Relazione finale del Dr. Marco Cervino del 03.10

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Relazione finale del Dr. Marco Cervino del 03.10
Valutazione della documentazione inerente al progetto
di una centrale turbogas da 800MW,
nel territorio del Comune di Cona (VE).
Aspetti legati alle emissioni in atmosfera
Autore: Marco Cervino
Rapporto Finale rev.1.1
Ottobre 2005
Rapporto Finale rev.1.1
03 OTTOBRE 2005
La rev.1.1 sostituisce la rev.1.0. Descrizione delle differenze rispetto alla revisione precedente:
Ö correzione ortografica e lessicale;
Ö glossario essenziale (nuova sezione).
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INDICE
A.
ELENCO DOCUMENTI ESAMINATI ................................................................ 4
B.
OBIETTIVO E MOTIVAZIONE .......................................................................... 5
C.
CRITICITÀ EMERSE......................................................................................... 6
C.1. SIA-QA ........................................................................................................................................................6
C.2. ALLEGATO 1 CARATTERIZZAZIONE METEOCLIMATICA E QUALITA' DELL'ARIA ........9
C.3. ALLEGATO 7 SCHEDE RIASSUNTIVE DI IMPATTO......................................................................9
C.4. INTEGRAZIONI RICHIESTE DAL MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL
TERRITORIO; REPLICHE ..................................................................................................................10
C.5. INTEGRAZIONI RICHIESTE DALLA REGIONE VENETO: indice..............................................12
D.
SINTESI E CONSIDERAZIONI FINALI........................................................... 13
D.1. Ossidi di azoto (come tali e come precursore degli inquinanti secondari)...........................................14
D.2. Ozono.........................................................................................................................................................15
D.3. Particolato o polveri .................................................................................................................................15
D.4. Compresenza di altri impianti.................................................................................................................17
D.5. Raccomandazioni finali............................................................................................................................18
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A. Elenco documenti esaminati
Documenti relativi all'istruttoria dell'impianto in questione.
La documentazione e' stata integrata da altra di diversa origine, elencata nella sezione
Riferimenti.
1. Studio di Impatto Ambientale (SIA) realizzato da MWH s.p.a. rev.2.0 marzo 2003. Ricevuto
su supporto informatico (CD, 36 cartelle, 357 files). In particolare sono stati esaminati:
1.1. SIA-QA Quadro Ambientale.
1.2. Allegato 1 al SIA-QA
1.3. Allegato 2 al SIA-QA
1.4. Allegato 7 al SIA-QA
1.5. Sintesi non Tecnica
2. Indice delle integrazioni richieste dal Ministero dell'Ambiente, in data 9/2/2004.
3. Integrazioni fornite da MWH s.p.a. in risposta al Ministero dell'Ambiente, rev.0, luglio
2004, ed in particolare
3.1. Elaborato n.3 E 3.1
3.2. Elaborato n.4
4. Indice delle integrazioni richieste dalla Regione Veneto.
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B. Obiettivo e motivazione
L'obiettivo del presente lavoro è rilevare l'eventuale esistenza di punti critici che possano essere
desunti dall'analisi dei documenti facenti parte la proposta di realizzazione di impianto come in
oggetto al titolo.
La motivazione risiede nella necessità espressa dal committente (il Comune di Cona) di
perseguire sul territorio in esame una visione di protezione e miglioramento dei parametri
atmosferici e della qualità dell'aria.
Il territorio in esame risulta interessato dallo sviluppo di nuova attività che conduce ad
emissione di sostanze inquinanti in atmosfera.
La particolare posizione del territorio in esame in un'area geografica (bacino della Val Padana)
fortemente antropizzata e sotto pressioni ambientali tra cui senz'altro quella atmosferica,
associata alla presenza di politiche volte al risanamento atmosferico, inducono ad estendere la
presente analisi anche al di fuori dei termini di riferimento legislativo e a suggerire la
valutazione più ampia e complessiva alla luce dello stato dell'arte delle conoscenze in merito.
Nel presente lavoro sono riportati i passaggi e i risultati di tale valutazione.
La sezione seguente (C) del documento intende riportare, nell'ordine in cui vengono rilevate, le
osservazioni specifiche ai paragrafi della documentazione esaminati.
La parte successiva (D) del documento intende invece rielaborare gli argomenti emersi in una
visione che possa orientare l'azione di tutela ambientale e il risanamento della qualità dell'aria in
cui il progetto in esame è visto non unicamente per sé, ma inserito nel contesto più vasto di
problematiche locali e influenze esterne.
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C. Criticità emerse
C.1. SIA-QA
Cap.2. ANALISI DELLE COMPONENTI
2.1 Atmosfera
2.1.1 Legislazione di riferimento
Valutazione dello spirito delle norme vigenti e del quadro normativo.
Il legislatore europeo e italiano è mosso dall'interesse di pervenire a un "drastico contenimento e
riduzione dei fenomeni cronici di inquinamento atmosferico, pur senza trascurare la prevenzione
e la gestione di episodi acuti". (SIA-QA pag.9).
Punto critico formale:
Essendo stato redatto nel 2003, il SIA-QA non ritiene recepita la Direttiva Europea 2002/3/CE
che ha fissato obiettivi a lungo termine, valori bersaglio e una soglia di informazione relativi alla
concentrazione di ozono nell'aria per evitare effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente nel
suo complesso. Al contrario il Decreto Legislativo n.183 del 21 maggio 2004 ATTUAZIONE
DELLA DIRETTIVA 2002/3/CE RELATIVA ALL'OZONO NELL'ARIA realizza tale
recepimento facendo proprie le indicazioni della norma europea, rappresentate nella Tab.2.1.7
del SIA-QA. L'avvenuto recepimento della direttiva e la necessità di tenerne conto nelle
valutazioni di qualità dell'aria e nel monitoraggio atmosferico sono confermate nei riferimenti
normativi riportati a pag.2 in ARPAV (2005).
