Mosaico 2 - Gianmaria Miciluzzo

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Mosaico 2 - Gianmaria Miciluzzo
Mosaico
Il mosaico è l'arte di applicare pietruzze o pezzetti di vetro su un letto di stucco per
decorare muri o pavimenti. Sviluppato soprattutto nell'antica Grecia, il mosaico fu un importante
mezzo d’espressione artistica nel mondo greco-romano, e giunse al culmine nell'arte e
nell'architettura paleocristiane e bizantine. Solidità, resistenza all'umidità, durata e colore
inalterabile, fecero del mosaico una forma pratica di decorazione architettonica nelle zone calde e
umide del bacino del Mediterraneo. Il processo di costruzione di un mosaico inizia con il taglio, a
forma di cubo, di pietra, di vetri colorati, o di foglia d'oro o d'argento racchiusi nel vetro. Questi
cubetti, detti tessere, hanno la dimensione media di 1 o 2 cm², ma lavori molto dettagliati e raffinati
possono richiedere tessere dieci volte più piccole. Per preparare la base per le tessere, l'artista stende
sulla superficie del muro tre sottili strati di stucco; sul secondo strato vengono segnate le linee
principali del disegno che serviranno da guida all'applicazione delle tessere nello stucco umido del
terzo strato. Le dimensioni, la forma, la varietà e l'intensità di colore delle tessere, come i modelli
d’inserzione, variano secondo l’epoca, del luogo e del monumento.
Le tecniche e i materiali
Nella loro forma classica i mosaici erano composti da piccoli ciottoli e più tardi da cubetti di
marmo, pietra, vetro o terracotta detti tessere. Per la fabbricazione delle tessere si riducevano sottili
blocchi di marmo o pietra colorata in strisce che a loro volta venivano suddivise in tasselli. Il vetro fuso, cui
era possibile conferire le colorazioni più svariate mediante l'aggiunta d’ossidi metallici, veniva invece
versato su una superficie piatta e lasciato raffreddare. Sulla lastra così ottenuta si praticavano apposite
tacche con uno strumento affilato e quindi si sminuzzava il materiale. Le tessere d'oro e d'argento si
ricavavano infine applicando fogli del prezioso metallo a lastre di vetro dalle tinte tenui. Il blocco veniva poi
ricoperto con una "fritta", in pratica un sottile strato di vetro in polvere, cotto in forno e quindi tagliato in
piccoli frammenti.
La realizzazione del mosaico è complessa e richiede la partecipazione di vari artisti con diverse
competenze.
Il pictor imaginarius inventa la composizione e traccia il disegno generale dell’opera
Il pictor parietarius trasferisce il disegno sull’intonaco del muro
Il pictor musivarius, alla fine, applica le tessere colorate, seguendo il tracciato.
I mosaici bizantini, costituiti di tessere di pasta vitrea, riflettono la luce naturale che filtra dalle
vetrate, e i colori brillanti creano uno scintillio spettacolare. A differenza della pittura, il mosaico non
consente le sfumature delicate possibili con i piccoli tocchi di pennello. I contorni delle figure sono molto
netti e i contrasti di colore particolarmente vivaci. I corpi non hanno lo spessore delle ombreggiature.
Appiattite sullo sfondo, le figure dei mosaici diventano immagini spirituali solenni, che non assomigliano
alla realtà. Statici e maestosi, i personaggi religiosi e gli imperatori dei mosaici appaiono icone da
venerare, lontane dalla vita quotidiana.
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Esistono diversi tipi di mosaico:
 l'opus tessellatum, caratterizzato da semplici motivi geometrici;
 l'opus vermiculatum, formato da piccole pietre disposte in disegni curvilinei o raffiguranti persone,
animali, piante e oggetti;
 l'opus musivum, destinato alle pareti;
 l'opus sectile, perlopiù marmoreo.
Mosaici classici ed ellenistici. I raffinati mosaici del mondo classico e del mondo
medievale derivarono dall'usanza diffusa nell'antica Creta e in Anatolia, di raccogliere i ciottoli
della spiaggia e di inserirli in un letto di cemento per farne pavimenti resistenti nelle case e nei
templi. Inizialmente sparsi e inseriti a caso, i ciottoli furono più tardi disposti in semplici disegni
ornamentali. Verso il 400 a.C., i mosaici di ciottoli cominciarono ad assumere forme pittoriche. In
questi primi tentativi, come il mosaico di Bellerofonte (prima del 348 a.C.; Olinto, Grecia), ciottoli
bianchi venivano inseriti su un fondo di ciottoli neri, per rappresentare figure e scene mitologiche e
per creare motivi ornamentali nei bordi. Nel sec. III a.C., pietre tagliate a cubo vennero accostate ai
ciottoli per ottenere effetti più dettagliati e per allargare la gamma dei colori. Sebbene i mosaici di
ciottoli continuassero ad essere usati per pavimentazioni semplici ed economiche, nell'era
ellenistica (323-31 a.C.) furono in gran parte sostituiti da mosaici di pietra tagliata, pasta vitrea
colorata e, talvolta, madreperla, conchiglie e terracotta. Non dovendo più dipendere dalle forme
ineguali, dalla misura e dai colori dei ciottoli delle spiagge, i mosaicisti ellenistici eseguirono lavori
splendidi, complessi e di vaste dimensioni.
