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scheda tecnica
titolo originale: L A MAL A EDUCACION
durata: 105 minuti
nazionalità: SPAGNA
anno: 2004
regia: PEDRO AL MODOVAR
soggetto: PEDRO AL MODOVAR
sceneggiatura: PEDRO ALMODOVAR
produzione: AUGUSTIN E PEDRO ALMODOVAR PER EL DESEO S.A.
distribuzione: WARNER BROS. ITALIA
fotografia: JOSE' LUIS ALCAINE
montaggio: JOSE' SALCEDO
scenografia: ANTXON GOMEZ
costumi: PACO DELGADO
musiche: ALBERTO IGLESIAS
interpreti:
GAEL GARCIA BERNAL
ZAH AR A
FELE MARTINEZ
ENRIQUE GODED
DANIEL GIMENEZ C ACHO PADRE MANOLO
JAVIER CAMAR A
PAC A/PAQUITO
LEONOR WATLING
MONIC A
LLUIS HOMAR
SIG. BERENGUER
PETRA MARTINEZ
MADRE
NACHO PEREZ
GIOVANE IGNACIO
RAUL GARCIA FORNEIRO GIOVANE ENRIQUE
FRANCISCO BOIR A
IGNACIO
JUAN FERN ANDEZ
MARTIN
ALBERTO FERREIRO
ENRIQUE SERRANO
ROBERTO HOYAS
CAMERIERE
FRANCISCO MAESTRE
PADRE JOSE'
PEDRO ALMODOVAR
Biografia
Pedro Almodóvar Caballero nasce a Calzada de Calatrava (Castiglia La Mancia) il 24
settembre del 1951. Quando il piccolo Pedro ha solo otto anni, però, la sua famiglia lascia
la città natale ed emigra in un'altra provincia spagnola. Vive dunque la sua infanzia e la
sua adolescenza in Estremadura, per poi nuovamente trasferirsi in una città più grande,
Madrid, alla fine degli anni '60.
Stavolta però Pedro non si lascia semplicemente guidare dalle decisioni della famiglia, ma
comincia ad avere le idee ben chiare circa quello che desidera fare: sfogare la sua
prorompente creatività ed entrare nel mondo del cinema. Irrequieto ed instabile, a sedici
anni interrompe gli studi, inizia a lavorare come impiegato presso una compagnia
telefonica per mantenersi (ci passerà ben dodici anni della sua vita), ma nel frattempo
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inizia a dedicarsi alle riprese di documentari, filmati amatoriali e cortometraggi, oltre che
alla pubblicazione di fumetti e racconti in riviste underground; fra le molteplici attività di
quel periodo, partecipa anche come attore ad alcuni spettacoli della compagnia "Los
Goliardos" e frequenta una punk rock-band (ricordi di questa esperienza si ritrovano in
molti dei suoi film).
Il suo primo cortometraggio risale al 1974, cui ne seguiranno una decina prima del suo
esordio nel lungometraggio, che risale al 1980. E' l'inizio della sua folgorante carriera,
grazie ad uno stile ricco ed incisivo. In quei primi anni '80, fa l'altro, entra a far parte del
movimento underground che genererà il fenomeno della "movida" e che rinnoverà il
panorama artistico, musicale e culturale di Madrid. Rispetto alla produzione di Almodovar,
quelli sono gli anni in cui gira i primi film realmente distribuiti in grande stile: "Pepi, Luci
Bom e le altre ragazze del mucchio" e "Labirinto di passioni".
Nel 1983 alternando in una mescolanza creativa cinema, musica e scrittura, forma il duo
Almodóvar-McNamara, che pubblica un disco, e crea il personaggio di Patty Diphusa,
pornostar che racconta le proprie avventure sulla rivista "La Luna de Madrid". Seguono i
film "L'indiscreto fascino del peccato", "Che ho fatto io per meritare questo?!", "Matador" e
"La legge del desiderio". Nel 1987 insieme al fratello Agustin fonda una casa di
produzione.