Criticità della tabella 2.1.9 in relazione alla direttiva europea 2001/80/CE.
Ossidi di azoto. Il limite riportato di 200 mg/Nm3 ai sensi dell'art.4 par.1 della citata direttiva si
applica al nuovo impianto "che, secondo l'autorità competente è oggetto di una richiesta completa di
autorizzazione presentata anteriormente al 27 novembre 2002 sempreché esso sia messo in funzione
entro il 27 novembre 2003,". L'impianto in questione non sembra rientrare in questa
classificazione, dunque dovrebbe applicarsi piuttosto il limite di 50 mg/Nm3 riportato in allegato
VI parte B secondo quanto disposto nel par.2 stesso articolo della direttiva.
Le emissioni attese dell'impianto non risultano quindi migliorative ma piuttosto esattamente nel
limiti di quanto disposto dalla direttiva europea.
Riferimento alle BAT (Best Available Technology, miglior tecnologia disponibile), in relazione
alla necessita di "contenimento e riduzione dei fenomeni cronici".
Pur non essendo impellente, in relazione alle emissioni attese mostrate in tab.2.1.9, l'ampia
discussione documentabile sulle emissioni di ossidi di azoto e polveri possono
"ragionevolmente" seppur non "a norma di legge" portare alle seguenti richieste.
1) Le emissioni di ossidi di azoto attese nell'ordine di 50 mg/Nm3 possono venire
ulteriormente ridotte da interventi tecnologici miranti allo scopo. La pressione ambientale
che giustifica questo sforzo trae giustificazione nel ruolo ampiamente dimostrato degli stessi
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ossidi di agire come precursori della formazione di inquinanti secondari quali il PM2.5 e
l'ozono. La deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n.17989 del 28 giugno
2004 ha stabilito che il limite di emissione riferiti ai gas secchi in condizioni normali alla
percentuale del 15% di ossigeno per le turbine a gas poste in zone di risanamento ed in zone
di mantenimento debba essere 30 mg/Nm3 di NOx. A titolo d'esempio, la centrale a ciclo
combinato progettata in territorio dei Comuni di Bertonico e Turano Lodigiano in provincia
di Lodi, ha ricevuto parere favorevole con prescrizioni dal Ministero dell'Ambiente e dal
Ministero per i Beni e le attività culturali, col il limite sopraindicato, raggiungibile con le
ordinarie tecnologie disponibili per le turbine della taglia in questione.
Una soglia obiettivo alla portata dei dispositivi di filtrazione esistenti può venire indicata in
5-10 mg/Nm3 di NOx.
2) Pur non essendo tra gli effluenti normati per lo specifico impianto, causa il mancato
recepimento della direttiva europea 2001/80/CE (si veda tab.2.1.9 del SIA-QA), il
particolato è presente nei fumi di scarico di impianti simili in tutto il mondo, Italia compresa,
come mostra l'evidenza scientifica (D'Alessio et al., 2005) e sperimentale (Allegrini, 2004;
ARPA-ER, 2003). A riprova di ciò, nel parere favorevole espresso dalla commissione VIA
alla centrale lombarda sopracitata, viene indicata una concentrazione nei fumi di PM10
filtrabile pari a 0.9 mg/Nm3 pari ad una emissione annua di 30 tonnellate. A fronte delle
diverse valutazioni anche sull'ordine di grandezza delle emissioni di particolato, si dovrebbe
pervenire a una valutazione di massima, a una specifica attività di monitoraggio, e alla
pianificazione di attività di mitigazione.
2.1.2 caratterizzazione della componente
Meteo-clima
La limitazione più appariscente è rappresentata dalla mancanza di dati registrati nel sito della
centrale, che costringe ad una combinazione di dati provenienti da siti a caratterizzazione
drasticamente differente (continentale e costiera).
Anche il valore dell'altezza dello strato di rimescolamento rappresenta una situazione media
stagionale quando questo parametro ha una forte variabilità diurna (vedi grafico, fonte ARPA
Emilia Romagna).
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Essendo i fenomeni fisico-chimico-meteorologici determinanti per la dispersione degli
inquinanti emessi al camino, ed in maggior misura per la formazione e la dispersione degli
inquinanti secondari (che si formano cioè successivamente nello spazio e nel tempo) come
PM2.5 e ozono, si renderebbe necessaria la loro simulazione sulle scale temporali (da alcune ore
a alcuni giorni) e spaziali (da alcuni chilometri ad alcune centinaia di chilometri), come da
alcuni anni è tradizione all'estero (Stockwell et al., 2000) e da poco tempo si comincia a
sperimentare in Italia (Deserti et al., 2005).
Qualità dell'aria
Il primo elemento che viene in evidenza è che l'anno "ecologico di riferimento" (1 aprile 1999 31 marzo 2000) presenta una situazione accettabile per l'epoca, sebbene già critiche per polveri
e ozono. Le forti discussioni del passato inverno 2004-5 che hanno riguardato l'intero bacino
padano ed in particolare i centri urbani, con dichiarazioni di emergenza e sforamenti dei limiti di
legge per le PM10 rappresentano oggi un quadro assai diverso.
In questo senso è limitativo ipotizzare un problema polveri generato solo dalla fase di cantiere.
Come rileva anche la breve campagna di monitoraggio effettuata presso il sito il 14-23 gennaio
2003, una massiccia immissione di ossidi di azoto può comportare sia un aggravamento delle
concentrazioni critiche sotto le più sfavorevoli condizioni meteo, ma soprattutto comportare una
fonte di inquinamento secondario (PM2.5 e ozono, come rilevano anche studi di ARPA Veneto e
Uni Padova, si veda figura).