Importanti scuole di mosaico si trovavano ad Alessandria d'Egitto e a Pergamo, in Anatolia.
Pannelli di mosaico prefabbricati venivano esportati da queste città per essere usati come
decorazioni centrali di pavimenti a mosaico di qualità inferiore. Questi pavimenti a mosaico, nel
sec. III a.C., furono di moda nelle case e nelle ville dei ricchi in tutta l'area mediterranea e nel
Medio Oriente. Mosaici romani. Gli esempi ellenistici servirono di modello per i mosaici romani
fino al sec. I d.C., quando i mutati gusti estetici e nuovi fattori economici fecero preferire, per
qualche tempo, in luogo dei mosaici figurativi policromi, uno stile di mosaico bianco e nero
Cominciando dalle abitazioni private, dove figure e motivi decorativi neri si stagliavano su un
campo di marmo bianco o di pietra calcarea, questo stile ricoprì ben presto i pavimenti dei bagni
pubblici, dei mercati e d’altri luoghi destinati al pubblico. Poiché resisteva all'umidità e poiché i
colori delle tessere erano solidi, il mosaico veniva spesso usato nel mondo antico per decorare muri
di giardini, fontane e bagni.
I colonizzatori romani portarono l'arte del mosaico fino agli estremi confini dell'impero.
Alcuni dei più belli fra i mosaici romani fuori d'Italia sono stati trovati nell'Africa settentrionale e in
Siria A contrasto con la sovrabbondanza della villa di Piazza Armerina, sono i pavimenti a disegni
geometrici che tappezzarono innumerevoli edifici laici e religiosi nei secc. IV e V con disegni
colorati e intricati, fra i quali i disegni cosmografici e topografici preferiti dalle chiese greche e
medio-orientali.
Mosaici paleocristiani e bizantini. Il mosaico, come forma di decorazione, raggiunse la sua
più alta espressione nell'arte paleocristiana e in quella bizantina. Il più antico esempio dell'impiego
copioso del mosaico come copertura di parete, è conservato a Roma, in S. Costanza, mausoleo
circolare, sormontato da cupola, di una delle figlie dell'imperatore Costantino I (c. 350). Motivi
geometrici e figurativi a mosaico adornano le volte dell'ambulacro del mausoleo e comprendono,
fra l'altro, una splendida versione del popolare motivo ellenistico del "pavimento non spazzato", un
disegno sparso di ramoscelli, conchiglie, bricchi, scodelle e uccelli, come avanzi di un banchetto.
Le scene dell'Antico e Nuovo Testamento, che una volta riempivano la cupola, sono scomparse.
S. Pudenziana, una modesta chiesa parrocchiale romana della fine del sec. IV, contiene il
più antico mosaico absidale che ci sia pervenuto. In questa monumentale composizione, molto
restaurata, un Cristo regale, in veste aurea, siede sul trono della Gerusalemme celeste, circondato da
una corte d’apostoli e di personificazioni della Chiesa. Nel fondo, una croce trionfale si erge sul
Calvario e si scorgono edifici che ricordano le prime tappe cristiane a Betlemme e a Gerusalemme;
nel cielo sovrastante, rigato di nubi, appaiono i simboli dei quattro evangelisti.
