giugno - Fondazione Madre Cabrini
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ANNO 5, NUMERO 2 GIUGNO 2011 CURARE FONDAZIONE MADRE CABRINI ONLUS SOMMARIO Editoriale 3-4 Contributi Professionali 5-9 Focus 10-15 Argento vivo 16-25 L a ricetta 26 Tra di noi c’è...la bacheca 27 Logo Fondazione 30 CURARE Pagina 2 CURARE onlus pubblicazione trimestrale della Fondazione Madre Cabrini Direttore scientifico Marco Ferri Redazione ed Impaginazione Grafica Maria Chiara Busnelli Consulente tecnico EM Collaboratori:Agratti Gianni, Anziani del CDI, Bellani Paola, Beretta Alberto, Buttignoni Daniela, Calaras Dorel, HP Miki, Mons. Ferrari Carlo, Papasodaro Daiana, Passoni Barbara ,Ospiti della RSA, Roboli Ernesto e signora, Rozzi Cristina, le Nostre Suore, Sigg. re Lina Romano e Tea Valendino. E-mail : [email protected] ANNO 5, NUMERO 2 Pagina 3 EDITORIALE a cura del dott. Marco Ferri– Direttore Scientifico La persona ha bisogno di cibo. Il paziente ha bisogno di cibo. Come e con cosa nutriamo i nostri pazienti? Qual è il significato del cibo? Molti lavori scientifici parlano del corretto apporto nutrizionale, del corretto approccio al paziente con disfagia e delle molteplici attenzioni tecniche che si devono, doverosamente, attuare nei confronti delle persone che assistiamo. Anch’io nella quotidianità mi nutro normalmente in mensa in ospedale. La mia attenzione nella scelta dei cibi del self-service è più legata agli aspetti calorici che non al gusto. L’aspetto del cibo. Quando scendo in mensa (all’ospedale) sulle scale sento il “profumo” dei cibi e cerco di indovinare ciò che vi sarà nel menù. Quando si è innanzi alla vetrina del self-service non sempre è facile distinguere quando le carni sono “stufate” con contorni di vario genere e colore. Quando qualche collega sceglie alcuni spezzatini commento scherzosamente...temerario! Lo so che vi sono specifiche leggi che regolamentano i servizi alimentari e che il mio è un pregiudizio, tuttavia l’occhio vuole la sua parte. L’esporre il cibo in modo adeguato ne migliora l’appetibilità. I giapponesi hanno addirittura una specifica “disciplina” (Ikebana) che studia il modo di esporre (vale per i piatti della cucina, per i fiori, per il giardino, per le vetrine). I profumi. Chi di noi non ricorda il profumo del piatto che meglio riusciva a nostra madre? Chi di noi non riconosce il profumo di soffritto che si può sentire, in estate, fuoriuscire da alcune rare finestre aperte dei piani bassi? Chi di noi non ricorda il profumo del pollo arrosto della rosticceria all’angolo o quello del pollaiolo ambulante del mercato? Come non ricordare insieme ai profumi le molte persone che si incontrano al mercato, i molti colori, i molti suoni? Il gusto e la palatabilità sono poi fondamentali. Il gusto ed il profumo, in particolare, vengono associati, dal nostro cervello, alle emozioni del mangiare, al contesto del nutrirsi quindi agli affetti che questi comportano. Ad esempio quella volta che sei uscito per la prima volta con la fidanzata oppure quella volta che hai avuto un pranzo di lavoro importante. Tutto questo sembra svanire con il tempo. Tutto sembra diventare solo biochimica e pura necessità alimentare. Tutto molto più povero. Eppure anche quando sei in ospedale il momento del pranzo rappresenta un ponte con la normalità, con la quotidianità. Spessissimo i pazienti anche molto gravi o preterminali ti dicono..beh ma oggi non ho mangiato, e i parenti, cui hai magari appena finito di parlare della terminalità e della brevità della prognosi, come se non avessero colto la gravità della situazione ti dicono: ma oggi può mangiare la carne che gli dà sostegno … ma quando viene a casa cosa può mangiare? Tu rispondi … tutto quello che vuole e loro ribattono … ma il colesterolo?!Questo solo per dire quanto il cibo sia un elemento ancestrale e centrale nella nostra esistenza, il secondo bisogno primario dopo respirare. CURARE Pagina 4 Rappresenta, nella nostra cultura, l’Elemento del sostegno della persona (sacco vuoto non sta in piedi!) , è un mezzo del sostegno relazionale fra persone (vieni a mangiare da me … sei mio ospite … mangiamo insieme …). Insomma il sedersi insieme a tavola è condividere, nel bene e nel male, la vita. Questo momento viene anche usato come termine di paragone per indicare famigliarità (… io e lui eravamo sempre alla stessa tavola … abbiamo bevuto lo stesso latte) o estraneità (..io e quella persona non abbiamo mai mangiato insieme …). Da sempre la raffinatezza del cibo è indice del grado di cultura e di ricchezza di una società. Ancora oggi se si osservano le popolazioni povere si vede come i loro cibi siano poco elaborati, per assenza di tecnologia. Il gusto apre nuovi orizzonti alla nostra mente e si scoprono nuovi aromi, fragranze. I profumi del cibo ci possono far cambiare il gusto per il vivere. I profumi attraversano la parte più antica della corteccia cerebrale che si è sviluppata enormemente nelle età preistoriche nelle quali l’olfatto guidava l’uomo nella caccia e lo aiutava a sopravvivere. (Non è un caso che moltissime persone provino un che di antico nel sentire il profumo della carne cotta specialmente se alla brace come si usava nei primi villaggi dell’alba dell’uomo). L’olfatto purtroppo è uno dei primi sensi che si perdono nella malattie degenerative del sistema nervoso. I sapori, tuttavia resistono a lungo in quanto utilizzano vie nervose più complesse e articolate. Si tende a perdere il gusto nelle fasi avanzate delle malattie. Gli occhi sono in grado di percepire i colori molto a lungo. Allora, forse, dovremmo considerare di poter permettere a quei pochi ospiti che possono, di aumentare la partecipazione al momento della scelta dei cibi e forse “arricchire” i colori del nostro carrello in modo da poter scegliere almeno il tipo di sugo per la pasta. Avevamo fatto una piccola sperimentazione tempo fa. Potrebbe essere una idea cercare di riproporre tale esperienza. Il “fare la dispensa” è una cosa un po’ noiosa ma dobbiamo ricordarci che è uno dei pochi momenti di totale “normalità” dei nostri pazienti. Forse potremmo pensare, con un piccolo sforzo di originalità di pensare se sia possibile un menù più colorato o più ricco di aromi per quei pazienti che hanno difficoltà mnesiche o corticali in generale. In fondo il cibo continua ad essere una forma di piacere e di comunicazione. Talvolta in ambulatorio mi capita di vedere persone che vivono sole e che sono un po’ “sovrappeso”. Cerco di far capire loro che dovrebbero ridurre l’apporto alimentare ma loro, invariabilmente, mi guardano con compatimento e mi dicono … dottore ma nella mia condizione l’unico piacere della vita rimasto è il mangiare, se mi leva quello? Solitamente sorrido e cerco di dargliela vinta cercando di ricordar loro che il piacere è maggiore se il cibo viene assaporato e centellinato. Che il senso della vita non necessariamente sta nella quantità. Tuttavia non riesco a non pensare che mentre vi scrivo di cibo fra circa un paio d’ore sarò a tavola con i miei famigliari a degustare il mitico risotto del sabato, straordinario esercizio di stile culinario della suocera. Non posso non ricordare come sia bello trovarsi a tavola a parlare e a confrontarsi. Non posso non considerare che, in fondo, lo stare a tavola a parlare e chiacchierare è uno dei momenti importanti della nostra vita ed, in fondo, proprio lo stare a tavola è una metafora della vita stessa. Ora, che penso di avervi “stufato” abbastanza, che la vostra “cottura” sia adeguata, finite le mie considerazioni “di contorno” non posso che sussurrarvi in modo “caldo” e “dolce”… ANNO 5, NUMERO 2 Pagina 5 CONTRIBUTI PROFESSIONALI FARMACI E DISFAGIA di CALARAS dott. DOREL, medico chirurgo, Università di Timisoara, Romania. Il processo fisiologico mediante il quale le sostanze liquide, solide, gassose o miste passano dalla bocca allo stomaco viene chiamato deglutizione. Schematicamente questo processo si svolge in più fasi: fase preparatoria (superamento dell’ostio bilabiale), fase orale, fase faringea, fase esofagea e fase gastrica. La disfagia rappresenta un disturbo della deglutizione e costituisce un problema clinico rilevante potendo causando malnutrizione, disidratazione, polmoniti ab ingestis, soffocamento. Varie affezioni possono causare la disfagia: patologie