Monumenti Aperti a San Giovanni Suergiu

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Monumenti Aperti a San Giovanni Suergiu
San Giovanni
Suergiu
Monumenti Aperti
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30 Settembre 2012
COMUNE DI
SAN GIOVANNI SUERGIU
Gruppo Locale di
Coordinamento
San Giovanni Suergiu
Federico Palmas
Sindaco
Roberto Pucci
Assessore alla Cultura
Sandro Madeddu
Assessore al Turismo
Valentina Solinas
Assessore ai Rapporti con le frazioni
Laura Deidda
Consigliere comunale
Mauro Trullu
Consigliere comunale
Elena Locci
Responsabile settore Cultura e Turismo
Personale Amministrativo e Tecnico del Comune di San
Giovanni Suergiu
Soprintendenza per i beni archeologici province di Cagliari e
Oristano
Sabrina Cisci
Sede operativa di Sant’Antioco
Franco Mereu
Annamaria Basciu
Beatrice Pisu
Dirigente Scolastico
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san giovanni suergiu
P
er il quarto anno consecutivo San Giovanni Suergiu ripropone le sue bellezze storiche ed ambientali alla comunità
nell’ambito della manifestazione Monumenti Aperti. Grazie
all’impegno congiunto tra l’Amministrazione Comunale, la
Soprintendenza per i beni archeologici, l’Istituto Comprensivo “Guglielmo Marconi” e le Associazioni, anche nell’edizione
2012 sarà possibile ammirare, visitare e apprezzare tutto il
patrimonio storico, artistico e archeologico presente nel nostro territorio sotto forma di numerose testimonianze. Dalla
preziosa necropoli di Is Loccis Santus, efficace testimonianza
di epoca prenuragica, passando per la chiesa di Santa Maria
di Palmas, significativo esempio di architettura romanica, sino
ad arrivare alle trincee e batterie e al Fortino Caposaldo VIII
“Avellino” di Palmas Vecchio, ultimi baluardi difensivi della II
Guerra Mondiale. Tra i siti vi riproporremo le Saline, per lunghi anni fulcro dello sviluppo economico locale e oggi sito di
enorme interesse per gli stagni circostanti ricchi di avifauna
migratoria e stanziale.
Per l’edizione 2012 è nostra intenzione dar particolare rilievo
a Palmas poiché sono in corso le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della sua fondazione.
Quest’anno la manifestazione si arricchisce con l’inserimento
di nuovi siti tra cui lo stabilimento chimico di San Giovanni
Suergiu, esempio di archeologia industriale, la Chiesa di San
Giovanni Battista, le Chiese delle frazioni (Beata Maria Vergine
delle Grazie a Palmas, Sant’Elena Imperatrice a Matzaccara
e San Raffaele Arcangelo a Is Urigus) e il Medau Is Gannaus,
esempio dell’abitato caratteristico sangiovannese.
Ancora una volta turisti, visitatori locali e curiosi avranno l’opportunità di riappropriarsi del loro passato attraverso il variegato patrimonio storico, che identifica il nostro Paese come
il più importante crocevia del Sud-Ovest sardo di genti e di
merci nelle diverse epoche documentate. Il territorio offre le
sue bellezze paesaggistiche-ambientali a tutti coloro che sapranno apprezzare la natura in tutte le sue peculiarità. San
Giovanni Suergiu è lieta di accogliervi e di farvi apprezzare la
sua cultura, la sua arte e il suo patrimonio.
Federico Palmas
Sindaco
Roberto Pucci e Laura Deidda
Assessorato alla Cultura
Sandro Madeddu e Mauro Trullu
Assessorato al Turismo
Valentina Solinas
Assessorato Rapporti con le frazioni
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Il Comitato
Scientifico Regionale
Consiglio Regionale della Sardegna Claudia Lombardo
Maria Santucciu
Regione Autonoma della Sardegna
Assessorato al Turismo Luigi Crisponi
Artigianato e Commercio
Assessorato alla Pubblica Istruzione, Sergio Milia
Beni Culturali, Informazione,
Spettacolo e Sport
Direzione Regionale per i Beni Culturali Maria Assunta Lorrai
e Paesaggistici della Sardegna Sandra Violante
M.I.U.R. Ufficio Scolastico Regionale Enrico Tocco
per la Sardegna Rosalba Crobu
Comune di Cagliari Massimo Zedda
Enrica Puggioni
Provincia di Cagliari Angela Maria Quaquero
Ufficio Regionale Francesco Tamponi
Beni Culturali Ecclesiastici
UPI Sardegna Francesco Putzu
ANCI Sardegna Cristiano Erriu
Umberto Oppus
Università degli Studi di Cagliari Giovanni Melis
Università degli Studi di Sassari Attilio Mastino
Pinuccia Simbula
Imago Mundi Associazione Culturale Fabrizio Frongia
Armando Serri
onsorzio CAMU’ Centri d’Arte e Musei Francesca Spissu
C
Giuseppe Murru
Società Cooperativa Sociale Il Ghetto Alessandro Piludu
Nicoletta Manai
Confesercenti Regione Sardegna Marco Sulis
Confcommercio Sardegna Gavino Sini
Agenzia Nazionale Gianpiero Liori
Sviluppo Autonomia Scolastica
Sardegna Solidale Roberto Copparoni
Centro Servizi per il volontariato
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san giovanni suergiu
T
urismo, identità e cultura, una combinazione ideale per
una terra depositaria di tradizioni millenarie. Oltre che da
spiagge bianche e mare cristallino, i viaggiatori sono sempre
più attratti da manifestazioni e itinerari culturali e da località
d’arte della Sardegna.
Una recente indagine conferma il trend, nel primo semestre
2011 nell’Isola è cresciuta del 20% la frequentazione di luoghi
di interesse storico - artistico, un dato con pochi confronti
in Italia. Fra le motivazioni alla vacanza, spiccano le visite al
patrimonio artistico e monumentale: ‘uno scrigno di tesori’
composto in Sardegna da antichi palazzi e castelli, basiliche
e musei, parchi minerari e archeologici, e disseminato sull’intero territorio.
Un patrimonio da preservare innanzitutto, poi da riscoprire
per i sardi e, nel contempo, da condividere con i visitatori con
l’accoglienza della quale l’Isola è capace. Da condividere con
itinerari culturali, come appunto Monumenti aperti, evento
che suscita suggestioni ed emozioni uniche.
La domanda turistica è orientata alla ‘memoria’ e alla cultura,
perciò la Regione Sardegna promuove l’architettura storico
- artistica, simbolo di identità, così da assecondare anche il
profilo moderno dei nostri visitatori, culturalmente preparati,
rispettosi e desiderosi, oltre che di ‘vivere’ l’unicità di paesaggi incantevoli, anche di conoscere beni culturali e manifestazioni tradizionali.
Luigi Crisponi
Assessore regionale del Turismo, Artigianato e Commercio
A
nno dopo anno, Monumenti Aperti rappresenta un momento importante che va oltre la semplice manifestazione culturale. È la condivisione della conoscenza del nostro
patrimonio di cultura, di memoria e di storia condivisa. È la
consapevolezza che i beni culturali rappresentano veramente
noi stessi, la nostra espressione artistica e creativa, interprete
dell’epoca che li ha visti nascere. È la testimonianza di quanto
la cultura non sia un bene privato, ma collettivo, che aspetta
di essere riscoperto, esposto, valorizzato, divulgato, fruito.
