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Puntoedu Neoassunti 2011/2012
02/06/12 10.15
Benvenuto GIOVANNI NICCO
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ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI
Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
G. Bernardi
Crediti: 4
SALVA NEL MIO PERCORSO
L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola e la capacità di esplorarne e sperimentarne le potenzialità
innovative, rappresenta oggi una sfida ma anche una condizione essenziale della mediazione didattica.
Nei documenti europei è forte il richiamo allo sviluppo di ambienti formativi adeguati ai nuovi contesti
sociali, economici e culturali e che favoriscano nei giovani l’acquisizione di quella “competenza digitale
” che ormai è considerata essenziale per l’apprendimento permanente e per l’esercizio della
cittadinanza .
Questo non solo nel senso di una sempre maggiore abilità nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e
telematiche, ma anche e soprattutto nel senso della capacità di orientarsi nella cultura digitale con
spirito critico e consapevolezza.
Obiettivo dell’attività: riflettere sull’approccio critico e sostenibile all’uso dei contenuti didattici digitali
Ordine di scuola: Tutti
Indicazioni per lo svolgimento dell'attività:
1 . Accedi ad uno dei repository indicati (in Europa o in Italia) all'interno dell'attività
2. Scegli un “contenuto didattico digitale” che pensi di poter usare in classe
3. Indica brevemente come lo useresti all’interno della tua progettazione didattica
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Indire Edu - unità didattica
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Sperimentazione risorsa/attività didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
di Gloria Bernardi
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L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola e la capacità di esplorarne e sperimentarne le potenzialità
innovative, rappresenta oggi una sfida ma anche una condizione essenziale della mediazione didattica.
Nei documenti europei è forte il richiamo allo
sviluppo di ambienti formativi adeguati ai nuovi
contesti sociali, economici e culturali e che
favoriscano
nei
giovani
l’acquisizione
di
quella “competenza digitale ” che ormai è
considerata
essenziale
per
l’apprendimento
permanente e per l’esercizio della cittadinanza (1).
Questo non solo nel senso di una sempre maggiore
abilità nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e
telematiche, ma anche e soprattutto nel senso
della capacità di orientarsi nella cultura digitale con
spirito critico e consapevolezza.
I cambiamenti che sono stai indotti nei
comportamenti delle nuove generazioni, nei loro
linguaggi e nei loro stili cognitivi dagli stimoli
culturali e dagli strumenti di comunicazione che
caratterizzano
la
società
attuale,
rendono
auspicabile un maggiore avvicinamento della
scuola
alla
cultura
digitale
per
collegare
maggiormente l’attività scolastica alla realtà
esperienziale dei giovani (2).
La discrepanza tra l’orizzonte culturale di
riferimento degli insegnanti, caratterizzato dal
predominio del testo, e quello degli studenti,
caratterizzato dalla mescolanza dei media, crea
quella differenza di linguaggio che separa le
generazioni in modo così marcato rispetto alle
esperienze del passato. Il cosiddetto “digital
disconnetc” , il divario tra il modo con cui giovani e
adulti affrontano le tecnologie, è probabilmente
una delle cause che rende più difficile la comunicazione e la relazione tra docenti e studenti.
http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/
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Le teorie dell’apprendimento a cui fa riferimento l’attuale dibattito pedagogico si concentrano attorno a
concetti chiave ( sapere come costruzione personale e sociale; insegnante come facilitatore di
processi; importanza del contesto) che rendono necessario l’utilizzo di strategie didattiche attive, capaci di
valorizzare la partecipazione dello studente e di metterlo in condizione di affrontare e risolvere problemi
reali, in una dimensione operativa che dia risalto al nesso di sapere e saper fare. La progettazione didattica
parte quindi dall’analisi dello studente, dall’analisi bisogni culturali e formativi del contesto e della società,
dall’identificazione degli obiettivi formativi, dei contenuti essenziali, per approdare alla ricerca di strategie
didattiche adeguate e di mezzi adeguati. L’ambiente di apprendimento si costruisce con l’intersecazione tra
questi elementi, tutti interdipendenti, in un circolo che continuamente tiene presente chi, cosa, come.
L’uso delle ICT non è dunque separabile, neppure quando esse sono puramente l’oggetto
dell’apprendimento, dal disegno del percorso didattico specifico con “quei” ragazzi e in “quel” contesto
d’apprendimento. Le ICT Le ICT sono catalizzatori di cambiamento ma non ne determinano la direzione. Ciò
significa che esse dispiegano il loro potenziale innovativo in un ambiente didattico orientato all’innovazione,
in quanto “mezzi” adeguati alle strategie didattiche messe in opera.
________________________________________
(1) Processo e obiettivi di Lisbona: http://www.istruzione.it/buongiorno_europa/lisbona.shtml; Le
8 competenze chiave per l’apprendimento permanente:
http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/keyrec_it.pdf
(2) Come si confrontano i ragazzi e le ragazze con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
Eurydice in breve – ottobre 2005:
http://www.eurydice.org/ressources/eurydice/pdf/0_integral/069IT.pdf
INDIRE © 2006
http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/
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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
Bruxelles, 10.11.2005
COM(2005)548 definitivo
2005/0221(COD)
.
Proposta di
RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativa a competenze chiave per l’’apprendimento permanente
.
(presentata dalla Commissione)
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RELAZIONE
1. CONTESTO DELLA PROPOSTA
x Motivazione e obiettivi della proposta
Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha riconosciuto che l’’Europa si trova ad
affrontare le sfide legate alla globalizzazione e al passaggio ad economie basate sulla
conoscenza. Esso ha ribadito che "occorre che ogni cittadino possieda le conoscenze
necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell'informazione" e che ““un quadro
europeo dovrebbe definire le nuove competenze di base1 da fornire lungo tutto l’’arco della
vita: competenze in materia di tecnologia dell’’informazione, lingue straniere, cultura
tecnologica, imprenditorialità e competenze sociali". Nel 2000 è emersa chiaramente la
consapevolezza che le persone costituiscono la risorsa più importante per la crescita e
l'occupazione, fatto questo che è stato regolarmente ribadito, più di recente nella rinnovata
strategia di Lisbona e in occasione del Consiglio europeo del marzo 2005, che ha sollecitato
un aumento degli investimenti nell’’istruzione e nelle competenze.
Il mandato è stato ribadito e sviluppato nel programma di lavoro ““Istruzione e formazione
2010”” (IF2010), adottato dal Consiglio di Barcellona nel marzo 2002, che ha anche invocato
ulteriori azioni per ““migliorare la padronanza delle competenze di base”” e per rafforzare la
dimensione europea nell’’istruzione. Tali lavori dovevano essere impostati sull’’identificazione
delle competenze di base e sul modo in cui, assieme alle competenze tradizionali, esse
possono essere meglio integrate nei curricoli, apprese e mantenute lungo tutto l’’arco della
vita. Le competenze di base dovrebbero essere effettivamente a disposizione di tutti,
comprese le persone con bisogni speciali, i giovani che abbandonano prematuramente la
scuola e i discenti adulti. Si doveva inoltre promuovere la convalida delle competenze di base
per incoraggiare l’’apprendimento ulteriore e aumentare l’’occupabilità. La comunicazione
della Commissione sull’’apprendimento permanente (2001) e la successiva risoluzione del
Consiglio (giugno 2002) hanno ribadito ulteriormente la necessità di fornire a tutti opportunità
di apprendimento permanente, in particolare per acquisire e aggiornare le competenze di base.
Prendendo le mosse da questo mandato politico, un gruppo di lavoro sulle competenze di
base, istituito nel 2001 contestualmente al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010,
ha sviluppato un quadro di competenze chiave2 necessarie in una società della conoscenza e
ha formulato una serie di raccomandazioni per assicurare che tutti i cittadini possano
acquisirle3.
La relazione intermedia comune 2004 del Consiglio e della Commissione sull’’attuazione del
programma di lavoro Istruzione e formazione 20104 ha sostenuto la necessità di sviluppare
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Le ““competenze di base”” sono interpretate in generale quale la capacità di leggere, scrivere e far di
conto; il Consiglio di Lisbona ha sollecitato che vi si aggiungessero le nuove competenze necessarie in
una società della conoscenza come ad esempio le TIC e l’’imprenditorialità.
Il gruppo di lavoro ha preferito l'espressione "competenza" che si riferisce a una combinazione di
conoscenza, abilità e attitudini e "competenza chiave" per definire le competenze necessarie a tutti. Esse
comprendono le competenze di base ma hanno una dimensione più ampia.
Gruppo di lavoro sulle competenze di base, relazioni 2003, 2004:
http://europa.eu.int/comm/education/policies/2010/objectives_en.html#basic
Relazione intermedia comune, documento del Consiglio 6905/04 del marzo 2004.
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riferimenti e principi europei comuni a sostegno delle politiche nazionali nonché di favorire e
promuovere la riforma e ha dato priorità al quadro delle competenze chiave.
La raccomandazione che si propone ora presenta quindi uno strumento di riferimento europeo
in materia di competenze chiave e suggerisce come assicurare a tutti i cittadini l'accesso a tali
competenze mediante l'apprendimento permanente.
Più concretamente, i suoi obiettivi sono:
1)
identificare e definire le competenze chiave necessarie per la realizzazione
personale, la coesione sociale e l’’occupabilità in una società della conoscenza;
2)
coadiuvare l’’operato degli Stati membri per assicurare che a completamento
dell’’istruzione e formazione iniziale i giovani abbiano sviluppato le
competenze chiave a un livello che li prepari per la vita adulta e che gli adulti
siano in grado di svilupparle e aggiornarle in tutto l’’arco della loro vita;
3)
fornire uno strumento di riferimento a livello europeo, vale a dire le allegate
Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– Un quadro di
riferimento europeo5, per i decisori politici, gli erogatori di istruzione, i datori
di lavoro e i discenti stessi al fine di agevolare gli sforzi a livello nazionale ed
europeo verso il perseguimento di obiettivi concordati congiuntamente;
4)
costituire un quadro per un’’azione ulteriore a livello comunitario sia
nell’’ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 sia nel
contesto dei programmi comunitari nel campo dell’’istruzione e della
formazione.
x La domanda di competenze in una società della conoscenza
Conformemente a quanto si può leggere in studi internazionali, nel presente documento per
““competenza”” si intende una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini adeguate per
affrontare una situazione particolare. Le ““competenze chiave”” sono quelle che contribuiscono
alla realizzazione personale, all’’inclusione sociale, alla cittadinanza attiva e all’’occupazione.
Lo sviluppo della società della conoscenza fa aumentare la domanda delle competenze chiave
nella sfera personale, in quella pubblica e in quella professionale. Sta cambiando il modo in
cui le persone accedono all’’informazione e ai servizi così come cambiano anche la struttura e
la composizione della società. Si registra un’’attenzione sempre più marcata per la coesione
sociale e lo sviluppo di una cittadinanza democratica; ciò richiede che le persone siano
informate, coinvolte e attive. Di conseguenza cambiano anche le conoscenze, abilità e
attitudini di cui ognuno ha bisogno.
La crescente internazionalizzazione delle economie si ripercuote sul mondo del lavoro
traducendosi in cambiamenti rapidi e frequenti, nell’’introduzione di nuove tecnologie e di
nuove strategie nell’’organizzazione delle imprese. I lavoratori devono sia aggiornare abilità
specifiche legate alle loro mansioni sia acquisire competenze generiche che consentano loro
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L’’allegato della raccomandazione, le ““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– Un
quadro europeo””, è una versione riveduta del quadro di competenze chiave sviluppato dal gruppo di
lavoro sulle competenze di base.
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di adattarsi al cambiamento. Le conoscenze, abilità e attitudini della forza lavoro sono un
fattore importante ai fini dell’’innovazione, della produttività e della competitività e
contribuiscono alla motivazione e alla soddisfazione dei lavoratori sul posto di lavoro oltre
che alla qualità del lavoro.
Il Gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona ha però espresso a chiare lettere, nel
novembre 2004, che ““in Europa si è lungi dal fare a sufficienza per dotare le persone degli
strumenti di cui hanno bisogno per adattarsi a un mercato del lavoro in evoluzione e questa
constatazione vale per i posti di lavoro ad alta qualifica come per quelli a bassa qualifica". Si
è stimato che circa un terzo della forza lavoro europea (80 milioni di persone) è scarsamente
qualificato. Un rapporto elaborato dal Cedefop nel 2004 suggerisce inoltre che entro il 2010
solo 15% dei nuovi posti di lavoro andrà a persone con una scolarizzazione di base mentre
50% andrà a lavoratori altamente qualificati.
Indagini internazionali come IALS (Indagine internazionale sulle competenze alfabetiche
degli adulti) indicano che in molti paesi europei una percentuale considerevole della
popolazione adulta non possiede le abilità di lettura e di scrittura necessarie per funzionare
nella società e coloro che hanno lasciato prematuramente la scuola sono tra le persone
maggiormente a rischio. Anche se in Europa i tassi di analfabetismo appaiono relativamente
bassi, nessuna società è immune da tale fenomeno e vi sono diverse minoranze per le quali
l’’analfabetismo costituisce un grande problema. I dati del 2005 sui livelli di riferimento
europei (““parametri di riferimento””) adottati dal Consiglio nel maggio 20036 non indicano
progressi dal 2000 nella riduzione della percentuale di giovani scarsamente preparati in lettura
all’’età di 15 anni o nell’’aumento del tasso di completamento dell’’istruzione secondaria
superiore. Anche i progressi compiuti sulla via del raggiungimento di altri livelli di
riferimento sono troppo scarsi: con le percentuali attuali il tasso di dispersione scolastica
scenderebbe a 14% entro il 2010 mentre il livello di riferimento è 10%. La partecipazione
degli adulti all’’istruzione e alla formazione cresce soltanto di 0,1-0,2 punti percentuali
all’’anno e siamo quindi ben lontani dal raggiungere il livello di riferimento di 12,5% entro il
2010. Inoltre, i dati indicano che le persone scarsamente qualificate hanno minori probabilità
di partecipare a iniziative di perfezionamento professionale, il che rende più difficile aiutare
coloro che ne hanno maggior bisogno.
x Disposizioni attuali in materia di competenze chiave
A livello europeo programmi comunitari quali Leonardo da Vinci e l’’azione Grundtvig
nell’’ambito del programma Socrates sostengono progetti che affrontano le carenze di abilità
di base.
Dall’’adozione del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 diversi gruppi di lavoro
si sono concentrati su ambiti specifici come le TIC o su tematiche più ampie (ad esempio
l’’inclusione sociale e la cittadinanza attiva) per le quali i lavori sulle competenze di base
hanno fornito un contesto raccogliendo tutte le competenze essenziali in un quadro unico. In
ciò rientrava anche la raccolta e la diffusione di buone pratiche politiche, compreso l'aspetto
dello sviluppo di competenze trasversali nell'ambito dell'istruzione dell'obbligo, l'accesso a
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Progress Towards the Lisbon Objectives in Education and Training; documento di lavoro dei servizi
della Commissione, rapporto 2005, pag. 20.
http://europa.eu.int/comm/education/policies/2010/doc/progressreport05.pdf
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competenze chiave per i discenti svantaggiati e lo sviluppo di un'offerta coerente di
competenze chiave per gli adulti.
I lavori sulle competenze chiave sono strettamente correlati ad altri sviluppi volti a migliorare
i sistemi europei di istruzione e formazione come ad esempio i lavori attuali sullo sviluppo di
un quadro europeo di qualifiche, un’’iniziativa intesa a rafforzare la trasparenza e il
riconoscimento delle qualifiche e delle competenze (come ad esempio principi di convalida
dell’’apprendimento non formale e informale e i sistemi di trasferimento di crediti). Anche i
lavori relativi ai principi europei comuni per le competenze e le qualifiche degli insegnanti
rientrano in questo contesto poiché intendono affrontare il nuovo ruolo delle scuole nello
sviluppo delle competenze dei giovani.
A livello degli Stati membri si registra un’’attività sostanziale per quanto concerne la riforma
curricolare dell’’istruzione iniziale, il che rispecchia uno spostamento dell’’attenzione
dall’’impartire conoscenze allo sviluppare competenze trasferibili che preparino i giovani alla
vita adulta e all’’apprendimento permanente. Ciò richiede approcci diversi nell‘‘organizzazione
dell’’apprendimento nonché nuove competenze da parte degli insegnanti. È in corso quindi un
dibattito su quali competenze i giovani debbano acquisire e su come meglio aiutare le scuole
sviluppando ad esempio i loro sistemi di governance e di valutazione. Anche agli aspetti
sociali dell’’apprendimento viene ora attribuito un ruolo più importante: lo svantaggio
educativo è spesso dovuto a una combinazione di circostanze personali, sociali, culturali ed
economiche e dev’’essere affrontato in collaborazione con altri settori. Le scuole cercano modi
per impegnare le famiglie e le collettività locali non solo a sostegno dell’’apprendimento da
parte dei giovani ma anche a promozione dell’’apprendimento permanente nell’’intera
collettività.
Molti paesi hanno avviato programmi in relazione alle competenze di base ad esempio in
materia di alfabetizzazione, aritmetica di base e TIC per gli adulti, spesso agendo per il
tramite di ONG. Diversi paesi però non sono ancora in una situazione tale da consentire a tutti
i cittadini di acquisire e aggiornare le loro competenze di base e, anche se molti paesi
riconoscono la necessità di impartire competenze più ampie ai discenti adulti, non si è
registrato un consenso su come esse vadano intese e l’’offerta è ancora lungi dall’’essere
coerente.
Gli esempi di buone pratiche politiche degli Stati membri indicano che l’’offerta formativa per
gli adulti dovrebbe essere incentrata su priorità nazionali, regionali e/o locali ben definite. Ciò
dovrebbe portare a infrastrutture che riconoscano e soddisfino i diversi bisogni degli adulti,
infrastrutture con insegnanti/formatori qualificati, l'apertura dell'accesso mediante incentivi,
attività di orientamento e consulenza. Si dovrebbe tener conto della situazione particolare dei
discenti: le loro esperienze previe, i loro bisogni formativi e le loro aspirazioni come anche
aspetti più ampi che toccano la politica sociale e quella occupazionale e richiedono l'impegno
di tutti i partner.
Nonostante numerosi validi esempi di buone pratiche l’’offerta di competenze chiave è
raramente adattata per soddisfare i bisogni formativi dei cittadini di tutte le età. In tale
contesto la presente proposta reca un notevole valore aggiunto fornendo uno strumento di
riferimento atto a identificare le competenze chiave ritenute necessarie per tutti e aiutando gli
Stati membri nei loro sforzi per assicurare che l’’offerta delle competenze chiave sia
pienamente integrata nelle loro strategie e infrastrutture di apprendimento permanente.
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x Coerenza con altre politiche e altri obiettivi dell’’Unione
La proposta contribuisce agli obiettivi di Lisbona in materia di crescita, occupazione e
coesione sociale:
––
gli orientamenti integrati per le politiche dell’’occupazione degli Stati membri7
riconoscono l’’importanza delle competenze per l’’occupazione (soprattutto per quanto
concerne i gruppi vulnerabili) e per l’’adattamento al cambiamento. Questo dovrebbe
essere un elemento importante dei programmi nazionali di riforma degli Stati membri
al momento di attuare gli orientamenti integrati;
––
la politica sociale ribadisce il ruolo dell’’istruzione e della formazione quale via
d'uscita dalla povertà e/o quale fattore chiave per la coesione sociale;
––
il Patto europeo per la gioventù8 sollecita che si assicuri la corrispondenza delle
conoscenze con i bisogni di un’’economia basata sulla conoscenza e, a tal fine, si
incoraggi lo sviluppo di un insieme comune di abilità di base;
––
il piano d’’azione Imprenditorialità9 riconosce il ruolo essenziale dell’’istruzione;
l’’imprenditorialità è una delle competenze chiave;
––
le ““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– un quadro di riferimento
europeo”” comprende conoscenze, abilità e attitudini che inducono le persone a
partecipare maggiormente allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza democratica.
2. CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONE D’’IMPATTO
La base della presente proposta è costituita dal ““Quadro europeo di competenze di base””
sviluppato da un gruppo di lavoro costituito di esperti degli Stati membri, dei paesi
EFTA/SEE, dei paesi candidati (dal gennaio 2003) e di associazioni europee. Il gruppo
comprendeva decisori politici, professionisti e ricercatori universitari che si occupano sia di
educazione degli adulti che di istruzione dell’’obbligo nonché persone interessate a livello
europeo.
I lavori sono stati discussi in una serie di conferenze e seminari organizzati dalle parti
interessate o da organizzazioni internazionali. I ministri dell’’educazione hanno discusso la
““dimensione europea”” delle competenze chiave nella loro riunione informale tenutasi a
Rotterdam nel luglio 2004 e hanno incoraggiato la Commissione a continuare a lavorare su
questa iniziativa.
Un gruppo specifico costituito di 5 esperti (provenienti dal mondo accademico e da agenzie
governative che si occupano di sviluppi scolastici) è stato convocato nella primavera del 2005
per perfezionare il quadro sulla base delle esperienze e del feedback raccolto nel corso di
dibattiti e conferenze e da altre fonti nonché di discuterne l’’attuazione.
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Decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a
favore dell’’occupazione. GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21.
The European Youth Pact, http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/ec/84335.pdf
http://europa.eu.int/comm/enterprise/entrepreneurship/promoting_entrepreneurship/doc/com_70_en.pdf
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Nel settembre/ottobre 2005 è stato interpellato il Comitato consultivo per la formazione
professionale.
x Raccolta e uso di dati esperienziali
Si è ricorsi a un consulente per passare in rassegna i lavori internazionali nel merito.
Tematiche specifiche come la dimensione europea del quadro, l’’offerta per i discenti
svantaggiati e l’’imprenditorialità sono state elaborate in gruppi ristretti e approvate quindi dal
gruppo di lavoro più ampio10.
Dalla consultazione e dalle esperienze raccolte è risultata confermata la necessità di
un’’iniziativa a livello europeo e l’’approccio proposto è apparso in linea con le tendenze attuali
e sarebbe stato accolto con favore.
x Valutazione d’’impatto
La presente proposta sosterrà lo sviluppo delle strategie degli Stati membri in materia di
apprendimento permanente e dei loro sistemi di istruzione e formazione. Essa incoraggerà le
riforme curricolari e i relativi dibattiti e darà impulso alla creazione di un’’offerta coerente di
istruzione e formazione per gli adulti. Ciò avrà un impatto positivo sulla sfera personale,
sociale e professionale degli individui e –– a livello più ampio –– sugli obiettivi di Lisbona in
materia di coesione sociale e competitività e crescita economica. L’’impatto maggiore
dovrebbe averlo sui gruppi svantaggiati che in molti casi attualmente non acquisiscono le
competenze chiave.
3. ELEMENTI LEGALI DELLA PROPOSTA
x Sintesi dell’’azione proposta
La raccomandazione proposta definisce le competenze chiave necessarie a tutti i cittadini di
società ed economie basate sulla conoscenza. Essa riconosce che le decisioni in materia di
attuazione sono prese al meglio a livello nazionale, regionale e/o locale. Essa sollecita gli
Stati membri ad assicurare l’’acquisizione di competenze chiave da parte di tutti entro la fine
dell’’istruzione e formazione iniziale e, alla luce dei livelli di riferimento europei, li incoraggia
ad affrontare il problema dello svantaggio educativo. Per quanto concerne gli adulti la
raccomandazione sostiene la creazione di ampie infrastrutture assieme a tutti i partner
pertinenti.
La proposta invita la Commissione a sostenere le riforme a livello nazionale mediante:
––
apprendimento tra pari, scambio di buone pratiche e relazioni sui progressi compiuti
nell’’ambito dei rapporti biennali IF2010;
––
sostegno a progetti pertinenti tramite i programmi comunitari nel campo
dell’’istruzione e della formazione;
––
promozione di un consenso su cosa sono le competenze di base e sulla loro
correlazione con le politiche dell’’occupazione e sociali;
10
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Gruppo di lavoro sulle competenze chiave, rapporto 2004
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––
promozione di partenariati con le parti sociali e altre organizzazioni pertinenti.
x Base giuridica
Conformemente all’’articolo 149 del trattato la Comunità contribuisce allo sviluppo di
un’’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario,
sostenendo e integrando la loro azione pur nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati
membri quanto al contenuto dell’’insegnamento e all’’organizzazione dei sistemi educativi
come anche della loro diversità culturale e linguistica. La raccomandazione proposta intende
coadiuvare gli sforzi che gli Stati membri fanno per sviluppare i loro sistemi di istruzione e
formazione iniziale come anche la loro offerta di istruzione e formazione per gli adulti,
fornendo uno strumento di riferimento su competenze chiave nonché incoraggiarli a
continuare la cooperazione nell'ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione
2010. Conformemente al paragrafo 2 dell'articolo summenzionato la raccomandazione
proposta intende sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni
per quanto concerne l'offerta di competenze chiave per il tramite dell'apprendimento
permanente.
L’’articolo 150 del trattato afferma che l’’azione della Comunità rafforza e integra le azioni
degli Stati membri e, in particolare, come è indicato nel paragrafo 2 dello stesso articolo, è
volta a migliorare la formazione professionale iniziale, agevolare l’’inserimento e il
reinserimento professionale e sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui
problemi comuni. L’’obiettivo della raccomandazione proposta è di migliorare tutti questi
aspetti dell’’istruzione e formazione professionale poiché fornisce uno strumento di
riferimento relativamente a competenze chiave che agevola gli sforzi degli Stati membri per
adattare i loro sistemi di istruzione e formazione professionale al fine di rispondere alle sfide
che si pongono sul mercato del lavoro e nella società in generale.
x Principi di sussidiarietà e di proporzionalità
La raccomandazione proposta contribuisce alla qualità dell'istruzione e della formazione
agevolando il lavoro che gli Stati membri si sono impegnati a svolgere nell'ambito del
programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 e adottando i livelli di riferimento europei
nel Consiglio del maggio 2003. Essa incoraggia e sostiene le riforme nazionali e la
valorizzazione delle buone pratiche registrate in altri paesi al fine di aiutare gli Stati membri a
creare un’’offerta ampia e coerente di competenze chiave contestualmente alle loro strategie di
apprendimento permanente. Per tale motivo la presente proposta è conforme al principio di
sussidiarietà. La raccomandazione stabilisce un quadro di riferimento europeo in materia di
competenze chiave che devono essere acquisite da tutti i cittadini e stabilisce e ribadisce
l’’impegno politico a realizzare riforme che non possono essere attuate soltanto utilizzando, ad
esempio, i programmi comunitari in materia di istruzione e formazione. Essa ne lascia però
l’’attuazione interamente agli Stati membri ed è quindi conforme al principio di
proporzionalità.
4. IMPLICAZIONI FINANZIARIE
La proposta non ha implicazioni per il bilancio comunitario.
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2005/0221 (COD)
Proposta di
RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativa a competenze chiave per l’’apprendimento permanente
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’’articolo 149, paragrafo 4, e
l’’articolo 150, paragrafo 4,
vista la proposta della Commissione11,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo12,
visto il parere del Comitato delle regioni13,
deliberando secondo la procedura di cui all’’articolo 251 del trattato14,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo di Lisbona del 2000 ha concluso che un quadro europeo dovrebbe
definire le nuove competenze di base, tale quadro dovrebbe essere un’’iniziativa chiave
nell’’ambito della risposta europea alla globalizzazione e al passaggio verso economie
basate sulla conoscenza; il Consiglio ha ribadito anche che le persone costituiscono la
risorsa più importante dell’’Europa. Da allora tali conclusioni sono state reiterate anche
ad opera dei Consigli europei del marzo 2003 e del marzo 2005 come pure nella
rinnovata strategia di Lisbona approvata nel 2005.
(2)
I Consigli europei di Stoccolma del 2001 e di Barcellona del 2002 hanno sottoscritto
gli obiettivi futuri concreti dei sistemi di istruzione e formazione europei nonché un
programma di lavoro (il programma di lavoro Istruzione e formazione 2010) per
poterli raggiungere entro il 2010. Tali obiettivi comprendono lo sviluppo di abilità per
la società della conoscenza nonché obiettivi specifici per promuovere l'apprendimento
delle lingue, sviluppare l'imprenditorialità e rispondere all'esigenza generalizzata di
accrescere la dimensione europea nell'istruzione.
(3)
La comunicazione della Commissione sull’’apprendimento permanente15 e la
successiva risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 sull’’apprendimento
11
GU C [……] del [……], pag. [……].
GU C [……] del [……], pag. [……].
GU C [……] del [……], pag. [……].
GU C [……] del [……], pag. [……].
COM(2001)678 definitivo.
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permanente16 hanno identificato nelle ““nuove competenze di base”” una priorità e
hanno ribadito che l’’apprendimento permanente deve riguardare l’’apprendimento da
prima della scuola a dopo la pensione. Il Patto per la gioventù che è allegato alle
conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 2005 ha ribadito la necessità
di favorire lo sviluppo di una base comune di competenze.
(4)
Nell’’ambito degli sforzi volti a migliorare la performance occupazionale della
Comunità i Consigli europei del marzo 2003 e del dicembre 2003 hanno fatto presente
la necessità di sviluppare l’’apprendimento permanente con un’’attenzione particolare
per misure attive e preventive rivolte ai disoccupati e alle persone non attive. Ciò
prendeva le mosse dal rapporto della Task force europea per l’’occupazione in cui si
ribadiva la necessità di mettere le persone in grado di adattarsi al cambiamento,
l’’importanza di integrare le persone nel mercato del lavoro e il ruolo chiave
dell’’apprendimento permanente.
(5)
La relazione del Consiglio sul più ampio ruolo dell'istruzione, adottata nel novembre
2004, sottolineava il contributo dell'istruzione alla conservazione e al rinnovo del
contesto culturale comune nella società e la sua particolare importanza in un momento
in cui tutti gli Stati membri si trovano innanzi al problema di come affrontare la
crescente diversità socioculturale. Inoltre il fatto di consentire alle persone di accedere
al mondo del lavoro e di rimanervi è un elemento importante del ruolo dell'istruzione
ai fini del rafforzamento della coesione sociale.
(6)
Cinque livelli di riferimento europei (““parametri di riferimento””) sono stati adottati dal
Consiglio nel maggio 2003 a riprova dell’’impegno di recare un miglioramento
misurabile rispetto ai risultati registrati mediamente in Europa. I livelli di riferimento
relativi alla capacità di lettura, alla dispersione scolastica, al completamento
dell’’istruzione secondaria superiore e alla partecipazione degli adulti
all'apprendimento permanente sono strettamente correlati con lo sviluppo di
competenze chiave.
(7)
La relazione adottata dalla Commissione nel 2005 in merito ai progressi compiuti sulla
via degli obiettivi di Lisbona in materia di istruzione e formazione17 ha indicato che
non si sono registrati progressi nella riduzione della percentuale di giovani
scarsamente preparati in lettura all’’età di 15 anni né nell’’innalzamento del tasso di
completamento dell’’istruzione secondaria superiore. Alcuni progressi sono percettibili
per quanto concerne la riduzione della dispersione scolastica, ma con le percentuali
attuali non sarà possibile raggiungere i livelli di riferimento europei per il 2010
stabiliti dal Consiglio nel maggio 2003. La partecipazione degli adulti
all‘‘apprendimento non cresce a un ritmo sufficientemente celere per raggiungere il
livello di riferimento del 2010 e dai dati raccolti emerge che le persone scarsamente
qualificate hanno minori probabilità di partecipare a iniziative di perfezionamento
professionale.
(8)
Il quadro di azioni per lo sviluppo permanente delle competenze e delle qualifiche
adottato dalle parti sociali europee nel marzo 2002 ribadisce la necessità che le
imprese adattino le loro strutture in misura maggiore e più rapidamente per poter
16
GU C 163 del 9.7.2002, pag. 1.
SEC(2005)419.
17
IT
10
IT
rimanere competitive. Il lavoro di squadra, l’’appiattimento delle gerarchie, la maggiore
responsabilizzazione e la crescente necessità di multimansioni portano all’’espansione
di organizzazioni che apprendono. In tale contesto la capacità delle organizzazioni di
identificare competenze, di mobilitarle e riconoscerle e di incoraggiarne lo sviluppo tra
tutti i lavoratori rappresenta la base per nuove strategie competitive.
IT
(9)
Lo studio di Maastricht sull’’istruzione e formazione professionale indica un notevole
divario tra i livelli di istruzione richiesti dai nuovi posti di lavoro e i livelli di
istruzione raggiunti dalla forza lavoro europea. Più di un terzo della forza lavoro
europea (80 milioni di persone) è scarsamente qualificata mentre si è stimato che entro
il 2010 quasi 50% dei nuovi posti di lavoro richiederà qualifiche di livello terziario,
poco meno di 40% richiederà un diploma di scuola secondaria superiore e solo circa
15% sarà adatto a persone in possesso soltanto di una scolarizzazione di base.
(10)
La necessità di dotare i giovani delle necessarie competenze chiave e di migliorare i
livelli di completamento degli studi è implicita negli orientamenti integrati per la
crescita e l’’occupazione 2005-2008 approvati dal Consiglio europeo nel giugno 2005.
In particolare, gli orientamenti per l’’occupazione sollecitano l’’adattamento dei sistemi
di istruzione e formazione in risposta ai nuovi fabbisogni di competenze mediante una
migliore identificazione dei bisogni occupazionali e delle competenze chiave
contestualmente ai programmi di riforma degli Stati membri.
(11)
Il rapporto del Gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona del 2004 ha espresso a
chiare lettere che in Europa si è lungi dal fare a sufficienza per dotare le persone degli
strumenti di cui hanno bisogno per adattarsi a un mercato del lavoro in evoluzione e
questa constatazione vale per i posti di lavoro ad alta qualifica e per quelli a bassa
qualifica, per il settore manifatturiero e per i servizi.
(12)
La relazione comune del Consiglio e della Commissione sull’’attuazione del
programma di lavoro Istruzione e formazione 2010, adottata nel 2004, ha sostenuto la
necessità di dotare tutti i cittadini delle competenze di cui hanno bisogno
contestualmente alle strategie di apprendimento permanente portate avanti dagli Stati
membri. Per incoraggiare e facilitare la riforma la relazione suggerisce lo sviluppo di
riferimenti e principi comuni europei e dà la priorità al quadro delle competenze
chiave.
(13)
L’’obiettivo della presente raccomandazione è di contribuire allo sviluppo di
un’’istruzione di qualità coadiuvando e integrando le azioni degli Stati membri oltre ad
assicurare che i loro sistemi di istruzione e formazione iniziale offrano a tutti i giovani
i mezzi per sviluppare competenze chiave a un livello tale che li prepari per ulteriori
forme di apprendimento e per la vita adulta e a far sì che gli adulti siano in grado di
sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave mediante un'offerta coerente e
completa di possibilità di apprendimento permanente. Essa fornisce un quadro comune
europeo di riferimento su competenze chiave ai decisori politici, ai fornitori di
istruzione e formazione, ai datori di lavoro e ai discenti stessi, al fine di facilitare le
riforme nazionali e gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione
nell’’ambito del programma di lavoro ““Istruzione e formazione 2010”” volto a
raggiungere i livelli di riferimento europei concordati. La raccomandazione appoggia
inoltre altre politiche correlate come ad esempio le politiche occupazionali e sociali o
altre politiche che interessano la gioventù.
11
IT
(14)
La presente raccomandazione è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’’articolo
5 del trattato nella misura in cui il suo obiettivo è di coadiuvare e integrare l’’azione
degli Stati membri stabilendo un punto comune di riferimento che incoraggi e
promuova le riforme nazionali e l'ulteriore cooperazione con gli Stati membri. La
presente raccomandazione è conforme al principio di proporzionalità di cui a detto
articolo poiché, lasciando l'attuazione della raccomandazione agli Stati membri, essa
non va al di là di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti.
RACCOMANDANO AGLI STATI MEMBRI DI:
1.
assicurare che l’’istruzione e la formazione iniziale offrano a tutti i giovani gli
strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita
adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come anche per
la vita lavorativa;
2.
assicurare che si tenga debitamente conto di quei giovani che, a causa di svantaggi
educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno
bisogno di un sostegno particolare per realizzare le loro potenzialità educative;
3.
assicurare che gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le competenze
chiave in tutto l’’arco della loro vita con un’’attenzione particolare per gruppi di
destinatari riconosciuti prioritari nei contesti nazionale, regionale e/o locale;
4.
far sì che vi sia un’’infrastruttura adeguata per l’’istruzione e la formazione
permanente degli adulti che tenendo conto dei bisogni diversi degli adulti preveda la
disponibilità di insegnanti e formatori, la possibilità di accesso e il sostegno per i
discenti;
5.
vigilare alla coerenza dell’’offerta di istruzione e formazione per gli adulti rivolta ai
singoli cittadini mediante vigorosi nessi con le politiche occupazionali e sociali e con
altre politiche che interessano i giovani nonché mediante la collaborazione con le
parti sociali e altri interessati;
6.
utilizzare le ““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– Un quadro
europeo”” riportate in allegato quale strumento di riferimento per sviluppare l’’offerta
di competenze chiave per tutti nell’’ambito delle loro strategie di apprendimento
permanente.
PRENDONO ATTO DELL’’INTENZIONE DELLA COMMISSIONE DI:
IT
1.
contribuire agli sforzi degli Stati membri per sviluppare i loro sistemi di istruzione e
formazione e per attuare la presente raccomandazione, anche mediante l’’uso delle
““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– Un quadro di riferimento
europeo”” quale riferimento per agevolare l’’apprendimento tra pari e lo scambio di
buone pratiche e a seguire gli sviluppi e riferire sui progressi attraverso le relazioni
biennali relative al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010;
2.
utilizzare le ““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente –– Un quadro di
riferimento europeo”” quale riferimento per attuare i programmi comunitari in materia
di istruzione e formazione e assicurare che promuovano l’’acquisizione delle
competenze chiave;
12
IT
3.
incoraggiare un ampio uso delle ““Competenze chiave per l’’apprendimento
permanente –– Un quadro di riferimento europeo”” nelle politiche comunitarie
correlate e in particolare al momento di attuare la politica dell’’occupazione, della
gioventù e sociale e sviluppare ulteriormente i contatti con le parti sociali e altre
organizzazioni attive in questi ambiti;
4.
riesaminare l’’impatto delle ““Competenze chiave per l’’apprendimento permanente ––
un quadro di riferimento europeo”” contestualmente al programma di lavoro
Istruzione e formazione 2010 e riferire, quattro anni dopo l’’adozione della presente
raccomandazione, al Parlamento europeo e al Consiglio sulle esperienze acquisite e
sulle implicazioni per il futuro.
Fatto a Bruxelles, il
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
IT
Per il Consiglio
Il Presidente
13
IT
ALLEGATO
Competenze chiave per l’’apprendimento permanente
- Un quadro di riferimento europeo
Introduzione
Il presente quadro delinea le otto competenze chiave:
1.
comunicazione nella madrelingua;
2.
comunicazione nelle lingue straniere;
3.
competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4.
competenza digitale;
5.
imparare a imparare;
6.
competenze interpersonali, interculturali e sociali e competenza civica;
7.
imprenditorialità e
8.
espressione culturale.
Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze,
abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno
bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’’inclusione sociale
e l’’occupazione. A conclusione dell’’istruzione e formazione iniziale i giovani dovrebbero
aver sviluppato le competenze chiave a un livello tale che li prepari per la vita adulta e dette
competenze dovrebbero essere sviluppate ulteriormente, mantenute e aggiornate nel contesto
dell’’apprendimento permanente.
Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un
ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del
saper parlare, leggere, scrivere e far di conto e nell'uso delle TIC è una pietra angolare per
l'apprendimento e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento.
Vi sono diverse tematiche che vengono evocate ripetutamente nel Quadro: pensiero critico,
creatività, spirito di iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio,
assunzione di decisioni e capacità di gestire in modo costruttivo i sentimenti svolgono un
ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave.
Competenze chiave
1. Comunicazione nella madrelingua18
Definizione: la comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e interpretare
pensieri, sentimenti e fatti in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione
18
IT
Si dà atto che la madre lingua potrebbe non essere sempre una lingua ufficiale dello Stato membro e che
la capacità di comunicare in una lingua ufficiale è condizione essenziale per assicurare la piena
partecipazione degli individui nella società. Provvedimenti per affrontare simili casi rientrano nella
responsabilità dei singoli Stati membri conformemente ai loro bisogni e alle loro circostanze specifici.
14
IT
orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e a interagire adeguatamente sul piano
linguistico nell’’intera gamma di contesti culturali e sociali –– istruzione e formazione, lavoro,
vita domestica e tempo libero.
……Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
La comunicazione nella madrelingua presuppone che una persona sia a cononscenza del
vocabolario di base, della grammatica funzionale e delle funzioni del linguaggio. Ciò
comporta una consapevolezza dei principali tipi di interazione verbale, un bagaglio di testi
letterari e non letterari, le principali caratteristiche dei diversi stili e registri del linguaggio
nonché la variabilità del linguaggio e della comunicazione in contesti diversi.
Le persone dovrebbero possedere le abilità per comunicare in forma orale e scritta in tutta
una serie di situazioni comunicative e per sorvegliare e adattare la loro comunicazione a
seconda di come lo richieda la situazione. Questa competenza comprende anche l’’abilità di
scrivere e di leggere diversi tipi di testi, cercare, raccogliere ed elaborare informazioni, usare
sussidi, formulare ed esprimere le proprie argomentazioni in modo convincente e appropriato
al contesto.
Un’’attitudine positiva nei confronti della comunicazione nella madrelingua comporta la
disponibilità a un dialogo critico e costruttivo, la consapevolezza delle qualità estetiche e la
disponibilità a perseguirle nonché un interesse a interagire con gli altri.
2. Comunicazione nelle lingue straniere
Definizione: la comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le principali
abilità richieste per la comunicazione nella madrelingua: essa si basa sulla capacità di
comprendere, esprimere e interpretare i pensieri, i sentimenti e i fatti in forma sia orale che
scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) in
una gamma appropriata di contesti sociali –– lavoro, casa, tempo libero, istruzione e
formazione –– a seconda dei desideri o bisogni individuali. La comunicazione nelle lingue
straniere richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale. Il livello
di padronanza di un individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni, le diverse
lingue e a seconda del suo background, del suo ambiente e dei suoi bisogni/interessi.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
La competenza in lingue addizionali o straniere richiede la conoscenza del vocabolario e della
grammatica funzionale e una consapevolezza dei principali tipi di interazione verbale e dei
registri del linguaggio. È importante anche la connoscenza delle convenzioni sociali,
dell’’aspetto culturale e della variabilità dei linguaggi.
Le abilità essenziali consistono nella capacità di comprendere messaggi parlati, iniziare,
sostenere e concludere conversazioni e di leggere e comprendere testi appropriati ai bisogni
individuali. Le persone dovrebbero essere anche in grado di usare adeguatamente i sussidi e di
imparare le lingue anche in modo informale nel contesto dell'apprendimento permanente.
Un’’attitudine positiva comporta la consapevolezza delle differenze e diversità culturali
nonché l’’interesse e la curiosità per le lingue e la comunicazione interculturale.
IT
15
IT
3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia
Definizione:
A. La competenza matematica è l’’abilità di far uso di addizione, sottrazione, moltiplicazione,
divisione e percentuali in forma mentale e scritta per risolvere una serie di problemi in
situazioni quotidiane. L’’accento è posto sugli aspetti del processo e dell’’attività oltre che su
quelli della conoscenza. La competenza matematica comporta –– in misura variabile –– la
capacità e la disponibilità a usare modelli matematici di pensiero (pensiero logico e spaziale)
e di presentazione (formule, modelli, costrutti, grafici/carte).
B. La competenza scientifica riguarda la capacità e la disponibilità a usare il corpus di
conoscenze e di metodologie utilizzato per spiegare il mondo naturale al fine di identificare le
problematiche e di trarre conclusioni basate su fatti comprovati. La competenza in campo
tecnologico è considerata l’’applicazione di tale conoscenza e metodologia per dare risposta ai
desideri o bisogni avvertiti dagli esseri umani. Entrambi gli ambiti di questa competenza
comportano la comprensione dei cambiamenti determinati dall’’attività umana e la
consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
A. La conoscenza necessaria nel campo della matematica comprende una valida conoscenza
dei numeri, delle misure e delle strutture, delle operazioni di base e delle presentazioni
matematiche di base, la conoscenza dei termini e concetti matematici e dei quesiti cui la
matematica può fornire una risposta.
Una persona dovrebbe disporre delle abilità per applicare i principi e processi matematici di
base nel contesto quotidiano nella sfera domestica e sul lavoro nonché per seguire e vagliare
concatenazioni di argomenti. Essa dovrebbe essere in grado di ragionare in modo matematico,
di cogliere le prove matematiche e comunicare in linguaggio matematico oltre a saper usare i
sussidi appropriati.
Un’’attitudine positiva in relazione alla matematica si basa sul rispetto della verità e sulla
disponibilità a cercare motivazioni e a determinarne la validità.
B. Per quanto concerne la scienza e tecnologia, la conoscenza essenziale comprende i
principi di base del mondo naturale, i concetti, principi e metodi scientifici fondamentali, la
tecnologia e i prodotti e processi tecnologici. Le persone dovrebbero essere consapevoli dei
progressi, dei limiti e dei rischi delle teorie scientifiche e della tecnologia nella società in
senso lato (in relazione alla presa di decisioni, ai valori, alle questioni morali, alla cultura,
ecc.) sia in ambiti specifici della scienza, come la medicina, sia nel senso di una
consapevolezza dell’’impatto della scienza e della tecnologia sulla natura.
Le abilità comprendono la capacità di utilizzare e manipolare strumenti e macchine
tecnologici nonché dati scientifici per raggiungere un obiettivo o per formulare una decisione
o conclusione, sulla base di dati probanti. Le persone dovrebbero essere anche in grado di
conoscere gli aspetti essenziali dell’’indagine scientifica ed essere capaci di comunicare le
conclusioni e i ragionamenti afferenti.
