sinagoghe, porte aperte
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7 EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA SETTIMANALE שבועון SHALOMשלום Giornata Europea della Cultura Ebraica: sinagoghe, porte aperte 07 ELUL 5776 S A B A T O SETTEMBRE 10 Terremoto: la Comunita' ebraica di Roma ad Amatrice, per ricostruire insieme Il messaggio di solidarietà e di vicinanza portato dal presidente della Comunità, Ruth Dureghello M obilitazione della Comunità Ebraica di Roma per le popolazioni del Centro Italia colpite dal sisma. Si è recata oggi in visita al campo di accoglienza di Scai, frazione di Amatrice, una delegazione della Comunità Ebraica di Roma guidata dalla Presidente Ruth Dureghello. Con lei anche Franca Formiggini in rappresentanza dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'incontro, riferisce una nota della Comunità ebraica di Roma, è servito a portare solidarietà e vicinanza da parte degli ebrei romani alle famiglie colpite dal sisma dopo che nelle scorse settimane Comunità Ebraica di Roma e Ucei hanno dato vita a numerose iniziative di solidarietà tra cui la raccolta del sangue, un fondo per l'emergenza e la disponibilità dell'Ospedale Israelitico di Roma di accogliere i feriti. "Vedere case distrutte e famiglie che piangono i propri cari è difficile Virginia Raggi a Yediot, 'Roma una bella donna a lungo trascurata' Intervista al giornale israeliano, titolo: 'La nuova Cesaressa' SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 R 2 oma come "una bella donna troppo a lungo trascurata": così Virginia Raggi racconta la Capitale, in una lunga intervista al quotidiano israeliano Yediot Ahronot, realizzata a fine agosto e pubblicata oggi, dal titolo "La nuova 'Cesaressa' di Roma". Il giornale mette tra l'altro in relazione le parole della sindaca all'intenzione di ritirare la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. In pratica, è la conclusione di Yediot, la sindaca teme di non aver la capacità di organizzare l'evento in modo adeguato alla luce delle gravi condizioni delle infrastrutture. "Roma - ha detto al giornale - è come una bella donna che sia stata troppo a lungo trascurata. Roma è bella anche in periferia, ma anche là è stata trascurata... Voglio che Roma torni ad essere da accettare - dice Dureghello - ma noi abbiamo imparato dalla nostra storia cosa voglia dire ripartire dalle macerie, è difficile, ma possibile. Per questo vogliamo dare il nostro aiuto affinché queste persone possano tornare a vivere sicure e con il sorriso come meritano." (AdnKronos) una capitale grande e importante". A una domanda su Renzi, la sindaca ha risposto che il premier "è giovane di età, ma ha maturato una anzianità politica di anni come sindaco di Firenze e poi nel governo. Per cui non posso dire che sia giovane politicamente. Non si può dire che l'Italia dia occasioni ai giovani: questa è la verità. Non trovano il loro posto. E' un problema serio". Raggi ha poi definito buoni i rapporti con la Comunità ebraica romana, con la sua presidente Ruth Dureghello, e ha confermato che a ottobre comincerà la costruzione del Museo della Shoah (21 milioni di euro) a Roma. "La Memoria - ha detto - è un valore importante e va difeso. Ormai non sono rimasti molti testimoni di quanto avvenne". Netta avversione per l'antisemitismo i cui atti "vergognosi vanno combattuti. Occorre trovare i responsabili, processarli e fare giustizia. Non potremo tollerare episodi di insensibilità. Devono scomparire". Infine, un accenno al conflitto israelo-palestinese: "Occorre rispettare le risoluzioni Onu per due Stati indipendenti per i due popoli. Penso che l'unica soluzione sia di rilanciare trattative di pace in Medio oriente. Ogni popolo e ogni Stato ha il diritto di esistere". (ANSA). 08 ELUL 5776 DOMENICA SETTEMBRE 11 L' 11 settembre infinito: quella lezione non è servita La loro vera arma è il lavaggio del cervello, ma noi per sconfiggere i tagliagole ci siamo alleati coi taglialingue ) uindici anni dopo il più clamoroso e sanguinoso attentato della Storia, che ha colpito al cuore della superpotenza mondiale abbattendo le due torri gemelle, simbolo dell'impero finanziario, bruciando vive circa 3mila persone, l'Occidente non ha ancora imparato la lezione più elementare: l'arma vera del terrorismo islamico non sono le bombe, i kalashnikov o le cinture esplosive, ma è il lavaggio di cervello. Perché quei 19 dirottatori votati al «martirio» islamico non erano armati. L'arma, che ha consentito loro di sequestrare quattro aereo e trasformarle in «bombe umane», era la la loro determinazione a morire per uccidere il maggior numero possibile di «miscredenti» e conquistare il paradiso di Allah. Così come l'Occidente non ha imparato che il singolo terrorista suicida-omicida è solo la punta dell'iceberg e che per vincere la guerra dobbiamo scardinare l'iceberg, non limitarci a scalfirne la punta arrestando ed espellendo solo se viene colto in flagranza di reato. Non abbiamo ancora capito che quando in mezzo a noi ci sono persone che sono state modificate mentalmente e