Modelli neurobiologici nei disturbi dell`umore post partum

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Modelli neurobiologici nei disturbi dell`umore post partum
Modelli neurobiologici nei disturbi dell’umore post partum
Neurobiological models in postpartum affective disorders
ELEONORA CAROTI, LAURA FONZI, GIUSEPPE BERSANI
Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica, Università La Sapienza, Roma
RIASSUNTO. La maternità è uno dei periodi più critici nella vita di una donna; in particolare, i mesi che seguono la nascita
di un figlio costituiscono un momento di aumentata vulnerabilità allo sviluppo di modificazioni dell’umore in senso depressivo, che possono variare dal maternity blues alla psicosi postpartum. Le cause di questi disturbi sono ancora poco chiare; tuttavia, i cambiamenti repentini e drammatici dei livelli ormonali che avvengono dopo il parto suggeriscono un ruolo importante dei fattori ormonali nel determinare le alterazioni dell’umore post partum. Molti autori hanno focalizzato la loro attenzione sulla caduta massiva dei livelli ematici di steroidi gonadici dopo il parto, ipotizzando che le modificazioni dell’umore post partum siano causate dall’astinenza da questi ormoni. Le evidenze provenienti da questi studi, riportate nella prima
parte dell’articolo, non sono conclusive; sembra chiaro, comunque, che i cambiamenti ormonali, pur non rappresentando l’unica causa dei disturbi dell’umore, possono innescare, in un sottogruppo di donne vulnerabili, meccanismi patologici che coinvolgono diversi neurotrasmettitori o i loro recettori e che hanno come risultato la depressione. Nella seconda parte dell’articolo vengono prese in considerazione altre variazioni ormonali associate con il parto, con particolare riferimento all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), agli ormoni tiroidei e alla prolattina. Quindi, sono presentate le recenti scoperte circa il ruolo
delle modificazioni dei livelli plasmatici di colesterolo e acidi grassi e del ritmo sonno-veglia nei disturbi dell’umore post partum. Nella parte finale della revisione gli autori tentano di costruire un modello integrativo che, tenendo conto dei dati precedentemente discussi, possa fornire una base per la comprensione della relazione esistente tra i cambiamenti neurobiologici nel postpartum e lo sviluppo di disturbi dell’umore.
PAROLE CHIAVE: post partum, depressione, neurobiologia.
SUMMARY. Motherhood is one of the most critical period in women life; in particular, the months following childbirth are a
time of heightened vulnerability to depressive mood changes, which can range from maternity blues to postpartum psychosis.
Causality of those disorders is still unclear; however, the abrupt and dramatic changes occurring in hormone levels after delivery suggest an important role of hormonal factors in determining postpartum mood alterations. Many authors have focused
their attention on the massive drop in blood levels of gonadal steroids after delivery, hypothesizing that postpartum mood
changes are caused by the withdrawal of these hormones. Evidences from these studies, which are reported in the first part
of the article, are not conclusive; it seems clear, however, that hormonal changes, even not being the single cause of mood disorders, can trigger, in a subgroup of vulnerable women, pathological mechanisms involving many neurotransmitters or their
receptors and resulting in depression. In the second part of the article other hormonal changes associated with childbirth are
considered, with particular reference to hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis, thyroid hormones and prolactin. Then,
recent findings about the role of changes of cholesterol and fatty acids blood levels and sleep-wake cycle in postpartum mood
disorders are presented. In the final part of the review the authors attempt to build up an integrative model which, considering the data previously discussed, can provide a basis for the understanding of the relationship between neurobiological
changes in the postpartum and the development of mood disorders.
KEY WORDS: postpartum, depression, neurobiology.
INTRODUZIONE
La maternità rappresenta una delle fasi più critiche
della vita della donna. Durante questo delicato perio-
do, infatti, si possono manifestare diversi disturbi psichiatrici, che vengono classificati per lo più in tre categorie principali: blues post partum, depressione post
partum e psicosi puerperale.
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Modelli neurobiologici nei disturbi dell’umore post partum
Il blues post partum è considerato uno stato di reattività emozionale relativamente lieve e a risoluzione
spontanea, la cui incidenza varia dal 50% all’80% delle neomadri. I principali sintomi sono rappresentati da
irritabilità, pianto, labilità dell’umore, confusione e alterazioni del sonno. Nella gran parte dei casi le manifestazioni cliniche compaiono bruscamente 3-5 giorni
dopo il parto e si risolvono entro 1-2 settimane. Sebbene sia generalmente considerato una conseguenza fisiologica del parto, in circa il 20% delle donne il blues
evolve in un episodio depressivo maggiore nell’arco di
un anno (1).
La depressione post partum viene definita nel DSMIV come un episodio depressivo maggiore che si verifica entro le prime 4 settimane successive al parto. Dati epidemiologici suggeriscono, però, un periodo più
esteso di aumentato rischio di depressione, che può essere anche di 6 mesi o 1 anno dopo il parto. La depressione post partum colpisce circa il 10-15% delle donne
ed è caratterizzata da anedonia, sentimenti di colpa e
disperazione, disforia, insonnia, tendenza al pianto, sintomi somatici e ideazione suicidaria.
