Fra tisane e SS. La storia della casa di cura Rovetta a Ghiffa

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Fra tisane e SS. La storia della casa di cura Rovetta a Ghiffa
Fra tisane e SS. La storia della casa di cura Rovetta a Ghiffa
di Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola
Il Dottor Luigi Rovetta era un teorico del naturismo scientifico. Nel 1920 aveva
fondato a Ghiffa un luogo speciale, la Casa di cure naturali Dr. Luigi Rovetta. Qui il
paziente poteva rigenerarsi in un paesaggio incontaminato e ristabilire il giusto
equilibrio tra corpo e ambiente. La struttura era costituita da un edificio dedicato
alle cure, dotato di attrezzature moderne.
Al piano superiore c'erano le sale per gli ospiti. Sopra le finestre e sul soffitto erano
dipinte delle scene di argomento naturale. Un paesaggio raffigurava il lago, un altro la
campagna, un terzo un pergolato fiorito. Gli appartamenti per gli ospiti erano
arredati, secondo il gusto dell'epoca, in stile floreale.
Il parco che circondava la casa di cura si estendeva per circa quattro ettari e fino alle
pendici del Sacro Monte di Ghiffa. Dalla casa di cura si godeva di una meravigliosa
vista sul lago. Furono ospiti del dottor Rovetta il Campionissimo Fausto Coppi e il
pugile Primo Carnera.
Oltre alla pratica concreta, il medico fu anche autore di parecchie pubblicazioni. Già
nel 1920 stampava presso l'editore Almasio di Intra il Vademecum per attuare a
domicilio la cura depurativa e ricostituente della casa di cure naturali Dr. Luigi Rovetta e
dal 1926 firmava la rivista mensile "Natura e scienza per la salute" e la "Rivista
bimestrale della Casa di Cure". Nel 1940 il Rovetta scrisse ancora Verso il naturismo
scientifico, per l'editore Airoldi, in cui esponeva tutte le cure, mentre nel 1944 diede
alle stampe Naturismo: cure naturali, sempre con l'Airoldi.
I due volumi illustravano le molteplici possibilità pratiche della cura naturale. Le
teorie del Rovetta erano innovative e furono studiate anche dai suoi colleghi
contemporanei. Medicina, igiene e alimentazione erano i temi fondamentali del
naturismo, corrente di pensiero diffusa già nel Settecento. Secondo il medico belga
Jean Baptiste Luc Planchon, che nel 1778 pubblicava il libro Le Naturisme ou la nature
considérée dans les maladies et leur traitement conforme à la doctrine et à la pratique
d'Hippocrate et ses sectateurs, il naturismo era una la dottrina che lascia agire la natura
piuttosto che intervenire in maniera artificiale. La "natura" era quella dell'uomo, capace
di risanare il corpo malato.
La casa di cura era ancora aperta nel 1943. Nell'aprile del 1944 fu requisita dalla
polizia tedesca e destinata a convalescenziario della Legione SS italiana, una unità di
militari combattenti che, dopo l'8 settembre, si era schierata con il Führer. Le SS
(abbreviazione del tedesco Schutzstaffeln, ossia squadre di protezione) erano in
Germania il reparto di polizia di partito e guardia personale di Hitler. Durante il
giuramento il volontario italiano declamava: "sarò in maniera assoluta obbediente ad
Adolf Hitler, comandante Supremo delle Forze Armate Tedesche e quale valoroso
soldato, sarò pronto in ogni momento adare la mia vita per questo giuramento". A
parte due battaglioni inviati ad Anzio per contrastare lo sbarco degli americani, le SS,
che non erano meno feroci dei loro corrispettivi germanici, furono quasi
esclusivamente impiegate dai tedeschi in operazioni di polizia e di rastrellamento anti
partigiano, soprattutto nel nord Italia. Secondo lo storico triestino Ricciotti Lazzero,
autore di un libro sui legionari nostrani "nelle loro file ci fu di tutto: idealisti, illusi,
fanatici, profittatori, gente in buona e malafede, persone che colsero l'occasione per
rientrare in Italia dai campi di concentramento, individui violenti, altri che credevano in un
nuovo ordine europeo all'ombra della svastica e ne volevano essere i forgiatori, e, quindi, ad
un certo momento, i privilegiati, ed anche prigionieri messi di fronte all'alternativa: o con noi
o al muro". Si tratta di uno dei capitoli più inquietanti della storia della Repubblica di
Salò.
