Il ruolo del gioco nello sviluppo infantile: perchè e

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Il ruolo del gioco nello sviluppo infantile: perchè e
Il ruolo del gioco nello
sviluppo infantile: perchè e
come promuoverlo.
Donatella Savio
Università di Pavia
Che cos’è il gioco?
E’ un’attività (Callois, 1967):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
liberamente scelta
improduttiva, finalizzata a se stessa
separata dalla vita consueta
incerta
sempre piacevole e coinvolgente
consapevole
regolamentata
Che cos’è il gioco?
La tipologia e l’evoluzione del gioco nell’infanzia secondo Piaget (1945):
- Gioco di esercizio
- Gioco di finzione (consolidato dai 2 anni -principale espressione ludica
degli anni pre-scolari)
Andrea (15 mesi), seduto a terra, ha il cucchiaino in mano e il piatto appoggiato sulle
gambe, mescola nel piatto, lascia cadere il cucchiaio sulla sua sinistra e ne prende un
altro alla sua destra. Porta il cucchiaio alla bocca fingendo di mangiare, continua a
grattare il piatto col cucchiaio spostandolo in diverse posizioni, spinge il cucchiaio verso il
bordo, capovolge il piatto, lo riporta alla posizione di partenza e continua a grattare, lo
gira e lo rigira ripetendo la stessa azione. Successivamente lo avvicina alla bocca
tentando di raccogliere sia col cucchiaio che con la bocca; mette il piatto in testa e lo
lascia cadere sul tappeto raccogliendo un cucchiaio che è nel tegamino.
-
Gioco di regole (nascondino, prendersi, palla avvelenata - dai sette/otto
anni)
Perché il gioco è importante per il
bambino?
Perché è piacere di vivere
 “L’importanza del gioco risiede innanzitutto (…) nel
godimento immediato e diretto che il bambino ne trae,
e che si estende traducendosi in godimento per il fatto
di essere vivo” (Bettelheim, 1987)
 Solo l’appercezione creativa, di cui il gioco è la prima
manifestazione, dà all’individuo il senso che la vita
valga la pena di essere vissuta (Winnicott, 1976,
p.119).
Perché il gioco è importante per il
bambino?
Perché è fonte di maturazione affettiva
“Il gioco è un’attività a contenuto simbolico che i bambini usano per
risolvere a livello inconscio problemi che non sono in grado di risolvere
sul piano della realtà, e che consente loro di provare un senso di dominio
della situazione che sono ben lungi dal possedere nella realtà”
(Bettelheim, 1987, p. 210)
“Tutti i bambini, anche i più normali e abili, incontrano quotidianamente
difficoltà che ai loro occhi si presentano come insormontabili problemi
di vita.
Agendoli nel gioco, un aspetto per volta, a modo suo, secondo i suoi
ritmi, il bambino può riuscire a far fronte passo per passo a problemi di
grande complessità” (Bettelheim, 1987, p. 211)
Perché il gioco è importante per il
bambino?
Perché è fonte di maturazione affettiva
Secondo la psicoanalisi il gioco è strumento
principale di maturazione affettiva, in quanto:
 è piacere dell’essere finalmente padrone
 è piacere del soddisfare bisogni inconsci
 è piacere dell’esplorare per tollerare vissuti
dolorosi, stando “al sicuro”
Perché il gioco è importante per il
bambino?
Perché è ponte tra affettivo e cognitivo
Il gioco è prototipo di pensiero creativo (Winnicott,
-
-
1971). Nel gioco il bambino:
sospende la faticosa distinzione tra la realtà interna, i
propri desideri, e la realtà esterna che li frustra;
attiva un’ “area transizionale” tra interno ed esterno,
l’area ludica;
permea la realtà esterna delle sue fantasie inconsce;
si pone in un rapporto di scambio piuttosto che di
adattamento col mondo;
come per l’artista o lo scienziato, il suo “interno” trova
espressione nell’ “esterno” e lo vivifica
Perchè il gioco è importante per il
bambino? Perchè promuove sviluppo
socio-cognitivo
Il gioco simbolico è la principale fonte di sviluppo nell’infanzia (Vygotsky,
1966).
