Quesiti selezionati dall`Agenzia delle Entrate

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Quesiti selezionati dall’Agenzia delle Entrate
AREA RIVALUTAZIONE DEGLI IMMOBILI
Quesito n. 1
Rivalutazione immobiliare
- scorporo del valore del terreno da quello del fabbricato
Una società detiene un capannone industriale, in cui svolge la propria attività, che è iscritto nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2007. L’area sulla quale insiste il fabbricato, secondo
quanto stabilito dal piano regolatore, è da considerarsi “edificabile”. La società decide di procedere alla rivalutazione ai sensi dell’articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008. Alla luce
di quanto stabilito dalla circolare 11/E del 2009, in tema di scorporo del valore del terreno
da quello del fabbricato, si pone il seguente dubbio:
a) se procedere alla rivalutazione del capannone e del terreno sottostante, applicando
l’aliquota del 3 per cento sul maggior valore del fabbricato e dell’1,5 per cento sul
maggior valore del terreno,
oppure
b) se procedere alla rivalutazione del solo capannone, in quanto l’area sulla quale insiste
il fabbricato è considerata “edificabile” dal piano regolatore e quindi non rientra fra i
beni sui quali è possibile effettuare la rivalutazione ai sensi di quanto disposto dal citato
articolo 15.
Risposta
Come chiarito nel paragrafo 1 della circolare numero 22/E del 2009, oltre ai fabbricati possono essere rivalutate anche le aree occupate dalla costruzione e quelle che costituiscono
pertinenza che andranno comprese nella categoria omogenea degli immobili non ammortizzabili. Nel caso descritto nel quesito il contribuente potrà decidere di rivalutare: la sola area;
il solo fabbricato che, se strumentale, dovrà essere compreso nella categoria degli immobili
ammortizzabili; ovvero entrambi (area e fabbricato) applicando, ai maggiori valori, le aliquote corrispondenti. Si ribadisce che, indipendentemente dalla scelta operata, la società
dovrà rivalutare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea.
Quesito n. 2
Rivalutazione immobiliare
- scorporo del valore del terreno da quello del fabbricato
La società XY S.r.l. possiede un fabbricato strumentale (uso ufficio) acquistato nel 1973 al
prezzo di lire 50.000.000 (euro 25.822,84).
In conformità a quanto disposto dall’articolo 36, commi 7, 7-bis e 8 del decreto legge n.
223 del 2006, la società - nel periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006 - ha scorporato
dal suddetto valore la quota parte di costo riferita all’area sottostante e pertinenziale. Ciò
ha comportato la valorizzazione dell’area in euro 5.164,57 (pari al 20 per cento del costo
totale).
Il costo d’acquisto “netto” del fabbricato, determinato ai sensi del predetto articolo 36, in
euro 20.658,27 (25.822,84 - 5.164,57), nell’arco temporale 1973-2006 ha subìto un aumento dovuto al sostenimento di spese incrementative (lavori di trasformazione) e all’effettuazione di rivalutazioni (ex legge n. 576 del 1975 e legge n. 72 del 1983).
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La situazione contabile alla data del 31 dicembre 2008, dunque, è la seguente:
•
valore del fabbricato: euro 214.327,99;
•
valore dell’area: euro 5.164,57.
Una perizia recentemente commissionata dal legale rappresentante della società ha evidenziato un valore normale del bene (fabbricato più area) attestabile in circa euro 900.000,00.
La società, volendo procedere alla rivalutazione di cui all’articolo 15 del decreto legge n. 185
del 2008, chiede quale sia, nel caso di specie, il valore da attribuire al terreno a seguito della
rivalutazione alla luce di quanto stabilito dalla circolare n. 11/E del 2009, che ha ritenuto
necessario lo scorporo “anche ai fini della rivalutazione in esame”.
Risposta
La circolare n. 22/E del 2009 (paragrafo 3) ha chiarito che nell’ipotesi in cui si intenda rivalutare sia il fabbricato che l’area sottostante o di pertinenza (ovvero rivalutare la sola area
o il solo fabbricato) - considerato che i predetti beni sono classificati in categorie omogenee
differenti - occorre necessariamente individuare distinti valori di rivalutazione (che sono
determinati sulla base del “valore corrente” o del “valore interno” dei singoli beni) riferibili
rispettivamente al fabbricato e all’area. Ciò in quanto l’articolo 11 della legge n. 342 del
2000 - espressamente richiamato dal comma 23 dell’articolo 15 del decreto legge n. 185 del
2008 - richiede che il valore dei beni (che nel caso in esame sono rappresentati dall’area e
dal fabbricato) non superi, a seguito della rivalutazione, il valore effettivamente attribuibile
sulla base del criterio del “valore corrente” o del “valore interno”.
In pratica è necessario che il maggior valore da attribuire al fabbricato o all’area sia individuato sulla base di una perizia di stima o di altro metodo che individui distinti valori correnti
dei beni o sulla base di una valutazione degli amministratori che individui distinti valori
interni.
