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N U M E R O
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Nascita del giornalino
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Al giorno d'oggi, sembra che siano poche le
possibilità per un adolescente di mettere in mostra il proprio talento e
la propria passione. Forse però sono gli adolescenti stessi che si sottovalutano e affrontano
ormai troppe cose con
superficialità. Ci sono
quelli che non riescono
a vedere il loro talento
perché neanche lo cercano, forse credono che
non serva a nulla, forse
perché sono stati abituati ad un modo di ragionare "limitato", senza
più riuscire a "guardare
oltre" , ad esplorare se
stessi e capire cosa sanno davvero fare bene e,
soprattutto, cosa li fa
stare bene. Poi ci sono
quei ragazzi (o ragazze,
ovviamente) che cercano di capire chi sono e
cosa piace loro fare,
cos'è che da loro soddisfazione. Cercano (e
trovano) quella cosa che
li metta alla prova, che
li faccia sentire vivi.
Questa è la passione. E
soddisfazione di vedere
il nostro lavoro finito è
davvero grande. Tutto è
partito dall'idea di alcune professoresse di creare un giornale della
scuola, per dare libero
spazio a quei ragazzi a
cui piace scrivere di
concretizzare questa
passione. Dopo un po'
di pubblicità in giro per
la scuola e online, alcuni studenti hanno risposto alla chiamata. Abpossono trovarla tutti, biamo messo impegno
basta cercarla. Noi ra- in questo lavoro ma,
gazzi del giornale della soprattutto, ci siamo
scuola siamo alcuni di divertiti a farlo. Un rinquelli. Non crediamo graziamento particolare
certo di avere il talento alle proff. Muralti, Riva
della scrittura né di es- e Dolcini, che ci hanno
sere i più bravi nella guidati e assistiti durangrafica, ma sicuramente te le riunioni pomeridiaci abbiamo messo tutto ne per la stesura del
l'impegno possibile e la giornale!
SOMMARIO:
Scrivendo...
La voce delle note
Il canto dell’anima
3
Razzista come
nessuno
4
L’adulto bambino
5
We Will Rock You
6
Rock n’ roll high school 7
Pillole di scienza
Il dolore e le droghe
oppiacee
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Diario di bordo
La Basilicata esiste
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Questo quadro, chiamato "Pala di Brera" oppure "Madonna con il
Bambino, sei santi,
quattro angeli e il duca
Federico da Montefeltro", è un dipinto di Piero della Francesca, realizzato con tecnica ad
olio e tempera su tavola
nel 1472-1474 e misura
248 x 170 cm.
Si tratta di un'opera estremamente monumentale, con un trattamento
magnifico della luce,
astratta e immobile, e
un repertorio iconografico di straordinaria ricchezza. Presenta al centro la Madonna in trono
in posizione di adorazione, con le mani giunte verso Gesù Bambino
addormentato sul suo
g r e m b o .
Secondo la maggior
parte degli studiosi, i
santi nella composizione vengono identificati
(da sinistra verso destra) in Giovanni Battista, Bernardino da Siena, Gerolamo, Francesco, Pietro Martire e
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L'uomo inginocchiato alla destra del quadro
è Federico da Montefeltro, vestito dell'armatura, con la spada e un ricco mantello a pieghe, mentre in terra si trovano l'elmo, descritto fin nei più ricercati riflessi metallici
della luce e dell'elsa della spada, il bastone
del comando e le parti dell'armatura che coprono mani e polsi, per permettergli di giungere
le
mani
in
preghiera.
In fondo alla nicchia si trova un'esedra semicircolare, dove colpisce la geometrica purezza della calotta della semicupola, dove è
scolpita una conchiglia.
La conchiglia è simbolo
della nuova Venere,
Maria e della bellezza
eterna. L'uovo è un
complesso richiamo al
dogma della verginità di
Maria, che doveva essere noto agli umanisti del
X V
s e c o l o .
L'opera è custodita nella Pinacoteca di Brera a
Milano dal 1810, proveniente dalla chiesa di
San Bernardino a Urbino, dove risulta essere
stata almeno dal Settecento. Secondo un'annotazione scritta nei
registri del convento di
San Bernardino ad Urbino, pare che la pala
dell'altar maggiore sia
stata realizzata nel 1472
da fra' Bartolomeo. Alcune parti della pala (in
particolare le mani del
duca) sono da attribuire
ad un intervento di
completamento o modifica da parte di Pedro
Berruguete, pittore di
corte, databile a dopo il
1474 circa.
