94 - unitel

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94 - unitel
Casi pratici
Acque
ƒ SCARICHI DI ACQUE REFLUE SOLO CON L'AUTORIZZAZIONE
D. Il neoproprietario di una casa di campagna vuole con una fossa biologica immettere gli scarichi
(di cucina e bagno) in un canale interpoderale di terra, usato come scolo di acque piovane, per
metà di sua proprietà e per metà di mia proprietà. Tale canale è adiacente alla mia casa, che vorrei
tutelare da acqua putrida e stagnante. Preciso che il precedente proprietario scaricava sul suolo di
sua proprietà. Chiedo: il nuovo proprietario è legittimato a fare ciò?
----R. Per effettuare scarichi di qualsiasi tipo in un corpo recettore è necessaria la preventiva
autorizzazione ai sensi dell’articolo 124, comma 1, Dlgs 152/2006 e successive modifiche,
intendendo per scarico «qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile
di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il
corpo recettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente
dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione» (articolo
74, comma 1, lettera ff), Dlgs 152/2006 e successive modifiche). L’unica eccezione al menzionato
regime autorizzatorio è prevista per l’immissione di scarichi di acque reflue domestiche (provenienti
da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo
umano e da attività domestiche) che recapitano in rete fognaria, parlando, in tale ultimo caso di
«diritto all’allaccio», e fermo restando, comunque, in tale ipotesi l’obbligo di rispettare il
regolamento fissato dal gestore della rete fognaria (articolo 124, comma 4 citato). Effettuare
scarichi di acque reflue domestiche in difetto di autorizzazione, là dove necessaria, espone il
responsabile a sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 a 60.000 euro, ai sensi dell’articolo
133, comma 2, Dlgs 152/2006 (da 600 a 3.000 euro nel caso di scarichi provenienti da edifici
isolati adibiti a uso abitativo).
(Marco Fabrizio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 28 settembre 2009, n. 75)
Agevolazioni
ƒ AGEVOLAZIONI - ENERGIA AGRICOLA ESENTASSE
D. Sono titolare di un'azienda agricola. Vorrei avviare la produzione di energia elettrica a partire
dalle biomasse prodotte in azienda perché c'è un regime fiscale favorevole. Potreste indicarmi
come agisce il prelievo fiscale sull'energia prodotta e quali sono i requisiti per avere diritto a questi
benefici?
----R. Le imprese agricole possono produrre energia elettrica in quanto si tratta di attività connessa, ai
sensi del l'articolo 2135 del codice civile, che però richiede il rispetto del principio della prevalenza.
L'agenzia delle Entrate, con la circolare n. 32/E del 6 luglio 2009 ha indicato i criteri per
determinare la prevalenza dei prodotti propri, ottenuti dal l'azienda, rispetto a quelli acquistati e
utilizzati per la produzione di energia. L'articolo 1, comma 423, legge n. 266/2005 dispone, fra
l'altro, che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche,
effettuata dagli imprenditori agricoli, costituisce attività connessa ai sensi dell'articolo 2135 e
rientra nel reddito agrario. La norma prevede quattro tipologie di energia da fonti rinnovabili che si
possono ottenere in agricoltura: energia elettrica; energia calorica; carburanti; prodotti chimici.
L'energia elettrica e quella calorica possono essere ottenute da risorse agroforestali oppure
fotovoltaiche; le produzioni agricola e zootecnica necessarie sia per la fabbricazione di energia
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elettrica e calorica, sia per il biodiesel e per i prodotti chimici, devono essere ottenute
prevalentemente dall'azienda agricola. Non rientrano nel settore agricolo le produzioni fonti eoliche
o idriche.
La prevalenza
La circolare n. 32/2009 ricorda che la produzione di energia rientra in agricoltura a condizione che
l'impresa agricola produca direttamente più del 50% delle risorse agroforestali necessarie per la
produzione del biogas, che a sua volta alimenta l'impianto di produzione di energia elettrica. Con
riferimento alla produzione di energia elettrica con risorse agroforestali (foraggi, cereali, residui
zootecnici, eccetera) l'Agenzia non chiarisce se la natura delle biomasse come indicata nella
circolare, debba riguardare l'intera produzione (di cui almeno il 51% prodotto ed il 49%
acquistato), oppure fatta salva la produzione del 51% di biomasse di provenienza agricola, l'altro
49% possa essere rappresentato ad esempio da rifiuti organici urbani. Riteniamo che il comma
423, articolo 1, legge n. 266/2005, non consideri espressamente questa fattispecie, la quale però
potrebbe essere consentita, anche in via interpretativa, in modo ufficiale dall'agenzia delle Entrate.
L'Agenzia ricorda che la prevalenza dei prodotti propri in confronto all'ammontare complessivo dei
beni impiegati, va misurata in termini quantitativi se i prodotti acquistati sono delle medesima
natura, ovvero nel caso in cui non sia possibile tale raffronto, occorre verificare il costo dei beni
acquistati da terzi con il valore normale dei beni prodotti in azienda. Nel caso in cui i beni prodotti
non siano suscettibili di valutazione (ad esempio, i residui zootecnici) la prevalenza viene
dimostrata confrontando l'energia prodotta con i prodotti propri rispetto a quella complessivamente
prodotta.
L'inquadramento dell'attività di produzione di energia nell'ambito dell'agricoltura ha ovviamente
riflessi importanti per effetto delle particolari agevolazioni ivi previste. In primo luogo, la
classificazione agricola dell'attività comporta la tassazione ai fini delle imposte dirette sulla base del
reddito agrario, che si traduce in nessuna tassazione aggiuntiva, tenuto conto che il soggetto che
coltiva il terreno comunque dichiara la rendita catastale. A questo riguardo, ha rilevanza la natura
giuridica del soggetto che svolge la produzione di energia. Ai fini previdenziali, il titolare dell'attività
mantiene la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale e i lavoratori
dipendenti vengono inquadrati nell'ambito dei contributi agricoli unificati.
Le fonti fotovoltaiche
Anche la produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche ha natura agricola. In questo caso
non è possibile quantificare la prevalenza di beni provenienti dalla azienda agricola secondo gli
ordinari criteri (circolari n.44/E del 2002 e n. 44/E/2004) in quanto la luce è una risorsa che non
appartiene all'impresa agricola. Tuttavia, l'agenzia Entrate ricorda che ci deve essere, comunque,
una correlazione tra la produzione di energia e la conduzione del fondo agricolo. Con la circolare n.