neurologiche, traumi a livello di capo e collo, incidenti cerebrovascolari, malattie degenerative e neuromuscolari, encefalopatie e demenza. Il trattamento della disfagia oltre alle modificazioni nella dieta e nell’alimentazione, alle tecniche di compensazione, deve prendere in considerazione anche l’aggiornamento della terapia farmacologica. Per la somministrazione della terapia orale ci sono alcune regole generali: - i farmaci da assumere per bocca devono avere le stesse caratteristiche di consistenza dei cibi -sono preferibili i farmaci in forma liquida (gocce, polveri solubili,sciroppi, soluzioni e sospensioni) in quanto queste preparazioni possono essere addensate e somministrate alla consistenza desiderata -i farmaci disponibili solo in compresse, capsule o confetti, per maggiore sicurezza, vanno somministrati con acqua gelificata o con una crema, piuttosto che con acqua - controllare sempre prima di tritare le compresse che la formulazione del principio attivo consenta questo tipo di trasformazione senza andare a pregiudicare l’effetto terapeutico - nel caso in cui l’alimentazione orale non è più possibile gli stessi farmaci verranno somministrati attraverso il sondino naso gastrico oppure tramite la PEG (intervento di introduzione di un sondino nello stomaco attraverso la parete addominale), facendo attenzione alla detersione del sondino dopo la somministrazione dei farmaci, per non causare l’otturazione dello stesso. Particolare attenzione va riservata anche agli effetti terapeutici, collaterali o jatrogeni della terapia farmacologica. Per esempio nel caso della disfagia associata al Morbo di Parkinson l’assunzione dei farmaci dopaminergici (farmaci che hanno un azione simile alla dopamina – un neurotrasmettitore prodotto normalmente nell’organismo e mancante in questa malattia) dovrebbe essere monitorizzata per assicurare che l’effetto maggiore si raggiunga durante i pasti. Sé la disfagia è associata a malattia da reflusso gastro -esofageo il trattamento con farmaci procinetici può essere risolutivo. I pazienti sottoposti a trattamento a lungo termine con neurolettici, ma anche quelli in terapia con un neurolettico da qualche giorno o la cui dose è stata incrementata nell’ultimo periodo sono a rischio di sviluppare disfagia. Esami radiologici hanno mostrato movimenti discinetici, a volte rallentati, dalla lingua fino all’inizio dell’esofago, oltre ad alterazioni delle contrazioni di quest’ultimo. Tali disturbi sono attribuiti alla sedazione, alla dicinesia acuta o tardiva, alla secchezza delle fauci e a scialorrea (abbondante salivazione). La risoluzione della disfagia può avvenire in un periodo compreso tra 2 giorni e 6 settimane dal passaggio ad un altro neurolettico o dalla riduzione o sospensione della terapia. Mentre nei pazienti giovani con discinesia acuta i sintomi tendono ad attenuarsi dopo la riduzione della dose, nel paziente anziano in terapia cronica l’interruzione può aggravare a volte la sintomatologia. CURARE Pagina 6 AROMATERAPIA E DEMENZA Di PAOLA BELLANI , educatrice professionale. Gli approcci di tipo non farmacologico rappresentano la prima tappa di trattamento per i disturbi comportamentali nella demenza. L’aromaterapia è un trattamento non farmacologico e terapeutico che si prende cura del benessere della mente e del corpo, con finalità di trarne sollievo psico-fisico. E’ un intervento di stimolazione sensoriale che può essere integrato ad altre tecniche di stimolazione cognitiva. Quando si pensa a persone anziane istituzionalizzate, cioè che vivono definitivamente in strutture, la certezza di presenza di patologie è quasi totale e queste, in buona percentuale, sono di carattere altamente o completamente invalidante. Situazioni legate alle varie forme di demenza o a sindromi, come il “Parkinson”, non sono facilmente affrontabili o gestibili a causa dei disturbi del comportamento che esse provocano. Nei primi stadi dei casi di demenza si registrano atteggiamenti di tensione, ansia, aggressività, disagio e sofferenza, strettamente collegati agli effetti prodotti dalla malattia. L’utilizzo dell’aromaterapia può diventare importante per il valore che elementi naturali possono comportare non tanto nella cura estesa, quanto nel tentativo di intervento sulla criticità del “qui ed ora”. Guardare la distruzione dell’intelletto di una persona è un’esperienza che spezza il cuore anche quando non lo dimostriamo; vivere a contatto con chi non ti riconosce più e non percepisce le cose che tutti gli altri percepiscono, può provocare nel caregiver un grande senso di inutilità. La presenza di elementi naturali possono rappresentare un metodo per avere l’opportunità di creare o reintrodurre un canale di comunicazione non-verbale che favorisce la possibilità di trasmettere e ricevere sensazioni positive, legate all’affetto, in questo ambito di intervento così spesso caratterizzato dal senso d’impotenza. Quindi aromaterapia per : Rilassare il corpo e la mente Stimolare attività sensoriali Agevolare la percezione del sé e dell’altro Avere a disposizione uno strumento di intervento in più CURARE Pagina 7 Migliorare la qualità della vita delle persone istituzionalizzate Ridurre situazioni di criticità nelle persone affette da disturbi cognitivi Diminuire lo stress del care-giver, che deve affrontare e gestire queste problematiche Ridurre la necessità di mezzi di contenzione fisici e farmacologici Aumentare l’autostima delle persone anziane Creare canali di comunicazione non verbale con persone con difficoltà di comunicazione CURARE Pagina 8 L’ASSISTENZA E LA GESTIONE DELL’ALIMENTAZIONE NEI DIVERSI TIPI DI OSPITE,di Barbara Passoni, Capo Sala, C.D.I. Una corretta alimentazione influisce in maniera determinante sullo stato di salute di ogni individuo , possiamo dire che la longevità si conquista anche a tavola . Partendo da questa considerazione è intuibile come il fabbisogno alimentare degli anziani istituzionalizzati assuma un ruolo di primaria importanza nell’assistenza . Di fatti secondo le statistiche il rischio di malnutrizione per un anziano ospite di una struttura può interessare fino al 30 – 50 % dei soggetti istituzionalizzati , e la malnutrizione va di pari passo con l’ aumento della morbilità e della mortalità . In particolare i soggetti più a rischio di sviluppare alcune malattie metaboliche sono le donne anziane che in conseguenza delle modificazioni del loro stato ormonale presentano alterazioni che le predispongono a patologie come l’osteoporosi , il diabete, e l’ipertensione .Altra importante considerazione sui bisogni alimentari è che mangiare non serve soltanto a soddisfare un bisogno fisiologico , ma è anche una fonte di gratificazione psicologica . Tutti gli operatori addetti alla cura di un anziano vanno formati e preparati a gestire l’enorme capitolo alimentazione . Ci vogliono competenza e professionalità a partire da chi prepara i pasti fino a chi assiste direttamente . Gestire la nutrizione negli anziani istituzionalizzati comincia già dalla scelta degli spazi e degli ambienti dedicati alla somministrazione del pasto . I locali devono essere ben areati e luminosi , puliti , e con pochi elementi disturbanti che soprattutto nel paziente demente tendono a spostarne la concentrazione dal cibo . Le pareti andrebbero dipinte con i toni del giallo e del rosso ( colori che stimolano la secrezione gastrica ) . Le tovaglie dovrebbero essere in tinta unita e privi di disegni che possono alterare la percezione dell’ospite nella visione e distoglierne l’attenzione .Anche le stoviglie dovrebbero essere antiriflesso . La sala da pranzo potrebbe essere divisa in zone a secondo del grado di autonomia degli ospiti perché avere accanto un commensale problematico può creare tensioni e portare a mangiare di meno per allontanarsi in fretta dalla tavola . Infatti il pasto è anche un importante momento di socializzazione ed occorre la volontà di tutti per renderlo un momento piacevole e sereno . Ad esempio si può e si deve avere cura nella modalità di disporre il cibo nel piatto ( non avete in mano “ casòla e fratàss “ ! ) , di porgere il piatto ( non è un frisbee ! ) , e rispettare i tempi di assunzione dei singoli piatti . L’equipe multi disciplinare ed i vertici aziendali vanno sensibilizzati riguardo a questo argomento al fine di comprare