 E’ motore della capacità rappresentativa.
Quando fa finta di cavalcare la scopa come fosse un cavallo, il bambino:
- fa guidare i suoi comportamenti dal “cavallo” che immagina più che
dalla “scopa” che percepisce;
- riesce a farlo grazie alla spinta del desiderio di cavalcare un cavallo,
che solo nel gioco può trovare soddisfazione;
- fuori dal gioco, il suo comportamento è guidato dalle caratteristiche
concrete/percettive degli oggetti: la scopa è da prendere, strisciare ecc.
Perciò il gioco simbolico è una “punta in avanti” nello sviluppo intellettivo.
Perchè il gioco è importante per il
bambino? Perchè promuove sviluppo
socio-cognitivo
 Permette di esplorare ed acquisire il processo che produce
i significati sociali.
Quando fa finta di essere la mamma, il bambino:
- si comporta secondo le regole che regolano il significato di
mamma nel contesto socio-culturale cui appartiene;
- esplora il ruolo di mamma, il suo significato e le regole che
lo regolano;
- esplora i processi (comunicativi, sociali ecc.) attraverso cui
si producono quel significato e quelle regole.
Perchè il gioco è importante per il
bambino? Perchè promuove sviluppo
linguistico e sociale
Il gioco simbolico tra pari favorisce lo sviluppo della
capacità di decentramento / del linguaggio sociale
(Piaget 1947) (Garvey,1982)
La motivazione a giocare con i coetanei alimenta
- lo sforzo a decentrarsi per comprendere il punto di vista
dell’altro e ad esprimersi in maniera comprensibile
e quindi promuove la capacità
- di negoziare regole, significati, ruoli, trame
- di mediare
- di imparare gli uni dagli altri
Perché il gioco è importante per il
bambino? Perché promuove senso di
efficacia e di padronanza del corpo
“Il piacere che deriviamo dal sentire che il nostro corpo e la
nostra mente sono in funzione e ci rendono i servizi
richiesti costituisce la base di ogni sensazione di
benessere” (Bettelheim, 1987, p. 214)
Perché il gioco è importante per il
bambino? Perché è evolutivamente ricco e
complesso
 Decontestualizzazione :
capacità di comportarsi indipendentemente dal contesto percepito
(far finta che un oggetto, una persona, una situazione sia un’altra)
 Decentramento:
capacità di tenere conto dei punti di vista altrui (far finta di essere la mamma,
che una bambola sia la figlia)
 Integrazione: capacità di coordinare più elementi in modo coerente
(far finta che il la bambola figlia sia malata, chiamare l dottore, far finta di
operare la bambola-figlia)
 Controllo esecuzione:
capacità di utilizzare le verbalizzazioni per dirigere i comportamenti
(parlare tra sé e con gli altri nel gioco, contrattare il gioco)
 Competenza sociale
capacità di condividere azioni, proposte, progetti
Gioco trascurato?
“l’importanza del gioco nell’educazione e nella
socializzazione dei bambini è stata contemporaneamente
riconosciuta in teoria e negata nella pratica. Se da una
parte si è infatti divenuti più consapevoli del significato
psicologico del gioco spontaneo, non strutturato, dall’altra
le esperienze di gioco libero concesse ai bambini appaiono
sempre più ridotte. Le attività ludiche vengono sorvegliate e
guidate e le giornate infantili vengono riempite da una così
grande quantità di attività prefissate all’aperto e al chiuso
che ai bambini rimane molto poco tempo per giocare per
conto proprio” (Bettelheim, 1972, p. 191)”
Gioco e educazione: due realtà incompatibili?