La psicosi puerperale non corrisponde a una specifica entità nosologica, ma piuttosto a un insieme di psicosi funzionali innescate dalla maternità. Insorge di solito tra il primo giorno e la sesta settimana di post partum e si verifica nello 0,1-0,2% delle donne in gravidanza. La maggior parte delle psicosi puerperali viene
inquadrata come disturbo bipolare o depressione mag-
giore unipolare con manifestazioni psicotiche ed è associata con un alto rischio di danno al neonato.
Diversi fattori psicosociali possono contribuire allo
sviluppo di tali disturbi mentali nella maternità; i più
noti sono l’assenza di supporto sociale, le problematiche di coppia o la mancanza di un partner, la gravidanza non programmata e la maternità precoce. Accanto a questi, stanno inoltre emergendo altri fattori di
rischio, quali immigrazione recente, sensazione di un
abbandono troppo precoce dell’ospedale, insoddisfazione sul metodo di allattamento e ipertensione indotta dalla gravidanza.
D’altra parte, poiché la gravidanza e il periodo
puerperale sono caratterizzati da notevoli oscillazioni
nell’attività di diversi sistemi endocrini, è naturale che
l’attenzione degli studiosi si sia focalizzata soprattutto
sull’identificazione dei fattori biologici che potrebbero
avere un ruolo nell’insorgenza di questi disturbi. La ricerca in questo campo ha prodotto risultati molto interessanti e ha suggerito il coinvolgimento di numerosi ormoni, tra i quali spiccano per importanza gli steroidi gonadici. Inoltre, sono state avanzate diverse ipotesi a proposito dell’interazione tra questi sistemi endocrini e la neurotrasmissione cerebrale, probabile via
finale comune mediante la quale gli ormoni influenzano l’umore. In questa revisione saranno riportate e discusse le evidenze più significative (Tabella 1) e le
principali teorie patogenetiche sull’origine dei disturbi
dell’umore post partum.
Tabella 1. Riepilogo dei principali studi sulla relazione tra disturbi dell’umore post partum e cambiamenti neurochimici e
ormonali
Autore
Disegno dello
studio
Parametri valutati
Principali risultati
Mahé (8)
Revisione di case report di
psicosi in probabile
relazione con una
caduta di estrogeni
Grado dell’associazione tra episodio
psicotico e modificazioni degli estrogeni
Dimostrazione di una stretta
associazione tra alcuni episodi psicotici
e caduta degli estrogeni
Abou-Saleh (12)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Cortisolo, prolattina, estrogeni,
progesterone, tiroxina e TSH; umore
mediante Edinburgh Postnatal
Depression Scale (EPDS), Present State
Examination (PSE)
Livelli significativamente più alti di
progesterone e più bassi di prolattina in
donne con depressione post partum
(PPD)
Bloch (17)
Simulazione dell’ambiente
endocrino della maternità
in donne con e senza
storia di PPD
Sintomi depressivi mediante Beck
Depression Inventory (BDI), Cornell
Dysthymia Scale (CDS)
5 delle 8 donne con storia di PPD
sviluppavano sintomi depressivi in fase
di sospensione degli ormoni rispetto a
nessuna del gruppo di controllo
Hohlagschwandtner (23)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Testosterone plasmatico nel pre- e post
partum; umore mediante McNair Profile
of Mood States (POMS)
Correlazione positiva tra livelli di
testosterone e punteggi di depressione
(segue tabella 1)
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(segue) Tabella 1. Riepilogo dei principali studi sulla relazione tra disturbi dell’umore post partum e cambiamenti neurochimici e
ormonali
Autore
Disegno dello
studio
Parametri valutati
Principali risultati
Nappi (25)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Allopregnanolone, progesterone,
cortisolo, prolattina, estradiolo; umore
mediante Hamilton Rating Scale for
Depression (HRS-D) e Stein
Questionnaire
Livelli di allopregnanolone
significativamente più bassi in donne
con blues post partum
Wieck (32)
Studio prospettico su
donne gravide con e senza
storia di psicosi affettiva
Risposta del GH all’apomorfina nel
post partum
Risposta del GH più elevata nelle
donne con successiva psicosi post partum
McIvor (33)
Studio prospettico su
donne gravide con storia
di depressione maggiore
Risposta del GH all’apomorfina nel
post partum; umore mediante Schedule
for Affective Disorders and
Schizophrenia (SADS)
Risposta del GH all’apomorfina
predittiva di una successiva ricorrenza
dei sintomi depressivi
Newport (35)
Studio su 4 gruppi di
donne: donne con e senza
depressione in gravidanza
e nel post partum
Affinità di legame del Trasportatore
Piastrinico della Serotonina (SERT) con
[H3]paroxetina
Significative differenze nei 4 gruppi
riguardo l’affinità dei siti di legame del
SERT: affinità più bassa in donne con
PPD
Magiakou (38)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Risposta di cortisolo e ACTH al CRH
ovino; umore mediante SADS e HRS-D
Soppressione della risposta dell’ACTH
significativamente maggiore e più lunga
in donne con blues o depressione
Kuijpens (40)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
TSH, tiroxina e anticorpi anti-TPO;
depressione secondo i Criteri Diagnostici
di Ricerca (RDC)
Positività per gli anti-TPO in gravidanza
associata a successiva PPD
Harris (44)
Studio prospettico su
donne nel periodo post
partum
Prolattina, progesterone, estradiolo e
cortisolo; umore mediante EPDS,
Montgomery-Asberg Depressione Rating
Scale (MADRS), Raskin Scale
Più bassi livelli di prolattina sierica in
donne depresse rispetto alle altre
Nasta (46)
Studio su donne
primigravide al terzo
giorno di post partum
Colesterolo plasmatico; umore mediante
POMS
Associazione significativa tra ridotti
livelli di colesterolo e sintomi depressivi
Van Dam (48)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Colesterolo plasmatico; depressione
secondi gli RDC
Nessuna differenza nei livelli sierici di
colesterolo tra donne che sviluppavano
depressione e le altre
Otto (52)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Rapporto acido docosaesanoico
(DHA)/acido docosapentanoico (DPA);
depressione mediante EPDS
Rapporto DHA/n-6DPA
significativamente più basso in donne
con più alti punteggi depressivi rispetto
alle altre
De Vriese (53)
Studio prospettico su
donne nel periodo
post partum
Composizione in acidi grassi di fosfolipidi
ed esteri del colesterolo; depressione
secondo i criteri del DSM-IV
Fosfolipidi ed esteri del colesterolo
significativamente più poveri di ac.
