno gli
avvenimenti nella storia. L'arco temporale del quale si distende la storia narrata:
è estremamente mutevole. Si individua attraverso marche temporali che
possono essere esplicite o implicite.
Il tempo del racconto è l'ordine di disposizione degli stessi avvenimenti,
come vengono dati dal racconto. l’autore implicito può accorciarlo o espanderlo a suo piacimento, per motivi di ritmo narrativo:
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A. il tempo della storia è uguale al tempo del racconto (TS=TR) con i
dialoghi o scene;
B. il tempo della storia è più lungo di quello del racconto (TS> TR) nei
sommari e nell’ellissi;;
C. il tempo del racconto è più lungo di quello della storia (TR>TS) quando
si ha una analisi;
D.il tempo della storia è fermo (TS = 0) e il tempo del racconto è “lento” nella pause, cioè nelle descrizioni, nei commenti dell’autore o del personaggio.
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Informanti o ragguagli:
I tempi imperfettivi introducono scene descrittive (tempi commentativi).
I tempi perfettivi segnalano le azioni e spingono avanti la storia (tempi
narrativi).
6 LO SPAZIO NARRATIVO
Il testo narrativo è una costruzione di un “modello di mondo”. L’individuazione dello spazio non corrisponde a una funzione esornativa ma a esigenze
strutturali, in quanto categoria fondamentale del testo.
Lo spazio e una “ragnatela” di indizi che forniscono al lettore un “sentiero” utile a inquadrare la storia narrata.
La vicenda può svolgersi: in spazi aperti o chiusi, in luohi reali o fantastici, in
luoghi indefiniti o descritti precisamente, nello stesso luogo o in luoghi diversi.
Le marche spaziali sono gli indicatori testuali dell’ambiente, del luogo in cui le azioni si svolgono e partono, a livello tipologico, dall’indicazione pura del toponimo, che poi si irradia in vere e proprie isotopie le quali specificano, in
maniera più particolareggiata, esterni o interni. Possono essere esplicite o
implicite
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Quindi per quanto attiene gli spazi
A. Si cerchi di individuare lo spazio geografico in cui è ambientata la
vicenda (e se questo non è indicato per quale motivo)
B. Con riferimento ai luoghi è necessario:
Soffermarsi sulla descrizione degli stessi
Luoghi reali o immaginari
Chiusi o aperti
Limitati o illimitati
Ristretti o ampi
Quali oggetti si trovano
Trovare eventuali collegamenti tra situazioni (di tensione, gioia,
aspettativa) e spazi.
Relazioni tra luoghi e personaggi (come i personaggi vivono il
luogo, vi sono analogie discordanze tra i tipi di personaggio e il luogo in
cui si trovano)
Relazioni tra i luoghi (ad esempio opposizione tra spazi
vicino/lontano, aperto/chiuso, ecc.)
C. Quale funzione riveste la descrizione degli spazi :
Di ambientazione (sfondo neutro).
Narrativa (come oggettivazione del carattere del personaggio,
rappresentazione di una situazione sociale o morale, come proiezione
soggettiva dello stato d’animo del personaggio).
Simbolica.
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7 LA VOCE NARRANTE
In prima istanza la funzione del «parlare» è affidata al narratore: ecco perché
Genette definisce l’analisi di questa funzione essenziale come voce, presente nel
tessuto narrativo sempre e comunque.
Il narratore può essere minimo. Una voce che parla. Ma può avere una
fisionomia diventando un personaggio che parla.
Narratore interno alla storia (omodiegetico) presenta una narrazione in
prima persona.
Narratore esterno (eterodiegetico) presenta una narrazione in terza
persona, non partecipa alla storia narrata.
L'autore implicito può scegliere però anche di cedere la parola non solo al
narratore ma anche ai singoli personaggi. Finge di cedere, meglio, perché in
realtà fa dire al personaggio ciò che vuole: ecco perché la parola del personaggio
è sempre come afferma Bacthin bivoca, in quanto riflette necessariamente
l'ideologia dell'autore implicito e del singolo personaggio.
Il caso più radicale di questa delega della parola al personaggio è rappresentata
dal discorso diretto, che riproduce le battute pronunciate dai singoli
personaggi.
Nel discorso indiretto il narratore riferisce ( e quindi media, interpreta a suo
modo) le parole de personaggio, facendole precedere da un verbo reggente
(come diceva, sosteneva).
Nel discorso indiretto libero il narratore riferisce liberamente parole del
personaggio, facendone una specie di sommario, di riassunto.
Se si riferiscono direttamente le parole e i pensieri del personaggio (senza
intervento palese del narratore) si registra un monologo interiore. Nel
monologo il personaggio parla di fronte a un interlocutore muto. Nel
soliloquio il personaggio parla a voce alta da solo.
Nel monologo interiore la presenza del narratore è minima, proprio perché si
limita a registrare le voci che nascono dalla psiche del personaggio: nella sua
forma più radicale, nel senso che sancisce l'assenza di una qualsiasi mediazione
del narratore, si definisce come flusso di coscienza.
Bachtin opera una svolta concettuale nella sua indagine critica ed afferma «il
monologo non è più possibile, nella realtà tutto è dialogico» .
8 LA FOCALIZZAZIONE: IL PUNTO DI VISTA
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È la prospettiva che orienta la narrazione: il punto di vista. La differenza
fondamentale tra punto di vista e voce narrante consiste nel fatto che per punto
di vista si intende l'orientamento ideologico o il luogo fisico o la situazione
rispetto alla quale si pongono in relazione gli eventi narrativi, mentre la voce
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narrante si riferisce al discorso o ad altri mezzi espliciti tramite i quali gli eventi
vengono comunicati al lettore.
A. Focalizzazione Zero: il narratore gestisce la narrazione dall’alto, sa tutto da tutti, ne sa più di loro, riesce a interpretarne i pensieri più
segreti. È il narratore onnisciente (narratore > personaggio)
B. Focalizzazione interna: è una narrazione condotta dal punto di vista
di uno dei personaggi della storia. Il narratore ne sa tanto quanto il
personaggio (narratore = personaggio). Può essere variabile, fissa e
multipla.
C. Focalizzazione esterna: il narratore si limita a registrare ciò che
fanno e dicono i personaggi. Sa meno di quanto sa ciascun personaggio.
Il personaggio, il narratore, l'autore implicito sono presenze diverse che possono
avere punti di vista differenti.
Se nel racconto vi è la mediazione del narratore si parlerà di racconto
diegetico, mentre se è condotto dai personaggi attraverso il dialogo viene
considerato un racconto mimetico.
9 I PERSONAGGI
Per molto tempo il personaggio del testo narrativo e stato considerato quasi
esclusivamente in relazione alle azioni che compie. Aristoteles lo definisce come
agente (prattón= colui che fa).
Il personaggio all’inizio è uno spazio bianco semantico, un nome che un po’ alla volta viene riempito di tratti significativi, che Roland Barthes chiama sèmi.