Con Monumenti Aperti si vive un momento popolare e di festa
dove un pubblico sempre più attento e consapevole delle potenzialità del nostro patrimonio artistico-architettonico, diventa protagonista della storia della nostra Isola. La promozione
del nostro grande patrimonio culturale si è trasformata nel
corso degli anni, proprio grazie a questa manifestazione, in
un momento festoso e popolare che raduna giovani e meno
giovani, studiosi della materia e semplici curiosi, studenti e
volontari culturali. Tutti ugualmente coinvolti in un’attesa opportunità di arricchimento storico e culturale dove il nostro
passato e il nostro presente si fondono per dare a tutti la
consapevolezza che dobbiamo tramandarlo gelosamente,
nel migliore dei modi, alle generazioni future.
Sergio Milia
Assessore regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali,
Informazione, Spettacolo e Sport
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Informazioni utili
Tutte le indicazioni relative ai singoli monumenti e al territorio
saranno reperibili all’Info Point presso Piazza IV Novembre che offrirà un servizio di orientamento e distribuzione del
materiale informativo.
Dalla stessa postazione partirà il bus navetta gratuito che
accompagnerà i visitatori alla scoperta del territorio sangiovannese.
I monumenti saranno visitabili gratuitamente
sabato 29 settembre dalle ore 15.30 alle ore 19.00
domenica 30 settembre dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e
dalle ore 15.30 alle ore 19.00.
L’ultimo ingresso ai monumenti Nuraghe Palmas, Trincee
sotterranee e batterie della II Guerra Mondiale e la rupe
“Sa Coronedda” avverrà alle ore 17.00.
Il complesso delle Saline è visitabile solo con servizio di guida, che partirà dall’ingresso dell’area esclusivamente alle ore
16 di sabato 29 e alle ore 10 e 16 di domenica 30 settembre.
Per la visita dei siti archeologici si suggeriscono abbigliamento e scarpe comode.
È facoltà dei responsabili e degli organizzatori della manifestazione limitare o sospendere in qualsiasi momento, per la
sicurezza dei beni o dei visitatori, le visite ai monumenti.
Gusta il Paese
Durante la manifestazione saranno aperti:
Agriturismo Agrifoglio
Via Portobotte SS 195 km 95, tel. 0781.68137
Agriturismo Golfo Palmas
SS195 km 91, tel. 3496683143
Agriturismo Santa Lucia
SP 74 Tratalias Giba, tel. 3485668388
Hotel Ristorante Perda Rubia
SP 75 km 2600, tel. 0781.699038
B&B Is Pabis
loc. Is Pabis 4, tel. 3383431057/3288313762
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san giovanni suergiu
Eventi Collaterali
San Giovanni Suergiu centro paese:
Mostra del Modellismo navale, locali del Mercato civico
Mostra sulle Ferrovie Meridionali Sarde San Giovanni Suergiu,
Piazzale FMS
Ore 18.00, Aula Consiliare in via Roma.
Conferenza di Studi Il Sulcis e Palmas Suergiu dall’età
moderna all’epoca contemporanea, in occasione delle
celebrazioni per il 50° anniversario di Palmas Nuovo, che si
chiuderanno il 14 Ottobre 2012, a cura dell’Associazione Culturale Palmas Vecchio, in collaborazione con l’Università degli
Studi di Cagliari, la Soprintendenza Archivistica per la Sardegna e AMD Edizioni di Cagliari.
San Giovanni Suergiu Aperta ore 21.00
Musica etnica con Natascia Capurro del Gruppo Solkinos e
Gianluca “Quintomoro” Cotza & Laura Cotza
Musica Itinerante con la Banda Musicale Ennio Porrino di San
Giovanni Suergiu
Medau Is Gannaus
Tra... Ballus e Cantus e Antichi Mestieri
Medau Is Loccis Santus
Laboratorio “dal Grano al Pane”
Mostra di Ricamo Antico e Moderno
Palmas Nuovo, locali della ex Scuola Elementare
Mostra fotografica da Palmas Vecchio a Palmas Nuovo 1962-2012
Mostra del costume sardo
Mostra del giocattolo antico
Mostra dei macchinari e degli attrezzi agricoli
Palmas Vecchio, presso il fortino Caposaldo VIII Avellino
Mostra sulla seconda Guerra Mondiale, relativa al territorio
del Sulcis, (adiacente alla chiesa)
Presso la Chiesa di S. Maria di Palmas e la centrale termoelettrica di Santa Caterina saranno allestite mostre fotografiche con immagini relative agli interni, non visitabili, dei
due monumenti.
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Storia di San Giovanni
Il centro abitato attuale ha probabile origine bizantina, ma il primo
popolamento del territorio di San Giovanni Suergiu risale al Neolitico Finale, epoca alla quale si ascrivono le più antiche sepolture
rinvenute, le domus de janas della necropoli di Is Loccis Santus,
che hanno restituito materiali della Cultura di Ozieri. Da questo
momento in poi le tracce delle varie culture diffuse nel resto della
Sardegna si moltiplicano anche nel territorio sangiovannese, divenendo particolarmente cospicue per l’età nuragica, per la quale sono attestati almeno tre nuraghi complessi e numerosi altri
monotorre. Anche i periodi punico e romano videro un fitto popolamento del territorio, benché i resti di queste epoche, più labili
dei precedenti, non si siano conservati in misura così imponente.
In età medievale tutta quest’area rientrava nella curatoria di Sulcis
o Sols, che apparteneva al Giudicato o Regno di Calari ( 9001258), composto da sedici curatorie, La Partecipazione, nel
1257, di Ugolino della Gherardesca, Conte di Donoratico, con lo
zio Gherardo, alla spedizione promossa dalla Repubblica di Pisa
contro il filo genovese re di Calari, Guglielmo III-Salusio VI, procurò ai Della Gherardesca la sesta parte del Calaritano, comprendente Sulcis, Decimo, Nora e Cixerri. Il Sulcis andò a Gherardo.
che ne mantenne il possesso, in qualità di Signore, anche dopo
lo sbarco degli Aragonesi nel 1323. La conquista della Sardegna
parte dall’assedio di Villa di Chiesa, che soccombe dopo 6 mesi
e gli stessi Pisani vengono sconfitti nella Battaglia di Lutocisterna.
Il trattato di Pace viene firmato nel 1324. In virtù di questa resa
da parte di Pisa il territorio Sulcitano, incamerato tra i possedimenti del Regnum Sardiniae, viene infeudato a Gherardo della
Gherardesca il Giovane, che nel 1350 diviene Signore di Sulci o
Sols, con riconoscimento di vassallaggio nel 1352 ai re catalanoaragonesi del regno di Sardegna. Il Sulcis quindi viene completamente infeudato e nel 1627 acquista il titolo marchionale, diventando Marchesato di Palmas e rimane tale sino al 1840, anno
del suo riscatto. Sino alla prima metà del 1300 i villaggi isolani si
mantengono vitali per poi gradualmente spopolarsi tra la fine del
XIV e l’inizio del XV sec.. La crisi del microsistema rurale colpisce
in primo luogo tutta la Sardegna meridionale, ricca di zone coltivabili, i villaggi costieri si spostano nell’entroterra, lasciando una
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san giovanni suergiu
Suergiu e del suo territorio
voluta impressione di desolazione ed abbandono a chi giunge
dal mare, al fine di scoraggiare gli assalti pirateschi, che ormai
sono sempre più frequenti. I centri di San Giovanni e Palmas si
ripopolano dopo il 1781 ed entrarono a far parte del feudo dei
Bou-Crespi.Nel 1853 Palmas viene eretto Comune del Regno e
con il R.D. del 14 Settembre 1862 assume la denominazione di
Palmas Suergiu e quello che all’epoca si chiamava Suergiu ne
diviene frazione. La sede comunale rimane nel paese di Palmas
sino al 1890, anno del trasferimento nel più centrale paese di San
Giovanni, anche se la titolazione comunale resta Palmas Suergiu.
