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Parte 1 Funzioni di variabile complessa Indice Parte 1. Funzioni di variabile complessa 1 Capitolo 1. Definizioni e prime proprietà 1. Funzioni elementari nel campo complesso 2. Funzioni olomorfe 5 5 10 Capitolo 2. Proprietà delle funzioni olomorfe 21 1. Integrazione complessa 21 2. Teorema integrale di Cauchy 25 3. Formule integrali di Cauchy 29 4. La proprietà di Cauchy come caratterizzazione dell’olomorfia 34 5. Proprietà “geometriche” delle funzioni olomorfe 36 Capitolo 3. Funzioni meromorfe: singolarità e residui 43 1. Rappresentazione in serie per funzioni olomorfe 43 2. Rappresentazione in serie di Laurent e studio delle singolarità 45 3. Teoria dei residui 51 Complementi 59 3 Capitolo 1 Definizioni e prime proprietà Funzioni elementari nel campo complesso. Cenni su logaritmi e polidromia. Derivazione complessa e olomorfia. 1. Funzioni elementari nel campo complesso Ci occuperemo d’ora in poi di funzioni complesse (cioè a valori nell’insieme dei numeri complessi C) di variabile complesse a (cioè definite su un opportuno sottoinsieme di C). Poiché l’insieme dei numeri complessi C si può identificare con il piano euclideo R2 mediante l’applicazione biunivoca (1.1) C 3 z = x + iy ←→ (x, y) ∈ R2 , ogni funzione complessa a variabile complessa è equivalente ad una funzione di due variabili reali a valori in R2 . Ciò rende praticamente impossibile rappresentare graficamente le funzioni 5 6 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ complesse di variabile complessa. D’altra parte, possiamo associare in modo inequivoco ad ogni funzione complessa f una coppia di funzioni reali u e v come segue1 (1.2) f :A⊂C→C ↔ u , v : B ⊂ R2 → R f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y). Cosı̀ come assegnare z significa assegnare la sua parte reale x e la sua parte immaginaria y, assegnare la funzione f vuol dire assegnare u e v . Molte funzioni di variabile complessa possono essere introdotte semplicemente supponendo che la variabile indipendente assuma dei valori complesi qualsiasi. È questo il caso delle funzioni polinomiali, ovvero f (z) = a0 z n + a1 z n−1 + · · · + an−1 z + an , dove a0 , · · · an sono dei numeri complessi assegnati. Si può dire lo stesso delle funzioni razionali f (z) = a0 z n + a1 z n−1 + · · · + an−1 z + an , b0 z m + b1 z m−1 + · · · + bm−1 z + bm o delle funzioni esprimibili mediante radicali, come ad esempio √ f (z) = z − 1. In questi casi la decomposizione in parte reale e immaginaria (1.2) può essere eseguita mediante semplici operazioni. Esempio 1.1. Consideriamo la funzione f : C → C, f (z) = z 2 . Poiché (x + iy)2 = x2 + 2ixy − y 2 , questa funzione può essere decomposta come f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) con u(x, y) = x2 + y 2 e v(x, y) = 2xy. 1. FUNZIONI ELEMENTARI NEL CAMPO COMPLESSO x2 − y 2 = R(x + iy)2 2xy = I(x + iy)2 y x 7 y x Attenzione a non confondere la funzione f (z) = z 2 con la funzione g(z) = |z|2 , ovvero g(x + iy) = x2 + y 2 . Si noti che, in realtà, tutti i valori di g hanno parte immaginaria nulla, ovvero g è “a valori reali”. Di conseguenza, g può essere rappresentata graficamente in un colpo solo: x2 + y 2 = |x + iy|2 y x 8 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ Le funzioni elementari trascendenti e trigonometriche possono essere definite a partire dalle cosiddette formule di Eulero 1 it e + e−it , 2 1 it e − e−it , sin t = 2i cos t = (1.3) (1.4) dove t è un qualunque numero reale. Da queste si deduce che cos t + i sin t = 1 it i it e + e−it + e − e−it = eit . 2 2i È dunque naturale definire l’esponenziale complesso come ez = ex+iy = ex (cos y + i sin y) . ex cos y = R (ex+iy ) x ex sin y = I (ex+iy ) y x y Rimandiamo ai complementi (vedi l’Osservazione 3.15) per una definizione più rigorosa. È possibile “invertire” la funzione esponenziale, e la sua inversa sarà il logaritmo complesso. 1. FUNZIONI ELEMENTARI NEL CAMPO COMPLESSO log p x2 + y 2 = R (log(x + iy)) y x 9 arctan(x/y) = I (log(x + iy)) y x Possiamo ora interpretare la formula (1.3) anche quando t = x + iy è un qualunque numero complesso: 1 ix−y 1 i(x+iy) e + e−i(x+iy) = e + e−ix+y 2 2 1 −y = (cos x + i sin x) e + (cos x − i sin x) ey 2 1 1 = cos x e−y + ey + i sin x e−y − ey 2 2 = cos x cosh y − i sin x sinh y. cos(x + iy) = Definiamo allora il coseno complesso come : cos z = cos(x + iy) = cos x cosh y − i sin x sinh y. cos x cosh y = I (cos(x + iy)) x y − sin x sinh y = I (cos(x + iy)) x y 10 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ In modo simile deduciamo dalla formula (1.4) che: 1 ix−y 1 sin(x + iy) = ei(x+iy) − e−i(x+iy) = e − e−ix+y 2 2 1 −y = (cos x + i sin x) e − (cos x − i sin x) ey 2 1 1 = cos x e−y − ey + i sin x e−y + ey 2 2 = − cos x sinh y + i sin x cosh y. Definiamo allora il seno complesso come : sin z = sin(x + iy) = − cos x sinh y + i sin x cosh y. − cos x sinh y = R (sin(x + iy)) y x sin x cosh y = I (sin(x + iy)) x y 2. Funzioni olomorfe Definizione 1.1. Prendiamo una funzione di variabile complessa f : A → C, dove A è un sottoinsieme aperto di C. Sia poi zo un punto di A, diciamo che f è derivabile (in senso complesso) in zo se esiste il limite del rapporto incrementale lim z→zo f (z) − f (zo ) . z − zo In tal caso, il valore di tale limite (che sarà un numero complesso) si dice derivata (in senso complesso) di f in zo e si indica con f 0 (zo ) o con Df (zo ). 2. FUNZIONI OLOMORFE 11 Diremo poi che f è olomorfa in A se è derivabile in ogni punto di A. Se, in particolare, l’insieme di olomorfia A è tutto il piano euclideo C, parliamo di funzione olomorfa intera. Come per le derivate in senso reale, valgono tutte le proprietà “algebriche” dei limiti. Proposizione 1.1 (Proprietà della derivata complessa). Siano f1 e f2 due funzioni olomorfe e c1 , c2 due numeri complessi. Allora (1.5) D (c1 f1 + c2 f2 ) (z) = c1 f10 (z) + c2 f20 (z), (1.6) D (f1 f2 ) (z) = f10 (z)f2 (z) + f1 (z)f20 (z). Se, inoltre, f2 (z) 6= 0, allora f1 f 0 (z)f2 (z) − f1 (z)f20 (z) (1.7) D . (z) = 1 f2 f2 (z)2 Le funzioni polinomiali sono olomorfe in tutto C, le funzioni razionali sono olomorfe sul loro dominio di definizione (vedi Esempi 3.4, 3.5 e 3.6). Ricordando che l’insieme dei numeri complessi C si può identificare con il piano euclideo R2 mediante l’applicazione biunivoca (1.1), possiamo associare in modo inequivoco ad ogni funzione complessa f una coppia di funzioni reali u e v come in (1.2). Ricordiamo poi una definizione. Definizione 1.2. Prendiamo una funzione di due variabili reali u : B → R, dove B è un sottoinsieme aperto di R2 . Sia poi (xo , yo ) un punto di B. Diciamo che u ammette derivata parziale rispetto a x in (xo , yo ) se esiste, finito, il limite del rapporto incrementale nella direzione delle x: u(x, yo ) − u(xo , yo ) . lim x→xo x − xo 12 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ In tal caso, il valore di tale limite (che sarà un numero reale) si dice derivata parziale rispetto a x di u in (xo , yo ) e si indica con ∂u (xo , yo ) o ∂x u(xo , yo ) o ux (xo , yo ). ∂x y x x y Figura 1. A sinistra, abbiamo disegnato in verde la curva u(x, 0) e in blu la rispettiva retta tangente. A destra, in verde è la curva u(0, y) e in blu la rispettiva retta tangente. In modo del tutto simile, diremo che u ammette derivata parziale rispetto a y in (xo , yo ) se esiste, finito, il limite del rapporto incrementale nella direzione delle y: lim y→xo u(xo , y) − u(xo , yo ) . y − yo In tal caso, il valore di tale limite (che sarà un numero reale) si dice derivata parziale rispetto a y di u in (xo , yo ) e si indica con ∂u (xo , yo ) o ∂y u(xo , yo ) o uy (xo , yo ). ∂y Diciamo poi che u è differenziabile in (xo , yo ) se (i) u ammette derivate parziali rispetto a x e y in (xo , yo ), (ii) vale la relazione 2. FUNZIONI OLOMORFE u(x, y) − u(xo , yo ) − (x,y)→(xo ,yo ) |(x, y) − (xo , yo )| ux (xo , yo ) (x − xo ) + uy (xo , yo ) (y − yo ) − =0 |(x, y) − (xo , yo )| lim (1.8) 13 In questo caso, diciamo differenziale di u in (xo , yo ) l’applicazione lineare du(xo , yo ) : R2 → R, du(xo , yo ) (h, k) := ux (xo , yo ) h + uy (xo , yo ) k. y x Figura 2. Differenziale e piano tangente. Si noti che, vicino al punto (xo , yo ) u(xo + h, yo + k) = u(xo , yo ) + du(xo , yo ) (h, k) + o(|(h, k)|), dove con o(|(h, k)|) abbiamo indicato indicato una funzione che va a zero più velocemente della norma del vettore (h, k), ovvero 14 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ √ di |(h, k)| = h2 + k 2 . In sostanza, possiamo approssimare la funzione u con una funzione affine cosı̀ costruita: il valore di u nel punto (xo , yo ) più l’applicazione lineare data dal differenziale. L’errore compiuto con questa approssimazione è dato dall’o, che sappiamo essere più piccolo della distanza dal punto (xo , yo ). Da notare che la differenziabilità è una proprietà più forte della derivabilità parziale. Infatti, ci sono funzioni che hanno tutte e due le derivate parziali - sia nella direzione x che y - ma non sono derivabili! (vedi Esempio 3.7) Che relazione c’è fra la derivabilità (in senso complesso) di f e la differenziabilità (in senso reale) di u e v? È facile convincersi che le due nozioni sono collegate: il legame é dato dalle cosiddette equazioni di Cauchy - Riemann. Teorema 1.2 (Condizione necessaria di olomorfia). Sia f : A → C derivabile (in senso complesso) in un punto zo = xo + iyo ∈ A. Allora le funzioni u e v definite in (1.2) hanno derivate parziali in (xo , yo ), e valgono le equazioni di Cauchy-Riemann ux (xo , yo ) = vy (xo , yo ), (1.9) uy (xo , yo ) = −vx (xo , yo ). Dim. Sostituendo f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) nella definizione di derivata complessa otteniamo che esiste il limite u(x, y) + iv(x, y) − u(xo , yo ) − iv(xo , yo ) f 0 (zo ) = lim (x,y)→(xo ,yo ) (x − xo ) + i(y − yo ) = [u(x, y) − u(xo , yo )] + i [v(x, y) − v(xo , yo )] . (x,y)→(xo ,yo ) (x − xo ) + i(y − yo ) lim Questo limite esiste nel senso di R2 , cioè il vettore (x, y) può avvicinaresi a (xo , yo ) in qualunque modo. In particolare, possiamo pensare che si avvicina nella direzione delle x, ovvero che 2. FUNZIONI OLOMORFE 15 y è costante e uguale a yo , mentre x tende a xo . Otteniamo cosı̀ che f (x + iyo ) − f (xo + iyo ) x→xo x − xo [u(x, yo ) − u(xo , yo )] + i [v(x, yo ) − v(xo , yo )] = lim x→xo x − xo u(x, yo ) − u(xo , yo ) v(x, yo ) − v(xo , yo ) = lim + i lim x→xo x→xo x − xo x − xo = ux (xo , yo ) + ivx (xo , yo ). f 0 (zo ) = lim (1.10) In modo speculare, possiamo pensare che il vettore (x, y) si avvicina nella direzione delle y, ovvero che x è costante e uguale a xo , mentre y tende a yo . Otteniamo cosı̀ che f (xo + iy) − f (xo + iyo ) y→yo i(y − yo ) [u(xo , y) − u(xo , yo )] + i [v(xo , y) − v(xo , yo )] = lim y→yo i(y − yo ) u(xo , y) − u(xo , yo ) v(xo , y) − v(xo , yo ) = −i lim + lim y→yo x→xo y − yo y − yo = vy (xo , yo ) − iuy (xo , yo ). f 0 (zo ) = lim (1.11) Ora, per l’unicità del limite, le due quanità che abbiamo ottenuto in (1.10) e (1.11) devono essere identiche: devono cioè coincidere, rispettivamente, la parte reale e la parte immaginaria. Queste due uguaglianze sono, appunto, le equazioni di Cauchy-Riemann (1.9). Se, con un piccolo abuso di notazione, indichiamo con f anche la funzione di due variabili reali f : B ⊂ R2 → C, f (x, y) = u(x, y) + i v(x, y), le equazioni di Cauchy-Riemann possono essere scritte sinteticamente come (1.9)0 1 ∂ ∂ f= f. ∂x i ∂y 16 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ In effetti le equazioni di Cauchy-Riemann sono quasi una caratterizzazione dell’olomorfia, nel senso che sono molto vicine ad essere anche una condizione sufficiente. Teorema 1.3 (Condizione sufficiente di olomorfia). Siano f : A ⊂ C → C e u, v : B ⊂ R2 → R legate dalla relazione (1.2). Sia poi zo = xo + iyo un punto di A. Se le funzioni u e v sono differenziabili nel punto (xo , yo ) e valgono le equazioni di Cauchy-Riemann (1.9), allora f è olomorfa in zo e vale la relazione (1.12) f 0 (zo ) = ux (xo , yo ) + ivx (xo , yo ) = vy (xo , yo ) − iuy (xo , yo ). Dim. La nostra tesi equivale a dimostrare che lim z→zo 0 f (z) − f (zo ) − f 0 (zo )(z − zo ) = 0, z − zo dove f (zo ) è dato dalla relazione (1.12). Cominciamo allora con l’utilizzare la trasformazione (1.1) e la relazione (1.2), sicché il limite che vogliamo calcolare diventa il limite per (x, y) → (xo , yo ) di u(x, y) + iv(x, y) − u(xo , yo ) − iv(xo , yo ) x − xo + i(y − yo ) (ux (xo , yo ) + ivx (xo , yo )) (x − xo + i(y − yo )) − = x − xo + i(y − yo ) u(x, y) − u(xo , yo ) − ux (xo , yo ) (x − xo ) + vx (xo , yo )(y − yo ) x − xo + i(y − yo ) v(x, y) − v(xo , yo ) − vx (xo , yo ) (x − xo ) − ux (xo , yo ) (y − yo ) . +i x − xo + i(y − yo ) Utilizzando le equazioni di Cauchy-Riemann, possiamo riscriverla come il limite per (x, y) → (xo , yo ) di u(x, y) − u(xo , yo ) − ux (xo , yo ) (x − xo ) − uy (xo , yo )(y − yo ) x − xo + i(y − yo ) v(x, y) − v(xo , yo ) − vx (xo , yo ) (x − xo ) − vy (xo , yo ) (y − yo ) +i . x − xo + i(y − yo ) 2. FUNZIONI OLOMORFE 17 Ora, poiché u e v sono differenziabili in (xo , yo ), ci sono due funzioni ou e ov che vanno a zero più velocemente di |(x − xo , y − yo )| tali che u(x, y) − u(xo , yo ) − ux (xo , yo ) (x − xo ) − uy (xo , yo )(y − yo ) = ou (|(x − xo , y − yo )|) , v(x, y) − v(xo , yo ) − vx (xo , yo ) (x − xo ) − vy (xo , yo ) (y − yo ) = ov (|(x − xo , y − yo )|) per (x, y) vicino a (xo , yo ). Pertanto il limite che vogliamo calcolare è pari a ou (|(x − xo , y − yo )|) + i ov (|(x − xo , y − yo )|) . lim x − xo + i(y − yo ) (x,y)→(xo ,yo ) Poi, moltiplicando e dividendo per p |(x − xo , y − yo )| = (x − xo )2 + (y − yo )2 = |x − xo + i(y − yo )|, otteniamo ou (|(x − xo , y − yo )|) + iov (|(x − xo , y − yo )|) |(x − xo , y − yo )| (x,y)→(xo ,yo ) |(x − xo , y − yo )| . × x − xo + i(y − yo ) Il primo fattore di questo prodotto va a zero per come definiamo ou e ov , mentre il secondo fattore è limitato in quanto |(x − xo , y − yo )| x − xo + i(y − yo ) = 1 lim per ogni (x, y) 6= (xo , yo ). Segue allora che il limite è zero, come volevamo. Abbiamo cosı̀ visto che le condizioni di Cauchy-Riemann implicano l’olomorfia quando sappiamo a priori che le funzioni u e v sono differenziabili. Questa proprietà non è migliorabile: precisamente, se le funzioni u e v ammettono solo derivate parziali, allora non è detto che f = u + iv sia olomorfa anche se le condizioni di Cauchy-Riemann sono soddisfatte. Per convincercene, vedere l’esempio 3.8. 18 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ Passiamo infine ad osservare che, derivando la prima equazione di Cauchy-Riemann rispetto a x e la seconda rispetto a y, si ottiene che u soddisfa la cosiddetta equazione di Laplace (1.13) ∆u = uxx + uyy = 0. Si noti poi che, derivando la prima equazione di Cauchy-Riemann rispetto a y e la seconda rispetto a x, si ottiene che anche v soddisfa l’equazione di Laplace. Diciamo armonica una qualunque funzione di due variabili che è derivabile due volte sia rispetto a x che rispetto a y e che verifica l’equazione di Laplace. Enunciamo senza dimostrarlo un importante risultato. Proposizione 1.4. Ogni funzione armonica è parte reale di una funzione olomorfa, e viceversa la parte reale di una funzione olomorfa è armonica. Inoltre tanto le funzioni olomorfe, quanto le funzioni armoniche, hanno derivate di qualunque ordine. In particolare, data una qualunque funzione armonica u(x, y), è possibile determinare una nuova funzione v(x, y) in maniera tale che la nuova funzione f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) sia armonica. armoniche. Diremo in tal caso che u e v sono coniugate Esercizio 1.1. Stabilire se, e dove, le seguenti funzioni sono olomorfe: (1) f (z) = z̄, (2) f (z) = z 2 + iz 3 , (3) f (x + iy) = x2 + iy 3 . Esercizio 1.2. Verificare che la funzione u(x, y) = ex (x cos y − y sin y) è armonica. Determinarne poi una coniugata armonica. 