Questa competenza comprende un’’attitudine di valutazione critica e curiosità, un interesse
per questioni etiche e il rispetto sia per la sicurezza che per la sostenibilità - in particolare per
IT
16
IT
quanto concerne il progresso scientifico e tecnologico in relazione all'individuo, alla famiglia,
alla comunità e alle questioni di dimensione globale.
4. Competenza digitale
Definizione: la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito
critico le tecnologie della società dell’’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la
comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’’uso del computer per reperire,
valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e
partecipare a reti collaborative tramite Internet.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
La competenza digitale presuppone una salda consapevolezza e conoscenza della natura, del
ruolo e delle opportunità delle TSI nel quotidiano: nella vita personale e sociale come anche al
lavoro. In ciò rientrano le principali applicazioni informatiche come trattamento di testi, fogli
elettronici, basi di dati, memorizzazione e gestione delle informazioni oltre a una
consapevolezza delle opportunità offerte da Internet e dalla comunicazione tramite i media
elettronici (e-mail, network tools) per il tempo libero, la condivisione di informazioni e le reti
collaborative, l’’apprendimento e la ricerca. Le persone dovrebbero anche essere consapevoli
di come le TSI possono coadiuvare la creatività e l’’innovazione e rendersi conto delle
problematiche legate alla validità e affidabilità delle informazioni disponibili e ai principi etici
che si pongono nell’’uso interattivo delle TSI.
Le abilità necessarie comprendono: la capacità di cercare, raccogliere e trattare le
informazioni e di usarle in modo critico e sistematico, accertandone la pertinenza e
distinguendo il reale dal virtuale pur riconoscendone le correlazioni. Le persone dovrebbero
anche essere capaci di usare strumenti per produrre, presentare e comprendere informazioni
complesse ed essere in grado di accedere ai servizi basati su Internet, farvi ricerche e usarli;
esse dovrebbero anche essere capaci di usare le TSI a sostegno del pensiero critico, della
creatività e dell’’innovazione.
L’’uso delle TSI comporta un'attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni
disponibili e un uso responsabile dei media interattivi; anche un interesse a impegnarsi in
comunità e reti a fini culturali, sociali e/o professionali serve a rafforzare tale competenza.
5. Imparare a imparare
Definizione: ””Imparare a imparare”” è l’’abilità di perseverare nell’’apprendimento. Le persone
dovrebbero essere in grado di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una
gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo.
Questa competenza comprende la consapevolezza del proprio processo apprenditivo e dei
propri bisogni, l'identificazione delle opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli
ostacoli in modo da apprendere in modo efficace. Ciò comporta l’’acquisizione, l’’elaborazione
e l’’assimilazione di nuove conoscenze e abilità come anche la ricerca e l’’uso di strumenti
orientativi. Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendano le mosse da quanto
hanno appreso in precedenza e dalle loro esperienze di vita per usare e applicare conoscenze e
abilità in tutta una serie di contesti –– a casa, sul lavoro, in situazione di istruzione e
IT
17
IT
formazione. La motivazione e la fiducia sono elementi essenziali perché una persona possa
acquisire tale competenza.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
Laddove l’’apprendimento è finalizzato a particolari obiettivi lavorativi o di carriera una
persona dovrebbe essere a conoscenza delle competenze, conoscenze, abilità e qualifiche
richieste. In tutti i casi imparare a imparare comporta che una persona conosca e comprenda le
proprie strategie di apprendimento abituali, i punti di forza e i punti deboli delle proprie
abilità e qualifiche e sia in grado di cercare le opportunità di istruzione e formazione e gli
strumenti di orientamento/sostegno disponibili.
Le abilità per imparare a imparare richiedono innanzitutto l’’acquisizione delle abilità di base
come il saper leggere, scrivere e far di conto e l’’uso delle TIC necessarie per un
apprendimento ulteriore. A partire da ciò una persona dovrebbe essere in grado di acquisire,
elaborare e assimilare nuove conoscenze e abilità. Ciò comporta una gestione efficace del
proprio apprendimento, della propria carriera e dei propri schemi lavorativi e in particolare la
capacità di perseverare nell’’apprendimento, di concentrarsi per periodi prolungati e di
riflettere in modo critico sugli obiettivi e le finalità dell’’apprendimento. Una persona
dovrebbe essere in grado di consacrare del tempo per apprendere autonomamente e con
autodisciplina, ma anche per lavorare in modo collaborativo quale parte del processo di
apprendimento, di cogliere i vantaggi che possono derivare da un gruppo eterogeneo e di
condividere ciò che ha appreso. Tale persona dovrebbe inoltre essere in grado di valutare il
proprio lavoro e di cercare consigli, informazioni e sostegno ove necessario.
Un’’attitudine positiva comprende la motivazione e la fiducia per perseverare e riuscire
nell’’apprendimento lungo tutto l’’arco della vita. Un’’attitudine ad affrontare i problemi per
risolverli serve sia per l’’apprendimento che per poter gestire gli ostacoli e il cambiamento. Il
desiderio di applicare quanto si è appreso in precedenza e le proprie esperienze di vita nonché
la curiosità di cercare nuove opportunità di apprendere e di applicare l’’apprendimento in tutta
una gamma di contesti sono elementi essenziali di un’’attitudine positiva.
6. Competenze interpersonali, interculturali e sociali e competenza civica
Definizione: queste competenze riguardano tutte le forme di comportamento che consentono
alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in
particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche a risolvere i conflitti ove
ciò sia necessario. La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare
appieno alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e
all’’impegno a una partecipazione attiva e democratica.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
A. Il benessere personale e sociale richiede la consapevolezza di ciò che gli individui devono
fare per conseguire una salute fisica e mentale ottimali, intese anche quali risorse per sè stessi
e per la propria famiglia e la conoscenza del modo in cui uno stile di vita sano vi puo’’
contribuire. Per un’’efficace partecipazione sociale e interpersonale è essenziale comprendere i
codici di comportamento e le maniere generalmente accettati in diversi contesti e società (ad
esempio sul lavoro) e conoscere i concetti di base riguardanti gli individui, i gruppi, le
organizzazioni del lavoro, la parità tra i sessi, la società e la cultura. È essenziale inoltre
IT
18
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comprendere le dimensioni multiculturali e socioeconomiche delle società europee e il modo
in cui l’’identità culturale nazionale interagisce con l’’identità europea.
Le abilità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di esprimere e di
comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in
consonanza con gli altri sono gli elementi al nocciolo di questa competenza. Le persone
dovrebbero essere in grado di venire a capo di stress e frustrazioni in modo costruttivo e
dovrebbero anche distinguere tra la sfera personale e quella professionale.
Per quanto concerne le attitudini questa competenza si basa sulla collaborazione, assertività e
integrità. Le persone dovrebbero provare interesse per lo sviluppo socioeconomico, la
comunicazione interculturale, la diversità dei valori e il rispetto degli altri ed essere pronte a
superare i pregiudizi e a cercare compromessi.
B. La competenza civica si basa sulla conoscenza dei concetti di democrazia, cittadinanza e
diritti civili, anche nella forma in cui essi sono formulati nella Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea e nelle dichiarazioni internazionali e quali sono applicati da diverse
istituzioni a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale. È anche essenziale
la conoscenza dei principali eventi, tendenze e agenti del cambiamento nella storia nazionale,
europea e mondiale come anche nel mondo presente, con un’’attenzione particolare per la
diversità europea, ed è anche essenziale la conoscenza degli obiettivi, dei valori e delle
politiche dei movimenti sociali e politici.
Le abilità riguardano la capacità di impegnarsi in modo efficace con gli altri nella sfera
pubblica, di mostrare solidarietà e interesse per risolvere i problemi che riguardano la
collettività locale e la comunità più ampia. Ciò comporta una riflessione critica e creativa e la
partecipazione costruttiva alle attività della collettività/del vicinato come anche la presa di
decisioni a tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale ed europeo, in particolare
mediante il voto.
Il pieno rispetto dei diritti umani, tra cui anche quello della parità quale base per la
democrazia, la consapevolezza e comprensione delle differenze tra sistemi di valori di diversi
gruppi religiosi o etnici pongono le basi per un'attitudine positiva. In ciò rientra anche la
manifestazione del senso di appartenenza al luogo in cui si vive, al proprio paese, all’’UE e
all’’Europa in generale e al mondo (o almeno alla parte di mondo in cui si vive) oltre alla
disponibilità a partecipare al processo decisionale democratico a tutti i livelli. La
partecipazione costruttiva comporta anche attività civili, il sostegno alla diversità sociale, alla
coesione e allo sviluppo sostenibile e una disponibilità a rispettare i valori e la privacy degli
altri.
7. Imprenditorialità
Definizione: l’’imprenditorialità concerne la capacità di una persona di tradurre le idee in
azione. In ciò rientra la creatività, l'innovazione e l'assunzione di rischi come anche la
capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. È una competenza utile a
tutti nella vita quotidiana, nella sfera domestica e nella società, serve ai lavoratori per aver
consapevolezza del contesto in cui operano e per poter cogliere le opportunità che si offrono
ed è un punto di partenza per le abilità e le conoscenze più specifiche di cui hanno bisogno gli
imprenditori che avviano un’’attività sociale o commerciale.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
IT
19
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La conoscenza necessaria a tal fine comprende la disponibilità di opportunità per attività
personali, professionali e/o economiche, comprese questioni più ampie che fanno da contesto
al modo in cui le persone vivono e lavorano, come ad esempio una conoscenza generale del
funzionamento dell’’economia, delle opportunità e sfide che si trovano ad affrontare i datori di
lavoro o un’’organizzazione. Le persone dovrebbero essere anche consapevoli della posizione
etica delle imprese e del modo in cui esse possono avere un effetto benefico facendo leva sul
commercio equo e solidale o sugli aspetti dell’’impresa sociale.
Le abilità concernono una gestione progettuale proattiva (con abilità quali la capacità di
pianificazione, di organizzazione, di gestione, la leadership e la delega, l’’analisi, la
comunicazione, la rendicontazione, la valutazione e la messa in registro) e la capacità di
lavorare sia individualmente che in collaborazione all'interno di gruppi. Occorre anche il
discernimento per identificare i propri punti di forza e i punti deboli e soppesare e assumersi
rischi all'occorrenza.
Un’’attitudine imprenditoriale è caratterizzata da spirito di iniziativa, capacità di anticipare gli
eventi, indipendenza e innovazione nella vita personale e sociale come anche sul lavoro. In
ciò rientrano la motivazione e la determinazione a raggiungere obiettivi, siano essi personali o
comuni con altri, e/o nel mondo del lavoro.
8. Espressione culturale
Definizione: consapevolezza dell’’importanza dell’’espressione creativa di idee, esperienze ed
emozioni in un’’ampia varietà di media, compresi la musica, le arti dello spettacolo, la
letteratura e le arti visive.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza
La conoscenza culturale presuppone una conoscenza di base delle principali opere culturali,
comprese quelle della cultura popolare contemporanea, quale parte importante della storia
dell’’umanità nel contesto del retaggio culturale nazionale ed europeo e della loro collocazione
nel mondo. Ciò è essenziale per cogliere la diversità culturale e linguistica dell’’Europa (e dei
paesi europei), la necessità di preservarla come anche l’’evoluzione del gusto popolare e
l’’importanza dei fattori estetici nella vita quotidiana.
Le abilità hanno a che fare sia con la determinazione di valore che con l’’espressione:
l’’autoespressione mediante un’’ampia gamma di media facendo uso delle capacità innate di un
individuo e il discernimento del valore e il godimento delle opere d’’arte e delle esibizioni
artistiche. Tra le abilità vi è anche la capacità di correlare i propri punti di vista creativi ed
espressivi ai pareri degli altri e di identificare e realizzare opportunità economiche nel
contesto dell’’attività culturale.
Un forte senso di identità è alla base del rispetto e di un’’attitudine aperta alla diversità
dell’’espressione culturale. Un’’attitudine positiva è legata anche alla creatività e alla
disponibilità di coltivare la capacità estetica per il tramite dell’’autoespressione artistica e
dell’’interesse nella vita culturale.
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Indire Edu - unità didattica
02/06/12 10.23
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Sperimentazione risorsa/attività didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
di Gloria Bernardi
1
2
Usare le “nuove tecnologie” in classe può significare molte cose. Le ICT offrono strumenti di lavoro (Fogli elettronici,
CAD, Trattamento immagini, DBMS, Word Processor, Editor ipertestuali), strumenti di condivisione e cooperazione
(blog, podcast, forum, chat, wiki), oggetti multimediali (come ad es. la lavagna digitale interattiva).
Possiamo usare “strumenti”, come il foglio elettronico per calcolare, una videoscrittura o un programma di
fotoritocco, come mezzi per potenziare i momenti dedicati a forme di insegnamento più tradizionali (lezione,
esercitazione individuale).
Possiamo modificare l’ambiente di apprendimento attraverso modalità di organizzazione del lavoro scolastico che
sollecitino la ricerca e l’apprendimento cooperativo, facendo leva sulle attività di ricerca in rete, sugli strumenti di
condivisione, con strategie didattiche come la webquest, il role play etc.
Possiamo utilizzare in questo nuovo contesto anche contenuti di apprendimento digitali.
INDIRE © 2006
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RISORSE DIGITALI PER STUDENTI
a cura di INDIRE
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Se trovi difficoltà ad aprire i link esterni, occorre abilitare il browser.
Consulta il TUTORIAL (file.zip kb 409)
1. La piramide di Cheope - ITALIANO
Un percorso esplorativo all'interno della piramide di Cheope che mette alla prova lo studente sulle capacità
di ascolto.
Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 3)
2. La nascita di Venere - ITALIANO
Un'esplorazione 3D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il
linguaggio delle immagini.
Apri scheda (file .doc kb 53) - Apri risorsa (file Mb 2,6)
3. L'annunciazione - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il
linguaggio delle immagini.
Apri scheda (file .doc kb 43) - Apri risorsa (file Mb 2,6)
4. Guernica - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno di un quadro che ha segnato profondamente la storia dell'arte moderna e
dellÂ’impegno civile dellÂ’artista rispetto alla guerra.
Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file kb 786)
5. Notte stellata - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno del mondo pittorico onirico e tormentato di Vincent Van Gogh, a partire da un
paesaggio notturno.
Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file Mb 2,16)
6. Era buono, lo prendevano in giro - ITALIANO
un viaggio in rete alla scoperta delle risorse presenti per informarsi e "armarsi" contro un fenomeno
dilagante: il bullismo.
Apri scheda - Apri risorsa (file kb 807)
7. Eppur si muove - ITALIANO
Il merito universalmente riconosciuto a Galileo è quello di aver introdotto nella scienza il metodo
sperimentale: un percorso in rete per descrivere la rivoluzione scientifica e i suoi protagonisti.
Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,07)
8. Navigare per imparare - ITALIANO
Un viaggio in rete a caccia di informazioni e curiosità sulla bellissima Lucca, per comprendere e confrontare
le informazioni, imparando a navigare con consapevolezza.
Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,26)
9. Una vita esemplare - SCIENZE
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Un viaggio nel mondo del baco da seta alla scoperta dei caratteri distintivi degli insetti e del loro ciclo di
vita.
Apri scheda (file .doc kb 56) - Apri risorsa (file Mb 20)
10. Viaggio all'interno della materia - SCIENZE
La risorsa prevede l'esplorazione all'interno di alcuni materiali fino alla visualizzazione della molecola e
dell'atomo.
Apri scheda (file .doc kb 63) - Apri risorsa (file Mb 19)
11. Dalle pavimentazioni ai quadrilateri - MATEMATICA
Un semplice percorso che guida lo studente alla formalizzazione del concetto di quadrilatero e alla
distinzione tra definizione e proprietà di un ente geometrico.
Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 1)
12. Solo N???- MATEMATICA
Iniziamo a mettere ordine nel mondo infinito dei numeri: insiemi, regole, leggi...
Un viaggio alla scoperta degli insiemi numerici e della loro relazione con le quattro operazioni aritmetiche.
Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 23)
Per eventuali segnalazioni o problemi tecnici relativi alle risorse, potete scrivere alla redazione di
INDIRE a questo indirizzo:
[email protected]
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Sperimentazione risorsa/attività didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Che cosa è un learning object?
LO è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere
riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare
l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può
essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare
l’apprendimento.» (D.A. Wiley)
Un learning object (sinteticamente noto come LO dal relativo acronimo) è una unità di istruzione, una risorsa digitale,
talvolta multimediale, per l’apprendimento. E’ dotata di specifiche caratteristiche: autoconsistenza, modularità,
reperibilità, riusabilità e interoperabilità (1), che ne consentono la possibilità di impiego in contesti diversi.
Spesso per descrivere i LO si usa la metafora dei mattoncini di LEGO o delle molecole, che offrono gli incastri
naturali per una ricomposizione infinita di entità più complesse. Un LO è quindi un elemento indipendente dal
contesto di creazione e di utilizzo, che si può aggregare ad altri costruendo di volta in volta diverse unità didattiche
che rispondano ad esigenze formative specifiche. Ha autonomia, può viaggiare da solo, può incontrare altre
esperienze ed inserirsi al loro interno - flessibile e polivalente, può essere nella cassetta degli attrezzi di più
insegnanti
I LO sono caratterizzati anche da uno specifico livello di “granularità”, ovvero di “grandezza” , che va da unità molto
semplici a oggetti assai complessi.
_________________________________________
(1) possibilità di uso su diverse piattaforme
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Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Tipologie di learning object
monocognitivi (conoscere): sono di tipo informativo, di istruzione (lezioni, esercitazioni, seminari, articoli,
saggi ecc.. Propongo percorsi di alfabetizzazione di base assicurando il possesso delle informazioni
indispensabili a livello di organizzazione dei contenuti, di lessico, di conoscenza degli strumenti di indagine
specifica dell’area di riferimento.
metacognitivi (interpretare): consentono di elaborare costruttivamente i saperi, anche tramite forme di
lavoro cooperativo (esercitazioni guidate, gruppi di discussione, role-play ecc.). Pongono l’attenzione sul
prodotto e propongono modalità di assunzione, formalizzazione e risoluzione dei problemi che passino
attraverso le 4 fasi canoniche della osservazione, ipotesi, sperimentazione, verifica, stimolando l’utilizzazione
di strumenti di conoscenza e di ricerca autonoma diretta.
fantacognitivi(costruire): pongono l’attenzione sulle capacità di interpretare, organizzare, strutturare le
informazioni secondo la creatività individuale e di gruppo, lasciando spazio all’emozione, all’avventura
cognitiva (simulazioni pratiche, esercitazioni ecc.). Pongono l’attenzione sul processo e favoriscono la
costruzione di percorsi originali e creativi di conoscenza valorizzando le capacità, individuali e di gruppo, di
intuire/inventare.
da L. Guerra – E. Pacetti: http://www2.scform.unibo.it/docenti/Guerra2_2005.doc
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Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Problematicità dei LO
Nati per l’istruzione a distanza (autoistruzione), i LO si propongono anche per i nuovi contesti di apprendimenti con
molte “ambiguità”.
L’enfasi data dalla letteratura specifica ad alcune caratteristiche quali l’autoconsistenza, la riutilizzabilità e
l’interoperabilità, che pur ne fanno strumenti potenti in determinate situazioni, lascia spesso in ombra altri aspetti
meno “evidenti” dei LO, ovvero le caratteristiche interne, intrinseche ai contenuti e alle loro modalità di
rappresentazione che rivelano il modello di apprendimento cui ogni LO si ispira.
I L.O. non sono costituiti da semplici somme o combinazioni di informazioni, sono invece materiali che nascono con
esplicite intenzioni formative, messe in gioco da coloro che li progettano e li realizzano; queste intenzioni si
imprimono all’interno del LO e ne modellano la struttura e il senso. E poiché è indubbio che non esista una forma
univoca di “intenzione formativa”, ma che al contrario è proprio su questo punto che si sostanzia la differenza tra le
varie teorie pedagogiche di sfondo, è altrettanto indiscutibile che chi progetta e modella LO vi imprima la propria
strategia educativa, che il prodotto porterà con sé.
Sarebbe molto utile allora, non limitare l’analisi dei LO ai loro caratteri esterni (sono autoconsistenti? Sono
modulari?...) ma portare la discussione anche su quelli interni (quale strategia formativa portano con sé? Quali
modelli di apprendimento propongono? Come interagiscono con il contesto? Sono indirizzati all’autoformazione
individuale o al lavoro di una comunità di apprendimento?).
A questo proposito è interessante l’analisi svolta da Alvino e Sarti (Istituto Tecnologie Didattiche di Genova) sul
rapporto tra filosofia dei LO e sfondo pedagogico costruttivista. (1)
http://www.comunedasa.it/elearning/lo_costruttivismo.pdf
Questo percorso porta a valutare meglio i LO e soprattutto aiuta a valorizzare le sinergie tra ciò che l’insegnante
sceglie di utilizzare e il percorso didattico che ha disegnato per e con i suoi alunni.
Più che di LO si tende oggi a parlare più generalmente di “risorse digitali” da utilizzare o creare in base
alle “architetture formative” che insegnanti e studenti scelgono in base al legame necessario e specifico tra obiettivo
formativo/contenuto d’apprendimento/strategia didattica.
E’ un passaggio che probabilmente porta a ridurre in modo significativo la compatibilità tra gli oggetti, e quindi la
riusabilità, la possiblità di creare gli “incastri dei mattoncini”. Questi incastri funzionano infatti solo se gli oggetti
condividono, accanto ai caratteri esterni (la descrizione, i termini usati per l’indicizzazione) linee guida interne, il
modello operativo, l’idea di formazione.
Alcune problematiche relative agli LO sono trattate in una serie di articoli pubblicati da Indire
I LO: dal dire al fare
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183
I LO: una messa a fuoco
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173
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Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici? Una piccola indagine per cogliere
dalla voce di alcuni insegnanti di varie nazioni pareri ed opinioni sul futuro. E non solo dei LO
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234
Cfr. anche Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche
Cfr. anche Form@re: http://www.formare.erickson.it/archivio/aprile_04/aceto.html
______________________________________________________________________
(1) cfr. Alvino, S., Sarti, L., “Learning Objects, strategie e mediazione didattica”, in Journal of e-Learning and
Knowledge Society, n. 1, 2005, pp. 45 – 53
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Learning Objects e Costruttivismo
Serena Alvino, Luigi Sarti
Istituto per le Tecnologie Didattiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche
{alvino | sarti}@itd.cnr.it
Abstract
Le teorie dell’’apprendimento alla base delle pratiche di e-learning tendono oggi a collocarsi nel paradigma costruttivista, che considera l’’appren-dimento come processo situato e
sociale, mette in discussione il valore assoluto della rappresentazione astratta della conoscenza in termini simbolici e formali, rivaluta la concretezza, il pluralismo epistemologico
e la relazione con il contesto. Quale ruolo giocano, in questa prospettiva, approcci all’’elearning basati sui Learning Objects? È praticabile il riuso delle risorse d’’apprendimento?
È possibile integrare nel concetto di LO casi ed esperienze situate in contesto, esempi e
buone pratiche di organizzazione del processo d’’apprendimento, strutture collaborative,
materiali prodotti dagli stessi studenti?
E-Learning e costruttivismo socio-culturale
Esistono oggi varie possibili definizioni del termine e-learning. Alcuni
autori lo usano per riferirsi ad attività di apprendimento/insegnamento che
coinvolgono l’’uso di computer, multimedialità, telematica e Internet, ponendo quindi un forte accento sugli aspetti tecnologici [Tsai e Machado,
2002]. Altri insistono soprattutto su una connotazione di e-learning come insegnamento/apprendimento ““autogestito”” in cui assumono particolare rilevanza la produzione e la distribuzione di materiale didattico autoistruzionale
[Stockley, 2002]. Per molti il semplice uso di Internet come medium non
basta a garantire processi d’’apprendimento più efficaci, efficienti, motivanti
e accessibili: è indispensabile investire nella qualità del progetto pedagogico
e nelle relazioni tra questo e le potenzialità di Internet [Koper, 2001]. Calvani [2002] ad esempio mette in guardia da approcci che, esclusivamente
concentrati sulla tecnologia, non tengano nel dovuto conto gli aspetti metodologici e le teorie che governano i processi d’’apprendimento: la rete è
oggi uno degli strumenti fondamentali di sostegno alle comunità di pratica,
alle modalità di apprendimento collaborative e sociali, ad un approccio che
privilegia la costruzione dell’’identità individuale e di gruppo. La pratica
dell’’e-learning non dovrebbe risolversi in una particolare modalità erogativa, ma piuttosto portare con sé un’’evoluzione dell’’organizzazione educativa e una valorizzazione delle risorse sociali e tecnologiche che apra la
strada a nuovi modi di apprendere e conoscere.
Wilson [1996] sottolinea come i nostri punti di vista sulla conoscenza influiscano sul concetto di insegnamento e apprendimento. Chi concepisce la
1
conoscenza come una quantità di contenuti da trasmettere, considera di conseguenza l’’insegnamento come un prodotto da convogliare attraverso un canale; nel contesto delle teorie cognitiviste di prima generazione la conoscenza è invece uno stato cognitivo evidenziato negli schemi mentali e nei
comportamenti procedurali, per cui insegnare si traduce nel predisporre un
insieme di strategie finalizzate a modificare gli schemi e i comportamenti
del discente; il costruttivismo concepisce i processi conoscitivi come
elaborazione di significati in interazione con l’’ambiente, da cui deriva una
didattica che si preoccupa di incoraggiare l’’attività autonoma dello studente
in un ambiente ricco di risorse e di stimoli; infine, se conoscere è interpretato come l’’adozione delle prospettive e delle pratiche di un gruppo, apprendere si traduce nel partecipare ai processi di costruzione condivisa di tali
significati nelle situazioni in cui opera una comunità. Nel contesto del
costruttivismo socio-culturale, un ambiente d’’apprendimento è così un
luogo in cui gli studenti possono lavorare insieme e aiutarsi a vicenda per
imparare ad usare una molteplicità di strumenti e risorse informative, nel
comune perseguimento di obiettivi d’’apprendimento e di attività di problem
solving [Varisco, 2002].
Le comunità di apprendimento che vengono così a formarsi hanno stimolato in varie direzioni la ricerca educativa, che ha formulato numerose proposte di notevole interesse: le Communities of learners [Brown e Campione,
1994; Ligorio, 1994], ispirate alle modalità collaborative di costruzione di
nuove conoscenze in un dato dominio proprie delle comunità scientifiche; le
Knowledge-Building Communities [Scardamalia e Bereiter, 1994], basate
principalmente sul concetto di apprendimento ““intenzionale”” che sottolinea
l’’importanza della dimensione meta-cognitiva; le Learning communities del
Cognition and Technology Group at Vanderbilt [CTGV, 1993], basate sul
concetto di istruzione ““ancorata””, in cui le attività di problem solving
devono essere sempre radicate in situazioni e contesti autentici e non fittizi;
le Communities of inquiry [Lipman, 1991], orientate allo sviluppo del
pensiero critico.
L’’approccio basato sui Learning Objects
Parallelamente, la ricerca in campo tecnologico sviluppa modelli e sistemi
che promuovano la riusabilità, la portabilità e l’’accessibilità dei materiali
didattici [ADL, 2001]. In questa prospettiva viene avanzata la proposta di
strutturare i materiali in termini di Learning Objects: documenti, applicazioni software, immagini, sequenze video e aggregati di questi che possono
essere (ri)usati come supporto ai processi d’’apprendimento [Wiley, 2000]
senza dipendere strettamente da altro materiale (““…… a learning object can
stand on its own ……”” [Koper, 2001, p. 4]).
2
Fermi restando i vantaggi della standardizzazione della rappresentazione
del materiale educativo, che ne consente il riuso e l’’interscambio contribuendo a promuoverne la qualità, circoscrivere i processi formativi alla
fruizione individuale di materiali didattici eterogenerati implica una visione
limitativa dell’’apprendimento e fa riferimento a un modello inaccettabile
alla luce del costruttivismo: chi apprende non si limita ad acquisire informazioni, ma ha bisogno di interagire con il docente e con i suoi pari per attivare processi dialogici di negoziazione, interpretazione e strutturazione dei
significati, e di svolgere attività in ambienti progettati allo scopo.
Secondo Littlejohn (2003) questi processi e i relativi modelli di interazione possono essi stessi essere visti come risorse riusabili: strutture di discorso a cui un docente può far riferimento nel progetto di un corso. Nella fase di disegno del corso il docente si pone quindi come mediatore tra contenuti e attività da un lato, e il modello teorico di riferimento dall’’altro (Figura
1).
modello
dell’’apprendimento
(es. costruttivismo
socio-culturale)
progettazione
del corso
materiali e supporti
didattici
attività proposte
agli studenti
ambiente di apprendimento
Figura 1. La progettazione come mediazione tra contenuti, attività modello di riferimento.
Learning Objects e costruttivismo
Buona parte del software didattico attualmente in commercio vede il computer come uno strumento didattico stand alone che è in grado di gestire un
3
processo comunicativo individualizzato col proprio utente [Persico, 2000]1.
In questa prospettiva, la tecnologia dei LO offre indubbi vantaggi: facilità ed
economia di risorse nello sviluppo, un elevato grado di intercambiabilità e
riuso, maggiore possibilità di personalizzare i percorsi di apprendimento
rispetto alla didattica frontale [Merrill, 1998]. Questa impostazione consegue da presupposti cognitivisti fortemente orientati a considerare
l’’apprendimento come elaborazione di informazione che, considerata sinonimo di conoscenza, può essere trasferita dal computer allo studente mediante un processo puramente comunicativo: una volta che lo studente ha
visto e studiato l’’informazione sarà in grado di superare il test relativo e,
ipso facto, di usarla come parte di una più ampia base di conoscenza.
L’’apprendimento procede per passi discreti, con la somministrazione di
quanti di informazione decontestualizzata che progressivamente vanno a
costituire una rete di contenuti interrelati; l’’integrazione dei vari elementi in
un tutto unico è lasciata a carico dello studente: si suppone avvenga più o
meno automaticamente, una volta acquisite tutte le componenti. La concezione corrente dei LO enfatizza il tradizionale modello iterativo ““presentazione, pratica, feedback”” che sfrutta la disponibilità del computer (molto
maggiore di quella del docente umano) a consentire ripetute visite a (quasi
sempre lo stesso) materiale, ma spesso non riconosce la necessità di rendere
disponibili una molteplicità di modi di presentazione dei contenuti, e di favorire lo sviluppo di prospettive e punti di vista differenziati.
Ad oggi la discussione sui LO si è prevalentemente focalizzata sugli elementi metodologici e tecnologici inerenti la loro progettazione e realizzazione, ed ha tendenzialmente trascurato gli aspetti più direttamente correlati al
supporto che i LO possono fornire al processo d’’apprendimento. In effetti, i
LO costruiti sul modello basato sul trasferimento di informazioni possono
dimostrarsi in molti casi insufficienti a fornire una risposta adeguata a molte
esigenze d’’apprendimento. Nelle situazioni in cui si richieda agli studenti di
sviluppare abilità di pensiero critico, comunicazione, problem solving in
domini complessi o non completamente specificati ci si affida preferibilmente ad ambienti d’’apprendimento di stampo costruttivista. La fruizione di
materiali didattici precostituiti, che nell’’approccio tradizionale dei LO è
1
Ciò non significa necessariamente che l’’approccio metodologico su cui si fonda l’’uso di
software didattico sia esclusivamente trasmissivo: un simulatore o l’’interprete di un linguaggio di programmazione (ad esempio LOGO) sono esempi di software didattico con cui
è possibile costituire ambienti d’’apprendimento che favoriscono la costruzione, anche negoziale, dei significati. È tuttavia innegabile che alcune categorie di software didattico, come i tutoriali e gli ipertesti, tendano a realizzare una modalità istruzionale basata sulla trasmissione pressoché unidirezionale dei contenuti.
4
considerata sostitutiva della lezione frontale e pertanto elemento principale
del processo istruzionale, nel contesto del costruttivismo socio-culturale è
solo una delle attività fondanti il processo d’’apprendimento, che si basa
anche sull’’apprendistato cognitivo, la negoziazione sociale dei significati, la
costruzione dell’’identità attraverso la partecipazione alle pratiche di una
comunità, la meta-riflessione.
Certamente rimane la necessità, per il discente, di consultare un corpo
documentale che fornisca informazioni relativamente al dominio oggetto
dell’’apprendimento. È importante comunque tenere presenti le seguenti considerazioni.
x Le attività di ““studio”” non si esauriscono nell’’interazione individuale
con le informazioni catturate in un corpo di LO predisposti nel processo di instructional design.
x Per quanto ““oggettive”” siano tali informazioni, cioè per quanto ci si
sforzi di riportare fatti inoppugnabili del dominio in oggetto,
l’’interpretazione che noi diamo di tali fatti è sempre condizionata
dalle prospettive culturali, sociali, ideologiche ecc. nelle quali siamo
immersi; è importante quindi che, nel predisporre un corpo documentale di riferimento ad un’’iniziativa di formazione, si riconosca
l’’importanza di facilitare tale processo d’’interpretazione, sia a livello
individuale che di gruppo, privilegiando il pluralismo e la
molteplicità di prospettive anche a scapito della consistenza interna.
x I LO come sono concepiti oggi (prodotti decontestualizzati di
un’’attività di instructional design) possono catturare solamente la
conoscenza esplicita in un dato dominio; la componente implicita, in
certi casi assai rilevante, emerge dall’’interazione comunicativa tra i
membri di una comunità di pratica che operano in situazioni reali
[Wenger et al, 2002].
x Il corpo di conoscenze su cui si basa una comunità d’’apprendimento
non è statico, ma evolve in seguito al processo di co-costruzione e
selezione dei significati messo in atto dalla comunità stessa; ciò implica che non sia possibile considerare i LO eterogenerati ed immutabili dal punto di vista dei discenti, che anzi possono e devono contribuire alla riedizione dei LO, e alla definizione di nuovi LO parallelamente alla costruzione collaborativa di nuova conoscenza (vedi
più avanti la sezione 0); i LO sono cioè il prodotto di un processo di
reificazione e partecipazione che vede coinvolta tutta la comunità di
apprendimento [Wenger, 1998].
5
x Privilegiare l’’obiettivo del riuso di LO significa spingere nella direzione della decontestualizzazione del materiale; in prospettiva costruttivista il contributo del contesto (sociale, culturale, organizzativo, professionale ecc.) è invece indispensabile alla definizione del
processo d’’apprendimento, e il valore di un LO, anche a scapito della sua riusabilità, è direttamente proporzionale alla sua integrabilità
nelle specifiche situazioni in cui i discenti affrontano insieme problemi autentici.
x Un intervento formativo di qualità deve lasciare spazio ad attività di
meta-riflessione che guidino i discenti a ripercorrere il processo
d’’apprendimento nelle sue tappe fondamentali, nell’’ottica di favorire
l’’imparare ad imparare e lo sviluppo di capacità di giudizio critico.
Questa necessità si riflette sulla struttura dell’’intervento formativo,
sull’’organizzazione dei supporti forniti dai docenti, sulle funzionalità
offerte dai LO.
La riusabilità dei LO
Circa la riusabilità dei LO, come si è visto non si tratta di un valore assoluto, ma di un’’opportunità di risparmio (nei costi, nel tempo di sviluppo)
che deve essere comunque subordinata alla qualità del processo
d’’apprendimento. Il concetto stesso di riusabilità viene interpretato diversamente nei vari contesti dell’’apprendimento [Rehak e Mason, 2003]: ad
esempio, le aziende che offrono formazione ““on demand”” cercano di potenziare il proprio mercato puntando alla realizzazione di ricchi database di LO,
aggregabili secondo necessità in moduli e corsi composti sulla base delle
esigenze dell’’utenza. In questo scenario, lo studente (il cliente) indica le
proprie necessità di apprendimento, le conoscenze di cui già dispone, le
proprie preferenze ecc. e il corso viene confezionato sul momento, selezionando automaticamente dal database i LO più adeguati. In ambito universitario il concetto di riusabilità è invece prevalentemente considerato nella
prospettiva del docente, che nella fase di progettazione del corso attinge a
LO esistenti aggregandoli in fase di disegno, provvede alla loro integrazione, inserisce attività pratiche e di gruppo, controlla l’’uniformità del linguaggio e la consistenza dei contenuti trattati ecc. È evidente che prospettive
di riuso così varie pongono condizioni differenti sulla struttura dei LO , sui
metadati che li descrivono, sugli strumenti di selezione, personalizzazione e
integrazione.
Rimane in ogni caso aperta la possibilità di catturare, in un LO, non solo il
materiale didattico riusabile da molti utenti finali in modalità di autoap6
prendimento, ma anche (e soprattutto) la meta-conoscenza elaborata dagli
autori dell’’intervento formativo nei termini delle scelte organizzative e
strategiche che hanno guidato il progetto dell’’intervento stesso. Lo sviluppo
e la condivisione di design time LO consentirebbe ai progettisti di costruire i
propri prodotti partendo non da zero, ma da una base di competenze pedagogiche già sperimentate in contesti analoghi. Ad esempio, si pensi al caso
in cui il progettista di un corso desideri attivare un processo di confronto ospitato in un forum di discussione asincrono: la pianificazione temporale di
tale attività, la struttura dei documenti co-costruiti dai partecipanti, le tipologie di supporto offerte dai tutor, i casi di studio proposti ecc. si costituiscono come risorse di notevole valore educativo, largamente riusabili da
altri progettisti in contesti simili.
Alcune considerazioni specifiche devono essere infine dedicate al problema della granularità dei LO. Secondo gli standard emergenti e in
un’’ottica istruzionale/cognitivista, il concetto di granularità si identifica con
un continuum che sale dal singolo concetto, ad una lezione, ad un’’unità didattica, ad un intero corso, ammettendo che la conoscenza possa essere suddivisa e segmentata, per poi essere inserita in una struttura tassonomica
[Petrucco, 2002]; in questa prospettiva, più l’’oggetto di apprendimento
risulta essere ““piccolo””, maggiore risulta la flessibilità del sistema, poiché se
ogni LO focalizza un singolo concetto si riduce la possibilità di influenza
del contesto. Nell’’approccio costruttivista, dove il pensiero e
l’’apprendimento umano si strutturano in relazione al mondo sociale e agli
elementi contestuali che gli conferiscono significato, il concetto di granularità di un LO va rivisto in una triplice prospettiva:
x a quale livello è corretto caratterizzare il LO con elementi contestuali?
x le diverse tipologie di metadato previste dagli standard emergenti
(es. SCORM) consentono una corretta descrizione del contesto educativo di riferimento?
x le possibili interpretazioni personali nella scelta degli attributi da inserire nei diversi campi dei metadati educational possono inficiare
l’’oggettività richiesta da questo tipo di classificazioni?
Catturare le conoscenze tacite
Harris e Higgison (2003) descrivono OTiS (Online Tutoring Skills), un eworkshop che ha coinvolto oltre 100 partecipanti di diverse nazionalità sui
temi del tutoring online. Obiettivo specifico di OTiS è catturare conoscenze
e abilità associate che sono prevalentemente tacite e in costante evoluzione,
7
e quindi di difficile accessibilità, essendo il ruolo del tutor ancora in larga
misura oggetto di ricerca. I partecipanti, operatori nel campo della formazione online, hanno costituito una comunità di pratica con lo scopo di condividere e discutere le proprie esperienze. Data l’’ampia gamma di aspetti discussi e la varietà delle esperienze riportate, tutti hanno, in momenti diversi,
ricoperto sia il ruolo di ““esperto”” che quello di ““novizio””. Il principale strumento scelto per incoraggiare i partecipanti ad articolare e condividere le
proprie conoscenze tacite è stato lo studio di casi: sulla base di una struttura
predefinita (template) ai partecipanti è stato richiesto, come attività precedente al workshop, di descrivere la propria pratica di tutor online. Una selezione (operata da un comitato di revisori) ha successivamente selezionato i
casi più interessanti, sulla base dei quali sono state organizzate le attività
collaborative condotte nel workshop stesso. Successivamente al workshop
un sottoinsieme dei partecipanti (writing teams) ha riorganizzato ed indicizzato i casi, le risultanze delle discussioni, gli interventi degli esperti chiamati a contribuire al workshop, ecc. dando così forma ad una base di risorse
riusabili2 di notevole valore pedagogico nel campo del tutoring online.
Harris e Higgison sostengono che il modello di OTiS è riusabile in molti
contesti di formazione professionale, in quanto consente a novizi ed esperti
di apprendere attraverso il mutuo coinvolgimento e l’’interazione. Gli autori
propongono quindi due livelli di riuso dell’’esperienza descritta: da una parte
il modello (articolazione delle attività, template di descrizione dei casi, struttura delle sintesi elaborate dai writing teams……), generico e trasversale ai potenziali domini di conoscenza in cui l’’esperienza potrebbe essere riapplicata;
dall’’altra il database di risorse co-costruito dai partecipanti, che mette a
fuoco le problematiche specifiche del tutoring online. Tutto ciò non è ancora
modellabile in termini di LO: gli standard di rappresentazione al momento a
disposizione non forniscono un corpo di metadati adeguato a catturare
questo tipo di (meta)conoscenze. È pertanto necessario muoversi nella direzione di un’’estensione dei metadati educational che consenta di rappresentare indicazioni, linee guida, strutture di attività ecc.
Modellare la conoscenza pedagogica
Sebbene gli standard IMS e SCORM includano tra le categorie di metadato i descrittori educational e annotation, il cui scopo è rispettivamente di
rappresentare le caratteristiche pedagogiche della risorsa e di inserire commenti relativi al suo uso didattico, la conoscenza che essi consentono di catturare è assai limitata e del tutto insufficiente alle necessità di chi progetta
2
8
Accessibile in http://otis.scotcit.ac.uk/onlinebook/
interventi formativi ricchi e flessibili. Gli standard di rappresentazione tendono infatti a presentarsi come ““pedagogicamente neutri””, cioè adeguati a
qualsiasi schema metodologico sul piano delle strategie didattiche e delle
teorie dell’’apprendimento che le sostengono. Trascurando il fatto che questa
impostazione è probabilmente irrealizzabile (non è possibile prescindere
dall’’approccio teorico, anche implicito, che adottiamo nella nostra relazione
col mondo), è comunque necessario, nell’’ottica di favorire il riuso di risorse
educative, descrivere esplicitamente le modalità con cui il progettista struttura la proposta formativa: come sono organizzate le attività, quali sono le
relazioni tra le persone e le risorse, ecc.
In questa direzione sono state avanzate alcune proposte di definizione di
linguaggi per la modellizzazione educativa (Educational Modelling Languages, EML) che consentano di descrivere il contenuto e il processo in una
““unità di apprendimento”” nella prospettiva pedagogica, per favorirne il riuso
e l’’interoperabilità [Rawlings et al, 2002]. Un EML offre una notazione semantica per descrivere unità di apprendimento per l’’e-learning e favorire il
riuso del progetto educativo, delle attività di apprendimento, ecc.
Tra queste proposte particolarmente interessante è OUNL-ELM, elaborato
dalla Open University olandese, che è stato selezionato per essere integrato
con gli standard IMS e SCORM. I metadati che descrivono un LO sono arricchiti con descrizioni dello scopo, degli obiettivi, dei ruoli coinvolti, del
contesto e dei comportamenti: il LO non è più soltanto un ““oggetto di conoscenza””, ma finalmente una unità di apprendimento in cui è stata esplicitata
(e quindi resa facilmente riusabile a livello di progettazione) l’’organizzazione degli eventi e delle attività proposte agli studenti.
Una descrizione completa di OUNL-ELM è disponibile in [Koper, 2001].
Una proposta operativa
La ricerca sulla possibilità di integrare la filosofia dei LO con le teorie del
costruttivismo sociale ha quindi davanti a sé due principali prospettive di
indagine:
x l’’integrazione nell’’ambito delle risorse riutilizzabili in un intervento
formativo (learning-time LO) di materiali prodotti dagli studenti3 e
di esperienze e casi situati in un contesto;
x lo sviluppo e la condivisione di esempi e buone pratiche per
l’’organizzazione del processo di apprendimento, cioè la meta3
Il problema della correttezza dei contenuti generati dagli studenti va risolto attivando processi di certificazione della conoscenza emersa, presidiati dal docente e avvalorati dalla partecipazione dell’’intera comunità.
9
conoscenza sulle scelte organizzative e strategiche sviluppata dai
progettisti di interventi formativi (design-time LO).
Una discussione in un forum, l’’interazione di due o più corsisti in una
chat, un documento prodotto collaborativamente da un gruppo di studenti,
possono costituire un’’importante risorsa di apprendimento sia per chi ha
prodotto quel materiale, sia per altri individui che si trovano ad affrontare
processi simili; mentre, nel primo caso, queste risorse possono costituire
un’’occasione per effettuare una meta-riflessione sul processo svolto, per rivedere i passi percorsi, individuare possibili errori e margini di miglioramento, nel secondo caso rappresentano un’’occasione di confronto e una
modalità alternativa per apprendere nuovi concetti. Le risorse prodotte da
una comunità di apprendimento, proprio perché nascono dall’’evolversi di un
gruppo, non sono statiche di per sé, anzi stimolano una continua revisione e
rielaborazione dei risultati raggiunti; anche coloro che sono solo fruitori di
quelle risorse, come nel caso di corsisti che hanno a loro disposizione materiali eterogenerati, vengono stimolati al confronto e spinti a trasferire concetti e processi nel loro contesto di apprendimento, attraverso un recupero
degli elementi positivi ed una revisione di quelli negativi.
Casi, esperienze e prodotti degli studenti, sebbene possano essere recuperati e presentati come learning-time LO, non potranno mai sacrificare il
loro stretto legame col contesto in cui sono stati sviluppati in favore di una
maggiore possibilità di riuso, poiché il contesto stesso costituisce una parte
imprescindibile del loro contenuto formativo; la traccia di una discussione
in un forum potrà così diventare un LO solo se sarà accompagnata da
un’’accurata descrizione del contesto in cui si è sviluppata; queste informazioni, che si rivelano fondamentali per una corretta interpretazione delle dinamiche socio-psico-culturali che caratterizzano in quella particolare discussione, possono essere parte integrante del LO oppure essere esplicitate
attraverso i metadati che lo descrivono.