La questione con il tempo è causa di confusione tra Palmas, non
più sede comunale e San Giovanni, che per questa ragione diventa con Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 13
marzo 1950 San Giovanni Suergiu. Il paese di Palmas, divenuto
frazione di San Giovanni Suergiu, perde la sua importanza amministrativa e nella seconda metà del XX sec. viene trasferito nella
località di Bassa Manna. La costruzione del lago di Monte Pranu,
inaugurato il 24 giugno 1851, ne è la causa. Le filtrazioni d’acqua
dalla sponda sinistra della diga causano affioramenti nel centro
abitato compromettendo la staticità e le condizioni igieniche di
tutte le abitazioni. Il 22 Giugno 1959 l’Assessorato all’Agricoltura
della Regione Sardegna stabilisce che la redazione del progetto
della nuova borgata di Palmas e gli accertamenti delle proprietà
degli abitanti vengano affidati al Consorzio di Bonifica L’abitato
di Palmas viene ricostruito tra il 1960 e il 1962 e il 16 ottobre
1962 viene inaugurato dal Presidente della Regione Sardegna
Efisio Corrias con il Sindaco di San Giovanni Suergiu , Giovanni
Madeddu.
Nel corrente anno la borgata di Palmas compie i suoi primi 50
anni. Le celebrazioni sono iniziate il 5 agosto scorso e proseguiranno sino al 14 ottobre con eventi culturali ed artistici di grande
spessore.
La storia del territorio è però scritta anche dalle vicende che interessarono gli abitati delle frazioni e dei medaus, per le quali si
rimanda alle singole schede (Medau Is Loccis Santus, Castello di
Palmas, Postazione panoramica di Matzaccara).
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Chiesa romanica di
San Giovanni
Via Garibaldi, San Giovanni Suergiu
Intitolata a San Giovanni Battista (anche se secondo alcuni anziani
si tratterebbe di San Giovanni Evangelista), la chiesa, sconsacrata
e in avanzato stato di rovina, si trova nella via Garibaldi, ai margini
dell’abitato attuale, ma anticamente essa doveva trovarsi al centro
di quel Suergiu da cui si è sviluppato il paese moderno. Essa fu la
parrocchiale del comune fino al 1935: fu abbandonata per lo stato di
precaria conservazione in cui versava e mai recuperata, finché venne sostituita dall’attuale chiesa, inaugurata nel 1959 (pregevole sulla
facciata il mosaico di Filippo Figari che rappresenta San Giovanni
Battista e i frutti della terra irrigata dalla diga di Monte Pranu, in primo
piano). L’edificio è segnalato per la prima volta dalle fonti nel 1341 e la
sua costruzione risale probabilmente a pochi decenni prima: in base
all’impianto tardoromanico e alla decorazione di matrice toscana, gli
studiosi ipotizzano che la sua edificazione si possa porre tra la fine del
XIII e gli inizi del XIV secolo. Realizzata in calcare e trachite locali, si
conservano oggi solo la facciata nella sua parte inferiore e alcuni tratti
del fianco settentrionale,
dove si individuano una
monofora e una porta
architravata sormontata
da una lunetta a tutto sesto, entrambe oggi tamponate. La facciata presenta paraste d’angolo e
lesene che la ripartiscono in cinque specchi e il
portale architravato è sormontato da un arco di scarico sopracigliato;
lo specchio centrale è concluso in alto da quattro archetti ogivali con
un piccolo lobo. Questo impianto è confrontabile con quello della
chiesa di San Ranieri (oggi Madonna del Pilar) a Villamassargia e con
quello di San Nicola di Narcao (oggi distrutta, ma conservata fino al
XX secolo), la cui facciata era in entrambi i casi scompartita da lesene
raccordate in alto da una serie di archetti parallela allo specchio con il
portale e obliqua lungo gli spioventi del frontone: si può pertanto ipotizzare con buon fondamento una simile prospetto anche per il monumento di San Giovanni. Nello spigolo sinistro della facciata, poco
sotto l’altezza degli archetti, si conserva un concio che presenta una
croce greca clipeata a bracci ansati scolpita a basso rilievo. Solo nei
documenti d’archivio inerenti la dismissione dell’edificio (relazione
dell’ufficiale sanitario e di un ingegnere incaricato) sono ricordati il
soffitto ligneo a capriate e la pavimentazione in piastrelle di cotto. Per
il resto, l’interno è conosciuto esclusivamente in base a una relazione
effettuata nel 1933 dal parroco, che ricorda l’esistenza di un fonte
battesimale in trachite “diviso in due parti” e recante l’immagine di
San Giovanni Battista. Il presbiterio era separato dal resto della chiesa da una balaustra; accanto ad essa, addossato alla parete sinistra,
si trovava il semplice pulpito in legno privo di baldacchino. Il sacerdote ricorda poi la presenza di tre altari e di altrettante statue lignee, una
del patrono, una di S. Isidoro e una di S. Biagio. Sul lato sinistro del
presbiterio una porta conduceva alla sacrestia e alla canonica. Si fa
cenno, infine, ad una bifora campanaria con due campane, di diverse
dimensioni: probabilmente si trattava di un piccolo campanile a vela.
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san giovanni suergiu
Necropoli di
Is Loccis Santus
Loc. Is Loccis Santus, seguire le indicazioni stradali dalla SS 126.
La necropoli di
Is Loccis Santus, costituita
da 13 sepolture
a domus de janas, è una delle
più importanti
del Sulcis, insieme a quella
di Montessu a
Villaperuccio.
Gli
studiosi
ascrivono il suo
primo utilizzo,
con lo scavo
delle grotticelle, al Neolitico Recente, intorno al 3000 a.C., quando in tutta
la Sardegna si diffuse la Cultura di Ozieri. Ma il maggior numero di
reperti ritrovati in queste sepolture appartiene alla Cultura “del vaso
campaniforme”, che prende il nome dal vaso a forma di campana
caratteristico di quest’epoca e che fu diffusa in tutta l’Europa. Si tratta
di ceramiche decorate con file di puntini e segni riempiti di materiale
di colore diverso, su fondo nero o scuro, di grande pregio estetico.
Questi reperti sono oggi esposti al Museo “Villa Sulcis” di Carbonia e
fanno parte della Collezione Doneddu.
La necropoli di Is Loccis Santus fu in uso per molti secoli, almeno fino
agli inizi del II millennio a.C., prima di essere abbandonata.