Incompatibilità giustificata teoricamente
Il gioco è un’attività (Callois,1967):
1.
liberamente scelta
2.
improduttiva, finalizzata a se stessa
3.
separata dalla vita consueta
4.
incerta
La relazione educativa
1.
propone/impone esperienze
2.
mira a produrre esiti in termini di
crescita e apprendimento
3.
fa parte della vita consueta
4.
certa nei percorsi e negli obiettivi
evolutivi che si propone
5.
5.
6.
7.
sempre piacevole e coinvolgente
consapevole
regolamentata
non è necessariamente piacevole e
coinvolgente
Gioco e educazione: due realtà incompatibili?
Incompatibilità “vissuta” con disagio nella realtà educativa:

gioco riconosciuto come importante realtà evolutiva;

difficoltà a intervenire nel gioco per timore di “rovinarlo” e “snaturarlo”:
renderlo appunto meno libero, spontaneo.
Difficoltà a rapportarsi come educatori al gioco che può produrre due
atteggiamenti di fondo:

gioco utilizzato come “trucco”, come cattura didattica, e perciò
snaturato e svilito

gioco libero = senza adulto, che lo prepara con spazi e materiali idonei
e lo osserva ma ne resta fuori
Difficoltà quindi che sembra tradursi con “se c’è gioco non c’è educazione e
viceversa”
Gioco e educazione: due realtà incompatibili?
Incompatibilità non reale: relazione educativa e gioco e possono
intrecciarsi utilmente a patto che
1.
l’obiettivo educativo sia il gioco stesso, la promozione del suo sviluppo
e arricchimento
2.
l’intervento educativo si fondi su una profonda conoscenza del gioco
3.
l’intervento educativo si moduli attraverso strategie di “promozione
dall’interno”
4.
l’intervento educativo promuova percorsi di apprendimento ludiformi
Dunque → è possibile essere educatori ludici se si adottano obiettivi ludici,
si conosce il gioco, ci si forma a modalità d’intervento specifiche a
sostegno del gioco, se si promuovono percorsi di apprendimento a
carattere ludico
Diventare educatori ludici:
1. l’obiettivo educativo è il gioco
stesso
Promuovere il gioco non perché è fonte di:
 maturazione affettiva
 “sviluppo cognitivo
 sviluppo linguistico e sociale
 sviluppo corporeo
in quanto significherebbe cadere nella trappola di
guardare al gioco come “trucco” per raggiungere
obiettivi evolutivi su competenze considerate più
rilevanti della competenza ludica
Diventare educatori ludici:
1. l’obiettivo educativo è il gioco
stesso
Promuovere il gioco per promuovere il gioco, perché
 è di per sé è un esperienza esistenziale
significativa, come l’esperienza estetica o religiosa,
che radica, arricchisce, consolida il piacere e il
significato del vivere
cioè, operativamente,
 proporsi l’arricchimento del gioco come obiettivo
educativo
Diventare educatori ludici:
2. Conoscere il gioco per poterlo
promuovere
Per promuovere il gioco occorre in primo luogo
conoscerlo attraverso:
 l’approfondimento teorico del suo significato nella
crescita del bambino
 l’osservazione e l’analisi di situazioni di gioco tra
bambini con l’utilizzo di strumenti ad hoc
 l’osservazione e l’analisi del gioco dei “nostri”
bambini
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria
Klein (1955)
Indicazioni di atteggiamenti adulti favorevoli
all’espressione libera e piena del bambino nel
gioco:
 attenzione concentrata, sensibile fluttuante
 atteggiamento aperto, acritico, mai giudicante,
che accetta incondizionatamente le proposte
ludiche infantili (finchè restano nell’ambito del