affettivamente, al punto che con il sorriso sulle labbra ci dicono «così Q In Francia ora dilaga l'incubo autobomba. I servizi: ma per ora l'Isis non ha artificieri Si moltiplicano gli allarmi: trovati cinque veicoli pieni di bombole di gas solo nell'ultima settimana SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 I 3 I capo dei Servizi d'informazione francesi, Patrick Calvar lo aveva detto a maggio davanti all'Assemblée Nationale: «stanno passando a nuove forme di attacco. Non più kamikaze, ma esplosivi e autobombe in luoghi affollati: il massimo dei danni e il minimo delle perdite per loro. Devono solo riuscire a formare artificieri». Gli artificieri dell'Isis non sono forse ancora a punto, ma la "profezia" di Calvar sembra sempre più giusta. Dopo la Peugeot piena di bombole di gas e lattine di petrolio parcheggiata una settimana fa davanti a Notre dame, ieri gli allarmi si sono moltiplicati: a Marsiglia vicino a una sinagoga, a Pau, nei Pirenei, vicino alla Prefettura, poi sotto un cavalcavia sull'Autostrada nei pressi di Montpellier, in Bretagna, nel paesino di Le Bono. Nessuna esplosione, per fortuna, ma il commando femminile che avrebbe dovuto entrare in azione a Parigi prima a Notre Dame, poi in una stazione ferroviaria - conferma che la minaccia è reale, che l'organizzazione resiste, che c'è una rete che va da Charlie al Bataclan alla chiesetta di Saint Etienne du Rouvray a adesso. Di «attentati imminenti» ha parlato il mini- come voi amate la vita, noi amiamo la morte», è ormai troppo tardi, perché sono delle bombe umane pronte a farsi esplodere in ogni momento. La verità è che abbiamo paura di guardare in faccia alla realtà dell'iceberg, della «fabbrica del terrore», della filiera che partendo dalla predicazione d'odio, di violenza e di morte che avviene nelle moschee o nei siti che propagandano la guerra santa islamica, pratica il lavaggio di cervello, arruola, addestra militarmente, creando il terrorista islamico che sgozza, decapita, massacra e si fa esplodere. Questa paura ha a tal punto sopraffatto l'Occidente che, dal 2005, si è caduti nella trappola di immaginare che per sconfiggere i terroristi tagliagole ci si dovesse alleare con i terroristi taglialingue, che ci hanno imposto la sospensione dell'uso della ragione per legittimare l'islam come religione a prescindere dai suoi contenuti violenti, concedendo loro sempre più moschee. L'esito più catastrofico della paura dell'islam è l'irrompere di un terrorismo islamico autoctono ed endogeno, con terroristi islamici con cittadinanze occidentali che colpiscono all'interno stesso dell'Occidente per massacrare altri cittadini occidentali da loro condannati indiscriminatamente come nemici dell'islam. Mentre i 19 terroristi islamici dell'11 settembre 2001 era- no cittadini arabi trasferiti negli Stati Uniti per colpire il nemico esterno, i terroristi islamici che dal 7 luglio 2005 si fecero esplodere nel centro di Londra sino a quelli che si sono fatti esplodere a Parigi il 13 novembre 2015, erano cittadini occidentali di fede islamica che hanno colpito dentro casa propria. Ma ciò che più di altro determinerà la nostra sconfitta in questa guerra dichiarata e scatenata dal terrorismo islamico globalizzato, è la vocazione al suicidio demografico promuovendo una folle autoinvasione di milioni di clandestini islamici, immaginandoli come la soluzione al tracollo della natalità della popolazione autoctona nell'Ue. Solo una classe politica irresponsabile ha consentito, 15 anni dopo l'11 settembre, la crescita del terrorismo islamico dei tagliagole, il radicamento del terrorismo islamico dei taglialingue, l'irrompere del terrorismo islamico autoctono ed endogeno, il dilagare dell'islamizzazione demografica. magdicristianoallam.it di Magdi Cristiano Allam * (Il Giornale, 11 settembre 2016) stro dell'interno Cazeneuve, confermato dal procuratore di Parigi François Molins. Ieri è stata presentata davanti al giudice della sezione antiterrorismo Ornella G. 29 anni che con Ines Madani, 19 anni, ha invano cercato di far esplodere la Peugeot 607 sul Lungosenna. Nei loro piani dovevano scappare, uccidere il più possibile, ma salvarsi loro. Quando si sono viste braccate dalla polizia, giovedì sera, erano pronte invece a morire da kamikaze alla Gare de Lyon, la stazione di Parigi da cui partono i treni anche per l'Italia. Sotto il letto, la ventinovenne Sarah H. aveva lasciato un testamento. Era stata fidanzata prima con Larossi Aballa, killer di una coppia di poliziotti, poi di Adel Kermiche, killer di padre Jacques Hamel. Era nota alla polizia belga perché in contatto con gruppi radicali di Charleroi (dove c'erano i covi del commando del 13 novembre). E poi tutte le ragazze (quattro finora fermate) erano legate a Hayat Boumedienne, moglie di Amedy Coulibaly, terrorista dell'Hypercacher, entrato in azione nel gennaio 2015 con i fratelli Kouachi, autori della strage a Charlie Hebdo. I commando si moltiplicano, la rete è la stessa, il modus operandi sta cambiando. Sono ormai meno numerosi quelli che riescono a partire in Siria, l'Isis è in