Claude Bremond classifica i personaggi come agenti, se danno impulso
all’azione, o pazienti, nel caso la subiscano.
Per Chatman: paradigma di tratti psicologici
I personaggi devono avere un’identità (nome, sesso, età caratteristiche fisiche,
estrazione sociologica), affetti (sentimenti, stati d’animo) e una propria Weltanschauung o concezione della vita (valori morali, religiosi, culturali).
I personaggi sono comunque la colonna portante del testo. Sono loro che
portano avanti l'azione, il racconto stesso, determinando le diverse situazioni, i
diversi ruoli, analizzano le differenti personalità e devono pertanto essere
analizzati minuziosamente, tenendo conto di tutti gli elementi che
contribuiscono a caratterizzarli.
Il personaggio può essere definito:
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1. statico - quando non cambia mai, rimane sempre uguale così come i suoi
pensieri.
2. dinamico - quando durante il racconto cambia atteggiamento, idea,
ideali, o cambia modo di vivere.
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3. piatto - quando la descrizione è sommaria, schematica, inverosimile,
stereotipata.
4. tutto-tondo - quando si conoscono tutti gli aspetti, sia esteriori che
interiori.
Il personaggio può essere presentato in due modi:
1. Direttamente: quando, sin dall'inizio, si ha un prospetto ben
accentuato. La presentazione è effettuata o dal personaggio stesso, o
dall'autore o da un altro personaggio.
2. Indirettamente: è la presentazione che avviene nei romanzi
contemporanei, attraverso degli indici come (il linguaggio, la descrizione
fisica, le battute, i gesti, l'abbigliamento), per far comprendere la natura
del personaggio.
Studio dei personaggi
Ogni personaggio che appare nel testo può essere studiato secondo
prospettive diverse:
dell’apparire (aspetto e status)
dell’agire (azioni, modi di comportamento, registro linguistico)
del volere (bisogni, interessi, scopi)
del potere (cultura, intelligenza, capacità, mezzi fisici e strumentali)
del sentire (sensibilità, sentimenti)
del pensare (ideologia, credo, pensiero razionale, ragionamenti
vari)
Molto interessante risulta, quindi, analizzare i rapporti tra i personaggi,
come questi vengono presentati, quale tipo di rapporto sembra esistere con
l’autore:






 cosa distingue, unisce, contrappone i personaggi
 quali relazioni vi sono tra i personaggi
 da chi è fatta la presentazione dei personaggi
La descrizione è prevalentemente fisionomica, psicologica, etica,
sociologica, ideologica, simbolica
Quale tipo di rapporto sembra esistere tra personaggi ed autore
(estraneità, ostilità, partecipazione, identificazione).
Si cerca di rintracciare, infine, nelle sequenze i moventi, ossia le
forze che inducono i personaggi ad agire:
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 amore/odio
 confidenza/diffidenza
 aiuto/opposizione
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10 SISTEMA DEI PERSONAGGI
Greimas individua sei forze dinamiche, definite come attanti. Gli attanti sono
ruoli generici, relativi cioè a una teoria della grammatica narrativa, e vanno
accuratamente distinti dagli attori e cioè i personaggi veri e propri di un testo,
che quindi rivelano uno spessore irripetibile. Lo schema proposto da Greimas è
il seguente:
DESTINATORE
AIUTANTE
OGGETTO
DESTINATARIO
SOGGETTO
OPPOSITORE
Funzione dei personaggi
protagonista: eroe della vicenda intorno a cui ruota il nucleo
della storia.
 personaggi secondari: antagonista, aiutante del protagonista,
falso aiutante.
 comparse: personaggi anonimi che compaiono solo sullo
sfondo.

11 INDIZI E INFORMANTI
Secondo una distinzione ormai classica di Roland Barthes, gli indizi rinviano a
un carattere, a un sentimento, a un’atmosfera, a una filosofia e servono a identificare, a situare la storia nel tempo e nello spazio.
Gli informanti, al contrario, sono dati puri, immediatamente significanti, in
quanto apportano una conoscenza già fatta. Sono operatori realistici e possono
liberamente combinarsi con gli indizi. Per esempio: l’età, il titolo, l’onomastica.
12 LE FORME DEL TESTO
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Per analizzare le forme del testo, il suo specifico versante linguistico, il primo
livello da considerare è quello lessicale. Va cioè analizzata in prima istanza la
tipologia dei livelli lessicali: alto-formale o medio-basso. Il registro linguistico
prevalente in un testo è l’insieme delle parole giudicate in rapporto alla loro
maggiore o minore distanza dalla lingua d’uso comune.
Il registro o livello lessicale alto-formale è tipico dell’autore che elabora una sua lingua molto distante dall’uso comune e si caratterizza per l’uso di termini letterari o iperletterari.
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Il registro o livello lessicale medio-basso tende al contrario ad avvicinarsi
all’uso comune della lingua parlata: ha come caratteristiche fondamentali la comprensibilità e la colloquialità.
13 I TEMI DEL TESTO
Per tema si intende il concetto fondamentale che sta alla base della narrazione e
ne costituisce il suo significato profondo; come afferma B. Tomaševskij è un
concetto riassuntivo che unifica il materiale impiegato nell’opera. Ogni testo ruota su uno o più temi essenziali, che rinviano ai fondamenti
antropologici della condizione umana e all'immaginario dell'epoca in cui è
vissuto l'autore.
l'enucleazione del tema è utile perché, cogliendo i motivi fondamentali del testo,
permette di definire anche una delle principali angolazioni da cui condurre la
lettura e di far crescere l'interesse a mano a mano che questa procede ed essi si
rivelano e si sviluppano. Inoltre permette di chiarire perché l'autore abbia
scritto proprio quel determinato testo e per quali ragioni storiche e culturali
abbia privilegiato un determinato tema.
14 INQUADRAMENTO
STORICO-LETTERARIO,
APPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI
Le domande relative all’inquadramento storico-letterario, generalmente
possono riguardare:
 l’inserimento dell’autore e della sua opera in una particolare corrente
letteraria;
 la contestualizzazione storica dell’opera dal quale il brano è tratto;;
 l’esame di particolari tecniche narrative proprie dello scrittore;;
 il confronto con la produzione di altri autori;
 l’analisi di altre correnti ideologiche o letterarie contemporanee, ma
diverse da quelle dell’autore.
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ESERCIZI PROPEDEUTICI
DIVIDERE IN SEQUENZE
Farneticava. Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo
ripetevano tutti i compagni d'ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall'ospizio,
ov'erano stati a visitarlo.
Pareva provassero un gusto particolare a darne l'annunzio coi termini scientifici,
appresi or ora dai medici, a qualche collega ritardatario che incontravano per
via:
Frenesia, frenesia.
Encefalite.
Infiammazione della membrana.
Febbre cerebrale.
E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel
dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gaio
azzurro della mattinata invernale.
Morrà? Impazzirà? Mah!
Morire, pare di no...
Ma che dice? che dice?