grassi -3 e DHA in donne con PPD
rispetto ai controlli
Wilkie (55)
Studio prospettico su
donne seguite dalla
gravidanza al post partum
Alterazioni soggettive del sonno; umore
mediante scale di valutazione del blues
Punteggi più alti nelle scale del blues in
donne che partorivano di notte e/o con
alterazioni del sonno alla fine della
gravidanza
ORMONI GONADICI
Come accennato, i cambiamenti dell’umore associati al periodo post partum hanno indotto i ricercatori a
formulare ipotesi endocrine sulla loro eziopatogenesi.
L’ipotesi più studiata è quella che attribuisce un ruolo
causale preminente alla drastica caduta dei livelli ematici di estrogeni e progesterone che, dalle massime con-
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centrazioni raggiunte al termine della gravidanza, ritornano ai livelli base entro 2-5 giorni dal parto. Tale
ipotesi trova origine anche nei benefici effetti degli
estrogeni sull’umore di donne con disturbi post partum
(2-4). Diversi studi hanno tentato, perciò, di determinare la relazione tra le alterazioni dell’umore nel puerperio e le modificazioni delle concentrazioni degli steroidi gonadici, esaminandone sia i livelli assoluti sia la
variazione dei livelli durante la gravidanza e il periodo
post partum. Le evidenze presentate da questi studi sono conflittuali.
Benché alcuni autori abbiano osservato una correlazione tra livelli di estrogeni in gravidanza e nel post
partum e disturbi depressivi puerperali (5-7), ciò non
ha trovato conferma nella maggior parte degli studi,
che hanno riscontrato, invece, livelli estrogenici simili
in donne con e senza alterazioni dell’umore. Allo stesso modo, alcuni dati positivi sono stati riscontrati nello
studio della psicosi post partum, sebbene anch’essi non
siano sufficienti a formulare un giudizio conclusivo. In
particolare, è stata riportata una serie di casi di psicosi
puerperale la cui insorgenza era strettamente associata a situazioni caratterizzate da una caduta di estrogeni e che condividevano il ripresentarsi di essa anche in
occasione del post partum (8). Inoltre, l’ipotesi di una
relazione tra estrogeni e psicosi post partum sarebbe
avvalorata da studi che dimostrano l’efficacia di questi
ormoni nel trattamento del disturbo (9-11).
Abou-Saleh, et al. (12) hanno misurato i livelli plasmatici del progesterone in donne con e senza depressione post partum, trovando che questi, nel periodo
puerperale, erano significativamente più alti nelle prime. Analogo risultato era stato ottenuto da Feksi, et al.
(7), che avevano riscontrato più alti livelli di progesterone salivare in donne con blues post partum. Al contrario, Harris, et al. (13) hanno riscontrato livelli di progesterone salivare più elevati in gravidanza e più bassi
dopo il parto in un gruppo di donne con blues rispetto
a donne senza blues. Nonostante questi dati fossero incoraggianti, la maggior parte degli studi non è stata in
grado di rilevare correlazioni significative tra progesterone e blues o depressione post partum (5,14-16).
A oggi, quindi, non sono state osservate, nei diversi
studi su donne con e senza alterazioni dell’umore post
partum, le medesime differenze negli ormoni gonadici,
suggerendo che le donne con tali disturbi abbiano una
funzione endocrina normale. Bloch, et al. (17) hanno a
questo proposito ipotizzato che possa esistere un sottogruppo di donne con una diversa sensibilità agli ormoni della riproduzione, nelle quali i normali eventi
endocrini correlati al parto potrebbero innescare un
episodio depressivo. Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno ricreato l’ambiente ormonale della gravi-
danza e del puerperio al fine di studiarne gli effetti sull’umore e sul comportamento in donne con e senza
una storia di depressione post partum. Il dato più significativo ottenuto è stato che, tra le donne con storia
di depressione post partum, 5 su 8 sviluppavano sintomi affettivi clinicamente significativi durante la fase di
sospensione degli ormoni, mentre ciò non si verificava
in nessuna del gruppo di controllo di pari numerosità.