Al contrario, nei design-time LO, la descrizione del contesto di applicazione non costituisce un contenuto formativo di per sé, ma una risorsa per il
progettista, un contributo che favorisce la riusabilità dello stesso modello
didattico in un contesto diverso; infatti, il design-time LO non costituisce in
primis una risorsa per il fruitore del processo formativo, bensì per il progettista, poiché consiste in una struttura riusabile per l’’organizzazione di interventi didattici, che rappresenta, sotto forma di procedura, attività didattiche
legate ad una specifica strategia d’’apprendimento.
I contesti nei quali è stata adottata questa struttura possono costituire un
utile esempio di applicazione ed un supporto per il progettista che decide di
riusare quella particolare procedura nell’’ambito del proprio corso; i meta10
dati che descrivono questi LO non dovrebbero quindi contenere informazioni su uno specifico contesto di applicazione, bensì sulla strategia didattica
alla base della struttura ed, eventualmente, fornire alcuni esempi di adattamento della struttura a contesti diversi.
La Figura 2 può costituire un esempio di cosa intendiamo per design-time
LO: la procedura in essa rappresentata descrive un’’attività di esercitazione
proposta in un corso di formazione a distanza basato su strategie di apprendimento collaborativo.
PRESENTAZIONE
ATTIVITA’’
CREAZIONE DI 3
GRUPPI DI
LAVORO
DISTRIBUZIONE
MATERIALI:
1. caso di studio
2. riferimenti
teorici
3. traccia per la
stesura della
relazione
FRUIZIONE
INDIVIDUALE DEI
MATERIALI
GRUPPO 1
DISCUSSIONE
NEL FORUM G1
GRUPPO 2
DISCUSSIONE
NEL FORUM G2
GRUPPO 3
DISCUSSIONE
NEL FORUM G3
RELAZIONE
GRUPPO 1
(r1)
RELAZIONE
GRUPPO 2
(r2)
RELAZIONE
GRUPPO 3
(r3)
GRUPPO 3
LETTURA E
DISCUSSIONE SU
r1 e r2
GRUPPO 1
LETTURA E
DISCUSSIONE SU
r2 e r3
GRUPPO 2
LETTURA E
DISCUSSIONE SU
r1 e r3
DISCUSSIONE
DEI 3 GRUPPI IN
UN UNICO FORUM
RELAZIONE FINALE
Figura 2. Un esempio di design-time LO.
11
L’’esercitazione si basa sullo studio di un caso reale e prevede l’’interazione
a distanza di tre gruppi di lavoro, ciascuno supportato da un apposito forum
di discussione, e la stesura collaborativa di una relazione finale sullo studio
effettuato.
Dopo una breve presentazione dell’’attività, il docente provede a creare tre
diversi gruppi di corsisti, formati da circa 5-10 persone. Successivamente
vengono distribuiti i materiali necessari per svolgere l’’esercitazione: dei materiali teorici di riferimento, una traccia di lavoro (una per ciascun gruppo)
che evidenzi le dimensioni-chiave da affrontare nella relazione ed i materiali
che descrivono il caso di studio; questi ultimi sono stati preventivamente
suddivisi in tre blocchi distinti, relativi, ad esempio, a tre diverse fasi di uno
stesso processo o ad altrettanti punti di vista su di esso, oppure, infine, a tre
diversi casi reali, confrontabili fra loro; a ciascun gruppo di lavoro viene assegnato uno di questi blocchi.
L’’attività inizia pertanto con la fruizione individuale dei materiali distribuiti dal docente; successivamente, ciascun gruppo viene invitato a darsi
un’’organizzazione interna e a discutere sul caso di studio, interagendo nella
propria area di discussione; già in questa fase devono essere stati esplicitati
dal docente i tempi di consegna dell’’esercitazione, in modo che ciascun
gruppo riesca a darsi anche un’’organizzazione temporale. Sulla base della
traccia di lavoro fornita dal docente, ogni gruppo, attraverso l’’interazione
nel forum e la condivisione di documenti, produce una relazione finale relativa al proprio blocco di materiali. A questo punto l’’elaborato prodotto da
ciascun gruppo diventa materiale di studio per gli altri due; infine, viene
creato un forum generale, aperto a tutti e tre i gruppi, nel quale è possibile
discutere dei lavori consegnati dai colleghi, esprimendo i propri dubbi,
chiedendo chiarimenti e ricevendo risposta dagli stessi autori dell’’elaborato;
la discussione in questo forum e l’’eventuale ulteriore condivisione di documenti e bozze porta all’’elaborazione di una relazione finale, risultato del lavoro di tutta la comunità di apprendimento.
Il design time LO è pertanto un meta-modello che descrive le relazioni
semantiche tra i diversi LO e tra questi e le altre risorse di supporto
all’’apprendimento contenuti all’’interno di un corso o di una unità didattica;
queste relazioni si strutturano in base alle strategie didattiche che vengono
adottate e al contesto di applicazione. Durante il processo di apprendimento
i design-time LO e le risorse da essi correlate ed organizzate possono subire
un ulteriore processo di adattamento al contesto e di trasformazione (vedi
Figura 3): i LO che sviluppano i contenuti del corso sono interpretati, rivisti
ed integrati dalla comunità dei discenti; test ed esercitazioni stimolano la
creazione di nuovi prodotti individuali e di gruppo; le risorse di supporto
12
all’’apprendimento, quali FAQ, guide e netiquette, vengono sviluppate ed integrate grazie al contributo di tutti corsisti; strumenti quali forum, chat ed
aree per lo scambio dei materiali consentono la generazione e
l’’esplicitazione di nuova conoscenza condivisa della comunità.
C
LO
Contenuti
Strutturazione
relazioni fra LO
in base alle
strategie
didattiche
C
= comunità
I
= individuo
D
= docente
DESIGN TIME LO
Metaconoscenza
su organizzazione
e interrelazione
dei LO
LO
Test
Esercitazioni
Risorse
di supporto
all’’appr.
collaborativo
Interpretazione
Revisione
Integrazione
C
Nuovi
LO
Riusabili
I
Risoluzione
Produzione
C
D
Sviluppo ed
integrazione
delle risorse
Nuovi
DESIGN
TIME
LO
Riusabili
Figura 3. Il processo evolutivo dei LO.
In questo modo, dallo sviluppo di un percorso didattico possono originarsi nuovi learning-time LO, che racchiudano esperienze reali sviluppate
nel corso e prodotti della comunità, e nuovi design-time LO, nati
dall’’adattamento del meta-modello scelto originariamente dal progettista al
contesto di applicazione.
Conclusioni
L’’estensione del concetto di LO ad esperienze, casi reali e prodotti di una
comunità di apprendimento (learning-time LO) e a meta-conoscenze didattico-organizzative sviluppate dai progettisti di interventi formativi (designtime LO) apre nuovi orizzonti nella progettazione di unità didattiche a distanza.
L’’esplicitazione e la formalizzazione in meta-modelli delle buone pratiche
e delle conoscenze tacite dei progettisti, spesso organizzate unicamente attraverso schemi mentali progressivamente sempre più articolati ed integrate
attraverso un processo basato su tentativi successivi [Trentin, 2003], può costituire un importante passo verso la riusabilità non solo dei materiali didattici, ma anche dei modelli che ne definiscono le relazioni semantiche e temporali; questi modelli, infatti, possono essere riusati sia dallo stesso autore
che da altri progettisti, attraverso un processo di ri-contestualizzazione.
13
La creazione di veri e propri database di LO, consultabili con indici, parole chiave e query, è praticabile sia per i learning-time LO, che per i design-time LO; in questo scenario professionisti del settore, organizzati in
comunità di pratica interne o trasversali alle istituzioni, creano, alimentano e
condividono questi ““repositori””, riusando ed adattando i modelli proposti
dai colleghi e proponendo, in base all’’esperienza acquisita, nuovi metamodelli didattici; casi concreti e prodotti eterogenerati, emersi da processi
formativi condotti dai membri della comunità, sono riusati come nuove risorse per l’’apprendimento ed integrati nel database dei learning-time LO;
infine un’’apposita interfaccia (ad es. un wizard) che interagisce con il database dei design-time LO offre supporto al progettista nella selezione, riorganizzazione ed integrazione dei learning-time LO più adeguati ai suoi obiettivi.
Se la possibilità di condividere conoscenze tacite, schemi procedurali e
modelli di interazione può fornire un importante supporto al corretto riuso
dei singoli LO, l’’estensione del concetto di LO ad esperienze reali, a prodotti generati dalla stessa comunità di apprendimento e a risorse per loro
natura legate al contesto di sviluppo, può costituire un ulteriore passo verso
l’’integrazione di una molteplicità di approcci teorici nella pratica dell’’elearning.
Ringraziamenti
Questo studio ha beneficiato dei finanziamenti del progetto ““VICE Comunità virtuali per la formazione”” (Fondo speciale MIUR per lo sviluppo
della ricerca di interesse strategico ““Piattaforme ITC abilitanti complesse ad
oggetti distribuiti””) e del progetto ““Web Learning per la qualità del capitale
umano”” (Programma di ricerca CNR ““Strumenti, Ambienti e Applicazioni
Innovative per la Società dell’’Informazione””).
Siamo grati a Donatella Persico e a Stefania Manca per gli utili consigli
apportati in sede di revisione di questo lavoro.
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15
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LEARNING OBJECTS
Learning Object: dal dire al fare
E-learning, pedagogia, modelli formativi che stanno alla base della progettazione dei Learning Object: scuola e ambienti online si avvicinano
di Massimo Faggioli
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18 Luglio 2005
La tematica relativa ai Learning Object (LO) è al centro di
un’ampia discussione. Dopo una prima fase di avvio su piccola
scala delle sperimentazioni di e-learning, ci si è resi conto che le
piattaforme di formazione che nascono per soddisfare le esigenze
di singoli progetti hanno un forte tendenza centrifuga, tendono cioè
a modellarsi sul contesto per cui sono state progettate.
Il fatto può rappresentare un forte ostacolo per la riusabilità dei
contenuti e dei materiali formativi e compromettere uno dei più allettanti vantaggi commerciali
dell’adozione di sistemi di formazione online: l’economia di scala, la possibilità di usare i
componenti in formato digitale riassemblandoli in nuovi contesti.
L’idea vincente sembra essere allora quella di separare la piattaforma di formazione, con la sua
struttura, l’organizzazione gerarchica dei moduli, dai contenuti finali, dagli oggetti di
insegnamento/apprendimento.
Ecco quindi comparire questa nuova entità, il LO, definito come un oggetto:
La dittatura dei learning
object
di Giovanni Biondi (16
Dicembre 2004)
Learning Object: parola agli
insegnanti
di Antonio Sofia (10
Dicembre 2004)
Note di Antonio Fini sui
Learning Object
di Francesco Vettori (03
Dicembre 2004)
Puntoedu, ambiente di
apprendimento
· in formato digitale
· destinato in modo esplicito all’apprendimento,
· autoconsistente,
· modulare
· riusabile.
di Silvia Martinucci (23
Novembre 2004)
Proprio perché il LO nasce come un oggetto la cui caratteristica fondante è la riusabilità,
l’analisi si è orientata in primo luogo sulla definizione di un linguaggio condiviso per
l’indicizzazione che ne permettesse la recuperabilità in un sistema di database online, e, in
secondo luogo, sulla definizione di uno standard per la descrizione della struttura interna. Sia
nel primo caso (metadata) che nel secondo (SCORM e altri standard) si tratta di sistemi
capaci di adattarsi a oggetti che nascono in contesti diversi e con intenzioni educative anche
molto distanti.
Learning object: storia di un
oggetto in mutamento
Officina Puntoedu
di Giusy Cannella (23
Novembre 2004)
di Valentina Tiracorrendo
(05 Novembre 2004)
L.O.: messa a fuoco!
di Valentina Tiracorrendo
(05 Novembre 2004)
Oggetto didattico, questo
sconosciuto
di Marisa Trigari (05
Novembre 2004)
Ma il limite più grande di questi sistemi sta forse nel
fatto che essi sono pensati per favorire un sistema
globale di distribuzione, quindi più mirati sugli aspetti
esterni del LO, come la modularità o l’autoconsistenza,
mentre tralasciano del tutto gli aspetti interni. Del resto,
all’idea di LO si accompagna il disegno (o l’utopia?) di
un sistema di repository interconnessi su Internet,
contenenti LO che possono essere ricercati (magari via
XML), scaricati e riassemblati per comporre nuovi
corsi. Si arriva così a parlare di un sistema di
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183
Costruire oggetti didattici
con le banche dati Indire
di Silvia Panzavolta (20
Ottobre 2004)
Peer education: l'educazione
tra pari che passa
conoscenze
di Silvia Panzavolta (08
Ottobre 2004)
Page 1 of 4
Indire, sito ufficiale
02/06/12 10.30
corsi. Si arriva così a parlare di un sistema di
“mattoncini di lego”, oggetti educativi che offrono gli incastri naturali per una ricomposizione
infinita di entità più complesse.
Ottobre 2004)
E’ naturale associare un sistema di questo tipo alle intuizioni di Ted Nelson, che a metà degli
anni sessanta prefigurava un sistema ipertestuale di interconnessione tra nodi di conoscenza,
che riassumesse e rendesse disponibile tutto il sapere. Xanadu, l’ipertesto globale di Nelson,
non è stato mai realizzato, ma ha rappresentato una tappa fondamentale nello sviluppo
dell’idea di ipertesto e di rappresentazione reticolare della conoscenza. Non a caso si è tornati
a parlarne ancora quando, 30 anni dopo, si è verificato il vertiginoso sviluppo della rete Internet
con il World Wide Web. Anche in questo caso si è verificato un fenomeno capace di prefigurare
la realizzazione dell’ipertesto globale, con conseguenti facili entusiasmi per la presenza di una
rete capace di rendere potenzialmente disponibile per tutti la conoscenza a costo zero.
di Silvia Panzavolta (29
Settembre 2003)
Ma è evidente che anche l’overflow di informazione offerto dalla rete pone nuovi problemi
all’utente che ricerca informazioni e materiali e che cerca di riorganizzarli nell’ambito di propri
obiettivi di conoscenza. Sono i problemi che derivano dal rapporto informazione/rumore
(quante, tra le informazioni che trovo, sono quelle che mi servono veramente?), i problemi dell’
attendibilità delle fonti (quanto sono certo che l’informazione che trovo sia corretta?), i problemi
di significatività degli oggetti (quale “consistenza”, quale qualità ha l’informazione che ho
trovato?). Non a caso stiamo assistendo a continui tentativi per creare strumenti di ricerca
sempre più raffinati, che operino in modo intelligente, dalle strategie del web semantico ai
motori basati sui modelli dell’intelligenza artificiale.
Oggetti Didattici: la
valutazione degli insegnanti
Come cambierà il tuo lavoro
di insegnante con gli Oggetti
Didattici?
di Francesca Sbordoni (29
Settembre 2003)
Learning Object, oggetti
didattici per l'e-learning
di Silvia Panzavolta (01
Gennaio 2003)
Quando si passa da un sistema globale altamente
eterodiretto come la rete Internet a uno fortemente
indirizzato al mondo dell’educazione e della formazione
come quello che dovrebbe sostenere la distribuzione dei
LO, il problema è ancora più complicato. La rete
Internet, scandagliata in modo mirato, può
rappresentare un repository diffuso e potenzialmente
infinito di tasselli di conoscenza utili per costruire LO.
Tuttavia i L.O. non sono costituiti da semplici somme o
combinazioni di informazioni, sono invece materiali che
nascono con esplicite intenzioni formative, messe in gioco da coloro che li progettano e li
realizzano; queste intenzioni si imprimono all’interno del LO e ne modellano la struttura e il
senso. E poiché è indubbio che non esista una forma univoca di “intenzione formativa”, ma che
al contrario è proprio su questo punto che si sostanzia la differenza tra le varie teorie
pedagogiche di sfondo, è altrettanto indiscutibile che chi progetta e modella LO vi imprima la
propria strategia educativa, che il prodotto porterà con sé.
Sarebbe molto utile allora, non limitare l’analisi dei LO ai loro caratteri esterni (sono
autoconsistenti? Sono modulari? Quale è il livello di granularità che li qualifica?...) ma portare la
discussione anche su quelli interni (quale strategia formativa portano con sé? Quali modelli di
apprendimento propongono? Come interagiscono con il contesto? Sono indirizzati
all’autoformazione individuale o al lavoro di una comunità di apprendimento?).
Un’indagine di questo genere porterebbe sicuramente a concludere che i “mattoncini di lego”
non si incastrano poi così bene come crede chi pensa di aprire un mercato del LO distribuito
per via telematica, con l’accesso a oggetti che sono potenzialmente i frammenti di
un’enciclopedia planetaria. Questa è infatti una visione che dà per scontato un azzeramento
delle problematiche che forzosamente e giustamente gli educatori/i formatori si pongono,
accingendosi a introdurre nuove tecnologie della comunicazione nel proprio contesto
professionale.
Se queste problematiche sono al centro dell’attenzione nel mercato dell’e-learning, che proprio
per questo stenta a decollare nel nostro paese, a maggior ragione lo sono nel mondo della
scuola. Qui infatti il modello pedagogico è sempre al centro della ricerca e dell’innovazione e le
infatuazioni tecnologiche in quanto tali sono destinate a vita breve. LO destinati alla scuola, sia
per la formazioni dei docenti e in genere del personale scolastico sia per il sostegno al lavoro
degli studenti, devono nascere in modo coerente con le linee di sviluppo di un ambiente
abituato a crescere e a evolversi con la ricerca pedagogica.
Sarebbe dunque un avvilimento dell’idea stessa di e-learning il
ridurne il ruolo a strumento che assembla corsi costituiti da
dispense elettroniche di informazioni, magari utilissime di per
sé, ma che non interagiscono con il contesto della formazione.
Sarebbe un ritorno all’idea dei sistemi di e-learning basati sul
paradigma dell’economia, per cui la formazione a distanza
sarebbe essenzialmente un modo per raggiungere in modo
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183
Page 2 of 4
Indire, sito ufficiale
02/06/12 10.30
sarebbe essenzialmente un modo per raggiungere in modo
economico ed efficiente un gran numero di soggetti in
formazione geograficamente lontani.
Questo aspetto, che pure non va sottovalutato, rappresenta
oggi un punto di partenza da cui avviare la progettazione. I
passi successivi sono l’individuazione delle modalità con le quali
dare attuazione all’idea del learning by doing, la creazione di modelli di integrazione delle
attività del gruppo in aula e della comunità virtuale in un processo di blended learning, lo
sviluppo di comunità di pratiche in cui la conoscenza che entra dall’esterno viene messa in
rapporto con quella che deriva dall’esperienza professionale dei soggetti in formazione ed
elaborata in nuovi processi di sintesi.
“Aprire” i LO, andare a vedere come affrontano questi aspetti o il loro modello pedagogico di
riferimento può portare a ridurre molto le superfici di “incastro”. E’ tuttavia questo un
passaggio ineliminabile se si vuole suscitare un interesse reale da parte del mondo della scuola
verso un contesto come quello dell’e-learning che viene accolto in modo ancora tiepido da chi
si occupa di educazione.
L’esperienza condotta da Indire, con lo sviluppo dell’ambiente PuntEdu, è partita con l’uso di
una piattaforma erogativa su software commerciale, che tuttavia conteneva già ambienti e
suggestioni per attività di tipo laboratoriale. Il primo impatto con l’utenza scolastica ha rafforzato
questo approccio, fornendo gli stimoli per sviluppare una ricerca di soluzioni innovative, sempre
più vicine alle esigenze del mondo della scuola. La riflessione e la ricerca sul modello di
formazione ci ha portati a definire l’ambiente di apprendimento come un sistema a legami
deboli, un luogo in cui l’individuo e il gruppo di cui fa parte non vengono messi di fronte a un
percorso obbligato, ma sono invitati a svolgere un ruolo attivo nella personalizzazione del
percorso formativo e nell’elaborazione della conoscenza.
Di nuovo c’è la ricerca di un modello formativo coerente con il modo di operare del docente nel
proprio contesto professionale: un processo di costruzione della conoscenza che si muove in
modo circolare, che si alimenta con le migliori esperienze professionali, le rielabora in un
contesto attivo e le mette in relazione con gli sviluppi della ricerca teorica elaborando sintesi
condivise.
Tutto ruota quindi intorno alla riflessione sui modelli
operativi: primo fra tutti il concetto di “learning by
doing”, come garanzia che il nuovo sapere possa
effettivamente tradursi in nuovi comportamenti
professionali. Ecco dunque che fin dalle prime esperienze di e-learning, sempre in modalità
blended, nell’ambiente PuntoEdu è stata introdotta una distinzione tra “laboratori”, i LO veri e
propri, oggetti che propongono al soggetto in formazione attività da svolgere, e i “materiali di
studio”, contenenti informazioni e contributi teorici utili allo sviluppo delle conoscenze. Tra le
due categorie è stato creato un rapporto di dipendenza ben preciso: al centro dell’ambiente
sono state collocate le proposte di attività, i materiali di studio sono collegati ai percorsi di
laboratorio per essere consultati dal corsista nel momento in cui ne rileva la necessità, quando
sente l’esigenza di un supporto teorico per lo svolgimento del compito.
E’ una scelta di campo molto forte che approfondisce il concetto di LO legandolo alla
dimensione dell’attività. La ricerca condotta da Indire ha dunque come esito la proposta di
un definizione di LO che identifica questa entità non solo per il fatto di essere un
oggetto formativo autoconsistente, modulare e riusabile, ma anche e soprattutto perché
propone una strategia operativa, un percorso di learning by doing.
E’ un passaggio che ci porta a ridurre in modo significativo la compatibilità tra gli oggetti, e
quindi la riusabilità, la possiblità di creare gli “incastri dei mattoncini”. Questi incastri
funzionano infatti solo se gli oggetti condividono, accanto ai caratteri esterni (la descrizione, i
termini usati per l’indicizzazione) linee guida interne, il modello operativo, l’idea di formazione.
E’ un prezzo da pagare per riportare il tema dell’interoperabilità e dello scambio di LO in una
dimensione realistica e praticabile.
di Massimo Faggioli [[email protected]]
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LEARNING OBJECTS
L.O.: messa a fuoco!
Intervista a Corrado Petrucco sui Learning Objects: un'occasione per ripensare le comunità di pratiche
di Valentina Tiracorrendo
05 Novembre 2004
Corrado Petrucco opera nel gruppo di
ricerca sulle Tecnologie Educative
dell'Università di Padova, dove è
anche docente di Tecnologie Didattiche.
Lavora presso l'Università IUAV di Venezia,
è docente e formatore in corsi di
perfezionamento universitari e per la
Pubblica Amministrazione; da anni si occupa
delle applicazioni didattiche di Internet ed in
particolare degli aspetti cognitivi della ricerca
di informazioni e della rappresentazione
della conoscenza su Web. Autore di
numerosi saggi sull’argomento ha recentemente pubblicato Ricercare in rete (Pensa
Multimedia, Lecce, 2003) e Le prospettive didattiche del semantic web (Atti Didamatica,
Genova, 2003).
Abbiamo posto allo studioso alcune domande sugli oggetti di apprendimento per guardare
più da vicino e conoscere le prospettive e le scelte dei nuovi approcci teorici dei sistemi
educativi in relazione alla integrazione di Internet nelle pratiche del quotidiano, cui i L.O.
risultano strettamente connessi.
La concettualizzazione del Learning Object non è ancora del tutto condivisa, come testimonia
la stessa molteplicità delle sue definizioni, per quanto si sia imposto come paradigma efficace
dell’ e-learning; Corrado Petrucco ci ha avvicinati a questo elemento politropico attraverso
l’analisi dei suoi connotati salienti, illustrandoci come la sua comprensione non possa
prescindere dalla riflessione in merito ai paradigma di rappresentazione della conoscenza
che gli stessi oggetti di apprendimento postulano. Ci ha quindi efficacemente guidati alla loro
contestualizzazione all’interno di comunità di pratiche, attuali e possibili, che hanno il compito
di valutarne l’uso e la formalizzazione.
Nel corso laborioso della sua storia recente il termine Learning Object ha acquisito significati
sempre più estesi. Secondo la definizione data dal IEEE-Learning Technology Standards
Committee [IEEE-LTSC, 2000] è definito oggetto didattico “Qualsiasi entità, digitale o no, che
può essere usata, ri-usata o a cui far riferimento durante un processo di apprendimento,
istruzione o formazione supportato da [artefatti] tecnici…”.
In che senso dunque l’oggetto di apprendimento dà forma e postula un nuovo
paradigma di rappresentazione della conoscenza rispetto a quelli, tradizionali, di
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I Learning Object sono un concetto ancora non del tutto condiviso: lo provano le molte
definizioni diverse che ne sono state date. I punti fondamentali che però tutti accettano e che
distinguono un LO, sono essenzialmente tre:
1) il fatto che siano creati appositamente per supportare un processo di apprendimento e
2) il fatto che siano strutturati seguendo una concezione “modulare” che ne sottende la
riusabilità in molteplici contesti.
3) Il fatto che necessitano di un’adeguata indicizzazione per il loro recupero e fruizione.
Internet ha senza dubbio favorito la concezione dei L.O. anche se l’idea di creare una
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Internet ha senza dubbio favorito la concezione dei L.O. anche se l’idea di creare una
struttura a fini didattici che rappresenti la conoscenza in forma modulare non è nuova, se
vogliamo anche i normali manuali scolastici “modularizzano” il sapere organizzandolo in
argomenti e poi in capitoli, paragrafi e sezioni; l’idea innovativa (e anche la grande sfida) è
quella di creare dei “moduli” che siano autoconsistenti e che non abbiano bisogno di tutta
quella rete di rimandi concettuali e intertestuali tipici appunto di una rappresentazione
sequenziale/narrativa propria del libro (ad es. “…come abbiamo visto nel precedente
capitolo….”). Ma è realmente possibile prescindere da riferimenti intertestuali espliciti nel
realizzare materiale didattico modularizzato? La comprensione non ne potrebbe risultare
compromessa? E quali categorie adottare per l’indicizzazione ed il recupero degli oggetti? I
nodi della discussione contemporanea sono tutti qui.
Il L.O. viene spesso descritto attraverso la metafora del mattoncino Lego e quindi considerato
elemento indipendente dal contesto di creazione e di utilizzo.
Favorire la sua riusabilità significa percorrere la direzione di una decontestualizzazione
del Learning Object?
I Learning Objects, di per sé, de-contestualizzano fortemente il processo di creazione di
materiale didattico. Infatti, secondo questo paradigma, ogni oggetto di apprendimento si
potrebbe aggregare ad altri costruendo di volta in volta diverse unità didattiche che rispondano
ad esigenze formative specifiche. Ma se l’oggetto è troppo piccolo, scarno e privo di qualsiasi
riferimento contestuale (ad es. un grafico, una tabella statistica non commentata, una citazione
da un testo) la sua utilità si riduce a quella di semplice risorsa informativa priva di stimoli per
l’apprendimento; al contrario, se l’oggetto è invece troppo “denso”, e copre ad esempio
un’intera unità didattica o addirittura un corso, sarà difficile riutilizzarlo e adattarlo alle proprie
esigenze. Si parla a questo proposito di gradi di granularità. È significativo il fatto che uno dei
molti campi di meta-dati proposti per l’indicizzazione dei L.O. parli proprio di “structure” e di
“aggregation level” in cui appunto si tenta in qualche modo di far esplicitare la struttura
interna di un oggetto in funzione del suo grado di aggregazione. Ritengo che questa però
sia solo una parte del problema: non si è ancora sufficientemente affrontato il tema
dell’approccio pedagogico all’aggregazione degli oggetti, ad esempio da parte di un docente
che vuole costruire un percorso didattico. A mio parere questo processo è estremamente
importante ed è quello che sicuramente dà valore aggiunto a tutto, fornendo “intenzionalità” o il
“collante” didattico-narrativo che produce significato e che va certamente al di là dei contenuti
dei singoli oggetti.
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Il L.O. può costituire un dispositivo autonomo pedagogicamente funzionale o deve
piuttosto essere considerato uno strumento da contestualizzarsi entro una presupposta
progettazione curricolare di sistemi di e-learning?
Nella teoria sì, pensiamo ad esempio alla
“didattica modulare” in cui si cerca di gestire
il processo di insegnamento/apprendimento
in modo flessibile creando moduli omogenei
e consistenti ma nella pratica senza la Rete
e le piattaforme di e-learning direi che i L.O.
non avrebbero molto senso: per spiegarlo
dobbiamo ricorrere al concetto che gli
anglosassoni esprimono con la parola
“affordance”, ovvero “le cose che posso fare
con un certo strumento”. In breve, significa
che con la tecnologia sono possibili dei
processi a costi economici e cognitivi relativamente bassi. Avere solo la bicicletta ci mette nella
condizione di pensare alle vacanze in tempi e modi molto diversi rispetto all’utilizzo dell’auto. I
L.O. così strettamente connessi alla diffusione di Internet, proprio per la facilità con la
quale possono essere recuperati ed aggregati per costruire percorsi formativi modulari
ed adattivi, si sono imposti come paradigma efficace dell’e-learning.
In una prospettiva costruttivista il contributo del contesto (sociale, culturale, lavorativo,
organizzativo, et.) è di fondamentale importanza nella definizione del processo di
apprendimento e si riflette sulla struttura dell'intervento formativo, sull'organizzazione dei
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apprendimento e si riflette sulla struttura dell'intervento formativo, sull'organizzazione dei
supporti forniti dai docenti, sulle funzionalità offerte dai L.O..
La scelta degli attributi da inserire nei diversi campi dei metadati educational possono
inficiare l'oggettività richiesta da questo tipo di classificazioni, funzionale alla
condivisibilità degli stessi L.O.? Ed in quale misura le diverse tipologie di metadati
postulate dagli standard, come ad esempio lo S.C.O.R.M., sono efficaci per una valida
descrizione degli stessi contesti educativi di riferimento?
Questo è certamente un problema molto serio. Non è solo un problema di trovare una volta per
tutte la giusta classificazione per ogni oggetto: da che mondo è mondo, ogni classificazione è
funzionale e contestuale alle esigenze contingenti di chi la utilizza. Un esempio divertente ma
molto significativo di ciò che intendo dire è la famosa classificazione tratta da un'immaginaria
enciclopedia cinese di Jorge Luis Borges. Secondo questa enciclopedia gli animali si
suddividono nelle seguenti classi: “a) appartenenti all'imperatore; b) imbalsamati; c)
addomesticati; d) i porcellini da latte; e) le sirene; f) quelli favolosi; g) i cani randagi; h) quelli
inclusi nella presente classificazione… “ e via proseguendo in distinzioni sempre più
improbabili. A noi fa ridere, ma se fossimo nati nella cina del II secolo a A.C. ci apparirebbe
abbastanza sensata, soprattutto di fronte ad un esattore delle tasse dell’imperatore
accompagnato da un nutrito drappello di soldati.
Ora, nell’indicizzare i L.O. si usano i metadati (LOM Learning Objects Metadata) che sono
comunemente definiti come “dati che descrivono altri dati”. Un semplice esempio di metadati
sono le schede bibliografiche di una biblioteca. Nella descrizione dei L.O. vi sono però molti
altri campi (circa 70 per l’IMS) che tentano di aggiungere informazione semanticamente
significativa per esempio sul target, sui contenuti, sulle modalità di fruizione degli oggetti,
insomma tutti i riferimenti utili a descriverne le “proprietà pedagogiche”. Il tentativo è meritorio
dal punto di vista teorico, ma fallimentare dal punto di vista pratico: per prima cosa i campi
descrittivi sono troppi e nessuno li compilerà mai tutti, ma soprattutto persone diverse
classificheranno gli oggetti in modi diversi, utilizzando terminologie di riferimento differenti.
Rendendo pressochè inutile lo sforzo classificatorio. Recenti ricerche internazionali (Friesen,
2004) sul tipo e la quantità di metadati hanno ottenuto risultati sconfortanti (ne viene usata si e
no la metà o 1/3) e che confermano l’eccessivo carico cognitivo imposto dalla descrizione.
Credo che forse sarebbe meglio pensare sia a ridurre drasticamente il numero dei campi, sia a
ragionare in modo alternativo su questo problema. Duval e Hodgins, che appartengono al
comitato IEEE-LOM, suggeriscono di concentrarsi maggiormente sui software che ricavano
automaticamente i termini dalla descrizione testuale piuttosto che sull’uso corretto e letterale
dei metadati.
Personalmente ritengo che la soluzione si possa trovare soprattutto all’interno di
specifiche comunità di pratica in grado di condividere uno shared repertoire. Comunità
che non devono essere troppo grandi poiché l’interazione che genera significati
condivisi tende generalmente a decrescere con l’aumentare delle dimensioni della
comunità stessa e porta al frazionamento in gruppi più piccoli. Lo sforzo deve poi essere
quello di identificare dei nuclei di senso comuni tra gruppi per stabilire delle relazioni
intra-comunità e ricostruire una “comunità estesa”. Quindi la ricerca di Learning
Objects in appositi repositori non basta. Occorre sempre e comunque una comunità
dove discuterne la qualità, catalogazione, il miglioramento ed i possibili utilizzi in vari
contesti didattici.
Credo che una soluzione anche al di fuori di sistemi proprietari di e-learning, possa essere
quella dei blog associati alla tecnologia dell’ RSS con l’importante concetto di “trackback”. I
weblog permetterebbero ad una comunità di discutere dei L.O. e delle modalità del loro utilizzo
contestualizzandoli e suggerendo modi alternativi di aggregare i contenuti. Essi infatti danno la
possibilità di creare ed aggregare contenuti provenienti da più siti su di un canale tematico o
argomento specifico, spesso rappresentato da una o più parole chiave. Il processo dovrebbe
stimolare una sorta di circolo virtuoso, detto “trackback” o rintracciamento, nel corso del quale
chi utilizza un determinato oggetto, alla fine ne ri-edita alcuni metadati e cerca di specificare
come l’ha usato ed in quale contesto didattico. Queste nuove informazioni andrebbero
automaticamente ad integrare la descrizione del Learning Object, che così arricchito può
essere interrogato da software che utilizzano il protocollo RSS. Potrebbe accadere allora che
un singolo oggetto venga utilizzato da docenti di discipline diverse in contesti diversi: di questo
importante percorso ne viene mantenuta costantemente traccia aumentando il valore intrinseco
dell'oggetto didattico.
Per quanto riguarda lo SCORM, pur essendo certamente un importante punto di arrivo e
standardizzazione, ritengo che sia del tutto irrilevante ai fini del problema fondamentale della
catalogazione. Tra parentesi, un problema dell’attuale versione delle specifiche SCORM, è che
esso esprime la struttura degli oggetti contenuti nell'unità didattica, ma manca di relazioni
semantiche significative tra di essi e non ha alcun riferimento al contesto. Questo rischia di
allontanare l’obiettivo di utilizzare i L.O. alla loro massima potenzialità aggregativa e adattiva.
Chi sono i soggetti che concorrono all’individuazione dei sistemi di classificazione dei
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L.O. e quali le strategie perseguite a livello europeo?
Certamente l’IMS Global Learning Consortium (USA) che con l’IEEE-LTSC ha rilasciato la
versione 1.3 dello standard LOM. Poi c’è stata l’esperienza di ARIADNE (EU), e quelle
significative di molti altri LTSN (UK), Metalab (Francia ), CELTS (Cina), MERLOT (USA) e
CAREO (Canada). E c’è anche il CEN-ISSS, che tenta di coordinare gli sforzi per la
standardizzazione a livello europeo.
In Europa, il progetto ARIADNE è nato con l’intento di creare un repositorio di Learning Object
di qualità per l’educazione e la formazione nell’ambito del programma IST. I metadati utilizzati
sono opera di un gruppo di esperti catalogatori che hanno anche redatto una serie di
raccomandazioni (http://www.ariadne-eu.org/en/publications/metadata/ams_v32.html).
L’impressione però è quella che si stiano facendo grossi sforzi per la ricerca di standard comuni
e condivisi e per la ricerca di soluzioni tecnologiche efficienti , ma che si affronti poco il
problema pedagogico della costruzione, aggregazione e valutazione degli oggetti.
Quali gli strumenti per verificare la qualità dei Learning Objects?
Più che di strumenti io parleri di comunità: è la comunità di pratica che ha il compito di
valutare ciascun Learning Object. Penso che forme di valutazione “a priori” affidate ad “esperti”
siano una strategia fallimentare, sia per problemi di mole di lavoro richiesta sui grandi numeri di
oggetti nei repositori, sia per la possibile mancanza di consenso ed accordo sul giudizio di
qualità.
In quale misura l’aspetto grafico dell’interfaccia interviene nella qualità di un L.O.?
Nella misura in cui rispetta i criteri di una ragionevole “usability”.
E' ragionevole supporre dei template relativi agli aspetti di rappresentazione grafica dei
L.O. che possano costituire elementi sostanziali per una efficace comunicazione dei
contenuti ed una con-divisibilità degli oggetti didattici?
Ritengo che sia molto difficile standardizzare. Per il semplice motivo che il contenuto di ogni
L.O. veicola dei significati propri che esigono una propria forma espressiva e ne caratterizzano
in modo peculiare la fruizione.
Il sistema ScholOnto [Buckingham-Shum et Alii, 2001], come Lei indica in una sua
relazione su “Le prospettive didattiche del Semantic Web” (vedi Atti Didamatica, 2003),
costituisce un ambiente intelligente per la gestione di paper pubblicati da ricercatori ed
è basato su di un’ontologia, o "base di conoscenza progettata", capace di gestire non
soltanto documenti, ma anche concetti espressi al loro interno e le loro relazioni con
concetti presenti in altri documenti di tema simile.
Esistono in Italia esperienze analoghe di discussione e ricerca e quali sono i principali
limiti di accesso all’utilizzo ed alla
partecipatainterpolazione degli oggetti di
apprendimento?
Non ci sono ancora molte esperienze di questo tipo in Italia.
Di più si sta facendo per l’integrazione dei Learning Objects
in strutture ontologiche capaci di fornire un supporto
efficace per il loro reupero e la loro fruizione. Molti stanno
lavorando in questo senso. Nell’ambito dei PRIN,
(Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) del
Ministero sto appunto seguendo il progetto EduOnto, che
verte sulle nuove prospettive per l'elearning che il web
semantico ed i Learning Object offrono. La ricerca vuole
verificare se i due problemi fondamentali degli oggetti di
apprendimento, la dimensione pedagogica ed il consenso
terminologico relativo alla loro indicizzazione, possano
essere risolti attraverso la messa a punto e l’utilizzo
consensuale di ontologie di dominio.
Il progetto EduOnto ha come fine immediato la costruzione di una ontologia utilizzabile per
descrivere gli attori, i processi e le tecnologie nelle scienze dell’ educazione e, come risultato
finale, la messa a punto di un Learning Object Repository che sfrutta la base ontologica per
una loro consultazione intelligente. Attualmente è gia pronta la parte ontologica relativa al
concetto di valutazione che tra breve sarà consultabile su Web attraverso un’apposita
interfaccia "Wiki". La scelta di questa interfaccia è dovuta al fatto che permette in modo facile
ed efficiente la condivisione e la modifica di una struttura ontologica da parte di una comunità di
pratiche. È importante segnalare che l'ontologia risultante verrà resa disponibile su Web a tutti
gli attori della formazione/educazione, sia a livello nazionale che internazionale, in modo tale da
poter essere usata quale strumento di apprendimento e di ricerca.
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poter essere usata quale strumento di apprendimento e di ricerca.
Potrebbe indicarci i luoghi di discussione in merito alle più aggiornate proposte di
offerte formative, italiane ed europee, per l'acquisizione di competenze utili non solo ad
una funzionale ed efficace fruizione ma anche alla contestualizzazione e creazione di
oggetti didattici?
Per la creazione di L.O. ci sono molti riferimenti legati soprattutto agli strumenti software
utilizzati: penso ad esempio ad Authorware della Macromedia che offre delle soluzioni
interessanti. Ma ce ne sono molti altri altrettanto validi, per lo più legati a specifiche piattaforme
di LCMS. Per i riferimenti sulla discussione posso senz’altro citare il progetto CELEBRATE a
cui partecipa l'Istituto Indire, il sito inglese del CETIS, (Center for Educational Technology and
Interoperability Standards) ed il sito della European Schoolnet. Per l’Italia in molte Università si
stanno formando gruppi di ricerca e vengono creati corsi accademici e di perfezionamento
mirati ad affrontare il tema in modo approfondito.
Per ulteriori approfondimenti e/o chiarimenti è possibile rivolgersi direttamente al prof. Corrado
Petrucco.
Intervista di Valentina Tiracorrendo, Indire Comunicazione
Editing a cura di Francesco Vettori, Indire Comunicazione
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Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici?
Una piccola indagine a Nancy per cogliere dalla voce di alcuni insegnanti di varie nazioni pareri ed opinioni sul futuro. E non solo dei LO
di Francesca Sbordoni
29 Settembre 2003
Pensi che i Learning Object rappresentino una grossa novità e un’opportunità per il
futuro? Oppure sono solo un nuovo nome per qualcosa che nella scuola si fa già da
anni?
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Nitzanit (Israele): Secondo me è roba vecchia e rimasticata. Sono cose chiuse in cui mettere
testo, immagini e quant’altro. Il vantaggio è che gli Oggetti Didattici sono un’ottima soluzione
quando sono piccoli, riciclabili e adattabili a diversi contesti.
Tor Aas (Norvegia): Se saranno buoni abbastanza dureranno e verranno usati in futuro. La
chiave di lettura migliore, però, è l’uso in prima persona di tali Oggetti da parte degli studenti,
se stimola abbastanza la loro curiosità e il loro senso della scoperta.
Drew (Scozia): Offrono interessanti possibilità ma dipende dal singolo insegnante. Per me, per
esempio, sono interessanti, ma penso che alcuni colleghi non ne saranno altrettanto entusiasti
Ernestina (Italia): Da alcuni anni produco e uso con i miei alunni dei Learning Object.
L’esperienza che ho fatto in questi anni è stata stimolante ed interessante per me e per i miei
studenti. Penso che i LO siano lo strumento che useremo in futuro nella scuola affiancato agli
strumenti che tradizionalmente usiamo: libro cartaceo, lezione frontale. I LO rispondono
ottimamente all’esigenza di una didattica più dinamica, la multimedialità offre strumenti che
permettono di intervenire con efficacia in alcuni processi di apprendimento per i quali gli
strumenti tradizionali a volte non producono esiti positivi: le simulazioni danno l’opportunità
all’alunno di vedere in tempo reale e in tre dimensioni l’evolversi di un fenomeno o proprietà di
figure geometriche che siamo costretti a far solo immaginare. Un disegno alla lavagna non ha
la stessa efficacia. Gli OD lasciano spazio all’autoformazione e all’autoverifica in modo molto
più efficace rispetto a quanto si può fare con un libro di testo. I LO, veicolati attraverso
Internet, permettono di “assistere” lo studente anche a distanza. I LO propongono un
insegnamento non lineare, su questo punto mi piacerebbe avere un confronto con quanti
operano in questo settore per discuterne le implicazioni didattiche e pedagogiche.
Emanuela (Italia): Durante i lavori di Nancy è emerso il problema di una definizione chiara ma
al tempo stesso onnicomprensiva di cosa sia un LO. Esplorando la versione demo del portale
di European Schoolnet contenente i vari LO ci si trova di fronte a oggetti diversi: a volte si tratta
di simulazioni, altre di animazioni con tecnologia Flash, altre ancora solo testo e immagini, in
altri casi ancora si hanno questionari e test, oppure immagini, grafici e suoni integrati tra loro, e
così via. Quindi è difficile trovare, almeno per ora, una descrizione univoca. E’ più facile intuire
cosa sia un LO piuttosto che darne una spiegazione precisa. Probabilmente si tratta di una
unità di apprendimento, piccola o grande che sia, in sé autonoma e conclusa, che sfrutta la
multimedialità e l’interattività, possibilmente svincolata da un contesto preciso e riusabile in
differenti situazioni di apprendimento. E’ probabile che certe forme siano più adatte ad alcune
discipline: si pensi alla simulazione in ambito scientifico, meno al settore umanistico.
La dittatura dei learning
object
Certamente il LO rappresentano una grande opportunità. Ma nella loro programmazione
bisogna puntare a renderli più autonomi e conclusi possibile, così che l’insegnante li userà
potrà inserirli facilmente nel proprio contesto. Prima che un problema tecnico, è un problema di
progettazione e di realizzazione di un prodotto che deve essere flessibile. Alcuni dei contenuti
visti a Nancy sono presenti in forme più o meno analoghe anche nei Cd-Rom scolastici o nelle
enciclopedie multimediali. Il punto è che questi ultimi sono difficilmente scomponibili, non
facilmente prelevabili dal docente che vuole costruire un personale percorso di lezione, sono
rigidi nella progettazione, protetti dal copyright. Metterei però grande attenzione nella cura dei
contenuti: non sempre quelli dei LO da me visionati mi sono sembrati all’altezza. Penso che “gli
effetti speciali” non devono far perdere di vista la scientificità di ciò che viene proposto.
Oggetto didattico, questo
sconosciuto
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con le banche dati Indire
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effetti speciali” non devono far perdere di vista la scientificità di ciò che viene proposto.
Pensi che il tuo modo di insegnare cambierà ora che hai capito cosa sono, a che cosa
servono e come funzionano i Learning Object?
Nitzanit (Israele): Non so se cambierà ma mi darà nuovi strumenti per fare tante cose. Ho
sempre lavorato con i pc, con Internet per fare per esempio ricerche su usi e costumi dei diversi
paesi di provenienza dei bambini. I LO però combinano tutte queste cose e sono intuitivi, non
hai bisogno di training per imparare a usarli.
Tor Aas (Norvegia): Spero che lo migliorino. E ciò dipende dagli stessi LO. Può darsi che
usandoli scoprirò modi di insegnare che cambieranno in maniera significativa il mio attuale
modo. Nella mia classe sono rilevanti le infrastrutture: se avessi un videoproiettore e una
lavagna interattiva sicuramente potrei usare i LO meno interattivi e più informativi.
