Edizione 17 - Giugno 2009 - Nobile Collegio Mondragone

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Edizione 17 - Giugno 2009 - Nobile Collegio Mondragone
A
Associazione ex Alunni Nobile Collegio Mondragone
Fondata il 2 febbraio 1922
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N° 17
GIUGNO 2009
Il M.Rev. Padre Adolfo Nicolàs S.J., nuovo Padre Generale della
Compagnia di Gesù, con il nostro Presidente Ferdinando Massimo
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Primo numero redatto il 14 luglio 1866 - Nuova edizione semestrale dal 2001
On-line, a colori, sul sito www.collegiomondragone.com
Il Mondragone
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Indice degli articoli
La nevicata – di Roberto Nobiloni……………………………………………………….….…..……pag. 3
L’antica Cappella Borghese – a cura di Rodolfo Maria Strollo……….…………………………pagg.4÷ 5
Padre Lorenzo Rocci S.J.- a cura di Vittorio Spadorcia..……………….………………….……..pagg.6÷12
Padre Rocci: come l’ho visti io. – di Padre Max Taggi S.I….………………………………...….pagg. 13 ÷15
A proposito del “Risorgimento visto dal Vesuvio –di Claudio Sabatini….……………..…….....pagg. 16÷ 17
Padre Raffaele De Ghantuz Cubbe e i Giusti d’Italia- a cura di Mario Sonnino……….......….pagg.18÷21
Ricordi di Catechesi e di Ri-Conversione- di Giuseppe Munno..………..…...…………….….…pag. 22÷24
La Storia siamo noi- di Claudio Sabatini………………………………………..……………...……pag.25÷27
Colazione di Primavera a Casal Romito – 18aprile 2009…………………………..……………..pag..28
Posta ricevuta……….……………………………………………………………………..…...…..…..pag. 29÷30
Dal nostro archivio: Inno a Mondragone – a cura di Anna Pia Sciolari…………..………..…..pag.31
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Edizione n° 17 – giugno’09 pag.2 di 32
Il Mondragone
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LA NEVICATA
Anno scolastico 1950 /1951
Era forse il mese di gennaio o febbraio. L’anno
era certamente il 1951, poiché il Prefetto della
nostra Camerata "Piccolissimi" era Padre J.
Caneparo (negli anni successivi i nostri Prefetti
furono Padre Trento e Padre Parisi). Durante le
ore di scuola, sulla collina di Mondragone v’era
stata un’abbondante nevicata, cui aveva fatto
seguito una mattinata di sole che scioglieva la
neve appena caduta. Terminate le lezioni,
andammo come sempre a pranzo e, finito di
mangiare, invece della solita ricreazione sotto i
portici del cortile, Padre Caneparo portò noi
"piccolissimi" fuori del Collegio, a giocare con la
neve sulle collinette circostanti. Si può
immaginare la nostra gioia, tanto che i primi venti
minuti furono dedicati a corse sulla neve e pallate.
Ricordo come se fosse ora i nostri visi arrossati
per il correre, per il freddo e per l’entusiasmo.
iniziai a piangere, pensando che sarei morto
congelato all’età di otto anni.
Il Ninfeo innevato
In realtà i miei compagni erano andati a chiamare
Padre Caneparo che, dopo qualche minuto,
comparve assieme a tutti gli altri, portando a
cavalluccio sulle spalle il piccolo Peter
Francovich. Mai visione mi fu più gradita. Padre
John mi tolse le scarpe e mi frizionò i piedi gelati
e con i suoi modi affabili non solo mi confortò,
ma prendendomi scherzosamente in giro, mi fece
sorridere assieme a tutti i compagni che mi erano
intorno.
Il piazzale con la neve
Passata la prima mezz’ora, il sole fu coperto da
qualche nuvola, la temperatura si abbassò ed i
nostri piedi, per via delle scarpe bagnate,
cominciarono a gelarsi. Io, in particolare, ero
caduto in terra ed avevo il fondo schiena bagnato,
i piedi ghiacciati e le mani gelide. Probabilmente
ci eravamo allontanati di qualche centinaio di
metri dal Collegio, ma a me sembrava di aver
percorso vari chilometri. Quando fu l’ora di
rientrare cominciai a restare indietro, non
riuscendo a muovere i piedi gelati. Restarono
vicino a me Giancarlo Carlizzi e Carlo De Donato
che mi incitavano a camminare più svelto per non
perdere contatto con gli altri. Nonostante i miei
sforzi, proprio non ce la facevo e dopo poco mi
fermai esausto. Oramai sconfortato, mi sedetti a
terra rifiutando di proseguire. Carlizzi e De
Donato, vedendomi seduto in terra, scapparono
via per raggiungere gli altri ed io, rimasto solo,
La fontana dei draghi sotto la neve
Quindi, aggrappato alla sua tonaca, che mi dava
un impagabile senso di sicurezza, feci ritorno al
Collegio dove trovai calore e generi di conforto.
La vita mi sorrise di nuovo ed andai così contento
a studio che persino il lugubre verso dei pavoni,
che accompagnava le nostre serate, mi sembrò
melodioso e l’austero suono dell’oro1ogio
"westminster", che puntualmente scandiva ogni
ora, mi parve allegro. Giunti oramai alle otto di
sera, mancava soltanto di attraversare il corridoio
degli studi passando indenni sotto il condor e la
grande tigre imbalsamata, che mi incutevano un
sacro terrore, e poi la giornata si sarebbe conclusa
nel migliore dei modi.
Roberto Nobiloni
(in Collegio dal 1950 al 1953)
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Edizione n° 17 – giugno’09 pag.3 di 32
Il Mondragone
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L’ANTICA CAPPELLA BORGHESE
La finestra “ellittica” di Villa Mondragone di Rodolfo Maria Strollo
Estratto dall’articolo pibblicato su IL MONDRAGONE n° 13 giugno 2007
Su questo fronte, a causa del nuovo
volume affiancato alla Manica Lunga,
nell’angolo a ovest scomparve un peculiare
dettaglio, unico nell’architettura dell’intera
Villa: la finestra dalla sagoma curvilinea posta
superiormente
alla
finta
finestra
corrispondente alla parete dell’altare della
Cappella Borghese o del SS. Sacramento
(fatta realizzare dal cardinal Scipione per
svolgere il suo personale ministero
sacerdotale).
Una soluzione, questa della finestra dalla
sagoma ovale o ellittica, che aveva apportato
alla Villa una nota "dissonante", tipica delle
coraggiose scelte funzionali del Vasanzio,
definibile - come tutto l’intervento
dell’architetto fiammingo su Mondragone —
“fuori del Classicismo” e da lui riproposta, in
zona, nel coevo Palazzo Borghese di Monte
Porzio.
La presenza della finestra, coerente con le
considerazioni metriche scaturite dai rilievi
effettuati, è stata confermata dall’attenta
lettura di varia documentazione d’archivio,
principalmente di natura
fotografica — come nel corredo illustrativo di
vari articoli pubblicati su Il Mondragone o in
alcune cartoline illustrate — ma anche
semplicemente descrittiva,
com’é,
ad
esempio, il caso di una copia della
minuziosissima "Descrizione di consegna"
della Villa, redatta verosimilmente nell’arco
di due anni: dal 1886 al 1888.
Qui la finestra é descritta, anche nel
meccanismo d’apertura, entro una specifica
voce, che per ben tre pagina, é dedicata alla
sola descrizione della parete di fondo della
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Edizione n° 17 – giugno’09 pag.4 di 32
Il Mondragone
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Cappella ed é ancor valida per gli elementi
superstiti.
"437. Incontro l’ingresso evvi l’altare con
mensa di muro...superiore trabeazione con
fregio intagliato e cornicione risaltato sopra i
pilastri sopra indicati e timpano centinato
spezzato nel mezzo tutto intagliato e
lumeggiato ad oro, e nel mezzo la cornice del
quadro con orecchiature dai lati, e mensoletta
sotto e il frontone sopra circoscritto dalla
stessa cornice intagliata sotto posta, entro la
quale altra cornice ellittica rilevata, sorretta da
due putti vi é la raggiera collo Spirito Santo
tutto in rilievo e dorato, come sono dorati gli
ornati laterali con sfingi. Sopra il cornicione e
in mezzo al timpano spezzato evvi altro
frontone centinato dai lati, con sovrapposta
cimasa scorniciata che giunge alla volta con
entro un vano ellittico circoscritto da cornice
rilevata, intagliata o lumeggiata ad oro,
munita di telaro e sportello con bacchetta
verticale nel mezzo e due lastre a mastice
poste nel battente; ferrato a studio con due
paia di cerniere, saliscendino composto sulla
piastra con rispettive staffette ribadite a
monachetto, cassa di ferro con carrucola
murata nel sotto arco e cordino per aprirlo,
tutto in ottimo stato e senza mancanze.
Con l’intervento allora attuato, fu stravolto
uno degli ambienti di maggior qualità artistica
tra quelli realizzati nell’ambito dell’ingente
ampliamento riferibile al pontificato di Paolo
V (Camillo Borghese 1605-1621): appunto la
Cappella Borghese. Nell’operazione, che
ridusse questo spazio (di cui restano soltanto
pregevoli stucchi della volta a botte
cassettonata opera certa di Annibale Durante)
a un locale di passaggio, fu altresi eliminata,
murando il vano ellittico (o forse ovale), una
significativa possibilità di lettura storicocritica dell’intera fabbrica (oltre che una sua
significativa peculiarità architettonica). Fu
cosi cancellata una specificità rappresentativa
dalla doppia valenza: quella legata alla mano
di un grande artista come il Vasanzio che
sulla fabbrica si era cimentato (ma con
maggior rispetto per le preesistenze del suo
moderno "collega") e quella connessa alla
volontà di un proprietario che ne aveva
ispirato a sua immagine, probabilmente, una
particolarità estetico-funzionale.
Con il generoso intervento economico del nostro Massimo Scaramella abbiamo restaurato la statua
dell’Immacolata in cima al Viale degli Elci che potremo ammirare quando ci vedremo domenica 7
giugno per la Giornata degli Ex a Mondragone.
Adesso ci sono altri due appelli:
-
Il restauro dell’orologio che si trova nella vetrata del piazzale principale, fermo da tanti anni. (vedi
articolo ne IL MONDRAGONE n° 16 di dicembre 2008).
- La sostituzione dei pannelli di legno, che impediscono di vedere la Cappella Borghese, con delle
vetrate di cristallo (vede articolo precedente del Prof. Rodolfo Maria Strollo).
Chi di voi fosse disposto ad intervenire materialmente deve al più presto mettersi in contatto con la
segreteria della nostra Associazione e daremo maggiori dettagli di quanto richiesto.
Tel.: +39.06.3214480
e-mail: [email protected]
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Edizione n° 17 – giugno’09 pag.5 di 32
Il Mondragone
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P. Lorenzo Rocci S.J.
Giosuè Carducci -, per dedicarsi poi
all'insegnamento liceale presso il Nobile
Collegio Mondragone di Roma);
Padre Lorenzo Rocci Prefetto di camerata nel 1891
Nato a Fara Sabina (Prov. di Roma) il 11
settembre 1864 da Domenico ed Eustochio
Corradini
Morto a Roma Collegio San Francesco Saverio
il 14 agosto 1950.