Con "Donne sull'orlo di una crisi di nervi" giunge la consacrazione a livello internazionale,
coronata con una nomination all'Oscar e una lista interminabile di premi e riconoscimenti
in tutto il mondo. I film seguenti sono successi in tutto il mondo: "Lègami!", "Tacchi a
spillo", "Kika", "Il fiore del mio segreto" e "Carne Tremula".
Nel 2000, dopo la Palma D'Oro nel 1999 a Cannes come miglior regista per "Tutto su mia
madre", riceve l'Oscar per lo stesso film, a coronamento di un successo planetario sia di
critica che di pubblico. Completano la sua filmografia lo straordinario “Parla con Lei” per il
quale riceve nuovamente un Oscar (migliore sceneggiatura originale) e il recente “La mala
educacion”.
Filmografia
PEPI, LUCI, BOM E LE ALTRE R AGAZZE DEL MUCCHIO - regia, sceneggiatura e soggetto - 1980
LABIRINTO DI PASSIONI - regia, sceneggiatura e soggetto - 1982
L'INDISCRETO FASCINO DEL PECCATO - regia, sceneggiatura e soggetto - 1983
CHE HO FATTO IO PER MERITARE QUESTO? - regia, sceneggiatura e soggetto - 1984
LA LEGGE DEL DESIDERIO - regia, sceneggiatura e soggetto - 1986
MATA DOR - regia, sceneggiatura e soggetto - 1986
DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI - regia, sceneggiatura e soggetto - 1988
LEGAMI! - regia e soggetto - 1990
TACCHI A SPILLO – regia, sceneggiatura e soggetto - 1991
KIKA - UN CORPO IN PRESTITO - regia, sceneggiatura e soggetto - 1993
IL FIORE DEL MIO SEGRETO - regia, sceneggiatura e soggetto - 1995
CARNE TREMUL A - regia e sceneggiatura - 1997
TUTTO SU MIA MADRE - regia, sceneggiatura e soggetto - 1999
PARLA CON LEI - regia, sceneggiatura e soggetto - 2002
LA MAL A EDUCACION - regia, sceneggiatura e soggetto - 2004
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INTERVISTA A PEDRO ALMODOVAR
di Calogero Messina
P come Pedro… o come passione pura e potente che anima il lavoro (e la vita) di questo
regista madrileno. Ed A come Almodovar… o come Amore o Allegria che condiscono (e
ne sono i sapori essenziali!) ogni sua singola pellicola!
E sono peraltro gli stessi ingredienti che Pedro Almodovar utilizza per parlare di fronte alla
stampa (riunita per la presentazione del suo nuovo film La mala educacion) del suo lavoro
di autore e regista, riuscendo (laddove la maggior parte delle volte si assiste a banali,
noiose e veloci conferenze stampa) ad incantare ed incuriosire con il semplice ma sincero
racconto su una “professione” vissuta intensamente e sempre con l’urgenza di avere
qualcosa da comunicare!
Nel suo nuovo film con molta difficoltà si riesce a separare il nero dal bianco, i buoni dai
cattivi…
La mala educación è l’opposto di un film di buoni e cattivi. In ogni caso io non
giudico i personaggi qualunque cosa essi facciano, il mio lavoro consiste nel
“rappresentarli”, “spiegarli nella loro complessità” e ottenere con questo uno
spettacolo gradevole. Non è buono per i film (neanche per quelli a sfondo politico o
ideologico) che il regista giudichi i propri personaggi anche se commettono azioni
atroci.
Il film è un noir, ed allora questa classificazione non è più valida: abbiamo a che
fare con personaggi ambiziosi, che decidono della loro vita liberamente e spesso
scelgono le opzioni più scure, cupe ma hanno sempre l’onestà di non lamentarsi
mai delle loro scelte.
Ma insieme ai suoi ricordi autobiografici, quali motivazioni profonde l’hanno spinta a
raccontare questa storia così priva di ottimismo e speranza?