2. FUNZIONI OLOMORFE 19 Esercizio 1.3. Stabilire per quali valori del parametro reale κ la funzione u(x, y) = eκxy sin(x2 − y 2 ) è armonica. Dopo aver scelto un valore per κ, determinarne una coniugata armonica. Esercizio 1.4. Verificare che (1) ez è olomorfa intera con (ez )0 = ez , (2) sin z è olomorfa intera con (sin z)0 = cos z, (3) cos z è olomorfa intera con (cos z)0 = − sin z, (4) sinh z è olomorfa intera con (sinh z)0 = cosh z 2, (5) cosh z è olomorfa intera con (cosh z)0 = sinh z 3. 2ricordiamo che il seno iperbolico - complesso - è definito come 1 z sinh z = e − e−z , 2 dove ez indica l’ormai noto esponenziale complesso 3ricordiamo che il coseno iperbolico - complesso - è definito come 1 z e + e−z . cosh z = 2 Capitolo 2 Proprietà delle funzioni olomorfe Integrazione su curve complesse. Teorema e formule integrali di Cauchy. Teorema di Morera. Teorema di Liouville e applicazioni. Teorema del massimo modulo. 1. Integrazione complessa Cominciamo col definire l’integrale per una funzione a valori complessi di una variabile reale f : (a, b) ⊂ R → C. Con la solita convenzione che separa parte reale e parte immaginaria scriviamo f (x) = u(x) + iv(x), da cui è naturale definire l’integrale come Z b Z b Z b (2.1) f (x)dx = u(x)dx + i v(x)dx, a a a dove i due integrali che compaiono a destra sono i ben noti integrali di funzioni reali di una variabile reale. 21 22 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE L’integrale cosı̀ definito gode di tutte le proprietà formali dell’integrale di funzioni reali. Inoltre Proposizione 2.1. Se f : (a, b) ⊂ R → C è una qualunque funzione continua e λ = α + iβ è un qualunque numero complesso, si ha Z b Z b λ f (x)dx = λ f (x)dx. a a Passiamo poi a definire l’integrale di una funzione complessa f : A ⊂ C → C lungo un arco di curva regolare Γ. Diciamo per chiarire le idee che Γ è assegnata mediante una parametrizzazione x = x(t), con t ∈ [a, b], z = x + iy ∈ Γ ⇔ y = y(t) Dove x(t) e y(t) sono funzioni continue e derivabili . Possiamo anche scrivere la parametrizzazione complessa mediante z(t) = x(t) + i y(t). Il verso crescente delle t nell’intervallo di parametrizzazione [a, b] induce un verso di percorrenza sulla curva Γ: quello che va da z1 = z(a) a z2 = z(b). Utilizzando la rappresentazione (1.2) per la f e la scrittura “formale” dz = dx + i dy otteniamo dopo qualche conto f (z) dz = [u(x, y) dx − v(x, y) dy] + i [v(x, y) dx + u(x, y) dy] . È dunque naturale definire l’integrale come segue Z Z b f (z) dz = f (z(t)) z 0 (t) dt Γ (2.2) = Z +i a b a Z [u(x(t), y(t)) x0 (t) − v(x(t), y(t)) y 0 (t)] dt b [v(x(t), y(t)) x0 (t) + u(x(t), y(t)) y 0 (t)] dt. a 1. INTEGRAZIONE COMPLESSA 23 Possiamo anche definire un altro tipo d’integrale curvilineo, che indicheremo con Z f (z) ds. Γ Formalmente, corrisponde a calcolare q f (z) |dz| = [u(x, y) + iv(x, y)] dx2 + dy 2 , ovvero Z (2.3) b f (z(t)) |z 0 (t)| dt Za b q = u(x(t), y(t)) x0 (t)2 + y 0 (t)2 dt a Z b q +i v(x(t), y(t)) x0 (t)2 + y 0 (t)2 dt. f (z) ds = Γ Z a Una prima differenza fra i due integrali (2.2) e (2.3) è che il primo dipende dal verso di percorrenza della curva, mentre il secondo no. Proposizione 2.2. Cambiando il verso di percorrenza di Γ, il valore dell’integrale (2.2) cambia di segno, mentre quello di (2.3) resta inalterato. Dim. Indichiamo con −Γ la curva Γ a cui è stato invertito il verso di percorrenza, cioè in cui è stata scelta la nuova parametrizzazione z̃(t) = z(−t) con t ∈ [−b, −a]. 24 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE Mettendolo dentro la definizione (2.2) si ha1 Z Z −a Z −a 0 f (z) dz = f (z̃(t)) z̃ (t) dt = − f (z(−t)) z 0 (−t) dt Z −Γ = −b a f (z(τ )) z 0 (τ ) dτ bZ =− −b b a 0 f (z(τ )) z (τ ) dτ = − Z f (z) dz. Γ Se, invece, utilizziamo la definizione (2.3) si ha2 Z Z −a Z −a 0 f (z) dz = f (z(t)) |z̃ (t)| dt = f (z(−t)) |z 0 (−t)| dt −Γ −b −b Z b Z a 0 f (z(τ )) |z 0 (τ )| dτ f (z(τ )) |z (τ )| dτ = =− Z b a = f (z) ds. Γ Esercizio 1.5. Siano assegnate tre curve nel piano complesso mediante parametrizzazione: Γ1 : Γ2 : Γ3 : z1 (t) = t + 3it, t ∈ [0, 3], z2 (t) = t + it2 , t ∈ [0, 3], 2 z2 (t) = 3 − t + i(t − 3) , t ∈ [0, 3]. Siano poi date le funzioni olomorfe f1 (z) = z 2 , f2 (z) = |z|2 , f3 (x + iy) = x2 + i(y − x). Calcolare tutti i possibili integrali Z Z fj (z)dz, fj (z)ds, Γi Γi al variare di i = 1, 2, 3 e j = 1, 2, 3. 1utilizzando 2utilizzando per la terza uguaglianza il cambiamento di variabile τ = −t per la terza uguaglianza il cambiamento di variabile τ = −t 2. TEOREMA INTEGRALE DI CAUCHY 25 2. Teorema integrale di Cauchy Come abbiamo visto relativamente all’integrale curvilineo, una teoria dell’integrazione fatta solo su curve di classe C 1 è poco utile: infatti, non ci permette di integrare lungo percorsi alquanto comuni fatti da quadrati o figure poligonali. D’altra parte, non possiamo pensare di riuscire a dimostrare alcunché su curve che abbiano comportamenti troppo bizzarri (pensate ad esempio ad un frattale, o ad una curva completamente discontinua che non “racchiude” alcun insieme...). Introduciamo allora una nozione di curva “regolare” meno restrittiva i quella di curva C 1 ; moralmente, richiediamo che la derivata (della parametrizzazione della curva) sia generalmente continua. Precisamente: Definizione 2.1. Diciamo che una curva è generalmente regolare se: • è continua, • in ogni punto ammette derivata destra e sinistra, e la funzione derivata cosı̀ ottenuta è generalmente continua. Diciamo che un dominio D ⊂ C è regolare se la sua frontiera ∂D è costituita daun numero finito di curve generalmente regolari. Il seguente Teorema è l’ennesimo importante risultato attribuito a Cauchy. Teorema 2.3 (Teorema integrale di Cauchy). Sia A un sottoinsieme aperto di C, ed f : A → C una funzione olomorfa. Sia poi D un dominio regolare e limitato contenuto in A. Allora Z f (z)dz = 0. ∂+D 26 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE Dim. Per cogliere l’idea della dimostrazione senza perderci in troppi dettagli tecnici, facciamo un’ipotesi supplementare, precisamente che f 0 , la derivata di f , sia continua. Scriviamo poi f (z) = u(x, y) + iv(x, y), seguendo la convenzione di (1.2). Per la stessa definizione di integrale curvilineo abbiamo Z f (z)dz = ∂+D (2.4) Z [u(x, y)dx − v(x, y)dy] ∂+D +i Z [v(x, y)dx + u(x, y)dy] . ∂+D Poiché D è un dominio regolare e abbiamo supposto che f sia di classe C 1 , possiamo utilizzare il Teorema di Gauss-Green che afferma Z Z u(x, y)dx = − ∂y u(x, y)dxdy, ∂+ ZD ∂+ ZD ∂+ ZD u(x, y)dy = Z D v(x, y)dx = − v(x, y)dy = ∂+D Z D ∂x u(x, y)dxdy, Z ∂y v(x, y)dxdy, D ∂x v(x, y)dxdy. D Sostituendo nella (2.4) otteniamo (2.5) Z ∂+D f (z)dz = Z [−∂y u(x, y) − ∂x v(x, y)] dxdy ∂+D +i Z ∂+D [−∂y v(x, y) + ∂x u(x, y)] dxdy. 2. TEOREMA INTEGRALE DI CAUCHY 27 Ora, dal momento che f è olomorfa, le condizioni di CauchyRiemann affermano che ∂x u = ∂ y v e ∂y u = −∂x v. Pertanto, sostituendo nella (2.5) otteniamo Z f (z)dz = 0, ∂+D come volevamo. Il Teorema integrale di Cauchy si rivela importante non solo in sè e per sè, ma anche perché da esso discendono altri utili risultati. Cominciamo ad elencarne alcuni. Corollario 2.4. Sia A un sottoinsieme aperto di C, ed f : A → C una funzione olomorfa. Sia poi D un dominio regolare a piú contorni e limitato contenuto in A. Indichiamo con Γ0 il contorno esterno di D e con Γ1 , · · · Γn tutti i contorni interni. Si ha che Z Z n X f (z)dz. f (z)dz = ∂ + Γ0 k=1 ∂ + Γk Corollario 2.5. Sia A un sottoinsieme aperto di C semplicemente connesso, ed f : A → C una funzione olomorfa. Allora, l’integrale di f lungo una qualunque curva chiusa, generalmente regolare, contenuta in A è nullo. Corollario 2.6. Siano A un sottoinsieme aperto di C semplicemente connesso, zo un punto di A e f : A → C una funzione olomorfa su A r {zo }. Indichiamo con Γ una qualunque curva semplice, chiusa, generalmente regolare, contenuta in A e non passante per zo , che delimita un dominio contenente zo . Allora l’integrale di f lungo tale curva non dipende dalla scelta della curva. 