Uno degli aspetti più interessanti di questo sito è costituito dalla forma delle grotticelle: alcune di esse, infatti, presentano una planimetria
che ricorda un fiore con i petali, caratteristica del Sulcis, che non si
ritrova in nessuna altra parte della Sardegna. Si distinguono, inoltre,
la terza tomba sulla destra a partire dall’ingresso dell’area, caratterizzata da un’architettura particolarmente accurata e importante, con
sviluppo planimetrico longitudinale e dromos di accesso, e la tomba
IV, collocata nella parte più alta della necropoli, con planimetria simile
alla precedente e un corridoio di accesso pavimentato in piccoli ciottoli. Presso questa sepoltura si individua anche un menhir abbattuto;
numerosi altri si trovano ancora nelle aree circostanti il sito.
Sull’altura retrostante la necropoli si conserva un piccolo nuraghe
monotorre, in parte crollato. Ma la bellezza di questo sito archeologico non è solo legata alle tracce delle civiltà antiche. Sulla sommità
della collina, infatti, si conservano alcune postazioni antiaeree della
Seconda Guerra Mondiale (entrambe queste emergenze non sono
purtroppo visitabili).
Infine, si può osservare da quest’area uno tra i più bei panorami del
Sulcis, con vista sull’isola e sulla laguna di Sant’Antioco verso ovest,
sull’isola di San Pietro a nord e sul Golfo di Palmas fino a Capo Teulada a sud.
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I Medaus
I medaus sin dal ‘700 punteggiano tutto il territorio del Sulcis ed in
particolare quello di San Giovanni Suergiu, dove se ne contano ancora circa 60. Si trattava di piccoli agglomerati (i più grandi contano una
ventina di case o poco più) in cui abitavano le famiglie che lavoravano
i terreni circostanti o vi pascolavano il bestiame e spesso prendono il
nome proprio dalla famiglia principale o che per prima vi era andata
a stare.
Un gran numero di questi borghi è oggi abbandonato, per tanti motivi
legati alle trasformazioni nelle attività lavorative prevalenti e per i disagi connessi alla lontananza dal centro urbano principale, divenuto
sempre più popoloso nel corso del XX secolo, anche grazie al gran
numero di persone che dai medaus si trasferivano in centro. In realtà
alcuni di essi (Is Loccis, Is Collus, Is Urigus, che oggi ha anch’esso raggiunto dimensioni considerevoli) godevano di alcuni servizi, in
particolare di strutture destinate alle scuole elementari, oggi naturalmente chiuse per mancanza di allievi e per ragioni di razionalizzazione
delle spese.
Medau Is Gannaus
Loc. Is Gannaus, sulla SP 75 seguire le indicazioni e i cartelli Monumenti Aperti
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san giovanni suergiu
Medau Is Loccis Santus
Loc. Is Loccis Santus, dalla SS 126 seguire le indicazioni per l’omonima necropoli e i cartelli che segnalano il borgo.
Il medau di Is Loccis Santus, in particolare, è uno degli esempi più
felici di questi abitati così caratteristici del territorio sulcitano. Mai del
tutto abbandonato, esso negli ultimi dieci anni è stato recuperato e
ristrutturato, con grande rigore filologico, da una delle famiglie che vi
aveva origine, che ne ha fatto una struttura turistica ricettiva estremamente attenta ai valori della tradizione e al rispetto dell’architettura
antica. Tutte le case sono state infatti restaurate con mattoni in terra
cruda (ladiri) realizzati con il materiale argilloso a disposizione nei dintorni del medau e i tetti con canne e legno come si faceva anticamente. Inoltre, anche le mattonelle e gli arredi sono realizzati artigianalmente in loco e perfino i colori delle pareti esterne sono stati preparati
miscelando pigmenti provenienti dai terreni circostanti il borgo.
monumentiaperti
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Chiesa di
Santa Maria di Palmas
Località Palmas nei pressi della SS 195, poco dopo il ponte sul
rio Palmas.
Tra le costruzioni della prima fase dell’architettura romanica in Sardegna si annovera la chiesetta di Santa Maria di Palmas, ricordata per
la prima volta nelle fonti documentarie nel 1066, quando il giudice di
Càlari Orzocco-Torcotorio I de Lacon-Gunale ne fece dono ai monaci
Cassinesi, insieme ad altri cinque titoli, fra i quali la non lontana chiesa
di Santa Marta a Villarios. La costruzione dell’edificio si suole ricondurre ai primi decenni dell’XI secolo, probabilmente al primo ventennio.
Secondo alcuni studiosi la chiesa sarebbe stata donata nel 1089 ai
monaci Vittorini di Marsiglia, ma non tutti sono concordi: l’ipotesi più
verosimile è infatti che il titolo ricordato dalle fonti sia da identificare
con un monumento omonimo situato nella curatoria del Campidano.
La chiesa sulcitana è invece sicuramente quella ricordata sulla porta
bronzea dell’abbazia di Montecassino, ove tre formelle dell’anta destra recano inciso l’elenco delle chiese possedute dai Cassinesi durante gli anni dell’abate Oderisio II, tra il 1123 e il 1126.
Realizzato in conci calcarei e trachitici, l’edificio è costituito da un’aula
mononavata con l’abside rivolta a nordovest e impostata su un basso
zoccolo. Il fianco settentrionale è scandito da larghe paraste d’angolo,
mentre tre semicolonne suddividono l’abside in specchi asimmetrici,
dove si trovano due monofore; la base della semicolonna sinistra, a
differenza del resto dell’edificio, è in tufo verdognolo. La facciata a
capanna, molto semplice, è conservata nella sua fase romanica fino
a circa due terzi dell’altezza, mentre la parte soprastante con il campanile a vela è da ascrivere ad un rimaneggiamento del XVIII secolo,
testimoniato anche dal rosone reniforme, così come i filari superiori dei
muri perimetrali. Il monumento, dopo l’abbandono del paese trasferito, in altra sede, cadde in rovina sino al 1996 quando venne restituito
al culto ed alla collettività, grazie all’impegno di Don Nicolino Vacca,
appassionato studioso della storia locale, che tanto si spese per restituire al monumento la dignità storica, architettonica ed artistica.
L’interno non è visitabile, ma una mostra fotografica permetterà ai
visitatori di cogliere gli aspetti più caratteristici del monumento.
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san giovanni suergiu
Castello di
Palmas
Località Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S.
Maria e proseguire per un chilometro circa.
Lo spopolamento della costa sulcitana e in particolare della città di
Sulci nei secoli dell’alto medioevo portò con sé un incremento significativo della popolazione delle aree che accolsero chi fuggiva dai
territori ormai divenuti poco sicuri e tra queste quella in cui si trova
l’attuale frazione di Palmas. A partire dal IX secolo, infatti, possediamo l’attestazione della Villa di Palmas di Sols (o Soxo o Sulcio, a
seconda delle fonti), che divenne un centro importante prima di decadere intorno alla metà del XV secolo, quando venne abbandonata
per essere ripopolata tra il XVIII e il XIX secolo
A protezione della Villa di Palmas di Sols era una cinta di mura, di cui
rimane qualche traccia, e, incorporato nel suo tracciato, il cosiddetto
castello. Non rimane molto di questa struttura, almeno in assenza di
indagini archeologiche più approfondite: si conservano infatti i soli
resti di una torre tronco-conica in grossi conci di pietra vulcanica, che
originariamente si articolava su due piani, per un’altezza originaria
tra i 10 e i 12 metri circa e un diametro esterno che si lascia ricostruire per un totale di circa 7,5 metri. Potrebbe trattarsi del castello
ricordato da alcune fonti, secondo le quali i Gherardesca gherardiani,
cui apparteneva la Villa dopo la fine del giudicato di Càlari nel 1258,
fecero erigere una struttura difensiva distrutta nel 1323 dagli Aragonesi, a seguito dello sbarco operato proprio in questa località, nel
Golfo di Palmas.