Dovevo fare La mala educación, dovevo togliermela di dosso prima che diventasse
un’ossessione. Avevo toccato e ritoccato la sceneggiatura per oltre 10 anni ed avrei
potuto continuare così per altri dieci. Per le tante combinazioni possib ili, la trama de
La mala educación si finisce di scrivere soltanto quando il film è ormai stato girato,
montato e mixato. E’ un film molto intimo, ma non esattamente autob iografico,
intendo dire che non racconto la mia vita in collegio né il mio apprendistato durante i
primi anni della “movida”, anche se l’epoca in cui si svolge la trama (il ‘64 e l’80, con
un intervallo nel ‘77) coincide con quegli anni.
Naturalmente quando mi sono messo a scrivere la sceneggiatura, i miei ricordi
hanno avuto il loro peso, dopo tutto ho vissuto negli scenari e negli anni in cui si
svolge la trama. Non è un regolamento di conti con i preti che mi hanno male
educato, né con il clero in generale. Se avessi avuto bisogno di vendicarmi non
avrei aspettato quarant’anni per farlo.
La Chiesa non mi interessa, neanche come antagonista. Il film non vuole essere
neanche una riflessione sulla movida madrilena degli inizi degli anni ottanta, b enché
gran parte della storia si svolga in quegli anni. Ciò che mi interessa di quel
momento storico è la ub riacatura di libertà che viveva la Spagna in opposizione
all’oscurantismo e alla repressione degli anni ‘60.
I primi anni ottanta sono pertanto la cornice ideale perché i protagonisti, ormai
adulti, diventino padroni del proprio destino, del proprio corpo e dei propri desideri.
Non sono peraltro molto d’accordo con questa lettura pessimista e cupa del film: il
protagonista Enrique Goded alla fine, dopo aver rischiato tutto, sopravvive, e questo
è positivo …continuerà a fare film con passione e la passione è un segnale di
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grande energia e fiducia.
E poi sicuramente non vuole essere un film confortevole ma indagare sul lato
peggiore dell’essere umano: sono attratto ed incuriosito dal lato nero del cuore degli
uomini.
Il cinema è un altro dei protagonisti fondamentali di questa sua storia….
Ed ha anche avuto un ruolo importante nella mia crescita: la mia educazione di
certo si è formata maggiormente dentro una sala cinematografica piuttosto che al
collegio! In questo film il cinema si è rivelato un espediente narrativo di grande
forza: mi ha permesso un gioco di sdoppiamento, duplicità e di specchi che
moltiplicano e deformano ciò che vedono. Enrique Goded decide di portare sullo
schermo il racconto che ha scritto il suo amico Ignacio, triplicando in questo modo
le versioni che vediamo della stessa storia: la storia “reale”, quella narrata da
Ignacio nel suo racconto, ispirata e delirata a partire dalla realtà, e quella che
Enrique adatta dal racconto e rende visibile sotto forma di film. La mala educación è
la storia di un triangolo triplicato (i due alunni e il direttore del collegio), storie
molteplici che alla stregua delle matrioske russe si nascondono una dentro l’altra e
che, in realtà, sono una sola.
Spero che tutto questo non porti erroneamente a pensare che il personaggio del
regista del film sia una sorta di mio alter ego: sento a me sicuramente più vicina la
figura del sacerdote quando abbandona l’abito talare e si innamora
appassionatamente del giovane ragazzo!
Lei è sempre stato considerato un grande narratore e regista di storie al femminile: in
questo suo nuovo film invece le donne sono quasi del tutto inesistenti…
Sinceramente quando incomincio a scrivere una sceneggiatura non so mai se sarà
una commedia o un film drammatico, quanti personaggi maschili o femminili ci
saranno, ma è solo al termine che prendo coscienza del lavoro fatto! La mala
educacion nasce intorno a questi tre protagonisti maschili per cui sin dall’inizio mi
sono “condannato” a rimanere relegato dentro questo universo: adesso dovranno
dire che sono anche un b ravo narratore e regista di storie di uomini.