32/E/09 vengono quindi fissati dei parametri basati sulla potenza nominale dell'impianto installato,
confrontata con alcuni fattori relativi alla attività agricola svolta. Al riguardo, viene fissata una
franchigia pari a 200 Kw al di sotto della quale l'energia prodotta rientra nel reddito agrario se
prodotta da una impresa agricola.
Per la produzione eccedente, l'attività è agricola qualora sussista almeno uno dei seguenti tre
requisiti: l'energia prodotta derivi da impianti integrati architettonicamente (anche parzialmente)
su strutture aziendali esistenti; il volume d'affari derivante dall'attività agricola sia prevalente
rispetto al volume d'affari dell'attività di produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 Kw (a
tal fine viene esclusa la tariffa incentivante); il titolare dell'impresa agricola deve coltivare almeno
un ettaro di terreno per ogni 10 Kw di potenza eccedente la franchigia ed entro il limite di 1 Mw. In
base alla circolare, la produzione superiore a un Mw sembra essere esclusa dalla tassazione
catastale, ma non viene precisato se la tassazione a bilancio riguardi soltanto la parte eccedente.
Si osserva che tale limitazione non è prevista dalla legge.
I terreni coltivati possono essere di proprietà dell'imprenditore o nella sua disponibilità. Devono
inoltre essere da lui condotti e ubicati nel comune ove si trova l'impianto fotovoltaico o in comuni
confinanti.
Tariffa incentivante
La tariffa incentivante è una somma corrisposta dall'ente gestore per garantire una equa
remunerazione dei costi di investimento e di esercizio e, quindi, equivale a un contributo in conto
impianti (circolare n. 46/E del 19 luglio 2007). La circolare n. 32/E ricorda che essa non è rilevante
ai fini delle imposte dirette qualora sia percepita da soggetti che naturalmente, o per opzione,
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determinano il reddito in base all'articolo 32 del Tuir. La tariffa è soggetta all'applicazione della
ritenuta d'acconto del 4% solo se percepita da soggetti che rientrano nel reddito d'impresa,
comprese le società che hanno esercitato l'opzione per la tassazione in base al reddito agrario.
Quindi le società semplici e le imprese individuali non subiscono alcuna ritenuta, mentre le altre
società sono soggette a ritenuta anche se hanno optato per la tassazione catastale.
(Gian Paolo Tosoni, Il Sole 24Ore, 9 novembre 2009, p.2. )
ƒ AGEVOLAZIONI - SÌ ALL'AGEVOLAZIONE DEL 55% PER LE OPERE ACCESSORIE
D. Sto per ristrutturare una casa ed effettuare opere di riqualificazione energetica globale. Le
strutture esterne saranno rinforzate con l'inserimento di uno scheletro di pilastri di cemento
armato. Dai documenti non risulta esplicitamente il nesso, ma dovendo ampliare e creare nuove
finestre per aumentare la luminosità della casa, e dovendo rifare il tetto in maniera efficiente dal
punto di vista energetico, l'inserimento dello scheletro in cemento armato è ritenuto opportuno dai
tecnici. Attorno al perimetro saranno collocati laterizi che miglioreranno significativamente
l'efficienza energetica e collocherò del materiale coibente a involucro. Sui materiali coibenti e
laterizi sono sicuro di avere diritto alle detrazioni del 55%, ma il costo dei pilastri può essere
considerato tra le spese in detrazione al 55% quale opera muraria accessoria?In caso contrario,
tale intervento può essere detratto con il 36%?
----R. La risposta è affermativa se trattasi di costi strettamente necessari per l’esecuzione
dell’intervento di riqualificazione energetica. Come precisato nella circolare n.36/E del 2007, la
detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici spetta (articolo 1,
commi 20-24, della legge 244/2007), anche per le spese relative alle prestazioni professionali e a
quelle accessorie necessarie alla realizzazione degli interventi agevolati. Nel caso di specie possono
ritenersi detraibili anche le spese sostenute per i pilastri necessari per realizzare lo scheletro
ritenuto opportuno dai tecnici per l’intervento di riqualificazione globale dell’edificio. Generalmente,
tuttavia, in sede di esecuzione delle opere, tali spese non sono distintamente fatturate se i lavori
sono eseguiti da una unica impresa. Comunque, nell’ipotesi in cui ci siano fatture distinte per
singole attività (ad esempio acquisto di pilastri), la detrazione compete anche per tali importi, ma
solo a condizione che il tecnico abilitato riconosca con apposita certificazione che trattasi di spese
connesse alla realizzazione dell’intervento. Con riferimento alle spese accessorie, infatti, la
risoluzione 283/E/2008, richiamando la citata circolare 36/E/2007, chiarisce che sono detraibili
«unicamente le spese strettamente connesse alla realizzazione dell’intervento che assicura il
risparmio energetico», non essendo, di contro, agevolabili tutte le spese che vengono
complessivamente programmate in ragione dell’intervento. A parere dell’amministrazione
finanziaria, infatti, nell’ipotesi di sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale con un
impianto radiante a pavimento, la detrazione non compete, ad esempio, per le spese relative al
rifacimento di tutti i pavimenti ed alla dismissione della pavimentazione originaria, nonché per lo
smaltimento dei relativi materiali.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 2 novembre 2009, n. 85)
ƒ
AGEVOLAZIONI - PER I LAVORI NEL TRIENNIO BASTA UNA COMUNICAZIONE
D. Nell'agosto 2008, previo inoltro della Dia (dichiarazione di inizio attività), ho inviato regolare
raccomandata con indicazione dell'inizio lavori di ristrutturazione, al fine di poter fruire del
beneficio del 36 per cento. Iniziati i lavori, ho effettuato i pagamenti tramite bonifico a fine 2008.
Poi, sfortunatamente, c'è stata una lunga interruzione dei lavori, dovuta ad abbandono del cantiere
da parte dell'impresa. I lavori sono ripresi, con un'altra impresa dopo pochi giorni e non saranno
ultimati prima del febbraio 2010. Pertanto, a termine lavori, ci saranno bonifici del 2008, 2009 e
2010. Il protrarsi dei lavori, oltre il secondo anno, già previsto dalla legge, può pregiudicare
l'esposizione delle fatture del 2010, naturalmente nell'ambito dei 48.000 euro complessivi? Dovrei,
forse, inviare altra documentazione per i lavori che saranno fatti nel 2010?