difficoltà sul suo terreno, ma questo spinge a moltiplicare le azioni all'estero, in particolare nei paesi d'origine dei "soldati". Senza contare la "minaccia dei ritorni": circa 700 francesi sono attesi a casa dopo aver passato un periodo in Siria. Per gli esperti, l'autobomba è il mezzo migliore: consente di fare grossi danni, risparmiando i "combattenti". «La tecnica non è comunque alla portata di tutti - spiegava ieri l'esperto Jacques Di Bona - Hanno bisogno di artificieri, le istruzioni su internet non bastano». Ma intanto ci provano. Ieri una camionetta con due bombole di gas è stata ritrovata vicino al centro ebraico Bar Yohaye, nel centro di Marsiglia. Il prefetto ha precisato che «non c'era nessun detonatore né "nessun collegamento con quanto accaduto a Parigi», ma nemmeno si tratta di uno scherzo: l'auto era stata rubata. A Pau, nei Pirenei, la bombola in bella vista nell'auto parcheggiata vicino alla Prefettura conteneva elio, il gas che si usa per gonfiare palloncini. Nessun pericolo nemmeno per le bombole ritrovate in un'auto sotto un cavalcavia sull'autostrada vicino a Montpellier: erano molto vecchie e innocue. Paura immotivata anche per la Peugeot 205 con bombole di gas ritrovata a Le Bono, paesino della Bretagna: l'auto era stata presa in prestito dal figlio del proprietario, che lavora per un'impresa che produce bombole di gas. Francesca Pierantozzi «Sono 293 le persone arrestate in Francia dall'inizio dell'anno in ambienti terroristici». Lo ha annunciato ieri oggi il ministro dell'interno di Parigi Bernard Cazeneuve, secondo quanto riporta le Parisien, aggiungendo: «tante filiere smantelliamo, tanti attentati evitiamo». L'operazione che ha portato agli arresti tra martedì e giovedì dellejihadiste che stavano progettando nuovi attentati è riuscita perché, ha precisato il ministro, «i servizi di informazione e la polizia per tutte la giornata si sono scambiati informazioni» in quella che ha definito «una corsa contro il tempo». (Il Messaggero, 11 settembre 2016) 09 ELUL 5776 L U N E D I SETTEMBRE 12 La sindaca Raggi sfiora l'incidente anche con la comunità ebraica ISTITUZIONI ASSENTI AL FUNERALE DELL'ULTIMA ROMANA SOPRAVVISSUTA AD AUSCHWITZ Dopo una serie di "sgarbi", un emissario del Campidoglio ha mediato Intanto è sfida a due per l'assessorato al bilancio: Galloni o Canzio D omenica pomeriggio, dal Campidoglio inviano un delegato a parlare con la comunità ebraica. Neanche il tempo di prendere le misure delle critiche piovute su Virginia Raggi dal segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino e dal Vaticano, via Osservatore Romano, che c'è un altro incidente istituzionale da scongiurare. In realtà le critiche dalla Santa Sede sono state poi ammorbidite dal sostituto della segreteria di Stato Angelo Becciu («diamole il tempo di lavorare») e da monsignor Vincenzo Paglia, presidente dell'Accademia pontificia («nessuna frizione») anche per evitare accuse di ingerenza. Al ghetto ebraico, nel centro della Capitale, invece da giorni si parla apertamente dello «sgarbo»del Comune. In realtà, sono una sequela di episodi, e non tanto l'assenza di Raggi al Festival della cultura ebraica, sabato sera, lo stesso giorno del forfait in Vaticano. La sindaca si è voluta ritagliare un week-end in famiglia, per rifiatare lontana dalle telecamere, e al suo posto è andato il presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito. Passi per questa visita mancata: quello che davvero non è andato giù alla comunità ebraica è che Raggi non abbia trovato il tempo di portare il saluto di Roma, il 6 settembre, al feretro di Enrica Zarfati, l'ultima delle ebree romane sopravvissute all'orrore di Auschwitz-Birkenau. Non c'era lei, ma, fatto ancor più grave, non c'era nessuno del Comune. Una mancanza che è diventata macroscopica agli occhi della comunità del Tempio Maggiore di Lungotevere Cenci perché è venuta subito dopo la gaffe della foto sbagliata di Settimio Piattelli, nel tweet di omaggio di Roma Capitale a uno degli ultimi testimoni dell'Olocausto, scomparso lo scorso 27 agosto a 95 anni. In questi giorni convulsi di guerriglia politica nel M5S sono passati in secondo piano alcuni messaggi a distanza tra gli ebrei romani e il Campidoglio. Di mezzo ci sono promesse e progetti comuni da confermare come le gite delle scuole ad Auschwitz. La comunità vuole incassare certezze, come ha spiegato il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia dopo l'intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot in cui Raggi confermava la realizzazione del Museo a Roma. Gli annunci non bastano: «Alcune settimane fa abbiamo chiesto alla sindaca un incontro - ha ricordato Venezia - e siamo in attesa che ci riceva, anche in considerazione di appuntamenti importanti che sono ormai alle porte come il prossimo 16 ottobre, giorno in cui celebriamo il ricordo del tragico rastrellamento del ghetto di Roma». Da quanto si apprende in Campidoglio, a breve sarà fissata una data nella fitta agenda della sindaca ancora alle prese con il dossier nomine. Confermato che domani conosceremo