Nell’ipotesi di rivalutazione con rilevanza anche fiscale, i maggiori valori attribuiti distintamente al terreno e al fabbricato sulla base dei predetti criteri possono incrementare il
precedente valore fiscale dei medesimi, come a suo tempo determinato per effetto dell’applicazione dell’articolo 36, commi 7, 7-bis e 8 del decreto legge n. 223 del 2006.
In particolare, la rivalutazione a valore “corrente” o “interno” dell’area potrà comportare un
incremento del valore già determinato (euro 5.164,57) in applicazione dei criteri di cui al
citato articolo 36 (nel caso di specie mediante scorporo forfetario).
Quesito n. 4
Si chiede conferma di poter utilizzare il metodo che prevede contemporaneamente l’aumento del costo del bene e la riduzione del fondo.
Risposta
Come già chiarito nella circolare n. 22/E del 2009 e coerentemente con quanto affermato
nella circolare n. 57/E del 2002, si precisa che i diversi metodi di rivalutazione possono
essere utilizzati anche contestualmente per rivalutare il medesimo bene (vedasi l’esemplificazione riportata al paragrafo 3 della citata circolare n. 22/E).
Per dare rilievo alla rivalutazione massima consentita, quindi, il contribuente può, ad esempio, ridurre il fondo ammortamento ed incrementare contemporaneamente il costo storico
del cespite (sempre nel rispetto del limite economico della rivalutazione).
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Quesito n. 5
Rivalutazione immobili
Nel caso in cui la perizia fatta volontariamente per rivalutare il valore di un fabbricato industriale non riporti distintamente quale valore sia attribuibile al fabbricato e quale all’area
sottostante, la ripartizione va fatta proporzionalmente ai sensi dell’articolo 36 del decreto
legge n. 223 del 2006 (cioè il 30 per cento del valore all’area e il 70 per cento al fabbricato
industriale)?
Risposta
La risposta è negativa. Il maggior valore attribuibile all’immobile in sede di rivalutazione
non può essere ripartito tra il fabbricato e l’area sottostante applicando la regola forfetaria
prevista nell’articolo 36 del decreto legge n. 223 del 2006. Tale regola, introdotta per la
determinazione del valore dell’area (rappresentativa della quota non ammortizzabile del
costo complessivo dell’immobile), va effettuata una sola volta prendendo a riferimento i dati
esposti nel bilancio relativo all’anno di acquisto ovvero nell’ultimo bilancio approvato prima
del 4 luglio 2006. L’importo così determinato non sarà quindi più influenzato dalle successive vicende che possano interessare l’immobile (cfr circolare n. 1 del 2007” paragrafo 7.3).
La circolare n. 22/E del 2009 (paragrafo 3) ha chiarito che nell’ipotesi in cui si intenda rivalutare sia il fabbricato che l’area sottostante o di pertinenza (ovvero rivalutare la sola area
o il solo fabbricato) - considerato che i predetti beni sono classificati in categorie omogenee
differenti - occorre necessariamente individuare distinti valori di rivalutazione (che sono
determinati sulla base del “valore corrente” o del “valore interno” dei singoli beni) riferibili
rispettivamente al fabbricato e all’area.
In pratica è necessario che il maggior valore da attribuire al fabbricato o all’area sia individuato sulla base di una perizia di stima o di altro metodo che individui distinti valori correnti
dei beni o, comunque, sulla base di una valutazione degli amministratori che individui distinti valori interni.
Quesito n. 6
Rivalutazione immobili
In relazione alla rivalutazione degli immobili con rilevanza solo civilistica, introdotta con l’articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, si chiedono chiarimenti in merito al trattamento
della riserva da rivalutazione per le società trasparenti in caso di rivalutazione con rilevanza
solo civilistica.
Risposta
Come già precisato nel paragrafo 5 della circolare n. 22/E del 2009, nella particolare ipotesi di rivalutazione effettuata da una società che ha esercitato l’opzione per la trasparenza
fiscale trova applicazione l’articolo 8 del DM 23 aprile 2004, secondo cui le riserve di utili
formatesi nei periodi in cui ha efficacia l’opzione, ove distribuite, non concorrono a formare
il reddito dei soci anche nel caso in cui le predette distribuzioni avvengano successivamente
ai periodi di efficacia dell’opzione.
Ne deriva che la distribuzione del saldo attivo, riferibile ad un maggior valore iscritto in
bilancio senza rilevanza fiscale nel periodo di applicazione del regime di trasparenza, non
concorre a formare il reddito dei soci anche se la distribuzione avviene successivamente ai
periodi di efficacia dell’opzione.
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AREA IRAP
Quesito n. 9
Una società, operante nel settore dell’industria meccanica, cede il capannone industriale e
realizza un’ingente plusvalenza di natura “straordinaria”, in quanto derivante da un processo di ristrutturazione e ridimensionamento produttivo (cfr. OIC 1). Conseguentemente tale
plusvalenza è stata iscritta, secondo corretti principi contabili, nella voce E20) del conto
economico, che, come noto, è esclusa dalla base imponibile IRAP.