In S. Maria Maggiore, fatta costruire a Roma da papa Sisto III (432-440), la decorazione a
mosaico si estende per tutta la chiesa. Un ciclo dell'Antico Testamento, ricco di profezie cristiane e
basato in parte su manoscritti biblici miniati, riempie 27 pannelli (42 in origine) sulle pareti della
navata
I più ricchi mosaici paleocristiani sono forse quelli eseguiti per le chiese, i battisteri e i
mausolei di Ravenna, nei secc. V e VI. Nel mausoleo di Galla Placidia motivi a rosette, meandri,
nastri e tralci di vite posati su un fondo d’azzurro brillante, ricoprono le volte, mentre scene con
figure riempiono le zone lisce delle pareti e la visione della croce spicca sul cielo stellato della
cupola. Il gioco della luce sulle superfici lisce, tassellate e curve delle volte, in questo e in altri
edifici, produce effetti mai raggiunti nella pittura ad affresco. La superficie cangiante, l'impressione
d’immagini fuggevoli e in movimento, fanno del mosaico una forma di decorazione vivace e
sontuosa. Per questa ragione il mosaico fu usato come decorazione parietale anche quando la durata
e la resistenza all'umidità non erano requisiti essenziali. Nella chiesa ottagonale di S. Vitale a
Ravenna (526-547), il santuario è decorato con un elaborato programma a mosaico che va da motivi
puramente decorativi a figurazioni di carattere dogmatico. In due grandi scene (c. 547) sono
raffigurati l'imperatore Giustiniano e l'imperatrice Teodora, che offrono vasi liturgici alla nuova
chiesa. Nel volto, ritratto in modo naturalistico, Giustiniano ha l'aspetto stanco e turbato. In
contrasto, i corpi sembrano privi di peso e di volume, schiacciati e stretti fra loro come figure
ritagliate. Tale smaterializzazione della forma fisica, basilare nell'arte bizantina, fu impiegata con
grande effetto nel mosaico, dove le figure, in splendidi costumi, sembrano librarsi senza peso su
uno sfondo dorato. Questo si può vedere, per esempio, nella cupola della chiesa di S. Giorgio (sec.
V) a Salonicco, dove 16 santi a braccia aperte nella preghiera (il gesto d’orans) stanno davanti ad
una bellissima impalcatura architettonica, simbolo della Chiesa, ossia della Gerusalemme celeste,
contro un fondo d'oro.
A Costantinopoli, centro della civiltà bizantina, sono stati conservati relativamente pochi
esempi di decorazione a mosaico, a causa di perdite naturali e della distruzione operata dagli
iconoclasti, dai crociati e dai turchi ottomani. S. Sofia, punto focale della vita spirituale bizantina,
serba poco della sua decorazione originale a mosaico, ma quanto rimane è testimonianza degli
impareggiabili risultati ottenuti dai mosaicisti bizantini. Alta sull'abside, al disopra di una fila di
finestre, è un'immagine della Vergine in trono, col bambino in grembo e due arcangeli ai lati. Le
ineguaglianze del fondo dorato documentano la storia del mosaico dell'abside. L'immagine originale
(sec.VI?) fu distrutta dagli iconoclasti; soltanto dopo l'abolizione dell'iconoclastia, gli artisti
bizantini installarono il mosaico attuale (867), in cui l'accurata gradazione dei colori, e la
disposizione meticolosa delle tessere di pietra e di pasta vitrea, crearono un'immagine celebrata già
nel sec. IX come "imitazione della vita... con labbra fatte carne dai colori". Sempre in S. Sofia,
figure più grandi del vero della Vergine e di san Giovanni fiancheggiano la figura centrale di Cristo
nella Deësis, mosaico eseguito forse nel sec. XIII. Piccole tessere in sottile gradazione di colore
sono disposte fittamente in segni e linee che suggeriscono i lineamenti di visi scolpiti, e raffigurano
in dettaglio le ciocche di capelli della Vergine e la barba del santo. La disposizione precisa delle
tessere accentua la qualità e la forza del disegno; variando l'angolo d’inserzione dei cubi nel letto di
cemento, gli artisti riuscivano a differenziare, per esempio, le aureole d'oro e il fondo dorato. Nel
sec. XI gli artisti bizantini portarono a perfezione uno schema decorativo nel quale il significato
simbolico delle diverse parti di una chiesa è rilevato dalla selezione e dalla gerarchia delle figure e
delle scene. Sintesi di questo canone di decorazione musiva è l'interno della piccola chiesa del
convento di Dafni, presso Atene (sec. XI). Nella cupola della chiesa, che è il simbolo del cielo, si
trova un'enorme immagine di Cristo Pantocrate, Signore dell'Universo; circondano il tamburo 16
profeti dell'Antico Testamento. L'abside conteneva un'immagine della Vergine. Nel tamburo della
cupola trovano posto i profeti. Sulle pareti, dentro e intorno alla navata, sono rappresentate scene
della vita terrena di Cristo e, tra queste, nei pennacchi della cupola, l'Annunciazione, la Natività, il
Battesimo e la Trasfigurazione. Al posto più basso nella gerarchia, e situati nel punto più vicino ai
fedeli, sono le immagini di santi e di martiri. Oltre che simbolo del microcosmo, questo schema
decorativo evoca il calendario della Chiesa e i culti locali, giacché le scene che illustrano la vita di
Cristo sono parallele alle principali festività dell'anno cristiano, e i santi e i martiri raffigurati
includono quelli universalmente e quelli localmente venerati.