il nuovo assessore al Bilancio, pare che la partita si giocherà tra Mario Canzio, Ragioniere generale dello Stato fino al 2013, e Nino Galloni, economista con posizioni critiche sull'euro molto apprezzato dai 5 Stelle a cui due mesi fa lui stesso inviò la propria disponibilità ma condizionata «a un progetto senza compromessi». Tramontata la suggestione di chiamare Antonio Di Pietro l'ha definita «una panzana» - c'è un'altra casella importante da riempire. Ed è quella del capo di gabinetto. Circola il nome di Antonio Meola, oggi segretario generale della Città metropolitana di Napoli, ruolo che fino al 2014 ha ricoperto al Comune di Firenze, a stretto contatto con l'arcinemico dei 5 Stelle Matteo Renzi. di ILARIO LOMBARDO * (Il Secolo XIX, 12 settembre 2016) SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 FESTIVAL DI CULTURA EBRAICA Vito Volterra il matematico, scienza e impegno antifascista 4 L a nona edizione del Festival internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica prosegue oggi con un ricco programma di proposte culturali. Tra le altre, alle 19.30 nel Museo Ebraico di via Catalana, l'inaugurazione della mostra «Vito Volterra. Il coraggio della scienza». Vito Volterra (186o-1940), matematico, presidente del Cnr da11923 a11927, presidente dell'Accademia dei Lincei dal 1923 al 1926, precursore della biologia matematica e scienziato di levatura internazionale, affiancò alla ricerca il coraggio dell'impegno civile. L'esposizione ripercorre le tappe salienti della sua vita attraverso documenti, immagini, oggetti e video. Volterra ne11926 fu uno dei firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, e ne11931 fu tra i pochi a rifiutarsi di prestare il giuramento di fedeltà imposto ai professori universitari, de- cadendo così, di lì a poco, da tutti i suoi incarichi pubblici. Info e programma completo delle iniziative e degli incontri: www.festivaletteraturaebraica.it *** (Il Corriere della Sera, 12 settembre 2016) 10 ELUL 5776 MARTEDI SETTEMBRE 13 Corbyn e l’accusa di antisemitismo. Rifiuta l’invito ad andare in Israele A un anno dalla sua elezione il gradimento del leader è al minimo. La denuncia dell’ex consigliere politico: «Lui e il suo entourage sono condizionati da un anti-imperialismo frenetico che ha come obiettivo lo Stato ebraico e l’America». A un anno dal suo insediamento alla guida del labour Jeremy Corbyn affronta nuove accuse di antisemitismo. Prima c’è stato il no all’invito dei laburisti israeliani per una visita al museo dell’Olocausto, poi sono arrivate le dichiarazioni dell’ex consigliere politico Joshua Simon: «Dopo aver lavorato sei mesi con Jeremy Corbyn mi è apparso chiaro quello che lui e il suo entourage pensano del popolo ebreo, condizionati da un frenetico anti-imperialismo che si concentra sugli Stati Uniti e Israele». Simon, che è ebreo, ha accusato un uomo dello staff di Corbyn, Seumas Milne, di aver chiesto la rimozione di un saluto in ebraico per la Pasqua da un discorso del leader perché l’avrebbe fatto sem- brare «sionista». E ha anche rivelato che ci fu grande resistenza alla sospensione dell’ex sindaco Ken Livingstone dopo le sue dichiarazioni su Hitler e l’appoggio agli ebrei. Dall’ufficio di Corbyn è arrivata una secca smentita: «È assolutamente falso, quell’augurio è comparso nella dichiarazione apparsa il 21 aprile su Notizie ebraiche» ha detto un portavoce. Ma questo è soltanto l’ultimo di una serie di episodi incresciosi che minano la credibilità dei laburisti sulla questione ebraica. Lo scorso 24 loro il leader del Labour britannico, intervenuto alla presentazione di un rapporto interno sull’antisemitismo nel suo partito, aveva spiegato come «gli amici ebrei non possono essere ritenuti responsabili di ciò che fa Israele, o il governo Netanyahu, esattamente come gli amici musulmani non devono essere considerati responsabili di ciò che fa un qualche sedicente Stato Islamico o organizzazione». Alla domanda di un reporter se il suo fosse un paragone tra Israele e l’Isis, Corbyn aveva risposto: «Naturalmente no». Ma ormai la frittata era fatta, tanto che persino il moderato Isaac Herzog, capo della corrispondente formazione politica nello Stato ebraico, ha subito chiarito come si sentisse «oltraggiato» da una simile spiegazione «scioccante» che dimostra «come Corbyn sia guidato da odio per Israele». Il rapporto tra la sinistra e Israele nel Regno Unito è sempre stato ambiguo ma con l’avvento dell’era Corbyn, che ha definito più volte «amici» Hamas e Hezbollah, si è addirittura accentuato. Oggi il dialogo tra il leader laburista e gli ebrei britannici è ai minimi termini. Il rabbino capo Ephraim Mirvis ha parlato di «un serio problema di anti-semitismo» nel Labour e il presidente della Board of Deputies degli ebrei britannici, la più autorevole rappresentante della comunità, pensa che Corbyn sia riluttante ad affrontare il problema. Risultato: la popolarità del leader è ai minimi termini tra gli laburisti ebrei britannici, solo il 4% è con lui mentre il 92% è con il suo rivale Owen Smith, ma anche nel resto