Ciò posto, alla luce delle modifiche apportate alla disciplina IRAP (in particolare, con riferimento all’articolo 5 e all’abrogazione del comma 3 del successivo articolo 11), si chiede
se tale componente positivo di reddito debba comunque concorrere alla base imponibile
dell’IRAP.
Risposta
L’articolo 1, comma 50, della legge finanziaria per il 2008 che, a decorrere dal periodo
d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, disciplina con nuovi criteri la
determinazione della base imponibile IRAP, ha soppresso il comma 3 dell’articolo 11 del
d.lgs. n. 446 del 1997. In base a tale disposizione, le plusvalenze/munusvalenze relative a
beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda concorrevano, in
ogni caso, alla formazione della base imponibile IRAP.
Sebbene tale previsione non sia stata espressamente riprodotta nel novellato articolo 5
del decreto IRAP (disciplinante la base imponibile IRAP delle società di capitali e degli enti
commerciali), si ritiene che le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni strumentali, se
non realizzate in sede di cessione d’azienda, restino imponibili come nella disciplina vigente
ante riforma.
Una diversa soluzione interpretativa non sarebbe infatti coerente:
•
con la disposizione inserita negli articoli 5, 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997, secondo
cui “le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al
cui scambio è diretta l’attività dell’impresa concorrono in ogni caso alla formazione del
valore della produzione”;
•
con la prevista deduzione delle quote di ammortamento relative a tali beni.
In buona sostanza, non sarebbe coerente un sistema in cui assumono rilievo le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili patrimoniali e non anche quelle derivanti dalla
cessione dei beni strumentali che ordinariamente partecipano al processo produttivo. Né si
può trascurare la circostanza che le componenti reddituali che si contabilizzano in sede di
realizzo dei beni strumentali sono indirettamente collegate a costi che hanno concorso alla
formazione della base imponibile IRAP nei periodi d’imposta precedenti, attraverso quote di
ammortamento.
Tale impostazione risulta applicabile anche ai soggetti IAS adopter i quali devono assumere,
ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, le “voci del valore e dei costi della
produzione corrispondenti a quelle indicate nel comma 1” (cfr. articolo 5, comma 2, del
decreto IRAP).
Con riferimento al caso di specie, ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, la
società dovrà effettuare una variazione in aumento pari all’importo della plusvalenza indicato nella voce E20) del conto economico.
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Quesito n. 10
Una S.r.l. vorrebbe beneficiare della deduzione forfetaria del 10 per cento dell’IRAP dall’IRES, come stabilito nell’articolo 6, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n.
185, ma presenta in bilancio, come unico costo assimilato a quello di lavoro dipendente,
i compensi degli amministratori, contabilizzato alla voce “B7) Costi per servizi” del conto
economico. È possibile beneficiare della deduzione in questo caso?
Risposta
L’articolo 6, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, stabilisce la parziale
deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive,
che colpisce, tra l’altro, il costo del lavoro e gli oneri per interessi sostenuti dalle imprese
e dai professionisti. La deduzione, prevista in deroga all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo n. 446 del 1997, è stabilita in misura pari al 10 per cento dell’IRAP versata nel
periodo di imposta di riferimento. La deduzione è riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati (al netto degli interessi attivi e proventi assimilati) ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato (al netto delle deduzioni
spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis), 4-bis), 4-bis).1 del decreto
legislativo n. 446 del 1997. Come chiarito nella recente circolare del 14 aprile 2009, n. 16,
al fine di semplificare la modalità di determinazione della deduzione dell’IRAP, il riferimento
ai costi per interessi passivi ed alle spese per il personale dipendente/assimilato non deve
essere inteso in termini analitici ma forfetari. Per la determinazione della deduzione non è
quindi necessario procedere al calcolo analitico della quota di IRAP riferibile a tali componenti; è necessario, invece, che nei periodi d’imposta cui si riferisce il versamento, a saldo
o in acconto, i predetti oneri per il personale e per interessi passivi abbiano concorso alla
formazione della base imponibile IRAP (nel senso che siano stati tassati ai fini del tributo).
Tenuto conto della locuzione utilizzata dal legislatore nel citato articolo 6, che fa riferimento
alle “spese per il personale dipendente e assimilato”, si ritiene che i compensi corrisposti
agli amministratori, in quanto assimilabili - sotto il profilo fiscale - alle spese per il personale dipendente, assumano rilevanza ai fini della norma in esame. Si precisa, al riguardo,
che ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR si considerano assimilabili al
reddito di lavoro dipendente soltanto le retribuzioni percepite per prestazioni non rientranti
“nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’art. 53, comma 1, concernente redditi di lavoro
autonomo, esercitate dal contribuente”.
In tale ultima ipotesi, infatti, il compenso erogato non risulterebbe rilevante ai fini della
deduzione forfetaria dall’IRES in quanto costo integralmente deducibile, ai fini IRAP, per la
società che lo sostenuto e componente di reddito tassato per il soggetto passivo d’imposta
che lo ha percepito.