Drew (Scozia): Non credo che cambierà il mio modo di insegnare, ma quello di altri si. Io
utilizzo già molte tecnologie informatiche e penso quindi che i LO non potranno che aiutarmi a
migliorare.
Ernestina (Italia): Dopo Nancy avrò l’opportunità di confrontarmi con altri colleghi europei
sull’uso dei LO, avrò a disposizione molto materiale in inglese da usare in classe. Il confronto
con altre realtà europee mi permetterà di usare i LO con maggiore consapevolezza. Sarebbe
bello mettere in contatto anche gli alunni che usano lo stesso tipo di materiali.
Emanuela (Italia):Mi piacerebbe pensare di poter utilizzare nel mio lavoro dei LO che siano
molto interattivi, cioè che creino il seguente ambiente di apprendimento: l’insegnante come
guida per gli allievi, fornisce indicazioni, corregge eventuali deviazioni dell’alunno, sorveglia il
processo ma lascia fondamentalmente che sia lo studente a scoprire i contenuti e a costruire la
propria conoscenza da solo. Credo che i LO possano contribuire a determinare quello che si
chiama apprendimento per scoperta ed esperienza diretta, anche se mediata da un computer.
Io non mi farei il problema di dire: ma lo studente molto spesso di fronte ai LO non sa come
agire. E’ qui che interviene l’insegnante per reindirizzarlo, che funge da mediatore, che facilita
l’acquisizione delle sue conoscenze, rinunciando al ruolo tradizionale di trasmettitore di
contenuti.
Non è da sottovalutare, inoltre, che si tratta di una forma di e-learning, qualcosa che nelle
scuole italiane risulta ancora assolutamente nuovo e tutto da sperimentare. Con lo sviluppo dei
LO e il programma Celebrate siamo di fronte a una vera comunità di apprendimento a livello
europeo che realizza lavoro collaborativo a distanza e attua una proficua condivisione di
risorse.
Peer education: l'educazione
tra pari che passa
conoscenze
di Silvia Panzavolta (08
Ottobre 2004)
Oggetti Didattici: la
valutazione degli insegnanti
di Silvia Panzavolta (29
Settembre 2003)
Learning Object, oggetti
didattici per l'e-learning
di Silvia Panzavolta (01
Gennaio 2003)
Utilizzerai Learning Object nella tua attività didattica? E pensi che modificheranno
sostanzialmente il tuo modo di stare in relazione con gli studenti?
Nitzanit (Israele): Più che la relazione cambierà il modo di gestire la classe per esempio con
una maggiore attività svolta mediante l’uso della lavagna luminosa. Quel che è certo è che l’uso
dei LO costringe a ripensare la tua attività suddividendola in frammenti di tempo più piccoli
Tor Aas (Norvegia): Forse cambieranno il mio modo di relazionarmi con i ragazzi, ma non
troppo. In fondo il mio stile di insegnamento è già informale e continuerà ad esserlo. Forse mi
renderanno più capace di differenziare e individualizzare i percorsi formativi. Mentre alcuni
alunni potrebbero lavorare al computer, io potrei dedicarmi a lavorare con altri della classe su
altre cose.
Drew (Scozia): Non credo che le cose cambieranno. Oppure sì ma solo nel caso in cui i
ragazzi siano anche coautori e coproduttori delle risorse e dei LO. Prediligo sicuramente una
impostazione collaborativa.
Emanuela (Italia): Sul portale visto a Nancy non erano disponibili LO di letteratura, di lingua, o
di latino. Quindi, per la specificità delle materie che insegno, è difficile farsi un’idea precisa.
C’erano LO di storia ma mi sono sembrati materiali riadattati all’ultimo momento per Celebrate.
Insomma, nulla di nuovo sul piano della progettazione perché erano solo schermate di testo e
immagini. Tra l’altro non capisco perché classificati sotto la categoria History poiché erano
piuttosto mitologia e storia dell’arte. Migliori quelli di geografia. Con Indire stiamo lavorando a
produrre esercizi interattivi per il recupero di Latino e di Italiano, quindi spero che anche il
settore umanistico venga presto raggiunto dalla didattica con gli LO.
Riguardo ai Learning Object della tua disciplina prodotti da professori di altri paesi,
pensi che sarà possibile utilizzarli e inserirli nel tuo curricolo di studi?
Nitzanit (Israele): Con le materie scientifiche non penso ci siano problemi. Per le materie che
fanno diretto riferimento alla cultura, dipende. Forse sarebbero scarsamente utilizzabili: vedi il
caso di tematiche quali la religione, la storia.
Tor Aas (Norvegia): Forse non potrò usarli facilmente perché abbiamo metodi pedagogici
diversi… Il problema della lingua non è poi da trascurare perché la personalizzazione porta via
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234
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Indire, sito ufficiale
02/06/12 10.32
diversi… Il problema della lingua non è poi da trascurare perché la personalizzazione porta via
molto tempo. Ma naturalmente i LO più piccoli saranno più facili da riutilizzare. C’è poi il fatto
che un’animazione non ha molto testo e del resto non la puoi trovare in un libro. Infine c’è la
questione dell’importanza che in Norvegia diamo alla curiosità, alla scoperta e alla discussione
per giungere all’apprendimento. Usiamo molto il problem solving più che l’insegnamento
teorico, l’approccio costruttivistico invece di quello nozionistico.
Drew (Scozia): No, non credo che li utilizzerò. Forse per cose come la storia la diversità
culturale e di paese del produttore potrebbe rappresentare un problema. Ma anche lì,
bisognerebbe guardare quello che prevedono i diversi curricoli nazionali. Sarebbe interessante
avere una specie di tabella che correla un argomento, per esempio il corpo umano, ai diversi
modi di formazione utilizzati nei diversi gradi di istruzione dei diversi paesi
Ernestina (Italia): Utilizzerò certamente con i miei alunni i materiali messi a disposizione dal
progetto Celebrate. Sarà interessante verificare come gli studenti si orientano nell’uso di
materiale didattico scritto in inglese: oggi, per le materie scientifiche, è di fondamentale
importanza l’uso di questa lingua.
Emanuela (Italia):Penso a possibili LO di latino e di italiano e credo proprio di utilizzarli.
Specialmente per quanto riguarda l’aspetto più strettamente linguistico: la morfologia, la
sintassi, la metrica in poesia, oppure le questioni legate all’analisi del testo. Per lo studio della
letteratura si può condividere un’idea di partenza e magari realizzarla nel proprio curricolo
nazionale con i template. In fondo uno degli aspetti più interessanti di questo progetto è proprio
la possibilità di lavorare su modelli predefiniti ma non chiusi in maniera rigida: l’insegnante può
diventare autore. Anche, e soprattutto, insieme agli alunni può costruire LO tagliati esattamente
per il proprio contesto, finalizzati ai suoi obiettivi didattici. Grazie poi alla comunità di Celebrate
si potrebbe condividere la buona pratica, l’esperienza, l’idea che è stata alla base di quella
particolare situazione di apprendimento.
Interviste a cura di Francesca Sbordoni ([email protected])
© INDIRE 2006-2012
crediti
note legali
Indire, via M. Buonarroti 10 - 50122 Firenze - Centralino: 055.2380301 - Fax centrale: 055.2380395
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musicali presenti.
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Learning object - Wikipedia
02/06/12 10.33
Learning object
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« Un learning object è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento. »
(D. A. Wiley)
Un learning object (sinteticamente noto come LO dal relativo acronimo) è una unità di istruzione per l'elearning, riutilizzabile.
I learning object costituiscono particolari tipi di risorse di apprendimento autoconsistenti, dotate di modularità,
reperibilità, riusabilità e interoperabilità, che ne consentono la possibilità di impiego in contesti diversi.
Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha avuto significative ripercussioni
anche sulle modalità di apprendimento, stimolando la formazione di nuove risorse didattiche.
A questo proposito, spesso si ritiene che l’approccio pragmatico/produttivo dell’e-learning, finalizzato al
risparmio di tempi e costi nella fase di progettazione e produzione dei materiali didattici, sia l’orientamento
fondante che ne ha la realizzazione di LO.
Indice
1 Caratteristiche
1.1 Dimensione
2 Standard e metadati
2.1 I metadati
2.1.1 Repository
2.2 Gli standard
2.2.1 SCORM
3 Progetti
3.1 United Kingdom Learning Object Metadata
3.2 Canada Learning Object Project eduSource
3.3 CanCore
3.4 SLOOP
4 Questioni pedagogiche
4.1 Interoperabilità
4.2 Asocialità
4.3 Conclusioni
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni
7.1 Progetti
Caratteristiche
I LO sono unità autoconsistenti, in quanto rappresentano un’unità minima costituita da uno o più asset (elementi
minimi costituiti da un’immagine, un video, ecc.) per l’acquisizione di conoscenza rispetto ad un obiettivo
formativo. Di grande importanza, è la questione della granularità, ovvero la dimensione di un LO per
permetterne l'aggregazione con un altro LO.
http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche
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Learning object - Wikipedia
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Nella fattispecie, i LO sono:
autoconsistenti: costituiti da uno o più asset.
modulari: aggregabili con altri LO.
reperibili: grazie alla marcatura dei metadati.
riusabili: per la loro autonomia in diverse situazioni di apprendimento.
interoperabili: possono funzionare su diverse piattaforme che erogano materiali didattici (LMS) grazie
all’attenzione data agli standard (SCORM) che definiscono le regole di impacchettamento e ordine di
fruizione dei LO.
Dimensione
Quanto deve essere grande un learning object? Sulla questione permane una certa aleatorietà. Infatti, oltre che al
buon senso di chi lo produce, che dovrebbe discriminare le adeguate dimensioni della risorsa, non vi sono delle
regole precise condivise. Un'indicazione in merito alla determinazione di quanti contenuti debbano figurare in
una lezione è stata fornita dalla CISCO, nota azienda nel campo di Internet, essa stabilisce in 7(+/-2) concetti da
presentare al fruitore una possibile misura di grandezza del LO.
Standard e metadati
Se il loro riutilizzo è la finalità che viene perseguita con la loro creazione, a tutt'Oggi rimangono ancora da
definire degli standard sui metadati, che individuino linee guida comuni per la classificazione dei LO e
consentano ai formatori che intendono farne uso un'agevole individuazione della risorsa più idonea ad un dato
percorso formativo (in relazione al contenuto, al grado di difficoltà, al grado di interazione, ecc.).
I metadati
Per garantire che i LO siano aggregati e riutilizzati è necessario standardizzare la loro descrizione ovvero
definire il cosiddetto set di metadati.
I metadati (metadata) possono intendersi come quei dati che non si riferiscono direttamente ai contenuti concreti
di un LO, ma che li classificano, nel senso che forniscono informazioni sui dati stessi, rinviando indirettamente
anche ai contenuti di apprendimento del LO. Ad esempio, con questa accezione, in una scheda di identificazione
di un testo in una biblioteca sono metadati di un’opera i campi "autore" "titolo", ecc. che rinviano ai dati
contenuti nei relativi campi per esempio "Settembrini" e "Ricordanze della mia vita"; analogamente, per i LO i
metadati forniscono le informazioni necessarie a classificare la risorsa sulla base di determinati parametri
stabiliti. I metadati sono utili ai fruitori non solo per acquisire informazioni sui LO, ma soprattutto per reperirli
negli appositi repository di LO, i quali sono degli archivi digitali che raccolgono e catalogano i LO secondo i
canoni di classificazione dei metadati.
Repository
Esempi di repository sono:
Merlot (http://www.merlot.org/)
Unitexas (http://web.archive.org/web/20060526103349/http://elearning.utsa.edu/guides/LOrepositories.htm)
Celebrate (http://demoportal.eun.org)
Wisconsin (http://www.wisc-online.com)
http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche
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Learning object - Wikipedia
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Learning about Learning Objects (http://www.learning-objects.net)
FreeLOms (sviluppato nel progetto SLOOP) (http://www.freeloms.org)
Gli standard
Come essere certi quindi di un'accuratezza e completezza tale dei metadati in modo che un LO sia ben definito?
Si stanno cercando di individuare e fissare standard per la definizione di metadati (Learning Object Metadata o
LOM), tuttavia va fatto presente che i criteri che si possono adottare possono derivare dalle indicazioni di
esperti oppure, in un contesto di comunità, essendo diverse le autorità a cui fare riferimento, possono rimandare
a "convergenze parziali di significato", in modo che la catalogazione non sia preda di anarchie e confusioni, ma
di una pluralità regolata di forme di organizzazione. Si veda, ad esempio, LTSC-IEEE, Learning Thecnology
Standards Commitee (http://ltsc.ieee.org/wg12/).
SCORM
Altri metadati necessari per la produzione di un LO riguardano le indicazioni che fanno sì che il LO possa essere
utilizzato da diverse piattaforme (LMS), sia cioè interoperabile. Lo standard che si occupa di garantire questa
funzionalità è SCORM (Sharable Content Object Reference Model). SCORM definisce l’insieme delle
procedure che aggrega i contenuti dei LO e il modo di elaborare questi contenuti sulla piattaforma: i dati sul
corso, i metadati, l’interazione studente-piattaforma, i test e le valutazioni sono gestite da un file.xml che
garantisce l’interoperabilità.
Progetti
United Kingdom Learning Object Metadata
United Kingdom Learning Object Metadata, in sigla UK LOM, attualmente è una bozza di schema che viene
sottoposta ad interrogazione da una comunità di professionisti al fine di individuare una prassi comune per l'UK
per l'elaborazione del contenuto dei learning objects.
Attraverso il confronto fra 12 schemi di metadati, UK LOM si propone di raccogliere il nucleo comune degli
elementi dei metadati e cerca di registrare le pratiche comuni, considerandole più interessanti delle pratiche
migliori. Il suo obiettivo non è quello di essere prescrittivo, ma piuttosto quello di riflettere le operazioni che i
professionisti effettuano mentre arricchiscono il contenuto con dei tags.
Entro UK LOM si trovano tre generi di elementi:
obbligatori
opzionali
opzionali (raccomandati)
Gli elementi obbligatori devono sempre essere completati per assicurare la interoperabilità. Gli elementi
opzionali possono essere inclusi dove possono portare a qualche beneficio. Gli elementi opzionali
(raccomandati) dovrebbero essere inclusi ogni qual volta risulti possibile.
Canada Learning Object Project eduSource
Il progetto eduSource è un progetto che coinvolge l'intero Canada nella creazione delle infrastrutture per una
rete di interoperable learning object repositories. Un repository differisce dal materiale standard per il Web, in
http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche
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Learning object - Wikipedia
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quanto fornisce a insegnanti, studenti e genitori informazioni che sono strutturate e organizzate per facilitare il
ritrovamento e l'uso di materiali di insegnamento, quale che sia la locazione della risorsa. Il progetto eduSource
si basa su standard nazionali e internazionali, è interamente bilingue (francese/inglese), ed è accessibile a tutti i
canadesi ed agli utenti internazionali, inclusi portatori di disabilità.
CanCore
CanCore è un profilo di applicazione (come lo UK LOM Core) dello standard per metadati di learning
objects.[1]
Esso, contrariamente a molti profili di applicazioni, si preoccupa di fornire una guida dettagliata per
l'interpretazione e l'implementazione di ogni elemento di dati nello standard LOM. Queste linee guida
costituiscono un documento di circa 250 pagine e sono state sviluppate nel corso di tre anni attraverso la
consultazione con esperti del Canada e di altri paesi del mondo. Queste linee guida sono disponibili
gratuitamente sul sito Web di CanCore.
SLOOP
SLOOP è un progetto finalizzato alla condivisione di free/open learning objects, promosso da un partenariato
costituito da organizzazioni italiane, irlandesi, spagnole, rumene e slovene, nell'ambito del programma europeo
Leonardo da Vinci. SLOOP è l'acronimo di Sharing Learning Objects in an Open Perspective.
Nell'ambito del Progetto SLOOP, è stato realizzato freeLOms, un ambiente per lo scambio e la produzione
collaborativa di free/open learning objects.
Questioni pedagogiche
Per avere un’idea di un insieme di LO, si pensi, ad esempio, ai software di auto-apprendimento linguistico, in
cui vi sono unità didattiche divise in moduli di apprendimento in cui le attività (supportate da animazioni,
dialoghi, ma anche semplici icone su cui cliccare per conoscere il nome del particolare oggetto rappresentato)
sono costituite da risorse digitali opportunamente strutturate ed assemblate.
In quest'ottica di un approccio costruttivista all’apprendimento, vale la pena esplicitare i concetti chiave sui
quali è basata la filosofia del LO:
autonomia del discente che utilizza questo oggetto per acquisire conoscenze e competenze in modo
personale cioè secondo i suoi bisogni e i suoi tempi di apprendimento.
specificità degli obiettivi d’apprendimento (un LO deve essere un’unità completa che consente di
apprendere uno specifico contenuto).
multimedialità, uso di vari linguaggi e stimoli che coinvolgono i vari stili di apprendimento.
interattività
autovalutazione del fruitore durante il processo (assessment) o finale, ovvero al termine di un percorso
che si articola attraverso più LO (evaluation).
Interoperabilità
Emerge una prima questione pedagogica relativa alle modalità di applicazione di uno stesso LO a diversi
contesti di utilizzo. Occorre, infatti, chiedersi come inserire un LO all'interno di un percorso formativo, affinché
esso possa risultare di volta in volta significativo per i suoi fruitori.
http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche
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Asocialità
Sono state mosse, inoltre, alcune critiche rispetto alla modalità di apprendimento basata sui LO, in quanto
sembra possa risultare individualistica e asociale. Secondo questa prospettiva, un individuo seduto davanti al
suo PC praticherebbe una forma di apprendimento che prescinde dal confronto derivante dal riferimento al
gruppo dei suoi pari.
Conclusioni
Entrambe le questioni sono strettamente connesse all'impostazione pedagogica che s’intende adottare
nell'operatività didattica che utilizza LO. Nel primo caso, sta al formatore saper garantire un'adeguata strategia
didattica, che preveda anche l'utilizzo di LO, in relazione ai reali bisogni formativi degli utenti, eventualmente
integrando la presentazione di LO con ulteriori materiali, costituiti anche da lezioni in presenza. Per quanto
riguarda la critica di un apprendimento individualistico, un approccio socio-costruttivista applicato all'e-learning
può essere una risposta, fornendo come contesto di utilizzo dei LO una comunità di apprendimento, in cui il
singolo può migliorare il proprio percorso formativo in relazione ai contributi del gruppo di appartenenza,
mediante la partecipazione ad attività comuni, lo scambio di esperienze ed una negoziazione collettiva continua
di significati.
Note
1. ^ (EN) IEEE 1484.12.1-2002 (http://ltsc.ieee.org/wg12/20020612-Final-LOM-Draft.html)
Voci correlate
E-learning
SCORM
Learning Object Metadata
Collegamenti esterni
(EN, ES, IT) JavaEducation - Learning Objects Repository - L.O.R.
(http://www.territorioscuola.com/javaedu/)
(EN) Interdisciplinary Journal of Knowledge and Learning Objects (http://ijklo.org/)
(EN) D. A. Wiley (2001) (ed)., The Istructional Use of Learning Objects – Online version
(http://www.reusability.org/read/)
Barbara Bevilacqua (2009), Un Learning Object per conoscere i Learning Object (http://learningobject-xlearningobject.wikispaces.com/)
Progetti
(EN) Home Page del progetto UK LOM (http://www.cetis.ac.uk/profiles/uklomcore)
(EN, FR) Canada Learning Object Project eduSource (http://www.edusource.ca)
(EN, FR) Progetto CanCore (http://www.cancore.ca)
(EN, IT, ES, RO, SL) Sito del progetto SLOOP (http://www.sloopproject.eu)
Categoria: E-learning
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Learning object - Wikipedia
02/06/12 10.33
Ultima modifica per la pagina: 17:07, 25 gen 2012.
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Indire Edu - unità didattica
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Sperimentazione risorsa/attività didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Come utilizzare questi oggetti?
Gli insegnanti impegnati nel progetto Celebrate, appunto dedicato alla costruzione e all’utilizzo di LO, hanno
ipotizzato alcuni scenari:
Fruizione collettiva in classe. L'insegnante assume un ruolo di 'scaffolding' (1) ;
lavoro collaborativo in classe ;
modelli di peer education (modalità che prevede una forte interazione tra gli studenti con forme di sostegno
reciproco) ;
utilizzo nei percorsi personalizzati (recupero e potenziamento) ;
(1) Il termine scaffolding, introdotto da Jerome Bruner e altri negli anni settanta significa letteralmente
"impalcatura" e rappresenta il tipo di sostegno che l'adulto competente offre al bambino nell'apprendimento
di una determinata abilità o competenza
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INDIRE © 2006
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Indire Edu - unità didattica
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Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
I repository
Dove sono collocati “fisicamente” i LO? Generalmente si parla di contenitori chiamati repository.
Un repository è un archivio informatico dove vengono depositati e manipolati dati. Si tratta di
un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica,
con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si
tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto
generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono
indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione
piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si
possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di
un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica,
con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si
tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare: dove vengono depositati e manipolati .
Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:
1. un server dove vengono archiviati i dati dove vengono archiviati i dati ;
2. un server dove vengono archiviati specifici dati ;
3. un server dove sono depositati molti database files per distribuirli tramite un network per distribuirli tramite
un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per
distribuirli tramite un per distribuirli tramite un
per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per
distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un o per
distribuirli tramite un server dove chiunque può archiviare i propri dati per un probabile riutilizzo di essi da
parte di altri.
Il termine repository in inglese significa “deposito, magazzino”: si tratta infatti di uno spazio virtuale ospitato su un
server, destinato a contenere degli oggetti digitali (siano essi documenti testuali, immagini, applicazioni, video etc.).
Un repository può contenere diversi tipi di documenti, uno dei suoi vantaggi infatti è la versatilità. Ciò è possibile
utilizzando delle “etichette” (i metadata) che descrivono il contenuto e lo contestualizzano. I repository sono quindi
“contenitori” di documenti organizzati in modo tale da poterli rendere i documenti stessi facilmente identificabili e
fruibili dalla propria utenza.
Vedi anche PROGETTO Scuola in biblioteca : http://www.biblioscuole.it/public/
Ecco la mappa di alcuni repository europei (i materiali sono in lingua inglese o francese)
Exibit: http://ali.apple.com/ali/resources.shtml
BBC http://www.bbc.co.uk/schools/
Merlot: http://www.merlot.org/merlot/index.htm
http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5938.htm
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Indire Edu - unità didattica
02/06/12 10.35
Out Loud: http://www.hpol.org/
Celebrate:
http://celebrate.eun.org/eun.org2/eun/en/Celebrate_LearningObjects/sub_area.cfm?
sa=5828
(Progetto in via di sviluppo) Esempi: http://demoportal.eun.org/celebrate_dp/index.cfm
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Indire Edu - unità didattica
02/06/12 10.23
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Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa
digitale)
Consuta, adesso, i cinque punti enunciati qui sotto e le risorse digitali per gli studenti a cura di INDIRE
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Minisiti di Mosaico
02/06/12 10.40
I minisiti di Mosaico: apprendere navigando col computer
Combinando in maniera innovativa e spettacolare clip audiovisivi, animazioni, testi ed
esercizi interattivi, la multimedialità a scuola aiuta ad imparare. Attingendo al suo grande
catalogo televisivo, Mosaico, in collaborazione con il MIUR e INDIRE, lancia oggi una nuova
offerta di risorse didattiche online dedicate al mondo della scuola ed organizzate intorno ad
argomenti-chiave dei piani di studio.
> Didattica e contenuti
Plugin richiesti:
Connessione consigliata:
- ISDN
- ADSL
Cittadinanza europea
Scuola secondaria di 2° grado
Storia, Geografia, Educazione civica
Michelangelo Merisi detto il
Caravaggio
Scuola secondaria di 2° grado
Storia dell’Arte, Storia, Filosofia
La cittadinanza europea si fonda sui valori
indivisibili e universali di dignità umana,
di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.
Scopri le tappe che hanno portato
l'Unione a trovare una formulazione
comune dei suoi valori portanti.
Spregiudicato. Nulla è acquisito, nessun
maestro riconosciuto tranne la natura e il
vero. Nessuna norma estetica codificata:
l'esperienza del vero comporta una cruda
visione della realtà nell'arte come nella
vita.
Questo è Caravaggio…
Leonardo
Acqua
Scuola primaria, scuola secondaria di 1° e 2°
grado
Storia dell’arte, Storia, Scienze
Leonardo da Vinci incarna perfettamente
il modello dell’uomo rinascimentale ed è,
insieme, simbolo affascinante dell’uomo
universale, del suo impegno creativo e
http://www.mosaico.rai.it/minisiti/index.asp
Se disponete di una
connessione a banda
limitata il tempo di
caricamento dei minisiti è
maggiore...
I MINISITI DI
PROSSIMA
PUBBLICAZIONE:
Antartide
Scuola secondaria di 1° grado
Scienze, Geografia
L’acqua è un bene prezioso che oggi
purtroppo è in pericolo. Scopri perché
l’acqua è una risorsa da salvaguardare
per il bene dell’umanità…
Page 1 of 2
Minisiti di Mosaico
02/06/12 10.40
della sua eterna ricerca del sapere…
Come era Leonardo? Il nostro grafico ha
cercato di ricostruire la sua fisionomia
partendo dall'analisi di un famoso ritratto.
Il sistema solare
Scuola secondaria di 1° grado
Scienze matematiche, chimiche, fisiche e
naturali, Storia della scienza, Educazione
all’immagine
Gli astronomi chiamano lo spazio attorno
a noi "Sistema Solare", con un pizzico di
irriverenza ma con molta efficacia lo
hanno definito una stella con dei sassi
intorno. Tu vivi su uno di quei sassi, la
Terra…
Noi animali
Scuola primaria
Scienze naturali, Studi Sociali, Lingua Italiana,
Educazione all’immagine
Siamo tanti. In mille modi dividiamo il
mondo con te. Nuotiamo, voliamo,
abitiamo sugli alberi, nel deserto, tra i
ghiacci. Come te scopriamo l’avventura
della vita. Abbiamo tante storie da
raccontare. Siamo gli animali. Vuoi venire
a conoscerci?
Mosaico - Rai Educational
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RISORSE DIGITALI PER STUDENTI
a cura di INDIRE
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1. La piramide di Cheope - ITALIANO
Un percorso esplorativo all'interno della piramide di Cheope che mette alla prova lo studente sulle capacità
di ascolto.
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2. La nascita di Venere - ITALIANO
Un'esplorazione 3D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il
linguaggio delle immagini.
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3. L'annunciazione - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il
linguaggio delle immagini.
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4. Guernica - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno di un quadro che ha segnato profondamente la storia dell'arte moderna e
dellÂ’impegno civile dellÂ’artista rispetto alla guerra.
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5. Notte stellata - ITALIANO
Un'esplorazione 2D all'interno del mondo pittorico onirico e tormentato di Vincent Van Gogh, a partire da un
paesaggio notturno.
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6. Era buono, lo prendevano in giro - ITALIANO
un viaggio in rete alla scoperta delle risorse presenti per informarsi e "armarsi" contro un fenomeno
dilagante: il bullismo.
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7. Eppur si muove - ITALIANO
Il merito universalmente riconosciuto a Galileo è quello di aver introdotto nella scienza il metodo
sperimentale: un percorso in rete per descrivere la rivoluzione scientifica e i suoi protagonisti.
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8. Navigare per imparare - ITALIANO
Un viaggio in rete a caccia di informazioni e curiosità sulla bellissima Lucca, per comprendere e confrontare
le informazioni, imparando a navigare con consapevolezza.
Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,26)
9. Una vita esemplare - SCIENZE
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Un viaggio nel mondo del baco da seta alla scoperta dei caratteri distintivi degli insetti e del loro ciclo di
vita.
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10. Viaggio all'interno della materia - SCIENZE
La risorsa prevede l'esplorazione all'interno di alcuni materiali fino alla visualizzazione della molecola e
dell'atomo.
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11. Dalle pavimentazioni ai quadrilateri - MATEMATICA
Un semplice percorso che guida lo studente alla formalizzazione del concetto di quadrilatero e alla
distinzione tra definizione e proprietà di un ente geometrico.
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12. Solo N???- MATEMATICA
Iniziamo a mettere ordine nel mondo infinito dei numeri: insiemi, regole, leggi...
Un viaggio alla scoperta degli insiemi numerici e della loro relazione con le quattro operazioni aritmetiche.
Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 23)
Per eventuali segnalazioni o problemi tecnici relativi alle risorse, potete scrivere alla redazione di
INDIRE a questo indirizzo:
[email protected]
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Indire Edu - unità didattica
02/06/12 10.39
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browser o dispositivo internet.
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Sperimentazione risorsa/attività didattica
Usare contenuti didattici digitali in classe
Premessa
Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale)
Proposta di attività
Proposta di attività
Accedi ad uno dei repository indicati (in Europa o in Italia);
In Italia RAI: http://www.mosaico.rai.it/minisiti/index.asp
INDIRE:
http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm
Scegli un “contenuto didattico digitale” che pensi di poter usare in classe;
Indica brevemente come lo useresti all’interno della tua progettazione didattica.
INDIRE © 2006
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Puntoedu Neoassunti 2011/2012
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Benvenuto GIOVANNI NICCO
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ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI
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In classe con la lavagna interattiva multimediale
G. Biondi
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
La LIM (Lavagna Interattiva Multimediale, in inglese Interactive Whiteboard) è apparentemente solo
una “lavagna più moderna”. Non richiede stravolgimenti nell’organizzazione dell’aula, si installa al muro
accanto alla lavagna di ardesia e si integra immediatamente nell’ambiente della classe. Gli insegnanti
conoscono la lavagna da sempre. L’hanno vista usare dai loro docenti e, da studenti, hanno a loro volta
copiato intere pagine di compiti e appunti pregando spesso i docenti di aspettare a cancellare per dare
il tempo di finire di leggere e di trascrivere. È stata sempre usata come spazio a disposizione
dell’insegnante per svolgere la lezione e condividere le conoscenze e come luogo dove lo studente è
chiamato a “dimostrare le conoscenze acquisite”. Quell’invito “vieni alla lavagna”, che nella nostra vita
scolastica abbiamo tutti ricevuto, era, in un certo senso, il momento della verità, la dimostrazione di
quello che avevamo studiato, capito, che sapevamo applicare o anche semplicemente disegnare.
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Agenzia Scuola © 2012
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Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning
object all’’asset
Giovanni Biondi
Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di
approfondire il discorso sul valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella
scuola. Cosa si intende per learning object? Se seguiamo le definizioni classiche, un
learning object è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile
che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Si
presenta un po' come una molecola: così come questa è composta da atomi (fatti di
elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto,
testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le
formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della
propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e
crearne di nuovi.
Combinando insieme oggetti diversi, potrà poi realizzare percorsi di apprendimento
differenziati. Secondo questa logica, gli oggetti didattici, proprio in virtù della loro
natura modulare, semi-strutturata e flessibile, sono considerati di enorme supporto
alla didattica individualizzata e potenzialmente utilizzabili in diversi contesti d'uso. La
metafora del "lego" si basa dunque sul concetto che ogni learning object sia
sostanzialmente autonomo, che abbia il suo sistema di valutazione e che quindi si
possa tracciare l'attività realizzata dallo studente che lo utilizza. È come se
prendessimo un libro e ne utilizzassimo i singoli paragrafi con gli esercizi ad essi
collegati.
Quando lo studente ha concluso l'attività, quando ha imparato quel concetto, quella
regola o quella teoria, quando ha approfondito quel contenuto, si passa ad altro.
Questa modalità può rivelarsi adeguata per un corso di specializzazione, di
aggiornamento professionale, di istruzione all'uso di un particolare software o per
imparare a installare o riparare un circuito, un utensile, un reattore: consente di
isolare le componenti e le singole operazioni per raggiungere un risultato. Su questo
stesso schema si è sviluppato, tuttavia, anche l'e-learning per il settore educativo,
manifestando, dopo le prime esperienze, la sua inadeguatezza rispetto soprattutto alle
promesse e alle premesse costruttiviste che aveva abbracciato. È ormai sempre più
evidente che le piattaforme di e-learning e gli standard, con le loro logiche da
mattoncini del ““lego””, da "conoscenza auto consistente" che si combina e ricombina in
modo meccanico secondo una visione semplicistica della costruzione delle conoscenze,
sono lontane dalle problematiche che pone la scuola. La scuola chiede infatti,
soprattutto, lo sviluppo di ambienti aperti centrati sulla possibilità reale di costruzione
delle conoscenze, su un ruolo "attivo" dello studente e sull'utilizzo di funzioni,
ambienti e asset, intesi come elementi primari che si differenziano rispetto ai learning
object maggiormente strutturati.
Nell’’ottica dell’’e-learning, la riusabilità di learning object autoconsistenti non si è
rivelata dunque una reale innovazione capace di incidere sui meccanismi e le strategie
dell’’apprendimento. Questo non significa sminuire il valore di simulazioni,
dimostrazioni animate o di video esemplificativi che stanno al centro dello sviluppo
delle piattaforme di e-learning, quanto riproporre, con le nuove possibilità offerte
1
dall’’introduzione in classe della lavagna interattiva multimediale (di cui parleremo
ampiamente in seguito), il problema dell’’architettura formativa nella quale inserirli.
Repository di contenuti didattici digitali
L’’esperienza europea mostra che la semplice disponibilità di contenuti digitali e
learning object non garantisce il loro utilizzo da parte degli insegnanti. La questione
fondamentale non è quella dei contenuti di per sé, ma del perché la scuola ha
bisogno di contenuti digitali, del valore aggiunto che questi portano rispetto, ad
esempio, al libro di testo, dell’’impatto che questi hanno sull’’organizzazione didattica
della scuola. Gli sviluppi tecnologici di questi anni e l’’esplosione della Rete hanno
portato a maturazione questa problematica, ponendola all’’attenzione del mondo della
scuola come elemento in grado di innescare una trasformazione reale nella
tradizionale pratica educativa, e aprendo una serie di temi di ricerca del tutto nuovi
per chi si occupa di formazione. La diversità tra i contenuti digitali e quelli stampati
passa attraverso l’’individuazione del valore aggiunto, che non può essere solo quello
tecnologico. Non si cambia infatti la natura degli oggetti semplicemente trasformando
in digitale i caratteri: dalla macchina da scrivere al word-processor migliorano sì le
prestazioni, ma non cambia il dna, la struttura del testo.
In assenza di iniziative di sistema assistiamo in Italia al fiorire di piccoli repository
legati a esperienze di singole scuole o di reti di scuole. Ma sorge il problema della
qualità: pur essendo positivo l’’aspetto processuale della produzione –– un momento
formativo importante per l’’insegnante –– il risultato finale spesso non corrisponde
nemmeno lontanamente a degli standard minimi. Gli insegnanti tendono infatti a
produrre sul digitale appunti e dispense secondo strutture sequenziali, con un utilizzo
del linguaggio scritto largamente prevalente.
Occorre capire che il digitale offre oggi alla scuola la possibilità di misurarsi con
linguaggi molteplici, di superare le due dimensioni della pagina e di aprirsi a ricchezza
espressiva e comunicativa prima inimmaginabile. Non si tratta solo di colmare il
digital disconnect tra docenti (spesso in difficoltà nell’’uso delle ICT) e studenti che,
invece, sono abituati a usare computer, software e Internet nelle attività del loro
tempo libero. L’’aspetto più rilevante del digital disconnect riguarda invece il rapporto
tra libro di testo e learning object e, più in generale, coinvolge la comunicazione che
avviene o non avviene a scuola: a una generazione sempre più immersa nel digitale la
scuola propone una comunicazione, un linguaggio ““tradizionale””, troppo uguale a
quello riproposto alle precedenti generazioni. Dopo una fase di investimenti in tutti i
Paesi del mondo che si è concentrata sulla diffusione dell’’hardware nelle scuole, dopo
una riduzione delle ICT all’’informatica, dopo un uso strumentale della tecnologia
nelle didattiche disciplinari, la prospettiva che si sta definendo con crescente chiarezza
è quella della trasformazione dell’’ambiente di apprendimento.
Analogamente a quanto è successo negli ambienti produttivi, dove le ICT hanno
trasformato completamente l’’ambiente considerato nelle sue coordinate organizzative
e strutturali, come pure in tutti gli altri e diversi ambiti della nostra società, anche
nella scuola si pone il problema della trasformazione organizzativa complessiva.
Anche la costruzione di repository di learning object non determina di per sé il
cambiamento e, anzi, innesca una serie di problematiche e di interrogativi nuovi
relativi alla qualità della ““cultura””. Se infatti si affermasse - anche per logiche di
2
mercato - un modello di ““fast-food della formazione”” basato su vetrine di learning
object ai quali lo studente può accedere autonomamente e che hanno in sé regole di
utilizzo e standard di valutazione, assisteremmo a una sovrapposizione, rispetto alla
scuola, di un modulo che porta un nuovo linguaggio, magari più accattivante di quello
della lezione tradizionale, ma alla fine sterile e dispersivo. La conoscenza, infatti, non
si costruisce con i mattoncini del ““lego”” e quindi l’’autoconsistenza dei singoli oggetti,
pur ricomponibili, non determina un reale sviluppo né può rappresentare un modello
educativo di riferimento. Il rischio di abbassare il livello culturale nelle nostre scuole
eliminando il libro, uno strumento comunque fondamentale per lo sviluppo della
coscienza critica individuale, è elevato. Mentre, quindi, è importante che gli insegnanti
affrontino il problema della comunicazione, dei linguaggi e degli stessi stili cognitivi
che le nuove generazioni sviluppano attraverso le nuove tecnologie fuori dalla scuola,
è altrettanto importante concentrarsi sui caratteri originali della dimensione
digitale, raccogliendo la sfida di trasformazione degli ambienti di apprendimento che
questi portano con sé. In questo senso la lavagna interattiva multimediale si
configura come un nuovo modo di intendere e valorizzare le risorse digitali nell’’ambito
della pratica didattica.
Lavagne interattive multimediali
Molti Paesi hanno già fatto investimenti importanti nelle cosiddette lavagne digitali
(tra questi il Messico, la Gran Bretagna e molti altri) e nel 2010 si prevede che
saranno installate nel mondo più di 3 milioni di lavagne digitali. Ma cos’’è
esattamente una lavagna digitale? Le potenzialità comunicative e formative di
questo nuovo strumento sono sostanzialmente centrate sulla manipolazione degli
oggetti (testi, immagini, audiovisivi, ecc) che vengono proiettati sulla sua superficie.
Questa manipolazione è molto più facile, flessibile e diretta rispetto a quella permessa
dal computer: è infatti possibile scrivere e disegnare sullo schermo, spostare icone,
sovrapporre immagini anche solo col dito di una mano e senza altri strumenti. Queste
caratteristiche d’’interazione, unite alle potenzialità espressive tipiche dei nuovi media,
ne fanno uno strumento assai coinvolgente per gli studenti che riescono in questo
modo a mantenere l’’attenzione più a lungo. Inoltre la lavagna digitale può essere
usata non soltanto in modalità stand alone, come semplice supporto alla didattica, ma
anche in rete su Internet o con altre lavagne, aprendo scenari comunicativi e formativi
estremamente interessanti. Certamente possiamo considerarla un vero e proprio
tavolo di montaggio della conoscenza, una superficie di lavoro in grado di
restituirci mosaici comunicativi estremamente personalizzati. La lavagna digitale può
essere vista come una sorta di "velo trasparente" che rende possibile un’’immediata
manipolazione degli oggetti, permettendo a insegnanti e alunni di essere soggetti
attivi nella costruzione della conoscenza, di creare un nuovo ambiente dedicato
all’’apprendimento.
La lavagna digitale potrà davvero provocare un grande cambiamento nella didattica.
Ci si trova di fronte ad una ““superficie digitale interattiva”” che sembra preludere
ad altri oggetti di questo tipo, magari meno ingombranti, che potrebbero sostituire
presto anche i quaderni o potrebbero essere forse incassati nei banchi e divenire la
dotazione di ogni studente, lo strumento di lavoro individuale, collegabile alla lavagna
come a ogni altra ““superficie interattiva”” presente in classe. Dobbiamo quindi
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guardare alla lavagna digitale come a un ponte fra due mondi, una vera e propria
porta di ingresso nell’’aula, e quindi nella pratica educativa, per le ICT. Le lavagne
digitali, infatti, sono strumenti apparentemente poco sfacciati, che entrano
nell’’ambiente quasi in sordina, senza trasformarlo, ma andando a sostenere la
tradizionale comunicazione fra insegnanti e alunni, con quelle importanti potenzialità
proprie di una tecnologia che opera direttamente con contenuti digitali. Possiamo dire,
quindi, che l’’aula diventa il luogo dove realtà fisica e realtà digitale si
incontrano.
Un passo ““indolore”” per l’’avvio della trasformazione degli ambienti che oltretutto dà il
tempo e il modo all’’insegnante di non cambiare improvvisamente ruolo.
Cambierà probabilmente il linguaggio che egli utilizzerà, le sue modalità comunicative,
il suo modo di fare lezione, ma non il suo ruolo. Anzi la sua ““centralità”” potrà essere
maggiormente valorizzata e questo aiuterà il processo di trasformazione perché, come
è noto, senza gli insegnanti non si cambia la scuola. Il modo di operare, le
caratteristiche stesse di questa tecnologia che si presenta in modo amichevole, porta
però con sé anche un’’innovazione profonda nei contenuti: la lavagna non vuole la
carta, richiede immagini, filmati, testi da smontare e rimontare, sui quali lavorare per
scoprirne l’’architettura, le concordanze e le rime, oggetti da muovere, esperimenti e
progetti da verificare, eventi da far rivivere, simulazioni sensibili alla modifica dei
parametri, in conclusione veri e propri contenuti digitali. Potendo disporre di tavoli per
la costruzione delle conoscenze si dovrebbe poter accedere finalmente ad asset,
frammenti di contenuto, singole unità di informazione, piuttosto che a oggetti didattici
in sé conclusi.
E allora servono banche date di immagini, filmati, testi, suoni con i quali fare ricerca,
costruire e comunicare le proprie conoscenze, attraverso i linguaggi della società
digitale. Il tutto disponibile in un ambiente sicuro, organizzato e insieme
destrutturato, ordinato, dove la ricerca sia agevole, ma insieme aperto e flessibile, che
metta a disposizione strumenti per assemblare, costruire, comunicare. Ambienti
di lavoro che si potranno utilizzare anche da casa online, con i quali apprendere
"giocando", facendo e rendendo così possibile imparare dall’’esperienza:
un’’esperienza mediata ma diretta, fatta movendosi all’’interno di mondi sintetici,
di ambienti specializzati e immersivi.
La lavagna si presenta come una sorta di collettore e fa immaginare una prospettiva
di forte integrazione tra tutte le tecnologie: dai
telefoni agli iPod, dalla TV digitale a quella sul web, dalla radio della scuola che
trasmette su Internet, all’’ambiente online sempre disponibile. In questo scenario
certamente il libro avrà un suo spazio e una sua funzione sempre più insostituibile,
divenendo forse meno ““manuale scolastico”” e più libro, spogliandosi di parti che
potranno essere collocate in modo più efficace negli ambienti digitali (basti pensare
alle corpose parti esercitative, alle dimostrazioni, alle cartine geografiche……).
Dobbiamo gridare allo scandalo se non si useranno più i quaderni per prendere
appunti, ma si scriverà su superfici digitali archiviando poi i testi nel proprio hard disk?
Ma questo avviene già oggi nelle riunioni di lavoro, dove i tavoli devono essere dotati
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di prese elettriche e cavi di rete o i locali disporre di connessioni wireless perché
ognuno arriva sempre più spesso con il proprio portatile, porta le sue comunicazioni in
formato digitale, su file che condivide con gli altri via e-mail in tempo reale. Le
superfici digitali consentiranno di scrivere a mano e memorizzare i testi con sistemi di
riconoscimento dei caratteri, ma anche di usare tastiere integrate touch screen, le
lavagne registreranno la lezione dell’’insegnante che sarà pubblicata nell’’ambiente
online, a disposizione del lavoro a casa degli studenti, ma anche di chi era assente. Ma
tutto questo è un futuro facile da prevedere perché è già in larga parte presente.
L’’apprendimento delle lingue, la comunicazione tra scuole e studenti, la creazione di
luoghi virtuali ““sicuri””, dove anche la dispersione tipica della Rete e il disorientamento
che ne consegue siano ridotti: una sorta di ““internet per le scuole””. Una rete nella
quale il web sia però solo una parte, che si componga di ambienti differenti, anche e
soprattutto di tipo immersivo, certamente centrati sulla collaborazione e
sull’’apprendimento in un ambiente sociale animato e sviluppato dagli stessi studenti.
Questo può essere lo scenario di una scuola che diviene una vera e propria learning
organization grazie alle ICT che rendono lo studente protagonista
dell’’apprendimento. Ma anche per gli studenti si pone un problema di formazione,
non tanto all’’uso degli strumenti, ma all’’uso dell’’ambiente. Se è vero che nel futuro
una parte sempre più ampia di apprendimento avverrà al di fuori degli edifici
scolastici, questo certo non potrà avvenire senza gli insegnanti; anzi, quello degli
insegnanti sarà un ruolo determinante proprio per la scuola del futuro. Guardando alla
scuola della società della conoscenza, post-industriale, dobbiamo considerare
fondamentali gli obiettivi concordati a livello europeo che riguardano gli insegnanti.