Cap.3. STIMA E VALUTAZIONE DELL'IMPATTO DELLA CENTRALE
3.1 Atmosfera
3.1.1. Fase di cantiere
Senza entrare nel merito della valutazione quantitativa e qualitativa dell'impatto ambientale
stimato nel SIA-QA, va sottolineato come l'approccio "compensativo" si possa estendere, per
quanto possibile, anche alle emissioni in atmosfera nella fase di esercizio, se si ritenga l'area
sottoposta a sufficienti pressioni da poter vedere già oggi compromessi i requisiti di qualità
dell'aria.
3.1.2 Fase di esercizio
Un primo rilievo di metodo, intrinseco all'attuale generale schematizzazione dei SIA previsti
dalla normativa vigente, è di NON considerare gli impatti degli inquinanti secondari (PM2.5 e
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ozono) di cui sono precursori gli ossidi di azoto: Risulta dunque assente una valutazione degli
impatti di tali inquinanti nelle simulazioni modellistiche, sia presumibilmente per la mancanza
e/o inadeguatezza nei modelli utilizzati, di moduli di trasformazione chimica e fotochimica (si
veda C3 per quanto riguarda l'allegato 3), sia, e di conseguenza, nella definizione delle scale
spaziali (nel caso specifico, 40 x 40 Km - un'area dichiarata vasta - centrata nel sito
dell'impianto) del tutto insufficienti a considerare gli effetti degli inquinanti secondari che
impattano su scale più grandi (centinaia di chilometri). Tanto più che l'area risulta interessata da
progetti di insediamento di impianti nuovi (Loreo) di pari taglia ed esistenti perfino di taglia
superiore (Porto Tolle, Fusina, Porto Marghera), a distanze tali poter incidere sulla qualità
dell'aria sia su scala locale che vasta.
C.2. ALLEGATO 1 CARATTERIZZAZIONE METEOCLIMATICA E QUALITA'
DELL'ARIA
L'allegato approfondisce gli argomenti esposti in SIA-QA 2.1.2.
Si confermano le criticità prima espresse.
La dinamica dell'altezza dello strato limite, assumendo valori medi stagionali e per classi di
stabilità, risulta "compressa" fra 195 e 795 m.
La criticità della pressione ambientale di particolato fine e ozono sembra essere sottostimata in
relazione alla possibilità dell'impianto in questione a determinare la formazione di questi
inquinanti a partire dalle emissioni di ossidi di azoto.
Peraltro, a pag.53 è riportato che "il biossido di azoto rappresenta un diffuso elemento di criticità
riguardante tutti gli ambiti urbanizzati della provincia di Venezia". Ma la limitazione agli ambiti
urbanizzati è perlomeno dubbia, anche solo considerando quanto riportato immediatamente
sopra, e cioè che "il valore definitivo imposto per il 2010, pari a 40 µg/m3 risulta spesso superato sia
nelle centraline di rilevamento allocate in ambito urbano, che in quelle esterne al centro abitato",
confermato dalla figura 3.2 che pur escludendo episodi di inquinamento acuto, ben rappresenta
la criticità rispetto al livello medio per la salute umana (40 µg/m3) e ancor più rispetto al livello
previsto per la tutela della vegetazione (30 µg/m3), che dovrebbe interessare un'area a vocazione
agricola.
C.3. ALLEGATO 7 SCHEDE RIASSUNTIVE DI IMPATTO
Componente ambientale : atmosfera
Per quanto dettagliato in C1 relativamente alla fase di esercizio, la combustione prevista di circa
1 miliardo di metri cubi di gas naturale all'anno non dovrebbe comportare la mera valutazione
dell'aumento di concentrazione di NOx e CO ai sensi del DM 60/2002, ma comportare la
valutazione di tutte le possibilità progettuali per contenere e ridurre le situazioni di criticità
prevedibili per il particolato fine e l'ozono per la cui formazione secondaria le emissioni di NOx
sono un presupposto. In tal senso si potrebbero prevedere in aggiunta o in alternativa interventi
di mitigazione (a pag.2 giudicati invece "Non necessari").
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C.4. INTEGRAZIONI RICHIESTE DAL MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA
TUTELA DEL TERRITORIO; REPLICHE
Elaborato n.3:
"Emissione di polveri sottili"
Anche data la genericità del quesito, il proponente discute l'emissione di PM10 filtrabile
(identificabile nel testo come "misurabile") stimando dalle interviste ai costruttori una soglia
massima di 2 mg/Nm3 nei fumi (corrispondente a circa 60 t/anno).
Si rende qui necessaria un'estesa premessa: esiste un dibattito sulla natura e quantità di
particolato emesso. La prima distinzione doverosa è fra PM primario (formatosi entro gli
apparati dell'impianto e rilevabile ai camini o immediatamente all'esterno) e PM secondario
(prodotto per trasformazioni chimiche e di fase nell'atmosfera all'esterno dell'impianto, si veda
figura). Il PM primario viene ulteriormente distinto in filtrabile (ovvero più facilmente
raccoglibile in appositi filtri soprattutto allo scopo di misurarne la quantità) e condensabile
(ovvero che viene emesso in fase ancora gassosa ad alta temperatura ma che condensa in fase
liquida o solida a seguito di diluizione e raffreddamento entro pochi secondi dall’espulsione
dalla sorgente, tipicamente il camino).
Schematizzazione di dove si forma il PM primario (filtrabile e condensabile) e
dell'emissione degli NOx come precursori di PM secondario.