Quesito n. 11
In base alla nuova disciplina IRAP, non assumono più rilevanza, ai fini della determinazione
della base imponibile IRAP, le variazioni in aumento e diminuzione previste ai fini IRES. Esiste però un dubbio in merito al comportamento da tenere ai fini IRAP con riferimento agli
accantonamenti ai fondi rischi (indicati nei righi B12 o B13 del conto economico, non rilevanti ai fini del tributo regionale) nel momento in cui il costo, per il quale era stato appostato
il fondo rischi, assume certezza nell’”an” e nel “quantum” e assume quindi rilevanza ai fini
delle imposte sui redditi.
Risposta
L’articolo 5 del d. lgs. n. 446 del 1997 esclude la deducibilità degli accantonamenti per rischi
ed oneri indicati nelle voci B12) e B13) del conto economico. Come chiarito nella circolare
del 19 febbraio 2008, n. 12, trattandosi di poste di natura estimativa non devono assumere
rilevanza nella determinazione della base imponibile IRAP anche qualora fossero imputate
in voci diverse del conto economico. Ciò non toglie che i corrispondenti costi risulteranno
deducibili ai fini del tributo al momento dell’effettivo sostenimento ancorché non espressa-
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mente risultanti nella relativa voce del conto economico per effetto dell’utilizzo del fondo
iscritto nel passivo dello stato patrimoniale. Ciò a condizione, naturalmente, che le spese
sostenute siano riconducibili a voci dell’aggregato B rilevanti nella determinazione della
base imponibile IRAP.
Pertanto, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposta, al momento dell’utilizzo diretto del
fondo sarà necessario operare in sede di dichiarazione una variazione in diminuzione pari
al costo sostenuto ma non transitato a conto economico. Le stesse considerazioni valgono
nel caso di stralcio del fondo in ipotesi di esubero dello stesso o per il venir meno del rischio
di sostenimento del costo, al fine di sterilizzare l’eventuale sopravvenienza attiva imputata
nella voce A5 del conto economico.
Quesito n. 12
Nella circolare IRAP sul cuneo fiscale era stato scritto che i contributi deducibili erano quelli
versati (punto 1.2.2., circolare 61 del 2007) e ciò appare in contrasto con il concetto di costo a carico dell’impresa espresso nello stesso punto della circolare. Si chiede conferma che
la deduzione sia parametrata ai contributi a carico del datore di lavoro indipendentemente
dal loro versamento. Il dubbio riguarda anche la tredicesima (al punto 1.4 della circolare si
legge “corrisposta nel mese di dicembre”) e i premi di produzione.
Risposta
Si conferma che, ai fini del riconoscimento della deduzione IRAP relativa ai contributi assistenziali e previdenziali, di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), n. 4, del decreto legislativo n. 446 del 1997, occorre fare riferimento al costo sostenuto dal datore di lavoro in
relazione al personale dipendente impiegato a tempo indeterminato nel periodo d’imposta.
Quesito n. 13
Con la circolare 50 del 2008 è stato affermato che, ai fini IRAP, i valori risultanti dal quadro
EC si considerano affrancati alla data del 1 gennaio 2008. Si chiede conferma del fatto che
la quota parte del valore da assoggettare a tassazione (1/6) sia da riferire al valore esistente
al 31 dicembre 2007 nel quadro EC indipendentemente dagli accadimenti successivi che
possono creare svantaggi o vantaggi per il contribuente o l’amministrazione.
Risposta
L’articolo 1, comma 51, della legge finanziaria per il 2008 ha previsto che – in caso di mancato esercizio dell’opzione per il riallineamento dei valori civili e fiscali di cui al comma 48
dello stesso articolo 1 - l’ammontare complessivo dei componenti negativi dedotti extracontabilmente dalla base imponibile IRAP tramite l’utilizzo del prospetto EC del modello unico
e non ancora riassorbiti al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, è
assoggettato a tassazione in sei quote costanti.
Nella circolare n. 50 del 2008 è stato precisato che, in conformità all’esigenza di “semplificare le regole di determinazione della base imponibile” dell’IRAP e “di separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito” manifestata dal
legislatore, le eccedenze dedotte extracontabilmente fino al periodo d’imposta in corso al
31 dicembre 2007 si considerano complessivamente affrancate e riconosciute già a partire
dal 1° gennaio 2008, anche se il recupero a tassazione avverrà in sei quote costanti con il
corrispondente svincolo graduale delle riserve in sospensione.
Si conferma, pertanto, che, ai fini IRAP, la differenza tra il valore civile ed il valore fiscale
degli elementi patrimoniali generata da deduzioni extracontabili ed esistente alla chiusura
del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 “è recuperato a tassazione in sei quote
costanti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla suddetta data del
31 dicembre 2007”.