LA REDAZIONE
Bachetti Francesco
Contini Ilaria
Se vuoi contattare la redazione per proporre delle idee o per
pubblicare dei tuoi articoli, contattaci e lascia un commento
sul blog dell’istituto:
Dossena Martina
Ionets Liudmyla
Nolano Serena
http://blog.iisdellafra.it
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Il canto dell’anima
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Come cenere nel vento
Sedevo nel fango la notte
dopo l'ultimo lavoro,
un pigiama e due scarpe rotte
il massimo decoro,
guardando le persone condotte
nelle docce della morte.
Non avevo dieci' anni ancora
quando vidi mia madre morire
cadde a terra senza rumore
mentr' io sentivo, insieme a lei,
il mio respiro finire.
Senza più nome, né casa né marito
tre cifre su una targa di stoffa
la mia identità avevan bandito.
Un solo colpo dritto al mio petto
perché viver non era un diritto
e caddi a terra senza rumore,
ma non si fermò solo il mio cuore.
Con mio figlio venni bruciata
perché dissero ch'ero sbagliata.
Ma noi eravamo già morti
nelle mani di bestie vestite da uomini,
uomini uguali a noi.
Ora siamo liberi,
come cenere nel vento.
Non più rei di un peccato
dall'uomo inventato.
Serena Nolano
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La mente è il mio caos che crea l’equilibrio.
La luce mi vuole ma l’ombra mi attira.
Allegria sul viso che maschera l’ira.
Io, circondato da tutti ma amato dal nulla.
Su un letto di rovi il caldo dolore mi congela l’anima…
e la luce mi porta nell’oblio della tenebra.
Francesco B.
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RAZZISTA COME NESSUNO!
L’ignoranza,intesa sotto forma
di non conoscenza, spaventa.
Non conosciamo le persone
che emigrano,non conosciamo
le motivazioni che le spingono
a lasciare il proprio paese, non
conosciamo la loro cultura, che
caratterizzandoli ci porta ad
avere un’ idea tra il comico e il
diffidente.
L’ Italia è un paese emerso
dalle ceneri della guerra e della
dittatura,e nonostante abbia
ancora molti problemi di diverso genere, rappresenta il paradiso per popoli disagiati che
fuggono dalla guerra (ad esem-
pio i paesi nordafricani) o quelli succubi di stati non ancora
democraticamente
realizzati
(l’Europa dell’est, Sudamerica,
oriente).
Ponendoci per un secondo nei
panni degli extracomunitari,come
ci
sentiremmo?!
Spaventati, spaesati e diffidenti
allo stesso modo se non di più..
Che sensazione brutta, non
capire, la barriera linguistica è
un’altro ostacolo, banale, che
però limita l’integrazione.
Pensa che sorpresa scoprire
che la domestica che ti fa le
pulizie, in casa,è un’ingegnere.
Personalmente lo trovo comico
e tragico nello stesso momento.
Possibile,che un titolo di studio,solo perché raggiunto in un
altro stato,non valga niente???!
E le conoscenze,non era quello
il fondamentale?!
Non c’è da stupirsi se la casa ti
scoppia,sarà successa una qualche reazione chimica,con tutto
quello che conosce quella donna,potrebbe crearti una bomba
atomica, in bagno!
Quando sento dire: -“Io sono
razzista,che se ne andassero a
casa loro!!”-Non posso far a
meno di sorridere disprezzare
la persona in questione. Che
cosa
le
potrei
dire?!“Cresci,per piacere!Non è la
nazionalità che qualifica la
persona, ne in che dio crede,
quante volte prega al giorno o
figuriamoci il colore della sua
pelle..ma l’onestà,l’impegno
nel lavoro,la voglia di dare al
figlio un’istruzione!!!!!”
Per cui quando ci guardiamo
intorno,vediamo realmente le
persone per quello che sono e
non il pregiudizio dietro al
quale le nascondiamo.