dell’elettorato l’immagine di Corbyn è appannata. Secondo i sondaggi il Labour è dietro ai Tory di 11 punti, è il peggior risultato dagli anni ‘50 Monica Ricci Sargentini cati per la preghiera: largo Preneste, largo Perestrello a Tor Pignattara e piazza Vittorio. A Bari, il Comune ha concesso l'uso dello Stadio della Vittoria, patrocinando l'evento. Le piogge degli ultimi giorni però lo hanno reso inagibile, così la cerimonia è stata spostata alla Fiera del Levante. Previsti servizio navetta e attività per bimbi gestite da Coni Puglia. «Ogni armo abbiamo ospitato circa 2000/2500 fedeli - dice Ali Alessandro Pagliara, responsabile organizzativo del Centro Islamico di Bari - Stavolta, stimiamo tra 3500 e 4000 presenze da tutta la provincia». Dopo la preghiera mattutina, il sermone, «strettamente legato al tema del sacrificio di Isacco». Infine, «ogni famiglia, in modo autonomo, andrà al macello per il rituale sacrificio dell'agnello o delvitello». Oltre 4mila i credenti previsti a Napoli, in piazza Garibaldi. «I cristiani sono benvenuti - afferma l'imam Abdallah - e non dico solo per la festa. Le nostre moschee saranno aperte ogni giorno a chiunque voglia venire a visitarle o parlare. Le nostre religioni hanno in comune il cielo, la nostra comunità vive come una famiglia. Abbiamo già accolto studenti e bambini. Apertura e fratellanza i temi del sermone. Per Como, l'appuntamento è in piazza d'Armi, in località Muggiti. A Mestre, al parco di San Giuliano, A Catania, nel centro sportivo in via Zurría. A Torino, al parco Dora: invitati rappresentanti istituzionali e della Curia vescovile. A Milano su lungomare Garibaldi. A Palermo il sindaco Leoluca Orlando, Io scorso giovedì, è andato in moschea a portare gli auguri della città. Per Perugia, «celebriamo nel nostro centro di Corciano - racconta l'imam Hassan - in modo breve per consentire a ognuno di passare la giornata in famiglia. E una festa, bisogna divertirsi». Cambiano gli spazi e mutano riti e consuetudini. I sermoni, in quasi tutti i luoghi di culto, sono tradotti in italiano. A Mestre, pure in bengalese. In nessuno degli spazi pubblici è previsto il "sacrificio di un animale. Dopo lo scambio di auguri, da Roma - comunicano le associazioni musulmane bengalesi - «un comitato partirà per visitare la zona colpita dal terremoto, con l'occasione porterà cibo e solidarietà alle popolazioni colpite». A ribadire la dimensione, anche italiana, della festa. Valerria Arnaldi Festa del sacrificio, Italia islamica in piazza UN FENOMENO IN CRESCITA. SERMONI TRADOTTI IN ITALIANO A NAPOLI IN PIAZZA GARIBALDI ATTESI OLTRE 4 MILA CREDENTI SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 A 5 Bari, uno dei padiglioni della Fiera del Levante. A Napoli, piazza Garibaldi. A Torino, il parco Dora. Di regione in regione, i musulmani residenti in Italia oltre due milioni, secondo le ultime stime Comai - oggi celebrano la ricorrenza di Ed Al Adha, festa del Sacrificio, una delle più importanti del calendario islamico, e lo fanno nelle moschee ma, dati i grandi numeri, anche in spazi pubblici trasformati per un giorno in luoghi di preghiera. Il numero dei musulmani, pure grazie alle conversioni - circa 4mila l'anno, seconda le stime dell'Unione Comunità Islamiche d'Italia - è in costante aumento e, di conseguenza, più numerosi e più ampi diventano gli spazi per ospitare le cerimonie islamiche. Quest'anno. poi, per la prima volta, sulla scia della giornata di apertura delle moschee tenutasi ieri, vari imam hanno deciso di accogliere allo scambio di auguri che segue la preghiera del Sacrificio, anche cristiani, laici e fedeli di altre religioni. A Roma sono tre i luoghi indi- 11 ELUL 5776 MERCOLEDI SETTEMBRE 14 Al via Giornata cultura ebraica, Milano capofila Il 18 settembre in tutta Italia eventi, dibattiti, manifestazioni L a Giornata Europea della Cultura Ebraica è alle porte: domenica 18 settembre l’Italia si animerà di iniziative in ben settantaquattro località, a partire da Milano, città capofila dell’iniziativa (la cui comunità ebraica quest’anno festeggia i 150 anni dalla sua fondazione). Centinaia di eventi, tra visite guidate a sinagoghe, musei e quartieri ebraici, spettacoli, mostre, concerti, degustazioni kasher e altri appuntamenti culturali. L’evento, giunto alla diciassettesima edizione, è coordinato e promosso nel nostro Paese dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, parte di un network internazionale al quale aderiscono quest’anno trentacinque Paesi europei. Quattordici le regioni coinvolte, con eventi organizzati non solo dalle ventuno Comunità ebraiche italiane, ma da tante località dove, pur non esistendo più una realtà ebraica strutturata, ci sono delle importanti testimonianze archeologiche, monumentali, artistiche o anche semplicemente storico-culturali di un passato ebraico. Si va dal sito archeologico alla Sinagoga ormai non più utilizzata per il culto, ma curata dalla pro-loco come parte del patrimonio storico del Paese; dall’evento letterario organizzato da associazioni di cultura ebraica, alle visite guidate