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Quesito n. 14
La legge finanziaria per il 2008 ha abrogato il comma 2 dell’articolo 11 del decreto IRAP
che stabiliva la deducibilità delle “somme erogate a terzi per l’acquisizione di beni e servizi
destinati alla generalità o a categorie dei dipendenti e dei collaboratori e quelle erogate ai
dipendenti e collaboratori medesimi a titolo di rimborso analitico di spese sostenute nel
compimento delle loro mansioni lavorative”. Per effetto delle modifiche apportate alla disciplina IRAP, tali componenti continuano ad essere rilevanti ai fini della determinazione della
base imponibile?
Risposta
L’abrogazione del comma 2 dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (disposizione che era stata introdotta con il decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 506) risponde
alla volontà legislativa di attuare una semplificazione del testo normativo eliminando una
regola già desumibile sulla base di una ricostruzione sistematica della disciplina.
L’impianto normativo dell’IRAP assicura, infatti, la simmetria tra la tassazione dei ricavi in
capo ai soggetti che cedono i beni e prestano i servizi e la deduzione dei relativi costi da
parte dell’impresa datrice di lavoro.
In tale ottica sono stati, di conseguenza, resi indeducibili in capo al soggetto passivo IRAP
quei costi che non costituiscono, ai fini del tributo, componenti positivi imponibili per il
soggetto percettore. Tali sono, ad esempio, i costi sostenuti nell’esercizio per il personale
dipendente ed assimilato inclusi nella voce B9) del conto economico. Si ricorda che questi
costi, per espressa previsione normativa, non sono comunque ammessi in deduzione anche
qualora fossero classificati in una voce diversa del bilancio (cfr. articolo 5, comma 3, e articolo 7, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997).
Ciò premesso, si ritiene che le spese sostenute dall’azienda per acquisire beni e servizi
da destinare ai dipendenti per lo svolgimento dell’attività lavorativa continuino ad essere
deducibili nella misura in cui costituiscono spese funzionali allo svolgimento dell’attività di
impresa e non hanno natura retributiva per il dipendente.
A titolo esemplificativo, rientrano tra i costi deducibili quelli sostenuti per l’acquisto di tute
e scarpe da lavoro; per i corsi di aggiornamento professionale, per i servizi di mensa e di
trasporto collettivo dei dipendenti; quelle erogate a terzi dal datore di lavoro per il viaggio,
il vitto e l’alloggio dei dipendenti o dei collaboratori in occasione di trasferte; i rimborsi analitici delle spese di vitto, di alloggio e di viaggio anticipate dal dipendente o dal collaboratore
in occasione delle trasferte.
Restano indeducibili, come nella previgente formulazione della norma, le somme erogate al
dipendente o al collaboratore a titolo di indennità e tutti gli altri elementi che compongono
la retribuzione lorda (come le indennità di trasferta, le indennità di mancato preavviso, le
indennità per rischio, i premi aziendali, etc.).
INTERESSI PASSIVI
Quesito n. 15
Sconti di cassa o “pronto cassa” ottenuti a fronte del pagamento anticipato di fatture – computabili tra i proventi finanziari rilevanti per applicazione articolo 96 del TUIR?
Si chiede se sia corretto computare tra i proventi finanziari rilevanti ai fini dell’applicazione
dell’articolo 96 del TUIR gli sconti di cassa o “pronto cassa”, ottenuti a fronte del pagamento
anticipato di fatture.
Risposta
Ai fini dell’individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione della disciplina fiscale degli
interessi passivi, il comma 3 dell’articolo 96 del TUIR stabilisce che assumono rilevanza gli
interessi attivi e passivi (nonché gli oneri e proventi assimilati) che derivano da rapporti
aventi causa finanziaria. Con particolare riferimento agli sconti di cassa o “pronto cassa” si
precisa che gli stessi, contrariamente agli sconti di natura commerciale (ad esempio, sconti
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di quantità) che devono essere rilevati in fattura e che costituiscono rettifiche di ricavi, sono
iscritti in bilancio alle voci C16 ovvero C17, fra i proventi e gli oneri finanziari, a seconda
che siano attivi ovvero passivi e non devono essere indicati in fattura. Da un punto di vista
fiscale, la Circolare n. 141/E del 4 giugno 1998 qualifica detti sconti come oneri finanziari.
Pertanto, in linea generale detti oneri dovrebbero rientrare nell’ambito applicativo dell’articolo 96 del TUIR. Tuttavia, occorre tener presente che, ai sensi dello stesso comma 3
dell’articolo 96, gli interessi passivi (inclusi quelli impliciti) derivanti da rapporti di natura
commerciale non assumono rilevanza ai fini della norma in commento. Al contrario, gli
interessi attivi che derivano dai crediti di natura commerciale sono sempre rilevanti per la
determinazione degli interessi passivi deducibili (cfr. paragrafo 2.2.1 della Circolare n. 19/E
del 21 aprile 2009).