----R. La risposta è negativa. Non è necessario inviare altra comunicazione al Centro operativo di
Pescara sempreché i lavori che proseguono siano effettuati, sotto il profilo urbanistico, dalla
medesima Dia. In caso contrario, è opportuna una nuova comunicazione. Appare, invece,
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opportuna una comunicazione all’ufficio urbanistico di ripresa dei lavori dopo la sospensione degli
stessi per gran parte del 2009. Nel caso di specie si tratta, infatti, di intervento di durata
pluriennale in cui la detrazione del 36%, ai sensi dell’articolo 2, comma 15 della legge 203/2008, si
applica nel limite massimo triennale di 48.000 euro per tutti i tre anni (si veda « Guida al 36%»
edita dall’agenzia delle Entrate pubblicata sul sito www.agenziaentrate.it)
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 2 novembre 2009, n. 85)
ƒ
AGEVOLAZIONI - ADEMPIMENTI RIDOTTI PER LA NUOVA CALDAIA
D. Devo cambiare la caldaia sostituendola con una a condensazione. Alla luce dell'approvazione del
Ddl Sviluppo energia, dove sono state semplificate alcune incombenze amministrative, mi potreste
riepilogare gli adempimenti ai fini dell'ottenimento del contributo?
----R. Per poter beneficiare della detrazione del 55% (articolo 1, commi 20-24, della legge 24
dicembre 2007, n.244) è, effettivamente, venuto meno l’obbligo, da parte del contribuente, di
acquisire l’attestato di qualificazione energetica, relativamente agli interventi di sostituzione di
impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale
messa a punto del sistema di distribuzione. Questo è quanto disposto dall’articolo 31, comma 1,
della legge 23 luglio 2009, n.99. In particolare, l’articolo 31 ha stabilito che, a partire dal 15 agosto
2009, anche per la sostituzione di impianti termici con caldaie a condensazione (così come per
l’installazione di pannelli solari e per la sostituzione delle finestre e degli infissi in singole unità
immobiliari), tra gli adempimenti cui è tenuto il contribuente, non è più necessaria l’acquisizione
dell'attestato di qualificazione energetica. Tenuto conto delle novità legislative, i soggetti
interessati al beneficio, a partire dal 15 agosto 2009, relativamente agli interventi di sostituzione di
impianti termici con caldaie a condensazione, sono tenuti ad acquisire la seguente
documentazione:
a) asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell’intervento ai requisiti richiesti
(articoli 6-9 del Dm 19 febbraio 2007);
b) scheda informativa relativa agli interventi realizzati contenente i dati elencati nello schema di cui
all’allegato E del decreto 19 febbraio 2007.In attesa di conferma e di ulteriori chiarimenti da parte
del ministero dello Sviluppo Economico, e dell’agenzia delle Entrate, sugli effetti delle modifiche
normative intervenute, l’ Enea ritiene che “coloro che hanno ultimato i lavori prima del 15 agosto
siano tenuti a presentare sia l'allegato A che l'allegato E, mentre coloro che completeranno i lavori
a partire dal 15 agosto siano soggetti a compilare e ad inviare all'Enea il solo allegato E attraverso
il sito di invio http://finanziaria2009.acs.enea.it. Qualora questo non sia ancora strutturato in modo
da permettere l'invio del solo allegato E o della documentazione che eventualmente dovesse essere
richiesta dal ministero, si ritiene che sia consentito l'invio tramite raccomandata semplice
esclusivamente per i soggetti che possono avvalersi della nuova normativa relativa al comma 347”.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 2 novembre 2009, n. 85)
ƒ AGEVOLAZIONI SULLA CASA - CALDAIE A BIOMASSA: I REQUISITI PER IL 55%
D. Sto sostituendo la vecchia caldaia con una caldaia a biomassa alimentata con trucioli di legno. Il
titolo della concessione edilizia è « Costruzione di un impianto di riscaldamento a legna spezzata».
La nuova caldaia di riscaldamento viene installata nel vano preesistente. Contemporaneamente al
realizzo della caldaia, all’esterno, devo costruire un silo per i trucioli di legno che alimenta in
automatico la caldaia. Posso godere della detrazione del 55% (articolo 1, comma 344, Finanziaria
2007)?È incentivata anche la costruzione del silo all’esterno della casa? Inoltre, quale aliquota Iva
è applicabile per questo tipo di intervento?
----R. La risposta è affermativa. La detrazione del 55% (articolo 1, commi 20-24, legge 244/2007), si
rende applicabile anche al caso di specie ma a determinate condizioni. Secondo l’orientamento
espresso dall’ Enea (si veda: “ Faq - Domande più frequenti”, disponibili sul sito internet
www.enea.it e, in particolare, la domanda n. 42), l’articolo 3, comma 3 del Dm 11 marzo 2008
precisa che, ai fini dell'accesso alle detrazioni fiscali, il potere calorifico della biomassa viene
considerato pari a zero. Si può quindi accedere alla detrazione fiscale applicando il comma 344
della legge 244/2007, considerando pari a zero il fabbisogno di energia primaria per la
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climatizzazione invernale. Il Dm 11 marzo 2008, tuttavia, come ribadito dall’ Enea, ha prescritto
anche che la nuova caldaia a biomasse deve rispettare le seguenti ulteriori condizioni: a) avere un
rendimento utile nominale minimo conforme alla classe 3 di cui alla norma europea EN 303-5; b)
rispettare i limiti di emissione di cui all'allegato IX alla parte quinta del Dlgs 3 aprile 2006 n. 152 e
successive modifiche e integrazioni, oppure i più restrittivi limiti fissati da norme regionali, se
presenti; c) utilizzare biomasse combustibili ricadenti fra quelle ammissibili ai sensi dell'allegato X
alla parte quinta dello stesso Dlgs 152/2006 e successive modifiche e integrazioni. La rispondenza
a tali requisiti deve essere riportata nell’asseverazione compilata dal tecnico abilitato. In
alternativa, comunque, si rende applicabile la detrazione del 36%, di cui all’articolo 2, comma 15
della legge 203/2008. In particolare, l’articolo 1 del decreto del ministro dell’ Industria, del
commercio e dell’artigianato del 15 febbraio 1992, prevede la tipologia di opere finalizzate al
risparmio energetico ammesse ai benefici fiscali, tra cui anche l’installazione della stufa a pellets.
La realizzazione del silos esterno non può esser agevolato con il 55% in quanto pur essendo un
volume tecnico non puo essere considerato come accessorio alla caldaia tenuto conto della sua
autonomia (si tratta comunque di una struttura che gode di un'autonomia). Il silos non può poi
essere considerato pertinenziale all'abitazione (solo i box, posti auto, cantine e soffitte lo sono).