In Spagna, proprio in questi giorni, stanno per essere approvate tutta una serie di leggi a
favore delle coppie di fatto o comunque a “tutela” della libera identità sessuale di tutti:
quanto crede che i suoi film possano essere stati d’aiuto per questa causa?
Magari fossero serviti! Ma credo che sia la società spagnola ad essere molto più
avanti della sua stessa classe politica e dei suoi film! Io non sono un buon
spettatore ma credo che la televisione stia facendo un b uon servizio nel
“normalizzare” la vita di omosessuali, transessuali, travestiti: ho visto, ad esempio,
che nei programmi - così di moda in quest’ultimi tempi - dove la gente va a
raccontare le sue b eghe amorose vengono trattate alla stessa stregua dei rapporti
eterosessuali anche le relazioni tra due uomini o tra due donne. Nel “Grande
Fratello” in versione spagnola – programma che per inteso detesto – uno dei
personaggi è un transessuale ed il pubblico vedendo quotidianamente questa
trasmissione è “educato” ad accettare con serenità e normalità l’identità sessuale di
ciascuno.
Come nasce la scelta di inserire il brano “Cuore Matto” nella colonna sonora del suo film?
Conosco sia la versione cantata da Little Tony che quella di Rita Pavone: in
Spagna, quando ero adolescente, si ascoltava molta musica pop italiana ed a me
piaceva veramente molto. In particolar modo proprio “Cuore Matto”: oltre a
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rappresentare molto bene lo spirito dell’epoca e del film, è una canzone nella quale
mi riconosco molto.
E’ stato difficile scegliere il cast di questo suo nuovo film?
Sono tutti superbi. Fele Martínez, Fran Boira, i bambini, Javier Cámara, Paco
Maestre, Alberto Ferreiro, Petra Martínez e naturalmente Gael. E’ un miracolo
indovinare tutti gli attori, in particolare quando non ne conosci neanche uno, se
escludiamo Javier e Fele.
Fele Martinez non sembra lo stesso, fisicamente….
L’ho fatto dimagrire ed allenare per quattro o cinque mesi fino a quando non ha
ottenuto un altro fisico (migliore), un altro atteggiamento fisico. Era contentissimo
perché tutti lo trovavano molto più sexy. Oltre all’aspetto fisico abbiamo lavorato
anche sul tono di voce, gli ho fatto ridurre l’estensione. L’anima ce l’ha messa lui,
per intero, oltre alla pelle. Credo che a partire da adesso Fele otterrà un altro
genere di ruoli, meno teenager, più adulti.
E’ un attore giovane molto completo. Va da un estremo all’altro, dal dramma torrido
alla commedia assurda. Come d’altra parte succede a Javier Cámara. E’ un
“fuoristrada”, funziona in tutti gli ambienti (cinema, televisione, teatro, cab aret) e in
tutti i generi. In Parla con lei, anche se il ruolo era drammatico, ho scoperto la sua
facilità all’umorismo e, sebbene b reve, la sua presenza in La mala educación è
stata come un’oasi per tutta la troupe.
Javier è un virtuoso quando fa commedia, ha quel dono speciale che va oltre
l’interpretazione e che non si può imparare. La sua interpretazione di “Paca” è ricca,
esauriente, umana, stroncante, pericolosa per chi figura al suo fianco perché hai
occhi solo per lui.
E come ha scelto Gael Bernal?
Facendogli due o tre provini, come per tutti.
Che aveva lui che gli altri non avevano?
Era molto attraente sia come ragazzo che come ragazza. E questo era essenziale
per comprendere il rapporto del suo personaggio con gli altri, l’intensità con la quale
tutti sono ossessionati da lui. E’ stato molto stimolante e impegnativo naturalmente
costruire insieme a lui questi personaggi. Non è facile interpretare un personaggio
che in realtà sono tre persone diverse, soprattutto quando due di loro fisicamente
sono una l’opposto dell’altra. Suppongo che questo sia il lavoro più difficile che ha
fatto Gael a tutt’oggi. Alla difficoltà di dover cambiare sesso senza risultare
grottesco, ci si è aggiunto l’accento, volevo che parlasse spagnolo…
Qual è la prossima storia che racconterà?