Entrato nella Compagnia di Gesù il 18 ottobre
1880.
Dal 1891 al 1901 a Mondragone come Prefetto
di camerata.
Dal 1903 al 1920 a Mondragone come
insegnante di latino e greco.
Dal 1939 al 1946 a Mondragone come Preside.
(ricerca di Vittorio Spadorcia)
al 1939 risale la prima pubblicazione del suo
Vocabolario Greco-Italiano, poi pubblicato in
edizione definitiva nel 1943, per la stesura del
quale (2.074 pagine) ha impiegato oltre
venticinque anni di lavoro, con il solo ausilio
di schede dattiloscritte e appunti.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
***
Filippo Rizzi ricostruisce la vita del
prezioso compilatore in un articolo
dell'"Avvenire":
***
Lorenzo Rocci (1864 – 1950) è stato un
grecista, latinista, storico e poeta italiano.
È noto per aver firmato il Vocabolario GrecoItaliano edito dalla Società editrice Dante
Alighieri, che fino alla comparsa del GI
curato da Franco Montanari e pubblicato da
Loescher, nel 1995, è stato l'unico dizionario
di questo tipo redatto in Italia.
Gesuita, si
laureò in Lettere presso la Regia università di
Roma nel 1890 - della commissione
esaminatrice faceva parte anche il poeta
E’ ricomparsa, dopo anni di assenza, tra i
banchi di scuola per la maturità classica la
prova scritta di greco...
Una sparuta ma consistente minoranza
affiderà il buon esito del suo scritto a un
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.6 di 32
Il Mondragone
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volume, riconoscibile ancora oggi per la sua
copertina in pelle blu, che per più di
cinquant'anni, dal 1943 al 1995, è stato l'unico
mezzo incontrastato per entrare nel vivo di
una lingua morta e complessa come il greco:
il Rocci.
Solo poco più di dieci anni fa, nel 1995,
questo dizionario, oggetto di culto ma anche
di odio di tante generazioni di maturandi,
andato alle stampe per la prima volta nel
lontano 1939 e frutto delle fatiche e
dell'acribia intellettuale di un solo uomo,
unius viri, un gesuita di origini nobili e
sconosciuto professore di liceo, Lorenzo
Rocci (1864-1950), ha ceduto il passo al più
aggiornato e moderno vocabolario di lingua
greca, il GI, conosciuto ai più con il nome del
suo autore.principale.Il.Montanari.
«Il debito verso Rocci - sottolinea l'autore
del vocabolario e docente di Letteratura greca
all'università di Genova, Franco Montanari –
è indiscutibile perché è stato il frutto del
lavoro di un uomo che armato solo di
schedine e appunti e privo di un computer è
riuscito a creare in 25 anni un'opera di 2074
pagine,
suddivisa
in
4148.colonne.
Un opus magnum incredibile. Si pensi che per
realizzare il mio dizionario, con l'uso delle più
moderne tecnologie, hanno collaborato circa
30 ricercatori. L'opera di Rocci è stato un
modello, da cui siamo partiti per realizzare un
manuale più maneggevole e adatto alle
esigenze didattiche della scuola di oggi. Ma il
debito verso questo infaticabile gesuita
rimane intatto».
Ma chi era veramente Lorenzo Rocci? Fu
soprattutto un formidabile intreccio di saperi,
un grecista e latinista, poeta e grammatico,
metricista, storico (molte saranno le sue opere
dedicate ai santi gesuiti) e memorialista,
agiografo e confessore della Compagnia di
Gesù, in cui trascorse ben settant'anni della
sua lunga e intensa vita. Un ritratto felice e
inedito sulla figura di Rocci lo consegna,
nelle sue memorie, il suo discepolo e noto
latinista, il gesuita Emilio Springhetti,
descrivendolo come un «venerando vecchio di
alta statura» e con «una bella testa da antico
romano».
Nel 1890 il Rocci conseguirà la laurea in
Lettere presso la Regia università di Roma. Il
grande poeta Giosuè Carducci, noto per il suo
anticlericalismo
e
le
sue
posizioni
filomassoniche, che farà parte della
commissione esaminatrice, si complimenterà
con lui con queste parole: «Lei - disse - non
solo ha fatto bene, ma.molto.bene».
Da quegli anni incomincerà il suo faticoso
impegno nelle lingue morte e a far nascere
come un antico socratico maieuta il suo
vocabolario, che lo consegnerà in un certo
senso alla fama e all'immortalità dei suoi
contemporanei. Nel 1939 copie rilegate in
pelle bianca del suo dizionario verranno
consegnate al Papa Pio XII, al re Vittorio
Emanuele III e al duce Benito Mussolini. Di
suo pugno, proprio in quell'anno, Papa Pacelli
vergherà una lettera per ricordare i meriti di
quest'opera. «E veramente il tuo lavoro,
diletto figlio - si legge nel messaggio
autografo - benché altissimo per gli scolari,
non è un semplice manuale scolastico, ma si
presenta con tali caratteri di ampiezza e di
dottrina, anche nuova e recondita, da
spiccare tra quanti simili si son pubblicati
finora in Italia, anzi da vincerli facilmente».
Ma un segno della ribalta e della notorietà di
padre Rocci nella difficile temperie culturale
di quel tempo sarà il suo incontro, che ha
quasi il sapore della leggenda, proprio in
quell'anno, il 1939, a Palazzo Venezia con il
duce e capo del Governo, il cavaliere Benito
Mussolini. «Rivelò in quel frangente tutta
l'arte diplomatica dei gesuiti - annota con una
punta di emozione il suo discepolo quasi
novantenne, il gesuita Franco Rozzi, (il
preside e professore dell'Istituto Massimo di
Roma che annovererà tra i suoi allievi nella
maturità classica del 1965 il giovane e
imberbe Mario Draghi, il futuro governatore
di Bankitalia) - perché esordì con queste
parole: "Eccellenza, finalmente oggi questo
vocabolario di greco potrà degnamente
sostituire quelli pubblicati in inglese e in
tedesco. Secca e fulminea fu la replica del
duce. Batté i pugni sul tavolo e rispose: "Bene
domani tutta l'Italia saprà dai giornali il valore
di.quest'opera"».
Gli anni successivi di padre Rocci, quasi
coetaneo del tessitore nascosto dei Patti
Lateranensi del 1929, il gesuita Pietro Tacchi
Venturi (1861-1956) saranno spesi a
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.7 di 32
Il Mondragone
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perfezionare
il
suo
vocabolario
fino all'edizione definitiva del 1943 e a
rivestire il ruolo di confessore nella Chiesa
del Gesù di Roma. «L'ho conosciuto proprio
in quegli anni, ero un giovane novizio rammenta il gesuita Giuseppe Peri, classe
1913 - e me lo ricordo durante una
caldissima estate romana nella sua stanza,
piena di libri con in mano quelle schedine
che servivano al suo vocabolario. Faceva
impressione perché da quanto era preso
dal suo lavoro per non perdere la
concentrazione si dimenticava di togliersi il
soprabito. Ed eravamo in pieno agosto!».
Ma di Rocci uomo di scienza emerge anche il
tratto di apostolo di anime. «Mi viene in
mente la sua accuratezza nell'aiutarci a
tradurre dal greco – rivela l'allora giovane
studente di Lettere classiche, il gesuita Paolo
Bachelet - ma anche la sua attenzione negli
ultimi anni a ricordarci il bene fatto a tante
anime dentro il confessionale della Chiesa del
Gesù». Rocci morirà quasi a 86 anni il 14
agosto 1950 nella Casa Professa del Gesù a
Roma. «Il debito della Compagnia di Gesù
verso di lui è enorme confida infine padre
Rozzi; grazie ai diritti d'autore del suo
vocabolario per più di cinquant'anni
l'Ordine ha sostenuto finanziariamente le
attività missionarie e gli.studenti poveri. Si
racconta che prima di morire, dopo l'estrema
unzione, espresse un piccolo desiderio:
fumarsi l'ultimo sigaro. Il suo desiderio fu
esaudito. Ed è spirato con la semplicità e la
bonarietà non artefatta che ha contraddistinto
tutta la sua intensa vita di sacerdote e di
studioso».
Da internet a cura di Benedetta Colella
***
Bibliografia di Lorenzo Rocci
( a cura di Vittorio Spadorcia ) :
- Al cav. Luigi Alberto Trotta dopo la morte
del figlio Pio Telemaco (entrato nel Nobile
Collegio di Mondragone come convittore nel
1897). Parole di un amico.
- L’Antigone di Sofocle. Traduzione
letterale, prospetto sinottico, breve commiato
del prof. Rocci Lorenzo S.I. Milano, Dante
Alighieri, 1935. Carmina varia. Milano, Dante
Alighieri, 1926.
- Esercizi greci con vocabolario. Milano,
Dante Alighieri, 5 edizioni al 1963.
- La fiducia in Cristo. Ode saffica letta sul
bosco Parresio nella tornada degli Arcadi per
l’ottava si S.Pietro: 6 luglio 1924. Milano,
Dante Alighieri 1925.
- Giovanni de’C.ti Galeotti Ottieri della Ciaja
(entrato in collegio nel 1904), sottotenente dei
cavalleggeri
d’Alessandria,
perito
combattendo
gloriosamente.
Memorie
biografiche. Roma, Paravia e Dante Alighieri,
1917.
- Grammatica greca, Morfologia, sintassi e
dialetti. 37 edizioni al 1964. Milano, Dante
Alighieri.
- Luigi Rizzo, tenente di vascello. Partecipò
all’affondamento della corazzata guardiacoste
austriaca Wien, avvenuto al largo di Trieste il
10 dicembre 1917, e, nello stesso mese, per le
missioni compiute nella difesa delle foci del
Piave, venne decorato di una terza Medaglia
d'Argento al Valore Militare, ed ebbe la
promozione a Tenente di Vascello per meriti
di guerra e il passaggio in s.p.e. Carme latino.
Milano, Dante Alighieri, 1918.
- Il Mare nostrum e le imprese dei prodi
italiani nell’Adriatico. Secondo carme latino.
Milano, dante Alighieri, 1918.
- Memorie biografiche del P. Giovanni
Nobili Vitelleschi d.C.d.G. (Rettore nel
Nobile Collegio Mondragone 1908. Notizie
più approfondite le troverete nel sito:
www.collegiomondragone.com
nella
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.8 di 32
Il Mondragone
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pubblicazione “Uomini per gli altri”di Padre
Vito Bondani che si trova nei documenti).
Roma, Manuzio, 1908.
- I primi sei libri dell’Odissea. Traduzione
letterale con ampio commento morfologico,
sintattico e dialettale. Milano, Dante
Alighieri, 1928.
- Il P. Giuseppe Sceberras Strickland S.I.
(entrato in collegio nel 1875)
- La metrica di Orazio e trenta
odi secondo i vari metri. Torino, Paravia,
1938. 37 ristampe della 2ª ed.
- Mondragone. Cenni storici e due carmi
latini. 1916
fondatore del ricreatorio di s. Giuseppe in
Firenze, cappellano delle milizie inglesi.