L’evidenza indica, quindi, che donne con una storia di
depressione post partum hanno, rispetto alle altre, una
risposta differente alla brusca diminuzione dei livelli
plasmatici degli steroidi gonadici. A rafforzare l’ipotesi di una diversa vulnerabilità agli steroidi gonadici in
un sottogruppo di donne, contribuirebbero anche i risultati di studi su altri disturbi dell’umore correlati a
specifici eventi endocrini, come il disturbo disforico
premestruale e la menopausa. Schmidt, et al. (18) hanno dimostrato che la somministrazione esogena di ormoni gonadici in una condizione di ipogonadismo indotto innescava una depressione nelle donne con sindrome disforica premestruale, mentre non aveva effetto sui controlli. Ancora una volta, una risposta anormale a determinati livelli ormonali veniva osservata
soltanto in un gruppo di donne. Infine, anche l’alto tasso di comorbilità tra disturbi correlati a eventi endocrini avvalora la tesi della vulnerabilità individuale.
Uno studio (19) ha riportato che il 68% di un campione di pazienti con sindrome disforica premestruale
aveva una storia di depressione post partum e similmente, in altre indagini, alti punteggi di sintomi depressivi post partum erano associati con una storia di
sindrome disforica premestruale (20,21). Inoltre, è stata riportata una ricaduta, in fase premestruale, del quadro clinico della depressione post partum (22). Il legame tra depressione post partum e menopausa è stato
meno indagato, ma è stata trovata un’associazione tra
la gravità di “stress psicologico” in donne in menopausa e precedenti episodi di blues e depressione post partum.
La relazione del testosterone con i disturbi dell’umore post partum è divenuta recentemente oggetto di
ricerche, in considerazione del fatto che i suoi livelli
aumentano nel corso della gravidanza. In uno studio
preliminare su 19 donne nel pre- e post partum,
Buckwalter, et al. (16) hanno trovato che più bassi livelli di testosterone erano correlati con più marcate alterazioni dell’umore a 3-4 settimane dal parto. Questo
risultato è stato confermato da Hohlagschwandtner, et
al. (23), che hanno seguito una coorte di 193 donne in
gravidanza e hanno osservato che più bassi livelli di testosterone si associavano a più alti punteggi di depressione a 38-40 settimane di gestazione, e al primo e terzo giorno post partum.
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NEUROSTEROIDI
Benché non sia stata trovata una correlazione diretta tra i livelli di estrogeni e progesterone in gravidanza
e l’insorgenza di alterazioni dell’umore, è possibile che
la capacità di questi ormoni di alterare gli stati affettivi sia mediata da prodotti del loro metabolismo. I livelli di metaboliti del progesterone, quali allopregnanolone, pregnenolone e 3,5-tetraidrodeossicorticosterone (3,5–THDOC), risentono, infatti, delle modificazioni di concentrazione degli ormoni gonadici
che avvengono in gravidanza e nel post partum e, d’altra parte, hanno la capacità di regolare la funzione
neuronale. L’attenzione dei ricercatori si è focalizzata
su queste sostanze, denominate “neurosteroidi”, perché presentano, rispetto ai loro precursori, alcune peculiarità. La prima è che sono sintetizzate, oltre che da
precursori steroidei periferici, anche direttamente a livello del sistema nervoso centrale (24). La seconda è
che esibiscono, rispetto agli ormoni steroidei, un ulteriore tipo di meccanismo d’azione, non mediato da recettori nucleari, tramite il quale hanno effetti modulatori sull’attività dei recettori di diversi neurotrasmettitori. L’azione più nota e importante è quella sul recettore GABAA, sul quale agiscono come modulatori allosterici, aumentandone l’azione inibitoria e riducendo, così, l’eccitabilità neuronale.
Nappi, et al. (25) hanno misurato la concentrazione
plasmatica di allopregnanolone nel puerperio e hanno
rilevato che, rispetto ai controlli, donne che sperimentavano blues post partum mostravano livelli sierici di
questo neurosteroide significativamente più bassi.
Inoltre, hanno osservato che i livelli di allopregnanolone aumentavano significativamente durante la gravidanza e si riducevano rapidamente nel post partum.
Dal momento che l’allopregnanolone facilita la trasmissione gabaergica, è stato ipotizzato che l’incremento dei suoi livelli durante la gravidanza sia responsabile dell’osservata riduzione della concentrazione del GABA nel liquido cerebrospinale (26). È
possibile, quindi, che donne suscettibili ai disturbi depressivi abbiano una caduta più marcata dei livelli di
allopregnanolone o non riescano a compensare tale
caduta attraverso un corrispondente incremento della
produzione del GABA, che rimarrebbe, così, persistentemente basso nel post partum. In supporto di
quest’ultima ipotesi ci sarebbe anche uno studio (27)
che riporta che donne con disturbo disforico premestruale non mostrano, al termine della fase luteale,
quando cadono gli alti livelli di progesterone e allopregnanolone, il necessario aumento dei livelli corticali di GABA. Nel periodo post partum, quindi, in
donne predisposte, potrebbe verificarsi una disfunzio-
ne simile a quella evidenziata in questo disturbo, che
è caratterizzato da analoghe modificazioni dell’ambiente ormonale.
In conclusione, dal momento che è stato riscontrato
che in individui con depressione maggiore i livelli di
GABA nel liquido cerebrospinale sono ridotti (28-30),
e che il trattamento con antidepressivi aumenta i livelli corticali di GABA (31), diviene plausibile che le modificazioni dei neurosteroidi associate alla maternità, e
la loro azione sulla trasmissione gabaergica, abbiano
un ruolo nello sviluppo dei disturbi depressivi tipici di
questo periodo.