Sul primario si registrano misure e stime che variano anche per ordine di grandezza: 1 (t/anno)
(Allegrini, 2004; Macchi, 2004); 101 (t/anno) (ARPA-ER, 2003), 102 (t/anno) (Armaroli e Po,
2003a,b). Tale incertezza e variabilità è, a parere dello scrivente, in sostanza dovuta al fatto che
venga o meno considerata e/o misurata la frazione "condensabile" del PM primario, che può
consistere in una percentuale fra il 10% e il 90% del primario. Sono decisive a riguardo anche la
tipologia e le condizioni di esercizio dell'impianto (Corio et al., 2000, Lanier et al., 2004).
Le valutazioni seguenti nell'allegato 3 in risposta all'integrazione richiesta dal Ministero si
rifanno dunque a una quantità di PM primario (nella pratica purtroppo non si trova distinzione
fra filtrabile e condensabile), che può in generale a ragione essere considerata modesta. In una
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regione però dove il particolato comunque rappresenta una pressione ambientale, una tale
emissione da attività industriale potrebbe essere (in quanto attività aggiuntiva) comunque
compensata con la soppressione pianificata di emissioni di differente origine. Soprattutto
tenendo conto della difficoltà di modellarne gli impatti durante i periodi in cui la meteorologia è
favorevole all'accumulo e al cumulo con altre sorgenti.
Ma ciò che risulta completamente ignorato in questo allegato e' che l'accumulo e l'aggravamento
prodotto dalle condizioni atmosferiche particolari della Val Padana è il risultato anche e
principalmente della formazione di particolato secondario a partire dai precursori gassosi.
Una valutazione reale dell'impatto su un ambiente già compromesso (l'immagine pittorica
ricostruita con i dati del sensore SCIAMACHY del satellite europeo ENVISAT, che segue, è
ormai arcinota) non può eludere l'emissione di migliaia di t/anno di ossidi di azoto (NOx) in
grado, nelle favorevoli condizioni meteorologiche e climatiche, di trasformarsi (il problema è:
dove) in PM secondario (de Leeuw, 2002) di dimensione inferiore ai 2.5 micron di diametro e
perciò pericolosi alla salute.
Immagine pittorica ricavata da SCIAMACHY-ENVISAT. Nel codice colore è
riportata la concentrazione media annua colonnare di NO2 (crescente dal blu al
rosso. Credits: University of Heidelberg).
Una proiezione desunta dalla letteratura (Stockwell et al., 2000) induce a stimare che 1600
t/anno di NOx (corrispondenti alla soglia di 50 mg/Nm3 che sarebbe l'emissione limite a regime
dell'impianto in questione) possano produrre 900 ± 200 t/anno di PM secondario. A fronte di ciò
in California le norme prevedono una drastica riduzione delle emissioni di NOx autorizzate per
le centrali termoelettriche (fino a 4 mg/Nm3) per evitare le criticità dell'inquinamento
secondario. Va sottolineato che le condizioni climatiche e meteorologiche della San Joaquin
Valley, in California, dove è stato condotto questo studio modellistico e sperimentale, sono
molto simili a quelle della Val Padana.
La discussione sulla dimensione dei PM (PM10, PM2.5, PM1, …) relativamente a fonti di
emissione, trasporto, trasformazione chimico-fisica, sistemi di misura, richiederebbe molto
spazio. Si può segnalare un buon articolo tecnico-divulgativo (Zanini, 2004) dove si ribadisce
tra l'altro l'importanza di una valutazione di impatto strategica non limitata al singolo impianto,
e la lacuna di informazione sul PM2.5 che dovrebbe essere monitorato per meglio agire verso un
miglioramento della situazione, come peraltro prescriverà prossimamente la Comunità Europea.
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Quanto si muove in Europa sull'argomento è descritto in un corposo rapporto del CAFE (Clean
Air For Europe) Working Group on PM (CAFE, 2004).
L'allegato 3.1 descrive i modelli ISC3 e CALPUFF utilizzati per le simulazioni.
Si può evincere di nuovo come una corretta conoscenza dell'altezza dello strato di
rimescolamento sia importante per simulare il più correttamente possibile la dispersione degli
inquinanti, e come il metodo utilizzato (per quanto desumibile dalla sola lettura della
documentazione in esame) possa essere grossolano per le situazione a breve termine in cui la
reale dinamica sulla scala delle ore e dei giorni può essere determinante per il grado di
intrappolamento o meno degli inquinanti.
Per entrambi i modelli non viene riportato l'inventario delle trasformazioni chimiche
considerate, ma è lecito supporre non vi siano effetti diversi dal decadimento esponenziale.
Viene ribadita la necessità di trattare con cautela le situazioni di calma di vento. Il riferimento
alla bassa frequenza di condizioni meteo favorevoli all'accumulo degli inquinanti emessi dalla
centrale in esame, stride con la constatazione che anche nella zona limitata e relativamente poco
urbanizzta si verifica il fenomeno dell'accumulo delle emissioni delle altre sorgenti, come si può
constatare dai risultati della campagna di misura di ARPAV, 2005.
Elaborato n.4
"Variazioni meteoclimatiche dovute all'esercizio della Centrale Elettra e di analoghi generatori"
Pur non essendo facile trovare in letteratura evidenze per una preoccupazione di tipo
meteoclimatico in ragione delle emissioni di vapore d'acqua e l'eliminazione dell'energia
termica, non pare appropriato approfondire le variazioni medie di temperatura e umidità
relativa per avere una utile previsioni degli impatti. Sarebbe invece opportuno classificare i
fenomeni atmosferici di interesse (formazione nebbie, rugiada, gelate, ondate di calore, ecc.),
caratterizzarli attraverso una completa parametrizzazione e determinazione dei valori tipici
(assai diversi dalle medie annuali!) la cui frequenza potrebbe venire modificata dall'esercizio
della centrale: ad esempio, ondate di calore e nebbie avvengono per transizione da valori di
soglia assai diversi dalle temperature e umidità relative medie annue.