28 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE Corollario 2.7. Siano A un sottoinsieme aperto di C semplicemente connesso, z1 , z2 due punti di A e f : A → C una funzione olomorfa. Siano poi Γ1 e Γ2 due qualunque curve semplici, generalmente regolare, contenute in A che connettono i due punti z1 e z2 . Allora Z Z f (z)dz. f (z)dz = Γ2 Γ1 In altre parole, l’integrale di f dipende dal punto di partenza e da quello di arrivo, ma non dal percorso scelto. Possiamo dunque scrivere Z z2 f (z)dz z1 senza specificare il cammino. In paricolare, se fissiamo z1 e lasciamo variare z2 (che ora indicheremo semplicemente con z) in A, otteniamo una funzione ben definita3 Z z F : A → C, F (z) = f (ζ)dζ, z1 che sarà detta la primitiva (in senso complesso) di f . Cosı̀ come per le funzioni reali, la primitiva ha, quanto meno, le stessa regolarità della funzione integranda. Enunciamo in modo preciso questa proprietà nel seguente teorema, la cui dimostrazione è lasciata per esercizio. Teorema 2.8. Siano A un sottoinsieme aperto di C semplicemente connesso e f : A → C una funzione olomorfa. Allora la funzione F : A → C definita da Z z F (z) = f (ζ)dζ z1 3poiché scegliendo due diversi archi congiungenti z 1 e z otteniamo sempre lo stesso valore dell’integrale, la funzione f è definita in modo non ambiguo 3. FORMULE INTEGRALI DI CAUCHY 29 è olomorfa su A e vale F 0 (z) = f (z). 3. Formule integrali di Cauchy Vediamo ora una conseguenza alquanto profonda del Teorema integrale di Cauchy. Teorema 2.9 (Formula integrale di Cauchy). Siano D un dominio regolare e limitato e f : D → C una funzione continua sulla chiusura di D ed olomorfa nell’interno di D. Allora, comunque scelto un punto z nell’interno di D, vale la formula Z 1 f (ζ) (2.6) f (z) = dζ. 2πi ∂ + D ζ − z Dim. Fissiamo ad arbitrio un punto zo ∈ D e costruiamo la funzione ausiliaria f (z) ϕ(z) = . z − zo Per calcolare l’integrale di ϕ sulla frontiera di D, consideriamo un disco Dr centrato in zo di raggio r, e scegliamo r abbastanza piccolo in modo che tale disco sia contenuto nell’interno di D. Consideriamo ora il dominio D 0 = D \ Dr . D0 è un dominio regolare la cui frontiera orientata in modo standard è data da ∂ + D0 = ∂ + D ∪ ∂ − Dr . Poiché ϕ è olomorfa nell’interno di D 0 e continua fin sulla chiusura, possiamo applicare il Teorema integrale di Cauchy, che afferma Z Z Z f (z) f (z) f (z) dz = dz + dz. 0= ∂ + D z − zo ∂ − Dr z − z o ∂ + D 0 z − zo 30 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE Dunque Z f (z) dz = − z − zo ∂+D Z ∂ − Dr f (z) dz = z − zo Z ∂ + Dr f (z) dz. z − zo Concludiamo passando al limite per r → 0: dovremo cioè verificare che Z f (z) (2.7) lim dz − 2πif (zo ) = 0. r→0 ∂ + Dr z − z o A tal scopo, parametrizziamo Dr come z = zo + reiθ con 0 < θ < 2π. Osservando che dz = ireiθ dθ otteniamo Z 2π Z f (zo + reiθ ) iθ f (z) dz = ire dθ reiθ ∂ + Dr z − z o Z0 2π f (zo + reiθ )dθ. =i 0 D’altra parte Z 2π f (zo )dθ = f (zo ) 0 Z 2π dθ = 2πf (zo ). 0 Pertanto 2π Z Z Z2π f (z) = i f (zo + reiθ )dθ − i f (zo )dθ dz − i2πif (z ) o + z − zo ∂ Dr 0 0 2π 2π Z Z iθ = f (zo + re ) − f (zo ) dθ ≤ f (zo + reiθ ) − f (zo ) dθ. 0 0 Poiché f è continua in zo , comunque dato ε > 0 possiamo scegliere un raggio r abbastanza piccolo in modo da avere |f (z) − f (zo )| ≤ ε per ogni z nella chiusura di Dr . 3. FORMULE INTEGRALI DI CAUCHY Pertanto Z ∂ + Dr Z 2π f (z) dz − 2πif (zo ) ≤ εdθ = 2πε. z − zo 0 Riassumendo, abbiamo verificato la definizione di (2.7). 31 Un’importantissima conseguenza della formula integrale di Cauchy è che le funzioni olomorfe ammettono derivate di ogni ordine. Inoltre, vale una formula di rappresentazione integrale anche per le derivate. Teorema 2.10 (Formula integrale di Cauchy per le derivate). Siano D un dominio regolare e limitato e f : D → C una funzione continua sulla chiusura di D ed olomorfa nell’interno di D. Allora f è derivabile infinite volte in ogni punto z ∈ D. Inoltre vale la formula Z f (ζ) 1 (k) dζ, (2.8) f (z) = 2πi ∂ + D (ζ − z)k per ogni intero k. Premettiamo alla dimostrazione del teorema un lemma. Lemma 2.11 (Derivazione sotto il segno di integrale). Siano Γ una curva semplice generalmente regolare e f : Γ → C una funzione continua. Indichiamo con Ω l’insieme C r Γ e con F la funzione Z 1 f (ζ) F : Ω → C, F (z) = dζ. 2π Γ ζ − z Supponiamo poi che F sia olomorfa su Ω. Allora F ammette derivate di qualunque ordine, che saranno a loro volta funzioni olomorfe. Inoltre, la derivata di ordine k si può rappresentare 32 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE come (2.9) F (k) k! (z) = 2π Z Γ f (ζ) ζ −z (k) 1 dζ = 2π Z Γ f (ζ) dζ. (ζ − z)k+1 Dim. Si tratta, in sostanza, di verificare che Z F (z + h) − F (z) f (ζ) (2.10) lim − dζ = 0 2 h→0 h Γ (ζ − z) Poniamo R = min{|z − ζ| : ζ ∈ Γ}. Osserviamo esplicitamente che R > 0 poiché z non appartiene al compatto Γ. Prendiamo poi r < R, in modo tale che il disco Dr di raggio r centrato in z sia interamente contenuto in Ω. Scegliamo poi degli incrementi di h in modo che z + h ∈ Dr (cioè |h| < r) e calcoliamo Z f (ζ) 1 f (ζ) F (z + h) − F (z) dζ = − h h Γ ζ −z−h ζ −z 1 = h Z Γ f (ζ) h dζ = (ζ − z − h)(ζ − z) Z Γ f (ζ) dζ. (ζ − z − h)(ζ − z) Dunque la (2.10) si legge Z f (ζ) f (ζ) = 0, lim − dζ 2 h→0 (ζ − z − h)(ζ − z) (ζ − z) Γ ovvero (2.11) Z f (ζ) h = 0. dζ lim 2 h→0 (ζ − z − h)(ζ − z) Γ Per verificare (2.11), osserviamo che la funzione f è, per ipotesi, continua sul compatto Γ; dunque il Teorema di Weierstrass ci garantische che f è limitata in modulo: per fissare le idee diciamo |f (ζ)| ≤ m per ogni ζ in Γ. Inoltre |z − ζ| ≥ R > 0 per costruzione, mentre |ζ −z−h| ≥ R−r > 0 per ogni ζ in Γ, poiché 3. FORMULE INTEGRALI DI CAUCHY 33 z + h appartiene al disco Dr che è esterno a Γ. Concludendo Z Z f (ζ) h f (ζ) h ≤ dζ (ζ − z − h)(ζ − z)2 dζ (ζ − z − h)(ζ − z)2 Γ Γ ≤ Z Γ m |h| m |h| dζ = lungh (Γ), 2 (R − r)R (R − r)R2 da cui discende immediatamente la (2.11) e dunque la tesi. Dim. del Teorema 2.10. Introduciamo la notazione Z f (ζ) 1 dζ. F (z) = 2πi ∂ + D ζ − z La formula integrale di Cauchy asserisce che F coincide con la funzione di partenza f , che sappiamo essere olomorfa. Pertanto possiamo applicare il Lemma di erivazione sotto il segno di integrale, che ci dà esattamente la nostra tesi. Osserviamo esplicitamente che la Formula integrale di Cauchy per le derivate asserisce, in particolare, che la derivata di una funzione olomorfa è a sua volta olomorfa. Questa proprietà ha interesse in sè, tanto che viene isolata in un teorema a sé stante, attribuito a Goursat. Teorema 2.12 (Teorema di Goursat). Siano A un sottoinsieme aperto di C e f : A → C una funzione olomorfa. Allora anche f 0 è olomorfa su A. Il Teorema integrale di Cauchy rappresenta una proprietà talmente insita nel concetto stesso di olomorfia che può essere interpretato come una condizione necessaria e sufficiente. Questo concetto sarà trattato nella prossima sezione. 