Secondo altri studiosi, invece, questa struttura sarebbe stata fatta
erigere nell’XI secolo dai giudici di Càlari, mentre esiste un’altra ipotesi secondo la quale l’opera sarebbe stata costruita dagli Aragonesi
a difesa della villa dopo il loro sbarco: in mancanza di studi specifici
è evidentemente difficile dire quale di queste ipotesi possa essere la
più convincente.
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Nuraghe
Palmas
Località Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S.
Maria e proseguire per un chilometro circa.
Sulla sommità della omonima collina, non lontano dall’antico abitato
di Palmas, distrutto nel 1962 a causa delle infiltrazioni provenienti
dalla vicina diga di Monte Pranu e ricostruito poco lontano su terreno
più salubre, si individua un imponente nuraghe, presumibilmente di
pianta trilobata, anche se la mancanza di regolari indagini scientifiche
non consente di spingersi oltre nelle ipotesi.
È questo uno dei nuraghi complessi presenti nel territorio di San Giovanni Suergiu, almeno tre per quanto si conosce fino ad oggi: Craminalana, Candelargiu e, appunto, Palmas. Queste importanti strutture,
insieme ai numerosi nuraghi monotorre, alle tombe di giganti e ai pozzi sacri conosciuti, costituiscono un’ulteriore, importante riprova della
diffusione capillare delle strutture nuragiche anche nelle aree costiere
della Sardegna, a sfatare la convinzione invalsa nell’immaginario popolare che i nuraghi siano caratteristici delle aree interne dell’isola.
Questo monumento si segnala, inoltre, per la posizione panoramica
in cui si trova, dalla quale è possibile godere della vista sui territori di
San Giovanni Suergiu e di Tratalias, sul bacino del Rio Palmas (che
in antico poteva essere navigabile per qualche chilometro), su tutto
l’omonimo Golfo e sulle isole di Sant’Antioco e San Pietro, permettendo al visitatore di toccare con mano i vantaggi della scelta logistica
operata dagli architetti nuragici.
Il monumento è raggiungibile imboccando la deviazione che dalla SS
195 conduce alla chiesetta romanica di S. Maria di Palmas e percorrendola per poco più di un chilometro.
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san giovanni suergiu
Trincee sotterrane e
Batterie della II guerra mondiale
Località Palmas, Svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S.
Maria e proseguire per un chilometro circa.
Il sito di Monte Palmas, come gli altri modesti rilievi costieri del territorio, tornò ad avere importanza durante la seconda Guerra Mondiale.
Sul monte sono presenti diverse trincee sotterranee che è possibile
visitare anche dall’interno.
Ai suoi piedi correva la linea difensiva (arco di contenimento) affidata
ai reparti della 205ª Divisione Costiera del Regio Esercito Italiano. Il
sito fu scelto per impiantare ben 2 batterie di artiglieria. La 36ª Batteria, completa di osservatorio, piazzole e camminamenti protetti, era
armata con vecchi cannoni Krupp-Ansaldo modello 1906, di calibro
75 millimetri. La batteria apparteneva al XVII Gruppo Artiglieria da
Posizione Costiera, inquadrato a sua volta nel 47° Raggruppamento
Artiglieria con sede di comando a Carbonia. Per le caratteristiche dei
pezzi, il tiro era limitato ad un compito antisbarco, con azione sulle
spiagge del settore. Merita assoluta tutela l’osservatorio, ancora dotato di colonnina di punteria in muratura e di alcune incisioni originali,
praticate nella feritoia di osservazione.
La seconda batteria di Monte Palmas (654ª) apparteneva invece al
LXXXV Gruppo batterie della 17ª Legione della Milizia Artiglieria Contraerei (DICAT/MACA) ed era armata con i moderni e ottimi pezzi contraerei da 90/53, capaci di contrastare formazioni nemiche in quota e
di effettuare tiri secondari, antisbarco e contro natanti. Il compito della
DICAT, nel settore, era di difendere gli impianti del bacino carbonifero
grazie a 6 batterie di artiglieria contraerea e diverse batterie di mitragliere da 20 millimetri.
Non lontano, a Terra Monsignori, era schierata una ulteriore batteria
antisbarco del Regio esercito, la 203ª del LXXXIII Gruppo, armata
con cannoni da 149/35. Gli osservatori di servizio erano ubicati su
Monte Palmas.
monumentiaperti
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Caposaldo VIII Avellino di
Palmas Vecchio
Località Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di
S. Maria.
Il caposaldo
VIII di Palmas
Vecchia è un
monumento
storico
della
seconda
Guerra Mondiale. Si articola su 4
casematte in
calcestruzzo: la numero
67 per cannone e mitragliatrici (camuffata
da caseggiato
attiguo alla antica Chiesa); la 68 e la 69 (camuffate da casa) e la postazione 70, probabilmente mascherata da passaggio a livello della
linea ferroviaria industriale Pantaleo-Santadi-Porto Botte, attiva tra la
fine del XIX secolo e la seconda metà del XX.
Sin dal giugno 1940, il XIII Corpo d’Armata (Sardegna) fu incaricato dallo Stato Maggiore del Regio Esercito di studiare i siti idonei a
realizzare sistemi fortificati contro sbarchi degli Alleati, a difesa degli approdi, dei centri produttivi e delle vie di facilitazione. Nel Sulcis
le principali difese furono concentrate a Sant’Antioco e nella zona
dell’arco di contenimento Santa Caterina. Questa linea bloccava le
rotabili e le ferrovie che si dipartivano dal Golfo di Palmas in direzione
di Carbonia, Siliqua e Teulada-Santadi.
La linea difensiva contava circa 90 postazioni in cemento ripartite in 24
capisaldi. Esistevano inoltre fossati anticarro, trincee e reticolati. Ogni
caposaldo aveva il compito di resistere a 360° fino all’ultima cartuccia,
cioè “anche se circondato o superato dal nemico”. La costruzione avvenne nel 1942-43. Le casematte erano servite dagli uomini del 129°
Reggimento (comando a Giba) in forza alla 205ª Divisione Costiera (comando a Carbonia, poi a Iglesias). Immediatamente a tergo della linea
difensiva si trovavano numerose batterie di artiglieria, dell’Esercito e
della Milizia Artiglieria Contraerei (MACA/DICAT). Monte Palmas, alle
spalle del caposaldo VIII, conserva importanti vestigia di queste batterie e dei relativi osservatori.
Il compito della linea difensiva era di bloccare azioni di Commando
e sbarchi di modesta entità. In caso di uno sbarco nemico in forze,
sarebbero giunte per effettuare dei contrattacchi le “forze mobili” e i
“gruppi tattici”, che nel settore appartenevano agli organici del 45°
Reggimento della divisione “Sabauda” (comando a Iglesias, poi Domusnovas). Le strutture dell’arco di contenimento Santa Caterina si
tramandano sostanzialmente integre, rappresentando un ottimo terreno per iniziative di valorizzazione.