per le strade di ex quartieri ebraici, le antiche “giudecche” di cui è piena l’Italia. E poi ancora visite ai musei ebraici, proiezioni di film, spettacoli teatrali, concerti, mostre d’arte e tanto, tanto altro: un pro- gramma che prevede centinaia di iniziative, con un tema comune, “Lingue e dialetti ebraici”, a unire idealmente tutti gli appuntamenti. ll pubblico potrà orientarsi agilmente tra i tanti appuntamenti cliccando sul sito www.giornatadellacultura.it, dove, oltre al programma generale, è allestita un’Area stampa, pensata apposta per i giornalisti, che possono consultare i comunicati, scaricare foto e testi, contattare l’ufficio stampa nazionale per approfondire. Oltre ai focus sulla città capofila e al programma completo, il sito propone interventi e approfondimenti sulla cultura ebraica, la possibilità di scaricare la grafica, e tanto altro ancora. Come ha scritto la Presidente dell’Unione della Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, “in un periodo storico estremamente complesso e difficile quale è quello che stiamo vivendo, è importante continuare a proporre iniziative positive, che stimolino la costruzione di legami e ponti all’interno di una società inclusiva e attenta ai diritti di tutti”. Lo Stato islamico e i sacrifici umani Nuovi orrori: il gruppo estremista sgozza 15 adolescenti come animali SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 Q 6 uesto titolo, “Lo Stato islamico e i sacrifici umani”, non è un’esagerazione. Lunedì sera lo Stato islamico nella provincia siriana di Deir Ezzor ha messo su internet un video di dodici minuti (prontamente rimosso) in cui quindici adolescenti accusati di essere “spie” al servizio di intelligence straniere sono trascinati in un mattatoio, appesi per i piedi ai ganci a cui di solito è appeso il bestiame quando è macellato e poi sgozzati uno a uno. Durante la strage uno dei carnefici con un tubo di gomma continua a lavare il pavimento per fare scorrere via il sangue. Lunedì era la festa islamica del Eid al Adha, in cui per tradizione si sacrifica un animale per ricordare l’episodio – patrimonio comune delle religioni monoteiste – di Abramo disposto a sacrificare il figlio Isacco per provare la sua obbedienza a Dio. Gli sgozzamenti nel video sono un chiaro riferimento al sacrificio degli animali, e se non fosse abbastanza chiaro in sottofondo si ascolta un messaggio audio di Abu Omar al Baghdadi del dicembre 2007 (era il predecessore dell’attuale al Baghdadi, Abu Bakr) in cui il capo dello Stato islamico sosteneva che in mancanza di bestiame i combattenti possono sacrificare gli iracheni che collaborano con gli americani. In pratica, il video horror che arriva da Deir Ezzor è una legittimazione dei sacrifici umani alla divinità come destino dei nemici dello Stato islamico: non c’è differenza tra quel mattatoio siriano del 2016 e una piramide azteca di epoca precolombiana. A rendere quella violenza – che supera gli standard già mostruosi dello Stato islamico – ancora più surreale, chi ha editato il video ha inserito, per rappresentare i servizi segreti occidentali, alcuni spezzoni del film “Mission impossible III” con Tom Cruise. (Il Foglio, 14 settembre 2016) 12 ELUL 5776 G I O V E D I SETTEMBRE 15 Oriana Fallaci: a 10 anni dalla morte Firenze le intitola un piazzale. Domani cerimonia S arà domani, nel decennale dalla morte della grande giornalista, la cerimonia di intitolazione di 'Piazzale Oriana Fallaci' a Firenze, al giardino della Fortezza da Basso. Parteciperanno il sindaco Dario Nardella, Ferruccio De Bortoli, Giangiacomo Schiavi e Edoardo Perazzi, nipote della giornalista e scrittrice. Durante la cerimonia l'attrice Maria Rosaria Omaggio leggerà alcuni brani di articoli e libri della Fallaci, morta propria il 15 settembre 2006. "Sono passati 10 anni dalla sua morte - commenta il sindaco Nardella -. Eppure le sue parole risuonano ancora attuali, come se la sua voce non si fosse mai spenta. E curiosi saremmo ora di poter leggere le sue riflessioni mai banali, per quanto divisive, che certamente avrebbe avuto sugli ultimi avvenimenti di politica internazionale che hanno colpito l'Europa". Oriana, prosegue il sindaco, "amava Firenze di un amore assoluto. Questa è la città di Giorgio La Pira e del dialogo interreligioso, del social forum che lei tanto osteggiò. Non è un ossimoro pensare che questa è anche la città della Fallaci. Con questo gesto Firenze si riprende la sua Oriana e le tributa il doveroso omaggio e il ricordo che questa grande professionista e donna merita". La cerimonia di intitolazione si svolgerà alle 18. (ANSA). Civiltà islamica. Scorre sangue a fiumi per la festa di Allah La capitale del Bangladesh si tinge di rosso dopo che migliaia di animali sono stati sgozzati durante l’Eid al Adha SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 A 7 ncor più dell’acqua compattamente tinta di rosso cupo, ciò che si imprime negli occhi di chi guarda le fotografie scattate nei giorni scorsi a Dacca è la disinvoltura, la tranquillità con cui gli abitanti della capitale del Bangladesh camminano