34 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE 4. La proprietà di Cauchy come caratterizzazione dell’olomorfia Ora possiamo ripercorrere la teoria fin qui costruita. Partiamo da una funzione f olomorfa: il Teorema di Goursat implica la continuità di f 0 , pertanto possiamo utilizzare la formula di Gauss-Green che ci permette di dimostrare il Teorema integrale di Cauchy, da cui a sua volta si ottiene la Formula integrale di Cauchy per le derivate e dunque il Teorema di Goursat stesso. Sembra la storia del serpente che si mangia la coda... ecco perché è importante che siamo in grado di dimostrare il Teorema integrale di Cauchy senza utilizzare l’ipotesi che f sia C 1 . Il percorso logicamente corretto è: vale il Teorema integrale di Cauchy per poligoni (indipendentemente dalla regolarità di f 0 ), da cui si ricava la Formula integrale di Cauchy per le derivate e infine il Teorema di Goursat. Il Teorema integrale di Cauchy rappresenta una proprietà talmente insita nel concetto stesso di olomorfia che può essere interpretato come una condizione necessaria e sufficiente. Questo è, in sostanza, il contenuto del seguente teorema, dovuto a Morera Vale infatti Teorema 2.13 (Teorema di Morera). Siano A un sottoinsieme aperto di C ed f : A → C una funzione continua tale che Z f (z)dz = 0 Γ per ogni curva Γ regolare semplice e chiusa contenuta in A. Allora f è olomorfa in A. Dim. Fissiamo ad arbitrio un punto zo e veridichiamo che f è olomorfa in zo . A tal scopo, cominciamo con l’osservare che l’integrale di f lungo un qualunque camino generalmente regolare dipende solo dai punti di partenza e di arrivo. Se, infatti, Γ 1 e 4. CARATTERIZZAZIONE DELL’OLOMORFIA 35 Γ2 sono due archi che partono da uno stesso punto z1 e finiscono in uno stesso punto z2 , poniamo Γ la curva chiusa che percorre prima Γ1 e poi Γ2 in senso inverso. Per ipotesi abbiamo Z f (z)dz = 0. Γ D’altra parte, per costruzione, si ha Z f (z)dz = Γ Z Γ1 f (z)dz − Z f (z)dz. Γ2 Dunque effettivamente Z f (z)dz = Γ1 Z f (z)dz Γ2 Ciò ci autorizza ad assegnare la funzione primitiva F : A → C, F (z) = Z z f (ζ)dζ. zo Verifichiamo che F è olomorfa con F 0 = f , ovvero che F (z + ∆z) − F (z) lim − f (z) = 0. ∆z→0 ∆z 36 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE Si ha4 z+∆z Z 1 F (z + ∆z) − F (z) f (ζ)dζ − f (z) − f (z) = ∆z ∆z z z+∆z z+∆z Z Z 1 1 = [f (ζ) − f (z)] dζ ≤ |f (ζ) − f (z)| dζ. ∆z |∆z| z z Infine, il Teorema 2.10 assicura che f è olomorfa, in quanto derivata della funzione olomorfa F . 5. Proprietà “geometriche” delle funzioni olomorfe Il prossimo teorema esprime una rilevante proprietà di rappresentazione delle funzioni olomorfe: il valore della funzione in un punto è pari alla media della funzione su “qualsiasi” circonferenza centrata in quel punto. Teorema 2.14 (Teorema della media integrale). Siano A un sottoinsieme aperto di C, ed f : A → C una funzione olomorfa. Allora per ogni zo ∈ A e per ogni disco Dr di raggio r, centrato in zo e contenuto in A, vale la formula di rappresentazione Z 1 f (z)ds. (2.12) f (zo ) = 2πr ∂ + Dr 4Nella seconda uguaglianza usiamo il fatto che Z z+∆z dζ = ∆z, z poiché f (z) è costante rispetto alla variabile di integrazione ζ. L’ultima disuguaglianza viene dalla disuguaglianza triangolare integrale 5. PROPRIETÀ “GEOMETRICHE” DELLE FUNZIONI OLOMORFE 37 Dim. Applichiamo il Teorema integrale di Cauchy sul disco Dr : Z 1 f (z) f (zo ) = dz. 2πi ∂ + Dr z − zo Parametrizziamo poi Dr mediante z = zo + reiθ con 0 < θ < π. Ricordando che dz = ireiθ dθ si ottiene Z 2π 1 f (zo + reiθ )dθ. f (zo ) = 2π 0 Moltiplicando e dividendo per r si ottiene Z 2π Z 2π 1 1 iθ f (zo ) = f (zo + re )r dθ = f (zo + reiθ )ds, 2πr 0 2πr 0 dal momento che ds = |(reiθ )0 |dθ = |ireiθ |dθ = r dθ. Le funzioni olomorfe intere hanno una struttura piuttosto “rigida”: l’unico modo per impedirgli di esplodere all’infinito è prendere funzioni costanti. Questo celebre risultato è attribuito a Liouville. Teorema 2.15 (Teorema di Liouville). Sia f : C → C una funzione olomorfa e supponiamo che f sia limitata in modulo5. Allora necessariamente f è costante. Dim. Poiché l’insieme C è connesso, possiamo dimostrare che f è costante verificando che la sua derivata prima è nulla. Fissiamo allora un punto arbitrario zo e proviamo che f 0 (zo ) = 0. A tal scopo, scriviamo la formula integrale di Cauchy per la derivata prima, scegliendo come dominio d’integrazione il cerchio 5cioè che ci sia una costante m tale che |f (z)| ≤ m per ogni numero complesso z 38 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE centrato in zo di raggio r (che indicheremo con Dr ) Z f (z) 1 0 dz. f (zo ) = 2πi ∂ + Dr (z − zo )2 Passando ai moduli otteniamo Z Z 1 f 0 (z) |f (z)| 1 0 |f (zo )| = dz ≤ ds 2 2πi ∂ + Dr (z − zo ) 2π ∂ + Dr |z − zo |2 Se ora ricordiamo che, per ipotesi, f è limitata da m, mentre |z − zo | = r su ∂Dr , abbiamo Z m m ds = , ≤ 2 2πr ∂ + Dr r Z ds è proprio la lunghezza della circonferenza, cioè poiché ∂ + Dr 2πr. Ora, poiché f è definita su tutto C, possiamo fare questo ragionamento per qualunque raggio r. In particolare, scegliendo r infinitamente grande otteniamo m |f 0 (zo )| ≤ lim = 0, r→+∞ r da cui f 0 (zo ) = 0, e dunque la tesi per la generalità di zo . Teorema 2.16 (Teorema fondamentale dell’algebra). Ogni equazione algebrica di grado maggiore o uguale di 1 ammette almeno una radice complessa. Dim. Consideriamo un polinomio di grado n p(z) = ao z n + a1 z n−1 + · · · + an con ao 6= 0. Vogliamo dimostrare che esiste un numero complesso zo dove p(zo ) = 0. Supponiamo per assurdo che ciò non sia vero: allora la funzione p(z) è olomorfa e mai nulla, quindi la funzione 1/p(z) è olomorfa su tutto C. Ovviamente p(z) non è costante (gli unici polinomi costanti sono quelli di grado 0!), sicché 5. PROPRIETÀ “GEOMETRICHE” DELLE FUNZIONI OLOMORFE 39 neanche 1/p(z) puó esserlo. Dunque, per non contraddire il Teorema di Liouville, la funzione 1/|p(z)| non può essere limitata. A questo punto notiamo che 1/|p(z)| è continua, e dunque è certamente limitata su qualunque compatto in virtù del Teorema di Weierstrass. Pertanto l’unica eventualità per cui 1/|p(z)| risulti non limitata è che si abbia 1 = +∞. lim |z|→+∞ |p(z)| Ma questo non è possibile, anzi si ha addirittura 1 = 0. lim |p(z)| = +∞ ⇔ lim |z|→+∞ |z|→+∞ |p(z)| Infatti 1 1 n |p(z)| = |z| a0 + a1 + · · · + an n |{z} z z | {z } ↓ ↓ +∞ |a0 | 6= 0 Teorema 2.17 (Teorema del massimo modulo). Siano D un dominio complesso connesso e limitato e f : D → C una funzione olomorfa all’interno di D e continua fin sul bordo di D. Allora il massimo assoluto della funzione |f | viene assunto sul bordo ∂D. Dim. Indichiamo con D la chiusura di D: poiché D è limitato per ipotesi, D risulta compatto. Inoltre la funzione |f | è continua sul compatto D, sicché ammette massimo per il Teorema di Weierstrass: indichiamo poi con m il valore massimo di |f |. Analogamente, |f | assume massimo anche sul bordo ∂D: indichiamo tale valore massimo con m0 . Per costruzione, m0 ≤ m (perché ∂D ⊂ D); se m0 = m non c’è più nulla da dimostrare, perché ciò significa che c’è un punto zo ∈ ∂D tale che |f (zo )| = m0 = m, 40 2. PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI OLOMORFE ovvero che è punto di massimo per |f |. Supponiamo allora per assurdo che m0 < m. Se indichiamo con zo ∈ D un punto di massimo per |f |, si dovrà per forza avere zo ∈ Int D; altrimenti, se zo ∈ ∂D, giungeremmo alla contraddizione m = |f (zo )| ≤ max |f | = m0 < m. ∂D Inoltre |f | non puó essere costante6, dunque c’è un altro punto z1 ∈ Int D tale che |f (z1 )| < m. Poniamo, per chiarirci le idee, ε := 1 (m − |f (z1 )|) ; 2 ovviamente |f (z1 )| = m − 2ε e ε > 0. Per la continuità di |f |, possiamo trovare un disco Dρ (z1 ) (di raggio ρ e centro z1 ) dove | |f (z)| − |f (z1 )| | ≤ ε per ogni z ∈ Dρ (z1 ). Ne segue che |f (z)| ≤ |f (z)−f (z1 )|+|f (z1 )| ≤ | |f (z)|−|f (z1 )| |+|f (z1 )| ≤ ε+m−2ε = m−ε, per ogni z ∈ Dρ (z1 ). Ora, indichiamo con r := |zo −z1 |, sicché la circonferenza Dr (zo ) è centrata in zo e passa per z1 . Applichiamo la formula della media integrale a f su tale circonferenza: Z 1 f (zo ) = f (z)ds. 2πr ∂ + Dr (zo ) Passando ai moduli abbiamo Z 1 m≤ |f (z)|ds, 2πr ∂ + Dr (zo ) 6altrimenti |f | dovrebbe coincidere contemporamente con m e con m 0 . 