gioco)
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria
Winnicott (1971)
Il gioco è davvero creativo solo se il bambino si trova in una
condizione di rilassatezza, cioè se è alla presenza di
qualcuno di cui ha fiducia in quanto
 sa che è disponibile nel momento del bisogno
 dà spazio e protegge l’atto creativo del gioco
 accoglie la comunicazione indiretta del sé presente
nell’atto creativo del gioco e la riflette indietro al bambino
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria
Vygotsky (1960)
L’apprendimento avviene all’interno della relazione
con un partner più competente: con la
mediazione del linguaggio, l’adulto,
intenzionalmente e tenendo conto delle capacità
attuali e potenziali del bambino, sollecita nel
piccolo una comprensione degli oggetti e degli
eventi più evoluta di quella che avrebbe se vi si
confrontasse in solitudine
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’internola teoria
Zona Prossimale di Sviluppo:
distanza tra ciò che il bambino è in grado di fare da solo
(livello di sviluppo attuale) e ciò che riesce a realizzare
con la guida di partners più competenti
------------------------------------------ livello potenziale
_________________________ livello attuale
Coscienza Vicaria (Bruner, 1986)
L’adulto è consapevole dei confini della ZOPED infantile e
pronto a regolare il suo intervento su di essa
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno
Sulla base della conoscenza teorica e “pratica” del gioco si
tratta di intervenire nel gioco dei “nostri bambini” secondo
strategie di “promozione dall’interno” (Bondioli, 1996) i cui
tratti salienti consistono nel



proporsi attivamente come compagno di gioco (“posso
giocare?”)
sollecitare, accogliere, apprezzare le iniziative ludiche stando al
gioco dei bambini: sono loro che decidono a che gioco si gioca
riconoscere le difficoltà dei bambini a sostenere le parti più
difficili del gioco e assumerle (ad es. la regia del gioco; “c’è un
bambino malato… io sono il bambino malato… chi è il
dottore?”)
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno le strategie



mantenere la direzione dell’attività di finzione facendosi
garante delle regole del mondo fittizio ( “attento… non
scendere dal treno che va… stiamo andando a trovare la
nonna…” )
mettere in connessione gli spunti individuali, per favorire
trame ludiche compiute e coerenti di gruppo (“autista del
pullman… lei deve fare la spesa in città… potresti darle un
passaggio”)
modulare l’eccitazione, contenere le emozioni (“che
paura il temporale… per fortuna siamo al riparo … mi
sembra che stia per finire …”)
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno le strategie

a partire da condotte abbozzate dal bambino attivare
condotte ludiche appena più evolute di quelle attivate da lui
spontaneamente (modeling)
(durante il gioco del dottore con i travestimenti un b si
mette il cappello da strega e poi lo posa, l’adulto si mette il
cappello da strega e dice “sono una strega… so fare magie…
posso aiutarti dottore con questo bambino malato…?” )
Diventare educatori ludici:
3. Promuovere il gioco dall’interno- le
condotte
 Ripresa: l’adulto ripete le verbalizzazioni dei bambini e
descrive i loro comportamenti ludici
Es. Un bambino, dopo essersi disegnato barba e baffi sul viso, dice “faccio il
papà”, l’adulto a lui “il papà con la barba e i baffi”.