AMINE BIOGENE
Alcuni neurotrasmettitori, come la dopamina, la serotonina e le catecolamine, potrebbero costituire l’elemento che lega le modificazioni ormonali all’insorgenza di disturbi dell’umore durante la maternità.
C’è una crescente evidenza che il sistema dopaminergico abbia un ruolo importante nella patogenesi
della depressione. È stato osservato che gli estrogeni
alterano l’attività della dopamina, soprattutto a livello
delle vie nigrostriatali e mesolimbiche. È possibile, perciò, che la depressione che segue il parto possa essere
innescata da marcati cambiamenti nei livelli degli
estrogeni circolanti in donne predisposte a una disfunzione dopaminergica. Un test utile per valutare la responsività dei neuroni sensibili alla dopamina è la risposta dell’ormone della crescita (GH) alla somministrazione di apomorfina, che agisce come agonista dei
recettori D2. Tale strumento è stato utilizzato in tre diversi studi che hanno dato risultati concordanti.
Wieck, et al. (32) hanno studiato, nel post partum, la
risposta del GH all’apomorfina in donne con storia di
psicosi affettiva, quindi a rischio di psicosi puerperale,
e in controlli sani. Le donne che ebbero ricorrenza di
psicosi nel post partum avevano una risposta del GH
all’apomorfina significativamente più alta sia di quelle
a rischio che non ebbero una ricaduta, sia dei controlli
sani. McIvor, et al. (33) hanno esaminato la risposta del
GH all’apomorfina nel post partum in donne con una
storia di depressione maggiore, per verificare se questo
test fosse predittivo di una successiva ricorrenza dei
sintomi. La risposta del GH all’agonista della dopamina il quarto giorno del post partum era aumentata in
donne che successivamente divennero depresse, ma
non in quelle che non ricaddero. Più recentemente,
Wieck, et al. (34) hanno indagato se una storia di disturbo bipolare a esordio nel post partum si associasse
a un’alterata sensibilità dei recettori dopaminergici
nelle diverse fasi del ciclo mestruale. I risultati hanno
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confermato che la risposta del GH a metà della fase luteale del ciclo era significativamente maggiore in donne con disturbo bipolare rispetto a controlli sani.
Nell’insieme, queste evidenze indicano che l’ipersensibilità dei recettori della dopamina a un particolare ambiente ormonale sembra essere una peculiarità
delle donne con predisposizione allo sviluppo di disturbi dell’umore nel post partum e, pertanto, si configura come potenziale marker di questo sottotipo a
esordio specifico. Un’ipotesi sull’origine dell’ipersensibilità osservata scaturisce dal fatto che gli estrogeni interagiscono con i recettori dopaminergici riducendo la
risposta alla dopamina e che l’esposizione cronica a essi può, quindi, indurre aumenti compensatori del numero dei recettori. Questa ipersensibilità si manifesterebbe, perciò, in donne vulnerabili, quando si verifica
una caduta improvvisa dei livelli di estrogeni, come avviene subito dopo il parto (33).
La funzione serotoninergica nella depressione post
partum è stata poco esplorata; tuttavia, ci sono alcune
evidenze di un suo possibile coinvolgimento. Newport,
et al. (35) hanno indagato il ruolo di una disfunzione
serotoninergica nella patogenesi della depressione post partum misurando, in donne con e senza il disturbo
in maternità, la capacità di legame del trasportatore
piastrinico della serotonina (SERT). Lo studio del
SERT piastrinico si basa sulle similarità farmacologiche esistenti tra piastrine e neuroni serotoninergici e
consente di ottenere, perciò, un modello della funzione serotoninergica cerebrale. Il risultato dello studio è
stato che l’affinità dei siti di legame del SERT per la
[3H]paroxetina era più bassa tra le donne con depressione post partum rispetto sia a donne non depresse
nella gravidanza e nel puerperio sia a quelle depresse
in gravidanza. Questo dato, che è in accordo con quello di un precedente studio con l’[3H]imipramina (36),
suggerisce che ci possa essere un pattern di alterazione
serotoninergica nella depressione post partum diverso
da quello comunemente osservato nella depressione
non puerperale. Per spiegare la genesi di questa alterazione, l’autore ha ipotizzato che il precipitoso declino dopo il parto della concentrazione degli steroidi gonadici circolanti contribuisca alla vulnerabilità alla depressione post partum anche a causa del suo impatto
sul sistema serotoninergico. Tale idea sarebbe sostenuta dalle numerose evidenze che indicano che gli estrogeni modulano numerosi aspetti dell’attività neuronale serotoninergica, tra le quali l’affinità di legame del
SERT. In alternativa, quanto osservato potrebbe essere la conseguenza di modificazioni nella struttura della membrana cellulare che alterano l’affinità di legame
attraverso l’induzione di cambiamenti conformazionali nel SERT.
ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-SURRENE E TIROIDE
L’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)
va incontro, in gravidanza, a significative modificazioni. I livelli di CRH circolante di origine placentare aumentano progressivamente, mentre quelli della proteina legante il CRH si riducono. Questi due fenomeni,
insieme agli aumentati livelli di estradiolo, che stimola
direttamente l’asse, sono responsabili di un incremento nelle concentrazioni di CRH, ACTH e cortisolo
(37). L’osservazione di questa marcata iperattività dell’asse HPA associata alla gravidanza ha indotto i ricercatori a ipotizzare che un’alterazione nella sua normalizzazione dopo il parto possa avere un ruolo nella patogenesi dei disturbi dell’umore tipici di questo periodo, anche in considerazione del fatto che una disfunzione di quest’asse è stata quasi costantemente riscontrata nella depressione maggiore non puerperale. I disturbi dell’asse HPA osservati nella depressione maggiore e durante la gravidanza e il parto, inoltre, sono simili: in entrambe le condizioni, la concentrazione basale di cortisolo plasmatico e la sua escrezione urinaria
sono aumentate e c’è una mancata soppressione del
cortisolo plasmatico da parte del desametasone.