materie prime di qualità , impostare menù variati che rispettino i gusti degli anziani magari proponendo le tradizionali ricette del luogo . La cucina deve essere semplice senza eccedere con i grassi da condimento e le salse , salando con moderazione , orientandosi su cibi con basse esigenze masticatorie e facilmente digeribili : pasta di medio e piccolo formato , ragù di carni magre , polpette , sformati , polpettoni , frittate cotte al forno , pesce , formaggi morbidi . Il consumo di verdura va ampliato per aumentare l’apporto di fibra , e tra la frutta è meglio scegliere quella fresca ben matura a quella cotta o conservata in cui i principi nutritivi ( soprattutto le vitamine ) sono ridotti . L’ideale sarebbe quello di servire la frutta fresca come merenda e non durante il pasto . La somministrazione del pasto non è un compito semplice , molte le variabili da considerare , prima fra tutte la capacità fisica e cognitiva dell’anziano di potersi alimentare da solo . Occorre accertarsi che la persona sia posizionata correttamente e che abbia tutto il necessario a disposizione . Quando si imbocca non bisogna mai mettere fretta poiché ciò induce l’anziano a masticare male o a mangiare meno di quanto vorrebbe . Non bisogna mai usare espressioni violente sia verbali che fisiche : costringere in questo modo un anziano a mangiare vuol dire solo aumentarne l’agitazione e complicarne lo stato demenziale . Anche i toni da mammina dolce non vanno bene perché l’anziano seppure demente è comunque una persona adulta carica del suo vissuto e non un bambino viziato che non vuole la “ pappa “ . Poi non meravigliatevi se serra la bocca o vi sputa addosso . Particolare attenzione va posta in quei pazienti maggiormente a rischio di sviluppare disfagia che pur essendo una condizione diffusa tra gli anziani istituzionalizzati , è troppo spesso CURARE Pagina 9 “ non diagnosticata . La disfagia va sempre valutata attraverso un percorso di screening documentato , ed il personale deve essere educato ad individuare i pazienti a rischio ed i segnali precoci . La gestione dell’ospite disfagico deve essere garantita da personale specializzato . Vanno modificate la consistenza dei cibi e dei liquidi con gli appositi prodotti in commercio ( addensanti e acque gelificate ) e va monitorato con attenzione il livello d’idratazione .L’anziano disfagico deve essere alimentato lentamente e con piccole quantità per volta ( meglio usare un cucchiaino ) e prima di porgergli un nuovo boccone va controllato che quello precedente sia stato deglutito . Ogni 2-3 deglutizioni il paziente va invitato a tossire leggermente e poi a deglutire a vuoto . Mai usare cannucce e schizzettoni , mai far deglutire i cibi solidi aiutandosi con i liquidi : si può far bere solo dopo che ogni residuo di cibo è stato eliminato dalla bocca .Alcuni alimenti sono vietati per un disfagico , e cioè : riso , caramelle , carne tritata , cibi a doppia consistenza come pasta in brodo e minestre con verdure a pezzetti e liquidi non addensati . Per facilitare la deglutizione si possono arricchire i cibi con alimenti lubrificanti come burro , olio , maionese , besciamella . Tutto questo non deve sembrare oneroso per chi assiste durante il pasto un ospite disfagico , infatti l’aspirazione di cibo ( ab ingestis ) che si manifesta con raucedine , tosse , soffocamento , polmonite , può essere causa di morte . Fondamentale la rivalutazione periodica di queste persone per stabilire se la nutrizione naturale è appropriata o se prendere in considerazione il posizionamento di aiuti esterni quali sondino naso – gastrico e PEG . Un’altra categoria di anziani cui bisogna porre particolare attenzione durante il pasto sono gli ospiti con patologie neurologiche . Ad esempio il paziente emiplegico assume posture forzate dall’ipertonia , ha difficoltà a controllare il bolo di cibo nella bocca quando il tronco e la testa sono inclinati verso il lato colpito , non riesce a masticare bene perché utilizza solo la muscolatura del lato sano di bocca e gola , a causa della sensibilità ridotta si morde spesso la lingua .Quindi fondamentale prima del pasto posizionare il paziente nella giusta maniera , preferibilmente seduto in sedia o carrozzina , eventualmente ricorrendo a tutti gli ausili esterni in dotazione ( braccioli , cuscini , poggiatesta …. ) . Utile la collaborazione con i fisioterapisti che possono insegnare al personale di assistenza la postura corretta . Alcuni presidi possono aiutarci a mantenere l’autonomia del paziente neurologico come le posate modificate : esse possono avere un’impugnatura allungata o grande per aumentare la capacità di presa , oppure essere ergonomiche con incavi speciali per appoggiare il pollice che consentono di aumentare il controllo , oppure più pesanti per fungere da stabilizzatore se l’ospite è affetto da tremore ( es. nel Parkinson ) , possono avere un’impugnatura ispessita con spugna per chi ha difficoltà di presa , o ancora avere sistemi di fissaggio a cinturino per fissare la posata nel palmo . Bicchieri e piatti devono essere di materiale infrangibile . I bicchieri dovrebbero avere diverse dimensioni e impugnatura modificata per facilitare la presa , alcuni con imboccatura a becco che facilita nel bere da semi sdraiati , mentre i piatti dovrebbero essere con bordo rialzato e a fondo inclinato per facilitare la raccolta del cibo ed impedirne il rovesciamento . I tappetini antiscivolo andrebbero posti sotto i piatti ed il bicchiere per impedirne lo spostamento . Un’attenzione in più per il paziente con neglet , sindrome in cui il malato ignora metà campo visivo , di solito a sinistra , e quindi mangia il cibo nel piatto solo nella metà destra ( quando ha finito , ruotargli il piatto per fargli vedere anche l’altra parte ) . In ultimo , al fine di mantenere l’autonomia il più a lungo possibile , e come fonte di gratificazione psicologica , le linee guida internazionali suggeriscono l’uso delle mani per mangiare ( scagli la prima pietra chi tra voi che leggete non lo ha mai fatto ! ) . BIBLIOGRAFIA - Linee guida dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione - Federazione Logopedisti Italiani - Gruppo Italiano di studio disfagia - Studio Migliaccio “ Dieta per anziani “ - Assistenza Anziani di M. Spano CURARE Pagina 10 RIABILITAZIONE E DISFAGIA, di Cristina Rozzi, Responsabile Servizio Fisioterapia e Alberto Beretta fisioterapista. La disfagia (intesa come rallentato o difficoltoso passaggio di solidi o liquidi dalla bocca allo stomaco) è sorprendentemente più frequente di quanto si possa pensare: oltre il 10% degli adulti con età maggiore di 50 anni riferisce sintomi riferibili a disfagia; dal 30 al 60% dei pazienti anziani istituzionalizzati presenta disfagia orofaringea; si stima che circa il 10% dei pazienti degenti in reparti di medicina generale sia affetto in qualche modo da disturbi della deglutizione; secondo le linee guida della Federazione Logopedisti Italiani, è stimata esserci una frequenza del 33%-43% nella popolazione con sclerosi multipla, del 40-80% con ictus cerebrale, del 50-90% con Morbo di Parkinson per arrivare al 100% nei malati di SLA. La deglutizione probabilmente rappresenta una delle funzioni filogeneticamente più antiche dell’uomo, poiché strettamente connessa con il bisogno fisiologico più elementare: la nutrizione e l’alimentazione. Ad un loro deficit si accompagna infatti una deplezione del fabbisogno alimentare e in ultima analisi la perdita di peso corporeo. Quindi perdere la funzione della deglutizione non significa semplicemente ridurre l’apporto nutrizionale necessario alla vita ma significa anche perdere “il piacere del cibo”. Una prevalenza così alta della disfagia richiede una precoce e più ampia gestione con interventi di prevenzione , cioè di informazione ed educazione sanitaria e quindi di screening ed evidenziazione precoce del disturbo. La tempestività dell’intervento e la gestione multidisciplinare della disfagia, migliorando la qualità e l’efficacia degli interventi, ne riducono le complicazioni e le conseguenze. La deglutizione e’ un atto assai complesso, in parte volontario ed in parte riflesso. Richiede proprietà motorie di cui la principale è la forza oltre alla precisione, alla velocità e alla coordinazione. Il normale processo di