Ciò posto, considerato che gli oneri e i proventi derivanti dall’applicazione di sconti di natura
finanziaria hanno origine da rapporti di natura commerciale, si ritiene che gli stessi debbano
soggiacere alla disposizione appena sopra citata. Di conseguenza, gli sconti attivi “pronto
cassa” assumeranno rilevanza ai fini del calcolo dell’ammontare degli interessi passivi indeducibili di cui all’articolo 96 del TUIR mentre, al contrario, gli sconti “pronto cassa” passivi
dovranno considerarsi esclusi dalla disciplina in commento.
Quesito n. 16
Deducibilità interessi passivi: compilazione quadro RF119
Le istruzioni ministeriali prevedono che nel rigo RF119 colonna 1 debba essere inserito il
valore corrispondente al risultato operativo lordo con esclusione delle voci di cui al n.10 lett.
a) e b) e dei canoni di locazione finanziaria dei beni strumentali come risultanti dal conto
economico. Nel caso in cui tale risultato operativo risulti negativo quale valore deve essere
inserito?
Risposta
Il comma 1 dell’articolo 96 del TUIR consente di dedurre gli interessi passivi e gli oneri assimilati sino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L’eventuale eccedenza
di interessi passivi può essere dedotta sino al limite del 30 per cento del Risultato Operativo
Lordo della gestione caratteristica dell’impresa (ROL).
Va da sé che nel caso in cui il predetto ROL assuma un valore pari o inferiore allo zero l’eccedenza di interessi passivi rispetto a quelli attivi risulterà interamente indeducibile.
Come noto, ai sensi del comma 34 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007n. 244, “per il
primo ed il secondo periodo di imposta di applicazione il limite di deducibilità degli interessi
passivi è aumentato di un importo pari, rispettivamente, a 10.000 e 5.000 euro”. Ciò comporta che per i primi due periodi di imposta di applicazione delle nuove disposizioni è, pertanto, possibile beneficiare di una franchigia di deducibilità immediata degli interessi passivi
(assunti al netto di quelli attivi) per un ammontare non superiore ai predetti importi. In sostanza, come chiarito nella Circolare n. 19/E del 21 aprile 2009, par. 2, nei predetti periodi di
imposta gli interessi passivi sono anzitutto deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi;
l’eventuale eccedenza è, comunque, deducibile fino a concorrenza dell’importo di 10.000 e
5.000 euro, rispettivamente per il primo ed il secondo periodo di imposta; l’eventuale ulteriore eccedenza rimane, in ogni caso, deducibile nel limite del 30 per cento del ROL.
In altri termini, detta deduzione spetta in ogni caso ed indipendentemente dall’ammontare
del ROL.
Nel caso in cui l’ammontare degli interessi passivi sostenuti nei predetti due periodi d’imposta
sia inferiore all’importo delle predette franchigie, la relativa differenza non può essere riportata in avanti ai sensi del comma 4 dell’articolo 96 (cfr. paragrafo 2.4 della stessa circolare).
Pertanto, qualora si versi in presenza di ROL negativo, il valore dello stesso da inserire nel
rigo RF119, colonna 1, sarà pari a zero, mentre nel rigo RF119, colonna 2, si dovranno inserire, in base all’esercizio di competenza, gli importi di 10.000 o 5.000 euro in quanto fino
a concorrenza degli stessi gli interessi passivi possono in ogni caso essere dedotti.
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VARIE
Quesito n. 31
Conferimento di azioni di s.p.a. detenute da persona fisica
in società di persone
Alla luce del chiarimento fornito con la Risoluzione n. 446/E/2008, si chiede conferma circa
la possibilità di conferire ex articolo 177, comma 2, del TUIR azioni di una s.p.a. detenute
da una persona fisica (non in regime d’impresa) in una società di persone e, segnatamente,
in una società in nome collettivo o in una società semplice.
Risposta
L’articolo 177, comma 2, del TUIR dispone che “Le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1, del Codice civile, ovvero incrementa, in
virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo sono valutate,
ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento”.
La possibilità di applicare tale norma anche in ipotesi di conferimento di azioni a favore di società di persone è già stata confermata dall’Amministrazione con la Risoluzione
18/11/2008, n. 446/E, nella quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla disciplina dello
scambio di partecipazioni a “realizzo controllato” di cui all’articolo 177, comma 2, del TUIR,
con riferimento, in particolare, a un’operazione di conferimento in una s.a.s. di azioni di una
s.p.a. detenute da due persone fisiche – non in regime d’impresa – in virtù del quale la s.a.s.
acquisiva il controllo della s.p.a.).
Ciò premesso, si conferma la possibilità di applicare l’articolo 177, comma 2, del TUIR alle
ipotesi di conferimenti in società di persone esercenti attività commerciale (s.n.c. e s.a.s.).
Ne deriva che il regime di “realizzo controllato” in esame - per motivi di sistematicità e
ragioni di ordine civilistico - non potrà essere applicato ai conferimenti in favore di società
semplici, le quali - come è noto - non possono avere per oggetto l’esercizio di un’attività
commerciale (cfr., art. 2249, c.c.), non risultando, pertanto, obbligate alla tenuta delle
scritture contabili (cfr., artt. 2214 ss., c.c.) e per le quali è del tutto assente una disciplina
del capitale sociale, non essendo richiesta neppure la valutazione dei conferimenti (cfr.,
artt. 2253 ss., c.c.).