5. PROPRIETÀ “GEOMETRICHE” DELLE FUNZIONI OLOMORFE 41 e spezzando la circonferenza ∂Dr (zo ) nella parte contenuta in Dρ (z1 ) ed in quella complementare otteniamo Z Z 1 1 |f (z)| ds + |f (z)| ds m≤ | {z } | {z } 2πr 2πr ≤m ∂ + Dr (zo )∩D ∂ +Z Dr (zo )\Dρ (z1 ) Z ρ (z1 ) ≤m−ε m m−ε ds + ds, ≤ 2πr 2πr ∂ + Dr (zo )∩Dρ (z1 ) ∂ + Dr (zo )\Dρ (z1 ) Indichiamo ora con ` la lunghezza dell’arco di ∂ + Dr (zo ) contenuto in Dρ (z1 ); chiaramente l’arco complementare avrà lunghezza 2πr − `. Sostituendo abbiamo m ` m−ε `+ (2πr − `) = m − ε m≤ < m, 2πr 2πr | 2πr {z } >0 che è impossibile. Capitolo 3 Funzioni meromorfe: singolarità e residui Serie di Taylor e di Laurent. Classificazione delle singolarià. Residui e teorema relativo. Applicazioni dei residui al calcolo di integrali. 1. Rappresentazione in serie per funzioni olomorfe Teorema 3.1 (Serie di Taylor per funzioni olomorfe). Ogni funzione olomorfa è sviluppabile in serie di Taylor intorno ad ogni punto zo del proprio insieme di olomorfia: X (3.1) f (z) = ak (z − zo )k , n≥0 dove ak = 1 (k) f (zo ). k! 43 44 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI Tale serie converge puntualmente assolutamente sull’insieme di olomorfia ed uniformemente sui compatti ivi contenuti. Studiamo ora brevemente gli zeri delle funzioni olomorfe. Definizione 3.1. Siano A un sottoinsieme di C, f : A → C una funzione olomorfa e zo un punto di A. Diciamo che zo è uno zero di f se f (zo ) = 0. Diciamo poi che zo è uno zero di ordine n se accade f (zo ) = f 0 (zo ) = · · · = f (n−1) (zo ) = 0 e f (n) (zo ) 6= 0. In particolare, zo è uno zero di ordine infinito quando sia la funzione f che tutte le sue derivate si annullano nel punto zo . Scrivendo la serie di Taylor di f centrata in zo , è facile caratterizzare gli zeri di una funzione olomorfa mediante i coefficienti ak . Lasciamo pertanto come esercizio la dimostrazione della seguente proposizione. Proposizione 3.2. Sia f : A → C una funzione olomorfa e zo un punto di A; indichiamo il suo sviluppo in serie di Taylor centrato in zo come in (3.1). Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti: i) zo è uno zero di ordine n per f , ii) a0 = a1 = · · · = an−1 = 0, ma an 6= 0, iii) possiamo fattorizzare la funzione f come f (z) = ϕ(z)(z − zo )n dove ϕ(z) = an + an+1 (z − zo ) + · · · . è a sua volta una funzione olomorfa, con ϕ(zo ) 6= 0. 2. SERIE DI LAURENT E SINGOLARITÀ 45 Un’immediata conseguenza della caratterizzazione degli zeri è questo interessante “criterio sufficiente di annullamento” per le funzioni olomorfe. Corollario 3.3. Siano A un aperto connesso di C e f : A → C una funzione olomorfa. Se f ha uno zero di ordine infinito, allora f è identicamente nulla su A. Un altro “criterio sufficiente di annullamento”, la cui dimostrazione è un po’ più sofisticata, è: Corollario 3.4. Siano A un aperto connesso di C e f : A → C una funzione olomorfa. Se l’insieme degli zeri di f ha un punto di accumulazione interno ad A, allora f è identicamente nulla su A. La proprietà espressa dal Corollario 3.3 è tutt’altro che banale, e completamente diversa da ciò che accade nel caso reale (vedi l’Esempio 3.9). Esercizio 1.6. a) Verificare che z = 0 è uno zero di ordine 1 per la funzione sin z. b) Verificare che lo sviluppo di Taylor del seno complesso -centrato in z = 0- è identico a quello del seno reale: X (−1)n 1 1 sin z = z 2n+1 = z − z 3 + z 5 − · · · (2n + 1)! 3! 5! n≥0 (anche se definiamo sin z in modo “formale” come in (1.4)). 2. Rappresentazione in serie di Laurent e studio delle singolarità Vogliamo ora capire cosa succede vicino ai punti in cui la proprietà di olomorfia viene meno. Per fare ciò, cominciamo con lo 46 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI studiare le funzioni olomorfe su corone circolari. Introduciamo una notazione per le corone circolari: se zo è un numero complesso e r < R sono due numeri positivi, indichiamo la corona circolare centrata in zo di raggio interno r e raggio esterno R con CrR (zo ) = {z ∈ C : r < |z − zo | < R}. Se, poi, il raggio interno r è uguale a zero, con la scrittura C 0R (zo ) intendiamo il disco di raggio R centrato in zo , privato del suo centro (cioè di zo stesso). ∂DR (zo ) zo ∂Dρ (zo ) Teorema 3.5 (Teorema di Laurent). Siano 0 ≤ r < R e f : CrR (zo ) → C una funzione olomorfa. Allora esiste un’unica serie del tipo +∞ X ak (z − zo )k k=−∞ che converge a f puntualmente assolutamente sulla corona circolare CrR (zo ) ed uniformemente sui compatti ivi contenuti. Inoltre 2. SERIE DI LAURENT E SINGOLARITÀ 47 l’espressione esplicita dei coefficienti è data da Z 1 f (z) (3.2) ak = dz, 2πi ∂ + Dρ (z − zo )k+1 dove ∂ + Dρ indica una circonferenza (orientata in modo standard) di raggio ρ centrata in zo contenuta nella corona circolare (ovvero con ρ compreso fra r e R). Lo sviluppo in serie (3.3) f (z) = +∞ X k=−∞ ak (z − zo )k è noto come sviluppo in serie di Laurent. Osserviamo che possiamo decomporre la serie di Laurent in f (z) = +∞ X |k=0 k ak (z − zo ) + {z parte analitica } ∞ X |k=1 a−k 1 . (z − zo )k {z } parte singolare Osservazione 3.6. Se, inoltre, f è olomorfa su tutto il cerchio DR (zo ), la parte singolare dello sviluppo di Laurent scompare, cioè la serie di Laurent si riduce a quella di Taylor. Infatti, per k ≤ −1, la funzione f (z)/(z − zo )k+1 è olomorfa su DR (zo ), come conseguenza della “regola della catena” (1.6). Segue allora dal Teorema integrale di Cauchy che il suo integrale lungo il cammino chiuso regolare ∂ + Dρ (zo ) è nullo, ovvero che il coefficiente ak - dato da (3.2) - è uguale a zero. Passiamo ora allo studio delle singolarità. Definizione 3.2. Siano A un sottoinsieme aperto di C, zo un punto di A, e f una funzione f : A \ {zo } → C. Diciamo che zo è un punto di singolarità isolata per f se la funzione f é olomorfa su A \ {zo }. Classifichiamo poi le singolarità come segue: 48 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI † singolarità eliminabile (o apparente) se esiste il lim f (z) ∈ C. † polo se esiste il lim |f (z)| = +∞, z→zo z→zo † singolarità essenziale altrimenti, cioè se non esiste il lim |f (z)|. z→zo Diciamo infine che una funzione f è meromorfa su A se è olomorfa in tutti i punti A, escluso al più un numero finito dove ha delle singolarità di tipo polare. Passiamo poi a classificare le singolarità mediante i coefficienti della serie di Lauent. Lasciamo al lettore come esercizio la dimostrazione del seguennte risultato. Proposizione 3.7. Sia f una funzione olomorfa su A\{zo }, e indichiamo il suo sviluppo di Laurent come in 3.3. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: i) zo è una singolarità eliminabile, ii) ak = 0 per ogni k < 0, cioè X f (z) = ak (z − zo )k , k≥0 iii) f è olomorfa su A1, iv) f è limitata in un intorno di zo . Per quel che riguarda i poli, abbiamo invece che: Proposizione 3.8. Sia f una funzione olomorfa su A\{zo }, e indichiamo il suo sviluppo di Laurent come in 3.3. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: 1In questo caso, sottointendiamo che f sia definita in z o come f (zo ) = lim f (z). z→zo 2. SERIE DI LAURENT E SINGOLARITÀ 49 i) zo è un polo, ii) ak = 6 0 solo per un numero finito di indici negativi k < 0, cioè esiste un intero p tale che X ak (z − zo )k , f (z) = k≥−p iii) esiste un intero p tale che la funzione f (z) (z − zo )p ha una singolarità eliminabile in zo , ovvero esiste lim f (z) (z − zo )p ∈ C. z→zo In tal caso, chiamiamo ordine del polo il più piccolo indice p che basta per “arginare” l’esplosione di f (z). Più rigorosamente, diamo la seguente definizione. Definizione 3.3. Supponiamo che la funzione f abbia un polo nel punto zo . Indichiamo poi con p un numero intero. Diciamo che p è l’ordine del polo zo se lim |f (z) (z − zo )p | è finito, z→zo ma lim |f (z) (z − zo )p−1 | = +∞. z→zo Le caratterizzazioni date nella Proposizione 3.8 forniscono le seguenti caratterizzazioni dell’ordine di polo: Corollario 3.9. Sia zo ∈ C una singolarità isolata della funzione f e indichiamo il relativo sviluppo in serie di Laurent come in (3.3). Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti: i) zo è un polo di ordine p per f , ii) ak = 0 per ogni k < −p, ma a−p 6= 0, iii) possiamo fattorizzare la funzione f come f (z) = ϕ(z) (z − zo )p 50 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI dove ϕ(z) = a−p + a−p+1 (z − zo ) + · · · è a una funzione olomorfa, con ϕ(zo ) 6= 0. Per esclusione, arriviamo alla seguente caratterizzazione delle singolarità essenziali. Proposizione 3.10. Sia f una funzione olomorfa su A \ {zo }, e indichiamo il suo sviluppo di Laurent come in 3.3. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: i) zo è una singolarità essenziale, ii) ak = 6 0 per un numero infinito di indici negativi k < 0, iii) comunque scelto un intero p, la funzione f (z) (z − zo )p ha ancora una singolarità essenziale in zo . Enunciamo infine, senza dimostrazione, un risultato “sorprendente”. Teorema 3.11 (Teorema di Casorati Weierstrass). zo è una singolarità essenziale se, e solo se, per ogni disco Dr centrato in zo , l’immagine attraverso f di Dr \ {zo } è densa nel piano complesso. Ciò significa che, comunque scegliamo un numero complesso λ, un margine d’errore ε ed un limite di tolleranza δ, riusciamo a trovare un valore di z che dista da zo al più δ e tale che f (z) dista da λ al più ε. Esercizio 1.7. Verificare che sin z 1) ha una singolarità eliminabile in z = 0, z sinz 2) ha un polo di ordine 1 in z = −1, z+1 1 3) ha un polo in z = 0, sin z 3. TEORIA DEI RESIDUI 51 1 ha una singolarità essenziale in z = 0. z Per ognuna delle funzioni sopra elencate, scrivere lo sviluppo in serie di Laurent centrato nella singolarità classificata al punto precedente. 4) sin Esercizio 1.8. Determinare e classificare le singolarità della z 2 +1 . funzione f (z) = (z+1)(z+i) Esercizio 1.9. Determinare e classificare le singolarità delle seguenti funzioni razionali z 1) f (z) = , (z + 1)2 (z − 1)(z + i) , 2) f (z) = z z+3 3) f (z) = . z(z + 2) Scriverne poi lo sviluppo in serie di Laurent centrato in ognuna delle singolarità. 3. Teoria dei residui Definizione 3.4. Sia zo ∈ C una singolarità isolata della funzione f . Definiamo residuo di f in zo il coefficiente a−1 dello sviluppo di Laurent di f attorno a zo (3.3); nel seguito lo indicheremo anche con Res (f, zo ). Il ruolo particolare svolto dai residui è chiarito dal seguente teorema. Teorema 3.12 (Teorema dei residui). Siano A un sottoinsieme aperto di C, zo ∈ A, f una funzione olomorfa in A \ {zo }, e Γ una qualunque curva semplice e chiusa contenuta in A che 52 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI racchiude al suo interno il punto zo . Allora Z (3.4) f (z)dz = 2πi Res (f, zo ). Γ Dim. Per il Teorema di Laurent , f può essere sviluppata in serie +∞ X ak (z − zo )k . f (z) = k=−∞ Poiché la convergenza è uniforme, possiamo scambiare integrale e serie e otteniamo Z Z +∞ X (3.5) f (z)dz = ak (z − zo )k dz. Γ Γ k=−∞ Ora, se k ≥ 0, la funzione (z − zo )k è olomorfa in tutto C e dunque il suo integrale su ogni curva chiusa è nullo (vedi Teorema integrale di Cauchy). Se, invece, k ≤ −1, la funzione (z − zo )k ha una singolarità polare in zo . Sia ρ > 0 tale che Dρ (il disco di raggio ρ centrato in zo ) sia compreso in A: dal Corollario 2.6 discende che Z Z k (z − zo ) dz = (z − zo )k dz, Γ ∂Dρ poiché (z − zo )k è olomorfa in A \ {zo }. Parametrizziamo ora la circonferenza ∂Dρ come z = zo + reiθ , con 0 < θ < 2π, sicché Z 2π Z k (zo + reiθ − zo )k ireiθ dθ (z − zo ) dz = 0 ∂Dρ Z 2π k+1 ei(k+1)θ dθ. = ir 0 Ora, se k 6= −1 otteniamo = rk+1 i(k+1)θ 2π e = 0; 0 k+1 3. TEORIA DEI RESIDUI 53 mentre se k = −1 otteniamo Z 2π dθ = 2πi. =i 0 Infine, sostituendo termine a termine in (3.5) otteniamo la nostra tesi. Il Teorema dei residui può essere facilmente generalizzato nel seguente: Corollario 3.13. Sia D un dominio regolare di C, semplicemente connesso, ed f una funzione olomorfa sulla chiusura di D escluso, al più, un numero finito di punti z1 , · · · , zn tutti interni a D. Allora (3.6) Z f (z)dz = 2πi ∂D n X Res (f, zi ). i=1 I risultati appena visti mettono in luce come possiamo utilizzare i residui per calcolare gli integrali. Ora, questo è utile, nella pratica, solo se siamo effettivamente in grado di calcolare i residui, e se questo calcolo non è troppo dispendioso. Se, per determinare il valore del residuo, dovessimo utilizzare il Teorema di Laurent (precisamente, la formula (3.2)), non avremmo in realtà alcun vantaggio! In effetti, abbiamo un modo molto rapido per calcolare il residuo. Proposizione 3.14 (Formula dei residui). Se zo è un polo di ordine p per f , allora (3.7) Res (f, zo ) = 1 dp−1 [f (z)(z − zo )p ] (zo ). (p − 1)! dz p−1 54 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI Dim. Per la caratterizzazione (iii) del Corollario 3.9, la funzione ϕ(z) = f (z)(z − zo )p è olomorfa in zo e ϕ(z) = +∞ X k≥0 ak−p (z − zo )k , dove la serie converge uniformemente per il Teorema sullo sviluppo di Taylor. Ne segue che possiamo derivare termine a termine: +∞ dp−1 ϕ X dp−1 (z − zo )k a = . k−p dz p−1 dz p−1 k≥0 Poiché in generale dn (z − zo )k k · · · (k − n + 1) (z − zo )k−n = 0 dz n se n ≤ k, se n > k, per z = zo otteniamo dn ϕ (zo ) = an−p n!. dz n Scegliendo infine n = p − 1 otteniamo dp−1 ϕ (zo ) = a−1 (p − 1)!, dz p−1 cioè la (3.7). Concludiamo questo capitolo illustrando come la teoria dei residui possa essere utilizata per calcolare integrali di funzioni reali. Esempio 3.1. Vogliamo calcolare l’integrale Z +∞ F (x) dx, I1 := 0 3. TEORIA DEI RESIDUI 55 dove F è una funzione pari. Poiché F è pari, è immediato verificare che Z Z +R 1 1 +∞ F (x) dx = lim F (x) dx. I1 = 2 −∞ 2 R→+∞ −R L’ultimo integrale può essere scritto in forma complessa Z +R Z F (z) dz, F (x) dx = −R ΛR dove ΛR : z(t) = t − R ≤ t ≤ R. Indichiamo ora con γR un semicerchio di raggio R che connette i punti R e −R (con questa orientazione), con ΓR la curva ottenuta incollando ΛR con γR , e con ΩR la regione racchiusa dalla curva ΓR (vedi Figura 1). γR ΩR ΓR R −R Figura 1. Λ 56 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI Il Corollario 3.13 al Teorema dei residui afferma che Z X F (z)dz = 