Ionets Liudmyla
(Ucraina,6 anni in Italia)
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L’ADULTO BAMBINO
Da sempre l’uomo, inteso come individuo adulto, tratta nei
racconti, nelle canzoni nelle
poesie e in molte altre opere
letterarie e artistiche; dei bambini. I bambini, cosa vede
l’adulto in loro?! Purezza, sensibilità, l’essere indifeso ma
cosa più importante, una sana
dose di follia e tenera inconsapevolezza che li porta ad agire,
che li porta ad essere liberi.
Libertà, che sia questa la vera
ragione che porta l’uomo a
guardare, con occhi pieni di
sorpresa e compassione questa
fase della vita?! Tuttavia per
quanto già queste motivazioni
possano portare alle risposte
che cerchiamo, io sono convinto che ci siano ragioni più profonde. Infatti, l’adulto, quando
matura tale fase della vita, abbandona quell’innocenza, quella libertà, ed è proprio questo
che lo porta a volersi riscoprire
bambino; è questo che lo porta
a cercare di entrare in contatto
con quella parte del suo animo,
che va preservato e che crede
di avere inesorabilmente perso;
macchiato con le sue azioni.
Tristemente l’uomo è portato a
non accorgersi, il più delle
volte, del fatto che questo lato
lo accompagnerà sempre e che
sempre, in un certo qual modo,
il bimbo che era, lo influenza
anche inconsciamente. E’ del
tutto lecito, ammettendo tale
tesi, il pensiero di Erasmo da
Rotterdam che in “Elogio della
follia”, paragona il bambino
a l l ’a n z i a n o , i n q u a n t o
quest’ultimo “rimbambinisce”,
chiudendo un cerchio eterno, in
cui così come nella nascita,
anche nella morte l’uomo potrà
rendersi conto, forse, che in un
qualche modo una parte di lui è
rimasta immutata e sempre
presente. Per questo l’uomo
ricorda il suo lato bambino, per
questo vuole preservarlo e ricordarlo; così facendo l’adulto
torna bambino, anche se di
fatto lo è sempre stato.
Francesco B.
Un libro per amico
TITOLO: IL RE VERDE
AUTORE:PAUL LOUP SULITZER
GENERE:NARRATIVA (STRANIERA)
L’epopea di questo giovane ebreo,sopravvissuto nel campo di concentramento di Mathausen, nasce
all’insegna della vendetta,sulle tracce degli aguzzini che hanno massacrato la sua famiglia,e culmina nella
creazione di un impero finanziario,al vertice del quale,vi è lui: Reb Michael Klimrod. L’uomo più ricco al
mondo,ma anche il più sconosciuto,grazie alla collaborazione con gli Uomini del Re,le sue pedine..alla
ricerca della realizzazione di un sogno che lo costringerà ad uscire allo scoperto…
E’ una storia brillante,che ti entra nell’anima e ti costringe a passare notti insonni,incollati alle pagine della
storia,vera, più sensazionale mai scritta.
Ionets Liudmyla
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subito l’artista!
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In
quanto
delusioni
d’amore
neanche
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Nickelback non scherzano.
Nella mondo della musica ci sono state tante
storie d'amore che hanno
coinvolto i più grandi artisti, che però sono finite
male. Un esempio?! Ma
certo..
andiamo su qualcosa di
classico, “Sweet Child
O'Mine”, Guns N' Roses
nel lontano '88:
Possiamo dire che nella
canzone Axl Rose parla
della
sua
ragazza
(all'epoca Erin Everly) con
parole dolci e ciò fa pensare che il cantante fosse
innamorato di questa ragazza a tal punto da dedicarle una specie di lettera d'amore. Ma la tristezza è quando i due si
lasciarono dopo diversi
anni di matrimonio. Comunque sia questa non è
l’unica delusine che ha
In “How You Remind Me”,
Chad Kroeger parla di
una relazione finita per
colpa sua e continua ad
immaginarsi questa ragazza che lo ha lasciato,
in tutti i posti.
In “Someday” la storia si
fa più triste e, mentre la
canzone parla di miglioramenti in un futuro non
molto prossimo. Nel video
viene raccontata la triste
storia di due persone che
vengono separate dal
destino (il ragazzo muore
in un incidente stradale su
un ponte e la ragazza,
distrutta dal dolore, appena salita in macchina
ha un incidente con un
Tir).