Negli obiettivi di Lisbona, infatti, si dà grande risalto alla necessità di ““formare entro la
fine del 2010 gli insegnanti in numero sufficiente per consentire loro di utilizzare
Internet e le risorse multimediali””. Non si tratta naturalmente della semplice istruzione
all’’uso del computer o della Rete, del mouse o della tastiera, quanto piuttosto
dell’’innovazione sull’’organizzazione dei programmi di formazione, ““nonché sul
contesto di apprendimento e sulle prassi pedagogiche””. L'utilizzo delle nuove
tecnologie renderà quindi necessario un adeguamento delle tecniche e l'introduzione
di modelli educativi innovatori. Formazione degli insegnanti fatta però, anche in
questo caso, su basi nuove, con la consapevolezza e l'intenzionalità di puntare alla
trasformazione del ruolo e allo sviluppo di nuove competenze in vista dei nuove
funzioni, ma anche delle qualità degli strumenti, dei servizi e dei contenuti
disponibili: tutto questo rappresenta l'elemento determinante per questa
trasformazione molto di più della diffusione di computer e collegamenti telematici. Con
l’’avvento della lavagna interattiva multimediale si supera dunque definitivamente il
concetto di learning object come è stato definito dall’’esperienza dell’’e-learning in
quanto né l’’autoconsistenza né la riusabilità basata su standard puramente tecnologici
risultano adeguati in ambiente educativo. Da questo punto di vista, l’’utilizzo delle
lavagne interattive multimediali richiede soprattutto la disponibilità di contenuti in una
forma aperta che consenta la massima integrazione all’’interno di un processo di
comunicazione. La pianificazione del ““testo della lezione””, attraverso l’’organizzazione
dei materiali didattici, è da considerarsi come uno strumento per supportare la
progressione degli apprendimenti, per esplicitare strategie di coesione interna e di
5
recupero tra gli argomenti affrontati, per creare ““canovacci”” della lezione alternando
fasi di esposizione a momenti di ““dialogo didattico””.
La lavagna può quindi trasformarsi in un vero e proprio tavolo di assemblaggio delle
conoscenze e nello stesso tempo rappresentare un ponte in grado di far dialogare, in
un contesto più familiare ed efficace, lo studente con il docente. Uno strumento che
permette di promuovere nuove modalità di configurazione dello spazio di
comunicazione in classe. La presenza fisica, infatti, permette di conciliare la didattica
in ambiente digitale con tutti gli aspetti comunicativi, verbali e non verbali, della
relazione formativa, di intrecciare il piano simbolico degli apprendimenti con la
dimensione esperienziale, di creare una ““finestra”” che apre l’’aula alle dimensioni
mediatiche e informative della società della conoscenza.
Con l’’introduzione della lavagna interattiva multimediale forse inizialmente si potranno
riscontrare alcune difficoltà legate al fatto che gli insegnanti dovranno capire
l’’importanza di preparare, direi più propriamente sceneggiare, la lezione per
sfruttare a pieno le potenzialità della lavagna digitale. L’’insegnante dovrà strutturare
la sua didattica e cercare contenuti didattici digitali, immagini, documenti idonei; ma
una volta imparato a far ciò, la qualità della lezione e la sua efficacia comunicativa
saranno assai maggiori. L’’uso della lavagna digitale si accompagna quindi allo sviluppo
di ‘‘biblioteche di oggetti’’, di repository, che ancora purtroppo non sono molto
diffusi. Gli insegnanti all’’inizio saranno chiamati a fare uno sforzo, ma poi tenere la
lezione sarà più semplice e gratificante.
Con la lavagna interattiva, nell’’ambito della classe, i contenuti didattici digitali
acquistano nuovo significato all’’interno della superficie condivisa di scrittura e
manipolazione. Emerge definitivamente il "paradosso" del learning object inteso
come unità didattica o risorsa utilizzabile anche al di fuori del contesto in cui è stato
creato, e risulta sempre più evidente che il valore didattico di una risorsa digitale
dipende non solo dal suo contenuto, ma anche, e soprattutto, dal contesto in cui viene
utilizzato. L’’attenzione dunque non si concentrerà più solamente su repository di
learning object autoconsistenti, ma acquisteranno valore database di immagini,
raccolte di file musicali, portali che offrono video, community di docenti in cui vengono
scambiati semilavorati, bozze di lezioni, risorse elaborate dai colleghi che andranno a
rappresentare un patrimonio di contenuti didattici digitali aperti alle esigenze del
singolo docente. Il repository potrà avere dimensioni diversificate: il repository
scolastico, quello locale, quello di un gruppo di scuole in Rete, e poi i repository
nazionali e quelli internazionali. Il patrimonio di risorse digitali da condividere
permetterà lo scambio, l’’arricchimento reciproco, il perfezionamento continuo delle
risorse per la LIM a disposizione del docente, che diventerà il vero regista che,
sottraendosi definitivamente alla dittatura del learning object, concretizzerà sulla
lavagna le potenzialità offerte dalle risorse didattiche digitali.
Il sipario da strappare
La prospettiva che si determina con la lavagna interattiva multimediale ci permette di
affrontare infine un aspetto più ampio che è quello dell’’apertura, attraverso le ICT,
della classe verso un ambiente di apprendimento commisurato al mondo in cui
viviamo e delle potenzialità offerte dagli ambienti digitali proposti dai nuovi modelli di
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e-learning. Uno degli aspetti che caratterizzano il "nuovo" e-learning è quello di essere
al confine con i videogiochi e in particolare con quella che può essere considerata la
più importante innovazione nei computer-games: i MMORPGs (Multi-Player Online
Role-Playing Games), quelli "dove il gioco crea e mette a disposizione l'ambiente" e
dove sono i giocatori stessi a inventare il gioco e la sua struttura. In questo senso,
l'ambiente di gioco più famoso è Second Life, una realtà virtuale che mette a
disposizione "spazi" disegnati e progettati tenendo conto dei cosiddetti "diorama",
utilizzati nei principali ambienti di simulazione. Un mondo immersivo, un mondo
"sintetico" basato sul learning by doing che dimostra come l'utilizzo delle ICT richieda,
per poterne raccogliere la sfida e sfruttarne le reali potenzialità, di andare oltre la
scrittura, oltre il testo, intraprendendo nuove strade. Non è un caso che questi siamo
gli ambienti più familiari alla generazione dei digital natives che, intrisi del loro
mondo, si scontrano col nero dell'ardesia, con il modello trasmissivo, espositivo della
scuola.
Gli ambienti online mostrano la loro reale efficacia quando entrambe le dimensioni,
spazio e tempo, possono essere messe in gioco. Quando però ambedue diventano
non modificabili, come nel caso dell'impatto delle ICT in una classe, all'interno
dell'orario scolastico, si aprono problematiche del tutto inedite. Il modello dell'elearning tende, per come è impostato, a sovrapporsi alle attività in aula e fatica a
trovare soluzioni organizzative efficaci e integrabili all'attività in classe. Per poter
sfruttare al meglio e in chiave di reale innovazione le potenzialità dell'e-learning,
prima di tutto dobbiamo rovesciare molti dei paradigmi classici e degli standard, e
affrontare la progettazione degli ambienti in modo integrato, ponendoci fin dall'inizio il
problema degli scenari di utilizzo e di come le due variabili principali, spazio e
tempo, intervengono nell'impianto formativo.
Le "scuole senza classi" propongono questo tipo di scenari. Assistere gli studenti
nelle loro attività di studio e di esercitazione a casa rappresenta un obiettivo dove
entrambe le variabili spazio e tempo vengono messe in gioco. Lo studente non viene
lasciato da solo con i suoi libri e gli appunti presi durante la lezione, ma viene assistito
attraverso la comunicazione in rete, ambienti esercitativi, simulazioni e anche una
sorta di "pronto soccorso" telematico con chat, forum e sessioni sincrone. Tutte
queste funzioni sono all'interno di un ambiente che consente anche spazi di
socializzazione e incontro che permettono all'insegnante - che rimane il
responsabile, il regista dell'intero percorso di formazione - di ricevere, su un registro
elettronico, il tracciamento delle attività realizzate.
L'ambiente online è costruito con criteri che consentono allo studente autonomia nelle
attività di studio e di esercitazione, senza tuttavia che questo rappresenti un selfservice, un supermercato dove ogni studente prenda dagli scaffali learning object a
uso e consumo personale. Naturalmente la qualità - intesa dal punto di vista del
valore aggiunto - che i contenuti digitali riescono a offrire in termini di interazione,
manipolazione, ricostruzione dei "contenuti", rappresenta il fattore determinante del
successo e dell'efficacia di un ambiente di questo tipo. Senza dimenticare che
l'insegnante è sempre il responsabile del processo formativo, controlla i risultati e può
differenziare l'offerta formativa e i percorsi in base ai bisogni degli studenti.
Lo scenario internazionale dimostra che stiamo entrando in una fase nuova nel
rapporto tra le ICT, la scuola e più in generale i sistemi di formazione. Lo sviluppo
dell'elettronica, l'abbassamento dei prezzi e le caratteristiche del mercato portano a
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prevedere una penetrazione sempre maggiore e una diffusione capillare delle
tecnologie. Il passaggio delicato è comunque rappresentato dall'ingresso
nell'aula, dal rapporto "uno a uno", dalla tecnologia personale direttamente nelle
mani di ciascuno studente, una tecnologia che accompagna a casa come a scuola.
Quale sarà questo strumento, se una superficie digitale interattiva o un più
tradizionale personal computer portatile, un palmare o una nuova generazione di
computer-telefonino, molto probabilmente dipenderà da logiche di mercato più che da
scelte della scuola. Il mercato della scuola non può essere considerato, da questo
punto di vista, un mercato evoluto e il rischio dei "fondi di magazzino" è sempre
presente. Da questo però la scuola si difende creando a sua volta "magazzini", aule
cioè dove riporre la tecnologia, magari arrivata gratuitamente tramite donazioni o
progetti nazionali ed europei. È la porta dell'aula il vero baluardo, il sipario da
strappare: le potenzialità sono molte, così come tante sono le opportunità che si
stanno aprendo. Il problema è se la scuola saprà coglierle, se potrà essere
protagonista di questo sviluppo.
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Puntoedu Neoassunti 2011/2012
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Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning
object all'asset
G. Biondi
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di approfondire il discorso sul
valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella scuola. Cosa si intende per learning object?
Se seguiamo le definizioni classiche, un learning object è un blocco di apprendimento autonomo,
coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di
apprendimento/insegnamento. Si presenta un po' come una molecola: così come questa è composta
da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto,
testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le formule e la materia,
ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in
grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e crearne di nuovi.
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Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning
object all’’asset
Giovanni Biondi
Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di
approfondire il discorso sul valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella
scuola. Cosa si intende per learning object? Se seguiamo le definizioni classiche, un
learning object è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile
che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Si
presenta un po' come una molecola: così come questa è composta da atomi (fatti di
elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto,
testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le
formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della
propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e
crearne di nuovi.
Combinando insieme oggetti diversi, potrà poi realizzare percorsi di apprendimento
differenziati. Secondo questa logica, gli oggetti didattici, proprio in virtù della loro
natura modulare, semi-strutturata e flessibile, sono considerati di enorme supporto
alla didattica individualizzata e potenzialmente utilizzabili in diversi contesti d'uso. La
metafora del "lego" si basa dunque sul concetto che ogni learning object sia
sostanzialmente autonomo, che abbia il suo sistema di valutazione e che quindi si
possa tracciare l'attività realizzata dallo studente che lo utilizza. È come se
prendessimo un libro e ne utilizzassimo i singoli paragrafi con gli esercizi ad essi
collegati.
Quando lo studente ha concluso l'attività, quando ha imparato quel concetto, quella
regola o quella teoria, quando ha approfondito quel contenuto, si passa ad altro.
Questa modalità può rivelarsi adeguata per un corso di specializzazione, di
aggiornamento professionale, di istruzione all'uso di un particolare software o per
imparare a installare o riparare un circuito, un utensile, un reattore: consente di
isolare le componenti e le singole operazioni per raggiungere un risultato. Su questo
stesso schema si è sviluppato, tuttavia, anche l'e-learning per il settore educativo,
manifestando, dopo le prime esperienze, la sua inadeguatezza rispetto soprattutto alle
promesse e alle premesse costruttiviste che aveva abbracciato. È ormai sempre più
evidente che le piattaforme di e-learning e gli standard, con le loro logiche da
mattoncini del ““lego””, da "conoscenza auto consistente" che si combina e ricombina in
modo meccanico secondo una visione semplicistica della costruzione delle conoscenze,
sono lontane dalle problematiche che pone la scuola. La scuola chiede infatti,
soprattutto, lo sviluppo di ambienti aperti centrati sulla possibilità reale di costruzione
delle conoscenze, su un ruolo "attivo" dello studente e sull'utilizzo di funzioni,
ambienti e asset, intesi come elementi primari che si differenziano rispetto ai learning
object maggiormente strutturati.
Nell’’ottica dell’’e-learning, la riusabilità di learning object autoconsistenti non si è
rivelata dunque una reale innovazione capace di incidere sui meccanismi e le strategie
dell’’apprendimento. Questo non significa sminuire il valore di simulazioni,
dimostrazioni animate o di video esemplificativi che stanno al centro dello sviluppo
delle piattaforme di e-learning, quanto riproporre, con le nuove possibilità offerte
1
dall’’introduzione in classe della lavagna interattiva multimediale (di cui parleremo
ampiamente in seguito), il problema dell’’architettura formativa nella quale inserirli.
Repository di contenuti didattici digitali
L’’esperienza europea mostra che la semplice disponibilità di contenuti digitali e
learning object non garantisce il loro utilizzo da parte degli insegnanti. La questione
fondamentale non è quella dei contenuti di per sé, ma del perché la scuola ha
bisogno di contenuti digitali, del valore aggiunto che questi portano rispetto, ad
esempio, al libro di testo, dell’’impatto che questi hanno sull’’organizzazione didattica
della scuola. Gli sviluppi tecnologici di questi anni e l’’esplosione della Rete hanno
portato a maturazione questa problematica, ponendola all’’attenzione del mondo della
scuola come elemento in grado di innescare una trasformazione reale nella
tradizionale pratica educativa, e aprendo una serie di temi di ricerca del tutto nuovi
per chi si occupa di formazione. La diversità tra i contenuti digitali e quelli stampati
passa attraverso l’’individuazione del valore aggiunto, che non può essere solo quello
tecnologico. Non si cambia infatti la natura degli oggetti semplicemente trasformando
in digitale i caratteri: dalla macchina da scrivere al word-processor migliorano sì le
prestazioni, ma non cambia il dna, la struttura del testo.
In assenza di iniziative di sistema assistiamo in Italia al fiorire di piccoli repository
legati a esperienze di singole scuole o di reti di scuole. Ma sorge il problema della
qualità: pur essendo positivo l’’aspetto processuale della produzione –– un momento
formativo importante per l’’insegnante –– il risultato finale spesso non corrisponde
nemmeno lontanamente a degli standard minimi. Gli insegnanti tendono infatti a
produrre sul digitale appunti e dispense secondo strutture sequenziali, con un utilizzo
del linguaggio scritto largamente prevalente.
Occorre capire che il digitale offre oggi alla scuola la possibilità di misurarsi con
linguaggi molteplici, di superare le due dimensioni della pagina e di aprirsi a ricchezza
espressiva e comunicativa prima inimmaginabile. Non si tratta solo di colmare il
digital disconnect tra docenti (spesso in difficoltà nell’’uso delle ICT) e studenti che,
invece, sono abituati a usare computer, software e Internet nelle attività del loro
tempo libero. L’’aspetto più rilevante del digital disconnect riguarda invece il rapporto
tra libro di testo e learning object e, più in generale, coinvolge la comunicazione che
avviene o non avviene a scuola: a una generazione sempre più immersa nel digitale la
scuola propone una comunicazione, un linguaggio ““tradizionale””, troppo uguale a
quello riproposto alle precedenti generazioni. Dopo una fase di investimenti in tutti i
Paesi del mondo che si è concentrata sulla diffusione dell’’hardware nelle scuole, dopo
una riduzione delle ICT all’’informatica, dopo un uso strumentale della tecnologia
nelle didattiche disciplinari, la prospettiva che si sta definendo con crescente chiarezza
è quella della trasformazione dell’’ambiente di apprendimento.
Analogamente a quanto è successo negli ambienti produttivi, dove le ICT hanno
trasformato completamente l’’ambiente considerato nelle sue coordinate organizzative
e strutturali, come pure in tutti gli altri e diversi ambiti della nostra società, anche
nella scuola si pone il problema della trasformazione organizzativa complessiva.
Anche la costruzione di repository di learning object non determina di per sé il
cambiamento e, anzi, innesca una serie di problematiche e di interrogativi nuovi
relativi alla qualità della ““cultura””. Se infatti si affermasse - anche per logiche di
2
mercato - un modello di ““fast-food della formazione”” basato su vetrine di learning
object ai quali lo studente può accedere autonomamente e che hanno in sé regole di
utilizzo e standard di valutazione, assisteremmo a una sovrapposizione, rispetto alla
scuola, di un modulo che porta un nuovo linguaggio, magari più accattivante di quello
della lezione tradizionale, ma alla fine sterile e dispersivo. La conoscenza, infatti, non
si costruisce con i mattoncini del ““lego”” e quindi l’’autoconsistenza dei singoli oggetti,
pur ricomponibili, non determina un reale sviluppo né può rappresentare un modello
educativo di riferimento. Il rischio di abbassare il livello culturale nelle nostre scuole
eliminando il libro, uno strumento comunque fondamentale per lo sviluppo della
coscienza critica individuale, è elevato. Mentre, quindi, è importante che gli insegnanti
affrontino il problema della comunicazione, dei linguaggi e degli stessi stili cognitivi
che le nuove generazioni sviluppano attraverso le nuove tecnologie fuori dalla scuola,
è altrettanto importante concentrarsi sui caratteri originali della dimensione
digitale, raccogliendo la sfida di trasformazione degli ambienti di apprendimento che
questi portano con sé. In questo senso la lavagna interattiva multimediale si
configura come un nuovo modo di intendere e valorizzare le risorse digitali nell’’ambito
della pratica didattica.
Lavagne interattive multimediali
Molti Paesi hanno già fatto investimenti importanti nelle cosiddette lavagne digitali
(tra questi il Messico, la Gran Bretagna e molti altri) e nel 2010 si prevede che
saranno installate nel mondo più di 3 milioni di lavagne digitali. Ma cos’’è
esattamente una lavagna digitale? Le potenzialità comunicative e formative di
questo nuovo strumento sono sostanzialmente centrate sulla manipolazione degli
oggetti (testi, immagini, audiovisivi, ecc) che vengono proiettati sulla sua superficie.
Questa manipolazione è molto più facile, flessibile e diretta rispetto a quella permessa
dal computer: è infatti possibile scrivere e disegnare sullo schermo, spostare icone,
sovrapporre immagini anche solo col dito di una mano e senza altri strumenti. Queste
caratteristiche d’’interazione, unite alle potenzialità espressive tipiche dei nuovi media,
ne fanno uno strumento assai coinvolgente per gli studenti che riescono in questo
modo a mantenere l’’attenzione più a lungo. Inoltre la lavagna digitale può essere
usata non soltanto in modalità stand alone, come semplice supporto alla didattica, ma
anche in rete su Internet o con altre lavagne, aprendo scenari comunicativi e formativi
estremamente interessanti. Certamente possiamo considerarla un vero e proprio
tavolo di montaggio della conoscenza, una superficie di lavoro in grado di
restituirci mosaici comunicativi estremamente personalizzati. La lavagna digitale può
essere vista come una sorta di "velo trasparente" che rende possibile un’’immediata
manipolazione degli oggetti, permettendo a insegnanti e alunni di essere soggetti
attivi nella costruzione della conoscenza, di creare un nuovo ambiente dedicato
all’’apprendimento.
La lavagna digitale potrà davvero provocare un grande cambiamento nella didattica.
Ci si trova di fronte ad una ““superficie digitale interattiva”” che sembra preludere
ad altri oggetti di questo tipo, magari meno ingombranti, che potrebbero sostituire
presto anche i quaderni o potrebbero essere forse incassati nei banchi e divenire la
dotazione di ogni studente, lo strumento di lavoro individuale, collegabile alla lavagna
come a ogni altra ““superficie interattiva”” presente in classe. Dobbiamo quindi
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guardare alla lavagna digitale come a un ponte fra due mondi, una vera e propria
porta di ingresso nell’’aula, e quindi nella pratica educativa, per le ICT. Le lavagne
digitali, infatti, sono strumenti apparentemente poco sfacciati, che entrano
nell’’ambiente quasi in sordina, senza trasformarlo, ma andando a sostenere la
tradizionale comunicazione fra insegnanti e alunni, con quelle importanti potenzialità
proprie di una tecnologia che opera direttamente con contenuti digitali. Possiamo dire,
quindi, che l’’aula diventa il luogo dove realtà fisica e realtà digitale si
incontrano.
Un passo ““indolore”” per l’’avvio della trasformazione degli ambienti che oltretutto dà il
tempo e il modo all’’insegnante di non cambiare improvvisamente ruolo.
Cambierà probabilmente il linguaggio che egli utilizzerà, le sue modalità comunicative,
il suo modo di fare lezione, ma non il suo ruolo. Anzi la sua ““centralità”” potrà essere
maggiormente valorizzata e questo aiuterà il processo di trasformazione perché, come
è noto, senza gli insegnanti non si cambia la scuola. Il modo di operare, le
caratteristiche stesse di questa tecnologia che si presenta in modo amichevole, porta
però con sé anche un’’innovazione profonda nei contenuti: la lavagna non vuole la
carta, richiede immagini, filmati, testi da smontare e rimontare, sui quali lavorare per
scoprirne l’’architettura, le concordanze e le rime, oggetti da muovere, esperimenti e
progetti da verificare, eventi da far rivivere, simulazioni sensibili alla modifica dei
parametri, in conclusione veri e propri contenuti digitali. Potendo disporre di tavoli per
la costruzione delle conoscenze si dovrebbe poter accedere finalmente ad asset,
frammenti di contenuto, singole unità di informazione, piuttosto che a oggetti didattici
in sé conclusi.
E allora servono banche date di immagini, filmati, testi, suoni con i quali fare ricerca,
costruire e comunicare le proprie conoscenze, attraverso i linguaggi della società
digitale. Il tutto disponibile in un ambiente sicuro, organizzato e insieme
destrutturato, ordinato, dove la ricerca sia agevole, ma insieme aperto e flessibile, che
metta a disposizione strumenti per assemblare, costruire, comunicare. Ambienti
di lavoro che si potranno utilizzare anche da casa online, con i quali apprendere
"giocando", facendo e rendendo così possibile imparare dall’’esperienza:
un’’esperienza mediata ma diretta, fatta movendosi all’’interno di mondi sintetici,
di ambienti specializzati e immersivi.
La lavagna si presenta come una sorta di collettore e fa immaginare una prospettiva
di forte integrazione tra tutte le tecnologie: dai
telefoni agli iPod, dalla TV digitale a quella sul web, dalla radio della scuola che
trasmette su Internet, all’’ambiente online sempre disponibile. In questo scenario
certamente il libro avrà un suo spazio e una sua funzione sempre più insostituibile,
divenendo forse meno ““manuale scolastico”” e più libro, spogliandosi di parti che
potranno essere collocate in modo più efficace negli ambienti digitali (basti pensare
alle corpose parti esercitative, alle dimostrazioni, alle cartine geografiche……).
Dobbiamo gridare allo scandalo se non si useranno più i quaderni per prendere
appunti, ma si scriverà su superfici digitali archiviando poi i testi nel proprio hard disk?
Ma questo avviene già oggi nelle riunioni di lavoro, dove i tavoli devono essere dotati
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di prese elettriche e cavi di rete o i locali disporre di connessioni wireless perché
ognuno arriva sempre più spesso con il proprio portatile, porta le sue comunicazioni in
formato digitale, su file che condivide con gli altri via e-mail in tempo reale. Le
superfici digitali consentiranno di scrivere a mano e memorizzare i testi con sistemi di
riconoscimento dei caratteri, ma anche di usare tastiere integrate touch screen, le
lavagne registreranno la lezione dell’’insegnante che sarà pubblicata nell’’ambiente
online, a disposizione del lavoro a casa degli studenti, ma anche di chi era assente. Ma
tutto questo è un futuro facile da prevedere perché è già in larga parte presente.
L’’apprendimento delle lingue, la comunicazione tra scuole e studenti, la creazione di
luoghi virtuali ““sicuri””, dove anche la dispersione tipica della Rete e il disorientamento
che ne consegue siano ridotti: una sorta di ““internet per le scuole””. Una rete nella
quale il web sia però solo una parte, che si componga di ambienti differenti, anche e
soprattutto di tipo immersivo, certamente centrati sulla collaborazione e
sull’’apprendimento in un ambiente sociale animato e sviluppato dagli stessi studenti.
Questo può essere lo scenario di una scuola che diviene una vera e propria learning
organization grazie alle ICT che rendono lo studente protagonista
dell’’apprendimento. Ma anche per gli studenti si pone un problema di formazione,
non tanto all’’uso degli strumenti, ma all’’uso dell’’ambiente. Se è vero che nel futuro
una parte sempre più ampia di apprendimento avverrà al di fuori degli edifici
scolastici, questo certo non potrà avvenire senza gli insegnanti; anzi, quello degli
insegnanti sarà un ruolo determinante proprio per la scuola del futuro. Guardando alla
scuola della società della conoscenza, post-industriale, dobbiamo considerare
fondamentali gli obiettivi concordati a livello europeo che riguardano gli insegnanti.
Negli obiettivi di Lisbona, infatti, si dà grande risalto alla necessità di ““formare entro la
fine del 2010 gli insegnanti in numero sufficiente per consentire loro di utilizzare
Internet e le risorse multimediali””. Non si tratta naturalmente della semplice istruzione
all’’uso del computer o della Rete, del mouse o della tastiera, quanto piuttosto
dell’’innovazione sull’’organizzazione dei programmi di formazione, ““nonché sul
contesto di apprendimento e sulle prassi pedagogiche””. L'utilizzo delle nuove
tecnologie renderà quindi necessario un adeguamento delle tecniche e l'introduzione
di modelli educativi innovatori. Formazione degli insegnanti fatta però, anche in
questo caso, su basi nuove, con la consapevolezza e l'intenzionalità di puntare alla
trasformazione del ruolo e allo sviluppo di nuove competenze in vista dei nuove
funzioni, ma anche delle qualità degli strumenti, dei servizi e dei contenuti
disponibili: tutto questo rappresenta l'elemento determinante per questa
trasformazione molto di più della diffusione di computer e collegamenti telematici. Con
l’’avvento della lavagna interattiva multimediale si supera dunque definitivamente il
concetto di learning object come è stato definito dall’’esperienza dell’’e-learning in
quanto né l’’autoconsistenza né la riusabilità basata su standard puramente tecnologici
risultano adeguati in ambiente educativo. Da questo punto di vista, l’’utilizzo delle
lavagne interattive multimediali richiede soprattutto la disponibilità di contenuti in una
forma aperta che consenta la massima integrazione all’’interno di un processo di
comunicazione. La pianificazione del ““testo della lezione””, attraverso l’’organizzazione
dei materiali didattici, è da considerarsi come uno strumento per supportare la
progressione degli apprendimenti, per esplicitare strategie di coesione interna e di
5
recupero tra gli argomenti affrontati, per creare ““canovacci”” della lezione alternando
fasi di esposizione a momenti di ““dialogo didattico””.
La lavagna può quindi trasformarsi in un vero e proprio tavolo di assemblaggio delle
conoscenze e nello stesso tempo rappresentare un ponte in grado di far dialogare, in
un contesto più familiare ed efficace, lo studente con il docente. Uno strumento che
permette di promuovere nuove modalità di configurazione dello spazio di
comunicazione in classe. La presenza fisica, infatti, permette di conciliare la didattica
in ambiente digitale con tutti gli aspetti comunicativi, verbali e non verbali, della
relazione formativa, di intrecciare il piano simbolico degli apprendimenti con la
dimensione esperienziale, di creare una ““finestra”” che apre l’’aula alle dimensioni
mediatiche e informative della società della conoscenza.
Con l’’introduzione della lavagna interattiva multimediale forse inizialmente si potranno
riscontrare alcune difficoltà legate al fatto che gli insegnanti dovranno capire
l’’importanza di preparare, direi più propriamente sceneggiare, la lezione per
sfruttare a pieno le potenzialità della lavagna digitale. L’’insegnante dovrà strutturare
la sua didattica e cercare contenuti didattici digitali, immagini, documenti idonei; ma
una volta imparato a far ciò, la qualità della lezione e la sua efficacia comunicativa
saranno assai maggiori. L’’uso della lavagna digitale si accompagna quindi allo sviluppo
di ‘‘biblioteche di oggetti’’, di repository, che ancora purtroppo non sono molto
diffusi. Gli insegnanti all’’inizio saranno chiamati a fare uno sforzo, ma poi tenere la
lezione sarà più semplice e gratificante.
Con la lavagna interattiva, nell’’ambito della classe, i contenuti didattici digitali
acquistano nuovo significato all’’interno della superficie condivisa di scrittura e
manipolazione. Emerge definitivamente il "paradosso" del learning object inteso
come unità didattica o risorsa utilizzabile anche al di fuori del contesto in cui è stato
creato, e risulta sempre più evidente che il valore didattico di una risorsa digitale
dipende non solo dal suo contenuto, ma anche, e soprattutto, dal contesto in cui viene
utilizzato. L’’attenzione dunque non si concentrerà più solamente su repository di
learning object autoconsistenti, ma acquisteranno valore database di immagini,
raccolte di file musicali, portali che offrono video, community di docenti in cui vengono
scambiati semilavorati, bozze di lezioni, risorse elaborate dai colleghi che andranno a
rappresentare un patrimonio di contenuti didattici digitali aperti alle esigenze del
singolo docente. Il repository potrà avere dimensioni diversificate: il repository
scolastico, quello locale, quello di un gruppo di scuole in Rete, e poi i repository
nazionali e quelli internazionali. Il patrimonio di risorse digitali da condividere
permetterà lo scambio, l’’arricchimento reciproco, il perfezionamento continuo delle
risorse per la LIM a disposizione del docente, che diventerà il vero regista che,
sottraendosi definitivamente alla dittatura del learning object, concretizzerà sulla
lavagna le potenzialità offerte dalle risorse didattiche digitali.
Il sipario da strappare
La prospettiva che si determina con la lavagna interattiva multimediale ci permette di
affrontare infine un aspetto più ampio che è quello dell’’apertura, attraverso le ICT,
della classe verso un ambiente di apprendimento commisurato al mondo in cui
viviamo e delle potenzialità offerte dagli ambienti digitali proposti dai nuovi modelli di
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e-learning. Uno degli aspetti che caratterizzano il "nuovo" e-learning è quello di essere
al confine con i videogiochi e in particolare con quella che può essere considerata la
più importante innovazione nei computer-games: i MMORPGs (Multi-Player Online
Role-Playing Games), quelli "dove il gioco crea e mette a disposizione l'ambiente" e
dove sono i giocatori stessi a inventare il gioco e la sua struttura. In questo senso,
l'ambiente di gioco più famoso è Second Life, una realtà virtuale che mette a
disposizione "spazi" disegnati e progettati tenendo conto dei cosiddetti "diorama",
utilizzati nei principali ambienti di simulazione. Un mondo immersivo, un mondo
"sintetico" basato sul learning by doing che dimostra come l'utilizzo delle ICT richieda,
per poterne raccogliere la sfida e sfruttarne le reali potenzialità, di andare oltre la
scrittura, oltre il testo, intraprendendo nuove strade. Non è un caso che questi siamo
gli ambienti più familiari alla generazione dei digital natives che, intrisi del loro
mondo, si scontrano col nero dell'ardesia, con il modello trasmissivo, espositivo della
scuola.
Gli ambienti online mostrano la loro reale efficacia quando entrambe le dimensioni,
spazio e tempo, possono essere messe in gioco. Quando però ambedue diventano
non modificabili, come nel caso dell'impatto delle ICT in una classe, all'interno
dell'orario scolastico, si aprono problematiche del tutto inedite. Il modello dell'elearning tende, per come è impostato, a sovrapporsi alle attività in aula e fatica a
trovare soluzioni organizzative efficaci e integrabili all'attività in classe. Per poter
sfruttare al meglio e in chiave di reale innovazione le potenzialità dell'e-learning,
prima di tutto dobbiamo rovesciare molti dei paradigmi classici e degli standard, e
affrontare la progettazione degli ambienti in modo integrato, ponendoci fin dall'inizio il
problema degli scenari di utilizzo e di come le due variabili principali, spazio e
tempo, intervengono nell'impianto formativo.
Le "scuole senza classi" propongono questo tipo di scenari. Assistere gli studenti
nelle loro attività di studio e di esercitazione a casa rappresenta un obiettivo dove
entrambe le variabili spazio e tempo vengono messe in gioco. Lo studente non viene
lasciato da solo con i suoi libri e gli appunti presi durante la lezione, ma viene assistito
attraverso la comunicazione in rete, ambienti esercitativi, simulazioni e anche una
sorta di "pronto soccorso" telematico con chat, forum e sessioni sincrone. Tutte
queste funzioni sono all'interno di un ambiente che consente anche spazi di
socializzazione e incontro che permettono all'insegnante - che rimane il
responsabile, il regista dell'intero percorso di formazione - di ricevere, su un registro
elettronico, il tracciamento delle attività realizzate.
L'ambiente online è costruito con criteri che consentono allo studente autonomia nelle
attività di studio e di esercitazione, senza tuttavia che questo rappresenti un selfservice, un supermercato dove ogni studente prenda dagli scaffali learning object a
uso e consumo personale. Naturalmente la qualità - intesa dal punto di vista del
valore aggiunto - che i contenuti digitali riescono a offrire in termini di interazione,
manipolazione, ricostruzione dei "contenuti", rappresenta il fattore determinante del
successo e dell'efficacia di un ambiente di questo tipo. Senza dimenticare che
l'insegnante è sempre il responsabile del processo formativo, controlla i risultati e può
differenziare l'offerta formativa e i percorsi in base ai bisogni degli studenti.
Lo scenario internazionale dimostra che stiamo entrando in una fase nuova nel
rapporto tra le ICT, la scuola e più in generale i sistemi di formazione. Lo sviluppo
dell'elettronica, l'abbassamento dei prezzi e le caratteristiche del mercato portano a
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prevedere una penetrazione sempre maggiore e una diffusione capillare delle
tecnologie. Il passaggio delicato è comunque rappresentato dall'ingresso
nell'aula, dal rapporto "uno a uno", dalla tecnologia personale direttamente nelle
mani di ciascuno studente, una tecnologia che accompagna a casa come a scuola.
Quale sarà questo strumento, se una superficie digitale interattiva o un più
tradizionale personal computer portatile, un palmare o una nuova generazione di
computer-telefonino, molto probabilmente dipenderà da logiche di mercato più che da
scelte della scuola. Il mercato della scuola non può essere considerato, da questo
punto di vista, un mercato evoluto e il rischio dei "fondi di magazzino" è sempre
presente. Da questo però la scuola si difende creando a sua volta "magazzini", aule
cioè dove riporre la tecnologia, magari arrivata gratuitamente tramite donazioni o
progetti nazionali ed europei. È la porta dell'aula il vero baluardo, il sipario da
strappare: le potenzialità sono molte, così come tante sono le opportunità che si
stanno aprendo. Il problema è se la scuola saprà coglierle, se potrà essere
protagonista di questo sviluppo.
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I LO e la didattica: tra realtà e mito
R. Maragliano
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
Il problema dei LO viene qui affrontato soprattutto dal punto di vista del contenuto, mettendo in
evidenza due problemi: che cosa mettere nei LO (la segmentazione del sapere), in quale forma
metterla (l’integrazione dei codici). Le tecnologie digitali e di rete garantiscono una più diretta visibilità
di tali problemi, che comunque richiamano grandi e classiche questioni di ordine epistemologico,
pedagogico e didattico. Per un verso, dunque, contribuiscono a migliorare le sorti della didattica,
offrendole nuove risorse materiali e concettuali, per un altro verso, nel momento in cui garantiscono
l’avvio alla soluzione di alcuni problemi (per esempio quello della condivisione delle esperienze) ne
aprono di altri (per esempio quello del riconoscimento di una pari dignità dei codici scrittori, visivi,
audio, audiovisivi, operativi).
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I Learning Object e la didattica: tra realtà e mito
di Roberto Maragliano
Premessa
Tutte le volte che si parla di formazione, in qualunque contesto ciò avvenga,
il tema del “che cosa far apprendere” si presenta, almeno ad un primo approccio,
come il più semplice da affrontare. Si dà insomma per scontato che esso non ponga
grossi problemi, o almeno che l’impegno di affrontarlo non faccia prevedere così
tante insidie come quelle che si pensa siano presenti in temi collaterali, per
esempio i temi del “metodo per far apprendere”, del “ruolo da attribuire a chi
insegna e/o sollecita l’apprendimento”, del “profilo di partenza e sviluppo da
riconoscere al destinatario dell’offerta di apprendimento”. E invece… Invece,
quando dalle intenzioni si passa alle azioni connesse al definire il “contenuto da far
apprendere” gli ostacoli saltano regolarmente agli occhi, e sovente capita che lo
facciano in modo tanto prorompente da pregiudicare la praticabilità stessa delle
soluzioni che si era inteso dare agli altri problemi; e così, per un effetto di
trascinamento, i buchi rilevati in questa area, apparentemente compatta, rendono
ardue da praticare anche le altre.
Perché tutto ciò avviene? E perché, ogni volta che capita, ci si sorprende del
fatto che avvenga, salvo poi cadere, l’occasione successiva, nello stesso errore e
nella connessa dimenticanza? Da dove deriva questa ostinata propensione alla
rimozione? E’ il caso di chiarire che gli interrogativi che sto qui sollevando valgono
per tutti i livelli del progettare formazione, da quelli macro a quelli micro. Se si
parla di scuola, ciò equivale a sostenere che dal parlamento che legifera sul
sistema, al ministro che dà indicazioni sui programmi, fino ad arrivare al singolo
docente che prepara la lezione per il giorno dopo, tutti tendono a dare per scontata
la soluzione del che cosa mettere dentro la cartella dei “contenuti”, salvo poi
scontrarsi con la dura realtà del non riuscire a chiuderla, quella fatidica cartella, e
darle una consistenza e un ordine interni. Ed è anche il caso di anticipare che una
risposta netta a siffatti interrogativi non potrà esser data, qui (né altrove, temo),
vuoi perché il tema, di cui vediamo solo la superficie, ha delle radici profondissime,
che si vanno a perdere nell’inconscio delle collettività e delle istituzioni educanti,
vuoi perché la sua contingenza storica è soltanto apparente, considerato che da
quando si dibatte di educazione esso è all’ordine del giorno. Pertanto mi limiterò, in
questa sede, a raccomandarne la presa in carico, qualsivoglia soluzione si intenda
dare al problema didattico, e a farlo considerandolo come problema destinato, si
direbbe per ragioni “costituzionali”, a restare aperto.
Il fatto è che la questione del che cosa insegnare/far apprendere non
riguarda solo la materia o il pezzo di materia da individuare e ritagliare, non è
insomma riducibile ad un problema di sartoria disciplinare, ma mette in gioco
rilevanti interrogativi di ordine epistemologico, pedagogico, didattico, tecnologico,
che sarebbe ingenuo pensare di trovare risolti avendo deciso di ricorrere a questo o
quel marchingegno, materiale o concettuale, per quanto efficace e sofisticato esso
sia. Non sembri eccessivo che io richiami questioni così complesse, proprio mentre
affronto il compito di sollecitare chi insegna a saggiare le logiche di fruizione e di
produzione dei Learning Object. E’ facile immaginare le obiezioni: così facendo,
sollevando problemi di ordine concettuale, “accademico”, qualcuno dirà, non si
rischia di allontanare gli insegnanti dai LO, invece che avvicinarli? Già la questione
tecnica di quegli “oggetti” è di non agevole digestione, non sarebbe dunque il caso
di attenuare e lasciare a migliore stagione i dubbi e i distinguo di tipo teoretico?
La mia risposta è presto data: se non si sollevano problemi di tale spessore e
non lo si fa per tempo, potrà avvenire che l’attrattiva del razionalismo
ingegneristico favorisca la rimozione di cui ho detto, e dopo ci si troverà di fronte
ad ostacoli insormontabili: e tecnicamente e concettualmente. Così, comunque
vadano le cose, non sarà facile sfuggire agli effetti devastanti indotti da problemi di
fondo, come quelli sulla selezione/organizzazione dei contenuti dell’apprendimento,
che per ingenuità o incoscienza ci si sia trovati ad ignorare o mettere in sordina
nella fase di familiarizzazione con i linguaggi e le tecniche dei LO. E’ bene che lo
ammetta subito, e lo sostenga a chiare lettere: comunque e dovunque la si voglia
affrontare, la questione del “contenuto” su cui esercitare l’azione formativa si
presenta come estremamente complessa, costituzionalmente complessa (non solo
complicata!), e probabilmente è nel suo destino che non possa essere risolta, se
non provvisoriamente e dunque ipoteticamente. Sarebbe un bel passo in avanti
riconoscere questo intralcio, da parte di quanti si occupano di simili argomenti, non
cedendo dunque all’illusione che esistano soluzioni pronto uso per sbarazzarsene.
Le aree di riferimento per l’inquadramento teorico dei LO, così come lo
propongo qui, sono:
-
-
-
-
l’epistemologia, in quanto mette in luce la questione della costituzione
dei saperi, cioè la loro consistenza, l’organizzazione interna, i rapporti
con l’esterno, ecc.;
la pedagogia, in quanto ha a che fare con la doppia relazione che si
stabilisce tra i media e i loro utenti, sia nel senso di come ci si abitua
ad essi usandoli e interiorizzandoli, sia nel senso di come si lavora a
renderli più adeguati alle specifiche esigenze (educarsi ai media,
educare i media);
la didattica, in quanto non soltanto traduce in pratica l’incontro tra
epistemologia e pedagogia ma anche porta una luce nuova su questo
incontro, spingendo il dialogo tra contenuto e modalità di presentarlo
sul versante della “forma”, cioè della configurazione particolare che il
contento
assume,
nel
diventare
materia
di
insegnamento/apprendimento.
Sullo sfondo di queste aree, intendo far agire costantemente la
questione dei media, cioè di tutto quanto (dalla lingua alle tecnologie
materiali) si intermedia nel nostro rapporto con il mondo, con gli altri,
con nei stessi. Non seguirò una logica “disciplinare”, elencando i tratti
e i problemi di ciascuna area in rapporto al tema dei LO, ma li farò
convergere su due questioni portanti (e importanti):
la segmentazione,
l’integrazione, Illustrandole, se pur speditamente, conto di far vedere
come il “semplice” tema dei LO ne richiami molti altri, e di portata bel
più ampia di quanto non sospetta chi ne fa soltanto un problema di
macchine e di allenamento (delle macchine a rapportarsi al sapere
umani, e degli umani a rapportarsi al sapere delle macchine).
La segmentazione
Nella didattica corrente, la chiave per la segmentazione dei contenuti è
fornita da quella che potremmo chiamare la “forma libro”, intendendo, con questa,
l’insieme degli elementi che permettono di distinguere un libro da un non-libro. Tra
questi elementi ci sarà, ovviamente, un titolo (che fornisce una prima e più
generale indicazione di segmentazione del contenuto, isolando un tema, un
problema, un fatto da tutto il resto) e un autore (o più autori), ma ci sarà pure una
sequenza di esposizione, segnata da un inizio e da una fine (di solito: la premessa e
la conclusione), e scandita al suo interno da contenitori, l’uno inglobante l’altro (di
solito, andando dal generale al particolare: le parti, i capitoli, i paragrafi). Questa
“forma” non è soltanto un aspetto materiale del libro, è anche la sua stessa
costituzione identitaria, la struttura e il sigillo che imprime sui saperi. Diventando
“libro”, l’esposizione di un sapere acquista di conseguenza un ordine: ha un inizio,
ha una fine, ha una sua articolazione interna; non solo, a questi tratti per così dire
“spaziali” si è soliti far corrispondere pianificazioni “temporali” (sui tempi della
lettura) e “logiche” (su che cosa affrontare prima e con che presupposti, che cosa
dopo). Per queste sue caratteristiche la forma libro intrattiene stretti rapporti con la
didattica, tanto stretti da risultare talvolta coincidente con essa: il che equivale a
dire che si fa un grosso sforzo nel pensare saperi, da importare in campo formativo,
che non abbiano la forma della forma libro; e che anche laddove si ritiene di
poterne fare a meno, si rischia di ritrovarla, se pur sotto mentite spoglie. Detto in
altro modo, tra programma scolastico, curricolo didattico e manuale si registra una
corrispondenza formale, e questa è dovuta al fatto che il terzo elemento fornisce la
cornice concettuale (quando non anche quella materiale) entro cui si articolano gli
altri due.
Un altro aspetto del problema generale dell’ordinare i contenuti (e quindi
della possibilità stessa di segmentarli) ha a che fare con la logica delle discipline,
aspetto su cui il paradigma del manuale non smette di esercitare la sua azione di
modellamento. Dalla tendenza a far coincidere la geografia come disciplina e il
manuale di geografia raramente si sfugge: non lo fa l’allievo, ma nemmeno lo fa,
talora, lo stesso docente, e ciò per via della comodità che questa soluzione offre dal
punto di vista della pianificazione degli impegni dell’insegnare, del far apprendere e
del verificare quanto appreso. Ma va sempre ricordato, se ci si attiene all’esigenza
di tener aperta la via della problematizzazione epistemologica, che l’organizzazione
disciplinare vive dentro la storia e vive dei suoi movimenti: non è un assoluto, né
per quanto riguarda l’ordine interno di ciascuna disciplina né per quanto riguarda i
rapporti che questa ha con le altre discipline (o, ancor più, con il sapere non
disciplinare e non disciplinato). In altri termini, ogni disciplina, così come ogni
manuale, e ogni loro articolazione interna andrebbe contestualizzata, cioè collocata
dentro uno spazio specifico (fatto di idee, conoscenze, di saperi) e dentro un tempo
specifico (anche questo fatto di idee, conoscenze, saperi).