Sto scrivendo diverse storie contemporaneamente e quindi ho in cantiere diversi
progetti in dirittura d’arrivo. Penso che il primo ad arrivare al traguardo è una nuova
storia al femminile: tre generazioni di donne protagoniste di una commedia dove si
parlerà di misteri soprannaturali, apparizioni di spiriti e credenze popolari.
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da www.alleo.it
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Recensioni
il Manifesto (28/9/2004) Cristina Piccino
La mala educacion, ci tiene a dirlo Pedro Almodovar, non è un film autobiografico. Lo aveva già
spiegato allo scorso festival di Cannes, lo ha ripetuto ieri a Roma, nelle sale design dell'Es hotel,
dove è arrivato per il lancio italiano - esce l'8 ottobre. Pure se ci sono molte immagini che
rimandano alla sua infanzia di ragazzino cresciuto in un collegio di preti, e poi ai vent'anni esplosi
con la movida nella Spagna libera degli anni Ottanta. Se uno dei personaggi, Enrique Goded (Fele
Martìnez), è un regista giovane e già famoso che, come capita allo stesso Almodovar, cerca
spunto per le sue storie nelle cronache dei giornali più bizzarre. Ma non è «vero» come non lo è il
personaggio del prete che nei panni di padre Manolo ( Daniel Giménez-Cacho) seduce Ignac ìo, il
ragazzino più sensuale del collegio, lo separa per gelosia dall'amichetto, Enrique, salvo poi
scontare una terribile punizione anni dopo, quando or mai ha lasciato l'abito divenendo il signor
Berenguer (Lluis Homar). L'angelo della vendetta si chiama Angel (Gael Garc ìa Bernal), è il
giovane fratello di Ignacìo travestito ormai tossico e malato... Insomma c'è un insieme di verità (o
la sua messinscena) che sta nelle suggestioni, nei ricordi personali o raccolti da altri, negli incontri
di una vita visto poi che questo film è un'ossessione di data lunghissima. E di immaginario, la
passione dichiarata per il cinema, la sala buia nella quale i due ragazzini conoscono sesso e prime
carezze. Che scrive e moltiplica i personaggi, il regista, il suo interprete, i suoi fantasmi, Angel,
Ignac ìo, fratelli che si confondono fino a divenire l'uno l'altro nelle righe della storia scritta da uno,
dall'altro rubata... Entrambi fusi in Zahara, ovvero Ignacìo nel suo sogno di essere donna, ma
anche la gelosia del fratello meno intelligente e meno sensibile. Un caledoscopio doloroso come
solo la passione può essere, estremista come un gesto di morte nell'eccesso di amore scandito da
Cuore matto, passione questa sì «autobiografica» di Almodovar per la canzoni italiane anni 60-70.
Corriere della Sera (9/10/2004) Tullio Kezich
La mala educación è un film straziante e liberatorio che partendo da uno spunto autobiografico, i
dolori del giovane Pedro Almodóvar nei collegi dei preti franchisti degli anni ’60, attinge a una
sfrenata fantasia romanzesca. Siamo verso il 1980, negli anni in cui esplose la «movida»: in casa
di Enr ique, giovane regista di successo, si ripresenta un compagno di collegio scomparso da
secoli, Ignacio, che porta al cineasta un soggetto ispirato alla loro comune esperienza di convittori.