Parliamo anche dei Bon
Jovi, la loro canzone più
movimentata che parla
di amore/delusione è
“You Give Love a Bad
Name”
Più deluso di così Jon Bon
Jovi non poteva essere.
Nella canzone i Bon Jovi
parlano di una ragazza
che ha piantato in asso il
suo amante.
Alcuni
anni
dopo
(settembre del ’94) con il
loro cd esce “Always”.
La canzone tratta del difficile rapporto sentimentale tra due ragazzi, dove
lei scopre di essere stata
tradita da lui, e decide
quindi di scappare. Alternate a queste immagini,
nel
video ci vengono
mostrati i Bon Jovi mentre
eseguono il brano.
Ma anche i Doors si sono
innamorati, e meno male
che almeno loro senza
delusioni!
“Hello, I love you”
Questa canzone venne
scritta da Jim Morrison per
la sua Pam, con cui visse
fino alla prematura morte
a soli 27 anni.
Martina Dossena
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ROCK N’ ROLL HIGH SCHOOL
La musica per tutti noi è
qualcosa di fondamentale.
C’è chi in essa si rifugia
nei momenti di tristezza,
nei momenti in cui nessuno può capirvi e cercate
qualcosa su cui contare.
Ci sono tantissimi generi,
ognuno ascolta ciò che lo
rende più felice e ciò che
più lo emoziona. Io vorrei
soffermarmi su un genere
in particolare, il punk e
all’interno di esso vorrei
brevemente ricordare un
gruppo in particolare, ma
questo lo farò in seguito
dopo avervi dato un’idea
di cos’è il punk rock.
Il punk rock è nato fra il
1976 e il 1979, comprende tantissimi sottogeneri.
I primi gruppi punk sono
sicuramente conosciuti:
Sex Pistols, The Clash,
The Damned e The Stranglers che fanno parte dei
gruppi inglesi. Per quanto
riguarda i gruppi americani ricordiamo: Ramones,
Misfits,
Dead
Boys,
Johnny Thunders & the
Heartbreckers. Tra questi
gruppi, ovviamente tutti
meritevoli di essere ascoltati, c’è né uno in particolare di cui vorrei parlarvi,
non per il semplice fatto
che le loro canzoni trasmettono ancora oggi tanta libertà, ma anche un
gruppo da considerare
“diverso” dagli altri, hanno portato qualcosa di
nuovo ed hanno avuto
una grande influenza nella storia della musica: I
Ramones.
Si sono formati a Forest
Hills nel Queens a New
York nel 1974. Sono considerati come i fondatori
del genere punk. Il nome
della band venne scelto
dal bassista Dee Dee Ramone ( vero nome Douglas Colvin) nato il 18
settembre 1952. Prese
ispirazione dal nome che
Paul McCartney dei Beatles utilizzava per registrarsi negli hotel dove si
fermava con il suo gruppo
mentre era in tour. Decisero di ribattezzarsi con
lo stesso nome anche se
non erano fratelli. Oltre a
Dee Dee vi era Joey Ramone ( vero nome Jeffrey
Hyman) che era il cantante nato il 19 maggio del
1951. Johnny Ramone
( vero nome John Cum-
mings) era il chitarrista
nato l’8 ottobre del 1948.
Tommy Ramone (vero
nome Thomas Endelyi)
era il batterista nato il 29
gennaio 1949.
Ebbero molti cambiamenti di membri che poi adottarono lo stesso nome, ma
di cui parleremo successivamente. Iniziarono con
Joey alla batteria, Johnny
alla chitarra e Dee Dee al
basso e al microfono.
Tommy all’inizio lavorava nello studio di registrazione dove la band provava, ma dato che Dee Dee
non riusciva a suonare e
cantare contemporaneamente, Tommy si unì alla
band come batterista e
Joey divenne il cantante.