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san giovanni suergiu
Nuraghe
Candelargiu
Località Is Calendargius, dalla SS 195, dopo l’uscita da San Giovanni Suergiu svoltare a sinistra in direzione Palangiai.
Non lontano dall’odierno abitato di San Giovanni Suergiu, in località
Palangiai, sorge uno tra i più imponenti complessi nuragici del territorio. Il nuraghe Candelargiu, ricoperto di terra fin quasi all’architrave di
quello che era verosimilmente il principale ingresso, fu probabilmente
nei secoli oggetto di riutilizzo, come indicano le tracce di malta e
intonaco su alcuni dei suoi muri. Si tratta di un poderoso nuraghe in
andesite a pianta trilobata, frutto dell’aggiunta di due torri secondarie
davanti al mastio, collegato da muri che cingono un cortile centrale.
Non lontano dal nuraghe sorge una capanna di dimensioni notevoli; vicino ad esso si trova inoltre un pozzo accuratamente rifasciato
all’interno, anch’esso di probabile datazione all’età nuragica. Rimangono tracce di un antemurale. Giovanni Lilliu ascrive la costruzione
del mastio al Bronzo Medio e quella delle due torri secondarie al
Bronzo Finale.
Questo nuraghe dimostra ancora una volta la densità dell’occupazione del territorio del Sulcis, e di quello di San Giovanni Suergiu in particolare, nel corso dei secoli della civiltà nuragica. È questo un fatto
che in realtà non deve sorprendere più di tanto, se si considera la ricchezza di questa regione, non solo dal punto di vista dell’agricoltura
e della pesca, ma anche grazie alla sua posizione a controllo degli approdi più comodi di tutto il sudovest sardo e dunque dei naturali punti
di approvvigionamento dei preziosi minerali metalliferi delle montagne
sulcitane da parte di mercanti provenienti da tutto il Mediterraneo.
monumentiaperti
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Centrale termoelettrica di
Santa Caterina
Località Santa Caterina, sulla SS 196, svoltare a destra poco prima
dell’istmo di Sant’Antioco.
Entrata in funzione nel 1939, la centrale di Santa Caterina è uno degli
esempi più significativi di archeologia industriale del Sulcis e testimone efficace dello sviluppo industriale di questa regione nella prima
metà del ‘900. Negli anni della seconda Guerra Mondiale la centrale, mediante la combustione del carbone proveniente da Serbariu,
polverizzato in loco da un frantoio, fornì energia non solo al complesso minerario sulcitano ma perfino all’area di Cagliari, attraverso
un’apposita rete di collegamento. La centrale rimase in uso fino al
1963 e definitivamente dismessa nel 1965, anche se alcune strutture
ospitarono fino al 1985 la “Stazione sperimentale per le ricerche sugli
isolamenti con inquinamento di tipo salino” dell’ENEL. La sua collocazione fu determinata principalmente dalla vicinanza alle acque della
laguna, impiegate per il funzionamento e raffreddamento delle macchine. Il complesso era costituito da tre principali corpi di fabbrica,
all’interno dei quali trovavano posto i generatori di vapore, i distillatori
di acqua marina con le pompe di alimento, i turbo-alternatori e i quadri da 5 KV. Di queste strumentazioni non si conserva oggi purtroppo
più molto, sebbene l’acquisizione della struttura alcuni anni fa da parte del Comune di San Giovanni Suergiu e la conseguente chiusura
dell’area abbiano contribuito a preservare ciò che rimane.
Di sicuro interesse è l’architettura dell’edificio principale, costituito
da tre corpi di altezze differenti. Un ulteriore elemento di interesse di
questo complesso riguarda le strutture complementari che si trovano
nell’area circostante la centrale vera e propria. Ad alcune centinaia di
metri dall’area, si trovano alcune palazzine destinate originariamente
ad ospitare il capo centrale e i capi turno e, in seguito, operai ed impiegati; il loro abbandono risale alla metà degli anni ’80. Nello stesso
periodo fu costruito e avviato anche uno dei primi impianti sperimentali
di energia eolica, in uno dei siti più esposti al vento (in particolare al
maestrale) dell’intero continente europeo, ma dopo pochi anni venne
anch’esso abbandonato. L’interno della struttura non è purtroppo accessibile, in quanto gli ingressi e le finestre sono stati murati per ragioni
di sicurezza. Un’eloquente mostra fotografica è però visitabile nell’edificio recentemente ristrutturato sulla destra del cancello d’ingresso.
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Sa Coronedda
nota come Rupe antropomorfa
Località Is Loccis Santus, dopo il Medau segnalata da appositi
cartelli.
Oggetto di grande curiosità è da alcuni anni a questa parte la rupe
antropomorfa situata nei pressi dell’abitato di Is Urigus, sul versante
della collina di Crabonaxia retrostante la necropoli di Is Loccis Santus. Si tratta di uno spuntone trachitico piuttosto imponente che presenta i tratti di un enorme volto umano (sopraciglia, naso, bocca,
mento) e per tale motivo è stato da molti interpretato come traccia di
culti preistorici, addirittura riconducibili alla civiltà egizia. In riferimento
a tali teorie è probabilmente invalso il nome di “sfinge” con cui è popolarmente conosciuto.
Al momento non è in realtà possibile determinare se questa roccia sia
stata così configurata da agenti umani oppure atmosferici, se cioè sia
l’esito dell’intervento deliberato di una civiltà antica oppure il semplice
risultato dell’azione del sole, della pioggia e del vento nel corso dei
secoli. L’ipotesi più verosimile è che si tratti di una roccia modellata
dal tempo, dal momento che non esiste in Sardegna alcunché di lontanamente confrontabile, che permetta di inserirla all’interno di una
ben precisa facies culturale, ma questo non impedisce di provare una
forte suggestione nel trovarsi di fronte a un monumento naturale dai
tratti così singolari.
monumentiaperti
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Postazione panoramica
Matzaccara
Segnalata da appositi cartelli dal centro del paese di Matzaccara.
Uno dei punti più panoramici del territorio di San Giovanni Suergiu,
oltre alla sommità delle colline di Monte San Giovanni, Punt’e Mesu
e Pizzo Bianco, è quello in cui si trova la vedetta dell’Ente Foreste, in
prossimità della frazione di Matzaccara. A conferma della posizione
strategica di questa località è il fortino della seconda guerra mondiale
che ancora la presidia, struttura dalla quale poteva ben essere controllato tutto il golfo di Palmas e la laguna di Sant’Antioco fino all’isola
di San Pietro.
A differenza delle altre alture del territorio, questa è particolarmente
vicina al mare. Dalla sua sommità è inoltre possibile osservare l’area
della frazione di Matzaccara, ricca di testimonianze archeologiche a
tutt’oggi poco conosciute. Non è ancora stato possibile, infatti, identificare con precisione il sito dell’antica Populum, ma ormai gli studiosi sono pressoché concordi nell’identificare in quest’area la sede del
centro (forse un vicus) citato dal geografo Tolomeo nella sua Geografia del II sec. d.C. A sostegno di tale ipotesi cospicui resti di necropoli
e strutture termali. Oltre a questi, si segnalano inoltre domus de janas
e strutture nuragiche, oltre ai lacerti della strada che conduceva dalla
città di Sulci a Cagliari e che passa alle spalle dell’altura, non lontana,
di Monte Sirai.