Quando il pessimo sacerdote Manolo si innamorò di Enr ique e fece in modo che Ignacio fosse
cacciato rovinandogli l’esistenza. Ora la vittima sembra decisa a vendicarsi sfruttando ciò che sa
per ricattare l’ex-professore ormai spretato, marito e padre. Accettato di fare il film, Enrique però
non vuol saperne di far recitare Ignacio. C’è qualcosa nell’amico che non lo convince e scopre di
che si tratta mettendosi in viaggio e andando a interrogare la madre di lui nel paesello nativo. La
verità è che Ignacio è morto da quattro anni e che il falso Ignacio è suo fratello Juan, donde uno
sviluppo imprevedibile della vicenda. Nel configurare la torbida situazione, l’autore non ricorda con
rabbia. Spazia tra passato e presente divertendosi a sottolineare come gli enigmi dell’esistenza
sono pronti a trasformarsi in melò e viceversa, in una ridda di inganni molteplici, scambi di
persona, ritorni di personaggi spariti e sparizioni di altri. Sul piano del racconto Almodóvar sfoggia
la sua ben nota abilità da giocoliere, a volte sfidando la logica e la credibilità, ma ricorrendo di
continuo a quel tocco ironico e perfino ilare che alleggerisce il pessimis mo di fondo. Per non
parlare di un palpito assolutorio che coinvolge anche i personaggi negativi arrivando addirittura a
comprendere, se non a giustificare, la pedofilia. Qui non esistono cattivi, solo esseri umani travolti
dalla passione: ed è proprio questa la parola chiave della poetica di Pedro, che non a caso risuona
a suggello del film. Angosciose e torbide, le ricordanze dell’adolescenza sono riscattate dalla
tolleranza che sopravviene con la maturità; e perfino le scene di violenta attrazione omosessuale
(qui le donne contano poco) sono rappresentate con garbata naturalezza. Fra gli interpreti, tutti
perfettamente intonati, spicca Gael García Bernal in una triplice incarnazione allarmante, toccante
e virtuosistica.
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la Repubblica (9/10/2004) Paolo D'agostini
Avvolto in una confezione rutilante - già solo i titoli di testa sono un film di Almodovar - l'ultimo film
di Pedro non è però all'altezza delle aspettative che il mondo rivolge a quello che è uno dei cinque
artisti cinematografici più innovativi e importanti partoriti dagli ultimi due decenni del XX secolo.
Non sorprende gli spettatori del suo cinema la struttura piena di incastri di storie dentro le storie, il
regista manchego l'ha già usata; né sorprende l'espressione di una sensibilità che c'entra molto
con l'autobiografismo omosessuale e con il non averne mai fatto mistero; e non sorprendono
neanche l'accento sul contrasto tra repressivi e clericali anni 60 e liberatori anni 80 spagnoli, così
come, infine, il ruolo che nel proprio apprendistato umano, su quello sfondo, Pedro attribuisce
all'incontro con il cinema degli anni 40 e 50, con il glamour di certe star femminili, con il fascino
delle atmosfere noir. Ma tutti gli elementi caratteristici della sua poetica colorata e ridondante non
convergono questa volta, come accaduto con magico effetto in particolare nei suoi due titoli
immediatamente precedenti Tutto su mia madre e Parla con lei (c'entra la scelta di mettere lì la
donna al centro di tutto e l'averne qui fatto del tutto a meno?), in qualcosa - una visione - che
travalica completamente i confini del proprio mondo di ossessioni e fantasie - segno caratteristico
del cinema dei grandi, Fellini insegna - per farsi comunicazione ed emozione universale, per
parlare a tutti. Questo film resta chiuso, come se fosse la dichiarazione a lungo trattenuta e ora
sfogata ma pur sempre di un fondo buio e un po' malato della propria anima, in un or izzonte
ristretto. La catena fatale che lega oppressione clericale con pedofilia e omosessualità è messa in
scena come una malattia, appunto, come una condanna nera e senza riscatto. Non diventa, lo
spunto della "cattiva educazione" dei salesiani (proprio quelli del santo don Bosco fondatore degli
oratori, appena risantificato dalla nostra televisione) che hanno traviato i due protagonisti da piccoli
marchiandone il destino, uno strumento per rappresentare qualcosa che ci tocca e riguarda tutti,
come da Almodovar ci si aspetta. Invece, malgrado le dichiarazioni in senso opposto da parte del
regista che ha anche tenuto a prendere le distanze da troppo semplicistici ricalchi autobiografici,
sembra proprio di assistere a un suo personale e vendicativo regolamento di conti con la Chiesa
cattolica e le sue istituzioni repressive.