Pertanto, la sua realizzazione è soggetta all'applicazione dell'Iva ordinaria del 20 per cento.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 12 ottobre 2009, n. 80)
ƒ AGEVOLAZIONI
SULLA CASA - IL FINANZIAMENTO DEL 55% DEVE PASSARE DAL
BONIFICO
D. Sostituisco i serramenti utilizzando la detrazione del 55%. Parte dei lavori è pagata
direttamente da me con bonifico, e parte mediante un finanziamento erogato da una società di
credito al consumo che salderà direttamente il fornitore e addebiterà sul mio conto corrente 10
rate. Tale pagamento si intende valido, pur non essendo un bonifico, per l'ottenimento della
detrazione?
----R. La risposta è negativa. Ai fini della detrazione del 55% (articolo 1, commi 20-24, legge
244/2007), anche per l’acquisto dei serramenti , le spese sostenute, rilevanti ai fini della
detrazione, devono essere pagate con bonifico bancario o postale che contiene: causale del
versamento; Codice fiscale del beneficiario della detrazione; numero di partita Iva o codice fiscale
della ditta o del professionista che ha eseguito i lavori, verso cui il bonifico è indirizzato. In
sostanza, quindi, qualora il contribuente ottenga un finanziamento per l'esecuzione degli interventi
agevolati , lo stesso finanziamento dovrà essere erogato tramite bonifico intestato in nome e per
conto del mutuatario all’esecutore dei lavori, altrimenti i benefici non si applicano. Non vige
l’obbligo di effettuare il pagamento con bonifico solo per le seguenti spese ammesse in detrazione
(si vedano le istruzioni al modello 730):
spese relative agli oneri di urbanizzazione; ritenute
diacconto operate sui compensi; imposta di bollo; diritti pagati per le concessioni, autorizzazioni e
denunce di inizio lavori. Il contribuente, che, a partire dal 1° gennaio 2009, ha sostenuto spese per
interventi di riqualificazione energetica, agevolati con la detrazione del 55%, è tenuto ad inviare la
comunicazione all'agenzia delle Entrate, entro 90 giorni dal termine del periodo d’imposta nel quale
gli stessi hanno avuto inizio, solo nel caso in cui i lavori proseguano in più periodi d’imposta. Così
stabilisce il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate, Protocollo n. 57639/2009, che,
in attuazione dell'articolo 29, comma 6, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito
con modificazioni nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha approvato il modello di comunicazione,
fornendo le relative istruzioni e le modalità di trasmissione all'Amministrazione finanziaria. Il
modello, da presentare entro 90 giorni dal termine del periodo d’imposta nel quale i lavori hanno
avuto inizio, deve essere inviato all’agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica
(utilizzando il prodotto informatico disponibile gratuitamente sul sito dell'agenzia delle Entrate
www.agenziaentrate.gov.it), direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati. Quindi,
relativamente a lavori iniziati nel 2009 e che proseguiranno nel 2010, come nel caso di specie, le
comunicazioni andranno inviate entro il 31 marzo 2010.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 12 ottobre 2009, n. 80)
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ƒ AGEVOLAZIONI SULLA CASA - RIDOTTA LA DOCUMENTAZIONE NEL RINNOVO DELLA
CALDAIA
D. Devo sostituire la caldaia con una nuova a condensazione, inferiore ai 100 Kw, fruendo della
detrazione del 55 per cento. Mi risulta che non serve inoltrare documentazione al centro operativo
di Pescara, ma bensì bisogna tenerla a disposizione nel caso venga richiesta: è così?
----R. La risposta è affermativa. Effettivamente, per la sostituzione della caldaia, ai fini della
detrazione del 55% (articolo 1, commi 20-24, della legge 24 dicembre 2007 n. 244) , non è
necessaria la comunicazione al Centro operativo di Pescara. Tra l’altro, in merito, sono intervenute
semplificazioni per la documentazione necessaria per accedere ai benefici fiscali. In particolare, è
venuto meno l’obbligo, da parte del contribuente, di acquisire l’attestato di qualificazione
energetica, relativamente agli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con
impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.
Questo quanto disposto dall’articolo 31, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n.99, pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale il 31 luglio 2009, ed entrata in vigore il 15 agosto 2009. In sostanza, anche per
la sostituzione di impianti termici con caldaie a condensazione (così come per l’installazione di
pannelli solari e per la sostituzione delle finestre e degli infissi in singole unità immobiliari), tra gli
adempimenti cui è tenuto il contribuente, non è più necessaria l’acquisizione dell'attestato di
qualificazione energetica. Tenuto conto delle novità legislative, i soggetti interessati al beneficio, a
partire dal 15 agosto 2009, relativamente agli interventi di sostituzione di impianti termici con
caldaie a condensazione, sono tenuti ad acquisire la seguente documentazione: asseverazione di
un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell’intervento ai requisiti richiesti (articoli 6-9 del
Dm 19 febbraio 2007); scheda informativa relativa agli interventi realizzati contenente i dati
elencati nello schema di cui all’allegato E del decreto 19 febbraio 2007. In attesa di conferma e di
ulteriori chiarimenti da parte del ministero dello Sviluppo economico e dell’agenzia delle Entrate,
sugli effetti delle modifiche normative intervenute, l’ Enea ritiene che «coloro che hanno ultimato i
lavori prima del 15 agosto siano tenuti a presentare sia l'allegato A che l'allegato E, mentre coloro
che completeranno i lavori a partire dal 15 agosto siano soggetti a compilare e a inviare all'Enea il
solo allegato E attraverso il sito di invio http://finanziaria2009.acs.enea.it.».
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 12 ottobre 2009, n. 80)
ƒ AGEVOLAZIONI
SULLA CASA - LA PIATTAFORMA ELEVATRICE IN FUNZIONE ANTIBARRIERE
D. L'installazione di una piattaforma elevatrice (portata 250 kg) all'interno di un fabbricato in
restauro e risanamento, è detraibile (legge 449/97) e l'Iva da applicare è al 10 per cento?