Sempre la stessa cosa. Farnetica... Povero Belluca!
E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime condizioni in cui
quell'infelice viveva da tant'anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo;
e che tutto ciò che Belluca diceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della
frenesia, poteva essere anche la spiegazione più semplice di quel suo
naturalissimo caso.
Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s'era fieramente ribellato al suo
capoufficio, e che poi, all'aspra riprensione di questo, per poco non gli si era
scagliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse
d'una vera e propria alienazione mentale. (Il treno ha fischiato)
INDIVIDUARE IL NARRATORE E IL TIPO DI FOCALIZZAZIONE
1. Ma c'era qualchedun altro in quello stesso castello, che avrebbe voluto fare
altrettanto, e non poté mai. Partito, o quasi scappato da Lucia, dato l'ordine per
la cena di lei, fatta una consueta visita a certi posti del castello, sempre con
quell'immagine viva nella mente (Promessi Sposi)
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2. Tal sorte toccò anche a me; e fin dal primo giorno io concepii così misera
stima dei libri, siano essi a stampa o manoscritti (come alcuni antichissimi della
nostra biblioteca), che ora non mi sarei mai e poi mai messo a scrivere, se, come
ho detto, non stimassi davvero strano il mio caso e tale da poter servire
d'ammaestramento a qualche curioso lettore, che per avventura, riducendosi
finalmente a effetto l'antica speranza della buon'anima di monsignor
Boccamazza, capitasse in questa biblioteca, a cui io lascio questo mio
manoscritto, con l'obbligo però che nessuno possa aprirlo se non cinquant'anni
dopo la mia terza, ultima e definitiva morte.
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
Giacché, per il momento (e Dio sa quanto me ne duole), io sono morto, sì, già
due volte, ma la prima per errore, e la seconda... sentirete. (Il fu Mattia Pascal)
3. Io reputo conveniente che cose tanto singolari e forse anche mai udite né
vedute giammai, giungano a conoscenza di molti e non si seppelliscano nella
tomba dell’oblio, giacché potrà darsi che qualcuno, leggendole, vi ritrovi qualche cosa che gli aggradi, e, per coloro che non scavino tanto a fondo, serva di diletto.
[…]. E tutto va così;; e perciò, confessando di non esser più santo dei miei vicini,
di questa bagattella che scrivo in uno stile tanto grossolano, non mi dorrò che
prendano conoscenza e ne traggan diletto tutti coloro che vi troveranno qualche
cosa di piacevole, vedendo che un uomo può vivere in mezzo a tante fortune,
avversità e pericoli. (Lazarillo de Tormes)
4. In un borgo della Mancha, il cui nome non mi viene a mente, non molto
tempo fa viveva un cavaliere di quelli con la lancia nella rastrelliera, un vecchio
scudo, un ronzino magro e un levriero corridore. [...]. Aveva in casa una
governante che passava i quarant’anni, una nipote che non arrivava ai venti e un garzone per i lavori della campagna e per la spesa, capace tanto di sellare il
ronzino quanto di maneggiare la roncola. L’età del nostro gentiluomo rasentava i cinquant’anni: era di complessione robusta, asciutto di corpo, magro di viso,
molto mattiniero e amante della caccia. Si afferma che avesse il soprannome di
Quijada o Quesada. (Don Quijote de la Mancha)
5. Tutti gli altri stavano ad ascoltare con tanto d'occhi aperti.
L'altro giovanotto poi raccontò pure in qual modo era saltata in aria la Palestro,
-la quale ardeva come una catasta di legna, quando ci passò vicino, e le fiamme
salivano alte sino alla penna di trinchetto. Tutti al loro posto però, quei ragazzi… (I Malavoglia)
6. Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima
di tutto dovesono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate
alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne. Primo, quella
roba mi secca, e secondo, ai miei genitori gli verrebbero un paio d’infarti per uno se dicessi qualcosa di troppo personale sul loro conto. Sono tremendamente
suscettibili su queste cose, soprattutto mio padre. Carini e tutto quanto –chi lo
nega- ma anche maledettamente suscettibili. D’altronde, non ho nessuna voglia di mettermi a raccontare tutta la mia dannata autobiografia e compagnia bella.
Vi racconterò soltanto le cose da matti che mi sono capitate verso Natale, prima
di ridurmi così a terra da dovermene venire qui a grattarmi la pancia. (Il
giovane Holden, D. Salinger).
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INDIVIDUARE LE MARCHE TEMPORALI E SPAZIALI
1. Sono le sei del pomeriggio e la luce è quella esatta delle sei del pomeriggio,
fine estate: calda e gialla, appena velata di rosa in fondo alla campagna.
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
Nel parcheggio davanti al palazzo c’è soltanto una macchina, una fiesta blu, coperta di polvere e sabbia. Il sole batte sul vetro dello specchietto retrovisore e
torna indietro, una lama, sul caschetto biondo della bambina ferma in mezzo
allo spiazzo.
Sta rivolta verso il campo di granturco, altissimo. Indossa un grembiule azzurro,
corto, col bordo sfilacciato e le tasche enormi, le gambe sono appena divaricate e
ben piantate su un paio di anfibi rossi con le stringhe blu. (Dei bambini non si
sa niente, Simona Vinci)
2. La sera, Roma piange. È stata questa la prima impressione che ho avuto della
città quando sono arrivato, tre anni fa, profugo da un piccolo paese di provincia
della Calabria.
All’inizio, era inverno, e il cielo, la sera, si tingeva di rosso. Un rosso acceso. Avevo già sentito parlare dei famosi tramonti di Roma, ma pensavo fosse una
leggenda per attirare i turisti. (E Roma piange, in Gioventù cannibale, Alda
Teodorani)
3. Miglior sorte toccò a quelli che morirono;; a Lissa l’uno, il più grande, quello che vi sembrava un David di rame, ritto colla sua fiocina in pugno, e illuminato
bruscamente dalla fiamma dell’ellera (Fantasticheria, Verga).
INDIVIDUARE IL DISCORSO INDIRETTO LIBERO
1. Lì presso, sull'argine della via, c'era la Sara di comare Tudda, a mietere l'erba
pel vitello; ma comare Venera la Zuppidda andava soffiando che c'era venuta
per salutare 'Ntoni di padron 'Ntoni, col quale si parlavano dal muro dell'orto, li
aveva visti lei, con quegli occhi che dovevano mangiarseli i vermi. (I
Malavoglia)
2. Covava dentro di sè il male e l’amarezza. Lasciava passare i giorni. Pensava ad
allungarseli piuttosto, a guadagnare almeno quelli, uno dopo l’altro, così come
venivano, pazienza! Finchè c’è fiato c’è vita. (Mastro don Gesualdo).
IL TEMPO DELLA STORIA
Quale dei seguenti passi configura un sommario?
1. Era alta; magra: aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna che pure
non era più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria e su
quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi
mangiavano.(Lupa)
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2. Scellerata le disse. Mamma scellerata!
Taci!