La maggior parte degli studi, tuttavia, non è riuscita
a evidenziare un’associazione significativa tra il blues o
la depressione post partum e le concentrazioni di cortisolo plasmatico, salivare o dei suoi metaboliti urinari.
D’altra parte, un dato interessante a favore del coinvolgimento dell’asse HPA in tali disturbi è venuto da
uno studio prospettico su 17 donne eutimiche (38), valutate nel secondo trimestre di gravidanza e seguite fino alla dodicesima settimana post partum. In questo
studio, infatti, è stato osservato che le donne che sviluppavano blues o depressione post partum mostravano, in questa fase, una soppressione della risposta dell’ACTH al CRH più marcata e prolungata di quelle
che rimanevano eutimiche. Sulla base dei risultati, gli
autori hanno ipotizzato che l’ipercortisolismo che caratterizza l’ultima fase della gravidanza determina una
soppressione del surrene dopo il parto e che tale soppressione, quando prolungata e marcata, può contribuire ad alterazioni dell’umore in senso depressivo.
È evidente che il risultato di questo piccolo studio,
che ha il merito di non essersi limitato alla misurazione dei livelli di cortisolo, ma di aver valutato in modo
più completo l’intera funzionalità dell’asse, necessita
di ulteriori conferme e approfondimenti.
Inoltre, è stato ipotizzato che la ridotta sensibilità ed
espressione dei recettori del CRH durante il periodo
post partum possa in ultima analisi sopprimere la sintesi di allopregnanolone da parte del surrene, che è
una fonte alternativa di questo neurosteroide poten-
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zialmente coinvolto nella regolazione dell’umore e del
comportamento (25).
L’incidenza di anomalie della funzione tiroidea aumenta lievemente dopo il parto e questo dato ha portato i ricercatori a indagare se alterazioni dell’attività
di tale ghiandola si associassero a disturbi dell’umore
post partum. In realtà, nella maggior parte delle donne
con depressione post partum non è stata identificata
una disfunzione tiroidea (39,40), ma sembra comunque possibile che essa possa avere un ruolo in un sottogruppo di pazienti. Infatti, in uno studio prospettico
condotto su 303 donne gravide eutiroidee, 21 sviluppavano disturbi tiroidei nel post partum e il 38% di esse
presentava anche una depressione che si risolveva con
il trattamento della disfunzione tiroidea (41).
Nonostante non sia stata evidenziata una vera e
propria alterazione dell’attività tiroidea, diversi studi
hanno concordemente dimostrato che la positività per
anticorpi antitiroidei si associa a un aumentato rischio
di sviluppare sintomi depressivi post partum. Uno studio del 1992 (42) ha trovato una relazione significativa
tra la comparsa di depressione e lo stato anticorpale
del post partum: 6 settimane dopo il parto, infatti, il
43% delle donne con positività anticorpale aveva sintomi depressivi da lievi a moderati rispetto al 28% delle donne in cui gli anticorpi antitiroidei erano assenti.
Inoltre, uno studio prospettico su 293 donne in gravidanza (43) ha mostrato che donne con un titolo elevato di anticorpi antimicrosomiali alla 32a settimana di
gestazione avevano un rischio lievemente aumentato
di sviluppare depressione post partum. Infine, Kuijpens, et al. (40), in uno studio condotto su 291 donne in
gravidanza, hanno osservato che la presenza di anticorpi antitireoperossidasi alla 12a settimana di gestazione si associava alla comparsa di una successiva depressione durante il post partum (Odds Ratio=2,9). Tale relazione rimaneva significativa anche quando si tenevano in considerazione potenziali fattori di confondimento.
In conclusione, a parte il potenziale contributo di un
ipo- o ipertiroidismo allo sviluppo di depressione in un
limitato gruppo di donne e il possibile utilizzo di anticorpi antitiroidei come marcatori di rischio di depressione, non sembra che nella maggior parte delle pazienti la depressione post partum sia attribuibile a una
disfunzione tiroidea.
PROLATTINA
La prolattina riveste una grande importanza nella
gravidanza non solo per i suoi effetti sull’allattamento,
ma anche perché ha un ruolo significativo nel pro-
muovere il comportamento materno. I suoi livelli aumentano progressivamente durante la gravidanza e si
riducono nel puerperio con una velocità variabile a seconda che avvenga o meno l’allattamento. Per queste
ragioni, è stato oggetto di ricerche un eventuale coinvolgimento di questo ormone nella patogenesi dei disturbi dell’umore post partum. La maggior parte degli
studi non ha mostrato correlazioni significative tra livelli di prolattina e alterazioni dell’umore post partum
(6,16,23,25), anche se alcuni dati suggeriscono una possibile associazione. Harris, et al. (44), infatti, hanno osservato che, a 6-8 settimane dal parto, donne depresse
avevano più bassi livelli di prolattina sierica rispetto a
donne sane; entrambi i gruppi erano costituiti da donne in fase di allattamento. Anche Abou-Saleh, et al.