----R. L’installazione di una piattaforma elevatrice può essere considerata quale intervento diretto
all’eliminazione delle barriere architettoniche, espressamente agevolato con la detrazione Irpef del
36% (articolo2, comma 15, legge 203/2008). Come precisato dall’amministrazione finanziaria,
infatti, rientrano in tale tipologia di opere agevolate anche il rifacimento di scale ed ascensori o
l’inserimento di servoscala o piattaforme elevatrici negli edifici (circolare 57/E/1998).Tra l’altro, se
la piattaforma viene installata nell’ambito di un intervento di restauro e risanamento conservativo,
l’intervento eseguito su edificio residenziale è agevolato ai fini del 36% a prescindere dal fatto che
trattasi di intervento diretto a superare le barriere architettoniche. Nel caso di specie, pertanto, il
contribuente, in qualità di proprietario dell’abitazione, può fruire della detrazione Irpef del 36% per
le spese relative all’installazione della piattaforma elevatrice, da assumere entro un ammontare
massimo pari a 48.000 euro (la detrazione massima ammonta, pertanto, a 17.280 euro, da
ripartire in 10 quote annuali costanti), purché provveda al pagamento delle stesse tramite bonifico
bancario o postale (unico strumento di pagamento ammesso ai fini del beneficio fiscale) e a
condizione che, prima dell’inizio dei lavori, invii al Centro operativo di Pescara (via Rio Sparto, n.21
- 65129), tramite raccomandata semplice, il prescritto modello di comunicazione debitamente
compilato (reperibile gratuitamente anche sul sito Internet dell’agenzia delle Entrate –
www.agenziaentrate.it). È altresì necessario che l’impresa esecutrice dei lavori indichi nella relativa
fattura, il costo della manodopera impiegata negli stessi, secondo le modalità precisate
dall’amministrazione finanziaria nella circolare n. 11/E del 2007.Nell’ipotesi in cui l’installazione
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dell’impianto configuri un intervento eseguito su parte comune condominiale, i citati adempimenti
(invio della raccomandata a Pescara e pagamento delle spese tramite bonifico) devono essere
effettuati dall’amministratore (o da uno dei condomini), mentre la detrazione del 36% spetterà a
ciascuno dei condomini, con riferimento alle spese singolarmente imputate su base millesimale e
da questi effettivamente versate all’amministratore entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi nella quale si fruirà dell’agevolazione (circolare 95/E/2000). Ai fini Iva, la
piattaforma quale mezzo atto al superamento di barriere architettoniche per soggetti con ridotte o
impedite capacità motorie, può fruire dell’aliquota ridotta al 4%, prevista espressamente dal n. 31,
della tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/72.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 12 ottobre 2009, n. 80)
ƒ AGEVOLAZIONI
SULLA CASA - PANNELLI SOLARI SOSTITUITI CON IL TETTO DI
60MILA EURO
D. La grandine ha distrutto un pannello solare per il quale sto recuperando il 55 per cento. Vorrei
sapere se è possibile recuperare il 55% anche della spesa relativa all'installazione di un nuovo
pannello in sostituzione di quello fuori uso.
----R. La risposta è affermativa. L’installazione di pannelli solari, ma anche la sua sostituzione, è
agevolata in base all’art. 1, c. 20-24 della L. 244/2007 e l’importo massimo della detrazione è
previsto in misura pari a 60.000 euro. In tal caso, l’obiettivo di risparmio energetico si raggiunge
attraverso: la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali; la copertura del fabbisogno
di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.
Si evidenzia che, dal 2008, anche per l’installazione di pannelli solari (così come per la sostituzione
delle finestre e degli infissi in singole unità immobiliari), l’articolo 1, comma 24, lettera c, della L.
244/2007 ha stabilito che, tra gli adempimenti cui è tenuto il contribuente, non è più necessaria
l’acquisizione dell’attestato di certificazione/qualificazione energetica ma basta inviare all’Enea,
entro 90 giorni dalla fine dei lavori, la scheda informativa modello F del Dm 19 febbraio 2007.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 12 ottobre 2009, n. 80)
Antincendio e prevenzione incendi
ƒ DEPOSITI ALL'APERTO
D. Si sta predisponendo la richiesta di parere di conformità antincendio per un'isola ecologica,
nella quale sono depositati diversi materiali tra cui carta, legname, plastica, gomma ecc. Si
configurano come depositi anche se i materiali stazionano in container all'aperto?
---R. Ai fini della assoggettabilità all'obbligo di certificato di prevenzione incendi, occorre verificare
semplicemente se ogni singola tipologia di deposito, quale legna, carta, plastica, gomma eccetera,
possa o meno essere ricomprensibile in una delle attività di cui al D.M. 16 febbraio 1982, in
considerazione del fatto che il deposito si trova effettivamente all'aperto. Per esempio, se si
considera la carta, la voce di cui al punto 43, D.M. 16 febbraio 1982, ha compreso i depositi con
capacità maggiore di 50 quintali indipendentemente dal fatto che siano ubicati all'aperto o al
chiuso. E' opportuno segnalare che quando il legislatore ha voluto escludere i depositi all'aperto, lo
ha fatto espressamente, come al punto 46, D.M. 16 febbraio 1982. Lo stesso vale per quanto
specificato ai punti 55 e 58, D.M. 16 febbraio 1982.
(Mario Abate, Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2009, n. 21, p. 64)
ƒ COMPRESENZA DI UNA SCUOLA E UN SUPERMERCATO
D. E' ammessa la presenza all'interno dello stesso stabile di un supermercato e di una scuola?
In particolare, è opportuno precisare che si tratta di un edificio di civile abitazione avente al piano
terra un supermercato di circa 1000 m2 e ai primi due piani fuori terra (primo e secondo)
appartamenti destinati alla succursale di un istituto tecnico per geometri.
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R. La vigente normativa di prevenzione incendi per i locali adibiti a esposizione e/o vendita con
superficie superiore a 400 m2 non consente la coesistenza nello stesso edificio dei locali con attività
scolastiche. Pertanto, finché non sarà rivista la normativa del settore, oppure non sarà emanato un
provvedimento di deroga in via generale al punto 1, circolare n. 75/1967, dovrà essere valutata
caso per caso, facendo ricorso alla procedura di deroga di cui all'art. 6, D.P.R. n. 37/1998, la
possibilità di autorizzare singoli progetti.
E' necessario precisare che anche la bozza della normativa di prevenzione incendi per la
progettazione, la costruzione e l'esercizio delle attività commerciali non ha previsto la possibilità,
per le nuove attività commerciali, di ubicare i supermercati in edifici con presenza dell'attività n.
85, D.M. 16 febbraio 1982, ovvero con scuole di ogni ordine e grado con numero di presenze
superiori a 100 persone.
