In conversazione con Maurizio Calvesi 1

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In conversazione con Maurizio Calvesi 1
 In conversazione con Maurizio Calvesi 1 1. Considera azzardato l’accostamento delle opere di Caravaggio a quelle di un artista contemporaneo come Francis Bacon? Gli accostamenti sono sempre azzardati, perché ogni artista è diverso dallʹaltro. Però l’accoppiamento di queste due figure distanti nel tempo ma in qualche modo accomunate da un certo travaglio, da un realismo, che con Bacon poi diventa esasperato, è secondo me un’idea molto felice, un idea bellissima. Bacon non ha nulla di Caravaggio, non si è ispirato a Caravaggio, però se cʹè un artista del nostro tempo che può essere equiparato a Caravaggio è proprio lui. 2. Nell’immaginario collettivo Caravaggio e Bacon sono considerati artisti tormentati, tanto da diventare entrambi soggetti cinematografici. Quanto incide questo aspetto per il loro successo? Francis Bacon è realmente un artista maledetto, quello di Caravaggio pittore maledetto è più che altro un clichè che gli è stato attribuito in età moderna. L’idea dell’artista maledetto nasce nel ‘900 con Rimbaud, in epoca romantica, momento in cui lʹartista deve essere maledetto per essere veramente importante. Le cose scritte sul conto di Caravaggio, come il fatto che fosse iroso, un assassino, e un miscredente, sono state scritte dai suoi biografi dell’epoca, ma se si pensa che il biografo di Caravaggio è il Baglione, suo nemico personale, si capisce il perché del malinteso. Questo senza dubbio nella nostra epoca funziona, ed ha contribuito al suo successo “popolare” mentre allʹepoca di Caravaggio era motivo di condanna. Anche la sua presunta omosessualità è un mito; chi ha detto che Caravaggio fosse omosessuale? Di lui si conoscono solo rapporti con donne; perchè avrebbe dovuto essere omosessuale? Forse perchè le sue figure giovanili sono efebiche? La tradizione del giovane efebo, presente anche alla scuola di Leonardo, era un modo di idealizzare la figura di questa specie di giovani angeli per cantare le lodi del signore, cosa ben diversa dal quadro omosessuale. Però nessuno mai cancellerà questa idea dalla testa dei registi e degli scrittori, perché è molto più affascinante parlare di lui in questi termini che non nei termini reali di uomo che aveva una tormentata religiosità borromaica, che a Roma gli costò una sorta di persecuzione. Caravaggio venne condannato a morte per un duello, ma a Roma, in quellʹepoca, si trovava sempre il modo di risparmiare i duellanti Professore presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e tra gli autori del catalogo della mostra Caravaggio – Bacon, è tra i più autorevoli storici dell’arte moderna in Italia e tra i massimi esperti di Caravaggio: si devono a lui alcune attribuzioni e recenti studi sull’artista lombardo. 1
condannati a morte: fu invece costretto a fuggire e alla fine morì probabilmente anche a causa delle ansie e dei tormenti dei suoi ultimi anni di vita. 3. Nella storia dell’arte possiamo dire di avere un “prima” e un “dopo” Caravaggio. Perché? Il passaggio che si verifica con Caravaggio è quello dal mondo del mito, che appartiene al mondo rinascimentale, a quello della realtà, che è il mondo moderno. Il realismo di Caravaggio è appunto una porta che si apre sulla pittura come realtà, come contatto con il reale, con la natura e soprattutto quella umana. Prima di Caravaggio, cʹera la tendenza verso l’idealizzazione di tipo neoplatonico, a vedere le cose attraverso il mito, attraverso i classici e la reminiscenza del mondo antico. In Caravaggio esistono dei richiami a questo tipo di iconografia, ci sono delle figure riprese dalle statue antiche, ma il tutto è travasato in un senso imminente della realtà: la realtà in quanto tale, quella che è davanti ai nostri occhi, che sta accadendo nel momento in cui la vediamo. Lo sforzo di Caravaggio sta in questo, nel far vedere anche le storie sacre non come ambientate nel passato o avvolte in un’aurea di leggenda, di mito, di lontananza, ma come avvenimenti che accadono in questo preciso momento. Caravaggio è capace di dare ai suoi dipinti la fragranza dellʹevento che accade qui ed ora, mentre lo guardi. 