Quesito n. 32
Imposta sostitutiva - Riallineamento Quadro EC
- Compensazione orizzontale o verticale
Nel caso in cui dalla dichiarazione dei redditi (Modello UNICO) risultasse un credito IRES,
per effetto del versamento nel corso del 2008 di acconti IRES superiori al saldo risultante
dalla dichiarazione, è possibile procedere alla compensazione di tale credito IRES con il
versamento della rata dell’imposta sostitutiva dovuta per effetto dell’opzione per l’affrancamento delle differenze tra il valore civile e il valore fiscale dei beni materiali ed immateriali
indicati nel quadro EC (art. 1, comma 48, L. 24/12/2007, n. 244, e D.M. 03/03/2008). In
particolare, se tale compensazione debba essere eseguita rispettando il limite annuale di €
516.456,90 o possa essere considerata quale compensazione verticale (imposta da imposta) e quindi non soggiacere a tale limite massimo annuale.
Risposta
Come precisato nella circolare 11 luglio 2008, n. 50/E e nella Relazione illustrativa al D.M.
3 marzo 2008 (decreto recante la disciplina dell’imposta sostitutiva dell’Irpef, Ires e Irap,
prevista dall’articolo 1, comma 48, della legge n. 244 del 2007), il rinvio operato dall’articolo
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3 dello stesso decreto alle disposizioni previste ai fini delle imposte sui redditi, comporta
che l’imposta sostitutiva in esame può essere versata anche attraverso la compensazione
con crediti relativi ad altre imposte (c.d. compensazione orizzontale di cui all’ articolo 17,
comma 2, del decreto legislativo n. 241 del 1997).
In particolare, la compensazione dell’imposta sostitutiva (a debito) con l’Ires (a credito)
ha ad oggetto debiti e crediti relativi ad imposte diverse e, pertanto, tale compensazione
orizzontale è soggetta al limite massimo annuale indicato dall’articolo 34 della legge n. 388
del 2000.
AREA LIQUIDAZIONE
Quesito n. 23
Liquidazione società - obblighi dichiarativi per IRES e IRAP
Nel caso di liquidazione di società di comodo iniziata nel 2008 e terminata il 30/12/2008 non
è possibile utilizzare un modello unico per la dichiarazione dei redditi, Irap e Iva. Il modello
da utilizzare è quello vecchio (cioè quello in vigore nel 2008) per l’Ires e per l’Irap mentre
per l’Iva si utilizza il modello 2009. La normativa impone quindi l’invio separato delle tre
dichiarazioni. Per quanto concerne l’Iva non esistono problemi, mentre per l’Ires e l’Irap
sussiste il problema che l’Irap non ha un frontespizio autonomo e quindi parrebbe che il
contribuente debba utilizzare due volte il frontespizio di Unico barrando una volta la casella
Ires e l’altra la casella Irap. Generare telematicamente le due dichiarazioni Ires e Irap con
molti programmi è impossibile. Si chiede quindi se sia obbligatorio l’invio di file separati per
le due dichiarazioni Ires e Irap o se sia possibile inviare unitamente, compilando un solo
frontespizio, le due dichiarazioni Ires e Irap e, nel caso di risposta negativa, quali sanzioni
potrebbero essere irrogate al contribuente che abbia trasmesso unitamente (cioè con un
unico frontespizio) le due dichiarazioni.
Risposta
L’articolo 1, comma 52, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) ha stabilito
che, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007,
la dichiarazione annuale Irap deve essere presentata direttamente alla regione o provincia
autonoma di domicilio fiscale del soggetto passivo, rinviando per quel che riguarda i nuovi
termini e le modalità di presentazione della dichiarazione Irap ad un decreto di natura non
regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il decreto ministeriale, emanato l’11 settembre 2008, prevede all’articolo 1, comma 4,
che, fino all’emanazione del provvedimento di approvazione del modello di dichiarazione
dell’imposta regionale sulle attività produttive, “ …continuano ad applicarsi le norme vigenti
relative alla presentazione del modello di dichiarazione UNICO”.
Il modello di dichiarazione può essere considerato disponibile soltanto quando sia stato
diffuso nel mercato anche il prodotto software che ne consente l’invio telematico, e non
semplicemente all’atto dell’emanazione del provvedimento di approvazione.
Alla luce di quanto innanzi precisato, si ritiene che per gli esercizi infrannuali chiusi prima
del 31 dicembre 2008 continuino ad applicarsi le disposizioni di cui al d.P.R. 322 del 1998,
ed in specie l’articolo 1, comma 1, secondo cui: ““ (…) le dichiarazioni sono redatte, a pena
di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 31 gennaio (…) da utilizzare per le
dichiarazioni dei redditi e del valore della produzione relative all’anno precedente ovvero, in
caso di periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, relativamente ai soggetti di cui
all’articolo 2, comma 2, per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso alla data
del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di approvazione”.