Morto a Malta il 15 luglio 1917. Memorie
biografiche. Roma, Ist. Pio IX, 1917. (vedi su:
www.collegiomondragone.com
tra
i
documenti il libro “Uomini per gli altri” di
P. Vito Bondani S.J.)
- Piccola antologia poetica preceduta dal
trattato di metrica latina. Torino, Paravia,
1909.
Roma, Tip. Pio IX, 1916. (Li troverete nel
sito: www.collegiomondragone.com tra i
documenti nei “Cenni storici”).
- Nuove favole latine in versi secondo la
maniera di Fedro. Milano, Dante Alighieri,
1927.
- La repubblica romana nel possesso delle
sue conquiste. Discorso tenuto… per la
solenne distribuzione dei premi agli alunni
dell’Istituto Massimo il 12 dicembre 1901.
Roma, Unicae cooperativa editrice, 1902.
Estratto dalla Rivista Internazionale di scienze
sociali e discipline ausiliari.
- S. Andrea Bobòla S.I., martire polacco.Sui
recenti lavori critici del P. Martino Czeraiaski
e su un nuovo studio dei processi. Roma,
Università gregoriana, 1938
- Nuovi esercizi greci per la 4ª e 5ª ginnasiale
con vocabolario e copiosa antologia. Milano,
Dante Alighieri, al 1946 oltre 25 ed.
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.9 di 32
Il Mondragone
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EVENTI:
Sabato 28 marzo 2009
Scoprimento di una lapide per l’intestazione
della scuola Lorenzo Rocci.
Liceo Statale Classico Scientifico di Passo
Corese
S.Andrea Bobola S.J.
- I sei martiri del Libano g.C.d.G. uccisi nel
1860. Isola Liri, Macioce e Pisani, 1927.
- La sintassi latina. Lavori di retroversione
desunti dai classici latini con note dichiarative
e con richiamo alle grammatiche dei proff.
Schultz, Tiscani, Zenoni. Segue un prospetto
della coordinazione e subordinazione. Milano,
Dante Alighieri, 1934.
Saluti:
Rev.mo Priore Conventuale dell’Abbazia di
Farfa
- Trattato di metrica latina. Torino, Paravia,
1938.
- Trenta odi di Orazio secondo i vari metri,
preceduto dal trattato di metrica. Torino,
Paravia, 1909.
Vocabolario greco-latino. Milano, Dante
Alighieri, 1939.
- CEPARI Virgilio: Vita di s. Luigi Gonzaga
d.C.d.G.. Nuova edizione completamente
annotata dal P. Lorenzo Rocci S.I.. Roma,
Università Gregoriana, 1926
Vittorio Spadorcia
(in collegio dal 1946 al 1953)
Padre Dom Eugenio Gargiulo O.S.B
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Il Mondragone
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Abbazia Benedettina S.Maria di
Farfa
Prof. Michele Lamura, Dirigente
scolastico del Liceo “Rocci”
PROFILO STORICO
Dott. Stefano Ciavatti, Presidente
Rotary Club Farfa-Cures
del
Relatori:
P. Max Taggi S.J. Prefetto a Mondragone nel
1946
Prof. Remo Bracchi, Ordinario di Glottologia
presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma
Interventi Programmati:
Prof.ssa Daniela Simonetti, Assessore alla
cultura del Comune di Fara in Sabina
Amm. Fabio Valerj, Consigliere Assoc. Ex
Alunni Nobile Collegio Mondragone
Avv. Giuseppe Rinaldi, Assessore alla Cultura e
Turismo della Provincia di Rieti
Moderatore:
Francesco Vergovich, giornalista
Agli
inizi
del
quattrocento
l’abate
commendatario Giovanbattista Orsini, visto
probabilmente lo stato di grave degrado in
cui si trovava la vecchia basilica decise di
costruire una nuova chiesa abbaziale.
L’impresa non fu facile se si protrasse per
circa 70 anni ma alla fine, nel 1496, la nuova
basilica fu consacrata. A tre navate con il
coro pronunciato secondo le esigenze
benedettine la chiesa, nella sua forma attuale,
fu completata solo nel corso dei sec. XVI e
XVII con la costruzione delle cappelle delle
navate laterali e del nuovo reliquiario. Di
particolare interesse è il soffitto a cassettoni
della navata centrale sul quale è posta in
bella mostra l’effige del committente, il
cardinale Orsini appunto. Le finiture in oro
arricchiscono la già pregevole orditura. Gli
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.11 di 32
Il Mondragone
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affreschi della basilica non sono tutti
sicuramente attribuibili, però sappiamo con
certezza, per il rinvenimento di una ricevuta
di pagamento, che le tele delle cappelle dei
S.S. Pietro e Paolo, del SS.mo Sacramento e
di S. Orsola sono di Orazio Gentileschi,
mentre i lunettoni delle navate laterali
possono essere attribuiti alla scuola dello
stesso. Anche le pareti della navata centrale
sono interamente dipinte, su vari livelli si
incontrano le figure di papi benedettini e dei
dottori della chiesa all’interno di una serie di
decorazioni del tipo a finto marmo. Una
particolarità originale della basilica Farfense
è certamente la decorazione delle volte delle
navate laterali del transetto e del coro con dei
motivi del tipo a ‘’Grottesche’’ del tutto
insoliti per una chiesa più consoni alla
decorazione di palazzi. Queste come anche gli
affreschi del coro sono attribuiti ai fratelli
Zuccari per il loro rapporto con la
committenza Farnese. Alla fine del ‘500 è
infatti un Farnese l’abate commendatario di
Farfa: il Card. Alessandro. E’ molto
probabile che mentre i maestri erano
occupati in opere più impegnative, come le
decorazioni del palazzo di Caprarola, la
bottega si occupò del lavoro di Farfa. Gli
stalli del coro sono seicenteschi, furono
realizzati al posto di quelli, splendidi,
quattrocenteschi spostati al I piano nel nuovo
coretto nel seicento. Di notevole effetto è il
grande giudizio universale posto sopra la
porta d’ingresso, notevoli le dimensioni per
essere dipinto con la tecnica dell’olio su
muro. E’ attribuito ad un artista fiammingo,
forse H. Van den Broek, ed è datato 1561. Da
ricordare per il grande valore artistico e
religioso la madonna bizantina di Farfa posta
nella cappella di centro della navatella
destra. L’immagine risale all’XI sec. ed è
stata oggetto di grande venerazione
soprattutto nel basso medioevo. A queste
opere rinascimentali si aggiungono una serie
di elementi emersi alla fine degli anni ’50 dai
lavori di ristrutturazione della chiesa. In
questa occasione emerse il pavimento
carolingio della chiesa medievale risalente al
IX sec., un altarino ed un frammento del muro
perimetrale della medesima chiesa. La prima
scoperta portò a privilegiare la ricerca di
altre preesistenze medievali con la
conseguente demolizione dell’altare barocco
e della sistemazione seicentesca del
presbiterio. Al posto dell’altare fu realizzato
un baldacchino con le colonne superstiti così
come lo si può vedere oggi. Nella parte destra
del coro fu realizzato nel 1622 il nuovo
reliquiario nel quale oggi, non avendo piu’ la
funzione originaria, si possono ammirare il
grande crocifisso e le tre statuette lignee
policrome del XVI sec.. Nella basilica di
Farfa si trova anche il corpo del beato
Placido Riccardi, monaco farfense e padre
spirituale del card. I. Shuster, il corpo ha
subito un processo di mummificazione
naturale ed è esposto al culto con il solo
ritocco del volto e delle mani con la cera.
http://www.abbaziadifarfa.it/
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.12 di 32
Il Mondragone
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Padre Rocci come l’ho visto io
Cerimonia commemorativa di P. Lorenzo Rocci S.J. all’Abbazia di Farfa
Relazione di Padre Max Taggi S.J. Abbazia di Farfa (Rieti), 28/03/2009
Dopo l'inaugurazione stamani a Passo Corese
nella sede del vostro liceo, della lapide allo
studioso sabino P. Lorenzo Rocci, siamo qui
per celebrare questo evento, per coglierne
meglio il significato e approfondire la
conoscenza con questo personaggio, gia noto
a molte generazioni di docenti e di
studenti, se non altro come autore di un
Vocabolario greco molto apprezzato. Sulla
sua figura di letterato il professore Don Remo
Bracchi ci parlerà fra poco con la sua alta
competenza specifica. Il mio compito ora e
semplicemente di presentarvi qualche tratto
della personalità del Rocci, sia sul piano
umano che su quello religioso, dato che il
Padre Rocci era un sacerdote gesuita. Non si
tratterà di una biografia, né di mezza
biografia, ma solo di qualche flash, di una
condivisione amichevole.
Vi propongo quattro sguardi ed una
conclusione.
Il primo sguardo fu, diremmo oggi,
virtuale. Avvenne a Livorno, la città dove
sono nato, all’istituto S. Francesco Saverio,
un liceo classico diretto dai padri gesuiti.
Avevo 14-15 anni ed ero approdato in quarta
ginnasio. Ero incuriosito da questo nuovo
livello scolastico: nuove materie, nuovi
professori, nuovi libri di testo. Proprio fra i
libri di testo, mi colpi particolarmente la
Grammatica greca del Rocci, soprattutto per
la chiarezza con cui erano presentati i suoi
contenuti.
Una sensazione simile, cosi netta, l’ho avuta
solamente un’altra volta in vita mia, studiando
Filosofia alla Gregoriana, con il Manuale di
Metafisica del P. Dezza e ascoltando le sue
lezioni. Fu quello il mio primo incontro col
Rocci.
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.13 di 32
Il Mondragone
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Il secondo sguardo, invece, fu diretto, di
persona, una diecina di anni piu tardi. Nel
frattempo, avevo scelto di entrare nella
Compagnia di Gesù. Dopo il Noviziato e un
periodo di Magistero (tirocinio), mi trovavo a
frequentare i corsi di Filosofia all’Università
Gregoriana a Roma. Con i miei compagni
abitavamo al Gesù, al centro di Roma, dove,
allora come ora, coesistevano due comunità,
quella degli studenti e quella dei padri e
fratelli addetti alla chiesa e ad altre opere. In
tale Residenza c’erano anche due padri
anziani, già abbastanza noti: il P. Pietro
Tacchi Venturi, storico, ed il p. Lorenzo
Rocci. Noi studenti andavamo volentieri a
trovare questi padri, sia per aiutarli a celebrare
la messa, sia per parlare con loro. Fu cosi che
conobbi il P. Rocci. Ricordo benissimo il
primo incontro. Mi chiese: - Come ti chiami?
E quando sentì il mio cognome, Taggi,
esclamo: Persone intelligenti, i Taggi!
(Conosceva mio cugino Arturo, insegnante di
Latino e Greco, e un mio fratello maggiore,
Gianfranco, che allora frequentava Lettere
alla Sapienza). Mi resi conto, naturalmente,
che parlava di loro, ma presi la sua battuta
come un incoraggiamento.