L'effetto cumulativo indotto dalla eventuale compresenza di analogo generatore nel caso in
questione, andrebbe semmai estesa alla valutazione delle emissione di ossidi di azoto, di zolfo
(Porto Tolle), PM e precursori di inquinanti secondari.
C.5. INTEGRAZIONI RICHIESTE DALLA REGIONE VENETO: indice
Dall'Indice delle integrazioni richieste, non emergono ulteriori elementi di particolare interesse
da approfondire.
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D. Sintesi e considerazioni finali
La presente valutazione mira ad individuare eventuali criticità ambientali che non hanno trovato
spazio nel SIA dell'impianto proposto, o che abbiano avuto una considerazione limitata, rispetto
all'interesse di tutela del territorio da criticità già presenti e documentate, o future. Se la ricerca
di criticità è stata precedentemente svolta (sezione C) seguendo l'organizzazione della
documentazione, in questa sezione si cerca di ricapitolare quanto emerso, affrontando le
problematiche specifiche di ciascun elemento di pressione ambientale, pur non sfuggendo i nessi
che li legano, in particolare lo sviluppo di inquinanti atmosferici secondari a partire dalle
emissioni di camino.
Bisogna senz'altro premettere alcune considerazioni. Lo Studio d'Impatto Ambientale di un
singolo impianto non ha l'ambizione di rappresentare lo stato dell'arte in quanto a pressioni
ambientali e politiche di tutela del territorio, ma si limita a verificare la corrispondenza dei
termini di progetto con la normativa vigente limitatamente alle matrici ambientali (aria, acque,
ecc.) e agli agenti inquinanti riconosciuti per quello specifico impianto.
E' per esempio noto che per una centrale termoelettrica alimentata a gas naturale non sia prevista
dalla normativa italiana vigente alcuna verifica in continuo e nessuna limitazione nella
emissione di particolato primario, a prescindere dalla localizzazione della stessa e dalla
eventuale presenza di altri impianti simili o di una situazione di inquinamento da particolato
importante.
La motivazione di fondo sulla particolare cautela da porre nell'esame degli impatti di un nuovo
insediamento, che si sovrappone a un tessuto territoriale esposto a criticità, è ben riassunto nel
paragrafo 2.1.9 del Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell'Atmosfera (PRTRA, 2004):
"La qualità dell'aria nei centri urbani rappresenta uno dei temi di maggiore criticità ambientale, la cui
causa va ricercata nelle emissioni prodotte dal traffico, dai riscaldamenti domestici e dalle attività
produttive. Attualmente, in corrispondenza delle aree urbane, i trasporti costituiscono, su base annua, la
principale fonte di emissione di inquinanti, come ossidi di azoto, composti organici volatili, tra cui
benzene, monossido di carbonio, polveri PM, in particolare PM10, e CO2. (…) Peculiare è la situazione in
val Padana, dove le condizioni meteorologiche sono spesso favorevoli alla stagnazione dell'aria:
vengono così favoriti i processi di accumulo degli inquinanti nonché le reazioni chimiche che portano alla
formazione di inquinanti secondari come l'ozono e la componente secondaria del PM10." Se è vero che
buona parte della pressione ambientale critica nelle aree più densamente abitate origina nelle
stesse aree, le emissioni in atmosfera tipiche di una centrale termoelettrica coprono un'area assai
più vasta del circoscritto raggio su cui vengono valutate le emissioni primarie. Lentamente, ci si
sta ponendo la necessità di valutare ed agire considerando la Val Padana, oltre che un bacino
idrico, un bacino aereo.
Per concludere la premessa a questa sezione, si vuole considerare che esistono studi capaci di
indicare gli impatti e i costi dell'esercizio di attività che portano all'emissione di inquinanti in
atmosfera, rigorosamente collegate alla geografia fisica (caratterizzazione meteoclimatica) e
umana (città, campagna, ricchezza, costi del sistema sanitario). Una rapida stima delle
esternalità economiche sanitarie delle emissioni primarie e secondarie da una turbogas da 800
MW, fatta utilizzando un database sviluppato dal Dipartimento Ambiente della Commissione
Europea (BeTa, 2002), conduce alla cifra 12 milioni di Euro all'anno.
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D.1. Ossidi di azoto (come tali e come precursore degli inquinanti secondari)
Il Parlamento Italiano ha recepito le indicazioni della direttiva europea 2001/81/CE attraverso
Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 171 "Attuazione della direttiva 2001/81/CE relativa ai
limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici". Motivato dal fine di tutelare
l'ambiente e la salute umana dagli effetti nocivi causati dalla acidificazione, dalla
eutrofizzazione del suolo e dalla presenza di ozono al livello del suolo, tale Decreto individua
gli strumenti per assicurare, tra l'altro, il limite nazionale di emissione per gli NOx a 990 Kt
(migliaia di tonnellate)/anno. Come si vede dalla figura sottostante, pur con una diminuzione
progressiva a partire dal 1992, attribuibile alla catalizzazione dei veicoli sulle strade e, in parte
minore, all'utilizzo di materie prime combustibili meno inquinanti nel settore termoelettrico, si è
ancora lontani dall'obiettivo. Dunque ogni nuova fonte di emissione di ossidi di azoto dovrebbe
essere valutata con grande accortezza e inserita in una pianificazione nazionale di cui non si
sente ancora una grande efficacia.