Ladra! Ladra!
Taci!
Andrò dal brigadiere, andrò!
Vacci
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
3. Il Lotti aveva sposato una bella ragazza, della stessa strada; i due figli gle
erano morti quando non avevano ancora sei anni. La moglie a Quaranta. (Gli
orologi di Federigo Tozzi)
INDIVIDUARE INDIZI E INFORMANTI
[…] e il giorno appresso, all'alba, puntuale, si presentò a Primosole Zi' Dima
Licasi con la cesta degli attrezzi dietro le spalle. Era un vecchio sbilenco, dalle
giunture storpie e nodose, come un ceppo antico di olivo saraceno. Per cavargli
una parola di bocca ci voleva l'uncino. Mutria o tristezza radicate in quel suo
corpo deforme; o anche sconfidenza che nessuno potesse capire e apprezzare
giustamente il suo merito d'inventore non ancora patentato. Voleva che
parlassero i fatti, Zi' Dima Licasi. Doveva poi guardarsi davanti e dietro, perché
non gli rubassero il segreto.- Fatemi vedere codesto mastice - gli disse per prima
cosa Don Lollò, dopo averlo squadrato a lungo con diffidenza. Zi' Dima negò col
capo, pieno di dignità.- All'opera si vede.(La Giara)
LEGGERE IL RACCONTO E RISPONDERE ALLE DOMANDE
16
Erano le dieci del mattino quando lo scrittore terminò il suo nuovo dramma. La
sera prima gli restavano ancora alcune scene. Le aveva scritte durante la notte.
Nel frattempo si era fatto almeno dieci caffè e aveva percorso almeno dieci
chilometri, passeggiando su e giù nella stretta stanza d’albergo. Eppure adesso si sentiva riposato, come se non avesse più avuto un corpo, felice come se la vita
fosse diventata più bella, e libero come se il mondo avesse cessato di esistere.
Si preparò un altro caffè. Poi andò a piedi all’imbarcadero. Cercò il barcaiolo.
“Mi porta a fare un giretto, zio Volentik?”, gli chiese.
“Si accomodi”, disse il barcaiolo.
Il cielo era coperto, ma l’aria era immobile. Il lago era piatto e scintillante come un gigantesco foglio di mica. Zio Volentik remava con colpi veloci ma brevi,
come è d’uso sul Balaton.
“Che ne dice?”, chiese lo scrittore dopo che avevano già percorso un bel tratto. “Dalla riva ci vedono ancora?”
“Sì”, disse il barcaiolo.
Andarono ancora avanti. Gli alberi a poco a poco coprirono il tetto di tegole
rosse dell’albergo. Della riva non si vedeva più che il verde, del treno solo il fumo.
“Ci vedono ancora?”, chiese lo scrittore.
“Sì, anche qui”, disse il barcaiolo.
Si udiva soltanto lo sciabordio dei remi; da una riva non giungeva più una voce.
Si confondevano i contorni delle case, degli attracchi e dei boschi. Là dove il lago
finiva sembrava di vedere soltanto un tratto di matita.
“Anche qui ci vedono ancora?”, chiese lo scrittore.
Il barcaiolo si guardò intorno.
“Ormai non più.”
Lo scrittore scosse via dai piedi i sandali e si alzò.
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
“Allora tiri i remi in barca, zio Volentik”, disse. “Provo a camminare un po’ sull’acqua.”
(Il redentore, I. Örkény)
1. Sintetizzare in poche righe la fabula del racconto.
2. Indicare in quale punto della narrazione la fabula non coincide con
l’intreccio.
3. Individuare il significato del comportamento dello scrittore? Formulare più
ipotesi.
4. Inventare il proseguimento della fabula
LEGGERE IL TESTO E RISPONDERE ALLE DOMANDE
Anche lei aveva avuto, come qualunque altra, la sua storia d’amore.
Suo padre, un muratore, si era ammazzato cadendo da un’impalcatura. Poi le morì la madre, le sorelle si dispersero, un fattore la prese con sé, e piccina
com’era, la mise a badare alle vacche in campagna. Batteva i denti sotto gli
stracci, bevevo sdraiata bocconi l’acqua degli stagni, era picchiata per un nonnulla, e alla fine fu cacciata per un furto di trenta soldi che non aveva
commesso. Entrò in un altro podere, vi divenne serva, e, siccome era ben
vista dai padroni, i compagni erano gelosi di lei.
Una sera del mese di agosto (aveva allora diciotto anni) la trascinarono alla
fiera di Colleville. Rimase subito stordita, stupefatta dallo strepito dei
suonatori, dalle luci negli alberi, dagli abiti variopinti, dalle trine, le croci
d’oro, da quella folla che saltava tutt’assieme. Se ne stava modestamente in disparte, quando un giovanotto dall’aria benestante, e che fumava la pipa con i gomiti sul timone di un carretto, le si avvicinò per invitarla a ballare. Le
pagò sidro, caffè, focaccia, un fazzoletto da collo e pensando che lei se lo
aspettasse, si offrì di accompagnarla. Sul ciglio di un campo di avena, la stese
a terra brutalmente. Lei ebbe paura e si mise a gridare. Lui si allontanò.(Un
cuore semplice, di G. Flaubert)
1. Dividere in sequenze e microsequenze il passo;
2. Indicare il carattere prevalente ciascuna microsequenza;
3. Sintetizzare in poche parole il contenuto di ciascuna microsequenza.
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Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
TESTI DA ANALIZZARE
Cesare Pavese, La casa in collina (1949)
18
Seguí una notte di tiepida pioggia che liberò la primavera. L'indomani nel
sereno stillante si respirava un odore di terra. Passai metà della mattina nei
boschi, nella conca sul sentiero del Pino ritrovando i muschi e i vecchi tronchi.
Mi parve ieri che c'ero salito con Dino, mi chiesi per quanto tempo ancora
sarebbe stato il mio solo orizzonte, e guardavo il cielo fresco come una vetrata di
chiesa. Belbo correva al mio fianco.
Tornando passai per una cresta da cui si dominava il versante delle Fontane.
Molte volte con Dino avevamo cercato di lassú lo stradone e la casa. Quel giorno
fra i tronchi spogli, vidi subito il cortile, e vidi due automobili ferme, color
verde-azzurro, e intorno figurine umane dello stesso colore. Provai come un
senso di nausea, di gelo, tentai di dirmi ch'eran gli uomini di Fonso, mi parve
che il sole si fosse coperto. Guardai meglio; non c'erano dubbi, vidi i fucili nelle
mani dei soldati.
Per qualche secondo non mi mossi; fissavo la conca, il cielo terso, il gruppetto
laggiú; non pensavo a me stesso, non ebbi paura. Mi sbalordí il modo inatteso
che hanno le cose di accadere; avevo visto tante volte quella casa dall'alto, mi
ero pensato in ogni sorta di pericoli, ma una scena cosí — vista dal cielo nel
mattino — non l'avevo preveduta.