(12) hanno osservato che donne depresse nel post partum mostravano concentrazioni di prolattina inferiori
rispetto ai controlli e che i livelli di prolattina erano
predittivi di una maggiore gravità dei sintomi. Inoltre,
questo studio ha evidenziato che donne che allattavano al seno avevano sia livelli più elevati di prolattina,
sia punteggi depressivi più bassi, sollevando la questione di un possibile ruolo protettivo dell’allattamento,
mediato dalla prolattina, nei confronti delle modificazioni dell’umore.
COLESTEROLO E ACIDI GRASSI
Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione dei ricercatori sul possibile ruolo del colesterolo nei disturbi dell’umore. Sono stati condotti, pertanto, studi che hanno
indagato eventuali modificazioni del colesterolo anche
in relazione al blues e alla depressione post partum.
Ploeckinger, et al. (45) hanno seguito 20 donne dalle ultime 2 settimane di gravidanza al quarto giorno post
partum e hanno trovato una significativa relazione tra
l’entità della caduta dei livelli di colesterolo nel post
partum e i punteggi dei sintomi depressivi. Nasta, et al.
(46), in uno studio su 72 donne primigravide, hanno rilevato, nel post partum, una correlazione negativa tra livelli sierici di colesterolo e umore depresso. In accordo
con questi ultimi, Troisi, et al. (47) hanno riscontrato, in
un campione di 47 donne, che più bassi livelli di colesterolo totale nel post partum erano associati in modo
significativo con sintomi depressivi. Al contrario, in uno
studio su 266 donne, Van Dam, et al. (48) hanno osservato che il declino dei livelli sierici di colesterolo tra la
32a settimana di gravidanza e la 10a settimana post partum non differiva nelle donne che diventavano depresse nel periodo successivo rispetto alle altre.
Nonostante la non completa uniformità di questi risultati, ci sono alcune ipotesi che suggeriscono la ne-
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372
Modelli neurobiologici nei disturbi dell’umore post partum
cessità di ulteriori ricerche sul colesterolo e i disturbi
dell’umore post partum. Sono stati proposti meccanismi neurobiologici che legherebbero il colesterolo sierico alla funzione cerebrale: il colesterolo e le lipoproteine possono, infatti, influenzare l’umore attraverso
modificazioni riguardanti la membrana neuronale, la
funzione enzimatica, gli steroidi ormonali e attraverso
gli effetti sull’attività dei neurotrasmettitori. In particolare, è stato evidenziato che livelli di colesterolo bassi o diminuiti possono associarsi a ridotta attività serotoninergica centrale (49). Inoltre, la riduzione del colesterolo nella membrana cellulare può alterare la
conformazione del SERT e quindi la sua attività, che,
come accennato in precedenza, si modifica nei disturbi
post partum.
Dal momento che la gravidanza e il puerperio sono
caratterizzati da modificazioni significative nella concentrazione sierica degli acidi grassi -3 e che diversi
studi hanno mostrato un’associazione tra ridotti livelli
di questi e sviluppo di depressione maggiore, gli acidi
grassi -3 sono stati proposti come possibili mediatori
dell’umore nella depressione post partum. In particolare, l’acido docosaesanoico (DHA), i cui livelli si riducono generalmente dopo il parto con un comportamento
opposto a quello degli altri acidi grassi (50), è stato oggetto di alcuni studi. Hibbeln (51), in uno studio epidemiologico che coinvolgeva diverse nazioni, ha osservato che più basse concentrazioni di DHA nel latte materno e minore consumo di pesce erano associati con
più alti tassi di depressione post partum. Un altro studio (52) ha mostrato che, in 112 donne, lo “stato funzionale” del DHA, espresso come rapporto tra DHA e
un acido grasso -6, era, nel post partum, significativamente più basso nelle donne che avevano più alti punteggi depressivi. De Vriese, et al. (53), infine, hanno riscontrato che i fosfolipidi sierici e gli esteri del colesterolo di 10 donne con depressione post partum erano significativamente più poveri sia di acidi grassi -3 totali
sia di DHA rispetto a quelli di 38 controlli sani.
Le scoperte sulla relazione tra acidi grassi e umore
nel post partum aprono un filone di ricerca molto interessante, anche alla luce di un recentissimo studio non
controllato di Freeman, et al. (54), che ha mostrato, in
16 donne, un miglioramento della sintomatologia depressiva post partum a seguito della somministrazione
di un complesso di acidi grassi -3.
ALTERAZIONI DEL SONNO
È noto che l’ultima fase della gravidanza e il primo
periodo post partum sono caratterizzati da significative alterazioni del sonno, particolarmente evidenti nel-
le primipare. Le più comuni alterazioni sono rappresentate da prolungata latenza del sonno, aumentato
numero di risvegli, diminuzione del tempo totale di
sonno e soppressione dello stadio 4 nell’ultima fase
della gravidanza, e da un ristabilirsi dello stadio 4 e
una riduzione del sonno REM nel periodo post partum. È stato, perciò, ipotizzato che la perdita di sonno
in questo periodo, probabilmente dovuta a interazioni
di fattori psicologici, fisici e biologici, possa essere la
via finale comune attraverso la quale diversi supposti
fattori di rischio produrrebbero disturbi dell’umore
post partum in donne suscettibili.