(Mario Abate, Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2009, n. 21, p. 65)
Rifiuti
ƒ L'ISOLA ECOLOGICA DEVE RISPETTARE IL PRG
D. Il mio comune (Lombardia) vuole creare la cosiddetta "piattaforma ecologica" (discarica per
rifiuti differenziati) su un terreno adiacente casa mia. Qual è la distanza minima da rispettare?
----R. La disciplina per la gestione dei centri di raccolta (isole ecologiche) di rifiuti urbani e assimilati è
definita dal Dm 8 aprile 2008 recante « Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in
modo differenziato», come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera cc) del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modifiche, il quale è stato recentemente modificato dal Dm 13
maggio 2009 (pubblicato in « Gazzetta Ufficiale» n. 165 del 18 luglio 2009). Proprio tra le
modifiche apportate dal decreto correttivo dello scorso maggio rileva, tra le altre, quanto previsto
relativamente alla realizzazione e adeguamento dei centri di raccolta (localizzazione del sito), che
dovranno avvenire in aderenza alla vigente materia urbanistica ed edilizia (nuovo articolo 2,
comma 1, Dm citato). In altre parole, il lettore dovrà prendere visione del locale regolamento
urbanistico (Prg), con gli eventuali piani di zona o attuativi, verificando se la localizzazione del
centro sia effettivamente compatibile con la destinazione di zona ivi esistente. Rileva, peraltro,
quanto previsto a livello generale dall’allegato I al medesimo decreto in questione (requisiti tecnico
gestionali relativi al centro di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati) che al punto 1 prevede come
l’ubicazione dei centri di raccolta debba avvenire necessariamente «…in aree servite dalla rete
viaria di scorrimento urbano per facilitare l'accesso degli utenti» prevedendo, successivamente, gli
ulteriori requisiti tecnici volti a minimizzare gli impatti generati dai centri medesimi.
(Marco Fabrizio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 19 ottobre 2009, n. 81)
ƒ L'AUTORIZZAZIONE «DECIDE» DEI RIFIUTI DA SMALTIRE
D. Un'azienda iscritta all'albo nazionale gestori ambientali per la raccolta e il trasporto dei propri
rifiuti, è autorizzata alla raccolta e trasporto dei rifiuti che produce e che registra abitualmente sul
proprio registro rifiuti e successivo Mud? Ad esempio, l'azienda Alfa produce e trasporta in conto
proprio calcestruzzo; inoltre, è organizzata anche con una propria officina alla manutenzione dei
propri automezzi e impianto. Se iscritta all'albo (articolo 212 ...), è autorizzata anche al trasporto
degli pneumatici sostituiti o delle vecchie calze del filtro dell'impianto di abbattimento polveri? O
risulta solo autorizzata alla raccolta e trasporto di calcestruzzo ammalorato?
----R. Si ritiene che l’azienda sarà legittimata alla raccolta e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi
ovvero dei propri rifiuti pericolosi in quantità non superiori ai 30 kg o 30 litri/giorno, ma sempre in
riferimento alle tipologie di rifiuti oggetto della comunicazione/iscrizione semplificata, all’uopo
inviata all’apposita sezione dell’ Albo nazionale gestori ambientali (territorialmente competente) ai
sensi dell’articolo 212, comma 8, Dlgs 152/2006. Tale conclusione è deducibile dal contenuto della
medesima disposizione, la quale prevede il contenuto minimo da inviare in tal senso, tra l’altro con
obbligo di indicare: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b)
le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei
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mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del
trasporto medesimo; d) il versamento del diritto annuale di registrazione...; comunicando, altresì,
ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione (articolo 212, comma 8, citato).
(Marco Fabrizio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 19 ottobre 2009, n. 81)
ƒ COSÌ IL LIBERO UTILIZZO DEL MATERIALE DI SCAVO
D. Sono un geometra che collabora con un'impresa che ha un contratto di cottimo per la
manutezione della rete idrica e fognaria per conto dell'Acquedotto pugliese. La mia richiesta verte
sul trattamento dei rifiuti (terre e rocce da scavo e bitume) e l'applicazione dell'articolo 230, del Dl
152/2006 (manutenzione infrastrutture e reti).Come debbo trattare questi rifiuti? L'eventuale
deposito temporaneo è possibile anche senza la totale riutilizzazione del rifiuto?
----R. Per rispondere esaustivamente al quesito deve, necessariamente, tenersi conto della nuova
disciplina introdotta dalla legge 2/09, di conversione del Dl 185/08, all’articolo 20 recante « Norme
straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti facenti parte del quadro
strategico nazionale e simmetrica modifica del relativo regime di contenzioso amministrativo, con
la previsione di una nuova normativa a favore del libero riutilizzo del suolo non contaminato,
nonché di altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione». Tale
disposizione introduce, invero, una fondamentale innovazione alla disciplina dei «limiti al campo di
applicazione» della parte quarta del Dlgs 152/2006, sottraendo tout court alla disciplina sui rifiuti
«il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell’attività di
costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale
nello stesso sito in cui è stato escavato» (nuova lettera c-bis del comma 1, articolo 185, Dlgs
152/06, aggiunta dall’articolo 20, comma 10-sexies, Dl 185/08 convertito, con modifiche, nella
legge 2/09).Sostanzialmente, il legislatore consente la libera riutilizzabilità in loco del materiale
escavato qualora non contaminato ovvero allo stato naturale, purché proveniente da «attività di
costruzione», e purché il medesimo risulti riutilizzato in via certa e tal quale (requisito deducibile
dall’inciso «...allo stato naturale ...») all’interno dello stesso sito di escavazione. Tale previsione
risulta, peraltro, coordinata con la contigua normativa ad hoc tradizionalmente prevista per le terre
e rocce da scavo, a oggi definita dall’articolo 186 del Dlgs 152/06 e successive modificazioni, la
quale consente, al ricorrere di talune condizioni, il libero utilizzo per reinterri, riempimenti,
rimodellazioni e rilevati, delle terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti
(articolo 20, comma 10-sexies, Dl 185/08 citato). In quest’ultimo caso, il riutilizzo delle terre e
rocce da scavo potrà avvenire «liberamente» (cioè senza applicare la normativa sui rifiuti) qualora:
a) le terre e rocce vengano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi
preventivamente individuati e definiti; b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza
dell'integrale utilizzo; c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente
possibile senza necessità di «preventivo trattamento» o di «trasformazioni preliminari» (cosiddetto
«riutilizzo tal quale») per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a
garantire che il loro impiego non dia luogo a emissioni/impatti diversi da quelli ordinariamente
consentiti e autorizzati per il sito dove sono destinate a essere utilizzate; d) sia garantito un
elevato livello di tutela ambientale; e) sia accertato che non provengono da siti
contaminati/sottoposti a interventi di bonifica ai sensi del titolo V, parte quarta, Dlgs 152/06; f) le
caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che l’impiego delle terre e rocce nel sito
prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed
avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque, della flora, della fauna, degli habitat e delle