deglutizione nell’adulto avviene in diverse fasi: Fasi della deglutizione • Fase 1 • Fase 2 • Fase 3 • Fase 4 • Fase 5 Preparazione orale (assunzione, preparazione bolo, detersione, ev. espulsione) Fase orale (elicitazione riflesso deglutitorio, deglutizione riflessa) Fase faringea (spinta linguale, suzione ipofaringea, contrazione faringea) Fase esofagea Fase gastrica La disfagia può coinvolgere l’alterazione di una o più fasi della deglutizione e i rischi più importanti si incontrano nelle fasi orale e faringea. Il programma riabilitativo comprende esercizi finalizzati al miglioramento della funzionalità della muscolatura interessata alla deglutizione. Gli obiettivi dell’intervento riabilitativo sono la sicurezza (no aspirazione, no ab ingestis), le necessità nutrizionali (apporto idrico e calorico) ed il piacere dell’alimentazione (nel rispetto soggettivo delle caratteristiche del cibo). CURARE Pagina 11 IL PIACERE DELL’ALIMENTAZIONE LA SICUREZZA ← → L’ADEGUATO APPORTO NUTRIZIONALE Nella valutazione del paziente si osserverà il grado di vigilanza, il livello di collaborazione, il controllo del capo e tronco, il livello neuropsicologico del paziente, le abitudini alimentari. Le funzioni da valutare sono la respirazione,la tosse,il Raclage (riflesso efficace,volontario efficace), il Gag reflex,riflesso di protezione delle vie aeree (se presente o assente), la saliva, la voce,i riflessi patologici della bocca (morso, suzione,masticazione) le deglutizioni spontanee. La posizione corretta che il paziente disfagico deve assumere durante il pasto è la seguente: Posizione eretta con la flessione di anca e ginocchio ad angolo di 90° con i piedi ben appoggiati a terra, il tronco e la testa in linea mediana. Il capo deve essere leggermente flesso con il mento basso. Nel caso in cui il paziente avesse il capo instabile, è possibile supportarlo con una mano sulla fronte ma è assolutamente sconsigliato l’uso del collarino cervicale. I passi da seguire nel momento di inghiottire sono: Prendere aria Trattenerla Inghiottire “con forza” Espellere l’aria Il trattamento si attua attraverso 2 strategie: compensazione a breve termine che comporta l’apprendimento di posture facilitanti,l’utilizzo di manovre volontarie di difesa delle vie aeree e di alcuni atteggiamenti dietetici. Tutto ciò ha lo scopo di mettere il paziente nella condizione di deglutire con minimo rischio. Il recupero a lungo termine di motilità e forza delle strutture coinvolte nella deglutizione,ovvero vengono programmate e attuate attività che consentono il recupero di deficit motori ,sensoriali , di coordinazione. In particolare nei pazienti con disfagia per problemi neurologici l’aspetto più importante è il lavoro sulla sensibilità facciale,orale e faringea. Per facilitare l’atto deglutitorio e per compensare il deficit anatomico e funzionale si utilizzano manovre volontarie di difesa delle vie aeree che hanno lo scopo di difenderle dal rischio di aspirazione durante la deglutizione: Manovra di deglutizione sovraglottica:è la chiusura volontaria delle corde vocali grazie ad una sospensione della respirazione prima e durante la deglutizione. Viene richiesto al paziente di trattenere il fiato prima di iniziare la deglutizione quindi di dare un colpo di tosse per espellere i residui di cibo. Manovra di Mendelshon : dopo la deglutizione si chiede al paziente di mantenere la laringe elevata manualmente fino alla deglutizione successiva. Lo sforzo muscolare fa aumentare l’estensione dell’elevazione laringea prolungando l’apertura del SES (sfintere esofageo superiore) rendendo così più facile e agevole il passaggio del bolo. Deglutizione forzata: si invita al paziente a deglutire forzando e allungando il momento in cui il dorso della lingua preme contro il palato. Scomposizione della deglutizione: si chiede al paziente di eseguire l’atto deglutitorio cercando di automatizzarlo con l’allenamento: ciò facilita la consapevolezza e la coordinazione dell’atto della deglutizione. Questa manovra necessita della massima collaborazione da parte del paziente ed è per tanto di raro utilizzo e non indicata nei pazienti neurologici o cognitivamente compromessi. La diagnosi precoce ed il trattamento della disfagia non solo permettono di evitare complicazioni estremamente rischiose per la vita del paziente, quali la polmonite “ab ingestiis” o la morte improvvisa per soffocamento, ma anche quadri di malnutrizione che influenzano significativamente la qualità della vita e la prognosi di malattia. CURARE Pagina 12 FOCUS VERSO UN’INTEGRAZIONE FRA LE MEDICINE Di Daiana Papasodaro, Fisioterapista— Osteopata D.O. Congresso Internazionale di Medicina Osteopatica Da un decennio a questa parte la medicina sta affrontando un grande cambiamento, passando da una “visione deterministica ad una visione complessa della fisiopatologia” ( come si legge nella lettera di benvenuto del Congresso pubblicata sul sito ufficiale dal presidente del Roi, Eduardo Rossi ), da un impronta specialistica ad un approccio più globale, dalla clinica patologica al concetto più preventivo di Salute. Questo fenomeno dà il via ad una migliore valutazione delle teorie e pratiche non convenzionali. Il recupero dell’arte medica della guarigione sembra essere alla base dei principi della medicina non convenzionale ma occorre un salto di qualità scientifico che permetta un approfondimento della conoscenza dei meccanismi d’azione e maggiori verifiche per distinguere le pratiche terapeutiche efficaci e sicure. La complementarietà tra Osteopatia e Medicina convenzionale è sempre più un fatto reale e riconosciuto. Da questa consapevolezza con grande successo si è tenuto il Congresso Internazionale di Osteopatia: “Verso un integrazione fra le Medicine” a Firenze dal 6 al 9 aprile nel Palazzo dei Congressi , organizzato dal ROI (registro Osteopati d’Italia) in collaborazione con con l’European Institute for Evidence Based Osteopathic Medicine (EBOM) . "Bisogna avere il coraggio di parlare di diagnosi osteopatica " così il dott. Paolo Roberti di Sarsina, esperto per le Medicine Non Convenzionali del Consiglio Superiore di Sanità italiano,ha aperto il Congresso sdoganando la diagnosi in osteopatia e conferendo di fatto un'importanza senza precedenti alla valutazione ad opera degli osteopati. Oltre 300 osteopati iscritti, provenienti da tutto il mondo: numerosi italiani a parte, molti i partecipanti giunti dal Brasile, Stati Uniti, oltre che dalla Francia,Germania,Russia, Inghilterra, Belgio,Finlandia…,conferendo all’evento una portata internazionale ed un alto grado di interesse sulla ricerca in ambito osteopatico. Tra i tanti nomi altisonanti, anche l’americano Brian Degenhardt, direttore della scuola di Kirksville (Missouri) fondata da Still nel 1892 e il tedesco Wilfrid Janig, tra i più grandi ricercatori al mondo sul Sistema Nervoso Autonomo. In questi 4 intensi giorni sono stati affrontati importanti temi clinici da una apposita commissione scientifica, in relazione alle possibili applicazioni del trattamento osteopatico, avvalorando con maggiore evidenza, l’importanza di un approccio integrato tra medicine complementari e convenzionali; sono state organizzate sessioni che hanno preso in considerazione gli aspetti cellulari, tissutali, organici della funzione corporea. Gli interventi hanno coinvolto diverse branche specialistiche: dalla neurologia al sistema muscolo scheletrico, dall’endocrinologia, cardiologia e otorinolaringoiatra alla pediatria e ginecologia, dalla pneumologia CURARE Pagina 13 all’urologia senza mai dimenticare il principio fondante della medicina osteopatica ,che ci richiama al pensiero originale di A.T. Still: “Compito del medico è cercare la Salute. Tutti sanno trovare la malattia”. Ad aggiudicarsi il primo posto per la migliore relazione presentata, l’americana Lisa Hodge, direttrice del centro di ricerca di Osteopatia in Texas che ha parlato del Trattamento di pompaggio linfatico che induce un au- mento dell’immunità anti-tumorale e riduce la formazione solida tumorale in polmoni di ratti affetti da tumore polmonare. E’ invece l’ italiano Vannucchi Viberto il vincitore del primo premio della sezione dedicata alla ricerca scientifica in ambito osteopatico con il lavoro dal titolo “EMG evaluation of abnormal thoracic paravertebral muscles on