Pertanto, la società di comodo potrà utilizzare ai fini dichiarativi Ires e Irap il modello Unico
2008, utilizzando il quadro IQ all’interno del modello Unico 2008, compilando un solo frontespizio e barrando nella sezione “TIPO DI DICHIARAZIONE” le due caselle aventi la dicitura
“Redditi” e “Irap”.
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Quesito n. 24
Una società di capitali con esercizio infrannuale (1° febbraio-31 gennaio) viene messa in
liquidazione il 30 giugno 2008. Il periodo ante liquidazione per il quale occorre presentare la
dichiarazione dei redditi è il seguente: 1° febbraio 2008-30 giugno 2008.
Come devono essere assolti gli obblighi dichiarativi ai fini Ires ed Irap?
Risposta
1. Ires
Il comma 7-ter, lettera b), dell’articolo 42 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, inserito in sede di conversione dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha modificato l’articolo 2,
comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, portando il termine per la presentazione della
dichiarazione da parte dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche dall’ultimo giorno del settimo mese all’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura del
periodo d’imposta. La disposizione, come detto, è stata inserita in sede di conversione del
d.l. n. 207 del 2008, sicché il differimento del termine può considerarsi operante soltanto dal
1° marzo 2009, data di entrata in vigore della legge n. 19 del 2009 (art. 1, comma 3).
Nella fattispecie in esame, dunque, la società di capitali ha chiuso periodo d’imposta ante
liquidazione il 30 giugno 2008, sicché il liquidatore avrebbe dovuto presentare la dichiarazione entro il 31 gennaio 2009 (ultimo giorno del settimo mese successivo alla chiusura del
periodo d’imposta), non essendo ancora entrata in vigore a tale data la disposizione che ha
previsto lo spostamento del termine all’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura
del periodo d’imposta (dispostone entrata in vigore soltanto successivamente).
Nel caso di specie, si applica, inoltre, l’articolo 1 del citato d.P.R. n. 322 del 1998, ai sensi
del quale le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap sono redatte su “modelli
conformi a quelli approvati entro il 31 gennaio (…) e da utilizzare per le dichiarazioni dei
redditi e del valore della produzione relative all’anno precedente ovvero, in caso di periodo
d’imposta non coincidente con l’anno solare, relativamente ai soggetti di cui all’art. 2, comma 2 [soggetti Ires, n.d.a.], per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso alla
data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di approvazione”.
Poiché l’ultimo periodo d’imposta “in corso alla data del 31 dicembre” è il periodo 1° febbraio 2007-31 gennaio 2008, ne deriva che il reddito del periodo ante liquidazione andava
dichiarato utilizzando il modello “Unico SC 2008 – periodo d’imposta 2007”, approvato entro
il 31 gennaio 2008.
2. Irap
L’articolo 1, comma 52, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008),
dispone che “(…) a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la dichiarazione annuale dell’imposta regionale sulle attività produttive non deve
essere più presentata in forma unificata e deve essere presentata direttamente
alla regione o alla provincia autonoma di domicilio fiscale del soggetto passivo.
Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da
emanare entro il 31 marzo 2008, sono stabiliti i nuovi termini e le modalità di presentazione
della dichiarazione Irap e sono dettate le opportune disposizioni di coordinamento.”
Ne discende che, in linea di principio, le nuove regole di presentazione della dichiarazione
Irap avrebbero dovuto applicarsi a decorrere dal periodo d’imposta 1° febbraio-30 giugno
2008, in quanto “successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007”.
Nel caso di specie, tuttavia, si osserva che il liquidatore era comunque tenuto a presentare
la dichiarazione Irap, sempre entro il 31 gennaio 2009, utilizzando il modello approvato
entro il 31 gennaio 2008, vale a dire il modello “Irap SC 2008 – periodo d’imposta 2007”.
Tale modello – composto dell’unico quadro IQ e privo di frontespizio – presuppone in ogni
caso la presentazione delle dichiarazioni Irap e Ires in forma unificata. In tal senso le istruzioni alla compilazione del predetto modello, in cui si precisa che “I soggetti obbligati alla
presentazione della dichiarazione dei redditi in forma unificata devono presentare i quadri
IQ all’interno di tale dichiarazione.
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I soggetti che, invece, non sono tenuti alla dichiarazione in forma unificata devono comunque presentare la dichiarazione IRAP congiuntamente alla presentazione della dichiarazione
dei redditi. In ogni caso, nel frontespizio del Mod. “UNICO 2008 – SC”, va barrata la casella
IRAP collocata nella sezione “Tipo di dichiarazione”.
Pertanto, nel caso di specie, la dichiarazione Irap andava redatta sul quadro IQ e presentata congiuntamente alla dichiarazione Ires utilizzando il modello “Unico SC 2008 – periodo
d’imposta 2007”, barrando, nella sezione “Tipo di dichiarazione”, sia la casella “Redditi” che
la casella “Irap”.
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