Così come sarebbe logicamente improprio e didatticamente controproducente
adottare, per l’insegnamento della geografia, un manuale di vent’anni fa, allo
stesso modo non avrà senso far riferimento ad un’idea di disciplina geografica che
non sia al passo con i tempi, e quindi con l’idea (formale o informale) di geografia
di cui è portatore il soggetto che apprende. Contestualizzare l’ordinamento
disciplinare significa considerarlo contemporaneamente chiuso (fisso, definito,
oggettivo) e aperto (mobile, indefinito, soggettivo). Su questo fronte della
contestualizzazione (e in particolare dell’apertura) della logica disciplinare dà prova
di sé un altro modo di rappresentazione/articolazione del sapere, che potremmo
chiamare “forma rete”. Lì non si fa riferimento a territori né a confini definiti, si
danno solo nodi (cioè elementi) e legami tra i nodi. E’ nodo un elemento di
contenuto, ma è nodo pure chi si pone in relazione con quell’elemento di contenuto.
Diversamente da quanto avviene nella forma libro (che tende ad includere
solo marginalmente la figura dell’utente/lettore), la forma rete include l’utente
come elemento costitutivo. Basti pensare a Internet, che meglio di ogni altro
medium rappresenta tale forma: nell’entrare in rete l’utente modifica la rete stessa.
Se, dentro la forma libro, è possibile pensare ad un oggetto che modella il
soggetto, nel senso di una pagina che, percorsa per bene, metaforicamente si
stampa nella testa di chi legge, dentro la forma rete questo meccanismo non è più
garantito: il soggetto è portato a personalizzare l’oggetto e quindi a trasformarlo,
sia per il tipo di contestualizzazione che gli fornisce (immettendolo nella rete delle
sue conoscenze personali) sia per il tipo di modifiche che può introdurre in esso (e
di cui altri si potranno eventualmente avvalere). Nella forma rete non si danno
ordinamenti stabili, né di livello disciplinare né di livelli inferiori a quello disciplinare.
Anzi, è proprio di questa forma non accettare nulla che porti in sé il marchio
della fissità: già il digitale introduce nella circolazione del sapere una garanzia forte
di apertura (un file, qualsiasi file è materialmente e teoricamente modificabile, se
uno dispone del software e delle soluzioni per farlo), tanto più questo avviene nello
spazio della rete, dove prevalgono le dimensioni della fluidità, della modificabilità,
dello scambio. Va detto che una didattica coerente con la forma rete è ancora in
buona parte da definire, in quanto troppo recente è stato l’irrompere di un simile
modello di sapere all’interno dei sistemi della formazione e poiché, come avviene in
tutte le fase di trasformazione, si tende a leggere la novità secondo le categorie
offerte dalla tradizione. Così, può capitare (e regolarmente capita) che per dar
conto della rete si utilizzino provvisoriamente le categorie della forma libro, poi
rimuovendo il senso di questa scelta di provvisorietà, e che dunque Internet venga
vissuto quasi esclusivamente come un’enciclopedia, un luogo dove trovare
informazioni, conoscenze, saperi.
Al contrario, se assunta adeguatamente suo piano pedagogico, la forma rete
dovrebbe poter funzionare come alterità rispetto alla forma libro, non perché si
decida una volta per tutte quale delle due è più adatta al compito dell’insegnare e
del far apprendere (cosa impossibile, e che, quando praticata, se pur relativamente,
si rivela come assurda), ma perché l’una possa avvalersi dell’altra per confermare
la sua identità e definire i suoi stessi confini e limiti. Nell’idea di didattica (e di
pedagogia e di epistemologia) di cui sto qui dando conto le due forme sono
compresenti e dialogano tra di loro, ciascuna riflettendo (in relazione all’altra) sui
suoi punti di forza e sui suoi punti di debolezza: la logica di rete aiuta la didattica
disciplinare a non pensarsi come un assoluto, la logica del libro aiuta la didattica
reticolare a non pensarsi come un movimento inarrestabile e caotico. Oppure, se si
vuole, detto in termini astratti, l’ordine e il disordine sono l’uno funzionale all’altro:
occorrerà il disordine perché l’ordine si manifesti, occorrerà l’ordine perché il
disordine abbia (contestualmente e provvisoriamente) fine. Tutto questo che
relazione ha con la questione del LO? Lo si dovrebbe capire: si tratta di una
relazione assai stretta. Di fatto i LO si situano all’interno della fase di passaggio di
cui ho detto, nel campo di tensioni stabilito dai due poli della forma libro e della
forma rete.
L’idea di disporre di un repertorio, accessibile sia come fruitori sia come
autori, di tessere didattiche liberamente utilizzabili e componibili reca in sé elementi
di forza ma anche di debolezza, che vengono dal mix, ancora un po’ forzato, allo
stato attuale, delle due forme. Sono punti di forza, almeno per il problema della
segmentazione che sto qui trattando:
-
-
la scelta di assumere e praticare, dunque mettere alla prova, tramite
comportamenti di gruppi aperti di utenti (fruitori e produttori), dei
criteri di scomposizione dei saperi che trovino consenso e legittimità
materiale sul piano didattico;
la possibilità di far circolare non solo i prodotti di queste esperienze,
ma anche le storie (di insegnamento e apprendimento) ad esse
collegate;
l’obiettivo di una normalizzazione pedagogica della rete. Sono punti di
debolezza, sempre per lo stesso ambito di problema:
l’ipotesi di una trasferibilità totale dei prodotti dell’esperienza
didattica;
la separazione degli elementi del sapere dai loro contesti di
riferimento, umani e materiali, individuali e collettivi;
l’idea
di
una
composizione
automatica
dei
curricoli.
Per dirla in modo secco, i LO, se li si vuole intendere come soluzione
praticabile al problema dell’articolazione dei contenuti, offrono:
-
-
significativi vantaggi sul piano della pedagogia (per intenderci: della
pedagogia dei media, perché contribuiscono a far crescere la
familiarità con le nuove tecnologie di rete);
vantaggi relativi sul piano dell’operatività didattica (relativi perché non
è teoricamente possibile automatizzare la selezione e l’uso di pezzi di
didattica, senza che ciò comporti un qualche impegno di
personalizzazione);
svantaggi sul piano epistemologico (perché autorizzano l’idea che il
sapere sia con figurabile come un macro-oggetto divisibile in
innumerevoli mico-oggetti).
L’integrazione
Faccio un passo indietro. Buona parte di quanto troviamo (e usiamo e
produciamo) in rete presenta una configurazione multimediale. Che vuol dire? Il
termine è usato tanto, e in tante diverse eccezioni, da risultare quantomai
ambiguo. Provo dunque a sciogliere l’alone di indeterminatezza che ne
accompagna l’impiego. Originariamente, prima dunque dell’avvento del digitale,
per “multimedialià” si intendeva, sostanzialmente, la convergenza di più media,
cioè di più mezzi utili alla conoscenza e alla comunicazione: circolavano prodotti
commerciali di tipo multimediale, dove la convergenza era garantita dal fatto che
si presentavano sotto forma di “pacchetti” (per esempio: libro + videocassetta,
periodico + disco). Ma già allora c’era chi prestava attenzione a ciò che tale
convergenza metteva in luce dal punto di vista della semiosi, della forma del
conoscere e dell’esperire, e cioè che a convergere fossero anche i diversi codici
veicolati dai diversi media (scritti, visivi, audio, audiovisivi, operativi) e che questo
mettesse in gioco nuove sensibilità.
Era soprattutto la produzione artistica ad esplorare e presidiare tali
frontiere. Con l’irrompere del digitale, e con esso della possibilità tecnica di
trasformare qualsiasi tipo di informazione in un codice numerico binario, questa
prima accezione ha iniziato a perdere di significato e a cedere spazio di senso alla
seconda. In breve ci si è trovati immersi in un nuovo scenario, che è poi quello
attuale: non ci sono più (e solo) molti media a convergere, c’è anche (e
soprattutto) la convergenza dei molti codici dentro lo stesso medium, il computer;
al punto che sarebbe più corretto usare, al fine di indicare il luogo dell’integrazione
dei codici, il termine “unimedia”, al posto dell’ormai compromesso termine
“multimedia”, che al contrario manterrebbe il suo significato dirompente,
addirittura incrementandolo, sul versante dell’epistemologia.
Dunque, ciò che è ormai avvenuto sotto i nostri occhi (non sempre
sufficientemente aperti e sensibili) è il fenomeno del passaggio di parti importanti
(talora addirittura portanti) dell’esperienza di conoscenza e di comunicazione, sia
individuale sia collettiva, dalle modalità analogiche a quelle digitali, e ciò ha
prodotto significativi effetti sul piano della produzione e fruizione di sapere: per
esempio, la convergenza di generi precedentemente considerati autonomi
(l’arte/tecnica figurativa, quella musicale, quella letteraria, quella operativa), che
trovava eccezioni solo in determinate aree artistiche (si pensi al melodramma
come “opera totale”), e la nascita di generi nuovi (l’arte/tecnica virtuale e
interattiva). Il settore educativo non può ritenere di uscire indenne da questa
radicale trasformazione. O meglio, c’è chi si illude di tenerlo al riparo, ipotizzando
un sapere ordinato della scuola (sostanzialmente unicodice, in quanto centrato
sull’esclusività della lingua scritta) contrapposto ad un sapere disordinato del
mondo (molticodice, e segnato da tutti i possibili connubi). Ma, come ogni persona
dotata di senno può agevolmente capire, si tratterebbe di una battaglia contro i
mulini a vento, persa fin dall’inizio.
Di fatto, il multimedia (inteso come integrazione dei codici) è entrato
pienamente nella sensibilità degli individui, in particolare dei giovani: rimuovere
questo dato di fatto e non impegnarsi ad affrontare le questioni materiali e
concettuali che esso pone sul piano delicatissimo (e socialmente strategico) della
formazione, significherebbe rendere sempre più inattuali (negativamente inattuali)
e dunque marginali il sapere e il ruolo stesso della scuola. Tanto più che la
trasformazione in atto, come tutti sanno, ha tempi rapidissimi, sconosciuti ai
media precedenti: computer e rete si sono affermati nel giro di pochi anni, quando
radio e televisione avevano richiesto, per affermarsi, qualche decennio, e la
stampa addirittura qualche secolo. Dunque, si è cercato di dare delle risposte
all’esigenza di far entrare l’universo digitale (e quanto esso induce sul terreno
della produzione/riproduzione di sapere) dentro i territori scolastici.
Tra le risposte che hanno preceduto la diffusione della rete, due si sono
affermate e consolidate, comunque in modo relativo, considerata la scarsa
presenza di computer negli edifici scolastici: una per così dire dall’alto, una dal
basso. La prima è stata fornita dall’editoria, che si è impegnata a trasferire parte
dei suoi prodotti dal supporto libro al supporto disco (floppy, prima, e cd-rom,
dopo), senza che con ciò venisse messa in crisi la sua identità di struttura addetta
alla produzione e la diffusione di saperi codificati e stampati (in senso lato). La
seconda è stata fornita da gruppi di docenti, che si sono impegnati nella direzione
di produrre (autonomamente o assieme ai loro allievi) materiali digitali (i cosiddetti
“ipertesti”) che, auspicabilmente, riflettessero e quindi convalidassero la
dimensione reticolare tipica della mentalità digitale in via di affermazione. L’una e
l’altra soluzione hanno avuto scarsa penetrazione nella scuola, e dunque, oggi lo
possiamo ammettere, sono fallite, vuoi per delle ragioni tecniche (la carenza di
macchine, le limitate prestazioni multimediali di quelle disponibili, la mancata
standardizzazione dei formati) vuoi per delle ragioni culturali (l’assenza di modelli
coerenti con il nuovo scenario, l’ingenuità di ritenere che bastasse aggiungere
suono e immagine ad una struttura testuale per avere multimedia o che fosse
possibile passare da una logica testuale ad una ipertestuale soltanto per via
materiale, disponendo di un software per creare ipertesti).
Ma sul loro fallimento ha anche pesato il fenomeno, dirompente,
dell’affermazione della rete, che, al di là di quanto ha garantito sul piano
dell’affermazione dell’idea di un sapere sociale intimamente connesso e mobile, ha
dato un formidabile impulso allo scambio e alla condivisione delle esperienze
(quindi allo sviluppo di pratiche di tipo comunitario) e alla circolazione dei materiali
(dunque alla standardizzazione dei formati). E’ dentro questa nuova scena che va
collocato il fenomeno dei LO.
Esso rappresenta il recupero e la riambientazione degli elementi trainanti
dei due fenomeni di cui ho detto prima: la progettazione editoriale multimediale e
l’impegno individuale nella realizzazione (non solo nell’uso) di prodotti
multimediali, fenomeni che prima erano separati e non comunicanti e ora
sarebbero connessi, o meglio potrebbero integrarsi. Il condizionale, ovviamente, è
legato al fatto che siamo appena agli inizi di un processo, e sappiamo che il suo
affermarsi in una direzione o nell’altra (per esempio: saranno LO soltanto ciò che
le aziende editoriali del multimedia forniranno per via commerciale; saranno LO i
prodotti commerciali ma anche le produzioni dei singoli, liberamente realizzate e
libere di circolare ed essere modificate/personalizzate) dipenderà da molti ed
eterogenei fattori: politici, economici, ideologici.
Ma al di là di questo problema (che ricorda la questione di cui parlavo prima
del convergere materiale dei mezzi e che, provvisoriamente, trova oggi una
soluzione operativa nei linguaggi di rete: i LO che circolano meglio e meglio si
arricchiscono delle esperienze di chi li usa e li modifica sono quelli che poggiano su
di essi) c’è, assai più delicato e impegnativo, quello semiotico, della convergenza
dei codici. Qui, il discorso è ancora in buona parte da fare. E si tratta di un
discorso delicatissimo, che mette in gioco l’identità del sapere scolastico, fin qui
garantita dalla priorità/esclusività del codice scrittorio. Tale garanzia (e, secondo
alcuni, è tuttora) confermata dal fatto che la lingua scritta ha dentro di sé le
risorse per presentarsi come il più efficace ed economico degli strumenti della
metaconoscenza (oltre che di codificazione del significato esplicito di prodotti
culturali di tipo non verbale, per esempio nel campo della figurazione o del suono).
Ma anche su questo terreno l’irrompere del digitale ha prodotto delle
profonde modifiche: poiché è possibile trasformare infinitamente un file sonoro e
uno visivo, avrebbe poco senso non domandarsi se questa manipolabilità illimitata
non costituisca, a suo modo, un tipo di concettualizzazione pratica, diversa da
quella verbale, e non sempre inferiore ad essa (ci sono ottimi musicisti digitali che
non sanno leggere la musica e ottimi videoartisti che della storia dell’arte
figurativa praticano solo le figure!). E, se ci si pongono simili interrogativi, non
sarà arduo approdare alla presa d’atto che quella della “pari dignità dei codici” non
può essere una banale formuletta pedagogica ma va intesa come un obiettivo
strategico che impegna contemporaneamente il versante epistemologico, quello
pedagogico, quello didattico e che chiede di essere perseguito sul terreno del
rapporto tra nuovi e vecchi media (e su quello della loro reciproca rimediazione).
Certo, i linguaggi di rete (non solo quelli di realizzazione ma anche quelli
della resa pubblica sullo schermo) sono ancora fortemente debitori ai codici
scrittori, ed è inevitabile che in moltissimi casi, pur in presenza di suoni e
immagini, si ricada dentro quella stessa logica che fin qui ha attribuito
all’unimedialità scrittoria la garanzia di detenere e diffondere il controllo sul
“senso”, sul “significato”. Ma è probabile che quello di cui sto parlando sia una
fase, e che altre prospettive si possano rapidamente affermare, anche a livello di
produzione individuale: per esempio, la prospettiva di una multimedialità
semiotica “piena”, totalmente “immersiva”, quale quella che oggi viene garantita
dalla simulazione scientifica di tipo professionale e, sul versante del consumo
commerciale, dai videogiochi. Per concludere, i processi dell’integrazione
prospettano grandi opportunità e nello stesso tempo grossi problemi
all’affermazione dei LO:
-
-
le opportunità sono quelle di uno sviluppo tecnologico che permette di
far convergere più codici all’interno di un solo medium e la circolazione
nonché la personalizzazione dei prodotti; è bello pensare a repertori
aperti di LO multimediali;
i problemi sono quelli che non la macchina ma l’uomo, con la sua
sensibilità e la sua disponibilità ad accettare le sfide cognitive poste
dal multimedia deve proporsi di affrontare; per ora i LO, quelli prodotti
dai docenti, meno, ovviamente, quelli dell’editoria commerciale, sono
di tipo scrittorio, e lo sono non soltanto materialmente ma anche
profondamente e intimamente, sul versante della filosofia del
conoscere e dell’esperire.
Conclusione
Il fenomeno LO si colloca dentro una delle are in cui lo sviluppo per la
didattica è visto come strettamente connesso con lo sviluppo dei media. L’obiettivo
è di rendere le pratiche della formazione il più coerente possibile con le
caratteristiche di novità che sono proprie delle tecnologie digitali e alla telematica:
si tratta di novità che hanno a che fare con la riarticolazione disciplinare e semiotica
dei contenuti dell’apprendimento/insegnamento, con la ridefinizione in chiave attiva
e costruttiva del ruolo di chi apprende, con la possibilità di far condividere le
esperienze dell’insegnare e dell’apprendere. Sono in gioco, qui, grosse questioni
che investono l’intimo della teoria e della pratica della formazione. Va chiarito,
però, che non c’è soluzione tecnica che valga se i problemi, come è in questo caso,
sono soprattutto di ordine epistemologico, pedagogico, didattico. E’ però evidente
che l’innovazione tecnologica permette, comunque, di avere una vista più diretta e
precisa sulla natura dei problemi in gioco. Quella dei LO non è la soluzione dei
classici problemi della didattica ma la composizione di alcuni di questi e, nello
stesso tempo, l’apertura di nuovi.
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Banche dati di risorse educative: un’indagine a livello internazionale
S. Baggiani - A. Mochi - INDIRE
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
La presenza sempre più massiccia di banche dati on line di documentazione educativa che offrono
un’ampia gamma di servizi all’utenza scolastica, gestite e diffuse dalle autorità educative nazionali, è
indicativa del fatto che, in molti paesi, la documentazione è ormai un ambito significativo della politica
nazionale nel settore educativo.
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
a cura di S. Baggiani e A. Mochi - INDIRE
INDIRE © 2006
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Indire Edu - unità didattica
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
Gli standard documentari: dublin core metadata iniziative e learning
object metadata
Ormai da vari anni il problema degli standard documentari ha investito la comunità internazionale degli “addetti ai
lavori” dell’informazione e della documentazione, in maniera ancora più pressante da quando l’utilizzo di Internet si è
così largamente diffuso e generalizzato. Sono perciò nate numerose iniziative che propongono l’adozione di una base
semantica comune per la descrizione delle risorse informative su web.
Fra queste iniziative, la prima e quella, che, finora, ha avuto maggior seguito è quella del Dublin Core
(http://dublincore.org/), sviluppata da una comunità di esperti internazionali di vari ambiti disciplinari.
Le schede documentarie, unità informative di descrizione sintetica delle risorse educative sul web (assimilabili alle
schede catalografiche di una biblioteca) si compongono, infatti, ancora nella maggior parte dei casi, del set di
elementi Metadata del Dublin core.
Un modello molto più complesso che ha come obiettivo la descrizione di risorse educative digitali, è il
LOM(http://ltsc.ieee.org/wg12/files/LOM_1484_12_1_v1_Final_Draft.pdf), acronimo di Learning Object
Metadata, a cura di IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers).
Appare dunque abbastanza ovvio che l’adozione di uno stesso standard descrittivo (che sia il Dublin core, ancora
molto diffuso o il LOM, di più recente generazione) favorisce l’interoperabilità concettuale, anche se non esaurisce
tutti i problemi che pone. “Il problema è che spesso ogni banca dati è un sistema a sé, magari frutto di una
progettazione creativa degli amministratori, ma che finisce per restare un prodotto isolato. Seguire una certa
standardizzazione è ormai necessario, anche se pochi sembrano rendersene veramente conto e anzi la
percepiscono come una perdita di libertà”1.
1
PANZAVOLTA S., Indicare, descrivere e comunicare risorse on line, cit.
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
Introduzione
La presenza sempre più massiccia di banche dati on line di documentazione educativa che offrono un’ampia
gamma di servizi all’utenza scolastica, gestite e diffuse dalle autorità educative nazionali, è indicativa del fatto che, in
molti paesi, la documentazione è ormai un ambito significativo della politica nazionale nel settore educativo.
Questa breve rassegna presenta 4 sistemi nazionali di documentazione, tra i più significativi, e i rispettivi modelli di
banche dati di risorse educative fruibili on line.
L’obiettivo è di evidenziarne l’architettura e il trattamento documentario, attraverso la scelta di standard e criteri
che permettano la circolazione, la valorizzazione e la fruizione delle risorse educative, attraverso esempi
guidati.
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
La rete nazionale SCEREN (Services Culture, Éditions, Ressources pour
l’Éducation Nationale)
La rete nazionale, composta dal Centro nazionale di documentazione pedagogica (CNDP), dai 31 centri regionali di
documentazione didattica e dai loro centri dipartimentali e locali, ha acquisito nel 2002 la denominazione di SCEREN
(Servizi Cultura, Edizioni, Risorse per l’Educazione Nazionale): cfr. www.sceren.fr..
Questa rete nazionale afferma la sua identità di servizio pubblico, pubblicando prodotti e curando servizi che
rispondono ai grandi orientamenti della politica educativa, mettendo a disposizione dei professionisti risorse
educative di diversa natura, accompagnando e supportando le arti e la cultura a scuola.
Questa “mission” di edizione e di documentazione si sviluppa anche nell’ambito delle TIC. Nel quadro della
politica di rilancio e di generalizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a scuola, il
CNDP è incaricato dal Ministero della Gioventù, dell’Istruzione nazionale e della Ricerca (www.education.gouv.fr)
di creare nuove strutture: un polo nazionale di contenuti digitali per l’istruzione scolastica, un’agenzia per la
promozione degli usi educativi e del lavoro collaborativo.
Lo SCEREN, ente pubblico sotto la tutela dello stesso Ministero, si articola attorno a tre priorità istituzionali: la
padronanza della lingua, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le misure di supporto
per bisogni educativi speciali.
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
Banche dati sviluppate dalla rete SCEREN
La rete SCEREN mette a disposizione uno spazio dedicato alla ricerca documentaria per tutti i supporti educativi:
libri, riviste, video, siti web e documenti da scaricare.
Le banche dati sviluppate sono essenzialmente:
bibliografiche: letteratura giovanile, riviste educative specializzate, cartoni animati, ecc.;
di risorse culturali;
di siti web;
di documenti scaricabili: brochure amministrative, diplomi e soggetti di esame dell’istruzione professionale,
immagini e proposte di oggetti didattici.
Per ulteriori dettagli si consiglia di consultare la home page delle banche dati documentarie del SCEREN:
www.sceren.fr/outils-doc/.
Figura 1: home page delle banche dati SCEREN
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1400.htm
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In questa pagina, lo SCEREN offre addirittura un supporto metodologico e tecnico a tutti i creatori di risorse
web: informazioni e strumenti per descrivere i contenuti e rendere così il web educativo più qualificato, più coerente,
a servizio dei suoi utenti (cfr. http://www.sceren.fr/standards/metadonnees/).
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http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1400.htm
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
Educasource: la banca dati di risorse educative on line
La banca dati Educasource (www.educasource.education.fr) è una delle 13 banche dati offerte dal SCEREN.
Propone risorse educative utilizzabili in un contesto didattico presenti sul web (sono circa 5000 le risorse descritte).
Permette agli utenti di eseguire ricerche su una data tematica, per grado, livello e disciplina.
Se vogliamo per esempio trovare risorse sul Medioevo da poter utilizzare al secondo anno del collège (classe 5ème),
magari per la disciplina “inglese”, è sufficiente digitare la parola “Moyen age” sulla prima stringa di ricerca libera per
temi ed incrociarla, selezionando in liste predeterminate, con il livello, il grado e la disciplina desiderati.
Vedi esempio che segue:
Figura 2: home page della banca dati EDUCASOURCE
I risultati si presentano ordinati o per pertinenza o per data di aggiornamento. Viene visualizzato il titolo della
risorsa, l’URL, una brevissima introduzione e un link alla scheda documentaria.
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1401.htm
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Figura 3: esempio di visualizzazione del risultato della ricerca
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
Trattamento documentario delle risorse e modalità di fruizione
Il trattamento documentario delle risorse presenti in questa banca dati avviene tramite una scheda documentaria che
descrive il contenuto attraverso la classificazione Dewey, i descrittori Motbis (thesaurus della scuola francese) e
l’abstract. Sono quindi questi due linguaggi controllati e il linguaggio naturale le chiavi di accesso per la ricerca delle
risorse. Di fatto, dalla scheda documentaria è possibile affinare la ricerca selezionando una parola chiave dei
linguaggi controllati.
Figura 4: esempio di scheda documentaria della risorsa selezionata
La scheda documentaria si compone più precisamente di:
• Abstract
• URL
• Riferimenti documentari:
-grado
-livello
-disciplina
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1402.htm
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-indicizzazione Motbis
-classificazione Dewey
-natura della risorsa
-autore
-editore
È interessante notare in questo sistema la presenza di indicazioni sulla possibile utilizzazione della risorsa in un
contesto didattico che vengono specificate nella categoria della scheda documentaria “Natura della risorsa”. Si può
trattare infatti di un’unità didattica, di un oggetto didattico, di uno scambio di esperienze, di materiale per la
formazione dei docenti, ecc.
La risorsa didattica selezionata deriva dal lavoro di un’equipe pedagogica costituita da 6 insegnanti e da un
documentalista che si è riunita mensilmente per insegnare periodo e cultura medioevali coinvolgendo gli alunni in
attività varie attraverso gli aspetti storici, culturali, artistici, ma anche matematici, tecnologici e civici. Oltre alla
descrizione del processo, la risorsa propone strumenti su questa tematica per le discipline inglese, francese, biologia
e tecnologia.
Figura 5: home page della risorsa selezionata
La risorsa selezionata presenta un’unità didattica interdisciplinare.
In questa pagina si descrive il progetto :
motivi della scelta
origine
processo
altre discipline implicate oltre la storia
risultati finali.
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Banche dati di risorse educative
Il server tedesco per l’istruzione: Deutscher Bildungsserver
Il Deutscher Bildungsserver – DBS, il server tedesco per l’istruzione, è un portale informativo sul sistema
scolastico tedesco patrocinato dallo Stato federale e dai Länder che offre informazioni di alto valore qualitativo sul
tema “Istruzione”.
Come meta-server, il DBS rimanda a informazioni che gli vengono messe a disposizione dallo Stato, dai Länder,
dall’Unione Europea, dalle università, dalle scuole, da istituti a livello di Land, da società scientifiche, dai mass media,
dalle biblioteche e da altri ancora. Anche i singoli utenti possono contribuire inserendo autonomamente risorse o link
a siti web attraverso il pulsante "suggerisci un link" (Link vorschlagen); tali risorse vengono, comunque, verificate da
una redazione specializzata prima di essere inserite nel sistema.
La sezione centrale del portale è interamente dedicata ad articoli e dossier su argomenti di interesse rilevante in
ambito educativo.
L’offerta informativa è articolata in ambiti tematici e in offerte indirizzate a utenti specifici.
Lo spazio "categorie" (Rubriken), oltre agli spazi dedicati all'informazione, agli annunci di concorsi ed eventi, offre
l'accesso alle nuove risorse online (Neu eingetragen).
Fra i servizi offerti dal portale tedesco si colloca il Schulweb, un sottoportale per alunni e insegnanti che, come
piattaforma di comunicazione, promuove contatti e progetti di collaborazione tra scuole servendosi di chat tematiche
e di forum. Schulweb collega le più ampie banche dati delle scuole di lingua tedesca, in Germania e all’estero, dotate
di un proprio sito web.
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http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1403.htm
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Banche dati di risorse educative
Banche dati sviluppate dal DBS
Per avere una panoramica completa dell’offerta del Deutscher Bildungsserver, si consiglia di consultare la home page
del sito web: www.bildungsserver.de/ .
Figura 6: home page del sito del Deutscher Bildungsserver
L'accesso alle banche dati di risorse educative del Deutscher Bildungsserver può seguire più percorsi: già dalla home
page, oltre alla ricerca libera su tutte le risorse presenti nel DBS, è possibile effettuare una ricerca avanzata
(Erweiterte), mirata a richieste in singoli campi della banca dati, oppure accedere alle risorse attraverso le seguenti
sezioni:
ambiti tematici,
offerte indirizzate a utenti specifici,
nuove risorse online.
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1404.htm
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
La banca dati di risorse educative del DBS
La banca dati di risorse e progetti educativi Neu eingetragen
(http://www.bildungsserver.de/db/) è una delle banche dati offerte dal DBS.
è una delle banche dati del DBS che, oltre a evidenziare i link alle risorse inserite nelle ultime due settimane, offre
l'accesso a tutte le risorse educative (Alle Onlineressourcen).
Quest'ultima banca dati presenta, a sua volta, una suddivisione nei seguenti ambiti tematici:
scuola
istruzione superiore
formazione professionale
educazione permanente ed educazione degli adulti
educazione prescolare
scienza e ricerca educativa
istruzione in generale
bisogni educativi speciali
assistenza sociale/pedagogia sociale.
Ciascun ambito tematico della banca dati di risorse e progetti online è suddiviso in ulteriori categorie. Se, ad
esempio, entriamo nell’ambito tematico “scuola”, sarà possibile ricercare le risorse di nostro interesse all’interno di:
tematiche interdisciplinari
matematica e materie scientifiche
materie musicali
materie pratiche
materie socio-filosofiche
lingue e letteratura
sistema scolastico.
Le suddette categorie sono, infine, suddivise in sottocategorie, come si può vedere dalla figura qui sotto riportata:
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1405.htm
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Figura 7: home page della banca dati Online-Ressourcen
La categoria “lingue e letteratura” contiene 1783 risorse. Tuttavia, è possibile affinare ancora di più la ricerca
selezionando un livello ancora più specifico, corrispondente all’interesse dell’utente. Se clicchiamo, ad esempio sulla
sottocategoria “italiano”, si otterranno 18 risultati.
Figura 8: Esempio di visualizzazione del risultato della ricerca
I 18 risultati così ottenuti sono elencati, all’interno della banca dati, in ordine alfabetico e viene visualizzato il titolo,
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1405.htm
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ad esempio “A Europe of Tales” e la tipologia della risorsa. Si tratta di un oggetto multimediale contenente fiabe di
diversi paesi europei (ad esempio, Islanda, Svezia, Finlandia, Italia, Bretagna) nelle lingue corrispondenti. La risorsa
predispone anche strumenti che gli insegnanti possono utilizzare con gli alunni.
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
La rete per i servizi educativi australiana: EdNA Online
EdnNa Online – Education Network Australia è una rete a per i servizi educativi che ha come obbiettivo di
sostenere e promuovere l’utilizzo di Internet per l’apprendimento, l’istruzione e la formazione in Australia. È
strutturata sulla base del curriculum australiano, mette a disposizione, degli insegnanti e degli studenti, materiali
didattici gratuiti ed è finanziata dai governi degli stati australiani.
Il sistema collega tutti gli organismi responsabili dell’educazione in Australia e i suoi servizi hanno lo scopo principale
di creare una vera e propria comunità di educatori online.
Gli ambiti di riferimento di EdNA sono le attività di tutte le istituzioni scolastiche, la formazione e l’istruzione
professionale, l’educazione degli adulti e l’istruzione superiore.
EdNA offre due funzioni principali:
una directory sull’istruzione e la formazione in Australia e
una banca dati sulle risorse del web utilizzabili in ambito educativo e formativo.
Le risorse, le informazioni e le aree dedicate alla comunicazione presenti sul sito di EdNA Online sono a disposizione
di tutti e tutti possono contribuire alla sua implementazione segnalando, a loro volta, un sito o una risorsa
interessante, offrendo il proprio feedback, partecipando ai forum o diventando membri della comunità per la
definizione di metadata.
Le risorse presenti nel sistema sono di due tipi: una, costituita dai link a risorse prodotte a livello mondiale da enti
culturali e di ricerca; l’altra relativa ai progetti realizzati all’interno di attività di collaborazione sviluppate, con
modalità interattive, da studenti e insegnanti.
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1407.htm
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Figura 11: home page del sito di EdNA Online
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Banche dati di risorse educative
Risorse educative a supporto del curriculum
Le risorse messe a disposizione da EdNa Online a supporto del curriculum sono facilmente recuperabili: ad esempio,
la sottocategoria “curriculum resources”, è a sua volta suddivisa nei seguenti altri argomenti:
arte
risorse interdisciplinari
infanzia
inglese
educazione fisica e alla salute
lingue diverse dall’inglese
matematica
scienze
società e ambiente
tecnologia
uso delle TIC nel curriculum
valori etici e religiosi
istruzione e formazione professionale.
Ciascuno degli argomenti offre un ulteriore suddivisione in sottoargomenti.
La figura sottostante mostra un esempio di ricerca nella banca dati, effettuata all’interno di “scienze”, limitatamente
all’argomento “infanzia”.
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1409.htm
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Figura 13: esempio di visualizzazione del risultato della ricerca
L’argomento “scienze” risulta dare 86 risultati, ordinati, all’interno della banca dati, in ordine alfabetico. Viene
visualizzato il titolo della risorsa, ad esempio “Archive education”, l’URL e la categoria di appartenenza, in questo
caso “Scienze, biodiversità, cambiamento e continuità”. La breve descrizione indica che si tratta di una risorsa a
utilizzo gratuito, destinata ad insegnanti ed educatori e riferita, in particolare, alla materia “scienze” del National
Curriculum inglese. Offre esempi di utilizzo nella pratica educativa, link, idee di progetti interdisciplinari e materiali di
supporto. Inoltre, contiene una sezione dedicata ai genitori in cui vengono offerti suggerimenti su come utilizzare
questa risorsa con i loro figli, sia a casa che fuori.
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http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1409.htm
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Banche dati di risorse educative
Le risorse didattiche di Rescol/Schoolnet
Le risorse didattiche offerte da Rescol sono suddivise in ambiti tematici disciplinari (“domaines d’études”), risorse per
l’insegnante professionista (“coin des enseignants”) e risorse pedagogiche offerte dai Ministeri e organi federali.
Figura 15: home page delle risorse didattiche
Attraverso la sezione “domaines d’études” si ha accesso alle risorse di Rescol organizzate per ambiti tematici
disciplinari, che rimandano ad ulteriori sottotematiche e ad una lista dettagliata di risorse associate.
http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1412.htm
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Figura 16: ambiti disciplinari in cui sono suddivise le risorse didattiche
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Materiale di studio
Banche dati di risorse educative
La rete di scuole canadesi: Rescol/Schoolnet Canada
Rescol/Schoolnet Canada è una rete educativa costituita da una partnership tra i governi provinciali e territoriali
canadesi, la comunità dei docenti e il settore privato che ha come obiettivo prioritario quello di promuovere l’utilizzo
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nell’insegnamento/apprendimento.
Questa partnership ha permesso a Rescol di collegare le scuole e le biblioteche pubbliche del Canada a Internet il 30
marzo 1999 - in prima mondiale. In seguito, Rescol e i suoi partner hanno esteso la connessione delle scuole alle
aule. È così che nel maggio 2000, quasi mezzo milione di pc sono stati collegati ad Internet nelle scuole canadesi.
Rescol mette a disposizione dei suoi utenti un portale istituzionale bilingue (inglese e francese) di reti di scuole
canadesi che offre una selezione di più di 7000 risorse didattiche e una rivista on line, Aujourd’hui@Rescol, che
informa sulle ultime novità dell’e-learning.
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http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1411.htm
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Puntoedu Neoassunti 2011/2012
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Benvenuto GIOVANNI NICCO
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ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI
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Progettare Learning Objects come attività didattica
S. Penge
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
Da chi devono essere progettati i LO? Che modalità d'uso va immaginata? Che tipo di cambiamento
nell'organizzazione del tempo scolastico comporteranno?
Non solo gli oggetti didattici e il loro uso, ma l'intero ciclo di vita dei LO può essere pensato come
iscritto in un'attività didattica. Un LO va ideato, progettato, realizzato, distribuito e usato: in tutte queste
fasi è possibile coinvolgere i soggetti dell'apprendimento: il docente, ma anche l'esperto esterno, lo
studente della classe ma anche quello di un'altra scuola.
In questo senso non è tanto importante per il docente conoscere e imparare a rispettare uno standard
piuttosto che un altro, quanto avere chiari i vantaggi (e gli svantaggi) di utilizzare formati pubblici e
aperti nella descrizione dei propri prodotti
Versione multimediale
Versione scaricabile
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http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12188&fond=
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Sommario
1 Introduzione: i Learning Object tra instructional design e costruttivismo............... 1
1.1 Che significa LO?.......................................................................................... 2
1.2 LO e teorie pedagogiche................................................................................ 3
2.Termini chiave dei LO...................................................................................... 3
2.1 Riusabilità ................................................................................................... 4
2.1 Metadati...................................................................................................... 4
2.3 Standard ..................................................................................................... 5
3 Progettare Learning Objects come attività didattica............................................. 7
3.1 Ciclo di vita di un LO..................................................................................... 7
3.2 Dieci punti di partenza .................................................................................. 8
4.Simulazione: un Learning Object filosofico ....................................................... 11
5. Conclusioni ..................................................................................................13
1
Introduzione:
costruttivismo
i
Learning
Object
tra
instructional
design
e
Il termine Learning Object (LO nel seguito) non è tanto nuovo, almeno nell'area
anglosassone. Nella bibliografia troverete alcuni testi cui rivolgersi per
definizioni formali, o per ricostruirne la storia, che risale a quasi dieci anni fa.
Qui ci limitiamo sintetizzare in alcuni concetti generali le esigenze sottostanti la
ricerca sui LO per vedere se e come questi concetti possono essere applicati
nella didattica quotidiana.
Probabilmente, sulla base di quello che avete già letto o sentito, avrete già
cominciato a porvi alcune domande relativamente alla progettazione, l'uso e la
gestione dei LO:
- Da chi devono essere progettati i LO? da autori (esperti disciplinari), da
docenti,2 da discenti, da un équipe mista? E come? solo in presenza o anche
anche a distanza?
- Che modalità d'uso è prevista per i LO? Da chi devono essere usati? Con che
mezzi tecnici (lavagna luminosa e proiettore, o laboratorio di pc in rete?
internet o CD ?) Che tipo di cambiamento nell'organizzazione del tempo
scolastico è implicito nel loro uso?
- Qual è il modello di distribuzione dei LO? Ci sarà un solo deposito cui tutti
accederanno oppure ogni scuola (o ogni utente) avrà il suo personale deposito?
I LO potranno essere modificati o dovranno essere protetti dalla modifica? A chi
appartengono i LO?
Alcune di queste domande non hanno ancora una risposta; altre vengono
discusse nel seguito di questo documento. Ma cominciamo dall'inizio.
1.1 Che significa LO?
Innanzitutto Learning Object non è un termine univoco, ma è stato usato in molti
sensi diversi. La sintassi inglese permette di lasciare indeterminato se si tratta di
oggetti di apprendimento (da apprendere) o per l'apprendimento (che supportano o
facilitano l'apprendimento). Qualcuno si è divertito a censire le diverse definizioni
2
Questa domanda porta con sé altre questioni sulle competenze che devono essere possedute dal
docente e sulla modalità di acquisizione di queste competenze che sono qui fuori luogo.
circolanti e ne ha trovate una quindicina. Viceversa, per indicare piccole unità
didattiche digitali sono stati usati termini differenti (object, resource, material,
document, unit, element, etc) ognuna con sfumature leggermente diverse.
Gli archivi di LO accessibili via web esistenti attualmente (MERLOT, ESCOT, PERINE:
vedi sitografia) non fanno che confondere le idee, presentando oggetti diversissimi
tra di loro: simulazioni, animazioni, piccoli software ma anche immagini, suoni e
testi.
Forse il modo migliore per capire i LO è quello di esaminare gli obiettivi principali che
dovrebbero (contribuire a) raggiungere secondo i ricercatori che li hanno inventati:
1. pedagogico: consentire la personalizzazione (a livello di composizione di unità
didattiche minime) dell'apprendimento3
2. tecnologico: consentire l'automatizzazione nella costruzione di percorsi didattici
(attraverso agenti intelligenti o metodi statistici)
3. economico: costruire un mercato di risorse più agile e accessibile di quello della
formazione online ““tradizionale””
Data una situazione a livello mondiale in cui ancora molte persone restano fuori
dalla formazione tradizionali a causa dei costi intrinseci, se si riuscissero a definire in
dettaglio tutti i curricula per ogni disciplina, espandendo ogni item in un oggetto
multimediale digitale, sarebbe possibile per qualsiasi studente –– con l'aiuto di una
tecnologia non troppo avveniristica, qual è quella dei database –– costruirsi il proprio
percorso di apprendimento verso una specifica competenza; per far questo
basterebbe andare a selezionare le aree di conoscenza mancanti e attivare i materiali
didattici relativi a quelle aree attraverso un'apparecchiatura multimediale a basso
costo come un personal computer. Il costo d'esercizio di un apparato del genere, una
volta messo su strada, sarebbe molto più basso di quello di un sistema tradizionale
composta da valutazione di ingresso, preparazione della lezione, fruizione, esame
finale.
Perché però una macchina possa trovare un documento all'interno di un archivio è
necessario che ogni item venga descritto con etichette standard che non soltanto gli
assegnano un posto nel curriculum, ma che ne specificano tutti gli aspetti (autore,
dimensioni, lingua, data di produzione, etc). Di qui la nascita di standard descrittivi di
organismi internazionali come l'IEEE o l'IMS (vedi la sitografia).
1.2 LO e teorie pedagogiche
Questa ricostruzione ideale ricorda da vicino il sogno delll'istruzione programmata
americana degli anni '50 o la versione ““intelligente”” degli anni '80, anche se mette
l'accento più sulle capacità di autodiagnosi dello studente e meno sulle capacità di
gestione autonoma della macchina. Potrebbe essere soggetta –– e di fatto lo è stato alle stesse critiche: ““l'apprendimento non è addestramento, il contesto didattico
concreto ha un'importanza fondamentale, la conoscenza non va semplicemente
trasmessa ma costruita””, etc.
Si sono criticate l'atomicità e la mancanza di una pedagogia esplicita, o meglio la
3
Scrivono Gibbons, Nelson e Richards (““The Nature and Origin of Instructional Objects””, in
Wiley D. (a cura di)(2000) The Instructional Use of Learning Objects, AIT /AECT,
http://www.reusability.org/read/gibbons.doc) ““Fin dalla sua nascita, l'educazione mediata dai
computer ha avuto come obiettivo esplicito quello di creare un'istruzione che fosse: (1)
adattabile all'individuo, (2) generata dinamicamente piuttosto che pre-assemblata, e (3)
scalabile ai livelli di produzione industriale senza un incremento proporzionale dei costi””
(nostra traduzione)
presenza implicita di un modello di addestramento, più che di apprendimento.
Va però detto subito che un'altra corrente di ricerca pedagogica (quella
costruttivista) si è appropriata dei temi e dei concetti sopra esposti e li ha
ammorbiditi piegandoli nella direzione della costruzione (collettiva) della conoscenza.
Non si tratterebbe più di codificare una volta per tutte lo scibile umano, ma di fornire
un accesso ampio, anche via Internet, a materiali didattici costruiti da soggetti
diversi e validati, che potrebbero essere inseriti in strategie didattiche diverse, con
ruoli diversi, in momenti diversi. E per questo è necessario che gli standard siano
sempre più ampi, che comprendano non solo la descrizione del LO, ma anche dei
suoi possibili usi concreti.
Anche questa versione ha avuto i suoi sostenitori e i suoi detrattori, come vedremo
più avanti.
E ha suscitato, al momento di essere messa in pratica, alcune questioni: quali tipi di
oggetti vanno catalogati? quale deve essere la granularità degli oggetti ammessi? e
da chi vanno validati?
2. Termini chiave dei LO
Se date un'occhiata ad alcuni dei testi citati in bibliografia, i termini chiave che
trovate più spesso nelle discussioni relative ai LO sono sicuramente, riusabilità,
metadati, standard. Vediamoli in dettaglio.
2.1 Riusabilità
La questione del riuso è quella che troverete citata più spesso tra i vantaggi dei LO.
Si usa la metafora del LEGO (anche se più di uno studioso4 ha criticato questa
metafora sostenendo che è riduttiva e rischia di far perdere di vista le specificità dei
LO, che non possono essere aggregati a caso) per indicare che a differenza dei
materiali didattici tradizionali (digitali e non) ogni LO può essere combinato
facilmente con altri per produrre percorsi di apprendimento differenti. Da questo
punto di vista, diventa cruciale la questione della granularità: più l'oggetto è atomico
(un solo concetto trattato, un solo medium utilizzato), più è riusabile. La scheda con
le proprietà fisiche di un elemento chimico, una diapositiva di un tritone crestato, un
clip audio di qualche secondo con il verso dell'alzavola sono buoni esempi di questo
LO ““minimalista””.
Se il mattoncino Lego della didattica è uno dei concetti più utilizzati per sottolineare la
versatilità e la possibilità di personalizzazione, è anche uno dei più criticati, per le
implicazioni riduzionistiche che porta con sé: se il sapere viene spezzettato in pillole, si
sostiene, non c’’è più nessuna garanzia di coerenza, di unitarietà di metodo didattico, di
finalità condivisa. L’’analisi in termini di Learning Objects sarebbe il corrispettivo del
fordismo sul terreno della formazione: segmentare, standardizzare per risparmiare e
aumentare la produzione nel tempo. Questa strada porterebbe alla creazione di
““supermercati della formazione””, dove ogni cliente riempie il suo carrello di prodotti
4
Per esempio, David Wiley preferisce utilizzare la metafora dell'atomo: ““Connecting learning
objects to instructional design theory: a definition, a metaphor, a taxonomy””, in Wiley D. (a
cura di)(2000). The Instructional Use of Learning Objects, AIT /AECT,
http://www.reusability.org/read/chapters/wiley.doc
didattici diversi prima di passare alla cassa. E questo introduce alcune riflessioni sulla
possibilità (o meglio il rischio) di ““guidare”” impercettibilmente la ricerca di oggetti didattici
in una database per finalità commerciali nascoste, esattamente come avviene con i motori
di ricerca su web.