Ma il tempo stringeva. Che fare? Potevo far altro che attendere? Avrei voluto che
ogni cosa fosse finita, fosse già ieri: il cortile deserto, le automobili scomparse.
Pensavo a Cate, se era scesa a Torino, se la stavano arrestando a Torino. Pensai
di accostarmi, di sentire le voci. Mi riprese quel senso di nausea. Era evidente
che dovevo correre subito a Torino, rischiare ogni cosa, avvertirla.
Sperai vagamente che fosse rimasta.
Nel cortile si agitavano. Vidi gonne, abiti borghesi, non distinsi le facce. Salivano
sulle automobili. Di casa uscirono soldati, salirono anche loro. Riconobbi la
vecchia. “Bruceranno la casa?” pensavo. Poi, remoto, mi giunse lo scoppio dei motori che si allontanavano.
Passò del tempo. Non mi mossi. Di nuovo, tutto era terso e tranquillo. “Se hanno preso la vecchia, — pensavo, — hanno preso tutti”. Mi accorsi di Belbo, che, accucciato ai miei piedi, ansimava. Gli dissi: — Laggiú, — e lo sospinsi col
piede. Lui saltò sulle zampe abbaiando. Per la paura mi ritrassi dietro un tronco.
Ma Belbo era già partito come una lepre.
Lo vidi arrivare trotterellando per la strada. Lo vidi entrare nel cortile Mi
ricordai quella notte d'estate che alle Fontane si cantava e tutto doveva ancora
succedere. Col cuore sospeso tesi l'orecchio e spiavo se qualcuno era rimasto
laggiú. Belbo, piantato nel cortile, riprese ad abbaiare, contro la porta,
provocante. Si udì il canto di un gallo, strepitoso e lontano; si udí dalla strada
del Pino il cigolio di carri in condotta.
Il cortile era sempre deserto. Poi vidi Belbo che saltava e aveva smesso di
latrare; saltava intorno a qualcuno, a un ragazzetto, Dino, sbucato da sotto la
siepe. Li vidi scendere in strada e incamminarsi insieme sul sentiero che avevo
percorso tante volte rientrando. Senza dubbio era Dino. Riconobbi la rossa
sciarpa che portava sul soprabito, il passo trottante. Mi misi a correre fra sterpi
e foglie marce, mi scansavo e battevo nei rami bagnati, correvo come un pazzo;
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
19
la paura, l'orgasmo, la smania, diventarono corsa affannosa. Da una radura vidi
ancora le Fontane, il cortile tranquillo. Non c'era nessuno. Incontrai Dino a
mezzacosta. S'arrampicava con le mani in tasca. Si fermò, rosso in faccia e
ansimando. Non mi pareva spaventato. — I tedeschi, — mi disse. — Sono venuti
stamattina in automobile. Hanno dato dei pugni a Nando. Volevano ucciderlo...
— La mamma dov'è?
Anche Cate era presa. Anche il vecchio Gregorio. Tutti. Lui e la mamma
uscivano per andare a Torino e li avevano visti arrivare. Non avevano fatto in
tempo a voltarsi che già i tedeschi eran saltati correndo nel cortile. Puntavano
dei fucili corti, gridando. La mamma tremava. Nando faceva colazione e non
aveva piú finito. C'era ancora la scodella sul tavolo.
— Sono entrati in cantina?
Un tedesco aveva preso una cesta di bottiglie. Sí, Nando l'avevano picchiato in
cantina, si sentiva urlare. Avevano trovato le casse e i fucili. Gridavano in
tedesco. Li comandava un ometto in borghese, che parlava italiano. La moglie di
Nando era caduta per terra. A lui la mamma aveva detto che cercasse di
nascondersi, poi venisse da me a dirmi tutto. Ma avrebbe voluto restare con gli
altri, salire anche lui in automobile; era venuto avanti e i tedeschi non l'avevano
lasciato salire. Allora la mamma gli aveva fatto gli occhiacci e lui era scappato
nel campo e la nonna chiamava,gridava. Tanto valeva nascondersi.
— Ti ha detto di dirmi qualcosa?
Dino disse di no e si rimise a descrivere quel che aveva veduto. L'uomo in
borghese aveva chiesto a chi servivano le stanze di sopra. Quanti venivano di
sera all'osteria. Poi parlava in tedesco con gli altri.
Arrivammo al cancello. Dino disse che aveva già mangiato e che s'era riempito le
tasche di mele. Per tutta la strada io pensai alle ville nascoste nei parchi, e che
nessuna era sicura per nascondersi.
Ma sulla porta ci aspettava l'Elvira. S'era messa il mantello e aspettava. Era
scura, nervosa.
Mi corse incontro e piú rossa del fuoco balbettò senza voce:
— Ci sono i tedeschi.
— Lo so già, — volli dirle, ma un suo gesto di prendermi il braccio e tirarmi in
disparte senza nemmeno fare caso a Dino, mi spaventò. Non era rossa per
pudore, aveva gli occhi costernati. — Sono venuti due tedeschi, — disse ansando,
— hanno detto il suo nome... Sono entrati... hanno visto la stanza... Fu piú che
una nausea, mi si disciolsero le gambe. Dissi qualcosa, non uscí la voce
— Un'ora fa, —disse Elvira bassa e rauca, — non sapevo dove era... non volevo
che l'aspettassero... Gli ho scritto su un foglio la scuola e la via. Ci sono andati...
Ma ritornano, ritornano... Oggi ancora mi chiedo perché quei tedeschi non mi
aspettarono alla villa mandando qualcuno a cercarmi a Torino. Devo a questo se
sono ancora libero, se sono quassú. Perché la salvezza sia toccata a me e non a
Gallo, non a Tono, non a Cate, non so. Forse perché devo soffrire dell'altro?
Perché sono il piú inutile e non merito nulla, nemmeno un castigo? Perch'ero
entrato quella volta in chiesa? L'esperienza del pericolo rende vigliacchi ogni
giorno di piú. Rende sciocchi e sono al punto che esser vivo per caso, quando
tanti migliori di me sono morti, non mi soddisfò e non mi basta. A volte, dopo
avere ascoltato l'inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte penso che
vivere per caso non è vivere. E mi chiedo se sono davvero scampato.
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
20
Quel mattino non stetti a pensare. Un sapore di morte mi riempiva la bocca.
Saltai nel sentiero dietro i bossi; dissi all'Elvira sul cespuglio che desse i miei
soldi e il libretto di banca al ragazzo, io correvo ad aspettarlo nella conca delle
felci. Dissi a Dino di fare attenzione che non lo seguissero. Gli dissi di andare al
cancello e guardare.
Ai tedeschi, raccomandai all'Elvira, bisognava rispondere che sovente passavo
settimane a Torino e che lei non sapeva dove.
Dino gridò. Disse: — C'è un uomo.
Mi appiattii sulla ghiaia bagnata. Tornò l'Elvira e bisbigliò: — Non era niente.
Un carretto che passa.
Allora dissi: — Siamo intesi, — e mi salvai.