 Domanda: l’adulto chiede chiarimenti ai bambini circa i loro
comportamenti ludici
Es. Un bambino finge di guidare un camion, l’adulto chiede “dove stai andando col
camione?”, il bambino risponde “devo andare a prendere un altro dottore”
 Introduzione: l’adulto propone nuovi elementi di gioco
mantenendosi all’interno dei contenuti ludici attivati dai
bambini
Es. Durante l’ascolto di un temporale registrato un bambino dice “è venuto il
temporale”, l’adulto aggiunge “ha cominciato a farsi buio”
Uno stile d’intervento a favore
del gioco simbolico: le funzioni
Funzioni affettive
 Accettazione piena e acritica dei percorsi e dei
contenuti ludici proposti dai bambini
 Sollecitazione e sostegno dell’espressione dei
vissuti infantili
 Modulazione del clima affettivo del gioco
Uno stile d’intervento a favore
del gioco simbolico: le funzioni
Funzioni cognitive
 Modeling ludico, cioè proposta graduale dei
comportamenti di gioco evolutivamente appena
superiori a quelli spontaneamente manifestati dai
bambini
 Sollecitazione e sostegno della dela verbalizzazione
nei bambini, sia in termini di narrazione del gioco in
atto che di pianificazione esplicita della intenzioni di
gioco
 Regia non direttiva e memoria degli sviluppi ludici, cioè
mantenimento e articolazione degli spunti di gioco in
trame coerenti
Uno stile d’intervento a favore
del gioco simbolico: le funzioni
Funzioni sociali
 Consolidamento degli spunti ludici individuali in
vista della contrattazione sociale
 Sollecitazione di condotte ludiche coordinate
tra bambini
 Regia non direttiva e memoria del gioc sociale,
cioè focalizzazione e mantenimento
dell’attenzione del gruppo sugli spunti ludici
articolati in trame condivise
Esempi
Laura, Giada, Michela e Ivan (età media 3 anni) giocano con un adultoricercatore in una stanza arredata per il gioco della casetta e dislocata
di fianco alla loro sezione di asilo nido.
L’adulto al gruppo “allora a cosa giochiamo?”, Ivan “a pistole”, A
“giochiamo a pistole? Giochiamo a pistole dai! E a cosa giochiamo
con le pistole?”, Ivan “ a sparare”, A giochiamo a sparare?”, Giada
(sottovoce) “a sparare al lupo”, A (sottovoce) “arriva il lupo?”, Giada
“sì”, A “allora, se arriva il lupo dobbiamo nasconderci! Ci nascondiamo
qui dietro dai!”, si dirige dietro al divano e tutti i bambini lo seguono
(…) A “ e adesso cosa facciamo con le pistole?”, Laura “spariamo!”,
Adulto “spariamo?”, Laura “sì, dai! pam! pam!” finge di sparare con un
phon oltre il divano, Adulto “pam! pam!”, finge di sparare usando la
mano come pistola.
Esempi
Durante il gioco del lupo, indica oltre il divano dietro cui sono nascosti
dicono “è Bubu! È il nostro amico”. Adulto “è Bubu? È il vostro amico?
Ma se è il vostro amico possiamo uscire, non è il lupo, ci siamo
sbagliati”, esce da dietro il divano insieme ai bambini , “ciao Bubu
…dov’è? … eccolo lì”, insieme ai bambini si avvicina a un pupazzo a
forma di cane, “ciao Bubu! Ma questo Bubu magari ha fame”, Laura “tò,
tò un toast” finge di porgere qualcosa al cane … Adulto “eccolo Bubu,
bravo Bubu”, accarezza il cane, tutti i bambini si fanno attorno al cane e
lo accarezzano, dicono “ciao Bubu”, Adulto a Michela che si sta
allontanando “Michela gli dai un po’ da bere?”, Michela finge di dare da
bere al cane, Adulto a Laura “gli dà un po’ da bere”, poi a Michela
riferendosi a Laura “lei gli ha dato un toast…”, Adulto “bravo Bubu!
Guarda che Ivan gli dà un po’ da bere”, avvicina il cane al bicchiere che
Ivan gli porge e finge di farlo bere con rumori e movimenti appropriati
attribuiti al pupazzo. Poi allo stesso modo avvicina il pupazzo al
bicchiere di Laura e di Lucilla; i bambini guardano e, dopo un attimo di
silenzio incuriosito, scoppino a ridere.
Dopo un po’, Laura finge di far mangiare il pupazzo da una pentola che le
porge Giada.