Dal momento che l'applicazione di tecnologie per l'abbattimento dell'80-90% delle emissioni
tipiche degli impianti termoelettrici, inclusi i sistemi turbogas alimentati a gas naturale, è cosa
routinaria in Paesi con rigorose politiche riguardanti le emissioni in atmosfera, si deve
constatare un certo ritardo nel nostro Paese a considerare questa strada. Ritardo confermato se si
considera che recentemente la Corte di Giustizia delle Comunità europee (GUE, 2005) condanna
la Repubblica Italiana, per essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti Inadempimento di uno Stato - dalla Direttiva 2001/80/CE, che doveva essere recepita entro il
27 novembre 2002. Quindi nemmeno i limiti di emissione di inquinanti atmosferici dai grandi
impianti di combustione indicati in quella direttiva, oggi addirittura migliorabili, fanno ancora
parte delle norme nazionali attualmente vigenti.
La preoccupazione per episodi acuti (superamento delle soglie di attenzione e di allarme per la
massima oraria della concentrazione) sembra nel caso in esame da escludersi. Diversa è la
situazione attuale rispetto alla media annua, che rappresenta la pressione tipica, in Val Padana, e
che preoccupa sia per la capacità di formazione degli inquinanti secondari che per la pressione
sulla vegetazione.
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Esaminiamo adesso in dettaglio i prodotti secondari che l'emissione di 1600 tonnellate all'anno
di ossidi di azoto possono comportare, e che fanno sì che si debba pianificare con molta
attenzione l'aggiungersi di nuove emissioni in un quadro critico.
D.2. Ozono
Se le condizioni invernali sono favorevoli alla formazione di PM secondario, quelle estive lo
sono per la formazione di ozono alla superficie terrestre, a partire da precursori emessi
principalmente da traffico veicolare e centrali termoelettriche (in estate i sistemi di
riscaldamento domestico sono spenti).
In concomitanza con l'onda di calore dell'estate 2003, tra le molte stime di eccesso di decessi
dovuti alle particolari condizioni ambientali, alcune (Fischer et al., 2004) sono state in grado di
stimare il contributo imputabile all'ozono (circa 1400 decessi in Olanda tra giugno ed agosto
2003). Per una recente e più completa valutazione del problema, si veda Gryparis et al. (2004).
Appare dunque insufficiente il modo in cui questo fenomeno è considerato nel SIA, dove appare
l'intento sia di svalutarne l'interesse per i possibili danni sanitari e fitosanitari, sia di avvalorare
la tesi di responsabilità altre dai sistemi in esame.
Rimane anche il punto critico che all'epoca della stesura e valutazione del SIA la direttiva
europea che riguarda l'ozono non era stata ancora recepita, cosa che è avvenuta nel 2004.
E' pur vero che i fenomeni che portano alla formazione di ozono troposferico sono complessi,
ma proprio per questo l'aggiunta di nuove sorgenti di precursori dovrebbe essere molto
attentamente valutata, magari in un approccio integrato in area vasta come quello mostrato da
Deserti et al. (2005).
D.3. Particolato o polveri
L'approccio esposto nel SIA alla problematica dell'emissione di particolato primario e della
produzione di particolato secondario risulta "figlio" della constatazione che il gas naturale è fra i
combustibili fossili il meno problematico rispetto alla generazione e all'aggravamento della
pressione ambientale e sanitaria causata da questo tipo di inquinanti.
Inoltre, il quadro ambientale preesistente delineato nel SIA e successive integrazioni tende a
descrivere una situazione di moderata pressione, che induce il proponente ad approfondire solo
l'impatto e le misure di mitigazione per la produzione di polveri nella fase di cantierizzazione.
La convinzione che la combustione di gas naturale (erroneamente confuso con il metano "puro",
CH4) produca unicamente acqua e anidride carbonica, basata su una semplificazione
"stechiometrica", è ardua da scalfire. Invece:" La combustione del gas naturale produce particolato
fine ed ultrafine, primario e secondario, …. Nei progetti italiani per nuove centrali turbogas, anche già
autorizzati dal Ministero, non si fa riferimento alla produzione di questi pericolosi inquinanti. I nuovi
impianti brucerebbero miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi rispetto agli attuali consumi e la produzione
di particolato sarebbe tutt’altro che irrilevante." (Armaroli e Po, 2003b). Inoltre: "Da un punto di vista
ambientale la tecnologia a ciclo combinato a gas naturale è una valida scelta per la riconversione di
vecchie centrali ad olio combustibile o a carbone. Le emissioni di gas serra ed inquinanti sono comunque
tutt’altro che trascurabili, e includono rilevanti quantità di polveri fini. Nel caso di nuovi impianti di grandi
dimensioni, l’autorizzazione andrebbe concessa con cautela ed in presenza di adeguate misure
compensative sulla qualità dell’aria…".(Armaroli e Po, 2003a)
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Questi articoli hanno innescato una sequela di discussioni avendo sollevato il velo su ciò che
all'estero (US-EPA, 2000) è fuori discussione discussione: la combustione di gas naturale
produce particolato, (D'Alessio et al., 2005, con particolare enfasi sulle nanoparticelle e una
buona review degli effetti sanitari e climatici) e precursori a particolato secondario e ozono.
Il proponente ha potuto così formulare un SIA dove l'emissione di polveri (a prescindere da
natura e dimensioni, che non sono affatto irrilevanti soprattutto ai fini di protezione della salute,
come specificano anche Ciajolo et al., 2005) e valutata irrilevante, grazie anche al mancato
recepimento in Italia della direttiva 2001/80/CE che avrebbe posto una soglia di massa a 5
mg/Nm3.
Infine anche il Ministero dell'Ambiente sembra aver preso atto della necessità di chiedere
ulteriori precisazioni in merito al proponente, ricevendone una risposta che ad avviso dello
scrivente non rispecchia tutte le conoscenze attuali e le problematiche aperte in merito, come
rilevato in C3.