Questa visione apocalittica è forse esagerata e ingiusta, ma va presa in
considerazione almeno come deterrente al facile entusiasmo di cui si può essere
preda nel cominciare a costruire oggetti didattici digitali.
2.1 Metadati
Metadati è un termine dal suono esoterico ma dal significato piuttosto banale. Dati
che descrivono non il mondo, ma altri dati, cioè dati al quadrato. L'indice di un libro,
la quarta di copertina, i titoli di coda di un film o l'etichetta di un DVD sono tutti
buoni esempi di metadati.
Niente di nuovo, dunque, ma con alcune annotazioni da tener presente:
W sono testuali o al limite numerici, anche se si riferiscono a dati di altra natura
(audio, video etc). Di qui un primo problema, sulla specificità dei linguaggi: si può
davvero descrivere una sinfonia a parole?
W si pongono come oggettivi, ma riflettono il punto di vista dell'autore che cataloga:
differenti autori potrebbero catalogare diversamente gli stessi dati?
W il loro destinatario tipico non è un umano, ma un software di ricerca che ne
estragga il contenuto. La loro logica, forse, riflette più la maniera di ragionare di
una macchina che quella di una persona...
W e la lingua? se molto spesso si dà per scontato che i metadati vadano inseriti nella
propria lingua, qualcuno comincia a dubitarne, e ritiene che vada scelta una lingua
unica e univoca (l'inglese) per evitare possibili ambiguità. Questo cozza
visibilmente contro l'idea che i LO possano essere ricercati, o quantomeno
classificati, da studenti non anglofoni.
Il motivo per cui i metadati sono importanti e utili nel contesto dell'informazione
digitale è che permettono una ricerca molto più veloce di quella che occorrerebbe se
si dovesse scorrere il contenuto di ogni oggetto. Naturalmente questo è vero se i
metadati hanno dimensioni minori o almeno comparabili dell'oggetto che descrivono
e se sono scritti in un formato standard, in modo che i software che li devono
scorrere sappiano che forma devono avere le le informazioni che stanno cercando.
Il semantic web è un'estensione di questo principio. Se ogni pagina web fosse dotata
degli adeguati metadati, i motori di ricerca non sarebbe quel terno al lotto che
conosciamo. Se il web fosse costituito da nodi in cui i contenuti e la loro struttura
potessero essere catturati indipendentemente dalla modalità di visualizzazione,
sarebbe molto più facile recensirlo. D'altra parte il motivo per cui il web è tanto ricco
è che chiunque può scrivere pagine HTML facilmente e senza tanti complimenti,
ignorando completamente la questione dei metadati. Forzare la produzione di pagine
all'uso rigido di standard o linguaggi alternativi (come l'XML)
ne ridurrebbe
senz'altro la proliferazione infinita; il che potrebbe essere un bene come un male.
2.3 Standard
Come abbiamo visto sopra, dei LO si cita di solito l'aspetto di unità minime
componibili: riusabilità come economia, come possibilità di assemblamento più o
meno automatico. La riusabilità è però
direttamente proporzionale alla
standardizzazione: la maniera di descrivere i diversi LO deve essere unica perché
possano essere combinati in maniera sensata LO provenienti da uno o più database
differenti. Lo standard (che consiste in buona sostanza di un elenco di metadati da
riempire per ogni LO) risponde cioè a due esigenze: da un lato quella di una
catalogazione precisa dell'esistente, dall'altro quella di una facilitazione nella
progettazione del nuovo.
I primi standard dei LO si sono basati sul Dublin Core, uno standard minimo per la
descrizione di documenti digitali oggi molto diffuso, nato nel 1995 in una conferenza
a Dublin (nell'Ohio!).
Gli elementi definiti nel DC sono 15; li elenchiamo qui perché nella loro semplicità
danno un'idea del tipo di domande che si immagina possano essere rivolte ad un
archivio di documenti digitali, e perché malgrado la generalità rappresentano un
insieme minimo che può essere comunque utilizzato anche nella descrizione dei
materiali didattici.
1.Title: il titolo o il nome della risorsa
2.Creator: la persona o l'organizzazione responsabile della sua creazione
3.Subject: l'oggetto trattato nella risorsa, anche tramite parole chiave (keyword)
4.Description: una descrizione testuale della risorsa
5.Publisher: l'ente responsabile della disponibilità della risorsa
6.Contributor: la persona o l'organizzazione che ha realizzato una parte significativa
nel contenuto intellettivo della risorsa.
7.Date: la data di creazione o di pubblicazione della risorsa.
8.Type: la categoria della risorsa
9.Format: il formato dei dati e le dimensioni.
10.Identifier: un identificatore univoco della risorsa, la sua URI (l'indirizzo in
Internet) oppure l'ISBN (l'International Standard Book Number).
11.Source: informazioni su un'altra risorsa dalla quale la presente è stata derivata.
12.Language: la lingua in cui è scritto
13.Relation: la relazione con altre risorse
14.Coverage: le caratteristiche spaziali e temporali del contenuto descritto nella
risorsa.
15.Rights : i diritti cui è soggetta la risorsa5
Anche la standardizzazione, però, è stata criticata come meccanismo che spinge
all'uniformità nella produzione, alla riduzione di un materiale didattico ai suo
contenuti e ai suoi aspetti esteriori.
Va detto che queste critiche possono essere applicate alla ““vulgata”” dei LO, ma sono
forse ingiuste se si riferiscono agli standard risultato di ricerca internazionale sui LO,
che da anni cercano di assorbire nelle descrizioni anche gli aspetti contestuali e
didattici. Già lo standard dell'IEEE LOM,6 che è nato nel 1997, considera, tra le
classi di attributi di un LO, Educational (caratteristiche pedagogiche) e Annotation
(note sugli usi educativi della risorsa). Gli attributi di classificazione semantica sono
solo uno dei nove gruppi di attributi, ma ce ne sono altri interessanti come Lifecycle
(ciclo di vita del LO), Relation (relazione con altre risorse) e Rights (diritti d'uso, che
introducono la problematica del diritto d'autore). Lo standard LRMS, che si fonda sul
precedente ed è proposto dal consorzio IMS,7 contiene anche un Enterprise
Information Model, cioè un modello di gestione standard di autori, docenti e studenti
coinvolte nell'utilizzo del materiale didattico.
Anche lo standard più conosciuto e criticato per la centralità degli aspetti di
5
Il Dubin Core è in inglese; tuttavia alcuni ne propongono la traduzione nelle lingue nazionali
http://ltsc.ieee.org/wg12/
7
IMS Global Consortium: http://www.imsglobal.org/metadata/index.cfm
6
packaging della conoscenza, cioè SCORM8, è stato rivisto nel 2000 e poi nel 2004
per cercare di catturare all'interno dello standard l'albero delle attività, cioè la
sequenza di uso e navigazione tra diversi LO, relativa ad un concreto discente.
E' vero che tutti questi standard vengono presentati o come neutri pedagogicamente,
o come legati ad una singola teoria pedagogica. Ma l'ultimo standard in ordine di
tempo, EML, proposto tra gli altri dalla Open University of the Netherlands,9 tenta di
fare il salto in due direzioni:
W permette di specificare il modello pedagogico cui si fa riferimento, e quindi
supporta implicitamente una pluralità di teorie
W
include esplicitamente i processi didattici codificati in Units of Learning nelle quali
sono descritti i ruoli, le attività, i servizi utilizzati (chat, forum, etc)
In questo senso si oppone alla visione atomistica delle
cerca di operare ad un livello più generale.10
““unità minime riusabili”” e
Va detto, infine, che tutti gli standard hanno una stagione d'oro, che è quella della
proposta, della discussione, della verifica, della modifica e infine della convergenza.
Nel momento stesso in cui uno standard viene ad essere adottato di fatto, esso
scompare, o meglio diviene trasparente per l'utente finale. E' quello che è successo
per l'HTML: chi oggi produce pagine per il web spesso lo fa senza avere un'idea
precisa dello standard del linguaggio che sta usando, ma si affida agli automatismi
del software che utilizza (i vari Frontpage, Dreamweaver, Quanta tanto per citarne
alcuni tra i più diffusi) per produrre pagine corrette e valide formalmente.
Lo sviluppo di strumenti autore per la didattica digitale che contengano cablati uno (o
più) standard è una delle attuali frontiere di ricerca.
3 Progettare Learning Objects come attività didattica
Il punto di vista che proponiamo in questo documento è meno formale e
accademico. Vogliamo capire non tanto cosa sono i LO, ma cosa potrebbero
essere e come potrebbero essere funzionali al nostro lavoro di docenti. O
meglio: da questa discussione sui LO ogni insegnante può trarre alcuni spunti
per lavorare alla produzione e all'uso di materiali didattici digitali in maniera più
consapevole, indipendentemente da uno standard specifico, ma in modo tale da
rendere il frutto del suo lavoro il più aperto possibile.
8
Sharable Content Object Reference Model: è stato introdotto per raggruppare gli standard
precedenti nel 1999 dall'ADL, un iniziativa del Dipartimento della Difesa statunitense
9
http://eml.ou.nl/eml-ou-nl.htm. In realtà, EML è una famiglia di linguaggi che tentano di
descrivere semanticamente processi e contenuti didattici attraverso "unità di studio" da un
punto di vista pedagogico. Ne sono stati censiti almeno 7: CDF, OUNL EML, LMML, PALO,
Targeteam,
TML/Netquest
e
IMS
LD.
Vedi
http://www.cenltso.net/Users/main.aspx?put=196.
10
Con
le
parole
di
Scott
Wilson
(Europe
focuses
on
EML,
http://www.cetis.ac.uk/content/20011015103421, 2000) ““... gli EML e i LO rappresentano
approcci opposti alla questione dell'interoperabilità. Dal punto di vista dei LO,
l'interoperabilità dei contenuti è ostacolata dal bagaglio contestuale dell'oggetto: solo
eliminando dal contenuto tutti i suoi riferimenti esterni (come il metodo di insegnamento, i
ruoli degli studenti e le attività) un oggetto può essere veramente riusabile. Gli EML
assumono l'approccio opposto: se le unità sono più grandi (intere lezioni, esercitazioni o
corsi) e includono tutta l'informazione contestuale, allora si ottengono componenti di
dimensioni consistenti e utili che sono veramente condivisibili e riusabili”” (nostra traduzione)
3.1 Ciclo di vita di un LO
I Learning Objects possono anche essere intesi non come una forma di confezione
perfetta della conoscenza, ma come un principio organizzativo, regolativo, della
produzione11 di materiali di supporto ad un'attività didattica (on- o offine), come
vedremo più avanti. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la parcellizzazione
della conoscenza, ma solo con una buona organizzazione del lavoro e con il rispetto
di un generale principio di ecologia digitale: la consapevolezza che potere in futuro
riusare quello che oggi nasce come segmento di un corso specifico - in un modo e
per degli obiettivi che oggi non possiamo prevedere - dipende fortemente dalla
nostra capacità di specificare le informazioni che descrivono il nostro corso in
maniera - se non completa - il più ampia e fantasiosa possibile.
Non solo gli oggetti didattici e il loro uso, ma l'intero ciclo di vita dei LO può essere
pensato come iscritto in un'attività didattica. Un LO va ideato, progettato, realizzato,
distribuito e usato: in tutte queste fasi è possibile inserire un plusvalore didattico, a
patto di coinvolgere tutti i soggetti dell'apprendimento: il docente, ma anche
l'esperto esterno, lo studente della classe ma anche quello di un'altra scuola.
In una prospettiva pedagogica di tipo costruttivista, che assumiamo qui, la
progettazione di LO non è l'attività di formalizzazione di conoscenze precedenti che
devono essere trasmesse (a basso costo, se possibile) al maggior numero di studenti
possibile, ma l'attività di far emergere conoscenze da un gruppo di persone, e
strutturarle in una forma pubblica tale da garantirne il valore nel tempo.
Se gli studenti sono coinvolti nella progettazione del LO (e non solo nel reperimento
dei contenuti, o solo nella loro confezione) allora ognuno degli elementi e delle fasi di
costruzione avrà una sua importanza didattica:
µ Riflettere insieme sui metadati, per esempio, significa lavorare sulla
consapevolezza della struttura della disciplina, sulle propedeuticità, sulla
disambiguazione, sulle difficoltà della traduzione terminologica, etc.
µ Affidare la progettazione dell'interfaccia agli studenti, nel rispetto degli
standard per l'accessibilità, significa lavorare sulle diverse abitudini e
capacità cognitive di ciascuno.
Allo stesso modo va esteso il discorso a proposito degli altri elementi:
µ i metadati vanno considerati non solo come chiave per la catalogazione e la
gestione automatizzata, ma soprattutto per:
µ la personalizzazione (compresa l'eventuale traduzione in altre lingue)
µ la modifica e l'aggiornamento futuri;
µ la progettazione non deve riguardare solo l'oggetto ma anche il contesto in
cui l'oggetto verrà utilizzato:
µ indicazioni d'uso (requisiti, ambiente, durata, risultati previsti)
µ materiale preparatorio e valutativo (questionari, check list, interviste,
etc.);
µ la questione dei diritti d'autore non è soltanto legata a quella del ritorno
economico (come mostrano gli investimenti attuali di alcuni operatori dell'elearning) ma anche a quella della modificabilità, intesa come garanzia di
conservazione di efficacia in condizioni mutate.
11
In questo direzione, anche Alvino e Sarti si concentrano sui design-time LO: vedi il loro
Learning Objects e costruttivismo, Atti del Convegno Didamatica 2004, p.761-772,
Consorzio Omniacom Ed., Ferrara.
3.2 Dieci punti di partenza
Se volessimo riassumere in un decalogo quell che potremmo chiamare ““lo standard
del buon senso””, potremmo procedere così:
1. Ogni LO può essere almeno immaginato come un elemento autonomo di una
struttura più grande. Anche se nel nostro progetto didattico il nostro LO è un
unicum, è possibile, per esempio, che in seguito venga inserito in un repository
pubblico (vedi sitografia), o per lo meno che venga pubblicato sul web e che sia
soggetto ad essere reperito attraverso i normali motori di ricerca.
2. Oltre al titolo, il LO dovrebbe avere una serie di parole chiave che ne descrivano il
contenuto e che ne permettano eventualmente l’’inquadramento in contesti diversi
da quelli in cui è nato. Questo permette ad uno utente diverso da quello al quale
l’’autore sta pensando in prima battuta (per esempio, uno studente meno esperto,
o con diversi obiettivi) di usare comunque proficuamente quel LO.
3. Allo stesso modo, è opportuno annotare sempre la data di rilascio del LO e la
versione, e insomma sarebbe buona norma specificare tutte le altre eventuali
informazioni che lo definiscono (per quale attività è stato realizzato, per quale
target, con quali vincoli, etc). Queste attenzioni permettono tra l’’altro di
conservare più versioni dello stesso oggetto, adatte ad essere riusate in occasioni
diverse.
4. Scegliere un formato dei dati il più possibile pubblico, diffuso e aperto. Se può
essere attraente –– soprattutto per gli studenti - creare oggetti multimediali
animati, che spesso hanno bisogno per essere fruiti correttamente di speciali
““plugin”” (cioè piccoli software aggiuntivi di lettura), non va dimenticato che il
mondo digitale non è così omogeneo, che esistono ancora diversi sistemi operativi
(MS Windows, Apple OS, Linux), diversi browser per accedere a Internet (MS
Iexplorer, Netscape, Mozilla, Firefox, ...). Inoltre un formato aperto aumenta le
speranze di ““vita””, cioè di non obsolescenza, del LO.
5. Curare l'interfaccia del LO in modo da tenere in considerazione gli aspetti di
ecologia digitale (occupazione di spazio sul computer dell'utente, consumazione di
tempo per il suo trasferimento e caricamento, assorbimento di banda nella rete).
Se la banda larga è oggi –– almeno nelle scuole italiane –– alle porte, in un mondo
così globalizzato occorre anche immaginare situazioni diverse in cui le risorse non
sono infinite. Ogni pacchetto che viaggia sulla rete occupa una parte della banda;
molti pacchetti inutili rallentano la navigazione di tutti gli utenti, non solo di quelli
che li hanno richiesti.
6. Il rispetto degli standard (interfacce, formato dei dati, etc) non è soltanto
adeguamento ad una norma. C'è un aspetto per il quale ““standard”” non è legato a
automazione, ma al rispetto degli altri, dei loro stili cognitivi e delle loro abilità.
Molti software oggi consentono ad un non vedente di ascoltare documenti testuali,
purché realizzati secondo alcune regole di base. E oltre alle disabilità sensoriali ci
sono quelle cognitive, che sono forse (paradossalmente) meno considerate quando
si progettano materiali didattici digitali. Una buona organizzazione della logica di
navigazione, una titolazione attenta, una scrittura piana e non d'effetto sono atti
dovuti verso chi ha bisogno di apprendere.12
7. La manualistica è di solito la parte più carente di ogni prodotto didattico. Perché il
LO sia efficace è necessario che sia accompagnato da informazioni parallele,
rivolte al suo possibile utente, che ne inquadrano l'uso (da dove cominciare, quali
12
Per una panoramica completa sulla questione dell'accessibilità del web vedi, per esempio,
http://www.webaccessibile.org. Per una traduzione italiana delle linee guida del consorzio
W3C sulla dell'accessibilità dei siti web, vedi http://www.aib.it/aib/cwai/WAI-trad.htm.
Inoltre, l'accessibilità dei siti delle pubbliche amministrazioni è in Italia soggetta ad una
recente legge dello Stato : http://www.innovazione.gov.it/ita/intervento/accessibilita.shtml
sono i requisiti hardware e software, quali sono i rischi consueti. Questo non
significa che la modalità d'uso del LO sia unica e fissata una volta per tutte, anzi:
aggiungendo le condizioni al contorno si garantisce a chi voglia utilizzarlo
differentemente la possibilità di tenere sotto controllo tutte le variabili contestuali
collegate.
8. Il supporto (termine che in quest'ambito sta ad indicare l'aiuto che può essere
offerto all'utente) è un altro
elemento fondamentale. Dichiarare la propria
disponibilità (come singoli o come gruppo) ad aiutare chi desidera utilizzare il LO
che abbiamo prodotto è a volte l'elemento che fa la differenza tra un uso
produttivo e uno di routine. Questo può essere fatto in molte forme:
- attraverso la stesura di FAQ che contengono le risposte alle principali questioni
- attraverso la stesura di un rapporto che descrive le esperienze di uso del LO, con
aspetti positivi e negativi
- con la pubblicazione di un recapito di posta elettronica (possibilmente non
personale, per evitare spammig sgradito)
- con la creazione di un forum di utenti del LO dove si possano porre domande sul
suo uso, o sulla sua progettazione, o sul suo eventuale sviluppo
9. La collaborazione a distanza - che è il passo successivo al precedente - è sempre
meno un oggetto di ricerca universitaria e sempre più una modalità di lavoro
possibile, grazie alla diffusione di Internet e alla disponibilità di strumenti di
collaborazione su web opensource e gratuiti. In questo quadro è sempre più
pensabile e anzi auspicabile che un LO venga costruito da più persone (più classi,
più scuole) anche non fisicamente vicine, attraverso una divisione del lavoro.
10. Un discorso che stranamente resta spesso fuori dalle discussioni sui LO, ma
che è legato a quello sulla collaborazione, è quello sulle licenze e il diritto
d'autore.
Investire nella creazione di LO può essere un'attività redditizia quando si esce dal
domino dell'educational e si entra in quello dell'istruzione tecnica specialistica.
Alcuni dei repository (cioè degli archivi di LO) citati nella sitografia hanno una
sezione a pagamento. Questa modalità richiede che si rilascino i LO sotto copyright
e magari che si introducano dei meccanismi software di protezione dalla copia.
L'alternativa a cui si pensa di solito in ambito educational è quella della
distribuzione dei LO in forma del tutto libera per usi no-profit: chiunque può
prendere e riusare il LO, modificarlo e ridistribuirlo purché non si faccia pagare per
farlo.
Tuttavia è anche possibile rilasciare il proprio prodotto con una licenza, anche se
diversa dal copyright. Oltre alla General Public License13 (che è stata ideata
pensando al software) esistono oggi licenze che da un lato permetterebbero la
completa e libera modifica di forme e contenuti del LO, dall'altro hanno il fine
esplicito di eliminare il rischio che qualcuno prenda il mano il prodotto, lo
riconfezioni magari con un nome diverso e lo rivenda, appropriandosi quindi del
lavoro di altri. In parole povere, queste licenze (per esempio, FDL14, Creative
Commons15) da un lato non vincolano alla gratuità, ma dall'altro obbligano ogni
utente a lasciare immodificata la natura aperta e libera del documento.
13
Un piccolo glossario sul tema del software libero e delle licenze GPL lo trovate in
http://www.softwarelibero.it/documentazione/glossario.shtml
14
http://www.vincenzov.net/gnu_free_documentation_license_italiano.htm
15
http://www.creativecommons.it/
4. Simulazione: un Learning Object filosofico
Facciamo un piccolo esercizio mentale.16
Immaginiamo di costruire un LO dedicato all'idealismo tedesco, alle sue origini,
dedicato agli studenti di un istituto secondario superiore.17
L'obiettivo non è –– ovviamente –– quello di sostituire un capitolo del libro di testo di
filosofia, ma quello di aiutare gli studenti di un istituto superiore a muoversi con
facilità attraverso i secoli rintracciando il filo rosso che conduce da Berkeley a
Schelling attraverso Kant e Hegel.
Il nostro oggetto didattico potrebbe avere la forma di una mappa concettuale, in cui
ad ogni nodo corrisponde un nome di filosofo e ad ogni legame il rapporto che lega
l'uno all'altro, sia in termini di dipendenza dichiarata, sia in termini di debito
culturale.
Per ognuno dei nodi potremmo poi costruire un separata pagina HTML che descrive
in dettaglio il concetto o i concetti che passano e si trasformano dal pensiero dell'uno
a quello dell'altro.
Ugualmente, per ognuno dei legami, potremmo costruire una pagina che espliciti in
che modo è possibile documentare (o immaginare) una dipendenza concettuale di un
nodo dall'altro.
Riprendiamo i nostri punti del decalogo:
7 (Indicazioni d'uso) Accanto a queste pagine, scriviamo alcuni spunti di utilizzo
del LO, soprattutto se diversi da quello che potrebbe essere immaginato come l'uso
““standard”” (lettura individuale, studio). Per esempio:
18
W la mappa viene utilizzata come scheletro da riempire con una ricerca
W i singoli nodi vengono consegnati agli studenti che devono procedere
autonomamente alla costruzione della mappa
W l'intero LO viene utilizzato da un gruppo di studenti come supporto ad un lezione
in presenza ““aumentata”” (cioè con supporto di proiettore e schermo) e rivolta agli
studenti di un'altra classe
W le argomentazioni esposte richiedono una giustificazione in termini di riferimenti
ai testi originali che sono lasciate al lavoro sui testi originali
W la mappa viene pubblicata su web e si consente a tutti gli studenti (non
necessariamente della stessa scuola che l'ha prodotta) di aggiungere commenti,
critiche, suggerimenti, etc
W etc. etc.
4 (Formato dei dati) Scegliamo di realizzarlo in HTML, un formato oggi universale
e trasversale rispetto ai sistemi operativi e alle macchine, anche se non
perfettamente standardizzato.
16
L'esempio, per una piena comprensione, richiede un minimo di conoscenze dell'HTML che non
possiamo includere qui; tuttavia il discorso generale può essere seguito, crediamo, anche in
assenza di queste. E' comquneu possibile reperire abbastanza facilmente sul web le
informazioni di base sull'HTM e sui fogli stile, per esempio in questi documenti introduttivi di
Dave Ragget, tradotti in italiano da Michele Diodati:
http://www.diodati.org/w3c/raggett/overview.asp, e per i CSS
http://www.diodati.org/w3c/raggett/style.asp
17
Non si tratta di un'esercitazione vera, ma solo di un "esperimento mentale". Tuttavia, per chi
volesse cimentarsi con l'argomento proposto, materiali didattici possono essere reperiti
anche in rete: vedi per es. il percorso su Hegel presente sul sito dell'Enciclopedia
Multimediale
delle
Scienze
Filosofiche
della
RAI:
http://www.filosofia.rai.it/scuola/percorsi/hegel/hegel.htm
18
Vedi in bibliografia le indicazioni di Corrado Petrucco sull'uso delle mappe nella ricerca su web
L'HTML tuttavia mescola gli aspetti di contenuto con quelli strutturali e di
presentazione, a differenza di altri formati di file più razionali come l'XML. Questa
modalità mista rende difficile per un agente non umano distinguere la forma dal
contenuto e quindi effettuare un'indicizzazione e una ricerca. Tuttavia possiamo
““minimizzare””
i danni di questo miscuglio scegliendo una versione di HTML
superiore alla 4 e seguendo con alcune accortezze (vedi infra).
2, 3 (Informazioni sul LO) Curiamo con attenzione le metatag, ovvero le
etichette che in ogni documento HTML indicano in maniera leggibile per i motori di
ricerca e per i browser alcune informazioni sul documento:
<meta http-equiv="Keywords" content="idealismo tedesco, Kant, Fichte,
Schelling, Hegel">
<meta http-equiv="Description" content="Come si sono intrecciati tra il
XVIII e il XIX secolo le teorie della conoscenza e la metafisica fino a
produrre i grandi sistemi filosofici tedeschi">
Potremmo anche usare le metatag in stile Dublin Core (vedi supra):
<link rel= "schema.DC" href= "http://purl.org/dc/elements/1.1/">
<meta name="DC.title" content="Origini dell'idealismo tedesco" >
<meta name="DC.description" content="I debiti e le dipendenze che
legano il pensiero della tarda scuola empirista inglese all'idealismo
tedesco, da Berkeley (1710) al secondo Schelling (1841)" >
<meta name="DC.date" content="2005-04-07" >
<meta name="DC.format" content="text/html" >
<meta name="DC.contributor" content="..." >
<meta name="DC.language" content="it" >
6 (Standard e accessibilità) Decidiamo di evitare frame e tabelle troppo
annidate. Affidiamo tutta la formattazione ai fogli stile (file CSS) e non inseriamo
direttamente nel testo gli attributi (es. grassetto: <b>, corsivo: <i>, ...):
<link rel="STYLESHEET" type="text/css" href="lo_filosofia.css">
In questo modo gli utenti che non sono interessati alla resa visiva, ma solo ai
contenuti, avranno meno byte da scaricare; utenti ipovedenti potranno ingrandire
più facilmente il testo utilizzando fogli di stile personali.
Associamo ad ogni immagine una descrizione testuale attraverso le tag alt e
longdesc, sia per rispetto degli utenti non vedenti che altrimenti non sanno a cosa
si riferisce l'immagine, sia di nuovo per facilitare il compito di eventuali software che
analizzano la pagina:
<img src=”img/kant.jpg” alt=”ritratto di Kant da giovane”
longdesc=”ritratto di Immanuel Kant eseguito intorno al 1746 a
Konisberg”>
Esplicitiamo la destinazione di ogni link (soprattutto di quelli che escono dal nostro
LO) e il suo significato con gli attributi title e rel, e assegniamo ad ognuno una
scorciatoia da tastiera per gli utenti che hanno difficoltà ad utilizzare un mouse con
accesskey.
<a href=”kant.html” title=”Immanuel Kant”
accesskey="A" tabindex="1">Vai avanti</a>
name=”kant”
rel=”next”
8 (Supporto) Creiamo un Forum (sul sito della scuola, se è possibile, o su uno dei
portali che mettono a disposizione questa funzione) dove possiamo rispondere a
domande sull'uso concreto del nostro LO, e ci impegniamo a frequentarlo con
regolarità...
10 (Licenze) Esplicitiamo in una nota (oltre che nel pié di pagina di ogni nodo) con
quale licenza stiamo rilasciando il nostro LO, ovvero che uso gli altri ne possono
fare. Se abbiamo usato materiali di altri, citiamo queste fonti e le relative licenze.
Se non lo abbiamo ancora fatto, chiediamo esplicitamente agli aventi diritto la
possibilità di riusare il loro materiale all'interno del nostro LO.
5. Conclusioni
Sulla base di quanto visto, l'immagine GIF ““presa in prestito”” da un sito web non può
essere considerata a tutti gli effetti un LO, almeno finché non siamo in grado di
definirne, per esempio, le condizioni di uso, di modifica e ridistribuzione legali, o
finché non possiamo determinare quando e da chi è stata realizzata, a cosa
effettivamente intendeva riferirsi, etc. Il che non significa che non può essere usata,
ma il suo uso è limitato alla citazione: si può solo riportare tale e quale, senza
integrarla e adattarla al contesto didattico in cui stiamo lavorando.
Ma tra i due estremi ("tutto è - potenzialmente - un LO", e al contrario "sono LO
solo i documenti che rispettano fedelmente lo standard X"), tertium datur: c'è la
possibilità di rispettare almeno uno standard "di buon senso" pensando non tanto al
rispetto di norme astratte, ma al rispetto delle persone (docenti e studenti) che in un
altro luogo o un altro tempo potrebbero riusare i materiali didattici che noi
produciamo. Se chi pubblica materiali digitali oggi si mettesse nei panni di chi li vorrà
cercare, trovare e riusare, il lavoro didattico di domani sarebbe senz'altro più
semplice ed efficace.
In questo senso non è tanto importante per il gruppo d'apprendimento (studenti e
docenti) conoscere e imparare a rispettare uno standard specifico piuttosto che un
altro, quanto arrivare attraverso un processo didattico - che comprende
documentazione, riflessione e progettazione - ad avere chiari i vantaggi di utilizzare
formati aperti nella descrizione dei propri prodotti.
Puntoedu Neoassunti 2011/2012
02/06/12 11.03
Benvenuto GIOVANNI NICCO
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ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI
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La tecnologia LIM
G. Nulli, L. Parigi
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
Una lavagna interattiva multimediale (LIM) è una superficie per visualizzare e interagire con contenuti
multimediali – testi, immagini, animazioni, video, applicazioni software - in formato digitale. La LIM, che
per forma e dimensioni richiama la tradizionale lavagna di ardesia, funziona come uno schermo sul
quale sono proiettati i contenuti di un computer collegato ad un normale proiettore.
Versione multimediale
Versione scaricabile
Agenzia Scuola © 2012
http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12189&fond=
Page 1 of 1
La tecnologia LIM
di G. Nulli L.Parigi
1)
Come funziona la LIM
Cos’’è la LIM
Una lavagna interattiva multimediale (LIM) è una superficie per visualizzare e
interagire con contenuti multimediali –– testi, immagini, animazioni, video, applicazioni
software - in formato digitale .
La visualizzazione del computer sulla superficie interattiva
La LIM, che per forma e dimensioni richiama la tradizionale lavagna di ardesia,
funziona come uno schermo sul quale sono proiettati i contenuti di un computer
collegato ad un normale proiettore.
1
Dalla lavagna di ardesia alla LIM
2
La LIM e le altre tecnologie di presentazione
A differenza degli schermi per la proiezione o dei monitor a grandi dimensioni,
la Lavagna Multimediale Interattiva non è solo una tecnologia di presentazione, come
quelle utilizzate, anche in ambito didattico, per presentazioni multimediali nelle quali i
contenuti –– immagini, dati, fatti, testi, animazioni –– sono mostrate ad un pubblico di
spettatori\uditori.
Proiettore e schermo per visualizzare presentazioni multimediali, Fonte Flickr
Questo tipo di soluzioni tecnologiche sono pensate per condividere la
visualizzazione dei contenuti, ma non consentono nessuna trasformazione della
presentazione multimediale.
3
La proiezione interattiva
La lavagna digitale è interattiva.
I contenuti proiettati sulla LIM ““funzionano”” esattamente come sul computer: le
icone dei programmi presenti sul pc possono essere cliccate, i file selezionati e
trascinati, aperti, modificati, collegati, salvati e cancellati.
L’’interazione sulla lavagna
Le interazioni che abitualmente sono eseguite con dispositivi di input come la
tastiera e il mouse possono essere realizzate direttamente sulla superficie interattiva.
L’’operazione eseguita dall’’utente ““avviene”” simultaneamente sulla LIM e sul computer
ad essa collegato.
4
Gli strumenti per interagire
Esistono modalità diverse di interazione con la superficie interattiva della LIM ed
esse dipendono dalle tecnologie adottate dai diversi produttori di lavagne.
Tipicamente, l’’interazione sulla superficie della LIM è gestita da dispositivi che
assomigliano a penne e pennarelli. Questi oggetti funzionano come strumenti per la
scrittura e per il disegno ed in alcuni casi sono dispositivi di puntamento che
controllano il comportamento del puntatore sulla superficie interattiva.
Alcune lavagne utilizzano una tecnologia sensibile con al tocco (touchscreen).
Sulle LIM touch screen il dito svolge le stesse funzioni che sono proprie del
mouse nel personal computer. Con questa tipologia di lavagne digitali è possibile
disegnare, scrivere e interagire con contenuti e software operando sulla superficie
della LIM con le dita della mano.
Utilizzo del dito come dispostivo di interazione. Fonte Flickr
5
““L’’inchiostro digitale””
A queste interazioni si aggiungono le attività tipiche che studenti e insegnanti
da sempre realizzano sulla lavagna di ardesia: la scrittura e il disegno.
La scrittura sulla LIM
Sulla LIM questi gesti consueti della scrittura e del disegno sono codificati in
forma di ““inchiostro digitale””: diversamente dalla scrittura con il gesso, cancellabile,
ogni annotazione o tratto sulla lavagna multimediale interattiva può essere salvato,
modificato, archiviato e richiamato come avviene per i documenti in formato
informatico.
6
2)
Il sistema LIM-computer-proiettore
Il collegamento tra gli elementi
Per funzionare, la LIM deve essere collegata ad un proiettore ed un computer.
Il collegamento tra proiettore, computer e lavagna
7
Il collegamento tra pc e proiettore
Il collegamento tra computer e proiettore
Il collegamento tra il computer e il proiettore consente di visualizzare sulla
lavagna i contenuti presenti sul desktop del computer stesso.
8
Il collegamento tra lavagna e computer
Il collegamento tra la lavagna e il computer crea un canale di passaggio dati
che permette di trasferire l’’interazione sulla superficie della LIM allo schermo del
computer.
Il collegamento tra il computer e la superficie interattiva
Questo passaggio è reso possibile da speciali software (driver) che istruiscono il
sistema operativo del computer a dialogare con la superficie interattiva.
schermata:
9
Il pc sul grande schermo
Se proiettore, pc e superficie interattiva sono correttamente collegati tra loro
qualunque operazione realizzata sulla LIM, come la visualizzazione di un’’immagine o
l’’utilizzo di un software, ““accade”” simultaneamente anche sul computer ad essa
collegato e viceversa.
La proiezione interattiva
Se i collegamenti tra lavagna, computer e proiettore sono attivi è dunque
possibile utilizzare sul grande schermo tutto i documenti, i files e i software che sono
presenti o possono essere memorizzati sul computer.
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I dispositivi di puntamento
Quando si interagisce direttamente sulla lavagna, la penna o il dito o gli altri
strumenti che utilizziamo funzionano come dispositivi di puntamento, individuando un
punto specifico sull’’immagine proiettata sulla superficie. In corrispondenza di questo
punto compaiono il cursore o il puntatore, ossia la freccia che tipicamente è associata
ai movimenti del mouse in un normale computer.
Sulla LIM è possibile utilizzando diversi dispositivi di interazione
(penna speciali , dito, etc)
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L’’operazione di allineamento
Tipicamente, per ottenere una corrispondenza tra computer e pc, è necessario
eseguire una procedura di allineamento tra i due schermi. Grazie a questa procedura il
puntatore che, nel computer, indica il punto dello schermo sul quale l’’utente sta
operando, è controllato, sulla superficie interattiva, dal dispositivo di puntamento: il
dito, come nel caso dell’’immagine a destra, o la penna.
Didascalia: il puntatore (freccia) è allineato al dispositivo con il quale l’’utente
interagisce
12
Quando l’’allineamento è corretto, è possibile selezionare direttamente sulla
superficie della LIM l’’oggetto che interessa, ad esempio un’’icona, un pulsante o una
cartella.
Se la proiezione non è allineata, la freccia che indica la posizione del mouse è
visualizzata a distanza dal punto di azione del dito o della penna.
Il puntatore e il dispositivo non sono correttamente allineati
13
schermata:
3)
Le principali tecnologie
Le tecnologie più diffuse
I produttori di lavagne interattive multimediali hanno adottato tecnologie
diverse per sviluppare l’’interattività dello strumento. Le tecnologie più diffuse sono la
resistiva, l’’elettromagnetica e la tecnologia ad infrarossi.
14
La tecnologia resistiva
Le LIM realizzate con tecnologia resistiva sono superfici sensibili alla pressione
esercitata da un dispositivo: il dito, una penna o un oggetto qualsiasi.
Una lavagna a tecnologia resistiva
I sensori presenti sulla superficie della LIM traducono la pressione esercitata dal
dispositivo di puntamento in un segnale che viene interpretato dal computer collegato
come input.
15
La tecnologia elettromagnetica
Nelle LIM a tecnologia elettromagnetica, invece, l’’interazione è possibile grazie
al contatto tra una speciale penna (stilo) e una rete di fili elettrici posti sotto la
superficie della lavagna.
Una LIM sviluppata con tecnologia elettromagnetica. Fonte
goldiefeldmanacademy.com
Per questa tipologia di LIM, dalla superficie rigida, la penna può essere un
strumento attivo, alimentato a batteria, o passivo in grado di alterare il segnale
elettrico prodotto dalla lavagna.
Tecnologia a infrarossi
In questo tipo di LIM l’’interazione avviene attraverso l’’interruzione di onde ad
infrarosso.
Questo tipo di tecnologia può essere utilizzato sia con il dito che con uno stilo
passivo.
16
Dimensioni e formati della LIM
Le lavagne interattive multimediali possono differenziarsi, oltre che per la
tecnologia di sviluppo, anche per le dimensioni.
La misura delle LIM
disponibili sul mercato può
variare 48 ai 110 pollici,
grandezze che
corrispondono tipicamente
alla diagonale della
superficie attiva, ossia dello
spazio utile per creare una
proiezione interattiva del
computer collegato alla LIM.
La dimensione della LIM è comunemente indicata con la misura della diagonale
della superficie attiva espressa in pollici
La superficie della LIM è generalmente in formato 4:3, proporzione che indica il
rapporto tra la base e l’’altezza più comune degli schermi per il computer o dei
televisori.
17
Alcuni produttori hanno recentemente immesso sul mercato anche lavagne dal
formato ““cinematografico”” (16:9), che consento uno spazio di visualizzazione e
interazione più ampio.
I diversi formati della LIM
18
4)
Proiezione frontale, integrata e retroproiezione
La proiezione frontale
Le lavagne interattive multimediali possono essere a proiezione frontale,
integrata o a retroproiezione.
Nelle LIM a proiezione frontale il proiettore è posizionato davanti alla lavagna ad
una distanza adeguata per ottenere un’’immagine di dimensioni e proporzioni
corrispondenti superficie interattiva.
La LIM a proiezione frontale si serve di un proiettore che può essere posizionato
su uno stativo……
Con questa tipologia di lavagna digitale, attualmente tra le più diffuse, è
importante scegliere il corretto posizionamento del proiettore rispetto alla LIM e nello
spazio dell’’aula scolastica. Una soluzione praticata in molte classi è quella di disporre
il proiettore su uno stativo che consenta di regolare l’’altezza da terra e la distanza
dalla LIM. In questa configurazione, tuttavia, il proiettore può subire degli spostamenti
involontari, causati dal movimento dell’’insegnante e degli studenti nella classe: questo
inconveniente rende necessario il riallineamento frequente della LIM.
Nell’’utilizzo della LIM a proiezione frontale, inoltre, il fascio luminoso emanato
del proiettore può essere causa di fastidiose ombre prodotte dalla mano o dal corpo
dell’’utente che opera sulla superficie interattiva. Questo effetto può essere
minimizzato creando un’’istallazione a soffitto del proiettore.
19
o fissato sul soffitto
La LIM a proiezione integrata
Per ovviare ad alcuni problemi tipici del collegamento tra proiettore, pc e
superficie interattiva, alcuni modelli di LIM adottano un sistema di proiezione
integrato. Il sistema consiste di un ““braccio”” montato sul lato superiore della LIM nel
quale è installato un proiettore con tecnologia grandangolare, adatto ricreare
proiezioni di grandi dimensioni a distanza ravvicinata.
Una LIM a con proiettore integrato Fonte Flickr Daviddmuir
20
Le LIM a retroproiezione
Nelle LIM a retroproiezione il sistema di proiezione è incorporato nel ““corpo””
della LIM e posizionato dietro alla superficie interattiva.
Questo modello di Lavagna Interattiva Multimediale elimina il problema
dell’’ombra proiettata dal corpo e dalla mano dell’’utente sulla superficie e non facilita
l’’allestimento del setting tecnologico nell’’aula scolastica. La retroproiezione è, tuttavia,
una tecnologia che presenta costi più elevati rispetto alle proiezione frontale e
integrata.
21
5)
Gli strumenti software
I diversi modelli di lavagna offrono di base delle soluzioni software che sono
simili per i diversi produttori. L’’offerta è composta da una serie di strumenti che
potenziano la presentazione, software autore per la strutturazione di lezioni, strumenti
di cattura delle immagini, di registrazione delle operazioni che avvengono sullo
schermo (con cattura dell’’audio via microfono) e software video lettori che gestiscono
le funzioni di scrittura della lavagna (gestiscono, cioè, sul video ““l’’inchiostro digitale””
che viene tracciato).
Gli strumenti che potenziano la presentazione sono di varia natura e variano da
produttore a produttore, nel numero e nel funzionamento. La caratteristica che
accomuna questi strumenti è di essere di per sé semplici, e di funzionare ““sopra””
qualsiasi altro software si sta utilizzando nel computer della lavagna.
I due più diffusi sono il faretto e la tendina.
Il primo simula l’’effetto di luce concentrata di un faro e oscurare tutto lo
schermo, tranne una piccola area. Questo effetto è ovviamente modificabile e
adattabile e serve focalizzare l’’attenzione di chi guarda nell’’area ““illuminata””.
La tendina serve a scoprire lo schermo (lungo la direttrice verticale od
orizzontale). Può servire a non svelare progressivamente l’’informazione presente sullo
schermo.
Lo strumento tendina
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Lo strumento faretto
I software autore sono strumenti per creazione di schermate multimediali che
possono essere realizzate prima o durante la lezione. Tipicamente, i produttori di LIM
distribuiscono questi applicativi –– come, ad esempio, Smart NoteBook, Interwrite
Workspace –– insieme alla lavagna. Pur differenziandosi in funzione della tecnologia e
della licenza d’’uso, questi applicativi hanno la funzione di creare strutture lineari di
pagine entro le quali sono massimizzate le funzioni di scrittura e presentazione della
lavagna, sia con le immagini che con i testi. Attraverso i software autore, i produttori
cercano di fare in modo che sia possibile preparare una lezione strutturata da
presentare alla lavagna (con la creazione di un file con un formato proprietario) e
massimizzare le possibilità di interazione e manipolazione su materiali non
propriamente chiusi e completi come una presentazione.
Altra caratteristica che tali software hanno è quella di poter fare collegamenti
sia ad Internet sia ad altri file, sia alle pagine di cui sono composti permettendo così di
creare strutture ipertestuali.
Tutti i produttori hanno considerato utile dare la possibilità di salvare lo
schermo, o singole porzioni di esso, come immagini. Tale operazione è
particolarmente utile nel momento in cui si vogliono salvare passaggi importanti di
lezioni. In questo modo i produttori danno la possibilità di arricchire la propria
presentazione con immagini di situazioni che avvengono sullo schermo
La possibilità di registrare (e per tanto di creare un video) di quanto sta
avvenendo sulla superficie della lavagna è una delle altre opzioni che tutti i produttori
hanno inserito come possibile: avviando la procedura di registrazione tutto quello che
avviene sullo schermo viene registrato. Nel caso in cui si possieda un microfono
ambientale collegato al computer, viene registrato anche tale audio. In questo modo è
possibile avere il filmato di quanto viene fatto alla lavagna con l’’eventuale commento
audio. Questo permette la creazione di clip della lezione.
Utilizzando i video lettori forniti dai produttori delle lavagne digitali è possibile
intervenire scrivendo durante la proiezione di video alla lavagna. In questo modo si
possono mettere in evidenza durante la proiezione degli elementi importanti delle
singole scene. Siccome tali commenti grafici non rimangono nel video, utilizzando la
23
possibilità di fotografare le schermate, si può salvare il singolo fermo immagine con i
commenti grafici, così da poterlo utilizzare come negli appunti della lezione.
La scrittura digitale, inoltre, si avvale di altri due potenziamenti software ormai
comuni a tutti i produttori, ovvero l’’OCR (Optical Character Recognition
http://it.wikipedia.org/wiki/Optical_Character_Recognition) e lo sketch recognition.
Il primo serve a fare in modo che quello che viene scritto come testo alfabetico
venga riconosciuto ed inserito nel software che sto utilizzando come testo. In genere,
nonostante i progressi che tali software fanno (specialmente in relazione allo sviluppo
dei palmare, dove tali software riescono ad ““imparare”” la calligrafia dell’’utente che
scrive di solito) il riconoscimento può non essere particolarmente efficace.
Per sketch recognition si intende la possibilità che computer riesca ad
approssimare una figura geometrica disegnata rendendola regolare. Tale software è
abbastanza efficace, e piuttosto utile per applicazioni di geometria. Anche in questo
caso è corretto avvicinarsi a questa funzione con le giuste pretese: se ad esempio si
vuole disegnare un triangolo rettangolo si riuscirà, ma se si vogliono fare delle figure
precise al centimetro, meglio utilizzare altri strumenti da disegno che, ad ogni modo,
ogni produttore di lavagne offre.