Per lunghi secoli dopo l’età medievale questo territorio rimase però
prevalentemente spopolato. Al 1810 si ascrive invece l’atto notarile
di “ristabilimento d’un Villaggio posto nel sito denominato Mazzacara
giurisdizione del Marchesato di Palmas”. A partire da questo momento un gruppo di 22 famiglie provenienti da Portoscuso e da San
Giovanni Suergiu si insedierà nel territorio ridando vita, fino ad oggi,
all’antico villaggio che vi esisteva.
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san giovanni suergiu
Saline
Località Cortiois, Sulla SS 195, dopo il paese di Palmas, svoltare
sulla destra.
La Salina di Sant’Antioco si estende su una fascia pericostiera lunga
circa 20 km, per una profondità massima di circa 3 km. Realizzata nei
primi anni sessanta mediante opere di regimazione e collegamento
di lagune costiere esistenti, entrò in produzione nel finire dello stesso
decennio. La superficie utile coperta dalle acque, variabile stagionalmente, è di circa 1500 ettari, suddivisa, in ragione delle funzioni assolte per l’attività produttiva, in evaporante (1300 ettari) e salante (200
ettari). La restante parte di superficie coperta dalle acque costituisce
la zona salante, nella quale si ha la precipitazione del cloruro di sodio.
Questa zona viene continuamente alimentata durante la campagna
salifera con l’acqua satura preparata nella zona evaporante, che qui
raggiunge densità prossime ai 30° Bè. Il movimento delle acque a
ciclo continuo viene realizzato sfruttando per la maggior parte della superficie il dislivello naturale del terreno; ove ciò non è possibile
provvedono 6 stazioni idrovore di sollevamento dislocate in diverse
zone della Salina. La quantità di acqua di mare utilizzata per la produzione del sale, variabile in funzione dei parametri climatici che governano il regime di evaporazione, e dunque dell’andamento stagionale.
Il periodo più favorevole alla produzione comprende i mesi che vanno da maggio a settembre: le operazioni di pompaggio hanno inizio
quando le evaporazioni prendono il netto sopravvento sulle piogge.
Durante il restante periodo dell’anno l’attività produttiva è tesa alla
conservazione delle caratteristiche delle acque presenti nelle diverse zone evaporanti, così da avere un effetto polmone all’inizio della
campagna salifera successiva. Queste procedure tecnico operative,
oltre ad assumere rilevante importanza dal punto di vista strettamente produttivo, garantiscono una limitata escursione intorno ai livelli
medi delle diverse zone, garantendo la salvaguardia e la sostanziale
costanza delle precipue caratteristiche di questi importantissimi siti,
che costituiscono uno straordinario habitat soprattutto per la sosta e
lo svernamento dei limicoli, di spatole, gru, aironi bianchi maggiori e
di piccoli gruppi di oche, per i nidificanti abituali quali il cavaliere d’Italia, l’avocetta, il fratino, il fraticello, la sterna zampenere, la pernice di
mare, il gabbiano roseo ed il gabbiano corallino, anatre di varie specie
oltre al famoso fenicottero rosa che, ormai costantemente al di sopra
del migliaio di individui, ha costituito proprio nella salina una delle più
importanti popolazioni europee di questa specie.
Il complesso delle Saline è visitabile solo con servizio di guida, che
partirà dall’ingresso dell’area esclusivamente alle ore 16 di sabato 29
e alle ore 10 e 16 di domenica 30 settembre.
monumentiaperti
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Palmas Nuovo
16 ottobre 1962
La nuova borgata di Palmas venne inaugurata il 16 ottobre 1962 dal
Presidente della Regione Sardegna Efisio Corrias con il sindaco di
San Giovanni Suergiu Giovanni Madeddu. Il nuovo paese sostituiva
la vecchia Palmas, le cui condizioni erano state compromesse irrimediabilmente dalle infiltrazioni del lago di Monte Pranu, inaugurato
appena dieci anni prima (24 Giugno 1951) dal Ministro dell’Agricoltura Antonio Segni.
Il nuovo villaggio venne costruito con fondi della Cassa per il Mezzogiorno e della Regione Sardegna; i progetti furono redatti dall’ing.
Salaris per le abitazioni e l’ing. Piludu per gli edifici pubblici. Il progetto
rispettava tutti i canoni urbanistici e architettonici dello stile razionalista, che ha caratterizzato anche la vicina città di Carbonia, inaugurata
da Mussolini il 18 dicembre 1938.
La pianta urbana della borgata è caratterizzata da un reticolo quadrato con la piazza al centro ed intorno ad essa la chiesa, gli uffici
comunali e la scuola; gli edifici commerciali sono situati lungo il viale
d’accesso al paese. Le abitazioni della nuova borgata rispondono ai
canoni ed alle funzioni di un borgo rurale; le varie tipologie abitative,
infatti, sono tutte dotate di cortile e tettoia per il ricovero del bestiame
e si differenziano per tipologie: case minime a due vani (tipo Ao); tre
vani (tipo A1); quattro vani (tipo A2) tutte a piano terreno. La seconda
tipologia B definisce le case più grandi con piano sopraelevato da
quattro a cinque vani e magazzino; la tipologia C le case con cinque
vani, piano sopraelevato e magazzino; la tipologia D le case con sei
vani, piano sopraelevato e magazzino. I lavori per gli edifici abitativi
ebbero inizio il 24 agosto 1960.
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I lavori per le opere pubbliche, strade, acquedotto e fognature, iniziarono nel 1961. La chiesa e la scuola furono edificate successivamente: l’edificio di culto fu inaugurato nel 1966 da Monsignore Enea Selis.
L’iter progettuale della scuola fu problematico in quanto il primo progetto dell’edificio scolastico venne bocciato dal genio civile, fu quindi
rivisto e ridimensionato rispetto al progetto originario.
Il risultato architettonico e urbanistico di Palmas Nuovo è erede di
quel filone sviluppatosi in Sardegna con il programma della “Bonifica
integrale”, che inaugura una sequenza di città nuove e di borghi rurali
che puntellano le campagne e fanno da contraltare ai più noti villaggi
minerari.
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Stabilimento chimico
di San Giovanni Suergiu
Visitabile solo dall’esterno lungo la strada comunale Is Loccis Trottus fronte galoppatoio
Lo stabilimento chimico
nasce originariamente
come impianto di macinazione della barite proveniente dalla miniera di
Mont’Ega a Narcao.
La società operava per
ricerche di piombo argentifero e barite e da
Mont’Ega ricavava sali
di bario per impieghi
industriali. La nuova
Compagnia quindi era
interessata allo sfruttamento della barite,
per il quale venne installato presso l’abitato
di San Giovanni Suergiu, adiacente all’area
che avrebbe ospitato
la stazione ferroviaria
dal 1926, un mulino di
macinazione. In quella
sede furono costruiti gli edifici amministrativi, le case operaie e un’infermeria. Tutta l’area fu soggetta a bonifica con il concorso dello stato. Tutto il complesso, oggi di proprietà del Consorzio di Bonifica del
Basso Sulcis, è ben visibile dalla statale 195 all’ingresso del centro
abitato.