palpation”. Sono stati presentati interventi di alto profilo mirati ad esempio a provare l’efficacia dell’osteopatia anche in termini di fisica quantistica, come il lavoro di Del Giudice E. e Tedeschi A. che hanno presentato “Domini di frequenza acquosi come strategia entropica e Coerenza Biologica dell’acqua nelle dinamiche degli organi viventi” spiegando in sostanza il principio di coerenza biologica, quello che permette di mettere in relazione tutte le parti dell’universo, quindi anche la relazione osteopatia e paziente. A rafforzare questo concetto, anche la ricerca di Santi Tofani sull’uso dei campi magnetici a bassissima frequenza nel trattamento del tumore. Ciò che questo studio lascia dedurre è che anche l’osteopata emettendo campi magnetici a bassissima frequenza con l’uso delle mani per le manipolazioni, possa determinare effetti positivi nella cura dei pazienti che vi si sottopongono. A Firenze l’osteopatia ha trionfato attraverso le parole dei suoi più autorevoli rappresentanti nazionali e internazionali dell’osteopatia e della medicina si sono affrontati con lo scopo di creare un nuovo modo di pensare , al ruolo del trattamento Osteopatico, basato non più “sull’ autorefenzialità”, ma principalmente sulla collaborazione tra clinici specialisti e clinici osteopati, attraverso la creazione di un linguaggio comune che possa condurre alla realizzazione di ricerche di alta qualità scientifica in un ottica di “integrazione”. “CONOSCI L’ANATOMIA E LA FISIOLOGIA, MA QUANDO METTI LE MANI SUL CORPO DI UN PAZIENTE, NON DIMENTICARTI CHE VI ABITA UN’ANIMA VIVENTE” Conoscere l’osteopatia, Dr. A.T.Still CURARE Pagina 14 L’OSTEOPATIA E LA PLAGIOCEFALIA Di Daiana Papasodaro, Fisioterapista ed Osteopata D. O. L’osteopatia pediatrica è il caso più reale di medicina preventiva. È la terapia elettiva per il neonato che subisce in caso di nascita naturale il trauma da parto, in caso di cesareo invece permette la riattivazione da parte dell’osteopata del Meccanismo di Respirazione Primario. In questo caso il meccanismo viene stimolato mediante manovre manuali al cranio. Il neonato subisce un trauma durante il passaggio nel canale del parto. Può capitare che il cranio si presenti leggermente allungato o deviato. Questo non rappresenta una patologia ma, se naturalmente durante i primi giorni di vita extrauterina il cranio non riprende la normale forma, le mani dell’osteopata possono aiutare a riportare la forma del cranio in una situazione più fisiologica. Inoltre l’intervento osteopatico può prevenire atteggiamenti scoliotici, malocclusioni, ed aiutare patologie visive come lo strabismo. Ma come avviene la deformazione del cranio? Il termine plagiocefalia dal greco “Plagios” (obliquo) e “Kephalè” (cranio), rientra tra quelle anormalità del cranio che vanno sotto il nome di “dimorfismi”. Nello specifico indica una forma anomala o una deformità del cranio del neonato, la cui testa sembra appunto obliqua può essere anche definita “testa a parallelogramma”. Viene subito fatta una prima distinzione tra forma anomala e deformità del cranio .Quest’ultima si riferisce ad una precoce ossificazione di una o più suture del cranio, di solito presente già alla nascita, e il cui trattamento è quasi esclusivamente chirurgico o tramite l’ausilio di tutori ortopedici (DOC : Dinamic Orthotic Cranioplasty). Fusione precoce Fusione precoce Di una sutura coronale di sx di entrambe le suture coronali Fusione precoce della sutura sagittale Fusione precoce della sutura lambdoidea Che tipo di problemi può portare una Plagiocefalia da cranio-sinostosi: - problemi estetici (se una sola sutura) strabismo o astigmatismo ipertensione endocranica disturbi neurologici Esistono 3 tipologie di deformità cranio-facciali potenzialmente presentabili nei neonati. Plagiocefalia : quando i bambini dormono sempre sullo stesso lato; Brachicefalia: quando dormono sempre a faccia in su; Escafocefalia: quando dormono con la testa sempre da un lato, in realtà il termine plagiocefalia è il più diffuso e viene genericamente usato per descrivere tutti e tre i tipi di irregolarità del cranio. Quali sono le cause? Nella Plagiocefalia primaria - tra le principali cause, quelle pre-natali (prima del parto) e peri-natali (durante il parto). Prima del parto : nascite premature e forze compressive intrauterine Sono la causa più frequente delle irregolarità craniche. All’interno dell’utero materno il feto può subire limitazioni negli spostamenti, e trovarsi costretto nella medesima posizione per un periodo di tempo prolungato. La posizione del ANNO 5, NUMERO 2 Pagina 15 collo,a lungo mantenuta, associate alla malleabilità delle ossa, tendono a determinare una deformazione cranica ed uno squilibrio tensivo dei muscoli del collo ( in particolare dello sternocleidomastoideo). Dopo la nascita il bambino tenderà a prediligere la stessa posizione mantenuta in utero, peggiorando la deformità cranica acquisita. Durante il parto: forze extrauterine compressive: un parto traumatico dovuto per esempio all’utilizzo della ventosa o del forcipe. La Plagiocefalia primaria non va minimizzata pensando ad una risoluzione spontanea che non è affatto automatica. La plagiocefalia secondaria o posizionale: È la risultante di posture anomale persistenti, in particolare legate alla posizione supina in cui vengono posizionati i bambini durante il sonno. Dagli anni ’90 è aumentata infatti l’incidenza di questa problematica, e cioè da quando i pediatri hanno consigliato i evitare la posizione prona durante il sonno per prevenire le “morti improvvise in culla”(SIDS: sudden infart death sindrome). Attenzione, questo consiglio pediatrico va assolutamente comunque rispettato, perché da quando viene applicato sono diminuiti sensibilmente i casi di morte improvvise in culla. COSA PUO’ FARE L’OSTEOPATIA? L’osteopatia ha un’altissima percentuale di completo successo per casi di plagiocefalia posizionale, e di grande aiuto nei casi di plagiocefalia primaria. “La plagiocefalia, pubblica così in un articolo pubblicato dall’Osteopata Manuela Emili – rappresenta una componente strutturale accessibile attraverso cui i fattori neurologici inaccessibili possono essere influenzati e cambiati”. Secondo uno studio effettuato su 649 bambini esaminati con approccio osteopatico, l’osteopata Nicette Sergueef, insieme a Kenneth E.Nelson, Thomas Glone, ha stabilito che un esame osteopatico neonatale approfondito possa identificare i soggetti predisposti a sviluppare una plagiocefalia posteriore. Da diversi anni la clinica pediatrica Bambin Gesù di Roma conduce un lavoro basato sull’integrazione diagnostica e di trattamento delle turbe posturali in età 0-18 anni, con diagnosi palpatoria osteopatica e tecniche manuali osteopatiche. Secondo una ricerca condotta proprio nel dipartimento di Chirurgia Pediatrica, nel presidio di Palidoro, il trattamento cranio-sacrale potrebbe avere nei casi di plagiocefalia, un’indicazione elettiva; l’obiettivo è stato quello di mostrare come la diagnosi palpatoria osteopatica possa integrare la semeiotica tradizionale. La ricerca ha dimostrato che su 20 bambini(12 femmine e 8 maschi),2 hanno riscontrato plagiocefalia frontale,4 una plagiocefalia posteriore. Alla fine del trattamento osteopatico la plagiocefalia era migliorata in tutti i casi trattata e documentata in due casi più severi, dall’esame rx post-trattamento. TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA PLAGIOCEFALIA In caso di plagiocefalia primaria : risoluzione degli stiramenti meccanici della volta e della base cranica. È importante trattare questi bambini in fase precoce, già nella prima settimana di vita, e proseguire con regolarità per dare equilibrio tissutale alle zone di distorsione almeno sino ai 12-18 mesi. Già verso la fine del primo anno di vita è più difficile ottenere dei buoni risultati. In caso di plagiocefalia secondaria : in questo caso il trattamento prevede una serie di consigli da dare ai genitori sulla gestione a domicilio del bambino a cui si associano trattamenti manuali osteopatici per risolvere gli stiramenti articolari, membranosi e fluidici della base, del rachide cervicale e della colonna. SI PUO’ PREVENIRE LA PLAGIOCEFALIA POSIZINALE? Alternare le posizioni della testa da un lato e dall’altro nel decubito supino. Quando il bambino