Tra le azioni delle SS italiane da ricordare gli eccidi di Bucine, Cavriglia, Civitella della
Chiana, nell'aretino, e di Bardine di San Terenzo in provincia di Massa Carrara, dove
al comando del maggiore Walter Reder le SS italiane massacrarono 160 civili. A San
Sabba, nella Risiera di Trieste, lo stabilimento industriale tristemente noto per
essere stato trasformato in un campo di detenzione e polizia dotato di forno
crematorio, c’erano, tra gli aguzzini, anche gli italiani. Portavano la divisa delle SS. Si
calcola che nella Risiera vennero sterminate dalle tremila alle cinquemila persone.
Questo "ordine" si sciolse nell'aprile del 1945, poco dopo aver avuto la concessione
da Himmler di poter costituire una divisione nazionale. L'ultima brigata si arrese a
Gorgonzola, nei pressi di Milano, ai carri armati americani, senza sparare un colpo.
L'equipaggiamento dei volontari era il frutto delle rimanenze dei magazzini tedeschi e
italiani: la giubba era italiana, i pantaloni erano i roundbundhsen dei paracadutisti o
quelli dell'esercito. Le divise avevano mostrine rosse, mentre i gradi erano quelli
della gerarchia tedesca. Sul coprocapo e sull'elmo luccicava il teschio d'argento e,
talvolta, le due rune SS stilizzate in bianco. Altri segni distinitivi erano un'aquila e un
fascio littorio romano.
La vicenda relativa a Ghiffa è raccontata nel libro Sentire - Pensare - Volere. Storia
della Legione SS italiana di Sergio Corbatti e Marco Nava. Nell'Aprile 1944, per
accogliere i numerosi feriti provenienti dal fronte di Anzio, venne costituito a Ghiffa, sulla
sponda piemontese del Lago Maggiore, il Convalescenziario della Legione SS Italiana. Il
Convalescenziario dipendeva dalla Abteilung Presse und Propaganda, e veniva utilizzato sia
da volontari SS residenti in località già occupate dagli anglo-americani per trascorrervi brevi
periodi di licenza. ... Il complesso era costituito da quattro edifici, e oltre al personale
medico venne distaccata permanentemente una piccola squadra composta da uomini della
Schutzpolizei, con funzioni di guardia e sicurezza. All'ingresso, a fianco della bandiera da
guerra del Reich, sventolava il tricolore della RSI, dono delle donne della sezione del PFR di
Verbania. Oltre alle camere per i degenti, il convalescenziario era dotato di un grande
salone dove si svolgevano spettacoli organizzati dal Complesso Artistitico della Legione, e
dove ufficiali della Abteilung Presse und Propaganda tenevano saltuariamente conferenze di
argomento politico o per illustrare la situazione sui vari fronti di guerra; completavano le
strutture del complesso una biblioteca, una sala per l'ascolto della radio e una sala per le
proiezioni cinematografiche. Il periodo di permanenza al convalescenziario durava di regola
tre settimane; durante questo periodo i volontari SS passavano in forza alla 1.Genesende
Kompanie. Oltre ai feriti usufruirono del complesso di Ghiffa anche numerosi volontari SS,
provenienti dai territori già occupati, per trascorrervi le licenze: la sezione del Partito
Fascista Repubblicano di Verbania organizzava per gli ospiti del convalescenziario gite in
barca sul lago Maggiore. Nonostante la presenza in zone di formazioni partigiane, non
venne mai compiuto nessun attentato contro il personale del convalescenziario. Solo nella
tarda estate del 1944, in seguito all'abbandono di quasi tutta l'Ossola di parte dei reparti
italo-tedeschi, la minaccia di attacchi alla casa di cura si fece seria, e quando la direzione
venne a sapere da fonti confidenziali che i partigiani stavano preparando un attacco contro
la struttura di Ghiffa al fine di catturare ostaggi per eventuali scambi, l'Abteilung Presse und
Propaganda inviò da Milano alcuni autobus che trasferirono i volontari SS convelescenti e il
personale medico a Varese. Chiusa la nerissima parentesi della seconda guerra
mondiale, la casa di cura ritornò alla sua consueta attività e rimase aperta fino agli
anni Ottanta. Nel 2005 fu trasformata in un lussuoso residence termale arredato in
stile contemporaneo.
Durante i lavori di demolizione, lo scrittore e storico Leonardo Parachini ha
scattato delle foto delle pitture murali che adornavano il piano nobile dello stabile,
pubblicate dal Magazzino Storico Verbenense. Le immagini sono leggiadra
testimonianza del tempo che fu.
Bibliografia: R. Lazzero, Le SS italiane, Milano, Rizzoli, 1982; P. De Lazzari, Le SS
Italiana, Milano, Teti Editore, 2002; S. Corbatti e M. Nava, Sentire - Pensare - Volere.
Storia della Legione SS italiana, Milano, Ritter, 2001.