L’impianto dello stabilimento fu costruito dalla casa tedesca Humbolt
e la produzione annua era di 2.000 tonnellate, metà delle quali veniva
venduta sul territorio nazionale, il resto in Inghilterra, Indie Inglesi e
Olandesi e nel Nord America. Nel 1935 erano impegnati 30 operai e
nel 1937 la Compagnia Chimico Mineraria si fuse con la Società Magnesio Italiano del Sulcis, assumendo la denominazione S.A.M.I.S.;
in quello stesso 1937 la Società, non avendo avuto l’autorizzazione
ministeriale per la produzione del litopone, diresse l’attività industriale
verso la produzione del magnesio metallico e la distillazione del carbone Sulcis. Un repentino calo della produzione di magnesio metallico nel 1938 portò alla cessazione dell’attività dello stabilimento nel
1939. Tutti gli apparati meccanici vennero destinati ad altri impianti
minerari ad eccezione del settore distillazione, acquisito dall’ACaI,
che intanto aveva avviato la costruzione del suo impianto di distillazione presso S. Antioco Ponti. La nuova fabbrica avrebbe prodotto
principalmente benzina dalla distillazione del Carbone Sulcis e altri
prodotti derivati quali olii lubrificanti e nafta. L’impianto di San Giovanni Suergiu venne acquistato dalla Carbosarda nel 1942 e continuò la
produzione di barite sino al 1948. L’ultimo concessionario, la Società
Mineraria Possis destinò l’impianto alla produzione di bentonite, per il
cui trattamento furono realizzate le vasche di decantazione, oggi ancora visibili. Il complesso industriale passò di pertinenza al Consorzio
di Bonifica, mentre le palazzine furono acquisite dal Comune di San
Giovanni Suergiu.
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san giovanni suergiu
Chiesa di San Giovanni Battista
I lavori per la costruzione
dell’attuale chiesa del centro
sangiovannese iniziarono a
gennaio 1958 e terminarono
nel settembre del 1959. Opera
dell’architetto Di Tomassi si
distingue per lo stile moderno
e per il campanile a pianta
quadrata. Su una facciata è
presente un grande mosaico
realizzato da Filippo Figari
il quale rappresenta San Giovanni Battista che raccoglie i frutti
del’acqua donata dalla diga di Monte Pranu.
Chiesa di Sant’Elena Imperatrice
Matzaccara
Costruita nel 1968 la parrocchiale
ha una pianta rettangolare
mononavata e tetto a capanna
sostenuto da travi lignee.
Chiesa Beata Maria Vergine delle Grazie
Palmas Nuovo
L’edificio realizzato nel 1966 ha pianta
rettangolare mononavata; nel presbiterio
e nella facciata sono realizzati degli
affreschi e all’esterno addossato a
sinistra dell’edificio c’è il campanile
costruito a base quadrangolare.
Chiesa di San Raffaele Arcangelo
Is Urigus
La chiesa con annessa
una piccola sacrestia e i
servizi fu ultimata nel 1983.
Successivamente
furono
costruiti la casa parrocchiale,
il salone e il piccolo studio.
Singolare, dal forte significato
simbolico, la forma che
volutamente somiglia ad un
traghetto. Richiama l’Arca di
Noè che salvò l’umanità dal
diluvio universale.
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Stazione FMS
Il Comune di San Giovanni Suergiu ebbe il suo maggiore sviluppo
grazie al fatto che divenne un nodo ferroviario importantissimo. Il
grande sviluppo dell’industria mineraria portò alla nascita della Società Ferrovie Meridionali Sarde che costruì due linee ferroviarie a
scartamento ridotto di grande importanza per il collegamento Sulcis
iglesiente - basso sulcis. Le due linee vennero entrambe inaugurate il
23 maggio 1926 ed erano: la Siliqua-Palmas Suergiu-Calasetta e la
Iglesias-Palmas-Suergiu (l’attuale San Giovanni Suergiu).
Il massimo sviluppo di traffico si ebbe negli anni ‘40-’50 in concomitanza con il periodo di maggior produzione di carbone nel Sulcis.
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Partecipano
alla Manifestazione
Le visite guidate ai monumenti sono a cura delle classi dell’Istituto Comprensivo “G. Marconi” San Giovanni Suergiu e dei
volontari.
Si ringraziano la Fraternità della Misericordia di San Giovanni
Suergiu e la Protezione Civile per l’assistenza in occasione
della manifestazione.
Si ringraziano le associazioni:
ACLI-Mani Amiche
A.S.S. Fort Sardegna
Associazione Culturale Palmas Vecchio
Associazioni Equestri
Auser Terza Età
Banda Musicale Ennio Porrino
Circolo Anspi Santa Vitalia
Club del Modellismo Storico di Cagliari
Comitato San Giovanni Battista
Comitato Sant’Elena Imperatrice
Don Bosco Matzaccara
Gruppo Folk Simone Serra
Gruppo Is Massaius Suerginus
Gruppo di Ricamo
Istituto Per la Famiglia
Progetto Quartu 2000
Pro Loco
Quadrifoglio ‘95
S’Arriu de Is Fa.In.A.S
V.S.C. Palmas
Si ringraziano inoltre:
Natascia Capurro e il gruppo musicale Solkinos
Gianluca e Laura Cotza
Le Scuole di ballo Fuego Latino e Magalenha Ro Dance
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Le famiglie, Pistis e Locci
Sig. Antonello Sanna
La disponibilità degli abitanti del medau di Is Gannaus
Valeria Randazzo per la foto delle Saline
Tutte le volontarie e tutti i volontari che hanno contribuito in
vario modo per la buona riuscita della manifestazione.
Schede dei monumenti a cura di:
A.S.S. Fort Sardegna
Club Modellismo Storico di Cagliari
Associazione Progetto Quartu 2000
Manuela Puddu
Sabrina Sabiu
Laura Deidda
Mauro Trullu
Valentina Solinas
Roberto Pucci
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Bibliografia
Atzeni Enrico. La “cultura del vaso campaniforme” nella necropoli di Locci-Santus (San Giovanni Suergiu), in Santoni,
Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio. S’Alvure, 1995, pp. 119-143
Cancedda Remo. Da Palmas de Sol a San Giovanni Suergiu
1809-2010. Ed. 2012
Casula Francesco Cesare. Dizionario storico sardo. Carlo
Delfino Editore, 2001
Coroneo Roberto. Architettura romanica dalla metà del Mille
al primo ‘300. Ilisso, 1993
Delogu Ignazio. Carbonia, Storia di una città. Ed. Tema 2003
Fois Foiso. Castelli della Sardegna medievale. Silvana Editoriale, 1992
Lilliu Giovanni. Preistoria e protostoria del Sulcis, in Santoni
Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio. S’Alvure, 1995, pp. 11-50
Masala Franco. Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del
‘900. Ed. Ilisso, 2001
Meloni Piero. La costa sulcitana in Tolomeo (Geogr., III,3, 3), in
Santoni Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia
e territorio. S’Alvure, 1995, pp. 307-314
Mezzolani Sandro e Simoncini Andrea. Sardegna da salvare.
Archeologia industriale. Archivio Fotografico Sardo, 1995
Ottelli Luciano. Serbariu, storia di una miniera. Ed Tema, 2005
Sabiu Sabrina. Rosas una miniera nella Sardegna contemporanea. AMD edizioni, 2007
Archivio e Biblioteca Comunale di San Giovanni Suergiu
Giovanni Antonio Sanna, Le Ferrovie del Sulcis, Edizioni
Calosci
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