Quello che mi conquistò subito fu la sua
personalità. Già la sua presenza: era alto,
rnassiccio, con dei bei capelli bianchi, un viso
aperto, bonario, uno sguardo profondo e
calmo. Era autorevole ma
accogliente;
s’indovinava in lui una persona serena,
equilibrata. di grande cultura, ma semplice in
senso positivo, ”uncomplicated” si direbbe in
inglese.
Il terzo sguardo si potrebbe definire
”professionale". Erano passati un’altra
diecina di anni, più o meno, e mi trovavo di
nuovo a Livorno, al Saverio, non più come
alunno, ma come rettore del collegio.
Provenivo da Bruxelles, dovetti ambientarmi.
Naturalmente, dovevo occuparmi sia della
comunità religiosa che di quella educativa,
della scuola.
Ricordo che nell’adozione dei libri di testo ci
fu consenso unanime per adottare i testi del
Rocci. Nel frattempo era stato pubblicato
anche il suo famoso vocabolario. Nelle
verifiche nel corso dell’anno scolastico
constatavamo che i ragazzi rispondevano
bene, e questo, oltre che all’impegno dei
professori, era dovuto anche ai libri di testo.
C’era dunque una presenza e un contributo
del Rocci.
Il quarto sguardo, si basa su alcuni
documenti storici. Siamo di nuovo a Roma,
al Gesù, in questo mese. Grazie a voi, in vista
di questo incontro, ho cercato nella nostra
biblioteca e nell’archivio di Provincia un po'
di documentazione. Vediamo qualche cosa
insieme.
In un Dizionario di gesuiti illustri (Ctr. il
"Diccionario historico de la Compañia de
Jesus", Roma-Comillas, 2002, Vol.IV) ho
trovato una scheda biografica del P. Rocci. Ve
ne leggo qualche passaggio:
a)
Dati biografici. Lorenzo Rocci,
ellenista, scrittore. Nato a Fara Sabina l’11
settembre del 1864, morto a Roma il 14
agosto del 1950. Entra nella Compagnia di
Gesù a Napoli nel 1880, e ordinato sacerdote
a Cortona (Arezzo) nel 1892. Ha studiato alla
Gregoriana e in un solo anno si laureò in
Lettere a Roma, alla Sapienza, dove della
Commissione esaminatrice faceva parte il
Carducci, che, dopo averlo ascoltato gli disse:
”Lei non solo ha fatto bene, ma molto
bene".Fece 1’ultimo anno di formazione in
Francia, ad Angers. Dopodiché, insegno greco
e latino al Collegio Mondragone (Frascati)
per 21 anni, durante i quali per una diecina di
anni fu anche preside. Successivamente si
dedicò prevalentemente allo studio, abitando
alla Gregoriana e collaborando con la
cappellania della Sapienza. Lavorava fino a
tardi la sera. Il suo volto ingenuo (candoroso)
dietro dei lineamenti rozzi (?) rivelava una
persona molto umana e simpatica.
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.14 di 32
Il Mondragone
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Il suo nome resta legato al Vocabolario greco,
al quale lavorò per 25 anni, che critici italiani
e stranieri hanno riconosciuto particolarmente
autorevole.
b)
Ha pubblicato anche altre cose: oltre
alla Grammatica greca, che ha avuto trenta
edizioni, la traduzione italiana dei primi sei
libri della Odissea di Omero e l’Antigone di
Sofocle. Ha scritto varie biografie di gesuiti
edelle poesie in latino. Era membro
del1'Accademia dell’Arcadia.
Il religioso e il sacerdote (impressioni
mie, sulla base di documenti di archivio e di
colloqui con persone che lo hanno
conosciuto)
Come sacerdote, aveva sempre avuto
una dimensione pastorale ed una evidente vita
spirituale. Era un piacere servirgli la messa.
Celebrava con calma, non aveva nulla di
sentimentale o di bigotto, ma era raccolto,
era lì, ben presente al mistero che si
celebrava.
Come religioso, era quanto mai
”ignaziano", probabilmente senza rendersene
troppo conto!
Tutta la sua opera ne da testimonianza. Di
Ignazio di Loyola aveva i valori e le passioni:
il tendere alla eccellenza, a fare bene quello
che si fa; la ricerca costante, istintiva, d'
integrazione fra spiritualità (vita di fede) e
serietà professionale; l’assillo del "magis",
dell’andare oltre; il senso della frontiera (nel
suo campo ed al suo livello il Rocci e stato
senza dubbio un pioniere, come S. Francesco
Saverio e il P. Matteo Ricci); il tendere ad
innovare, a fare qualcosa in più del banale,
dell’esistente; e questo, non per capriccio, ma
per due scopi ben precisi: per essere di aiuto
al prossimo, alla gente, e per dare gloria a
Dio, in armonia col celebre motto ignaziano
"ad maiorem Dei gloriam" (AMDG).
Una conferma di questo suo identificarsi con
la spiritualità e la pedagogia ignaziane la
troviamo nella sua aderenza concreta alla
Ratio studiorum, cosa peraltro abbastanza
naturale per un umanista come lui.
Conclusione
Chi era dunque, chi e stato, Lorenzo Rocci?
- Uno studioso ed un educatore, al tempo
stesso serio, solido e molto umano
- Molto presente ai suoi interlocutori:
guardando lui mi tornano alla mente
pensatori, come Lévinas con la sua "Etica del
volto" e Buber, il filosofo ebreo della alterità
con il suo ”Io, tu";
- Un uomo di fede, una fede limpida, quasi da
fanciullo, la ”foi du charbonnier" , cara a
Pascal;
- E, finalmente, era un sabino! Vedendo la
vostra regione, ho capito meglio il Rocci,
nella sua solidità e finezza, nella sua
genuinità, nella sua concretezza
Ho letto recentemente un bel libro intitolato:
"Dall’autorità all’autorevolezza - Per una
leadership
in
tempo
di
crisi".
Nell’introduzione, gli Autori citano un
esperto che in un Convegno sulla scuola ha
detto: "Alla scuola italiana servono memo
professori e più maestri perché, per quanto
necessaria, l’istruzione non basta ad educare.
Il giovane deve anche essere provocato da chi
è in grado di avanzare una proposta credibile
e suscitare nel suo cuore una risposta".
Facendo l’affermazione di quell’esperto,
penso che noi tutti, oggi,
abbiamo
bisogno
di
professori, di docenti - senza
di loro resteremmo ignoranti e di docenti che siano al
tempo stesso maestri, ossia
educatori. ~
Credo che il P. Rocci sia stato
proprio uno così.
(Prefetto a Mondragone nel 1946)
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.15 di 32
Il Mondragone
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A proposito del ”Risorgimento visto dal Vesuvio”
Poiché nel lungo articolo del nostro caro
ex Franco Puca sono stato citato nel contesto
di una ironica e dissacrante rivisitazione
pseudo-storica dei fatti e dei….misfatti
dell’arduo e spesso contestato Risorgimento
Italiano, sento la necessità di un sereno
commento al parto letterario del nostro EX.
La
descrizione
degli
episodi
Risorgimentali Italiani ricostruita in modo
assai sommario ed in chiave burlesca di
commedia ”pulcinellesca” può anche essere,
forse, divertente e contenere, purtroppo,
qualche verità ma quale altra Nazione nel
corso dei secoli non ha accumulato almeno
altrettanti avvenimenti scomodi e poco seri?
Comunque si tratta della nostra storia fatta di
luci ed ombre permeata di episodi gloriosi o
meno gloriosi, ma è pur sempre la storia della
nostra Patria Italiana la cui unità nel bene e
nel male è costata tanti sacrifici e tanto
sangue.
Molto dipende dal colore della lente con
cui si analizza la successione degli
avvenimenti storici e dalla interpretazione che
se ne ricava particolarmente se esiste un
atteggiamento di parte, ossia se l’analisi è
viziata da sentimenti preconcetti e rancorosi o
se chi analizza è uno studioso serio e sereno.
Grandi scrittori come Dante o Balzac hanno
intitolato le loro opere che descrivono le
storie degli uomini come Commedie, ma
Commedie Umane e non pulcinellesche.
La storia Italiana, dopo la caduta dell’Impero
Romano, è una successione di lotte contro le
invasioni e, purtroppo, anche di conflitti
interni, di guerre fratricide, ma tralasciando il
medio evo, che pure sarebbe molto
interessante esaminare, ma non è argomento
della dissacrazione pseudo-storica del nostro
Puca, vorrei spendere due parole a favore del
“gatto-sardo” (Garibaldi) e del “aripipino il
breve” (Vittorio Emanuele III°).
Basterebbero le giornate gloriose della
Repubblica Romana, della quale ricorre il
160°, le campagne del ’59 e del ’66, senza
contare l’intervento nel ’70 durante la quale
fu conquistata l’unica bandiera tolta ai
Prussiani in quella guerra sfortunata per i
Francesi, per immortalare nella storia la figura
leggendaria dell’Eroe dei Due Mondi, studiata
e descritta con simpatia ed ammirazione da
storici di ogni paese.
Nella Prima Guerra Mondiale, nella quale
l’Italia perse più di 650.000 caduti ed oltre un
milione tra mutilati e feriti non è certo motivo
di derisione il fatto che la Vittoria conquistata
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.16 di 32
Il Mondragone
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a così caro prezzo fu chiamata la “Vittoria
Mutilata”. La battuta di arresto, con
conseguente sconfitta di Caporetto, fu dovuta
alla resa agli Imperi Centrali da parte della
Russia nel 1917 che rese possibile a quelle
potenze di concentrare sul nostro fronte tutta
la forza liberata con conseguenze disastrose.
Ebbene fu il nostro Re, che Franco Puca
chiama irriverentemente: Aripipino il Breve,
contrariamente a quanto pretendevano i nostri
Alleati di allora nel convegno di Peschiera
che si impose affinché la difesa fosse stabilita
non con l’arretramento sul fiume Po, ma sul
Piave. E fu da questo fiume, con un minimo
aiuto degli alleati,che partì la riscossa che
portò a Vittorio Veneto.
In questo modo si conclusero, al di fuori di
qualsiasi furberia diplomatica, le guerre per
l’Unità d’Italia,anche se alcune terre Italiane
erano ancora irredente.
Nella seconda guerra mondiale dopo oltre
tre anni di lotta durissima su molti fronti
fummo costretti a chiedere un armistizio alle
potenze alleate in quanto ci eravamo
avventurati in una impresa superiore alle
nostre forze con una alleanza voluta e non
sentita. Altre Nazioni, di cui almeno una,
assai superiore alle nostre potenzialità, si
erano arrese dopo pochi mesi di lotta, ma
nonostante tutto le nostre forze armate
combatterono con tenacia ed eroismo una
guerra certamente non voluta come la
precedente del ’15-’18.
Come si può non ricordare l’eroismo dei
nostri incursori della marina, il coraggio dei
nostri piloti che combatterono quasi sempre
uno contro dieci, i militari di tutte le armi che
s’immolarono in Etiopia, in Libia, in Albania
ed in Russia?
E’purtroppo vero che dopo la sconfitta, per
ragioni ideologiche, ci siamo ancora divisi,
ma ognuno che era in buona fede ha seguito la
sua scelta pagando di persona con dignità a
qualunque prezzo.