aree naturali protette, dimostrando che il materiale da utilizzare non sia contaminato rispetto alla
destinazione d'uso del medesimo bensì sia compatibile in tal senso; g) la «certezza» del loro
integrale utilizzo sia dimostrata. Dalle due discipline sinteticamente rammentate (sulle terre e
rocce da scavo e sul materiale escavato da attività di costruzione) si palesa come si ponga, oggi,
un problema di coordinamento tra le stesse solo considerando l’ampia casistica delle «attività di
costruzione» ricavabile dall’articolo 3/L, comma 1, lettera e), del Dpr 380/01, Testo unico in
materia di edilizia (a tenore del quale devono intendersi «interventi di nuova costruzione» sia gli
interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle diverse categorie
di interventi definite in precedenza – interventi di manutenzione ordinaria/straordinaria/di restauro
e risanamento conservativo/di ristrutturazione edilizia – sia una amplissima ed eterogenea serie di
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attività che vanno dalla costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, agli interventi di
urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune, dalla realizzazione
di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, comportanti la trasformazione in via
permanente di suolo inedificato, all'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti
e di ripetitori per servizi di tlc, dall'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, utilizzati
come abitazioni, ambienti di lavoro eccetera e non diretti a soddisfare esigenze meramente
temporanee, agli interventi pertinenziali qualificati dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici
come interventi di nuova costruzione eccetera).Quanto al deposito temporaneo di rifiuti (articolo
183, comma 1, lettera m), Dlgs 152/2006), naturalmente esso è sempre possibile purché avvenga
presso il «luogo di produzione» degli stessi (dunque a prescindere dal successivo riutilizzo o meno
degli stessi) e fermo restando il rispetto degli altri requisiti previsti dalla legge, peraltro
considerando la particolare accezione di tale istituto nell’esercizio di attività di manutenzione di
infrastrutture ex articolo 230, Dlgs 152/2006.
(Marco Fabrizio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 19 ottobre 2009, n. 81)
ƒ TRATTAMENTO DEI RIFIUTI: LA GESTIONE È VINCOLANTE
D. Una società è proprietaria dell’impianto di trattamento dei rifiuti solidi. Per quest'attività ha
l’autorizzazione rilasciata dalla provincia a tutto il 31 dicembre 2018.Può la società affittare
l’impianto e trasferire l’autorizzazione per tre anni, con scadenza 31 dicembre 2012?
----R. Si ritiene che il quesito debba avere risposta negativa, nel senso che tale passaggio potrà
avvenire ma a condizione che venga rilasciata apposita modifica della precedente autorizzazione. A
prescindere dal contenuto del provvedimento autorizzatorio rilasciato ai sensi dell’articolo 208, Dlgs
n. 152/2006 (che verosimilmente sarà rilasciato ad personam a favore del titolare della società che
gestisce l’impianto) una qualsiasi variazione nell’esercizio dell’attività dovrà passare per il
preventivo vaglio di discrezionalità della pubblica amministrazione, così come peraltro deducibile, in
via indiretta, anche da quanto previsto all’articolo 208, comma 12, Dlgs n. 152/2006 (dal quale
sembrerebbe emergere, tra l’altro, una immodificabilità dell’autorizzazione per i primi cinque anni
dal rilascio…).
(Marco Fabrizio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 19 ottobre 2009, n. 81)
Tributi locali
ƒ TRIBUTI LOCALI - L'ITER PER IL RIMBORSO DELL'IVA SULLA TIA
D. Con riferimento alla recente sentenza 238/2009 della Corte costituzionale vorrei conoscere l’iter
corretto da seguire per ottenere il rimborso dell’ Iva indebitamente pagata sulla Tia nel comune
dove risiede mio padre. Per determinare l’esatta somma da richiedere quale data è presa a
riferimento per il calcolo dei cinque anni precedenti? Fa testo la data di pagamento della bolletta o
la data di emissione della fattura? Per il primo e l'ultimo anno, l’importo da richiedere è da
considerare per intero o in frazione d’anno? In caso di rifiuto al rimborso da parte dell’ente
debitore, come dovrò comportarmi per ottenere quanto richiesto?
---R. Con sentenza 24 luglio 2009, n. 238, la Corte costituzionale ha dichiarato che la « Tia» (tariffa
d’igiene ambientale) è un tributo, del tutto identico alla tassa sui rifiuti che andrà gradualmente a
sostituire. In quanto tale, i relativi proventi percepiti dal comune (o dal diverso gestore preposto
alla sua riscossione) non possono essere assoggettati a imposta sul valore aggiunto, che invece
colpisce solo i corrispettivi delle prestazioni di servizi liberamente richiesti. Chi, come il padre del
lettore, ha già pagato le fatture, comprendenti la tariffa e l’ Iva al 10%, si trova nella posizione di
colui che ha pagato una somma non dovuta (ovviamente, nei soli limiti dell’ Iva corrisposta). Il
caso è regolato dall’articolo 2033 del codice civile («indebito oggettivo»), secondo il quale «chi ha
eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai
frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se
questi era in buona fede, dal giorno della domanda». Per costante e pacifica giurisprudenza,
l’azione di indebito si prescrive dopo dieci anni dal giorno del pagamento (fra tante: Corte di
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cassazione, 18 marzo 1992, n. 3378; 19 giugno 2008, n. 16612).Il credito del lettore è dunque
pari a tutta l’ Iva pagata nei dieci anni precedenti il giorno in cui al comune perviene (per
raccomandata, o con atto notificato tramite ufficiale giudiziario) la diffida alla restituzione. Per
esempio, se l’atto perviene all’ente il 30 ottobre 2009, l’obbligo di restituzione coinvolge tutto
quanto pagato dal 31 ottobre 1999 in poi (vale la data apposta sulla quietanza). Non ha invece
alcun fondamento il «calcolo dei cinque anni precedenti» di cui parla il lettore. L’ Iva soltanto
addebitata in fattura, ma non pagata, non dà diritto al rimborso. Tale importo è semplicemente
non dovuto, ed il lettore è esonerato dal versarlo. L’atto di messa in mora, notificato tramite
ufficiale giudiziario o spedito per posta, vale a interrompere il corso della prescrizione, e fa
decorrere gli interessi legali. Se l’ente non paga la somma richiesta, il lettore può rivolgersi al
giudice ordinario. Non sono invece competenti, per simili rimborsi, le commissioni tributarie (fra le
più recenti: Corte di cassazione, 7 febbraio 2007, n. 2686).Se il totale del rimborso non supera i
2.582,28 euro (5 milioni delle vecchie lire), è competente il giudice di pace nel cui territorio ha
sede l’ente (articoli 7 e 19 del codice di procedura civile); altrimenti è competente il tribunale. Se il
totale del rimborso non supera i 516,46 euro (1 milione di lire), il lettore non deve rivolgersi
necessariamente a un avvocato (articolo 82), e la citazione può esser fatta verbalmente (articolo
316), mediante processo verbale fatto redigere dallo stesso giudice di pace, in presenza
dell’interessato. Il creditore può rivolgersi al giudice (di pace o tribunale) anche senza presentare
una preventiva istanza, relativamente alla quale non esistono moduli già predisposti. Inoltre, dato
il tipo di controversia «di massa», può rivolgersi a una delle associazioni di consumatori,
probabilmente già attrezzate per affrontarle, anche con la così detta «class action».La
documentazione occorrente per la causa consiste nelle fatture (perché specificano l’importo dell’
Iva), e nelle quietanze che ne provano il pagamento.