Le loro canzoni erano
molto particolari sia per
la velocità che per la brevità, duravano intorno ai
due minuti. Tra una canzone e l’altra si sentiva la
voce di Dee Dee che gridava “one, two, three,
four!” e subito dopo ripartivano dando al pubblico qualcosa di unico e
da molti inspiegabile. Agli inizi della loro carriera
alcuni critici li consideravano quasi uno scherzo,
quattro ragazzi con i capelli lunghi, una giacca di
pelle e i jeans strappati
non sarebbero potuti arri-
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vare molto lontano. Eppure senza mai rendersene
perfettamente conto, hanno cambiato la storia del
rock n’ roll.
Hanno iniziato a suonare
al CBGB (Country Bluegrass and Blues), i loro
concerti duravano dai 20
ai 30 minuti. Dopo aver
suonato molte serate al
CBGB furono ingaggiati
dalla Sire Records nel
1975 e registrarono il loro
primo album: “Ramones”.
Ispirarono alcuni membri
dei Clash e dei Sex Pistols. Dopo i primi due
anni di concerti Tommy
lasciò la band per tornare
a lavorare negli studi di
registrazione e perché non
riusciva a stare dietro alla
dura vita dei tour. Fu sostituito da Marky Ramone
che fu presente nel film
“Rock n’ Roll High School
“ in cui ovviamente loro erano i protagonisti.
In seguito Phil Spector,
famoso produttore, divenne interessato alla band e
produsse End of the Century che la band considererà l’album meno riuscito a causa delle tensioni
che avvenivano tra il produttore e il gruppo. Successivamente Marky fu
cacciato dalla band a causa del suo alcolismo e fu
rimpiazzato da Richard
Beau (Richie Ramone).
Richie rimase nella band
per molto tempo sia grazie alla sua tecnica e alla
contribuzione che dava
scrivendo canzoni.
A causa di un litigio per
una questione di soldi
nella vendita del loro
Merchandise, se ne andò
volontariamente e fu sostituito da Clem Burke
( Elvis Ramone). Egli rimase nel gruppo solo per
due giorni, prima che
Marky tornasse nel 1987
utilizzando la stessa tecnica di Richie. Dopo tutti
questi cambiamenti fu
proprio Marky a rimanere
fino allo scioglimento definitivo.
Più avanti Dee Dee lasciò
il gruppo dopo l’album
del 1988 “Brain Drain”
per seguire una carriera
solista. Fu sostituito da un
fan, John Ward (C.J Ramone). Dee Dee continuò
comunque a contribuire
scrivendo testi per le canzoni successive.
Il loro ultimo concerto si
tenne ad Hollywood, il 6
agosto 1996 dove furono
presenti numerosi artisti
tra cui: Lemmy Kilmister
dei MotÖrhead, Eddie
Vedder dei Pearl Jam,
Tim Armstrong e Matt
Freeman dei Rancid.
Questo fu il concerto che
chiuse definitivamente la
loro carriera raggiungendo ben 2262 concerti ufficiali.
I Ramones oltre ad aver
portato un suono completamente nuovo, hanno
portato un vero e proprio
stile di vita. Ci sono testimonianze di fan che hanno avuto la fortuna di sentirli dal vivo, le loro esibizioni erano indescrivibili
e lasciavano il pubblico
sbalordito. Hanno fatto
credere che si puo’ appartenere a qualcosa, rimanere uniti come una famiglia attraverso la loro musica. Grazie a loro si crede in qualcosa, come dice
la canzone “Something to
believe in”. Ci hanno lasciato prematuramente,
Joey per un tumore al sistema linfatico il 15 aprile
2001, Dee Dee per overdose fu ritrovato morto il
5 giugno 2002 e Johnny
per un tumore alla prostata il 15 settembre 2004.
Se ne sono andati uno dopo l’altro, cosi’ come li
avevano conosciuti, con
la loro giacca di pelle, le
loro scarpe da ginnastica
e i jeans strappati. I veri
creatori del punk non ci
sono più eppure continuiamo a ricordarli e a
ringraziarli per quello che
hanno fatto. Purtroppo
siamo una generazione
che si è persa gli anni migliori della musica e questo continuiamo a rimpiangerlo, ma non possiamo fare altro che ricordare e ascoltare. Basta solo
questo. Chi ama la musica
sa che questi ragazzi sono
ancora vivi perché vivono
nella nostra anima, la loro
musica e la loro vera essenza rimane incisa nei
nostri cuori, sempre.
Gabba Gabba Hey!