La Stam pa (8/10/2004) Lietta Tornabuoni
Amore, non anticlericalismo per il «maleducato» Almodóvar All’inizio de «La mala educaciòn» (La
cattiva educazione) di Pedro Almodóvar, struggente, ricco, divertente, bello, insieme con
l'indicazione Madrid 1980 si vede una croce composta di immagini sacre e di fotografie dei divi del
cinema; alla fine c'è (e diventa sempre più grande sino a invadere tutto lo schermo) la parola
Passione. Il film racconta un triangolo amoroso maschile (due ragazzini e il prete cattolico direttore
del loro collegio), offre tre versioni della medesima vicenda: la storia realmente accaduta, la storia
ispirata a quella vera scritta in forma di racconto ma alterata sino al delirio, la storia tratta dal
racconto e realizzata in film. I gener i si intrecciano, si confondono, si sovrappongono: «noir»,
melodramma, pathos sentimentale, ironia, horror, violenza triste. Una vertigine d'immagini cattura
e folgora l'attenzione: un travestito, con un allusivo triangolo di pelliccia bruna sul grembo, canta
teneramente «Qui sas, qui sas, qui sas»; un sacerdote suona la chitarra per un bambino che
gorgheggia con la sua voce bianca «Moon River» (più tardi canterà tremulo «Torna a Surriento»
mentre da adulto ascolterà «Cuore matto»). Due bambini innamorati si toccano a vicenda
nell'oscurità del Cinema Olimpo, si danno appuntamento nel buio della notte scivolando via dal
dormitorio del collegio. Un prete ammazza uno torcendogli il collo, con un minimo semplice scatto.
E' il 1960, la fine dei Settanta, il 1980: le date scandiscono la morte e la passione. Autobiografia?
Almodóvar è stato da piccolo in collegio dai preti, è stato solista nel coro dei collegiali, s'è
innamorato, ha scoperto il cinema: vuol dire che sa di cosa parla, non necessariamente che
racconti la propria vita. Nel film la rivelazione sembra piuttosto un'altra, quella sessuale: Almodóvar
non è mai stato ipocrita rispetto alla propria omosessualità, ma stavolta ha fatto davvero un film
gay esplicito e appassionato, con esercizi di sesso e sussulti di sentimento schietti e forti, come se
a cinquantatré anni avesse deciso di arrivare a una sincerità piena. Scandalo? Di fronte alla
tradizione dei collegi cattolici maschili e femminili come del resto alla tradizione di ogni comunità
monosessuale chiusa, di fronte agli scandali autentici di tanti sacerdoti processati o puniti dalle
autorità ecclesiastiche per aver abusato di minori loro affidati, «La mala educación» è assai più
indulgente: non parla di violenze nè di sopraffazioni, parla d'amore. Il regista ha ripetuto molte
volte di non aver affatto cercato un regolamento di conti con i preti suoi cattivi educatori né con il
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clero cattolico in genere («Se avessi avuto bisogno di vendicarmi non avrei aspettato quarant'anni
per farlo»). Raccontare un prete, padre Manolo direttore del collegio, innamorato di un bambino
suo collegiale, non è certo una novità per nessuno; è invece una sorpresa raccontarlo poi spretato,
sposato, padre di un figlio, dirigente di una casa editrice che pubblica giovani autori, tenacemente
amante dei ragazzi. L'infanzia in collegio è la parte più commovente del film intricato e a volte
confuso. Pare che questa prima parte fosse stata realizzata per «Eros», il film ora composto da
mediometraggi di Antonioni, Wong kar-w ai, Soderbergh, e che sia stata poi ritirata, rielaborata,
allungata sino a raggiungere la durata necessaria, completata con vicende che ricordano molto
«La legge del desiderio», opera di Almodóvar del 1987. Questo spiegherebbe qualche
incongruenza del film interpretato da attori eccellenti (specialmente Gael Garc ía Bernal): un film
che non si assume compiti sociali di denuncia né di anticlericalis mo, ma racconta una storia di