(Ezio Maria Pisapia, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 26 ottobre 2009, n. 83)
ƒ
TRIBUTI LOCALI - DALLA CONSULTA NIENTE IVA SULLA TARIFFA RIFIUTI
D. È legittimo che la società municipalizzata addebiti in fattura l'Iva pari al 10% sulla tassa rifiuti
che è una tassa e non una tariffa?
----R. Prima di addentrarci nel quesito, occorre dipanare un equivoco, perché il lettore allude a una
«fattura» emessa per riscuotere una «tassa». La «tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani»
(disciplinata dal Dlgs 15 novembre 1993, n. 507) e la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani»
(nota anche come « Tia»: articolo 238 del «codice ambientale» approvato con Dlgs 3 aprile 2006,
n. 152), sono ambedue gravate da un inasprimento del 10% (senza qui considerare l’ulteriore
addebito a titolo di addizionale provinciale, variabile fra l’1 ed il 5 per cento della tassa o della
tariffa).La coincidenza, però, è solo quantitativa, perché le norme alla base dell’identico addebito
del 10 per cento sono diverse. Sulla tassa si applicano due addizionali (per « Eca» e per
«maggiorazione Eca»: Rdl 30 novembre 1937, n. 2145; Dlgs 18 febbraio 1946, n. 100; legge 10
dicembre 1961, n. 1346; articolo 3, comma 39, legge 28 dicembre 1995, n. 549), ciascuna del 5
per cento. Sulla tariffa si usa applicare l’imposta sul valore aggiunto, casualmente anch’essa del
10% (n. 127-sexiesdecies della tariffa, parte 3ª, allegata al Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, che fissa
l’aliquota Iva agevolata per le prestazioni di gestione dei rifiuti).L’addebito dell’ Iva sulla Tia
comporta l’emissione della fattura, che invece non è prevista quando il comune (o la sua
municipalizzata) impone la tassa. Ora, se si tratta della tassa vera e propria, l’incremento del 10
per cento si spiega con le addizionali già indicate. Il documento ricevuto, però, è un «avviso di
liquidazione» e non una fattura, la cui emissione è richiesta, nelle operazioni di scambio
commerciali, per addebitare l’ Iva. È invece del tutto fuor di luogo per imporre un tributo. Se
invece si tratta della tariffa, il 10% è stato effettivamente richiesto a titolo d’imposta sul valore
aggiunto. Il lettore si duole giustamente di questo indebito aggravio, dal momento che – essendo
la tariffa una prestazione imposta, e non il prezzo del servizio di rimozione dei rifiuti – l’ Iva non è
applicabile. La questione, nei termini delineati dal quesito, è ormai pacifica, perché sulla natura
tributaria della tariffa si è positivamente pronunciata la Corte costituzionale (sentenza 24 luglio
2009, n. 238). La Corte ha anche affermato – in modo che non lascia adito a dubbi: paragrafo
7.2.3.6 della sentenza – che la tariffa, al pari della tassa, è completamente estranea al campo di
applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (quindi, tanto per cominciare, non la si addebita
attraverso una fattura).Il lettore può limitarsi a pagare la «tariffa» (e l’addizionale provinciale, se
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addebitata), e poi chiarire alla municipalizzata che, non essendo dovuta l’ Iva, non poteva essere
esercitata la relativa rivalsa.
(Ezio Maria Pisapia, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 26 ottobre 2009, n. 83)
ƒ TRIBUTI LOCALI - PER GLI ONERI DI DEPURAZIONE UN RIMBORSO SOLO PARZIALE
D. In un condominio «mini» (quattro condomini) con fognature non comunicanti con quella
comunale, perfettamente a norma, e regolarmente pulite ogni tre mesi da una ditta specializzata,
che mi rilascia regolare fattura, è possibile chiedere la cancellazione di oneri di depurazione acque
al comune in quanto tutto ciò non avviene? Da anni paghiamo un tributo per qualcosa che non
viene effettuato.
----R. Nel reclamare il diritto all’esonero, il lettore allude evidentemente al fatto che – non fruendo del
servizio di allontanamento e di depurazione delle acque di rifiuto – non è tenuto a pagare i relativi
corrispettivi. Questa pretesa è, in via di massima, corretta, avendo ricevuto il conforto della Corte
costituzionale (sentenza 10 ottobre 2008, n. 335).Nel frattempo, però, la materia è stata
nuovamente disciplinata dal legislatore, sia per i rimborsi dei canoni di depurazione corrisposti dagli
utenti, come il lettore, non allacciati alla fognatura pubblica; sia per l’ammontare dei canoni dovuti,
per l’avvenire, dai medesimi utenti non allacciati. L’ammontare dei nuovi canoni è proporzionale
agli «oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di
depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e
programmati dai piani d'ambito ...» (articolo 8-sexies del Dl 30 dicembre 2008, n. 208).Tra quanto
pagato e quanto dovuto secondo le nuove disposizioni, il lettore ha diritto a un parziale rimborso,
per il passato e a un parziale sgravio, ma non all’esenzione, per l’avvenire.
(Ezio Maria Pisapia, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 26 ottobre 2009, n. 83)
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