Il punto di vista che qui si vuole esprimere nasce dunque da un approccio diverso al problema:
l'area in questione, seppur con peculiarità proprie di zona non densamente abitata o urbana,
appartiene ad un'area geografica (la Pianura Padana) le cui attività antropiche determinano
alcuni fenomeni di inquinamento che si possono definire "ubiquitario" per i quali ogni ulteriore
contributo aggiuntivo all'esistente rappresenta un incremento di rischio.
Rilevato che non risultano evidenti dalla documentazione visionata in merito, violazioni o non
conformità a quanto prescritto dalla normativa vigente, a sostegno della necessità di una nuova
lettura dei dati di inquinamento e dei processi fisici e chimici propri delle attività umane che ne
sono alla base, si presentano le seguenti considerazioni ed evidenze.
a) "la Commissione europea presenterà una nuova strategia dettagliata volta a migliorare la qualità
dell’aria in Europa. L’iniziativa prende le mosse da una serie di dati scioccanti rivelati da ricerche recenti
Riduzione dell’aspettativa di vita media (in mesi) a causa di PM2.5 antropogenici
Fonte IIASA
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secondo cui l’impatto dell’inquinamento atmosferico sarebbe maggiore di quanto si credesse in passato,
con una riduzione di nove mesi della nostra speranza di vita media e un aumento di malattie respiratorie
quali bronchite e asma." (DG Ambiente, 2005) E' proprio il PM ed in particolare la frazione fine
PM2.5 più pericolosa per la salute a rappresentare un rischio rilevante.
Uno studio svolto da IIASA (International Institute for Applied Systems Analysis) "…rivela
infatti che le zone i cui abitanti risentono maggiormente di danni alla salute sono il Benelux, l’Italia
settentrionale e alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Europa orientale, in particolar modo Polonia e
Ungheria (vedere mappa)"
b) La campagna di monitoraggio effettuata da ARPAV (ARPAV, 2005) conferma la criticità del
parametro misurato (le PM10), anche in un sito non direttamente interessato da attività
industriali, ben oltre quanto rilevato nel SIA. Si noti in particolare (ARPAV, 2005, tab.G) che
l'andamento giornaliero della concentrazione di PM10 è simile nelle variazioni in aumento e
diminuzione in tutte le tre postazioni monitorate, confermando che la natura di tale problema e'
complessa e va affrontata con l'approccio di bacino richiamato dal PRTRA (2004, par.7.1.4).
D.4. Compresenza di altri impianti
E' stato già ribadito che la proposta della nuova centrale da 800 MW in comune di Cona va a
inserirsi in un territorio vasto sotto la pressione dei fattori inquinanti prima descritti. In
particolare va qui evidenziata la presenza di un progetto del tutto simile pensato in posizione
limitrofa (Loreo) di pari taglia.
Non bisogna inoltre dimenticare che sono attive nel raggio di poche decine di chilometri (raggio
caratteristico per la formazione di inquinanti secondari) la centrale di Porto Tolle, funzionante
ad olio combustibile e in deroga alle limitazioni di legge, essendo considerata per la sua grossa
potenza "strategica", come pure le centrali di Fusina, e Porto Marghera.
Dall'inventario delle emissioni dei grandi impianti, raccolto dalle autorità competenti, sono già
decine di migliaia le tonnellate di ossidi di azoto (e di ossidi di zolfo) che ogni anno sono
riversate in atmosfera. L'aggiunta dei 1600 MW elettrici ipotizzati (Cona + Loreo) solleva
qualche interrogativo, se perfino il proponente considera poter esserci un problema di
cumulazione degli effetti, come scrive valutando locazioni alternative a quella selezionata:
sarebbe infatti "evidente l'ulteriore impatto ambientale cumulativo" che comporterebbe
affiancare una turbogas da 800MW a pochi chilometri dalle esistenti centrali di Ostiglia e
Sermide. (Elaborato n.1. Integrazioni richieste dal MinAmbiente, pag.5). Rimane l'incertezza su
come si faccia a stabilire a quale distanza da preesistenti centrali termoelettriche sia ragionevole
aggiungere emissioni di inquinanti atmosferici, senza pacchetti compensativi o almeno
applicando tutta la tecnologia disponibile per rendere minime le emissioni, rappresentando
l'intera Pianura Padana un "giardino" seriamente compromesso.
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D.5. Raccomandazioni finali
Le raccomandazioni finali possono essere ispirate al paragrafo 1.2 del PRTRA (2004):
"L'inquinamento da ozono e da polveri fini presenta un'ampia diffusione sull'intero territorio regionale, e
sembra tendere al peggioramento nel prossimo futuro" (…) "anche in ambiti sinora considerati non
direttamente influenzati dal traffico veicolare."
"Relativamente alle polveri PM10, è difficile stabilire la tipologia di misure da adottare dal momento che è
oramai dimostrata la natura in parte secondaria di tale inquinante e tenendo conto che il traffico è solo
una delle più importanti fonti di produzione; l'altra caratteristica è la dipendenza dei livelli di
concentrazione dalle condizioni dispersive dell'atmosfera.(…) Anche l'ozono è un inquinante di tipo
secondario, prodotto da reazioni fotochimiche di trasformazione degli inquinanti primari, quali composti
organici volatili e ossidi di azoto. Anche in questo caso, le condizioni meteorologiche hanno un'enorme
influenza sulle concentrazioni di tale parametro."(…)
"Preoccupazione desta anche l'inquinamento da biossido d'azoto (…) le azioni di risanamento,
finalizzate alla riduzione dei livelli di concentrazione di tale parametro, dovranno essere applicate in tutti i
capoluoghi della regione, e estese anche alle province di Padova, Venezia e Verona."