Nel cuore di chi scrive restano impresse le
parole incise sul cippo collocato sulla strada
di Alessandria d’Egitto dal quale dista circa
100 Kilometri:
7°Reggimento Bersaglieri
MANCO’
LA FORTUNA
NON IL VALORE
1°-7-1942
a questo dolorosamente aggiungo mancarono
anche i mezzi!
P:S. Un paterno consiglio a Franco Puca da
un vecchio ex Mondragoniano a un ex
giovane (si fa per dire): meglio che si occupi
di cucina piuttosto che di storia.
CLAUDIO SABATINI
(in collegio dal 1936 al 1946)
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.17 di 32
Il Mondragone
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Padre Cubbe e I Giusti d’Italia
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Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.18 di 32
Il Mondragone
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Traduzione:
1. Racconta la tua vita e quella della tua famiglia fino
al momento del pericolo.
2. Quando la tua famiglia e andata a Campanella?
3. Fai presente nel tuo racconto che avevi dei
documenti falsi, anche la tua famiglia ne
aveva? Se ancora ne hai spedisci le copie.
4. Sotto quale nome eri registrato in collegio?
5. Dove stavano i tuoi genitori durante questo periodo?
OGGETTO: Risposte di Marco Pavoncello (in
collegio dal 1943 al 1948)
1.-Mio padre Cesare e mia madre Celeste Sonnino
si sposarono il 28 Marzo del 1920 presso il
Tempio Maggiore di Roma e in questa città
fissarono la loro dimora. Dall'unione nacquero
oltre a me, che sono il figlio minore, altri cinque
figli: Angelo, morto alla nascita, Amelia, morta
all'età di due anni, Alberto, Fatina e Bettina (detta
Nella). Al 16 Ottobre del 1943, la mia famiglia
risultava residente in via San Bartolomeo de'
Vaccinari n.16, un palazzo posto sul confine del
ghetto, con ingresso anche al n° civico 4 di
Lungotevere de’Cenci , ed abitato per la maggior
parte da persone ebree. A quel tempo, l'unica dei
figli ad aver lasciato la casa di famiglia era stata
mia sorella Fatina, sposatasi con Vittorio
Pavoncello,e dal quale aveva già avuto un
bambino di nome Cesare.
Sino al 1938, allorquando apparvero i primi
provvedimenti legislativi ed amministrativi
antiebraici, papa Cesare aveva condotto una
florida ditta di costruzioni e un magazzino per la
raccolta di rottami di ferro insieme al cugino di
sua moglie, Samuele Sonnino. Tale azienda era
ubicata in piazza Re di Roma, nel quartiere San
Giovanni . Da quel momento in poi l'azienda di
famiglia subì un progressivo ridimensionamento,
che si concluse con la cessazione di ogni attività
nel maggio del 1940.
Prima dell'espulsione dei ragazzi ebrei dalle
scuole pubbliche, mia sorella Bettina era stata
allieva dell’istituto "Felice Veneziani" di Portico
d'0ttavia ed io della scuola elementare "Trento e
Trieste" di via dei Giubbonari.
I nostri rapporti con la comunità nazionale non
furono caratterizzati da alcuna forma di
discriminazione sino al 1938. Da allora, e in
maniera progressiva, iniziammo ad essere
emarginati e guardati con sospetto dagli
appartenenti alla razza ariana. Naturalmente,
questa emarginazione perpetrata nei nostri
confronti non riguardo tutti ma soltanto coloro che
si erano lasciati fortemente condizionare dalla
6. Chi sapeva nel collegio che voi eravate ebrei?
7. Ci sono stati momenti di pericolo nel quale voi
eravate preoccupati che la vostra
identità ebraica fosse stata scoperta?
8. Con l'eccezione del tempo in cui i tuoi parenti erano
in collegio con te dopo le bombe,
come eravate in contatto?
9. Includi nel tuo racconto ogni particolare o aneddoto
che tu ricordi di quando stavi in
collegio.
propaganda fascista e nazista. lnfatti, già nel
maggio del 1943 mio padre, avendo avuto sentore
dell’imminente pericolo, grazie proprio alla
disponibilità di famiglie ariane, riuscì a metterci al
sicuro lontani da quella che era la nostra residenza
ufficiale.
2.-Giungemmo a Campanella nel maggio del 1943
insieme alla famiglia Sonnino, nostri parenti e
nostri soci nella attività imprenditoriale.
Restammo lì sino ad alcuni giorni dopo l'8
settembre del 1943. Si dovette andare via poiché
chi ci ospitava temeva possibili rappresaglie da
parte nazista.
3.-ll destino della mia famiglia, al tempo
dell'occupazione nazista, é sempre stato legato a
quello dei Sonnino. Tutti ci spacciammo per
profughi di Cassino. Noi dicevamo di essere la
famiglia Olivieri; loro dicevano di essere la
famiglia Sbardella. Riuscimmo ad ottenere
documenti falsi ma purtroppo sono andati smarriti
nel corso del tempo.
4.-Come ho già detto, dicevo di chiamarmi
Olivieri, il nome marco invece mi era stato
cambiato in Aldo.
5.-Quando il collegio Mondragone accolse gli
sfollati di Frascati, i miei genitori, confondendosi
fra questi, si rifugiarono la insieme alla famiglia
di mia sorella Fatina e ai Sonnino; mia sorella
Bettina, insieme alle giovani cugine Sonnino,
trovò ospitalità presso le Maestre Pie Filippine di
Frascati e poi nell'omonimo convento di Roma.
6.-Le persone a conoscenza della nostra
condizione erano: innanzitutto padre Cubbe,
poi padre Ranieri, padre Marsecano, padre
Parisi, e padre Floridi.
7.-Ricordo che, giunti a Roma presso il Collegio
Pio Latino Americano, durante una passeggiata
organizzata con gli altri convittori e sotto la guida
di alcuni padri gesuiti, passando nei pressi della
Sinagoga volsi verso di essa lo sguardo e la salutai
con la mano. Fui subito rimproverato aspramente
dai miei cugini Sonnino, che erano con me, i quali
mi spiegarono il serio pericolo corso.
Edizione n° 17 – giugno ‘09 pag.19 di 32
Il Mondragone
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8.-Si interruppero tutte le forme di contatto; seppi
solo che i miei genitori erano riusciti a trovare
rifugio nella città del Vaticano.
9.-Ricordo che, mentre stavo in collegio, una seria
difficoltà era quella dovuta al fatto che a volte
veniva servita carne di maiale, che io e i miei
cugini Sonnino rifiutavamo di mangiare, la quale,
visti i tempi, veniva considerata da tutti un piatto
raro. Per il resto, la mia vita era simile a quella di
qualsiasi altro convittore.
sotto il cognome di Sbardella e si diceva di essere
profughi di Cassino rifugiatisi, a seguito dei
bombardamenti, nell'area di Frascati. Oggi però
non posseggo né l'originale né la copia di quel
mio documento.
OGGETTO: Testimonianza di Mario Sonnino
(in collegio dal 1943 al 1947)
5) I miei genitori, spacciandosi per sfollati,
sono stati accolti in questa veste presso il
collegio di Mondragone. Nel frattempo, le mie
sorelle erano rifugiate presso le Maestre Pie di
Frascati (passando poi alla sede romana). Dopo
Mondragone, mio padre e mai madre sono riusciti
ad accedere nella città del Vaticano, dove
rimasero alla liberazione di Roma.
Il sottoscritto Mario Sonnino, avendo ricevuto una
Vostra comunicazione che lo invitava a fornire
ulteriori informazioni, risponde alle domande
inviategli nel modo seguente:
1) Samuele fu Mario, mio padre, e Bianca
Piperno, mia madre, contrassero matrimonio il 2
giugno 1929. Da loro sono nati, Virginia, lo
scrivente, Graziano, Rosalba e Sergio (che venne
alla luce il 2 giugno 1943).
Al momento dell'occupazione tedesca di Roma si
abitava tutti in via Arenula 41, cioè a pochi passi
dal Tempio Maggiore di Roma.
Mio padre aveva fondato nel 1920, insieme ad un
nostro parente, Cesare Pavoncello, un'azienda che
vendeva ferro nuovo ed usato, la quale, a causa
delle leggi razziali, cesso di esistere nel maggio
del 1940.
Sino al momento dell'allontanamento dei ragazzi
ebrei dalle scuole di Stato, con i miei fratelli
frequentai l'istituto "Trento e Trieste" di via dei
Giubbonari, mentre mia sorella Virginia era stata
allieva dell'istituto "Felice Veneziani" presso il
Portico d'Ottavia.
Fu solo a partire dal 1938 che nacque e crebbe un
sentimento di emarginazione nei nostri confronti
provato dalla comunità "ariana". Sino ad allora,
infatti, ci si era sentiti elemento integrante della
più vasta comunità nazionale.
2) Giungemmo a Campanella nel maggio del
1943 insieme ai nostri parenti Pavoncello e vi
rimanemmo sino alla fine ottobre di quello stesso
anno. Fummo costretti a lasciare la tenuta
"Campanella" per la diffusa presenza di reparti
tedeschi nell'area di Frascati che rendeva insicura
la condizione dei nostri ospiti.
3) La nostra famiglia si procuro documenti falsi
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.20 di 32
4) Al collegio fui registrato sotto il nome di
Mario Sbardella (come si evince dalle copie dei
registri degli alunni del Collegio Mondragone
già a Voi inviate).
6) A conoscenza della mia origine ebraica
erano: Padre Cubbe, Padre Ranieri (padre
ministro) e Padre Marsecano (economo); tutti
del collegio di Mondragone.
7) Alla fine di maggio del 1944, quando ero
ospite del Collegio Pio Latino Americano di
Roma, il professor Gianpietro, nostro insegnante,
vedendo che né io, né mio fratello Graziano, né
mio cugino Marco Pavoncello , a pranzo
mangiammo carne di maiale, dinanzi agli altri
convittori esordì dicendo che secondo lui noi
eravamo tre ragazzi ebrei. Quella stessa notte,
fummo caricati in un furgone con il quale,
nascosti sotto sacchi, ci trasferirono presso al
Collegio Santa Chiara di Roma (ubicato
nell'omonima via).
8) Fu padre Cubbe ad informarmi che i miei
genitori erano riusciti a trovare scampo in
Vaticano ma tra me e loro di fatto si interruppe
ogni comunicazione.
9) La mia vita in collegio si svolgeva in maniera
perfettamente identica a quella di ogni altro
convittore: momenti di studio, si alternavano allo
sport, al teatro, alla musica e alle passeggiate;
inoltre, per dare l’impressione appartenente alla
razza ariana, imparai a recitare preghiere
cattoliche e a servire messa in latino.