Arrivai tra le felci ch'ero tutto sudato. Non mi sedetti. Passeggiavo avanti e
indietro per sfogarmi. Fra gli alberi spogli si apriva il grande cielo, leggero, mai
visto cosí. Compresi cos'è il cielo per i carcerati. Quel sapore di sangue che
m'empiva la bocca m'impediva di pensare. Guardai l'orologio. Mi pentii di aver
promesso di aspettare. Quell'attesa era orribile. Tendevo l'orecchio se sentivo
abbaiare dei cani, sapevo che i tedeschi usano i cani poliziotti. “Purché Belbo non venga a cercarmi, — dicevo, — sono capaci di seguirlo”.
Poi cominciarono i sospetti e le questioni. Se i tedeschi arrestavano l'Elvira e la
madre, la madre diceva certo ch'ero qui. Avrei voluto ritornare e supplicarle.
Ripensai quanti torti avevo fatto all'Elvira. Mi chiesi se Dino le aveva già detto
dei suoi arresti e dei fucili. Mi calmò un poco ricordarmi che fucili da me non ne
avevano nemmeno cercati.
Cosí passavo quell'attesa, appoggiandomi ai tronchi, parlando tra me,
passeggiando, seguendo la luce. Mi venne fame, guardai l'orologio, erano le
undici e dieci. Aspettavo da solo mezz'ora. A Cate, a Nando, a tutti gli altri non
osavo pensare, quasi per darmi un attestato d'innocenza. A un certo punto mi
scrollai, mi feci schifo.
Dino arrivò due ore dopo, insieme all'Elvira, che s'era messo il velo nero sul
capo come quando tornava da messa. — Non si è visto nessuno, — mi dissero.
Portavano un pacco e un pacchetto piú piccolo. — C'è da mangiare e c'è la roba,
— disse lei. La roba erano calze, fazzoletti, il rasoio. — Siete matti, — strillai. Ma
l'Elvira mi disse che ci aveva pensato, che mi aveva trovato un bel rifugio sicuro.
Era oltre il Pino, in pianura, il collegio di Chieri, una casa tranquilla con letti e
refettorio. — C'è un bel cortile e fanno scuola. Starà bene, — mi disse. — Qui c'è
una lettera del parroco. È una scuola di preti. Tra loro s'aiutano, i preti.
Parlava tranquilla, non piú spaventata. Anche il rossore era scomparso. Tutto
avveniva naturale, consueto. Ripensai quelle sere che le dicevo “Buona notte”.
— E Dino? — dissi.
Per ora restava con loro. Disse: — Ci siamo già spiegati — guardandolo appena,
e lui fece di sí col mento.
La stanchezza, il sapore di sangue tornavano a invadermi. Mi si annebbiarono
gli occhi. Galleggiavo dentro un mare di bontà, di terrore, e di pace. Anche i
preti, e il perdono cristiano. Cercai di sorridere ma la faccia non mi disse.
Brontolai qualcosa — che rientrassero subito, chesoprattutto non venissero a
cercarmi. Presi i pacchi e partii.
Mangiai nei boschi e verso sera ero entrato nel collegio, per una viuzza fuori
mano. Nessuno mi aveva veduto. Giurai, se potevo, di non uscirne mai piú .
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
Luigi Pirandello, Il treno ha fischiato (1914)
21
Circoscritto... sì, chi l'aveva definito così? Uno dei suoi compagni d'ufficio.
Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione
di computista, senz'altra memoria che non fosse di partite aperte, di partite
semplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni; note,
librimastri, partitarii, stracciafogli e via dicendo. Casellario ambulante; o
piuttosto, vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d'un passo, sempre per
la stessa strada la carretta, con tanto di paraocchi.
Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza
pietà, così per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po',
a fargli almeno almeno drizzare un po' le orecchie abbattute, se non a dar segno
che volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S'era prese le
frustate ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur
fiatare, come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo
com'era da anni e anni alle continue e solenni bastonature della sorte.
Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto
d'una improvvisa alienazione mentale.
Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva il
diritto di fargliela, il capo-ufficio. Già s'era presentato, la mattina, con un'aria
insolita, nuova; e cosa veramente enorme, paragonabile, che so? al crollo di una
montagna era venuto con più di mezz'ora di ritardo.
Pareva che il viso, tutt'a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi gli
fossero tutto a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d'improvviso
all'intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt'a un tratto gli si
fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.
Così ilare, d'una ilarità vaga e piena di stordimento, s'era presentato all'ufficio.
E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.
La sera, il capo-ufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte:
E come mai? Che hai combinato tutt'oggi?
Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un'aria d'impudenza, aprendo le
mani.
Che significa? aveva allora esclamato il capoufficio, accostandoglisi e
prendendolo per una spalla e scrollandolo. Ohé, Belluca!
Niente, aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d'impudenza e
d'imbecillità su le labbra. II treno, signor Cavaliere.
Il treno? Che treno?
Ha fischiato.
Ma che diavolo dici?
Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L'ho sentito fischiare...
Il treno?
Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia... oppure oppure... nelle
foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere!
Gli altri impiegati, alle grida del capo-ufficio imbestialito, erano entrati nella
stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi.
Allora il capo-ufficio che quella sera doveva essere di malumore urtato da quelle
risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima di
tanti suoi scherzi crudeli.
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
22
Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore di tutti, s'era
ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva
fischiato, e che, perdio, ora non più, ora ch'egli aveva sentito fischiare il treno,
non poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo. Lo avevano a viva
forza preso, imbracato e trascinato all'ospizio dei matti.
Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un
fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo,
soggiungeva:
Si parte, si parte... Signori, per dove? per dove?
E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, di solito cupi,
senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d'un bambino o
d'un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite;
espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto
non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in
bocca a lui, cioè a uno che finora non s'era mai occupato d'altro che di cifre e
registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta di
computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo;
parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda
facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite.
Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell'improvvisa alienazione
mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma
neppur una lieve sorpresa.
Difatti io accolsi in silenzio la notizia.
E il mio silenzio era pieno di dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca
contratti in giù, amaramente, e dissi:
Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche cosa
dev'essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché
nessuno sa bene come quest'uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che
mi spiegherò tutto naturalissimamente, appena lo avrò veduto e avrò parlato
con lui.
Cammin facendo verso l'ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a
riflettere per conto mio: "A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto,
cioè una vita "impossibile", la cosa più ovvia, l'incidente più comune, un
qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d'un ciottolo per via,
possono produrre effetti straordinarii, di cui nessuno si può dar la spiegazione,
se non pensa appunto che la vita di quell'uomo è "impossibile". Bisogna
condurre la spiegazione là, riattaccandola a quelle condizioni di vita impossibili,
ed essa apparirà allora semplice e chiara. Chi veda soltanto una coda, facendo
astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla per sé stessa
mostruosa. Biso-gnerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma
quale dev'essere, appartenendo a quel mostro.
"Una coda naturalissima".
Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.
Ero suo vicino di casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si
domandavano come mai quell'uomo potesse resistere in quelle condizioni di
vita.
Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste
due, vecchissime, per cataratta; l'altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa;
pàlpebre murate.
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23
Tutt'e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perché
nessuno le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei
mariti, l'una con quattro, l'altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo né
voglia da badare ad esse; se mai, porgevano qualche aiuto alla madre soltanto.
Con lo scarso provento del suo impieguccio di computista poteva Belluca dar da
mangiare a tutte quelle bocche? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa:
carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli indiavolati di quelle cinque donne e
di quei sette ragazzi finché essi, tutt'e dodici, non trovavan posto nei tre soli letti
della casa.
Letti ampii, matrimoniali; ma tre.
Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli,
tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al buio, scappava e andava a cacciarsi tra le
vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano
anch'esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava
quando veniva la sua volta.
Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte,
finché la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé.
Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, e subito
sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più
intontito che mai.
Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto
naturalissimo.
Quando andai a trovarlo all'ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per
segno. Era, sì, ancora esaltato un po', ma naturalissimamente, per ciò che gli
era accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che lo
credevano impazzito.
Magari! diceva. Magari!
Signori, Belluca, s'era dimenticato da tanti e tanti anni - ma proprio dimenticato
che il mondo esisteva.
Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto il
giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come una
bestia bendata, aggiogata alla stanga di una nòria d'un molino, sissignori, s'era
dimenticato da anni e anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva.
Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per
l'eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d'addormentarsi
subito. E, d'improvviso, nel silenzio profondo della notte aveva sentito, da
lontano, fischiare un treno.
Gli era parso che gli orecchi, dopo tant'anni, chi sa come, d'improvviso gli si
fossero sturati.
II fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d'un tratto la miseria di
tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s'era
ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava
enorme tutt'intorno.
S'era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era
corso col pensiero dietro a quel treno che s'allontanava nella notte.
C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c'era il
mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s'avviava... Firenze,
Bologna, Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine era stato e che
ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che
Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
vi si viveva! La vita, che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella
aveva sempre seguitato, mentr'egli qua, come una bestia bendata, girava la
stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s'era chiuso per lui, nel
tormento della sua casa, nell'arida, ispida angustia della sua computisteria... Ma
ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L'attimo, che
scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico
per tutto il mondo, e lui con l'immaginazione d'improvviso risvegliata poteva,
ecco, poteva seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari...
Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C'erano, mentr'egli qua
viveva questa vita "impossibile", tanti e tanti milioni d'uomini sparsi su tutta la
terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch'egli qua soffriva,
c'erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre
fronti... Sì, sì, le vedeva, vedeva, le vedeva così... c'erano gli oceani... le foreste...
E, dunque, lui ora che il mondo gli era rientrato nello spirito poteva in qualche
modo consolarsi! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento per prendere con
l'immaginazione una boccata d'aria nel mondo.
Gli bastava!
Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S'era ubriacato. Tutto il mondo,
dentro d'un tratto: cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era ancora
ebro della troppa aria, lo sentiva. Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto,
a chiedere scusa al capo-ufficio, e avrebbe ripreso come prima la sua
computisteria. Soltanto il capo-ufficio ormai non doveva pretender troppo da
lui, come per il passato: doveva concedergli che di tanto in tanto, tra una partita
e l'altra da registrare, egli facesse una scapatina, sì, in Siberia... oppure oppure...
nelle foreste del Congo:
Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...
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Prof.ssa Trinis A. Messina F. - Analisi e comprensione del testo narrativo letterario
GLOSSARIO DI NARRATOLOGIA
AIUTANTE. Impersona un ruolo di collaborazione con il protagonista, nel
superamento di determinate prove, oppure può coadiuvare l'antagonista
nell'opporre ostacoli alle imprese del personaggio principale.
ANALESSI. Provoca una anacronia rispetto al piano narrativo giacché ripropone
avvenimenti accaduti in un'epoca anteriore relativamente al tempo in cui si
svolgono i fatti proposti dalla storia.
ANALISI. Costituisce un rallentamento del tempo narrativo rispetto al tempo
reale e consente di registrare le riflessioni o le emozioni di un personaggio.
ANTAGONISTA. E' l'oppositore che frappone ostacoli alla realizzazione dei
piani e dei desideri del protagonista.
AUTORE IMPLICITO. E' l'immagine che il lettore ricostruisce a proposito dello
scrittore, derivandola dalla lettura di un testo; i tratti ideologici, psicologici e
morali così desunti possono coincidere con la reale personalità dell'artista o non
coincidere affatto.
AUTORE REALE. Si identifica con lo scrittore che ha redatto il testo; è
l'emittente che, in un certo contesto storico-sociale, ha elaborato il messaggio
destinato al lettore.
COMPARSA. Corrisponde ad un personaggio il cui ruolo è irrilevante nello
sviluppo dell'azione.
CONNOTAZIONE. Esprime la potenzialità semantica di una parola o di una
frase, che può assumere significato specifico in rapporto al testo di riferimento,
spesso avulso dalla accezione usuale.
DANNEGGIAMENTO. Causa la perdita dell'oggetto del desiderio agognato dal
protagonista.
DENOTAZIONE. Individua il significato fondamentale di una parola.
DIGRESSIONE. Costituisce un elemento non essenziale per la ricostruzione
della fabula, ma significativo per l'arricchimento espositivo dell'intreccio.
DISCORSO DIRETTO. Consente al personaggio di esprimersi in prima persona,
senza subire l'ingerenza di un narratore che si renda portavoce delle sue parole.
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DISCORSO INDIRETTO. Riproduce le opinioni di personaggio attraverso la
mediazione di una voce narrante.
DISCORSO INDIRETTO LIBERO. Riferisce i discorsi di un personaggio,
mediante un narratore, senza introdurli con l'ausilio dei verbi dichiarativi.
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DURATA. Stabilisce che rapporto intercorre tra il tempo narrativo e il tempo
reale: si vale pertanto di espedienti che accelerano o rallentano il ritmo della
storia, riassumendo certi archi cronologici o esponendo dettagliatamente
episodi durati solo pochi istanti. E' denominata anche velocità di trattazione.
ELLISSI. Provoca un taglio cronologico di avvenimenti ritenuti irrilevanti ai fini
dello svolgimento della vicenda narrata.
EPILOGO. Equivalente dello scioglimento, determina la conclusione
dell'intreccio, ricomponendo l'equilibrio iniziale oppure costituendo una nuova
condizione di stabilità.
FABULA. Costituisce la successione degli accadimenti di una storia, ordinati in
modo cronologico e in rapporto di causa-effetto.
FASCI DI CARATTERIZZAZIONE. Consentono di rilevare i tratti più salienti di
un personaggio secondo caratteristiche fisiche, antropologiche, sociali, culturali
e psicologiche.
FLASH-BACK. Cfr.: analessi.