in mezzo a quell’acqua intorbidata da litri e litri di sangue. Si imprime negli occhi, quest’aria di normalità, e produce sgomento, perché insinua - anche in chi vorrebbe tenersene il più lontano possibile - il velenoso dubbio di trovarsi di fronte a un’altra umanità, a individui con i quali si condivide l’aspetto esteriore ma non i sentimenti più profondi, non la percezione e la valutazione ultima del reale. In una delle numerose immagini che da ieri hanno cominciato a circolare sul web, si vedono per esempio due guidatori di risciò duramente impegnati a fendere l’acqua vermiglia con il loro umile mezzo di trasporto: entrambi conducono dei clienti, uno dei quali, vestito di una tunica bianca, ha l’aspetto imperterrito di un santone. Il fatto di muoversi in un fiume di sangue non sembra disturbare nessuno, né induce alcuno a fermarsi, a scendere dal ri- Raggiunto accordo su aiuti militari Usa a Israele, oggi la firma. Intesa su 38 miliardi di dollari in 10 anni A Israele, Peres è in gravi condizioni ma è stabile dopo l'ictus ccordo raggiunto tra Stati Uniti e Israele per il pacchetto di aiuti militari da 38 miliardi di dollari in 10 anni che Washington accorderà allo Stato ebraico dal 2019 fino al 2028. Dopo l'annuncio di ieri, la firma ufficiale avverrà oggi da parte dei rappresentanti dei due Paesi nel corso di una cerimonia nella Treaty Room del Dipartimento di Stato di Washington. Il protocollo d'intesa, ha sottolineato il Dipartimento di Stato, rappresenta "l'impegno più consistente in termini di assistenza militare bilaterale nella storia degli Stati Uniti". Come riporta Haaretz, è probabile che in serata il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Usa Barack Obama abbiano un colloquio telefonico dopo la firma dell'accordo. Nessuna conferma ufficiale invece su un possibile incontro tra i due leader a New York margine dei lavori dell'Assemblea generale dell'Onu. (AdnKronos) ex presidente israeliano ShimonPeres resta in condizioni gravi ma è stabile in seguito all'ictus che lo ha colpito. Lo riferisce il bollettino medico dello Sheba Medical Centre at Tel HaShomer di Ramat Gandel dove si trova ricoverato. Il Premio Nobel per la Pace "ha passato la notte senza altri incidenti. E' stabile ma ancora in gravi condizioni", ha dichiarato il direttore Yitzhak Kreiss parlando in ebraico, poi rispondendo in inglese ha usato l'aggettivo "critico" per definire le condizioni del 93enne ex capo di stato. Il medico personale e genero di Peres, Raphy Walden, ha aggiunto che ha risposto agli stimoli quando è stata tolta la sedazione: "Sembrava che seguisse quello che dicevamo. La prossima volta che allevieremo la sedazione spero che riusciremo a entrare in contatto con lui". sciò e ad accostare al margine della strada. Il problema non è il sangue, ma l’eccesso di acqua che rende penoso spostarsi. Che stavolta l’acqua sia rossa, anziché trasparente, è appena un dettaglio. In un’altra foto sono immortalate tre persone, due uomini e una donna, che procedono a piedi nell’acqua scarlatta avendo avuto cura di sollevare un poco i propri abiti, così da non bagnarli. Ma, anche qui, il loro contegno non lascia trasparire particolari fastidi: potrebbero benissimo essere dei turisti alle prese con l’acqua alta in Piazza San Marco. Di primo acchito si potrebbe pensare che le immagini di cui stiamo parlando siano ritoccate: basta saper smanettare un po’ con Photoshop per modificare i colori di una fotografia e, se lo si desidera, rendere appunto rossa l’acqua. È un sistema facile facile per generare un effettaccio horror. In questo caso, però, l’orrore è vero, ed è quello prodotto dallo sgozzamento di centinaia e centinaia di animali (per lo più caprini e ovini, ma sono ammessi anche bovini e camelidi) praticato dai cittadini di Dacca in occasione della festività musulmana denominata Eid al Adha, in arabo «festa del sacrificio», la quale celebra ogni anno l’uccisione di un montone da parte di Abramo in luogo del proprio figlio Isacco, quel figlio che il profeta si era mostrato disposto ad assassinare - prima di venire fermato da un angelo - pur di ottemperare al volere divino. Le forti piogge monsoniche di fine estate han fatto sì che il sangue delle bestie, quasi sempre sgozzate in luoghi diversi da quelli che le autorità avevano indicato come idonei all’ese- cuzione del rituale (secondo alcuni residenti non sarebbe stato spiegato con chiarezza, quest’anno, dove tali luoghi deputati si trovassero), venisse travolto dalla massa d’acqua e vi si mescolasse, rendendo le vie di Dacca i canali di una terrorizzante Venezia. Terrorizzante per noi, conviene ripeterlo, perché tutto quel sangue non risulta abbia creato il minimo problema morale negli abitanti (quasi quindici milioni) di Dacca. Può, tutt’al più, aver generato qualche disagio pratico, di sicuro non etico. Eid al Adha, per quello che a noi - e solo a noi - appare un paradosso, è del resto conosciuta come la festa della letizia: il momento di suprema gioia (oltre che, non lo si dimentichi, di completa sottomissione ad Allah) corrisponde