2πi Res (f, zi ), ΓR zi polo in ΩR da cui Z 1 F (z) eimz = πi 2 ΛR X zi polo in ΩR 1 Res (f, zi ) − 2 Z F (z)dz. γR Passando al limite per R → +∞, la regione ΩR invade tutto il semipiano <z > 0. Pertanto, in ogni caso in cui Z (3.8) lim F (z)dz = 0 R→+∞ γR otteniamo l’utilissima formula X (3.9) I1 = πi Res (f, zi ). zi polo con <zi >0 Esempio 3.2. Vogliamo calcolare l’integrale Z 2π G(cos θ, sin θ) dθ, I2 := 0 dove G è una funzione razionale. Ponendo z = eiθ e utilizzando le formule di Eulero si verifica che 1 1 1 1 z+ , sin θ = z− ; cos θ = 2 z 2 z inoltre dz . iz Concludendo, possiamo scrivere l’integrale in forma complessa come Z 1 1 1 1 1 I2 = z+ , z− dz, G 2 z 2 z ∂D1 (0) iz dz = ieiθ dθ ⇒ dθ = 3. TEORIA DEI RESIDUI 57 dove ∂D1 (0) sta per la circonferenza unitaria centrata nell’origine (orientata in senso antiorario). Infine, utilizzando il Corollario 3.13 al Teorema dei residui otteniamo che (3.10) X 1 1 1 1 1 z+ , z− , zi . G I2 = 2π Res z 2 z 2 z zi polo con |zi |<1 Esempio 3.3. Vogliamo calcolare l’integrale Z +∞ I3a := F (x) cos mx dx, −∞ o, in alternativa, I3b := Z +∞ F (x) sin mx dx, −∞ dove F è una funzione razionale e m è un numero intero. Questi integrali possono essere scritti in forma complessa; precisamente I3a = <(I3 ) dove I3 := Z I3b = =(I3 ), e F (z) eimz dz, Λ dove Λ è la linea che vediamo in blu in Figura 1. Possiamo approssimare la linea Λ con una successione di segmenti ΛR : sicché Z F (z) e Λ z(t) = t imz − R ≤ t ≤ R, dz = lim R→+∞ Z F (z) eimz . ΛR Utilizziamo d’ora in poi le notazioni illustrate in Figura 1. Il Corollario 3.13 al Teorema dei residui afferma che Z X Res (f eimz , zi ), F (z) eimz dz = 2πi ΓR zi polo in ΩR 58 3. FUNZIONI MEROMORFE: SINGOLARITÀ E RESIDUI da cui Z F (z) eimz = 2πi ΛR X Res (f e imz zi polo in ΩR , zi ) − Z F (z) eimz dz. γR Passando al limite per R → +∞, la regione ΩR invade tutto il semipiano <z > 0. Pertanto, in ogni caso in cui Z F (z) eimz dz = 0 (3.11) lim R→+∞ γR otteniamo l’utilissima formula Z F (z) eimz dz = 2πi (3.12) Λ X zi polo con <zi >0 Res (f eimz , zi ). Complementi Osservazione 3.15. Abbiamo visto che la funzione esponenziale reale può essere sviluppata in serie di Taylor X tn et = . n! n≥0 È possibile dimostrare che questa serie converge (assolutamente) anche se t viene interpretato come numero complesso. Di conseguenza, si definisce il valore di et , con t in C, come il limite di tale serie. A posteriori, si verifica che tale limite può essere rappresentato come eR(t) (cos I(t) + i sin I(t)). ...torna su 59 60 COMPLEMENTI Esempio 3.4. Controlliamo che la funzione f (z) = z 2 è olomorfa su C. A tal fine, prendiamo un qualunque numero zo , e controlliamo che f è derivabile (in senso complesso) in zo . Poiché z 2 − zo2 (z + zo )(z − zo ) f (z) − f (zo ) = = = (z + zo ), z − zo z − zo z − zo Allora f 0 (zo ) = lim z→zo f (z) − f (zo ) = 2zo . z − zo In modo del tutto simile, potete controllare che, per ogni intero n, la funzione z n è olomorfa con dz n = nz n−1 . z Esempio 3.5. Sia f (z) = a0 z n + a1 z n−1 + · · · + an−1 z + an una funzione polinomiale. Sappiamo dall’esempio 3.4 che ogni termine del tipo z n è derivabile in senso complesso. Applicando la linearità della derivata complessa (Proposizione 1.1) si ottiene d a0 z n + a1 z n−1 + · · · + an−1 z + an = dz n a0 z n−1 + (n − 1) a1 z n−2 + · · · + an−1 . Esempio 3.6. Per semplicità, effettuiamo i calcoli su una funzione razionale semplicissima: f (z) = z . 1 + z2 Ovviamente la funzione in esame non potrà essere derivabile in z = ±i, laddove non è neppure definita. Se, invece, z è un qualunque punto nel suo dominio (cioè in C \ {−i, i}), e ∆z indica un numero complesso non nullo (che faremo tendere a 0), COMPLEMENTI 61 abbiamo f (z + ∆z) − f (z) = ∆z z+∆z 1+(z+∆z)2 ∆z − z 1+z 2 (z + ∆z)(1 + z 2 ) − z(1 + (z + ∆z)2 ) = (1 + (z + ∆z)2 )(1 + z 2 )∆z = ∆z(1 + z 2 ) − z ∆z 2 − 2z 2 ∆z (1 + (z + ∆z)2 )(1 + z 2 )∆z = 1 + z 2 − z ∆z − 2z 2 . (1 + (z + ∆z)2 )(1 + z 2 ) Mandando ora l’incremento a 0 otteniamo f (z + ∆z) − f (z) 1 + z 2 − z ∆z − 2z 2 = lim ∆z→0 ∆z→0 (1 + (z + ∆z)2 )(1 + z 2 ) ∆z lim = (z)0 (1 + z 2 ) − z (1 + z 2 )0 1 + z 2 − 2z 2 = . (1 + z 2 )2 (1 + z 2 )2 Risulta poi evidente come procedere nel caso generale di f (z) = a0 z n + a1 z n−1 + · · · + an−1 z + an . b0 z m + b1 z b−1 + · · · + bm−1 z + bm Si avrà che la funzione è derivabile in tutti i punti in cui b0 z m + b1 z b−1 + · · · + bm−1 z + bm 6= 0 62 con COMPLEMENTI d dz a0 z n · · · + a n b0 z m + · · · + b m = (a0 z n + · · · + an )0 (b0 z m + · · · + bm ) (b0 z m + · · · + bm )2 (a0 z n + · · · + an ) (b0 z m + · · · + bm )0 − . (b0 z m + · · · + bm )2 ...torna su COMPLEMENTI Esempio 3.7. La funzione ( 2 u(x, y) = x y x2 +y 2 0 63 se (x, y) 6= (0, 0), se (x, y) = (0, 0) è derivabile nel punto (0, 0) sia nella direzione x che nella direzione y, e risulta ∂u (0, 0) = 0, ∂u (0, 0) = 0. D’altra parte, u ∂x ∂y non è differenziabile in (0, 0): se cosı̀ fosse, dovrebbe valere la x2 y relazione (1.8), ovvero lim 3 = 0. Invece, scegliendo 2 2 ad esempio y = x, si x (x,y)→(0,0) (x +y ) 2 3 ottiene lim x2 3 = x→0 (2x ) 2 y 3 2− 2 6= 0. y x Figura 2. A sinistra abbiamo disegnato la retta tangente a u(x, 0) (in verde) e quella tangente a u(0, y) (in blu). A destra, quello che dovrebbe essere il piano tangente, se u fosse differenziabile. È evidente che non è cosı̀. ...torna su 64 COMPLEMENTI Esempio 3.8. Si consideri la funzione complessa ( 2 x y se x + iy 6= 0, x2 +y 2 f (x + iy) = 0 se x + iy = 0. La sua parte reale coincide con la u(x, y) introdotta nell’Esempio 3.7: sappiamo dunque che ux (0, 0) = 0, uy (0, 0) = 0, anche se u non è differenziabile in 0. Inoltre, la parte immaginaria di f è nulla, sicché certamente vx (0, 0) = 0, vy (0, 0) = 0. Dunque, le condizioni di Cauchy-Riemann (1.9) sono soddisfatte nel punto 0. Ora, se la funzione f fosse derivabile in senso complesso in 0, necessariamente si avrebbe f 0 (0) = ux (0)+ivx (0) = 0. Invece, scegliendo incrementi infinitesimi del tipo ∆z = h + ik con h = k si ottiene 3 h 1 f (h + ih) − f (0) 2 = lim 2h = 6= 0. lim h→0 h(1 + i) h→0 h + ih 2(1 + i) ...torna su COMPLEMENTI 65 Esempio 3.9. Se trattiamo con funzioni reali, possiamo costruire funzioni F con le seguenti proprietà: i) F ha derivate di qualunque ordine, ii) c’è un punto to ∈ R dove sia la funzione F che tutte le sue derivate si annullano, iii) F non è identicamente nulla. Ne è un esempio la funzione 1 F (t) = e− t2 , t∈R che vediamo in grafico qui di seguito: Se trattiamo con funzioni di variabile complessa, questo non è più possibile. La versione complessa della funzione di prima 1 f (z) = e− z2 , z∈C non è differenziabile neanche una volta in z = 0. Vedremo poi che in questo punto ha una singolarità essenziale. ...torna su 66 COMPLEMENTI riferimenti storici e biografici. . Puoi trovare qualche informazione biografica su Augustin-Louis Cauchy sul sito curato da Lycos. Per saperne di più, ti consiglio il sito MacTutor (in inglese). Puoi trovare qualche informazione biografica su Georg Friedrich Bernhard Riemann sul sito curato da Lycos. Per saperne di più, ti consiglio il sito MacTutor (in inglese). Puoi trovare qualche informazione biografica su Pierre-Simon de Laplace sul sito curato da Lycos. Per saperne di più, ti consiglio il sito MacTutor (in inglese). Se ti interessa la biografia di Edouard Jean-Baptiste Goursat, vai su MacTutor (in inglese). Puoi trovare qualche informazione biografica su Joseph Liouville su MacTutor (in inglese). Equazioni di Cauchy-Riemann Teorema integrale di Cauchy ...torna a Equazione di Laplace Teorema di Goursat Teorema di Liouville