Roma, 23 marzo 2009
In fede
Mario Sonnino
Il Mondragone
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Oggetto:
Testimonianza
di
Enrico
Giacobazzi (in collegio dal 1940 al 1945)
Io sottoscritto Enrico Giacobazzi Mazzari Fulcini,
nato a Verona il 10 Febbraio 1927, residente in
Roma dichiaro che il contenuto di questo scritto
corrisponde alla più assoluta verità:
- negli anni 1940–‘47 ho dimorato come studente
presso il Nobile Collegio Mondragone, istituzione
gesuitica, con sede in Frascati;
- là mi trovavo all’indomani del terribile
bombardamento che colpì quell’abitato l’ 8
settembre 1943, ed ho potuto constatare di
persona l’aiuto morale e materiale elargito dai
padri gesuiti alla popolazione del luogo, che
giunse numerosa alle porte del nostro istituto in
cerca di cibo e di un tetto;
- ricordo ancora che con l’occupazione militare
tedesca, e sicuramente nei giorni immediatamente
successivi al 16 ottobre 1943, furono accolti come
nuovi allievi tre ragazzi che ci vennero presentati
con i nomi di Sbardella Mario, Sbardella
Graziano e Olivieri Aldo; i quali, data la loro
giovane età, furono assegnati al gruppo dei
“Piccoli”, al contrario di me che appartenevo al
gruppo dei “Grandi”;
- ricordo ancora che fra noi alunni circolava la
voce che essi fossero ragazzi ebrei. Tuttavia, mai
nei loro riguardi ho avuto modo di constatare un
atteggiamento di ostilità o anche di diffidenza. I
tre giovani Sbardella e Olivieri furono accettati
con la stessa disponibilità e secondo la consueta
maniera con cui si inseriva nel gruppo ogni nuovo
arrivato. Infatti, grazie agli insegnamenti dei padri
gesuiti, noi convittori eravamo stati educati alla
cultura dell’accoglienza e dell’accettazione scevra
da qualsiasi pregiudizio. Un atteggiamento, il
nostro, frutto soprattutto dell’azione pedagogica
svolta dal rettore dell’istituto, padre Raffaele De
Gandutz-Cubbe, uomo di grande spiritualità e di
grande umanità, nonché capace di grande
altruismo;
- ricordo, altresì, di aver capito già da allora che,
sempre sotto falso nome, il Nobile Collegio
Mondragone dava rifugio anche ad altri giovani,
così come ad adulti, di origine ebraica, fra cui
Floriano Hettner; così come pure si dava asilo a
giovani appartenenti a famiglie tedesche
antinaziste, quali i tre fratelli Fredichstal.
- ricordo ancora che i tre ragazzi Sardella e
Olivieri hanno seguito tutti noi convittori, ormai
in numero ridottissimo, presso il Collegio Pio
Latino Americano di Roma, dove la piccola
comunità mondragoniana si trasferì verso la fine
di febbraio 1944, a seguito dei continui
bombardamenti che tormentavano l’aerea di
Frascati.
Dichiaro, infine, di aver saputo solo a guerra
conclusa che i nomi di Sbardella e Olivieri erano
cognomi falsi e che i tre ragazzi erano
effettivamente di religione ebraica, corrispondenti
a Sonnino Mario, Sonnino Graziano e Pavoncello
Marco.
Dichiaro, poi, che mai, ed assolutamente mai, ho
potuto notare in padre De Ghantuz-Cubbe,
atteggiamenti volti a convertire i due fratelli
Sonnino e il loro cugino Pavoncello. Infatti, ciò
che posso oggi affermare, essendo a conoscenza
della verità dei fatti, è che il rettore Cubbe aveva
come suo unico obiettivo quello di proteggere i tre
ragazzi, inermi e indifesi, dalla furia omicida
nazista. E tutto questo con grande sprezzo della
sua stessa vita, dato che il nostro Collegio era
assiduamente frequentato da militari tedeschi
stanziati in Frascati, i quali già il 9 settembre del
1943 avevano occupato parte del parco di
Mondragone per farne uno stanziamento per le
loro truppe.
Ribadisco e sottoscrivo che il contenuto di questo
documento corrisponde al mio più assoluto libero
pensiero e che è frutto di ricordi relativi ad
esperienze direttamente vissute.
Padre Raffaele De Ghantuz Cubbe
10 ottobre 1904 – 12 agosto 1983
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.21 di 32
Il Mondragone
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RICORDI DI CATECHESI E DI
RI..CONVERSIONE
Caro.Vittorio,
ti invio i miei "ricordi di catechesi" che, ove
nulla osti, e senza obbligo da parte tua,
potrebbe forse trovare uno spazio sul nostro
periodico Il Mondragone. Se hai ricevuto il
mio ultimo messaggio a dicembre, avrai
avuto conferma di quanta sfortuna perseguita
la mia salute da tre anni a questa parte. Non
dirò più che verrò alla prossima riunione
degli Ex.
Ma continuo a sperare.
Con simpatia. Giuseppe Munno
*******
Adamo e la libertà.
Adamo, il giorno della trasgressione fatale,
si accorse con amarezza che il percorso
intrapreso per soddisfare la sua autonoma
ansia di sapere era errato e gli aveva oscurato
il principio fondamentale della libertà che
consiste nella regola di condotta di “ fare
anche ciò che non piace”. Nel suo primitivo
concetto di libertà aveva escluso la condizione
di quell’unica norma (“dell’albero della
conoscenza del bene e del male non devi
mangiarne, perché, nel giorno in cui te ne
cibassi, dovrai certamente morire. ”) che gli
aveva consentito di abitare nel luogo dove è
presenza di ogni bene e assenza di ogni male.
E, dolorosamente, la sua discendenza da
allora conosce male- il- bene- e- bene- ilmale e, per conoscere ognuno dei “beni”,
deve passare in rassegna ciascuno degli
opposti. Maggior dolore si continua a provare
per i segni evidenti di quella primitiva
mancanza di fiducia nel Padre, il Signore
Dio creatore di tutte le cose visibili e
invisibili. Dunque, Adamo non sapeva che il
Signore Dio, suggerendogli il rispetto di
un’unica norma, aveva aggiunto allo
splendore del creato, un dono che sebbene
contenesse l’obbligo di non fare, era del tutto
liberatorio. Se la libertà è bene supremo, il
dominio della propria persona, santificato
nell’amore di Dio, restituisce il diritto alla
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.22 di 32
proprietà piena di se stessi nella vita senza
fine. E tale bene non sarebbe godibile
interamente se non fosse apprezzato proprio
in riferimento al suo opposto, l’immagine di
tutti i mali, e del peggiore dei mali che è la
morte, e la morte “segunda” come la definì
San Francesco.
Sappiamo, per dogma, che Iddio è
onnipotente e onnisciente e infinitamente
altro, in ogni bene. Sappiamo anche che Egli,
infinitamente buono e misericordioso, non
può volere il male. E non c’è contraddizione
in queste sue proprie, infinite virtù, perché il
Signore è anche il grande maestro della
libertà. E, se per amore Egli aveva creato tutte
le cose, per giustizia non ha consentito a
Adamo e alla sua discendenza di permanere
nel luogo dove è “presenza di ogni bene e
assenza di ogni male”. Tuttavia, per la sua
infinita bontà, il Signore Dio promise a
Adamo che per lui sarebbe stato pagato, e
sappiamo a quale costo, il riscatto della colpa
per la sfiducia manifestatagli, dalla sua
creatura prediletta, disprezzando proprio il
dono della libertà.
Lo scienziato.
Nel suo saggio: Perché io credo in Colui che
ha fatto il mondo (Mondadori), il prof.
Antonino Zichichi,
eminente scienziato,
sostiene che la nostra realtà è costituita dal
concorso di pochi elementi fondamentali, tutti
Il Mondragone
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indispensabili alla nostra esistenza materiale:
materia, energia, carica, spazio, tempo.
Zichichi, concordando con gli scienziati più
importanti: Galileo Galilei, Newton, Planck e
molti altri (i più importanti sono stati e sono
credenti), dice che le leggi che reggono il
Cosmo sono in comunione, in armonia, con la
parola di Dio manifestata nella Bibbia.
Aggiunge anche che “tra le tante scelte,
rigorosamente logiche, Chi ha fatto il mondo
ne ha scelto una e una sola.” In altri termini,
il Signore avrebbe potuto creare ogni cosa in
modi infinitamente diversi; se ha fatto il
creato così com’è, ha certamente scelto il
meglio, e in assoluto. Dalla sua ridottissima
prospettiva di conoscenza l’uomo, creatura
prediletta di Dio, continua nell’affascinante,
inesauribile ricerca dei princìpi che regolano
l’immensità dello spazio abissale che separa
lui, microscopico e ignaro pulviscolo,
dall’enormità dell’invisibile e da tutto il resto
di ciò che si vede e si tocca.
Il tempo.
In riferimento alla nozione di tempo, così
accreditato come uno degli elementi
fondamentali della nostra esistenza materiale,
e alla sua relazione con il dogma
dell’onniscienza di Dio, mi propongo ora il
seguente motivo di meditazione.
Gli uomini, accecati dalle tentazioni del
potere, della ricchezza e della vanità, se
fossero stati abbandonati a se stessi e al libero
arbitrio, certamente si sarebbero eliminati a
vicenda. Per questo motivo, allo scopo di
salvare l’umanità, il Signore Dio conoscendo
da sempre, come già compiuto, il tempo delle
cose create che dalla Sua prospettiva di
eternità hanno già esaurito la loro esistenza,
promise la venuta del Messia: Cristo Signore!
Gesù Cristo, per l'appunto, è venuto a salvarci
e, quale testimone e esecutore della volontà
del Padre, glorificato con il sacrificio della
croce, ci ha indicato la sua stessa persona
come via, verità e vita. Via, per ottenere,
ormai fuori dal tempo della vita terrena, la
libertà da tutti i mali, compreso il peggiore dei
mali cioè la “ morte segunda”. Verità, perché
la sua resurrezione ha dimostrato che il bene
trionferà per sempre sul male. Vita, e vita
senza fine, con il pieno diritto di tornare alla
casa del Padre quali figli-eredi di Dio, diritto
subordinato alla nostra libera scelta per la
vittoria del bene sul male.
Nel cosiddetto discorso della montagna e con
l’unico suo precetto:” amatevi gli uni gli altri
come io ho amato voi”, Gesù, vero Dio nel
mistero della Santissima Trinità, e vero uomo
in tutto tranne che nel peccato, ci ha suggerito
regole di comportamento, universalmente
valide, che consentono a ognuno di vivere la
nostra
realtà
materiale,
come
se
ripercorressimo un sentiero misteriosamente a
noi ben noto, per rimediare, nell’unico modo
possibile, agli errori della nostra vita terrena,
agli occhi Suoi già conclusa nel tempo!
La Fede.
Alcuni non credenti non intendono la vita
come dono, né alla sua infinità; altri dicono
che se fosse dipeso da loro l’avrebbero
rifiutata, altri si abbarbicano alla loro
materialità, escludono la trascendenza e
ridicolizzano l’idea del divenire. Altri vivono
nel terrore della morte. A tutti gioverebbero
forse le seguenti brevi letture:
1) Vangelo di Matteo cap.11, 16-18: “A chi
posso paragonare questa generazione? E’
simile ai bambini che stanno seduti in piazza
e, rivolti ai compagni, gridano:- vi abbiamo
suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo
cantato un lamento e non vi siete battuti il
petto-.
E’ venuto Giovanni, che non mangia e non
beve, e dicono:- è indemoniato-. E’ venuto
il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e
dicono:- Ecco, è un mangione e un beone, un
amico di pubblicani e peccatori-.
Ma la
sapienza è stata riconosciuta giusta per le
opere che essa compie.”