FLUSSO DI COSCIENZA. Equivalente della espressione inglese stream of
consciousness, consente di esporre il susseguirsi dei pensieri di un personaggio
per libere associazioni di idee e di mettere in risalto, in tal modo, le sue
dinamiche psicologiche.
FOCALIZZAIZONE. Determina un numero massimo oppure minimo di
informazioni che il narratore fornisce la lettore. Si distingue in tre tipi
fondamentali: focalizzazione zero, allorché il narratore onnisciente, conosce più
notizie, a riguardo degli episodi che narra, di quante non ne sappiano i
personaggi; focalizzaizone interna, quando narratore e personaggi possiedono le
medesime conoscenze; focalizzazione esterna, nel caso in cui le informazioni
della voce narrante siano più ristrette di quelle dei personaggi.
INCIPIT. Con questa parola latina viene designato l'inizio di un testo.
INTRECCIO. Costituisce la struttura narrativa prescelta dall'autore per redigere
il testo; comprende anche motivi tematici minori, cioè non essenziali alla
dinamica della storia; la presentazione degli eventi non segue necessariamente
l'ordinamento logico-cronologico della fabula, ma è soggetta a possibili scarti di
tempo, operando anticipazioni o posticipazioni rispetto all'ordine di
accadimento dei fatti della storia.
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INTRODUZIONE. Presenta in linee generali la situazione iniziale di una storia;
talvolta il reticolo narrativo ne è privo: in questo caso si dice che il testo ha inizio
ex abrupto, perché esordisce senza una esposizione preliminare.
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LETTORE IMPLICITO. E' il lettore ideale, presupposto dallo scrittore come
destinatario del proprio messaggio, desumibile dalle caratteristiche stilistiche
dell'opera.
LETTORE REALE. Coincide con l'effettivo ricevente del messaggio redatto dallo
scrittore.
MACROSEQUENZA. Racchiude un insieme di sequenze che, pur
rappresentando nuclei narrativi distinti, partecipano di uno stesso carattere
unitario, dando luogo, ad esempio, ad un episodio.
MONOLOGO INTERIORE. Introduce stati d'animo e considerazioni di un
personaggio senza la mediazione del narratore.
NARRATARIO. E' il ricevente del messaggio narrativo, cui lo scrittore si rivolge
esplicitamente, mediante appelli diretti, presenti nel testo.
NARRATORE. Costituisce la voce narrante e la sorgente comunicativa del
messaggio. Si dice narratore interno o omodiegetico, quando è partecipe del
tempo e dello spazio della diegesi, ossia dell'azione narrativa, che egli racconta;
si dice narratore esterno o eterodiegetico, allorché non prende parte alla vicenda
che espone.
OGGETTO DEL DESIDERIO. Può identificarsi con il possesso di un bene
materiale, ma anche con l'acquisizione di uno stato sociale o di una condizione
morale, la cui mancanza o perdita dà luogo alle azioni dei personaggi che lo
agognano, provocando, a volte, situazioni di conflittualità.
ORDINE. Consente di valutare, nel piano narrativo, l'isocronia o l'anacronia di
trattazione degli avvenimenti. Si rileva isocronia, allorché i fatti vengono
presentati in progressione logico-cronologica, anacronia quando invece
compaiono analessi o prolessi.
PAUSA. Provoca un rallentamento del tempo narrativo rispetto al tempo reale e
riproduce la descrizione di un ambiente e di un personaggio.
PROLESSI. Determina l'anticipazione di un episodio che si verificherà in un
arco di tempo posteriore, rispetto al piano cronologico dei fatti, narrati
dall'autore fino a quel momento.
PROTAGONISTA. Riveste il ruolo del personaggio principale della storia;
gestisce le azioni ed è coinvolto negli accadimenti che costituiscono la vicenda
narrativa.
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PUNTO DI VISTA. Può essere interno, quando i sentimenti e le opinioni di un
personaggio vengono esplicitati a tal punto, da indurre il lettore ad
immedesimarsi nella sua ottica. E' invece esterno, quando il narratore vuole
presentare le emozioni dei personaggi in modo più oggettivo.
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SCENA. Costituisce una funzione durante la quale tempo reale e tempo
narrativo coincidono e si articola secondo le modalità del dialogo.
SEQUENZA. Rappresenta un nucleo narrativo all'interno di un testo,
distinguibile da altri grazie alla presenza di precisi indicatori, quali l'entrata o
l'uscita di scena di un personaggio, il cambiamento di tempo o spazio o la
modificazione delle stesse modalità espositive (ex.: il passaggio dal discorso
diretto all'indiretto e viceversa).
SIGNIFICANTE. Indica la componente acustica della parola mediante
l'associazione delle vocali e consonanti, che la caratterizzano.
SIGNIFICATO. Rappresenta, a seconda dei casi, un concetto, una immagine
astratta, oppure un elemento concreto espresso da una parola. In relazione ad
un preciso contesto rievoca l'applicazione d'uso, cui il segno linguistico inerisce.
(Ex.: la parola operazione assume significato diverso in rapporto all'ambiente e
alla situazione, sala operatoria, sportello bancario, aula di matematica, ecc.).
SISTEMA DEI PERSONAGGI. Nell'ambito narrativo i personaggi si distinguono
in principali e secondari. Tenuto conto delle interazioni che si stabiliscono tra
loro, determinano appunto il sistema dei personaggi che comprende i diversi
ruoli: protagonista, antagonista, aiutante, oggetto del desiderio.
SOMMARIO. Designa una funzione durante la quale il tempo narrativo risulta
inferiore al tempo reale, infatti il narratore è delegato a riassumere
sinteticamente i fatti, pertanto il ritmo del racconto subisce una accelerazione.
SOSPENSIONE D'INCREDULITA'. Implica un coinvolgimento del lettore reale
a riguardo del testo, che presuppone un patto narrativo di natura convenzionale,
grazie al quale il ricevente presta fede alle invenzioni dell'autore,
soprannominato dal critico Cesare Segre "bugiardo autorizzato".
SPANNUNG. Sostantivo femminile tedesco, significa tensione e corrisponde
infatti, nell'ambito del reticolo narrativo, all'acme espositivo, cioè al momento
culminante della vicenda.
STILEMA. Indica una locuzione o un enunciato, ricorrente nell'opera di uno
scrittore, la cui frequenza testimonia un tratto caratterizzante lo stile.
STRANIAMENTO. Comporta una percezione della realtà secondo canoni
rappresentativi, che la rendono inusuale e divergente dall'ordinario.
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SUSPENSE. Sostantivo femminile inglese, esprime un sentimento di angoscia e
turbamento emotivo, che condiziona il lettore mediante l'esposizione di
situazioni enigmatiche o inquietanti.
TEMPO DELLA NARRAZIONE. Si riferisce al tempo che lo scrittore stabilisce
per esporre l'azione narrativa, dedicando maggiore o minore ampiezza agli
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avvenimenti, indipendentemente dalla loro effettiva durata reale, ma in
relazione alla importanza ad essi attribuita.
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