Le previsioni di un peggioramento futuro, scritte nel 2004, sono confermate osservando che le
misurazioni di qualità dell'aria condotte da ARPAV nel corrente anno, hanno indotto la proposta
di estendere la selezione di Comuni considerati nella fascia A (quella dove i livelli di uno o più
inquinanti o comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme; in
queste zone andranno applicati i piani di azione) del PRTRA. Il Comune di Cona, secondo
quanto pubblicato dalla stampa (Il Gazzettino, 7 settembre 2005) è fra i 14 Comuni della
Provincia di Venezia a entrare in questo insieme di territori fino allo scorso anno composto da
otto soli Comuni della Provincia.
Senza entrare nel merito di tutte le misure previste per i territori in fascia A dal piano (si veda
PRTRA, 2004, cap.6, ed in part. 6.1.2 per i PM10 e 6.1.4 per il biossido di azoto), si deve
sottolineare che esse non si limitano ad agire sul traffico veicolare: sono previste misure,
subordinate al verificarsi di condizioni sfavorevoli, dirette al blocco delle attività produttive
che emettano oltre 10, 10 e 60 Kg/giorno di CO, PM10 e biossido di azoto rispettivamente; tutti e
tre questi limiti sono routinariamente superati dal normale esercizio di una centrale turbogas da
800 MW.
Sulla base di queste considerazioni, la proposta di una centrale turbogas da 800 MW (per non
dire di due impianti similari a poca distanza l'uno dall'altro) deve sollecitare un approfondito
esame degli impatti ambientali atmosferici. La presente analisi conduce a formulare il seguente
insieme di osservazioni e spunti di approfondimento, ovviamente interconnessi fra loro.
1. La riduzione delle emissioni di ossidi di azoto è un obiettivo strategico per la qualità dell'aria
nel bacino padano. Si dovrebbe pertanto adottare ogni misura tecnologicamente possibile per
rendere minime le emissioni.
1.1. Adottando le migliori tecnologie disponibili (combustibili puliti, sistemi di abbattimento
post-combustione).
1.2. Adottando misure di compensazione, subordinando l'autorizzazione di emissioni da
nuove sorgenti a obiettivi di riduzione effettivamente raggiunti entro l'area vasta.
2. La valutazione degli impatti ambientali atmosferici di un nuovo singolo impianto (p.es. una
centrale termoelettrica di potenza superiore a 50 MW), considerando il ruolo fondamentale
che meteorologia e trasformazioni chimiche secondarie assumono, dovrebbe essere studiata
in relazione al contesto circostante di bacino e a quello di area vasta sulla scala delle
centinaia di chilometri.
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2.1. La meteorologia dovrebbe essere approfondita sugli scenari caratteristici della zona, con
misurazioni nel sito e nell'area circostante, rispetto alle situazioni climatiche tipicamente
interessanti (ondate di calore, nebbie, gelate, inversioni termiche, ecc.) e non
unicamente parametrizzando con i valori medi stagionali.
2.2. Un sito apparentemente estraneo a intense fonti di inquinamento, può essere invece
interessato dalla dinamica di trasporto e trasformazione degli inquinanti, come appare
dai risultati della campagna di misurazione di ARPAV, 2005.
2.3. La pressione rappresentata dalla compresenza di grossi impianti di produzione elettrica
(alcuni peraltro a combustibili solidi e liquidi) entro il raggio di 100 Km dovrebbe
essere considerata in uno studio multisorgente per valutare la produzione di inquinanti
secondari.
3. La pressione degli inquinanti secondari PM10 e ozono (i PM2.5 rimangono, purtroppo, non
misurati) dimostra che non si dovrebbe escludere il fenomeno della formazione di inquinanti
secondari dalle valutazioni d'impatto, essendo inoltre le condizioni meteorologiche di bassa
pianura favorevoli alla persistenza degli inquinanti primari all'origine dei secondari.
3.1. Nella fattispecie, l'inquinante ozono è stato trascurato, anche presumibilmente per il non
recepimento della direttiva europea all'epoca dello sviluppo del SIA-QA.
3.2. Non sono previste misure di compensazione sui livelli previsti di emissione dei
precursori degli inquinanti secondari.
4. Il particolato primario emesso dalla centrale non sarà misurato né routinariamente, né
sporadicamente. L'emissione in fase di esercizio, prevista dallo stesso proponente, di 30-60
t/anno, non è prevista venga compensata da diverse misure messe in atto dal proponente.
4.1. Rimane aperta anche a livello tecnico e scientifico la questione della misurazione del
particolato primario condensabile e la caratterizzazione del particolato fine e ultrafine
(di diametro inferiore al micron - millesimo di millimetro - e al decimo di micron) che
sembra essere la frazione più consistente della tipologia di combustione tipo turbogas.
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Glossario essenziale
PM (PM10, PM2.5, PM1, …): Materiale Particolato (dall'inglese Particulate Matter)
Materiale disperso in aria, di differente origine e dimensione, in forma prevalentemente
solida o solido/liquida. Il suffisso numerico indica la selezione, fra tutto il PM, del particolato
il cui diametro aerodinamico equivalente1 sia inferiore al valore indicato (soglia superiore),
che va inteso in millesimi di millimetri (micron).
PM primario
Materiale particolato che si genera nelle componenti principali e nelle fasi di produzione
caratteristiche di un impianto o processo produttivo. Viene ulteriormente distinto in PM
primario filtrabile e PM primario condensabile (si veda pag. 10).
Inquinanti secondari
Sostanze che si formano successivamente all'emissione in atmosfera di sostanze primarie,
grazie a particolari condizioni di temperatura, umidità, insolazione, compresenza di reagenti e
efficienza di trasformazioni chimiche. Gli inquinanti secondari possono essere in forma
gassosa (p.es. ozono) o di PM derivanti da forme anche gassose come gli ossidi di azoto e di
zolfo, e l'ammoniaca.
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