a una pratica di eccezionale ferocia. È, a ben vedere, una delle contraddizioni dell’islam, religione che ha generato un’arte disincarnata, priva di figure, quasi astratta, e che pure, misteriosamente, promette ai maschi un paradiso con settantadue vergini da deflorare di GIUSEPPE POLLICELLI * (Libero, 16 settembre 2016) L' 13 ELUL 5776 VENERDI SETTEMBRE 16 Parashat Ki Tetzè Per Israele il matrimonio non è una questione personale SETTEMBRE 2016 • ELUL 5776 L 8 a parashà di Ki Tetze è quella che contiene il maggior numero di mitzvòt. In questa occasione è opportuno riflettere sul motivo per cui Moshè nostro maestro insegnò tutte queste mitzvòt proprio nel suo discorso di commiato. Il quinto libro della Torà, chiamato Devarìm (le parole) dal suo primo sostantivo, è chiamato in greco Deuteronomio, cioè ripetizione. Apparentemente dal termine Deuteronomio dovremmo concludere che il discorso di Moshè è una ripetizione o anche un riassunto di tutti gli insegnamenti che diede agli israeliti durante i precedenti trentanove anni passati nel deserto. E invece non è proprio così. R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) nel suo commento alla Torà fa notare che dal versetto “In Transgiordania, nella terra di Moav, Moshè nel spiegare la Torà iniziò dicendo quanto segue [...]” (Devarìm, 1:5), impariamo che Moshè non ripetè semplicemente le mitzvòt che l’Eterno aveva comandato, ma spiegò nuovamente e in dettaglio come dovevano essere osservate. Tuttavia la ripetizione e la spiegazione delle mitzvòt della Torà già insegnate non costituiscono il motivo principale del libro di Devarìm. Lo scopo principale di questo quinto libro non è quello di di riesaminare le mitzvòt o di spiegare quelle elencate nei libri precedenti. La prova di questo è il fatto che delle cento e più mitzvòt contenute nel libro di Devarìm (in tutto il Pentateuco ve ne sono 613), ve ne sono più di settanta che non appaiono nei libri precedenti. Al fine di cercare di capire quale sia lo scopo del discorso finale di Moshè al popolo d’Israele nella pianura di Moav prima che essi entrassero nella terra d’Israele, è necessario esaminare perché tutte queste nuove mitzvòt sono insegnate solo qui e per quale motivo tra tutte le mitzvòt ripetute oralmente da Moshè proprio queste furono scritte in questo libro. Il primo esempio menzionato da R. Hirsch è quello dei Mo’adìm (Ricorrenze). In Devarìm vengono menzionate solo le feste di pellegrinaggio di Pèsach, Shavu’ot e Sukkòt. Mancano Shabbàt, Rosh Hashanà, Kippùr e Sheminì ‘Atzèret. R. Hirsch spiega che mentre queste quattro feste riflettono il rapporto tra uomo e l’Eterno, le tre feste di pellegrinaggio sono legate alla Terra d’Israele. Era quindi necessario reiterare le regole di queste tre feste prima di entrarvi. Le ammonizioni riguardanti le pratiche idolatriche erano anch’esse necessarie prima di venire a contatto con le popolazioni canaanite. Lo stesso vale per le regole relative ai tribunali, l’obbligo di portare le primizie e le decime al Santuario e le mitzvòt di lasciare parte del raccolto ai poveri. Tutte cose non necessarie fino a quando il popolo abitava nel deserto. R. Ya’akov Kamenetzky (Lituania, 1891-1986, Baltimora ) in Emèt Le-Ya’akov domanda per quale motivo le regole del diritto di famiglia e dei matrimoni vengono inserite in questa parashà che è nel libro di Devarìm, considerando che l’argomento principale di questo libro è quello del diritto del Re e delle leggi che regolano la collettività. R. Kamenetzky afferma che Moshè nella pianura di Moav, rendendosi conto che non sarebbe potuto entrare nella Terra d’Israele, decise di insegnare al popolo le mitzvòt relative alla collettività e così pure quelle riguardanti le leggi di guerra e della conduzione della giustizia, al fine che il nuovo Re e i figli d’Israele sapessero come comportarsi all’entrata in Eretz Israel. Detto questo bisogna spiegare per quale motivo sono state scritte proprio qui le mitzvòt relative al mamzèr o alla mamzèret, coloro che sono nati da un’unione proibita come per esempio da una donna sposata e da un uomo che non è suo marito. Nello stesso modo bisogna spiegare per quale motivo appaiono qui le regole del divorzio e del levirato, la mitzvà di sposare la vedova del fratello morto senza lasciare prole. Logicamente queste mitzvòt appartengono al libro di Waykrà (Levitico) insieme con le altre regole sulle unioni permesse e proibite. R. Kamenetzky spiega che dalla posizione di queste mitzvòt, proprio nel libro di Devarìm, impariamo che il matrimonio presso i figli d’Israele non è una questione privata di un uomo e di una donna e delle rispettive famiglie, ma è un argomento di rilevanza per la comunità. Quando un giovane sposa una ragazza, viene a fare parte della “Comunità d’Israele”; coloro ai quali il matrimonio è interdetto vengono definiti nella Torà e nel linguaggio dei maestri della Mishnà come “Pesulè Kahàl” (inaccettabili a far parte della comunità). Pertanto è comprensibile come tutte queste regole siano inserite insieme a quelle relative alla collettività. DONATO GROSSER