Ilaria Contini
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Il dolore e le droghe oppiacee
Il
dolore
è
un’esperienza comune a
tutti gli esseri viventi e rappresenta un efficace sistema
d’allarme. Se avvertiamo il
dolore è perché i messaggi
inviati dai recettori specifici,
i nocirecettori, presenti un
po’ ovunque nel corpo, raggiungono il cervello seguendo una via specifica. Qui il
messaggio si traduce in una
sensazione di dolore.
Ma esistono vari metodi per diminuire il dolore:
uno di questi è l’assunzione
di morfina, il principio attivo dell’oppio (sostanza che
si ottiene dal papavero), che
oltre le sue indiscusse proprietà sedative, provoca il
fenomeno della dipendenza
o assuefazione, sia fisica
che
psichica.
Già
nell’antichità Babilonesi ed
Egizi conoscevano le proprietà analgesiche dell’oppio
(Papaver somniferum).
La medicina moderna
ha cercato di capire se
l’uomo è in grado di difendersi da solo dal dolore. Si è
così scoperta l’esistenza della morfina endogena, sostanza
propria
dell’organismo capace di
attenuare il dolore inibendo
la trasmissione dello stimolo
doloroso. Essa rappresenta
così il nostro euforizzante
naturale. La produzione della morfina endogena o endorfina aiuta l’organismo a
sopportare il dolore.
Si
pensa
che
l’assuefazione
indotta
dall’uso prolungato della
morfina, cioè la richiesta di
dosaggi sempre più elevati
per ottenere gli stessi effetti
iniziali, sia un fenomeno che
coinvolge i neuroni che contengono l’endorfina. In un
individuo normale i recettori
del dolore sono esposti a un
livello base di endorfina.
Quando si assume morfina,
questa si lega ai recettori
lasciati liberi, potenziando
l’effetto analgesico. In seguito all’assunzione prolungata di morfina i recettori si
trovano sovraccarichi per cui
scatta un meccanismo che
blocca la produzione di endorfina. Questo aumenta la
quantità di droga tollerata
dall’organismo, poiché prende il posto dell’endorfina. Se
però l’assunzione di droga
cessa, l’organismo si trova
momentaneamente privo di
entrambe le fonti di approvvigionamento, l’endorfina e
la morfina. Ciò induce la
riattivazione della produzione di endorfina, ma il processo richiede un po’ di
tempo e l’intervallo che intercorre dalla cessazione di
assunzione della droga e il
ripristino del normale equilibrio del sistema corrisponde
alla crisi d’astinenza.
Tra i derivati sintetici
della morfina vi è l’eroina.
L’eroina pura è una finissima polvere bianca, assai
diversa da quella usata come droga, la quale invece è
una miscela di eroina pura e
sostanze dette “da taglio”
che servono ad aumentare il
volume e conferire alla miscela effetti particolari.
L’eroina è una molecola che si scioglie benissimo nei grassi, caratteristica
che le consente, una volta
iniettata in vena, di arrivare
al cervello in pochissimi secondi e in concentrazioni
elevate, vicine alla dose letale. Se l’individuo non muore è perché l’organismo è
spesso abituato e perché il
contatto dell’eroina con le
cellule nervose è di brevissima durata, solo pochi secondi. Nel cervello infatti
l’eroina è attaccata da enzimi che la trasformano in
morfina.
La rapidità con cui
l’eroina agisce sulle strutture
nervose e la rapida trasformazione in morfina, oltre a
sensibilizzare il cervello a
dosi successive, induce improvvise sensazioni psichiche e fisiologiche (effetto
stupefacente) che sono
alla base della ricerca di
questa sostanza come droga
Le altre manifestazioni, e cioè il successivo stato
di calma seguito dalla sindrome di astinenza, sono
quelle tipiche della morfina
e degli altri oppiacei.
Serena Nolano
(da: “Scienze della Natura”,
Mondadori editore)
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La Basilicata esiste!
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Come ogni anno il periodo di
Marzo e Aprile rappresenta forse
il più atteso evento scolastico per
ogni bambino o adolescente che
sia: quello della fatidica gita.