impara a girarsi su se stesso e riposa spontaneamente di pancia, e consigliabile mantenerlo in posizione supina. Mettere a dormire alternativamente il bambino ad un estremo e all’altro del lettino, perché il neonato tende a girare la testa verso fonti luminose (finestre, posizione delle luci ecc.). Quando il neonato è sveglio posizionarlo a pancia in giù. Questa posizione rappresenta un esercizio fisico importante alla prevenzione del torcicollo acquisito e rinforza la muscolatura capo-collo. Nel gioco sfruttare la posizione sul fianco. CURARE Pagina 16 Favorire il movimento della testa attraendo la sua attenzione da diverse posizioni, ad esempio,durante il cambio del pannolino. Cambiare anche la disposizione dei giocattoli posizionandoli in diversi lati del lettino, seggiolino o carrozzina. Alternare i lati ad ogni pasto quando si imbocca il bambino. Favorire le rotazioni della testa posizionando in modo che la testa sia libera di muoversi e non appoggi posteriormente. BIBLIOGRAFIA Nicette Sergueef, Kenneth E. Nelson, Thomas Glonek,Palpatory diagnosis of plagiocephaly( Elsevier, maggio 2006 ) Casi di studio - Ospedale pediatrico Bambin Gesù Esperienza di trattamento osteopatico in età pediatrica per di- sfunzioni cranio sacrali: case series K. Wyatt, V. Edwards, L. Franck, N. Britten, S. Creanor, A. Maddick, s. Logan Cranial osteopathy for children with cerebral palsy: a randomised controlled trial. Peninsula College of Medicine and Dentistry, University of Exeter, Exeter, UK. Pubblicato su: BMJ Journals. Continuiamo a parlare di responsabilità in campo infermieristico...di Maria Chiara Busnelli, Corso di laurea in Infermieristica e Farmacia Prima di iniziare a comporre questo articolo ho riflettuto molto e sinceramente ho esitato per qualche tempo...poi ho sentito una frase nel corso della mia pratica quotidiana , che mi ha, in primis, intristito ma successivamente mi ha fornito lo stimolo ideale per ripercorrere la difficile ed impervia strada della responsabilità infermieristica. …”Beh, ma poi voi infermiere potete scrivere quello che volete...chi ci dice come vanno davvero le cose …? Ringrazio chi, seppur con sofferenza e soprattutto indotto, ha esclamato una frase di questo genere , perché mi ha fornito, in un caldo pomeriggio di maggio, l’occasione di spiegare e di dimostrare la qualità e la consistenza del nostro lavoro di infermieri, che,come già detto, si basa su un corpo di conoscenze scientifiche, rappresentato dalla tabella 18-ter e successivi, da un profilo professionale , ora mai uniformato ai livelli europei e da codice deontologico, che è il fondamento del nostro agire professionale. Ai giorni nostri è ancora presente nell’immaginario collettivo, l’idea che l’infermiere non sia un professionista della salute, ma un semplice esecutore, facilmente manipolabile , ed è probabilmente per questo motivo, che frequentemente il nostro operato viene messo in discussione, da parte di chi ignorando il nostro percorso formativo si arroga il diritto di giudicare, di dubitare e a volte anche di screditare. E’ bene ribadire ai più , che la professione infermieristica è da anni, come nel resto del mondo, ne sono un esempio gli anestesiology ,infermieri kenyoti, una professione intellettuale, con contratti d’opera intellettuali , che prevedono un corpo di responsabilità professionali. Dall’abolizione del vecchio ed artefatto mansionario sono passati parecchi anni e l’ottica lavorativa ha subito profonde modificazioni, tanto da portare a muoversi nell’ambito del “chi sa fare fa CURARE Pagina 17 Attraverso la legge 42/99 si è arrivati ad un cambiamento di forma mentis , che implica inevitabilmente una auto dichiarazione di responsabilità relativa alle competenze e ai risultati . Chi lavora in ambiti particolari come il soccorso extra-ospedaliero o anche le nostre RSA , dove non c’è sempre fisicamente un medico presente, è consapevole, che il più delle volte, non c’è il tempo di farsi delle domande, per confrontarsi o per chiedere ulteriore aiuto, infatti ci si trova a dover agire in piena autonomia e a dover mettere in atto manovre salvavita ,rischiando anche di sconfinare nel limite delle competenze altrui. Il problema delle competenze e degli atti infermieristici è ad oggi annoso e sconta una vetusta normativa non più tollerabile, tanto che i limiti posti dall’attuale giurisdizione sono ingiustificabili e non certo rispondenti ai bisogni di salute espressi dalla popolazione e alla concezione di una assistenza infermieristica moderna ,in linea con il resto del mondo, dove l’infermiere è da anni deputato all’assistenza specialistica e non più all’assistenza di base. Si dovrebbe scegliere a questo punto, seppur con mille difficoltà e con mille ingerenze fuori luogo, che viviamo nella nostra quotidianità, di continuare ad elevare il livello assistenziale erogato, puntando anche sull’ EVIDENCE BASE NURNING, e tentando sempre più di realizzare una naturale collaborazione tra professione infermieristica e professione medica, garantendo un patto di qualità e di affidabilità atto anche a demolire ogni miserrimo tentativo di dequalificazione di entrambe le professioni. Alla luce di quanto detto , ne consegue che la nostra professione si basa su una vera e propria evidenza scientifica e che quindi è impensabile, che si possa per così dire ...scrivere quello che si vuole … poichè ogni atto sanitario di natura infermieristica, deve necessariamente essere avvalorato e supportato da dati reali, deve essere circostanziato e deve trovare una collocazione ben precisa nello spazio e nel tempo. Sembrano essere sempre più lontani i tempi in cui a soccorrere e a curare i malati vi erano monatti, peripatetiche o facenti parte di confraternite,” porta” o facchini, aventi come come modello o circostanza il buon samaritano. Dai facchini e dai disperati di un tempo si è arrivati ad equipe infermieristiche di ottimo livello, con percorsi culturali universitari e con livelli di responsabilità sempre più elevata. Essere infermieri oggi, è più che mai una scelta autentica, un patto di responsabilità e di fiducia con se stessi e con il cittadino, ne sono una prova gli ormai noti sbarramenti per l’ingresso al corso di laurea di primo livello , che frequentemente portano il candidato a fare più tentativi, senza aver comunque la certezza di potervi accedere! Bibliografia: Silvestro A.,Formazione Complementare: presentazione del documento IPASVI,Foglio Notizie,n 2/96, pag XXII Mantovani F., Diritto penale, parte speciale, delitti contro la persona, Cedam, 2005 Foresto Nicolai, da Opere di Foresto Nicolai: “Storie delle Misericordie” Benci L.,Manuale giuridico professionale, per l’esercizio del nursing, Mc Graw Hill,2009 Bossi E, Gozzo A., Busnelli M.C., Storia del soccorso extra-ospedaliero, quali le figure ,le competenze,le prospettive...un futuro da costruire per la società italiana, 200/2001, Università degli studi di Milano. CURARE Pagina 18 ARGENTO VIVO IL PERSONAGGIO SAN GIOVANNI BATTISTA DI MONS. CARLO FERRARI Nelle icone e nelle immagini popolari, S. Giovanni Battista viene spesso presentato come un soggetto forte, con bastone in mano, seminudo, magro, solitario… In realtà il Vangelo ci presenta subito la sua audacia nell’affrontare i poteri costituiti del tempo. Non è per niente carezzevole con gli scribi, i farisei, i dottori della legge, le classi sacerdotali. Anche con la gente comune che lo frequentava, il suo dire era deciso. Viveva in zone deserte, i digiuni erano prolungati, il cibo era quello dato dal deserto, tutt’altro che gustoso. Eppure esercitava un fascino non da poco: tant’è che erano non pochi i discepoli e il suo discepolato si è prolungato nel tempo per diversi decenni, dopo la sua morte e anche fuori dalla terra d’Israele. Qualcuno ha affermato che Gesù, oltre ad essere suo parente e aver ricevuto il suo battesimo, lo aveva frequentato, se non come discepolo, certamente come ammiratore e partecipe delle iniziative: anche i discepoli di Gesù hanno amministrato il battesimo di purificazione nel modo di Giovanni Battista. Si può dire che la sua morte è da qualificare come un martirio, per la straordinaria testimonianza da lui data alla verità morale. Non aveva infatti esitato ad esprimere pubblicamente il rimprovero al Re Erode Antipa, per il rapporto