2) Vangelo di Luca cap.8, 49-52 “…arrivò
uno della casa del capo (Giairo) della
sinagoga e disse:- tua figlia è morta, non
disturbare più il maestro-. ….Gesù disse:non è morta, ma dorme-. Essi lo deridevano,
sapendo bene che era morta.”
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.23 di 32
Il Mondragone
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3) Seconda lettera di Pietro cap.3, 8-9: “Una
cosa .. non dovete perdere di vista.. davanti al
Signore un solo giorno è come mille anni e
mille anni come un solo giorno.”
La vita è un dono senza fine, e la scelta, tra
il bene e il male, è libera, ma… prima che il
“tempo” di ognuno si esaurisca, non si aspetti
altro “tempo” per pensarci!
Gesù e i profeti.
Isaia 42: “Ecco il mio servo… ho posto il
mio spirito sopra di lui; egli porterà il diritto
alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non
farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà
una canna incrinata, non spegnerà uno
stoppino dalla fiamma smorta…”
Nella sua “ Storia di Gesù Cristo” il grande
prof. Giuseppe Ricciotti, abate dei Canonici
Regolari Lateranensi, professore universitario
docente di lingue orientali e storia del
cristianesimo, scrive quanto segue:”Certo è
che Gesù, oggi, è più vivo che mai tra gli
uomini. Tutti hanno bisogno di lui, o per
amarlo o per bestemmiarlo: ma farne a meno
non possono. Molti uomini furono amati
intensissimamente nei tempi andati: Socrate
dai suoi discepoli, Giulio Cesare dai suoi
legionari, Napoleone dai suoi soldati: ma oggi
questi uomini sono inesorabilmente trapassati,
nessun cuore palpita più per le loro persone,
nessun uomo darebbe la sua vita o anche solo
le sue ricchezze per essi, anche se i loro ideali
siano ancora propugnati da altri; se poi i loro
ideali siano avversati, nessuno pensa a
bestemmiare né Socrate né Giulio Cesare né
Napoleone, perché le loro persone non hanno
più efficacia e sono trapassate. Gesù no;
Gesù è tuttora amato e tuttora bestemmiato; si
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.24 di 32
rinunzia tuttora alle ricchezze, e perfino alla
vita sia per suo amore sia anche per odio
contro di lui. Nessun vivente è tanto vivo
quanto Gesù.”
Lui e io.
Se Gesù mi chiedesse: “mi ami tu?” Come
gli risponderei?
So che sai tutto Signore, e che conosci ogni
dettaglio del mio passato. Per la mia malizia,
i fallimenti, la sofferenza e la vergogna degli
errori della mia adolescenza e giovinezza
senza freni ho imparato, da vecchio, a essere
prudente perciò,valutando la bontà di qualche
residua mia credenziale, è a voce sommessa
che ti rispondo: sì, penso di amarti, Signore.
Perdonami di non saperti offrire di più della
mia malferma sicurezza.
Il salmista dice: “ Il mio nome è scritto nel
palmo della Tua mano.” Infatti so che agli
occhi Tuoi la mia vita terrena è già conclusa,
e che da sempre conosci anche il mio futuro,
con il mio timore di errori ancora da
compiere. Per la mia debolezza, perdonami
se è nel silenzio e chinando il capo che ti
rispondo: sì, penso di amarti, Signore.
So che leggi nel mio cuore e, alla Tua
misericordia in risposta ai miei tradimenti, al
Tuo amore per me che non merito, alla Tua
gratuita ricompensa per la mia inquietudine e
i miei smarrimenti, alla libertà vera che mi
dai, sento che dovrei rispondere a voce alta;
vorrei gridare: sì Signore, ti amo con tutto il
mio cuore, con tutta la mia mente, con
tutte le mie forze!
So che tu lo sai.
Giuseppe Munno (in collegio49-52)
Il Mondragone
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La Storia siamo noi
La mattina di giovedì 26 febbraio su RAI 3
ho seguito la puntata della" Storia siamo noi"
che verteva sulla battaglia di Monte Cassino
Abbazia di Monte Cassino
ed in particolare sul forzamento della linea
fortificata Germanica denominata Gustav.
Ebbene tutte le forze armate impiegate dagli
alleati su quel fronte dai Marocchini ai
Neozelandesi sono state citate, ma come al
solito il Corpo Italiano di liberazione forte di
oltre 25.000 militari di tutte le armi non è
stato minimamente citato. E dire che nel
Dicembre del '43 bersaglieri e fanti del
Raggruppamento Italiano avevano espugnato,
a prezzo del sacrificio di molte giovani vite, la
montagna di Monte Lungo che sbarrava il
passo della Via Casilina verso Cassino;
passato sulle montagne Abruzzesi dove si era
fatto onore conquistando vette di oltre 2000
metri.Purtroppo l'avanzata verso Roma a noi
Italiani ci fu negata e fummo subito dopo
inviati sul versante Adriatico dove dopo
battaglie cruente si proseguì alla liberazione
della nostro Paese fino a Bologna ed oltre.
I caduti delle forze Armate regolari furono
oltre 87.000 nella guerra di Liberazione, ma si
preferisce ricordare solo i partigiani forse
perché nel complesso di un certo colore
politico o perché nella "vulgata resistenziale"
non c'era posto per i combattenti animati solo
dal senso del dovere verso la Patria.
Mi dispiace elevare questa risentita critica
verso Minoli al quale siamo debitori di molto
impegno nelle sue trasmissioni di argomento
storico, ma non si può perpetrare ancora
questo falso storico che furono solo i
partigiani a liberare l'Italia, offendendo in tal
modo i reduci ed i caduti con le stellette.
Claudio Sabatini
***
Vergogna! Questa mattina, 26.2.2009,
Minoli della TV di Stato, nel trattare la
Battaglia di Monte Cassino e la Linea Gustav,
ha ignorato completamente la conquista di
Monte Lungo da parte del nostro
Raggruppamento Motorizzato.
L’Abbazia dopo i bombardamenti del 1944
susseguentemente proprio il Corpo Italiano di
Liberazione rinforzato con reparti Alpini e
Paracadutisti sostituiva il Corpo di Spedizione
francese a Nord Est di Cassino e nel Maggio
del '44 contribuiva in misura notevole alla
rottura del fronte dopo un inverno terribile
Attacco a Monte Lungo
Agli smemorati rammentiamo che Monte
Lungo era considerato, da Kesserling, il più
saldo ed inespugnabile baluardo per sbarrare
la piana di Cassino è stato conquistato, il 16
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.25 di 32
Il Mondragone
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dicembre
1943
dal
Raggruppamento
Motorizzato e dalle Truppe Americane. Il
generale Clark, il 17 dicembre 1943, nel
telegramma inviato al generale Dapino,
Comandante
del
raggruppamento
motorizzato, scrive: ”Desidero congratularmi
con gli ufficiali ed i soldati al vostro comando
per il successo riportato nel loro attacco di ieri
a Monte Lungo, su quota 353. Questa azione
dimostra la determinazione dei soldati italiani
di liberare il loro Paese dalla dominazione
tedesca determinazione che può ben servire
come
esempio
ai
popoli
oppressi
dell’Europa”.
All’illustre giornalista consiglio la lettura
del libro “La riscossa dell’Esercito – Il Primo
Raggruppamento Motorizzato – Monte
Lungo”, dove troverà utili notizie ed i
riconoscimenti anche al principe Umberto di
Savoia (proposto per la Silver Star – non
concessa per opportunismo politico) e gli
apprezzamenti da parte da parte del
Comandante del II° Corpo USA “agli effetti
morali, la sua presenza fra le truppe, equivale
ad uno squadrone di carri armati”. Noi
Veterani della Guerra della Guerra di
Liberazione chiediamo la fine della vulgata,
che vuole l’Italia liberata dai Partigiani e
condanna all’oblio il sacrificio delle nostre
Forze Armate, con gli 87.000 Caduti, e degli
Alleati, con i loro 320.000 Caduti nella
Campagna d’Italia, ricordando che i
Partigiani, secondo Longo (un Popolo alla
Macchia) erano 130.000 e 150.000 secondo
Togliatti (Consiglio dei Ministri Giugno
1946).
MILITARI CADUTI nella Guerra di
Liberazione
Esercito:
76.000 (compresi 42.000 (morti
nei campi)
Marina:
9.000
Aviazione:
2.000
Totale:
87.000
Con la Celebrazione in Quirinale della
“Giornata del Ricordo”. Il Presidente Napolitano
ha sigillato la fine della congiura del silenzio
sulle Foibe. Con la Sua visita (25 aprile p.v.) al
Sacrario di Monte Lungo, dove le nostre Truppe
accesero la fiaccola della riscossa e fatto
germogliare l’Albero della verità, dovrebbe
sdoganare il contributo delle nostre Forze Armate
e quelle Alleate per liberare l’Italia e l’Europa
dal nazifascismo. Al Ministro della Pubblica
Istruzione, al Sindaco Alemanno ed tutti i sindaci,
la preghiera di far intervenire gli studenti alla
Celebrazione di Monte Lungo perché, visitando i
Cimiteri di tutte le Nazioni, si rendano conto
dell’immenso numero di vite spente e di mezzi
profusi per la conquista della libertà che hanno
avuto in dono, che la realtà storica sul Secondo
Risorgimento italiano è ben diversa da quella
appresa nelle Scuole
e soprattutto per
ringraziare il Presidente Napolitano per la Sua
iniziativa.
Giuseppe Valencich
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.26 di 32
Il Mondragone
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Colazione di Primavera - 18 aprile 2009
A Casal Romito
Hanno partecipato :
Padre Tiziano Repetto S.J.
Giuliano e Paola Mauro
Felice e Daniela Cafiero
Giuseppe e Maura Carafa Jacobini
Massimo e Manuela Carafa Jacobini
Carlo e Maria Conforti
Enrico ed Isabella Corsetti Antonini
Giuseppe e Gabriella de Carlo
Vincenzo Falzacappa
Lamberto Ferri Ricchi
Maria Massimo Lancellotti e Gabriele Fiastri
Mario Garofoli
Antonio e Franca Gnoni Mavarelli
Piero ed Helene Marchetti
Ferdinando e Maresti Massimo
Giorgio e Augusto Melucco
Giuseppe Moroni Fiori
Roberto e Patrizia Nobiloni
Franco Sanvoisin
Tommaso ed Ada Sinibaldi
Vittorio e Nilla Spadorcia
Orazio e Giulia Tarantini Pastore
Francesco ed Antonella Tarantini Pastore
Fabio e Ludovico Valerj
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.27 di 32
Il Mondragone
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POSTA RICEVUTA
Egregio.Signor.Spadorcia,
per caso mi sono imbattuto nel sito del Collegio
Mondragone, sempre nominato dai componenti più
anziani della mia famiglia, rendendolo quasi un
baluardo e un simbolo di qualcosa che non c'è più.
Non posso negarle che lo sfogliare le varie pagine
non è stato per me privo di emozione ma, ritrovandomi
vis à vis, davanti la foto di un parente il sentimento è
sicuramente cresciuto. Ovviamente la mia già presente
curiosità è stata fomentata da questa casuale scoperta
portandomi a ricercare, con inaspettati risultati, altro
ancora.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa
vengo.subito.al.punto.