amor i, d'amore
Film Chips (8/10/2004) Angelica Tosoni
Titoli di testa. Rosso, nero, bianco, i colori del sangue e del cinema muto, fotografie e disegni, volti
e coccodrilli, parrucche bionde e tonache, angeli e locandine di film. Un presagio: un film
complesso e bellissimo. Titoli di coda. Una conferma: un film complesso e bellissimo. "La mala
educaciòn" è entusias mante. Pedro Almodovar è animato da una passione invincibile e assoluta
alla quale assoggetta ogni cosa: l'amore per il cinema. La sala cinematografica, "rifugio per
assassini e persone sole", entra prepotentemente in scena e diventa spesso protagonista. Lo
spettatore che ama il cinema non può non riconoscersi nelle modalità di sovrapposizione con cui il
regista spagnolo sfuma la realtà in un racconto ricco di citazioni cinematografiche. Chi si nutre di
immagini in movimento non può fare a meno di lasciarsi condurre nei labirinti segreti di un intreccio
che annoda la verità alla menzogna e viceversa. Il vero si nasconde e si mostra nella finzione
cinematografica in un gioco di specchi che disorienta. Tre sono i piani che incatenano le esistenze
di Ignacio, Enrique e Padre Manolo, i tre protagonisti: la realtà (i fatti realmente accaduti), l'inganno
(ciò che nella realtà si simula) e il film (fusione artistica di realtà e finzione). Di menzogna vive il
fratello di Ignacio, padre Manolo finge per nascondere la propria passione. Enr ique stesso mente
per smascherare l'impostore Angel. Spagna anni '80, Enrique è un affermato regista. Dopo
diciassette anni riceve una visita da parte di Ignacio, suo compagno di collegio e primo amore.
Ignacio desidera recitare in un film di Enrique, per questo motivo ha con sé un soggetto che narra
le vicende della loro vita in collegio. Le molestie di padre Manolo nei confronti di Ignacio e la
conseguente separazione di Ignacio e Enrique costituiscono l'antefatto della comparsa
dell'irresistibile travestito Zahara, unica amara "finzione" nella realtà. E' lei che raccorda nella vita
vera tutti i personaggi e che costituisce il pretesto per il film che Enrique decide poi di realizzare.
Solo al ter mine delle riprese si scopre ogni menzogna e si è in grado di ricostruire "la verità". La
magia dei film di Almodovar è l'impossibilità per lo spettatore di rinchiudersi in un giudizio
semplicistico e univoco. Difficilissimo condannare anche i personaggi più subdoli. La loro umanità
o il loro fascino inchiodano la platea nella sospensione dalla facoltà di sentenziare. Il pianto e
l'umoris mo, il travestimento e la nudità, la commozione e l'intrigo, la seduzione e il rifiuto, il set e la
sagrestia, la lussuria e la castità, si contaminano e si purificano. L'esito è un essenziale piacere
cinematografico. Almdovar non imita i grandi capolavori noir ma ne ricalca la fatalità e il senso di
perdizione. L'amante perduto, ritrovato, smascherato e scomparso per sempre lega a sé in modo
indissolubile e conduce ineluttabilmente alla rovina, ma anche all'accettazione della dolorosa
realtà. "In un giardino zoologico di Taiw an, durante l'ora di massima affluenza, una donna si getta
in uno stagno pieno di coccodrilli. Mentre i coccodrilli la sbranano, la donna si avvinghia ad uno di
essi senza emettere un solo gemito": è il bizzarro e quasi incredibile articolo di giornale che
Enr ique legge all'inizio del film, cercando ispirazioni per la sua opera. Verosimilmente costituisce
anche la simbolica chiave di lettura della sua vita e una sorta di guida, per "La mala educaciòn". Lo
scorrere dei titoli di coda segnala la fine di un film magnifico, senza emozioni delegate e svuotate
da trame scontate o interpreti innocui, che come il protagonista intrappola e cattura con il "fiore del
suo segreto".
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