incestuoso intrattenuto con la moglie di suo fratello Filippo. Erodiade, per questo, lo odiava a morte. E nell’occasione del compleanno di Erode, con la danza di sua figlia, ottenne da lui la decapitazione del Battista. “La guardia – ci informa l’evangelista Marco – portò la testa su un piatto e la diede alla ragazza; quella poi la diede a sua madre”. Una scena orribile nel mezzo di una festa… di compleanno! Giovanni era intorno ai 30 anni, ma la sua pur breve vita, guidata dallo spirito santo fin dalla nascita, ha lasciato un segno incancellabile. Fu il precursore di Gesù. A Gesù ha lasciato lo spazio spirituale predisposto. Lo ha indicato come l’Agnello di Dio che si immola per la salvezza dell’umanità. Lo ha dichiarato Figlio di Dio! Gesù di lui ha detto: è il più grande dei nati di donna! ...DON CARLO... CURARE Pagina 19 L’AMICIZIA E’ un tesoro prezioso che Dio ci ha donato. E’ un legame d’amore che ci unisce e ci rende più forti e sereni. E’ un donarci senza riserve, con lealtà, intuizione, umiltà e bontà. E’ un sentimento umano che illumina di gioia la vita, che ci completa. E’ darsi la mano e camminare sulla strada che conduce a Dio. Le Suore CURARE Pagina 20 ALLA FESTA DELLA CREAZIONE Il settimo giorno, terminata la Creazione, Dio dichiarò che era la sua festa. Tutte le creature, nuove di zecca, si diedero da fare per regalare a Dio la cosa più bella che potessero trovare. Gli scoiattoli portarono noci e nocciole; i conigli carote e radici dolci; le pecore lana soffice e calda, le mucche latte schiumoso e ricco di panna. Miliardi di angeli si disposero in cerchio, cantando una serenata celestiale. L’uomo aspettava il suo turno ed era preoccupato: “Che cosa posso donare io? I fiori hanno il profumo, le api il miele, perfino gli elefanti si sono offerti di fare la doccia a Dio con le loro proboscidi per rinfrescarlo…”. L’uomo si era messo in fondo alla fila e continuava a scervellarsi. Tutte le creature sfilavano davanti a Dio e depositavano i loro regali. Quando rimasero solo alcune creature davanti a lui, la chiocciola, la tartaruga, ed il bradipo poltrone, l’uomo fu preso dal panico. Arrivò il suo turno. Allora l’uomo fece ciò che nessun animale aveva osato fare. Corse verso Dio e saltò sulle sue ginocchia, lo abbracciò e gli disse: “Ti voglio bene!”. Il volto di Dio si illuminò, tutta la creazione capì che l’uomo aveva fatto a Dio il dono più bello ed esplose in un alleluia cosmico. CURARE Pagina 21 “ Per qual fine Dio ci ha creati? “ Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo poi nell’altra, in Paradiso” Catechismo di Pio X Lascia che ti ami, mio Dio. Che cosa ho in cielo, che cosa ho in terra, all’infuori di te? Tu, Dio del mio cuore e mia parte nell’eternità, lascia che mi aggrappi a te. Sii sempre con me, e se sarò tentato di lasciarti, tu, mio Dio, non mi lasciare. CURARE Pagina 22 TEMPO DI BELLA STAGIONE, di Barbara Passoni Finalmente l’inverno è finito ed è arrivata la bella stagione . Ma per voi “giovani “ lettori di Argento Vivo, essa ha portato anche un bel carico di …..allergie ! Purtroppo per alcuni, il rifiorire della natura non è una gioia per gli occhi ma un fastidio per il corpo . L’allergia è una malattia in cui il nostro organismo, più precisamente il sistema immunitario, riconosce alcune sostanze come pericolose e nocive e per difenderci “ si scatena “ . E quando il sistema immunitario si scatena, si possono presentare vari disturbi, tra cui: raffreddore, congiuntiviti ( occhi arrossati , con lacrimazione , e sensazione di prurito ) , difficoltà a respirare con tosse e crisi asmatiche, dermatiti che coinvolgono varie parti del corpo con prurito, gonfiore, arrossamenti e lesioni. Possono manifestarsi anche stanchezza, irritabilità ed insonnia. Purtroppo l’allergia è una malattia che si eredita ma alcuni fattori contribuiscono ad aumentare il rischio di svilupparla tra cui lo smog dell’aria, ripetute infezioni virali, eccessivo uso di antibiotici, essere stati allattati artificialmente. Comunque, come in tutte le cose, un corretto stile di vita ed alcune precauzioni generali possono aiutarci a convivere più serenamente con le allergie e con qualunque stagione . Innanzitutto difendiamoci dall’inquinamento atmosferico responsabile tra l’altro dello sviluppo di malattie cardiovascolari e respiratorie come il tumore polmonare. Purtroppo le persone anziane sono particolarmente sensibili anche a bassi valori di inquinamento e l’essere affetti da malattie croniche di cuore, polmoni e metabolismo ( es. diabete ) rende più fragili. Quindi evitate di uscire nelle ore più fredde ed umide e nelle giornate dove in città si registrano alti livelli di inquinamento . Evitate i luoghi affollati e chiusi. Assumete antiossidanti e vitamine. NON FUMATE: il fumo di sigaretta è il più importante fattore di rischio evitabile nel mondo . Per le allergie stagionali evitate di uscire nelle giornate ventose o di tagliare l’erba e fare giardinaggio nei momenti più critici .Eventualmente usate una mascherina e occhiali. Anche durante i temporali la concentrazione di pollini e allergeni aumenta. Se possibile “ cambiate aria “ concedendovi una vacanza al mare o in montagna sopra i 1200 metri. Arieggiate casa vostra ma non nelle ore centrali e più calde della giornata. Viaggiate in macchina con i finestrini chiusi. Non fate gite all’aperto nei periodi di massima impollinazione. Usate i condizionatori d’aria curando il regolare cambio dei filtri. Fate una doccia ed un lavaggio quotidiano dei capelli per allontanare i pollini a cui siete allergici dal corpo e per ridurre i disturbi nella notte. Mangiate pesce ricco in omega 3 e alimenti probiotici poiché molti studi hanno dimostrato che possono alleviare soprattutto i disturbi di tipo respiratorio da allergia . Ricordate che, in stagione di allergie, alcuni alimenti possono contenere sostanze simili agli allergeni dei pollini di alcune piante, per cui sarebbe meglio in quel periodo evitarli: ad es. la mela ha sostanze simili al polline di betulla. Infine parliamo di allergia alla polvere purtroppo presente tutto l’anno. Creiamo una casa adatta a noi e al nostro problema. Togliamo tendaggi pesanti, tappeti e moquettes che accumulano polvere. Passiamo regolarmente l’aspirapolvere tutti i giorni usando quelle di ultima generazione con gli appositi filtri per allergici. Laviamo indumenti e biancheria della casa a 60 ° ( al di sotto di questa temperatura gli acari della polvere non vengono uccisi ). Esporre all’aria cuscini e materassi con regolarità. Spolverare utilizzando un panno umido o gli appositi panni cattura polvere . Non tenete i peluche dei nipotini in casa, oppure lavateli a più di 60 ° oppure metteteli nel congelatore per 12 ore. Non tenete troppi libri in casa, e allontanateli dalla camera da letto. Se vi è possibile rivestite materassi e cuscini con gli appositi rivestimenti impermeabili in commercio. Lasciate all’esterno della casa le scarpe che avete usato fuori. Evitate il fai da te e per qualunque disturbo rivolgetevi al medico: non assumete farmaci senza averlo interpellato, non sempre quello che ha fatto bene alla vicina può curare anche noi. Sperando di non avervi rovinato il gusto di vivere la bella stagione e di non aver fatto aumentare le vostre preoccupazioni, vi auguro una serena primavera e una tranquilla estate. Bibliografia : www.infoanziani.it www.muoversiinsieme.it www.mondobenessereblog.com CURARE Pagina 23 I NOSTRI OSPITI E IL BEATO KAROL! Primo maggio festa del nostro papa Giovanni Paolo II, che è salito agli onori degli altari. Ecco le impressioni degli ospiti e le testimonianze di Dora e mia, dopo essere appena tornate dalla festa a Roma. “Per me era una gran brava persona, un oratore (la sua vocazione) e sapeva esprimersi bene” (Luigia Villa). “Beato fra il popolo. A me piaceva tanto, tutto: che voleva bene ai bambini e che usciva, insomma ghe vureva ben a tuti.”(Antonia Furlan) “L’inviato di Dio, la lunga mano di Dio”.(Maria Cama) “Mi ricordo che gli hanno sparato ed è rimasto ferito. Mi ricordo che bello quando é stato eletto papa,… aveva un altro modo di parlare.(Ambrogio Picone) “Me piaseva tante, andava in montagna, gireva dapertute, riducul, parleva coi giovani. Il 13 maggio gli hanno sparato. Andava all’ospedale a trovare i bambini, andava nel cuore di tutti”. (Lino Foletti) “La cosa più importante è stata quella che tutti gli uomini hanno gridato:<Lo vogliamo Santo!