Le scrivo per chiederle se fosse possibile ricevere
via e-mail delle copie aventi una migliore risoluzione
delle foto in cui figurano: Giovanni Gagliardi
(Gagliardo) di Cottonaro (entrato in collegio nel 1881),
PS:
Sono alla ricerca, da tempo, del collegio in cui
studiò il mio bisnonno, ma non riesco non avendo
notizie sul nome di detto istituto a trovare alcunché. Se
lei potesse essermi d'aiuto in qualche modo le sarei
molto grato.
Il Collegio si trovava a Pisa e vi erano presenti
anche il Ginnasio e il Liceo. Pensavo fosse il Collegio
Le Querce, in quanto abbastanza frequentato da altri
componenti della famiglia, ma essendo in provincia di
Firenze e non Pisa l'ho subito cestinato.
***
Salve,
sono la figlia di uno dei vostri ex allievi, Antonio
Sabatinelli, da voi nel 1945. Ho trovato per caso
navigando su internet le foto degli alunni e così quella
di mio padre, morto nel 2004. Mi piacerebbe sapere se
siete in possesso di altre foto di mio padre, se sì vi
pregherei di spedirmele per avere un ricordo di quando
era studente, ho ben poche immagini di quel periodo.
Vi ringrazio
Francesca Sabatinelli
Antonio Sabatinelli 1945
Giovanni Gagliardi 1881
Rodolfo Rampolla di Polizzello (in collegio nel 1882)
e Vincenzo
Sgadari
(entrato
nel
1880).
Sarebbe per me una grandissima gioia avere un
responso positivo ma, qualora non fosse, la prego
comunque.di.informarmi.
In attesa e fiducioso in una Sua pronta risposta colgo
l'occasione per porgerle cordiali.saluti,
Alessio Maria Camarda-Signorino
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.28 di 32
Gent.ma D.ssa Francesca,
le allego la prima foto che ho ricevuto da Alberto
Solito compagno di scuola di papà Antonio
Sabatinelli che dovrebbe essere il terzo in basso
da sinistra.
La foto è stata scattata il 15 giugno 1946 ed è la
camerata dei mezzani.
Distinti saluti
V. S.
***
Il Mondragone
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Camerata dei Mezzani anno 1945-46
Egregio Dott. Spadorcia
davvero non so come ringraziarla per la sua
gentilezza, proprio ieri ho ricevuto la vostra
pubblicazione che, confesso, ancora non sono riuscita
a sfogliare per mancanza di tempo. Adesso ho appena
ricevuto la foto, la prego vivamente di ringraziare
Alberto Solito per la sua gran cortesia. Spero di
incontrarla presto, chissà magari anche prima del
pranzo di giugno, al quale sin da ora le dico che non
mancherò.
Grazie ancora
cari saluti
Francesca
prossimo raduno degli EX. Chissà che davvero non
possa parteciparvi...e grazie molto per il futuro invio di
notizie.
Approfitto per chiedere notizie di un mio compagno
di classe Pietro Naitana, col quale ero molto amico.
Spero non gli sia successo niente di male.
Vorrei anche entrare nella Associazione Ex Alunni,
e se vi sono spese o formalità da effettuare, ti prego di
farmelo sapere.
Ti ringrazio ancora, e augurandomi di poterti
incontrare a Roma, ti invio i miei saluti più cordiali.
19,1.2009
Dr Luigi Cafiero
Benabbia Svizzera
( in collegio dal 1935 al 1937)
***
Sono un ex-alunno "ritrovato" da Roberto
Nobiloni, che mi ha segnalato il sito(bello e
commovente, complimenti!) e mi ha suggerito di
scriverLe.
Sarei lieto di tenermi in contatto e partecipare alle
attività della Associazione.
Con i migliori saluti
***
Caro Vittorio
con immensa sorpresa e gioia - grazie a te - ho
ricevuto stamane la grande busta del nostro
indimenticabile Collegio. Ho passato la mattinata in tua
compagnia insieme con tanti altri indimenticati,
indimenticabili nomi e visi di carissimi compagni, di
bellissimi anni !
Ricordo Mondragone come qualcosa di unico, oggi
inimmaginabile, inarrivabile....una palestra di sana
educazione, una temperie di storia, classicità, serietà,
onestà...una forgia di persona perbene e valide.
Te ne ringrazio davvero sinceramente !
Tommaso Sinibaldi
(in collegio dal 1952 al 1953)
***
Sono
Roberto
Nobiloni,
in
collegio
(semiconvittore) dal 1950 al 1953 nella camerata
"piccolissimi".
Cosa debbo fare per iscrivermi all'Associazione ex
alunni ?
Grazie sin da ora.
Roberto Nobiloni
***
Luigi Cafiero1935
Per me, ormai felicemente ottantaquattrenne, sarebbe
un po' un problema venire fino a Frascati, però ti sarei
assai grato se mi facessi poi conoscere la data del
_______________________________________________________________________________________________
Edizione n° 17 – giugno 09 pag.29 di 32
Il Mondragone
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Gentile Staff di COLLEGIOMONDRAGONE,
Ennio de Angelis
(in collegio dal 1946 al 1950)
***
L'Ing. Gastone Fiorelli
nato il 19 gennaio 1919
è il nuovo decano della Associazione
In collegio dal 1927 al 1936
Rallegramenti a Gastone!
Luciano Koch
***
Prego di porgere i più cari Auguri a Gastone
anche da parte di mia moglie.
Ho fatto in modo di poter essere presente il
prossimo 7 giugno alla riunione degli Ex a presto
Cari Saluti agli amici
Giovanni Sambucci
***
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.30 di 32
Abbiamo visitato il Vs/ sito sul web
http://www.collegiomondragone.com e dato che
lo reputiamo molto interessante ed utile anche per
i ns visitatori, saremo lieti di poter partecipare
reciprocamente ad uno scambio link gratuito tra i
ns siti web, preferibilmente nelle rispettive
"home-page".
Vogliamo presentarVi la ns realtà per questa
eventuale collaborazione: la ns libreria è
specializzata da oltre 30 anni nella vendita di
pubblicazioni turistiche cartografiche e da 6 anni
il ns portale www.maps-store.it conta più di 4000
accessi unici ogni giorno (fonte Google
Analytics). Siamo inoltre rivenditori autorizzati e
web-partner di Michelin, Touring Club "homepage" di Maps-Store.it, Vi preghiamo di
contattarci Italiano e dell'Istituto Geografico
Militare.
Vi
ricordiamo
che
potete
aggiungere
gratuitamente un link al Vs sito web su MapsStore.it collegandoVi a http://www.mapsstore.it/links.asp?cmd=form,
mentre se desiderate aggiungere gratis un link al
Vs sito web nella direttamente a [email protected]
;
Infine, al seguente indirizzo, potete trovare le
informazioni ed il codice HTML necessario per
aggiungere un link a Maps-Store.it sul Vs sito
web:
http://www.maps-store.it/links-mapsasp
Rimaniamo in attesa di una Vs cortese risposta e
ringraziandoVi per l'attenzione,
Vi porgiamo cordiali saluti,
Giovanni
Maps-Store Staff
***
Caro Presidente,
mi dispiace di non poter essere alla colazione con
voi ma spero di vederci in un'altra occasione.
Per l'Abruzzo, la nostra Fondazione di famiglia ha
messo in palio 5 borse di studio da 2.000,00 Euro
ciascuna per orfani del terremoto che hanno
conseguito buoni risultati negli studi.
Cordiali saluti.
Francesco Zerbi
(in collegio dal 1946 al 1947)
Il Mondragone
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“INNO
A MONDRAGONE”
Sulla Home page del nostro sito potrete ascoltare la registrazione sonora del 1937 dell’Inno eseguito dal
coro dei convittori e all’organo Padre De Giudici Albergotti S.J.
Di Mondragone fervida noi siam la giovinezza,
i nostri occhi brillano fulgenti di gaiezza.
Un ideal ci guida, infiamma il nostro cuor:
farsi ovunque onor con virtù e lavor.
Di nuova luce splendono la nostra mente e il cuor,
i verdi colli echeggiano di giovanil ardor.
Noi siam di Mondragone la speme ed il decoro,
orsù leviam con giubilo un cantico d’amor…
Ai lettori di questo giornale farà forse piacere la
notizia che, tra i documenti dell’Archivio della
Chiesa del Gesù (l’Archivio contiene i documenti
della Curia Provincializia e relativi alle cose e ai
collegi dell’Istituto Centrale - o Provincia
Romana – dei sec. 19° e 20°, a partire dal 1830)
si trova un manoscritto musicale autografo del P.
Alessandro De Giudici Albergotti, contenente un
“Inno a Mondragone”.
Il testo, presumibilmente dello stesso autore,
consiste in un poemetto di 8 versi; la musica è in
tempo di marcia molto gioioso e si presenta nella
versione di coro a una sola voce accompagnato
dal solo organo, oppure da un organico composto
da violino 1° e 2°, viola, violoncello, contrabasso,
flicorno-tenore 1° e 2°.
Questa notizia è stata fornita alla scrivente, sorella
di due “ex” dal P. Vincenzo Pellicciotta, attuale
Archivista, nella fase di ordinamento dei circa
1.500 manoscritti musicali che si trovano nel
suddetto Archivio, relativi all’attività liturgicomusicale della “Cappella Farnesiana”, istituzione
adibita all’assistenza musicale del servizio
liturgico (Messe, liturgia delle ore, funzioni varie)
della stessa Chiesa del Gesù, che ha sempre
dimostrato, nel corso della propria storia
centenaria, una esplicita attenzione alla qualità
della musica ivi eseguita, come risulta da
importanti studi svolti sull’argomento, (tra i più
importanti: T.D. Culley…Jesuits and music…;
G.Gixon: Musical activity in the Churc of the
Gesù; G. Pastina: Teatro dei Gesuiti; R.
Casimiri: Maestri di Cappella e Disciplina
musicale; G.Villoslada:.documento sopra la
musica en el antiguo Seminario Romano etc.) e
dalla scelta dei musicisti di volta in volta chiamati
al compito di “Maestri di Cappella” della Chiesa
stessa.
Il lavoro di inventariazione, condotto da chi scrive
insieme al P. Pellicciotta, è tuttora in corso e
potrà, al suo completamento, contribuire a fornire
una conoscenza sull’importanza musicale della
Cappella Farnesiana e sul suo rapporto con le altre
numerose e famose Cappelle Musicali Romane.
Per tornare al nostro Inno, di cui trascrivo il
nostalgico testo, mi auguro che, tra gli “ex” più
sensibili, oltre che…più intonati, sorga il desiderio
di farlo rivivere, in occasione di qualche
ricorrenza sociale, mediante una sicuramente
meritata e meritoria esecuzione.
Anna Pia Sciolari
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Edizione n° 17 – giugno 09 pag.31 di 32
Il Mondragone
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Re d a z i o ne e d e di t i ng a c ur a d i Vi t t o r i o S pa d o r c i a e Ro l a ndo To na r e l l i
Edizione n° 17 –giugno ‘09 pag.32 di 32