Sono stati condotti alcuni studi che hanno valutato
l’influenza dei disturbi del sonno sui disturbi dell’umore. In uno studio prospettico su 63 donne (55), Wilkie e
Shapiro hanno notato che quelle che partorivano di
notte avevano, nei primi 8 giorni dopo il parto, punteggi più alti in due scale che misuravano il blues post partum e che riferite alterazioni del sonno nel terzo trimestre di gravidanza erano significativamente associate ai punteggi delle stesse scale. Più recentemente, da
una revisione di 21 cartelle di donne con psicosi post
partum è emerso che tali donne avevano avuto una durata del travaglio significativamente più lunga dei controlli e anche che, tra esse, il numero di parti notturni
era significativamente maggiore (56).
È possibile pertanto che la perdita di sonno secondaria a fattori quali il travaglio prolungato e il parto
notturno sia un evento in grado di innescare depressione o psicosi post partum. Uno dei meccanismi proposti per spiegare questo effetto è che la melatonina
agisca come un “antipsicotico endogeno” tramite il
blocco presinaptico del rilascio di dopamina nel sistema limbico: una marcata riduzione della melatonina
potrebbe quindi provocare una disinibizione acuta della attività limbica dopaminergica nel periodo post partum con conseguente aumentato rilascio di dopamina
e stimolazione dei suoi recettori ipersensibili (57).
MODELLO INTEGRATIVO
I meccanismi neurobiologici ipotizzati come responsabili dei disturbi dell’umore post partum non sono mutuamente esclusivi ed è, anzi, interessante notare che molti di essi sono potenzialmente interdipendenti. Dalle evidenze raccolte e dalle ipotesi formulate in relazione a esse, infatti, emerge l’importanza di un
elemento che sembra esserne alla base e che caratterizza il periodo della gravidanza e del post partum: i
cambiamenti nei livelli degli ormoni gonadici. È stato
già sottolineato che donne con alterazioni dell’umore
non presentano particolari modificazioni dei livelli di
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373
Caroti E, et al.
estrogeni e progesterone assoluti o relativi, ma sembra
comunque che sia l’ambiente ormonale caratteristico
di questo periodo a scatenare in donne suscettibili la
comparsa della sintomatologia.
Il ruolo chiave di questi ormoni potrebbe esplicarsi
attraverso l’azione su molteplici sistemi (Figura 1).
Gli steroidi gonadici possono, infatti, modulare la trasmissione gabaergica influenzando i livelli di neurosteroidi sia direttamente, sia attraverso gli effetti sull’asse
HPA. Inoltre, gli estrogeni inducono modificazioni dell’attività serotoninergica mediante effetti sulla sintesi e
degradazione della serotonina, sulla distribuzione dei
recettori serotoninergici postsinaptici e del SERT e
sull’affinità di legame di quest’ultimo. Anche il colesterolo, i cui livelli sembrano correlarsi ai disturbi post
partum, potrebbe condizionare l’attività serotoninergica direttamente e/o in quanto precursore degli ormoni
gonadici. Infine, gli estrogeni possono indurre un’ipersensibilità dei recettori della dopamina, determinando
un’alterazione della funzionalità dopaminergica. Dal
momento che la melatonina potrebbe agire con un
meccanismo analogo, questi ormoni potrebbero modificare il sistema dopaminergico sia singolarmente che
con un’azione sinergica.
Questo modello integra di fatto molte ipotesi neurobiologiche, delineando un complesso sistema di interazioni che hanno gli ormoni gonadici come denominatore comune.
sottendono l’insorgenza dei disturbi dell’umore in maternità. Questi studi, pur con risultati non sempre coerenti, hanno suggerito il possibile ruolo di diversi fattori come gli ormoni gonadici, i neurosteroidi, i neurotrasmettitori (serotonina, dopamina e GABA), la prolattina, l’asse HPA, il colesterolo e gli acidi grassi (Figura 2). Il dato che emerge con maggiore evidenza a
proposito di tali fattori è che spesso non ci sono differenze significative riguardo la loro attività o i loro livelli tra le donne con il disturbo e le altre: sembra piuttosto che le prime abbiano una particolare suscettibilità, di probabile natura genetica, ai cambiamenti ormonali tipici del periodo. È auspicabile, perciò, un ampliamento della conoscenza dei meccanismi mediante i
quali tali cambiamenti influenzano l’umore, così come
un approfondimento dei dati preliminari concernenti
ormoni quali il testosterone e la melatonina e del controverso ruolo della funzione tiroidea, soprattutto in
vista di un loro potenziale utilizzo con finalità preventive e terapeutiche.
CONCLUSIONI
In conclusione, a oggi numerosi studi sono stati condotti per esplorare i meccanismi neurobiologici che
Figura 2. Modificazioni della concentrazione e dell’attività di ormoni e sistemi neurotrasmettitoriali probabilmente coinvolti nella patogenesi dei disturbi dell’umore post partum.
5-HT=Serotonina; COL=Colesterolo; DA=Dopamina; GABA=Acido -aminobutirrico; HPA=Asse ipotalamo-ipofisi-surrene;
NA=Noradrenalina; NS=Neurosteroidi; OG=Ormoni gonadici;
PRL=Prolattina.
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Figura 1. Ruolo centrale degli ormoni gonadici rispetto ai sistemi potenzialmente implicati nella patogenesi dei disturbi dell’umore post
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