Alcuni miei amici sono andati
alla riscoperta della cultura romana ai tempi di Cesare, a Roma,
altri invece hanno trascorso diversi giorni a Berlino e a Londra,
mentre un mio caro amico che
abita in Australia ormai da due
anni partì con il suo college a
bordo di un piccolo aereo compiendo un piccolo viaggio per
visitare un piccolo stato chiamato
Giappone, per conoscere i curiosi
usi e costumi nipponici.
Quest’anno all’ITC di San Donato Milanese si è voluto esagerare,
perché con il termine “Learning
Week” non si intende solo gita
didattica, bensì innovazione scolastica e originalità, nate grazie
alla collaborazione tra i nostri
professori e la fondazione Eni
Enrico Mattei, ormai veterana in
questo ambito, attraverso un progetto ben organizzato offertoci
per conoscere e analizzare le opere dell’uomo per lo sfruttamento delle energie offerte dal Sole,
dall’acqua, dal vento e dalla Terra…..in Basilicata. Ma perché in
Basilicata?
E’ un po’ come dire che oggi
scendo nel mio giardino sotto
casa per vedere le varietà di piante più belle e alte del mondo o
che domani parto per Parigi a
imparare il napoletano. Insomma,
cosa c’entra l’energia con la regione tra le più remote e irraggiungibili d’Italia? Soprattutto
noi adolescenti diffidiamo di
questo paese lontano e dimenticato, magari non ricordando neanche i due capoluoghi di provin-
cia.
Nella vita, però, c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarti e fortunatamente hanno pensato a tutto i
nostri coraggiosi accompagnatori
dell’Eni Andrea, Davide e un
altro Andrea, orgogliosi di descriverci la Basilicata, in un paio
di conferenze, come terra incontaminata della desolazione, dove
i nostri coetanei scappano per
raggiungere città più popolate e
con più occasioni lavorative, dove il cellulare non riceve, dove
chi soffre il pulmann è spacciato,
dove la rete Internet non è ancora
stata scoperta, dove la sera non
conviene uscire, ci sono animali
pericolosi, dove ai vecchietti dei
paesini meno popolati del pianeta
viene un infarto al passaggio di
tanta gioventù.
Un’esperienza incredibile. Eppure qualcosa non quadra.
C’è uno strano senso di soddisfazione, di stupore. E’ come se alla
fine della settiamana, quando
l’aereo più vecchio dell’Alitalia
finalmente si appoggia sulla pista
nel tramonto meneghino, decidi
di farti serie domande sulla presenza di piante leggendarie nel
giardino sotto casa o sulla colonizzazione napoletana delle vie
parigine. Perché è solo partendo
dal fatto che se ti dovessi risvegliare in Basilicata giureresti di
essere ancora nel Nord Italia. Il
freddo tagliava la pelle, le montagne allungavano di parecchio gli
spostamenti, e proprio quei luoghi così insensati rendevano tutto
così perfetto. Non avevo mai
visto colline ricoperte da pale
eoliche, come se dovessero decollare. Non avevo mai visto una
diga così alta, ne mai avevo capito come e dove si estraessero olio
e gas dal sottosuolo. Soprattutto
non avevo mai, come un deficiente, mescolato del petrolio
con un pezzo di legno e probabilmente non ce ne sarà più occasione. Peccato.
Quella terra triste e irraggiungibile si dimostra sorprendentemente bella, dopotutto cosa sarà
mai un’ora e un quarto per raggiungere, dall’albergo, la cima
di una montagna, il fondovalle
o il tabaccaio dietro l’angolo.
La Basilicata ha colpito geometri, ragionieri e sicuramente
anche i personaggi locali, perché non c’era un panettiere, un
salumiere, un farmacista o il
cassiere di un supermercato che
non diventasse ricco per un
giorno (o per un mese, perché
no) al nostro passaggio. E poi ci
sono i professori, la nostra giuda, i nostri compagni migliori,
le nostre colonne portanti….no,
beh, a volte eravamo noi a sostenerli dato che, inspiegabilmente, a pranzo e a cena lasciavano vuote caraffe di vino…ma
sono dettagli. E’ stata una settimana in cui non sono mancati
momenti di sfacciato umorismo.
Grazie Basilicata, in particolare
per la sensazionale qualità (e
quantità) che trovavamo in tavola. Fate un cosa: non sottovalutatela.
Andrea Savio
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