>. Nella consuetudine della chiesa, la decisione deve partire non dal popolo, ma dal centro stesso della chiesa, questa è la prassi. Se è Santo veramente, la beatificazione avverrà in egual modo.” Don Giuseppe Cagni “Ho visto che era un uomo di cuore, ma l’ho potuto vedere solo di sfuggita, un incontro spiccio” .don Bruno Vignati “Bel. Quando è arrivato alla finestra, mi è piaciuto Subito. C’era ancora Tanino e anche a lui piaceva. Andeva da chi e da là e questa era la sua forza. La gente che c’era in piazza era enorme”. Costanza de Franceschi “E’ stupendo, è un santo, molto stupendo. Molto affabile, molto O.K.. Portava il sorriso a tutte le genti. Ne ha passate parecchie, ricordo che con i bambini era speciale, affettuoso”. Severina Concato “Oh mamma, sono più che soddisfatta: mi ha dato la mano…una cosa indescrivibile. Non lo dimenticherò mai. Sembra un sogno, eravamo in compagnia e lui mi ha preso la mano e mi ha fatto un grande regalo”. Nina la volontaria “Grazie per aver avuto la fortuna di veder beato il mio caro “Papa’ ”. Un’esperienza stupenda da condividere con tutti”. Dora Colombi, una fan di Woitjla “Beato te Karol, ci hai chiamati e siamo venuti alla tua festa(è stata proprio bellissima). Nel viaggio di ritorno, la tua voce mi/ci accompagna sempre: <Non abbiate paura>” Daniela Buttignoni” CURARE Pagina 24 QUANDO RACCONTARE E’ BELLO … Chi di noi non ha sperimentato quanto sia bello potersi “raccontare” a qualcuno che ascolta e mostra interesse per quanto dici? E’ bello perché parli di te, perché ti sembra di rivivere un po’quello che stai solo dicendo; e poi perché i ricordi si affacciano disordinati e, esponendoli, li metti in ordine, fuori e dentro di te. Se questo è positivo ed importante per ciascuno, tanto più lo è per le persone anziane per le quali si parla di una validità terapeutica del racconto delle storie di vita. Tali storie, infatti, aiutano a mantenere la propria identità che spesso è messa in discussione, contribuiscono a migliorare l’autostima e a recuperare energie personali. A volte il raccontare può esprimere l’esigenza di dare un contributo alla società portando la propria esperienza o indicare la necessità di rivedere e rivalutare la propria vita. Partendo da questi presupposti, abbiamo pensato di utilizzare il nostro giornalino quale strumento di divulgazione delle storie di vita degli anziani della Casa di Riposo e del Centro Diurno che hanno voglia di “raccontarsi”. Dal prossimo numero, allora, riporteremo i racconti che i nostri “nonni”avranno la pazienza e la voglia di condividere con noi. Chi li leggerà, si metta in … ascolto, è la vita che parla! Il Servizio Animazione ANNO 5, NUMERO 2 Pagina 25 GENITORI AL PROPRIO FIGLIO di Gianni Agratti , parente, amico e volontario. Se un giorno ci vedrai vecchi … Se ci sporchiamo quando mangiamo e non riusciamo a vestirci … abbi pazienza, ricorda il tempo che abbiamo trascorso ad insegnartelo. Se quando parliamo di te, ripetiamo sempre le stesse cose … non interromperci, ascoltaci, quando eri piccolo dovevamo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Se non vogliamo lavarci non biasimarci e non farci vergognare … ricordati quando dovevamo correrti dietro, inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Se vedi la nostra ignoranza per le nuove tecnologie … dacci il tempo necessario e non guardarci con quel sorrisetto ironico, noi abbiamo avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc. Se ad un certo punto non riusciamo a ricordare o perdiamo il filo del discorso … dacci il tempo necessario per ricordare e se non riusciamo non ti innervosire, la cosa più importante non è quello che diciamo ma il nostro bisogno di essere con te ed averti lì che ci ascolti. Quando le nostre gambe stanche non ci consentono di tenere il tuo passo … non trattarci come se fossimo di peso ma vieni verso di noi, con le tue mani forti, nello stesso modo con cui noi lo abbiamo fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Dacci un po’ del tuo tempo, donaci un po’ della tua pazienza, proponici la tua spalla su cui appoggiare la nostra testa … allo stesso modo in cui noi lo abbiamo fatto con te. Quando diciamo che vorremmo essere morti … non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa ci spinge a dirlo. Cerca di capire che alla nostra età non si vive, si sopravvive. Un giorno scoprirai che, nonostante i nostri errori, abbiamo sempre voluto il meglio per te. Figlio caro, ricordati: se noi genitori non ci fossimo amati, ora tu non ci saresti. Tu sei il frutto del nostro amore, sei la nostra gioia, sei il ricordo del nostro sogno. Aiutaci a camminare, aiutaci a finire i nostri giorni con pazienza e con amore, in cambio noi ti daremo un sorriso e l’immenso amore che abbiamo sempre avuto per te. Ti amiamo, noi preghiamo per te … I tuoi genitori. CURARE Pagina 26 TORTA SOFFICE allo YOGURT Ingredienti: 120 grammi di burro 200 grammi di farina 1 bustina di lievito 1 bustina di vanillina 150 grammi di maizena 1 pizzico di sale 4 uova intere 2 tuorli 250 grammi di yogurt bianco intero 125 grammi di zucchero Buccia grattugiata di 1 limone non trattato zucchero a velo Procedimento: Separare i tuorli dagli albumi. Tagliare il burro a cubetti e lasciarlo ammorbidire a temperatura ambiente, unirvi metà dello zucchero e la vanillina. Sbattere con le fruste, fino ad ottenere una crema morbida e chiara. Sempre sbattendo, unire i 6 tuorli, lo yogurt e la scorza del limone. Amalgamare bene il tutto. Montare a neve ferma gli albumi con il rimanente zucchero ed aggiungerli al composto. Imburrare uno stampo (diametro di cm 24) e versarvi l’impasto. Infornare per circa 30-35 minuti ad una temperatura di 180°. Prima di servire spolverizzare con lo zucchero a ANNO 5, NUMERO 2 Tra di noi c’è … uno spazio aperto...dove è possibile dare un contributo utile a tutti … in libertà ma con rispetto... DALLE RAPPRESENTANTI SINDACALI AZIENDALI...LINA ROMANO E TEA VALENDINO Il 6 maggio la CGIL ha indetto uno sciopero nazionale di tutti i lavoratori , a difesa dei diritti dei lavoratori. I minimi assistenziali che si devono garantire in strutture ospedaliere sono state rispettate in Fondazione,nonostante l’alta adesione degli iscritti Cgil. Gli esiti dello sciopero sono stati più che positivi, in piazza a manifestare sono scesi lavoratori dipendenti di aziende piccole e grandi, pubbliche e private, di cooperative, giovani e meno giovani, uniti tutti a chiedere lavoro e retribuzioni dignitose, giustizia, lavoro e futuro per i giovani. Di sotto riportiamo i punti salienti dei diritti rivendicati dai lavoratori. Infine per riflettere e meditare una poesia! ! ! 1 Perché voglio vivere in paese democratico, dove si garantiscono i diritti di tutti e non i privilegi di pochi 2. Perché voglio essere garantito e tutelato da un contratto nazionale non derogabile 3. Perché voglio un contratto integrativo che riqualifichi e non dequalifichi 4. Perché voglio un salario dignitoso che mi permetta di vivere dignitosamente e non solo di sopravvivere 5. Perché voglio che il part-time sia un diritto e non una concessione o un favore 6. Perché sono assolutamente contrario alla legge “Brunetta “ e a tutti i decreti emanati dal governo che mortificano e offendono i lavoratori pubblici, considerandoli tutti fannulloni 7. Perché non voglio pagare io la crisi economica causata da altri 8. Perché sono assolutamente contrario all’aumento dell’età pensionabile 9. Perché voglio una scuola pubblica per tutti i cittadini 10. Perché mi indigno e non riesco a restare indifferente davanti a ingiustizie e soprusi Pagina 27 CURARE Pagina 28 Una piccola poesia Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendermi e non c'era rimasto nessuno a protestare. Bertolt Brecht PILLOLE SINDACALI: 10 giugno: ultimo giorno utile per la presentazione del 730 Giugno: erogazione 14^ mensilità 30 giugno: compilazione e consegna all’azienda del modulo per assegno trattamento di famiglia (assegni familiari) busta paga di luglio: recupero del rimborso Irpef ANNO 5, NUMERO 2 Pagina 29 Vi aspettiamo a settembre con i racconti curiosi delle Vostre vacanze … Sede legale ed operativa Via Cogozzo n° 12 26866 Sant’Angelo Lodigiano (Lo)