Fattori economici e un mutamento nei canoni estetici contribuirono alla decadenza del
mosaico dopo il sec. XIV. Poiché dà risalto alla superficie che ricopre, il mosaico venne in conflitto
con la nuova estetica che poneva l'accento sulla figura e sulla profondità dello spazio. La pittura ad
affresco, più in accordo con quest’estetica e molto meno costosa, divenne allora la forma di
decorazione parietale preferita in Europa. I mosaicisti bizantini furono chiamati anche da altre
popolazioni ad abbellire monumenti laici e religiosi. I califfi islamici, per esempio, assunsero
mosaicisti bizantini, nei secc. VII e VIII, per decorare la Cupola della Roccia (c. 700 d.C.) e la
Grande Moschea (c. 715) di Damasco. Durante il sec. XI, artisti costantinopolitani lavorarono per le
nuove chiese di Kiev, dove, adattando gli schemi decorativi tradizionali e istruendo assistenti locali,
contribuirono ad importare la cultura bizantina in Russia. Anche i sovrani normanni di Sicilia
assunsero mosaicisti bizantini per decorare le chiese e le cappelle, come nella cattedrale di
Monreale, le cui pareti e volte sono ricoperte di mosaici figurativi e decorativi tradizionali (c. 118090). Nell'Italia settentrionale, mosaici ispirati a motivi bizantini riempirono le chiese di Venezia e
della vicina isola di Torcello. Il programma decorativo della chiesa di S. Marco eseguito nei secc.
XII e XIII da generazioni successive d’artisti locali, ha precedenti bizantini, ma è in gran parte una
creazione veneziana. Come i sovrani islamici, russi e normanni, i veneziani desideravano emulare in
S. Marco la ricchezza e lo splendore degli spazi rivestiti di mosaici delle chiese bizantine.
Storia
Tracce di un'antichissima decorazione a mosaico di smalto si sono ritrovate in Egitto;
incrostazioni di smalto vitreo si hanno fin dai tempi delle prime dinastie. Dall'Egitto sembra che il
mosaico fosse stato importato in Italia. I primi esemplari di mosaico pavimentale in Grecia sono del
V sec. a.C. Il pavimento mosaicato, definitivamente sviluppatosi nel I sec. a.C. (pavimentum
tesselatum), formato di tessere più o meno a cubo regolare, usò subito i motivi geometrici dell'arte
greca (treccia, fascia, meandro, ecc.), oltre agli elementi comuni della decorazione architettonica
(ovuli, losanghe, scacchi, agli ecc.). Il mosaico monocromatico, bianco e nero, non fu mai
abbandonato e se ne hanno importanti sviluppi fino al IV sec. d.C. Dall'opus vermiculatum si
sviluppò il mosaico a colori; era composto di tasselli tagliati dai mosaicisti nel senso richiesto dalla
figurazione e raggiungeva effetti pittorici d’estrema finezza. Tra il I sec. a.C. e la prima età
imperiale il mosaico pavimentale raggiunse il massimo sviluppo. Dal IV sec. ha inizio il maggiore
sviluppo del musivum parietale. In età cristiana, il mosaico divenne l'ornamento principale delle
chiese, ecc. I mosaicisti bizantini diffusero nei Paesi musulmani, in Russia e in Italia quelle forme
stilizzate e mistiche proprie del VI sec. Dal XI al XIII sec. l'arte musiva conobbe una gran fioritura,
e produsse monumenti incomparabili. Minore fu l'attività nel XIV e XV sec., il rinnovamento della
pittura disorientò alquanto i mosaicisti, anche se i mosaici furono spesso eseguiti su cartoni di
grandi artisti, come poi nei secoli successivi, quando l'uso del mosaico andò scomparendo. Una
speciale menzione meritano i Cosmati, nota famiglia di artefici per lo più marmorari e decoratori,
attivi dal XII al XIV sec. soprattutto in Roma. La loro arte è caratterizzata da decorazioni ad intarsio
con abbondanza di elementi vitrei, dorati, ecc. Nel XVII sec. maestranze specializzate presero a
lavorare a Roma, per la realizzazione delle grandi pale a mosaico degli altari di San Pietro; e nel
1727 fu istituito in Vaticano lo Studio del mosaico, tuttora attivo. Nel XIX sec., a Venezia, si
formarono alcune ditte industriali per la rinascita dell'arte del mosaico. Nell'architettura moderna, il
mosaico ha avuto nuovamente numerose applicazioni, anche per la decorazione di esterni. A partire
dal sec. XIV, l'arte del mosaico fu quasi abbandonata. Soltanto con il Gothic Revival, iniziato nel
sec. XVIII, i mosaici furono usati ancora una volta per decorazione architettonica, come nelle
Houses of Parliament (1840-65) a Londra, e nella basilica del Sacre-Coeur (1875-1914) a Parigi.
Nel sec. XX i mosaici sono stati riesumati come decorazione per ambienti urbani che richiedono un
ornamento murale durevole, come nella metropolitana di Città del Messico.
GiovanniMaria Miciluzzo