24
Sitografia
Wikipedia: Lavagna Interattiva Multimediale,
<http://it.wikipedia.org/wiki/Lavagna_Interattiva_Multimediale>
L’’enciclopedia libera Wikipedia dedica una breve voce in italiano alle lavagne
interattive multimediali. Per una trattazione più approfondita si rimanda alla voce in
lingua inglese: *Interactive Whiteboard*
<http://en.wikipedia.org/wiki/Interactive_whiteboard>
I principali produttori di lavagne interattive multimediali
Hitachi
http://www.hitachisoft.de/fr/test/Hitachi_FX-Duo.html
Interwrite learning
http://www.interwritelearning.com/
Mimio <www.mimio.com>
Numonics,
http://www.numonics.com/interactivewhiteboardindex.html
Polivision
<www.polyvision.com>
Promethean < http://www.prometheanworld.com/uk/>
Sahara <www.sahara-products.com>
Smart Technologies< http://www2.smarttech.com>
Teamboard < http://www.teamboard.com/ >
25
Puntoedu Neoassunti 2011/2012
02/06/12 11.04
Benvenuto GIOVANNI NICCO
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Posso cancellare? Riflessioni sull’uso della lavagna digitale
P. Vayola
Crediti: 2
SALVA NEL MIO PERCORSO
Nel mio immaginario la lavagna rimanda a due riferimenti che si collocano in fasi molto diverse della
mia vita ma entrambi legati alla frase: “Posso cancellare la lavagna?”. Il primo risale agli anni lontani in
cui ero studente e si faceva a gara, in classe, per avere l’onore di aiutare la maestra cancellando la
lavagna, appunto, perché lei avesse nuovo spazio per scrivere le sue spiegazioni. A ripensarci ora non
mi sembra un incarico così significativo eppure era uno dei pochi spiragli di partecipazione attiva, di
movimento e di interazione che erano dati a un ragazzino delle elementari dell’epoca.
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Agenzia Scuola © 2012
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Posso cancellare?
Riflessioni sull’’uso della lavagna digitale
di Patrizia Vayola
Introduzione
Nel mio immaginario la lavagna rimanda a due riferimenti che si collocano in fasi
molto diverse della mia vita ma entrambi legati alla frase: ““Posso cancellare la
lavagna?””.
Il primo risale agli anni lontani in cui ero studente e si faceva a gara, in classe, per
avere l’’onore di aiutare la maestra cancellando la lavagna, appunto, perché lei avesse
nuovo spazio per scrivere le sue spiegazioni. A ripensarci ora non mi sembra un
incarico così significativo eppure era uno dei pochi spiragli di partecipazione attiva, di
movimento e di interazione che erano dati a un ragazzino delle elementari dell’’epoca.
Il secondo è esperienza quotidiana e recente: finito lo spazio, mi giro verso la classe e
pongo la fatidica domanda ricevendo in risposta una serie di ““Noo””, ““Aspetti””, ““Ancora
un attimo”” e me ne resto lì, cancellino alla mano, fino ad aver avuto il consenso
collettivo all’’operazione.
(blackboard.jpg)
Tra i due ricordi intercorrono quasi quaranta anni che, se sembrano essere scivolati
sulla scuola senza lasciare traccia, tuttavia hanno modificato profondamente almeno il
modo di essere e di conoscere dei nostri studenti, tanto che le indicazioni per la scuola
dell’’infanzia e per il primo ciclo di istruzione1 (settembre 2007), prendendo
evidentemente atto di queste trasformazioni, recitano:
““Nella crescita delle capacità espressive giocano un ruolo importante le nuove
tecnologie, il cui sviluppo rappresenta uno dei caratteri originali della società
dell’’informazione. Esse forniscono nuovi linguaggi multimediali per l’’espressione, la
costruzione e la rappresentazione delle conoscenze, sui quali è necessario che lo
studente maturi competenze specifiche””.
E se anche la legislazione scolastica, di solito in ritardo nel registrare i cambiamenti,
sente l’’esigenza di sollecitare i docenti all’’utilizzo delle ITC, vuole proprio dire non si
può non tener conto dei mutamenti intercorsi in questi anni in relazione sia alle
modalità di produzione e diffusione delle conoscenze sia agli approcci cognitivi dei
nostri studenti.
1. Evoluzione delle nuove tecnologie
Proviamo innanzitutto a profilare brevemente le tappe dell’’evoluzione tecnologica
a partire dalla periodizzazione proposta da Antonio Calvani e illustrata dall’’immagine
seguente2.
1
Cfr. INDICAZIONI PER IL CURRICOLO, per la scuola dell’’infanzia e per il primo ciclo
d’’istruzione, pag. 49 all’’indirizzo
http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir_310707.pdf
2
L’’immagine è tratta dalle slide dell’’’’intervento Le tecnologie dell'informazione e
dell'educazione: cosa possono (e non possono) dare alla scuola attuale e futura di Antonio
Calvani. Università di Firenze, LTE (Acireale 2005), consultabile all’’indirizzo
http://www.bibliolab.it/tecnologie_educative_scuola_file/frame.htm . Una trattazione più
esaustiva della periodizzazione può essere letta nel testo Calvani A., Rotta M., Comunicazione
e apprendimento in Internet, Erickson, Trento 1999 pagg. 27-28
(evoluzione.gif)
L’’evoluzione delle TIC parte dagli anni ’’70, dedicati prevalentemente della ricerca
informatica dalla quale, tra il 1977 (Apple) e il 1985 (IMB), nascono i primi personal
computer. Si tratta però ancora di modelli assolutamente arcaici oltre che
costosissimi. Per tutti gli anni ’’80, di fatto, il pc rimane uno strumento difficile da
usare se non si conosce il linguaggio di programmazione e sarà solo intorno al 1990
che diventerà abbordabile sia in termini economici sia per la progressiva
semplificazione all’’uso consentita dalla nascita di interfacce grafiche (windows 3.1 è
del 1992), anche se gli hard disk sono ancora molto piccoli (intorno ai 100 mega) e la
grafica essenziale. Ma proprio a colmare questi limiti si applicherà la ricerca degli anni
‘‘90, che consentirà, in pochissimo tempo, uno sviluppo tecnologico tale da portare
all’’utilizzo di computer multimediali in grado di gestire immagini e suoni di buona
qualità.
E’’ questo il periodo in cui prepotentemente si affermano gli ipertesti e si comincia a
ragionare sulle potenzialità cognitive di questa modalità di diffusione delle conoscenze.
In quello stesso decennio si assisterà anche alla progressiva espansione di internet da
ristretto circuito culturale legato alle università a fenomeno di massa grazie alla
nascita, nel 1990, del World Wide Web e del linguaggio htm. Si sviluppa anche molto
la comunicazione interpersonale, attraverso la posta elettronica, ma solo dalla
affermazione di sistemi CMS, alle soglie del 2000, nascerà la possibilità di
implementare collettivamente piattaforme pensate per la comunicazione a distanza,
aprendo il capitolo della formazione on line, perfezionata poi con la predisposizione
degli LMS cioè di software complessi e multifunzionali che consentono di progettare e
realizzare corsi di formazione a distanza.
Insomma l’’ultimo ventennio ha conosciuto una espansione senza pari di tecnologie in
grado di cambiare radicalmente le modalità di elaborazione e di diffusione delle
informazioni e della comunicazione tra le persone.
2. Il web 2.0
Questa disanima non è tuttavia completa perché non contempla una serie di nuovi
fenomeni, recentissimi, che si avviano a modificare ulteriormente il rapporto tra utenti
e internet e che vanno sotto il nome di web 2.0.
Vediamo di focalizzare i più importanti:
- la diffusione capillare delle connessioni a banda larga che facilitano la gestione
di file anche di grandi dimensioni, come i file audio e video (si pensi a fenomeni
come Youtube3 o al podcasting);
- la connettività diffusa e delocalizzata grazie all’’uso di cellulare o di rete mobile;
- lo sviluppo del software necessario per la costruzione e la gestione di wiki (da
cui il fenomeno mondiale di Wikipedia4) e blog5 (le occorrenze per la parola
BLOG su Google sono 1.760.000.000 tanto che il motore di ricerca ha creato
una sezione dedicata alla ricerca di blog6);
3
http://it.youtube.com/
http://www.wikipedia.org/
5
Per i colleghi italiani segnalo i siti Edublog http://edublog.altervista.org/ e Blog didattici
http://blogdidattici.splinder.com/ che consentono di avere un panorama dell’’utilizzo didattico
di questo strumento
6
http://blogsearch.google.it/
4
-
-
la nascita di strumenti che permettono facilmente la comunicazione e la
condivisione di file a distanza (come Google Docs7 o EMule8);
il fiorire di nuovi software per la comunicazione sincrona vocale e visiva (come
Skype9)
l’’affermazione di diverse modalità di selezione condivisa (folksonomy10) delle
informazioni mediante RSS11 o strumenti di Social Tagging come del.icio.us12;
la diffusione in rete di ambienti virtuali interattivi e relazionali come Second
Life13 che rappresenta ormai un vero e proprio mondo virtuale con più di 9
milioni di ““residenti””14 che organizzano negozi e feste, ma anche gruppi di
discussione e di approfondimento culturale oltre che di impegno civile e politico.
la presenza di giochi di ruolo da giocare nel web che raccolgono attorno a sé
moltissimi utenti15
(slife.gif)
7
http://documents.google.com/support/spreadsheets/
http://www.emule-project.net/
9
http://www.skype.com/intl/it/helloagain.html
10
Per una definizione del termine cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Folksonomia
11
Per una definizione del termine cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Really_simple_syndication
12
http://del.icio.us/
13
http://secondlife.com/
14
All’’indirizzo http://www.secondlife.com/whatis/economy_stats.php sono fornite le statistiche
delle iscrizioni e degli accessi che consentono di avere un quadro dell’’entità del fenomeno.
15
Per una prima informazione argomento si confronti la voce MUD di wikipedia all’’indirizzo
http://it.wikipedia.org/wiki/Multi_user_dungeon
8
Grazie a questi fenomeni il web si è trasformato da puro deposito di contenuti a
strumento per la produzione, il recupero e, soprattutto, la condivisione di risorse che
sono sempre più multimediali e interattive, erodendo il confine tra produttori e fruitori
di cultura e inverando la previsione di Levy che invitava a pensare al web come a
un’’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo
reale, che porta ad una effettiva mobilitazione delle competenze16.
Ed in effetti si sono fortemente allargate anche le diverse tipologie di comunità
virtuale che, sebbene siano un fenomeno vecchio, che risale agli anni ’’90, negli ultimi
anni hanno visto una crescita esponenziale proprio grazie alle nuove opportunità
comunicative, aggregando persone che spesso non hanno alcuna relazione nella vita
reale per seguire interessi, approfondire temi o problemi connessi alla professione o
agli studi, portare avanti idee o semplicemente per giocare insieme.
E’’ evidente che un contesto come quello presentato non può non interagire con le
modalità di conoscenza e di comunicazione delle giovani generazioni.
3. I digital native
Secondo il Rapporto annuale 200617 del Censis, il 37% degli italiani utilizza Internet
almeno una volta alla settimana, il che fa supporre che abbia a disposizione, a casa o
sul luogo di lavoro, un computer. Questo dato è interessante per attestare il grado di
penetrazione delle tecnologie informatiche in Italia: più di un italiano su tre usa
regolarmente il pc ed ha quindi maturato competenze al riguardo.
Se però confrontiamo tali risultanze con quelle offerte dalla ricerca Teenagers 200618
realizzata dalla Doxa, scopriamo che l’’81% dei ragazzi dai 14 ai 18 anni utilizza
quotidianamente il computer a casa e/o a scuola.
Quindi, anche senza considerare quanto questo secondo dato abbassi
percentualmente la soglia del primo, lo scarto tra 37 su 100 e 81 su 100 ci fa riflettere
su quanto forte sia la differenza tra l’’uso adulto e quello giovanile delle nuove
tecnologie.
Bisogna inoltre considerare che da una ulteriore ricerca risulta che il 51% degli
studenti utilizza congiuntamente il web e i libri per i compiti a casa e il 17% trascorre
in rete più della metà del tempo dedicato all’’apprendimento (percentuale che sale al
31% all’’Università e al 36% tra gli studenti lavoratori19).
Non ripensare all’’insegnamento aprendolo alle potenzialità offerte dai nuovi strumenti
informatici significa perciò allontanare ancora di più la scuola dall’’universo
esperenziale degli studenti che ormai, data la fascia d’’età che siede sui nostri banchi,
sono a tutti gli effetti nativi digitali20 e considerano il computer parte integrante della
loro esperienza di vita.
16
P. Levy, L’’intelligenza collettiva. Per un’’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996,
pag. 34
17
Cfr. http://www.censis.it
18
Cfr. http://www.doxa.it/idee/docs/Somedia_Teenager2007.pdf
19
Studiare con il pc: un indagine AIE docenti, ricerca commissionata dall’’Associazione Italiana
Editori, Bologna 2006
20
Per un primo approccio al concetto di digital native si guardi il breve video proposto nel
corso dei lavori del Convegno Internazionale New millennium learner, organizzato da Indire, a
Firenze, il 5-7 marzo 2006, http://www.indire.it/convegno/nml/_file/ (ciccare sul video della
1^ Sessione); sempre su questo tema si confrontino anche Digital Natives, Digital Immigrants
di Marc Prensky all’’indirizzo http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf e Do They Really Think
Differently? dello stesso autore all’’indirizzo
Dunque il digital divide non è solo quello che separa i paesi industrializzati dagli altri
ma anche quello che taglia trasversalmente il ““mondo occidentale”” segnando un ben
marcato confine tra generazioni.
Agli adulti che, se non specificamente formati, si accostano al computer con molti
timori e altrettante riserve, si contrappongono perciò i cosiddetti digital natives cioè
quella fascia d’’età che è nata già nell’’era digitale e che quindi ha imparato
contemporaneamente a leggere, a scrivere e a usare il pc.
(wifi.gif)
Questo ovviamente non vuol dire che la cultura del libro e dell’’approccio alla
conoscenza che esso propone siano superate o superflue: indubbiamente il pensiero
logico-deduttivo si consolida proprio attraverso questo strumento. Il problema però è
che il libro non può più essere il punto di partenza ma semmai il punto di arrivo del
processo di formazione culturale dei nostri studenti.
Ragazzi che vivono l’’esperienza di videogiochi in 3D, che navigano in internet con
disinvoltura, che frequentano mondi virtuali come Second Life, che producono e si
scambiano filmati in Youtube, che gestiscono con competenza il proprio weblog
devono poter trovare spazio anche in ambito scolastico per sistematizzare il tipo di
conoscenze e di competenze che acquisiscono in questo modo e, ancora di più,
devono essere guidati a scoprire le eventuali misconoscenze o le semplificazioni che
questo tipo di approccio non sistematico alla cultura può produrre21.
La scuola, come sappiamo, è sempre meno il luogo che fornisce conoscenze inedite
mentre invece resta quello in cui si verifica e si riconduce a sistema l’’enorme massa di
frammenti di sapere che già i media ci forniscono.
http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part2.pdf
21
Sugli effetti cognitivi dell’’utilizzo delle nuove tecnologie si confronti il saggio di Henry Jenkins
Confronting the Challenges of Participatory Culture: Media Education for the 21st Century
all’’indirizzo http://www.digitallearning.macfound.org/atf/cf/%7B7E45C7E0-A3E0-4B89-AC9CE807E1B0AE4E%7D/JENKINS_WHITE_PAPER.PDF ; sempre dello stesso autore può essere
utile la sintesi delle sue tesi contenuta nel blog curato dallo studioso all’’indirizzo
http://www.henryjenkins.org/2006/11/eight_traits_of_the_new_media.html ; sempre sullo
stesso argomento è possibile anche consultare la prefazione al libro di Jenkins Cultura
convergente, Apogeo, Milano 2007 all’’indirizzo
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/culturaconvergente.htm
Proprio la comparsa di tutti gli strumenti che abbiamo elencato sopra sta infatti
portando ad un complessivo ripensamento della didattica a partire dalla constatazione
che la formazione istituzionale, offerta dalla scuola o dalla stessa università, ormai
rappresenta solo una delle molteplici occasioni di per imparare e, tutto sommato,
anche una delle meno gradite ed efficaci.
L’’apprendimento non formale, stimolato da bisogni culturali o lavorativi, e
l’’apprendimento informale (cioè esperenziale e originato dalle mille occasioni di
confronto e di scambio che quotidianamente si realizzano) appaiono molto più
stimolanti e risultano spesso anche più efficaci e duraturi.
Insomma la formazione istituzionale è sentita come sempre più divergente e
costrittiva rispetto alle possibilità di conoscenza offerte dalle altre molteplici agenzie
formative messe a disposizione dal territorio o dai media o dal web; non solo, secondo
Marcia Conner22, tanto per citare uno degli studiosi che si stanno occupando del
fenomeno, è anche quella che ottiene risultati inferiori in termini di apprendimento.
(informal.gif e informal1.png)
Le nuove modalità di approccio alla conoscenza, infatti, non possono non avere influssi
anche sugli stili cognitivi: i digital natives fanno perciò parte, come afferma Vim Veen
di una nuova ““specie””, l’’Homo Zappiens23 il quale ricerca e impara secondo modalità
nuove forgiate, appunto, dall’’uso dei nuovi media.
4. La scuola e le TIC
Chiedersi se ciò sia un bene o un male vuol dire ormai porsi una domanda oziosa,
visto che ci si confronta con un dato di fatto; è invece necessario capire che la
diversità di approccio cognitivo che l’’utilizzo dei nuovi media comporta non deve
essere considerata solo artefice della diminuzione delle tradizionali abilità logiche,
come spesso si ripete, ma piuttosto essere interpretata anche come volano per la
comparsa e l’’affermazione di competenze e di modalità di conoscenza e di
22
Si confronti, in proposito, l’’intervento del 2005 di Marcia Conner, Informal learning
all’’indirizzo http://www.agelesslearner.com/intros/informal.html ; la suddivisione proposta è
stata ripresa anche da Giovanni Buonaiuti nel testo E-learning 2.0, Trento, Erickson 2006 pp.
50-52
23
Si vedano, a questo proposito, le slide dell’’intervento del prof. Wim Veen al Convegno
internazionale New millennium learner, organizzato da Indire, a Firenze, il 5-7 marzo 2006,
http://www.indire.it/convegno/nml/_file/0_daysbefore/VEEN.pps
rappresentazione della realtà diverse ma non meno ricche e complesse e anzi più
adatte per una società che comunica in modalità prevalentemente multimediali24.
Se questo è lo scenario, è altresì evidente che non è possibile coinvolgere questo
target di studenti nelle attività didattiche tradizionali secondo le metodologie
consuete, ma bisogna ripensare modalità e strumenti in modo da intercettare i nuovi
stili cognitivi.
Come sappiamo, la frontalità della lezione classica, di tipo simbolico-ricostruttivo25,
che distribuisce oralmente concetti complessi nella struttura e nei collegamenti non fa
più la necessaria presa e non produce apprendimento significativo. Di qui la necessità,
come ci insegnano le teorie costruttiviste, di centrare l’’attenzione sullo studente,
strutturando occasioni ed esperienze che stimolino l’’apprendimento e aiutino ad
essere consapevoli del processo attraverso cui si costruisce la conoscenza e
24
Consiglio, a questo proposito la lettura del volume appena uscito di Steven Johnson ““Tutto
quello che fa male ti fa bene”” Milano, Mondadori 2007 che, al di là del taglio provocatorio,
propone una serie di interessanti riflessioni sulle nuove modalità di apprendimento. Se ne
propone, a titolo di esempio, un passaggio paradossale che però permette di leggere, per
antitesi, i luoghi comuni che solitamente accompagnano le lamentazioni sulle trasformazioni
cognitive degli studenti. Nel brano riportato si immaginano le reazioni, da parte dei docenti,
all’’introduzione del libro come strumento didattico in una scuola che ha fondato tutte le sue
strategie educative sull’’utilizzo delle ITC: ““Leggere libri sottostimola cronicamente i sensi. A
differenza della lunga tradizione dei videogiochi –– che assorbono il bambino in un mondo
vivido, tridimensionale, pieno di immagini in movimento e paesaggi sonori, che si esplora e si
controlla attraverso complessi movimenti muscolari –– i libri sono semplicemente un’’inutile
striscia di parole su una pagina. Durante la lettura viene attivata soltanto una piccola parte del
cervello dedicata all’’elaborazione del linguaggio scritto, mentre i videogiochi impegnano l’’intera
gamma delle cortecce sensoriali e motorie.
I libri inoltre portano tragicamente a isolarsi. Mentre i videogiochi da anni impegnano i giovani
in complesse relazioni sociali con i loro coetanei, che costruiscono ed esplorano mondi insieme,
i libri costringono il bambino a rinchiudersi in uno spazio silenzioso, lontano dall’’interazione con
altri bambini. Queste nuove ““biblioteche”” che sono sorte negli ultimi anni per facilitare le
attività di lettura sono spaventose alla vista: decine di ragazzini, normalmente vivaci e
socialmente interattivi, seduti soli in degli stanzini, a leggere in silenzio, incuranti dei propri
coetanei.
Molti bambini amano leggere libri, ovviamente, e di certo alcuni voli di fantasia trasmessi dalla
lettura hanno i loro meriti. Ma per una considerevole percentuale della popolazione, i libri sono
assolutamente discriminatori. La mania della lettura degli ultimi anni è una crudele derisione
per i 10 milioni di americani che soffrono di dislessia: una condizione che non esisteva
nemmeno in quanto tale prima che il testo stampato facesse la sua comparsa a stigmatizzare
chi ne è affetto.
Ma forse la caratteristica più pericolosa di questi libri è il fatto che seguono un percorso lineare
fisso. Non è possibile controllarne la narrazione in alcun modo: ci si siede semplicemente in
disparte e la storia viene imposta. Per chi di noi è cresciuto con la narrazione interattiva,
questa caratteristica può sembrare incredibile. Perché dovremmo imbarcarci in un’’avventura
totalmente preparata da un’’altra persona? Eppure la generazione di oggi lo fa milioni di volte al
giorno. Questo rischia di instillare una passività generale nei nostri figli, facendoli sentire
impotenti di cambiare gli eventi. Leggere non è un processo attivo, partecipatorio; è un
processo remissivo. I lettori di libri della generazione dei giovani stanno imparando a ““seguire
la trama”” invece di imparare a condurla.”” (pagg. 22-23)
25
Cfr. Francesco Antinucci, Simulazione e computer a scuola,
http://www.trovarsinrete.org/antinucci.htm
dell’’integrazione del nuovo sapere con quelli già posseduti che vanno quindi
risistemati o corretti.
Le ICT, così familiari agli ragazzi, diventano quindi strumento ideale per questo tipo di
didattica26 che non solo permette di agganciare le esperienze scolastiche a quelle
extrascolastiche ma anche consente alla scuola di svolgere la fondamentale e
insostituibile funzione di elevare a competenza le abilità che gli studenti hanno
nell’’uso delle nuove tecnologie delle quali spesso gli insegnanti sopravvalutano la
portata e la profondità.
5. La LIM
In questo quadro si inserisce l’’uso della Lavagna Multimediale Interattiva, strumento
nuovo ma che si sta rapidamente diffondendo nelle scuole italiane, anche grazie alla
formazione DiGi Scuola27 promossa lo scorso anno dall’’ex I.N.D.I.R.E. oggi A.S. in
collaborazione col Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero per le Riforme e
l’’Innovazione nella Pubblica Amministrazione28.
(grecia1.jpg)
26
Si confronti, a questo proposito il saggio di Antonio Calvani Quale ruolo possono giocare le
TIC sui processi di apprendimento? all’’indirizzo
http://cmapspublic.ihmc.us/servlet/SBReadResourceServlet?rid=1076404387390_878955072_
2204
27
Cfr. DiGiScuola , Lo scenario del progetto e i temi della formazione, di Elena Mosa
http://www.csacagliari.it/digiscuola/formazione_2/elena_mosa.ppt
28
Altre significative esperienze sono state portate avanti, nell’’ultimo biennio, anche dall’’USR
Lombardia (che dà conto dell’’esperienza nel sito all’’indirizzo
http://serverscuola.cefriel.it:8080/reti-scolastiche/LIM/ ) e dall’’USR Emilia Romagna che ha
organizzato sul tema un Convegno Nazionale nel maggio 2007 i cui atti sono disponibili
all’’indirizzo http://scuola8.scuole.bo.it/index.php
La lavagna bianca (interactive whiteboard, come è anche chiamata) è in pratica un
monitor di grandi dimensioni, collegato ad un computer e ad un videoproiettore,
che consente di visualizzare, su grande schermo, le applicazioni presenti sul pc
gestendo quindi, con semplicità, non solo file di testo ma anche immagini, suoni e
video digitali oltre che, ovviamente, la navigazione nel web. Il valore aggiunto
risiede nel fatto che alla LIM si accompagna un software specifico che rende la sua
superficie touch screen e che quindi consente di aprire file e programmi o di spostare
oggetti col semplice tocco delle dita. Esistono inoltre altre funzionalità che permettono
di registrare tutto il flusso delle azioni che si realizzano sulla lavagna, di
catturare schermate o fotogrammi e di rielaborarli, di evidenziare in vario
modo singoli elementi sui quali si vuole soffermare l’’attenzione, Allo stesso modo,
grazie a appositi ““gessetti digitali””, è possibile scrivere e cancellare come sulla
normale superficie d’’ardesia29. Inoltre tutto ciò che si è prodotto sulla lavagna nel
corso della lezione può essere salvato sia in vista della prosecuzione del lavoro in
ore successive sia per distribuire agli studenti i materiali realizzati.
Insomma con la LIM le tecnologie multimediali interattive fanno pieno ingresso in
classe.
6. I valori aggiunti
E’’ chiaro che l’’utilizzo della LIM ha senso quando essa offre valori aggiunti alla
normale didattica d’’aula.
Proviamo ad analizzarne i vantaggi rispetto alla didattica tradizionale.
6.1 documentazione e trasferibilità
Come si diceva, tutti i file predisposti per la LIM e manipolati o quelli creati
direttamente sulla sua superficie possono essere salvati sia come file statici, sia
come registrazioni video, o audio-video, del processo che si è realizzato nel corso
dell’’attività in classe30. Questa possibilità favorisce la documentazione didattica,
aspetto del lavoro degli insegnanti tanto importante quanto solitamente ignorato, ma
anche l’’utilizzo, in altro contesto o in anni successivi, del materiale già elaborato,
e facilita infine la condivisione dei propri prodotti con colleghi della stessa disciplina,
aumentando le possibilità di confronto e di collaborazione e riducendo
progressivamente il tempo di preparazione degli interventi didattici.
6.2 studio e metacognizione
La possibilità di distribuire agli studenti i file dell’’intera attività svolta in classe
facilita sia lo studio domestico sia la metacognizione perché permette di rivedere
con tranquillità tutti i passaggi delle attività realizzate a scuola. Questa sicurezza fa sì
che anche in classe i ragazzi prestino più attenzione al processo di costruzione dei
significati, all’’interazione con i compagni e con il docente e all’’integrazione
29
Per avere una presentazione generale sulle funzionalità della LIM si può consultare il video
all’’indirizzo http://www.indire.it/convegno/nml/_file/ (2^ Sessione); per avere un quadro delle
modalità di utilizzo si veda il filmato all’’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=DjdNPMZJbLs ; per vedere alcuni esempi d’’uso di vari tipi
di LIM si guardino i video ai seguenti indirizzi:
http://www.youtube.com/watch?v=zGxTCZ665vs ,
http://www.youtube.com/watch?v=6jOelYYjN_k ,
http://www.youtube.com/watch?v=4nYk8mJGQ4I
30
Vedi, a proposito di video, la registrazione di un frammento di lezione sulle parole chiave
della Costituzione italiana. SCARICA ALLEGATO (17 Mb)
consapevole di ciò che stanno imparando e sperimentando con le loro conoscenze
pregresse sul tema.
Il fatto di poter predisporre materiali organizzati per la lezione consente inoltre al
docente di proporre esercizi e di preparare, nel contempo, una pagina con le soluzioni
corrette, in modo da restituire un feedback immediato con ovvi vantaggi sul piano
della consapevolezza/correzione degli errori, facilitando, nel contempo, la verifica
formativa in itinere.
6.3 leggibilità e gestione del tempo
Il fatto di predisporre i materiali preventivamente consente anche un notevole
risparmio di tempo aumentando, reciprocamente, quello da dedicare alle vere e
proprie attività didattiche e offrendo sempre materiali ad alto grado di leggibilità e
di chiarezza magari divisi su più pagine da scorrere sullo schermo.
Il grado di fruibilità favorirà la chiarezza e consentirà di richiamare con facilità
passaggi che sulla lavagna tradizionale sarebbero già scomparsi per far posto ai
successivi.
6.4 uso di software e connettività
La lavagna multimediale interattiva, come si diceva, è prima di tutto un’’amplificazione
dello schermo del computer e quindi consente di utilizzare qualsiasi software installato
sul pc (da quelli per la scrittura digitale, a quelli per la costruzione di mappe
concettuali, a quelli per la gestione di test interattivi, a quelli specifici per le diverse
discipline soprattutto scientifiche) e anche di accedere ad internet potenziando così
in modo esponenziale la disponibilità di materiali da cui attingere per sviluppare le
proprie attività didattiche.
7. Le specificità della LIM
I vantaggi appena illustrati sono indubbiamente significativi ma non danno ancora
conto dei caratteri più innovativi della LIM i quali risiedono nella manipolabilità del
testo e degli oggetti presenti sullo schermo e nell’’ingresso a pieno titolo della
multimedialità nella didattica.
Proveremo di seguito ad illustrare questi due aspetti ricorrendo ad alcuni esempi tratti
dall’’esperienza del DiGi Scuola che ha permesso ad un migliaio di insegnanti, di varie
regioni del sud Italia, di cimentarsi nella produzione e nella sperimentazione di risorse
digitali da utilizzare con la lavagna interattiva.
7.1 La manipolabilità
E’’ soprattutto la possibilità di agire sui contenuti visualizzati: la manipolabilità, ciò che
segna una vera novità e un effettivo scarto rispetto anche ad altre modalità di utilizzo
didattico di risorse digitali quali possono realizzarsi con l’’uso di un video proiettore o la
condivisione di file in laboratorio informatico.
Vediamo quindi alcuni esempi di applicazione efficace di questa potenzialità della LIM
a partire dall’’analisi di Spesso il male di vivere ho incontrato, di Eugenio Montale,
finalizzata alla costruzione di un artefatto sinestetico.
L’’esame della poesia è stato svolto in classe in una lezione partecipata nella quale è
stato proposto il testo per una analisi collettiva, realizzata utilizzando le potenzialità di
trascinamento ed evidenziazione offerte dalla LIM.
(fig. 1 =montale1.gif)
La schermata qui riprodotta (fig. 1) è stata realizzata insieme agli studenti.
L’’insegnante ha copiato e incollato la poesia ed evidenziato l’’antitesi presente. Per
trascinamento ha poi isolato alcuni termini. Le scritte e l’’esagono in rosso sono invece
frutto dell’’analisi proposta e discussa dai ragazzi.
(fig. 2=montale2.gif)
La stessa procedura ha permesso di costruire la schermata successiva (fig. 2) nella
quale però sono stati utilizzati colori e penne digitali per rendere evidente, e quindi
maggiormente efficace, l’’esame del timbro.
(fig. 3 =montale3.gif)
(fig. 4 =montale4.gif)
(fig. 5 =montale5.gif)
Gli studenti hanno poi lavorato intorno alle parole chiave della poesia, utilizzando un
software per mappe concettuali31 e hanno discusso i risultati sulla LIM fino a realizzare
due rappresentazioni condivise (fig. 3 e 4) che sono state il punto d’’arrivo dell’’analisi
e il punto di partenza (fig. 5) per la progettazione e la costruzione di un artefatto
sinestetico32.
Anche solo dalle riproduzioni presentate risulta evidente come lo stesso lavoro
sarebbe stato impossibile, con la stessa efficacia e fruibilità, tanto con gli strumenti
tradizionali, quanto con altri tipi di tecnologie informatiche.
La stessa cosa può essere affermata per la risorsa digitale relativa all’’analisi del testo
di cronaca giornalistica (fig. 6) per la quale non solo si sono utilizzate le potenzialità di
manipolabilità del testo mediante trascinamento offerte dal software ma sì è potuto
preventivamente preparare una versione svolta dell’’esercizio da proporre agli studenti
in modo da rendere evidenti in modo immediato eventuali errori e incomprensioni (fig.
7) con significativi risultati sul piano dell’’apprendimento.
31
Il lavoro presentato è stato realizzato con Cmap, software ottimo per la realizzazione di
mappe concettuali realizzato da J. Novak e liberamente scaricabile dal sito dell’’Institute for
Humane and Machine Cognition all’’indirizzo http://cmap.ihmc.us/download/
32
Il lavoro complessivo e l’’artefatto prodotto, realizzati dalla prof. Vayola, sono fruibili
all’’indirizzo http://www.bibliolab.it/artefatto.htm
(fig. 6 =cronaca1.gif)
(fig. 7 =cronaca2.gif)
La possibilità di spostare box e relativi blocchi di testo è stato invece lo strumento
utilizzato per facilitare la comprensione del testo argomentativo e del testo narrativo
in altri due lavori33 (fig. 8 e 9) nei quali si chiedeva la ricostruzione corretta delle
sequenze del testo.
33
Il lavoro sul testo narrativo, realizzato dalle prof. L. RICCI, V. BOSCO, R. PICCINNI
dell’’IPSIA ARCHIMEDE di Taranto, è consultabile all'indirizzo
http://www.bibliolab.it/racconto_lim/racconto_index.htm
(fig. 8 =argomentativo.gif)
(fig. 9 narrativo.gif)
In questi due casi risulta particolarmente significativo l’’utilizzo della LIM perché gli
esercizi di logica proposti, e che hanno forti potenziali metacognitivi, sarebbero stati
impossibili da realizzare con gli strumenti tradizionali. Inoltre essi chiamano gli
studenti ad apprendere attraverso l’’esperienza diretta della
scomposizione/ricomposizione del testo attraverso la manipolazione, in modo cioè più
coerente con le modalità di interazione e di apprendimento per scoperta che
sperimentano fuori della scuola.
I lavori fin qui presentati34 dimostrano, quindi, l’’utilità della lavagna interattiva
multimediale sul piano cognitivo, oltre che per gli altri valori aggiunti già citati quali il
la rapidità e chiarezza della fruizione di testi digitali ingranditi, la possibilità di salvare
il lavoro sia per ulteriori utilizzi sia per la consultazione-ripasso degli studenti, la
facilità di integrare risorse e testi elaborati con diversi codici (immagini, musiche,
filmati ecc).
34
Altre risorse interessanti sono consultabili nel web. In particolare si segnalano: il lavoro San
Martino di Giosuè Carducci: un percorso poetico, a cura di Palmaida Russo dell'ITC PITAGORA
di Taranto, consultabile all'indirizzo http://www.bibliolab.it/russo_carducci/russo_index.htm
con la produzione di una interessante mappa per l’’analisi della poesia e il lavoro Un percorso
poetico: colori e emozioni, a cura di Giuseppina Aprea e Palma Bruno dell'ITAS Maria Pia di
Taranto, è consultabile all'indirizzo http://www.bibliolab.it/EMOZIONI_DEF/emozioni.html che
presenta diersi esercizi di analisi del testo poetico realizzati sfruttando le potenzialità della LIM
7.2 Multimedialità e integrazione tra linguaggi
Un secondo aspetto didatticamente significativo dell’’uso della LIM risiede proprio nella
possibilità di coniugare diverse risorse e differenti linguaggi, consentendo finalmente
alle immagini e ai suoni di ottenere piena cittadinanza nella didattica.
Grazie a questo strumento, il paradigma multimediale35 descritto da Raffaele
Simone entra nelle aule scolastiche e la parola scritta si integra con altri codici che la
potenziano sul piano semantico e consentono di costruire testi integrati con innegabili
vantaggi sua sul piano cognitivo che su quello espressivo.
E’’ questo il caso della figura successiva (fig. 10) che esemplifica le potenzialità
multimediali della lavagna per una lezione su Carosello, all’’interno di un percorso
didattico sul boom economico.
(fig. 10 carosello.gif)
Proponiamo ancora un altro esempio di integrazione (fig. 11): gli esiti di un esercizio
di selezione tematica di fonti, che è stato realizzato attraverso lo strumento CATTURA
35
Cfr. Raffaele Simone, La terza fase. Laterza, Bari, 2000; dello stesso autore è possibile
leggere on line il saggio Tre paradigmi di scrittura, all’’indirizzo
http://www.italianoscritto.com/interventi/testi/simone.htm
del software e che dimostra le potenzialità, per la realizzazione di operazioni cognitive
significative, della LIM.
(fig. 11 = primaguerra.gif)
8. Produrre per la LIM
Il fatto di avere a disposizione uno strumento duttile come la LIM comporta però
anche maggiori responsabilità nella costruzione del materiale da utilizzare nel corso
delle attività didattiche.
L’’utilizzo dei diversi linguaggi deve essere dosato e distribuito in modo da
potenziare le possibilità di comprensione, di interazione e di memorizzazione degli
studenti.
L’’obiettivo non è quello di stupire con effetti speciali ma quello di favorire
operazioni cognitive.
Secondo le ultime ricerche psicopedagogiche36, la multimedialità facilità la
comprensione e la memorizzazione a lungo termine, dal momento che attiva più canali
36
N.Mammarella C. Cornoldi F. Pazzaglia, Psicologia dell’’apprendimento multimediale, Il Mulino,
Bologna 2005; per una recensione del volume si confronti quella a cura di Camilla Lastrucci
all’’indirizzo
percettivi, ma le risorse devono essere impiegare in modo coerente evitando
ridondanze inutili (es. due immagini con lo stesso significato), sovraccarico
informativo (es. troppe informazioni nello stesso spazio) e elementi di disturbo
(es. immagini, colori, suoni o musiche in funzione puramente esornativa).
Gli insegnanti, quindi devono porsi problemi nuovi che riguardano la selezione, la
densità e l’’efficacia comunicativa e cognitiva delle risorse che impiegano.
Proviamo a fare qualche esempio37.
1.
(alessandro.gif)
Si tratta, nonostante l’’eccessiva densità del testo scritto, di una caso di piena
integrazione dei codici: si propone infatti di analizzare l’’immagine (un mosaico della
villa del Fauno di Pompei) e di dedurne una serie di informazioni sullo scontro tra
Alessandro Magno e Dario III.
http://www.indire.it/dd/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=504&tipo=recensione&an
alisi=contestuale
37
Le immagini seguenti sono tratte dai lavori contenuti nel repository del progetto DiGi Scuola
2.
(iliade.gif)
In questo caso la figura è puramente illustrativa, se non esornativa, e non aggiunge
informazioni significative all’’argomento di cui si sta parlando.
3.
(pascoli.gif)
La figura rappresenta un uso efficace della lavagna: ci si concentra su un problema
focalizzato con chiarezza e si propongono strumenti chiari e leggibili per discuterlo e
risolverlo.
4.
(baudelaire.gif)
In questo caso invece si è operato in modo assolutamente banalizzante: di fronte alla
complessità dei versi di Baudelaire le immagini a corredo risultano fuorvianti e
impoveriscono anziché arricchire i contenuti.
5.
(pronomi.gif)
Altro esempio di utilizzo efficace. Si chiede di utilizzare le funzioni di trascinamento del
testo per riconoscere, al di là dell’’omofonia, articoli e pronomi. I colori sono utilizzati
in funzione cognitiva lo spazio è bene distribuito. Rimane il dubbio sulla funzione
dell’’immagine dello scoiattolo, assolutamente superflua.
6.
(foscolo.gif)
In questo caso il numero e la ridondanza delle immagini crea dispersione e non ha
funzioni di effettivo rinforzo della comunicazione.
7.
(poesia.gif)
La figura propone un uso semplice ma utile delle potenzialità della lavagna: testo
chiaro e ad alto grado di leggibilità e colori utilizzati in funzione esplicativa.
8.
(mappa.gif)
E per finire un utilizzo errato di sfondo e colori che rende difficilmente leggibile il
testo.
9. La metodologia
La responsabilità maggiore del docente è comunque quella di utilizzare la LIM con una
metodologia adeguata a sfruttarne le potenzialità.
Il rischio fondamentale infatti, assimilando il nuovo strumento alla vecchia lavagna
d’’ardesia e alle metodologie trasmissive che ne connotano l’’uso, è quello di rafforzare
il protagonismo e a volte anche il narcisismo del docente che, già abituato alla lezione
frontale, vede nella lavagna soltanto una modalità per illustrare quello che già
verbalmente racconta e magari renderlo più accattivante con l’’utilizzo di vari orpelli
multimediali.
Un tale atteggiamento minaccia di bloccare l’’interesse dei insegnanti verso il ricorso a
strategie didattiche più innovative, stimolandoli invece a produrre lezioni ad alta
densità di orpelli multimediali senza modificare le metodologie; tanto più rafforzati in
queste convinzioni dal fatto che l’’effetto-novità provocato dall’’introduzione della LIM
nella classe in genere fa sembrare gli studenti più motivati all’’ascolto e
all’’apprendimento sebbene non sia affatto dimostrato che questo risultato possa
essere di lunga durata col permanere di un approccio didattico trasmissivo. Anzi
recenti studi sull’’utilizzo della LIM in Australia38 sembrano proprio indicare il fatto che
38
Cfr. S. Schuck, M. Kearney Exploring pedagogy with interactive whiteboards: A case study of
six schools 2005-2006, University of technology, Sydney, April 2007 alla pagina
http://www.ed-dev.uts.edu.au/teachered/research/iwbproject/pdfs/iwbreportweb.pdf
progressivamente l’’interesse degli studenti scema: un professore che parla, a parità di
modalità di fruizione, resta sempre meno coinvolgente di una qualsiasi spettacolo
televisivo.
Insomma, una lezione multimediale è probabilmente più efficace e completa di una
tradizionale, ma resta pur sempre nell’’ambito del discorso asimmetrico uno/molti che
relega gli studenti in un ruolo passivo.
La situazione è già diversa se sulla lavagna si predispongono materiali sui quali sia
possibile costruire la spiegazione interagendo, contemporaneamente, con gli studenti
nella cosiddetta lezione dialogata. Ma, anche in questo caso, come nell’’eventualità che
gli studenti, singolarmente o un gruppo alla volta, siano chiamati ad operare sulla
lavagna, il livello di partecipazione attiva rimane molto limitato.
Dunque i problemi didattici fondamentali posti dalla lavagna sono sia quello di
sfruttare pienamente le potenzialità comunicative dello strumento sia quello di
progettarne l’’uso nell’’ambito di una didattica realmente innovativa e centrata
sulle esperienze conoscitive degli studenti piuttosto che sulle dotte lezioni dei docenti.
Esemplifichiamo questi centrali aspetti attraverso tre immagini tratte dalle slide che
hanno accompagnato l’’intervento di Giovanni Buonaiuti39 nell’’ambito del Convegno
Lavagne Interattive Multimediali per la Didattica, tenutosi a Bologna il 16-17 maggio
2007.
(buonaiuti1.gif)
39
Giovanni Buonaiuti, IWB: Uno strumento innovativo per la didattica?; le slide utilizzate a
supporto dell’’intervento sono consultabili alla pagina
http://scuola8.scuole.bo.it/atti/bonaiuti_lavagne_bologna.pdf
(buonaiuti2.gif)
(buonaiuti3.gif)
L’’invito proposto dalle immagini è in primo luogo volto a stimolare la riflessione sugli
usi significativi della lavagna interattiva che, come sempre, sono fondati sul criterio
dell’’economicità: bisogna evitare di utilizzare una modalità complicata se ci si può
avvalere di una più semplice. La LIM, come le altre nuove tecnologie, va quindi
utilizzata quando consente di fare cose che sarebbero più difficili o impossibili
altrimenti.
In secondo luogo l’’intervento di Buonaiuti richiama all’’esigenza di progettare
interventi didattici che consentano agli studenti, anche grazie alle
potenzialità interattive della lavagna, di diventare protagonisti del loro
apprendimento. Le attività didattiche che prevedono l’’utilizzo della LIM dovrebbero
quindi essere progettate in modo da prevedere lavori da svolgere con e sulla lavagna
piuttosto che schermate statiche simili a slide dei programmi di presentazione.
Il setting
Perché sia possibile il livello di interazione appena sollecitato è però necessario
riflettere anche sul setting tecnologico dell’’aula.
Una lavagna, da sola, non basta: se si vuole lavorare organizzando attività che
coinvolgano tutta la classe e che superino la relazione uno/molti tipica della lezione
frontale, sia che a parlare sia l’’insegnante sia che sia uno studente, è necessario
fornire la classe anche di computer per elaborare i prodotti che poi mostreranno agli
altri sulla lavagna. D’’altra parte sarebbe una inutile ridondanza quella di inserire la
lavagna in un laboratorio informatico.
Bisogna quindi prevedere che la classe, nella logica del privilegiare lavori di
gruppo, magari organizzati secondo criteri collaborativi, abbia a disposizione anche
4-5 computer che possano interfacciarsi con la LIM.
Certo, sarebbe auspicabile che ogni aula potesse avvalersi di questa dotazione, ma
probabilmente questa è una spesa tuttora insostenibile dalla maggior parte delle
scuole.
Si può quindi pensare ad una serie di aule attrezzate nelle quali i docenti, a
rotazione, possano lavorare con le classi. Questo vincolo, probabilmente favorirebbe
anche una maggiore attenzione, da parte dei docenti, alla qualità e alla significatività
didattica del lavoro da proporre attraverso la LIM.
BIBLIOGRAFIA
Bonaiuti G. E-learning 2.0. il futuro dell’’apprendimento in rete tra formale e informale,
Erickson, Trento 2006
Calvani A., IPERSCUOLA –– Tecnologia e futuro dell’’educazione, Franco Muzzio Editore,
Padova 1994
Calvani A., Manuale di tecnologie dell'educazione, Edizioni ETS, Pisa 1995
Calvani A., Rotta M., Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, Trento
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