4. Caravaggio è noto come pittore del realismo, mentre Bacon è per eccellenza il pittore dell’inconscio. Ma anche in Caravaggio esiste un forte simbolismo. Ci potrebbe spiegare questo passaggio da pittore della realtà a pittore delle realtà? Esiste la realtà intesa come ciò che accade sotto i nostri occhi e poi ci sono delle realtà simboliche che sono adombrate, fuse in quell’avvenimento che Caravaggio ci presenta come imminente. Di simboli in Caravaggio ce ne sono tanti. Già in quella che si pensa sia la sua prima opera, Il ragazzo che monda un frutto, esiste un rimando all’ideologia religiosa, all’idea del sacro: il fanciullo è Gesù Cristo che sbuccia il frutto del male, la mela, il pomo del peccato originale, e così facendo lo purifica. Lo stesso principio della luce ed ombra, che nasce nel momento in cui Caravaggio affronta i temi religiosi, è una dicotomia tra la luce intesa come luce divina, attraverso la quale lʹuomo si redime dalle sue miserie e lʹombra come idea di peccato e di morte. Questo contrasto tra luce ed ombra è il simbolismo che nel tempo si farà più drammatico, quando le sue opere saranno destinate alle chiese per parlare ai fedeli. 5. Il concetto di luce ed ombra è presente anche in Bacon che usa molto il nero come colore dominante con le sue figure, che spesso sprofondano nell’oscurità: possiamo dire che è un elemento che li accomuna? In Francis Bacon cʹè una visione angosciosa del reale che passando attraverso lʹinconscio riemerge in forme che potremmo definire “mostruose”. Va sottolineato però che in Caravaggio cʹè piuttosto un affanno, un ansia di salvazione, non un angoscia così profonda come in Bacon, che è invece tipica dellʹetà moderna. Quella di Caravaggio era un’epoca in cui cʹera una fede religiosa viva, unanimemente condivisa dal pittore stesso. Caravaggio non era né ateo, né miscredente, era semplicemente un adepto della linea borromaica della controriforma cattolica, portata avanti prima da Carlo poi da Federico Borromeo. Caravaggio, aderendo alla dottrina pauperista e populista diffusa nellʹambiente della Controriforma cattolica, rappresenta quella visione di “sinistra” per cui la chiesa doveva aiutare i poveri e venire in loro soccorso. Dall’altra parte c’è la visione di chi immaginava i poveri come maledetti da Dio, e vedeva una chiesa gloriosa, trionfante e sontuosa. E’ una sorta di “destra” di quel periodo che dopo Caravaggio trionferà con artisti come Bernini, che metteranno invece in luce le glorie celesti, il lusso, la ricchezza che dal mondo divino si riverbera anche sullo spettacolo terreno. 6. La ritrattistica è elemento centrale dell’opera di Bacon, come viene trattato il tema del ritratto e in particolare dell’autoritratto da Caravaggio? Due splendidi esempi di sono proprio alla Galleria Borghese. Il Davide con la testa di Golia è uno di questi. Caravaggio, che già era stato condannato a morte, come scoperto da me, in quest’opera si ritrae con un impressionante realismo come una testa appena decapitata, identificandosi in questo modo con il male, in una sorta di confessione e di pentimento. Per contrapposto invece il Davide che tiene la testa, che nella tradizione è un simbolo di Dio, lo guarda con compassione e quasi con amore, e quindi cʹè questo contrasto tra il giovane bello e compassionevole e lʹuomo orrendamente sfigurato dalla morte che è lʹimmagine del male punito. Alla Galleria Borghese c’è poi il Bacchino ammalato che credo sia un altro autoritratto, anche se non se ne ha certezza. Il titolo, il Bacchino ammalato, è stato dato nel ‘900, ma è un titolo a mio avviso un po’ immaginario, perché Bacco non è affatto malato. Si parla del suo “colorito livido”, ma io non vedo in questo dipinto un immagine della malattia. Bacco ha un grappolo d’uva in mano, simbolo di cristo, della redenzione, e poggia su una pietra che potrebbe essere una pietra sepolcrale; si tratta di un’iconografia di resurrezione, e molto probabilmente è Caravaggio da giovane. Il Davide con la tesa di Golia rappresenta invece Caravaggio quasi ventʹanni dopo, che però è completamente stravolto.