Esempi
I bambini mostrano all’adulto dei bambolotti dicendo che
sono malati. A “tre bambini malati, come facciamo?” Ivan
“tò dottore…” finge di porgere qualcosa ad A. A “io sono il
dottore? E tu chi sei?” Michela “io sono la mamma”, A a
tutti “tu sei la mamma e io sono il dottore”, I “e io sono il
papà”, A “tu sei il papà”, Lucilla “io sono la sorella”, A “tu
sei la sorella…e tu?” rivolgendosi a Laura, Laura “il papà”,
A “un altro papà… e tu?” rivolgendosi a Giada, Giada
“Giada…”, A “tu sei Giada? Sei la loro amica? L’amica di
questi bambini malati…?” Giada annuisce, A “allora
signori papà, signora mamma, signora sorella e signora
Giada, questi bambini hanno la febbre e bisogna curarli…”
Esempi
Laura, Michela e Ivan (età media 3 anni) giocano con un adulto-ricercatore in una stanza
arredata per il gioco della casetta e dislocata di fianco alla loro sezione di asilo nido. A,
su richiesta dei bambini, finge di essere un bambino ed è seduto su una seggiolina, M è
la mamma, I è il papà, L la nonna. I ad A “devi mangiare tutto”, A “ eh, sì, mangio
tutto… ma io non ho fame, non ho fame! E non mangio, non mangio!”, I “c’è il pesce”, A
“non mi piace il pesce, non lo mangio!”, I “c’è la carne”, A “non mi piace neanche la
carne, non la mangio!”, I dà una botta ad A sulla spalla, A con voce piagnucolosa “ah! Il
papà mi picchia! Non mangio!”, L e M osservano, I a L “non vuole il pesce, L “adesso
chiudo e basta”, prende il coperchio della scatola che I ha offerto ad A e lo chiude con
aria arrabbiata… I a A “e io divento grande e tu diventi piccola!”, A “non è vero che
resto piccola”, L “la metto qua e non mangia il pesce”, posa la scatola, M “e vai
all’asilo!”, A “vado all’asilo? Non voglio!”, L “sì”, I “vai alla scuola materna!”, A “e voi
siete cattivi!”, I “no!, dà un’altra botta ad A, A “perché mi portate sempre all’asilo nido,
siete cattivi!”, L “no!” e dà una botta ad A, “sempre alla scuola materna mi lasciate, da
sola, e voi chissà dove andate…”, i bambini urlano “andiamo a lavorare!”…I bambini
con la borsa a spalla girano per la stanza, M “noi andiamo a lavorare”… A “ e io sai che
cosa faccio? Scappo dalla scuola materna e me ne vado!”, I si ferma e guarda A dritto
negli occhi “scappa…scappa proprio… scappa!”, A “sì, così imparano il mio papà, la
mia mamma e la mia nonna che mi lasciano sempre sola”, A si alza e fa per scappare,
L gli si para davanti, I la imita, A “lo sapevo, non posso neanche scappare!”… M prende
per mano A, A “dove mi porti?”, M “a fare la nanna”, A la segue, dice “ la mia mamma
mi porta a fare la nanna, è l’unica che mi capisce, meno male che sei venuta a
prendermi alla scuola materna…”, I si avvicina “anch’io sono venuto a prenderti”.
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - definizioni
L’idea di “percorso di apprendimento ludiforme” si fonda su:
- un’idea di apprendimento per ricerca e scoperta;
- un’idea di bambino capace di esprimere i suoi
bisogni/curiosità e di intraprendere percorsi per
soddisfarli;
- un’idea di educazione che propone contesti stimolanti e
sostiene lo sviluppo di percorsi personali di ricerca
/scoperta soddisfacenti, compiuti, coerenti
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - definizioni
Un “percorso di apprendimento ludiforme” è
caratterizzato da :
- libera scelta;
- coinvolgimento, motivazione, piacere, impegno;
- incertezza, non è predefinito nelle tappe e negli
esiti;
- esigenze personali (che possono socializzarsi).
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - i passi
L’educatore allestisce un contesto che crede possa sollecitare la
curiosità del bambino
2.
L’educatore aspetta l’iniziativa infantile; se non arriva, la sollecita in
modo neutro
Es.Oggi ho deciso di proporre ai bambini la creta. I bambini (tre maschi e
due femmine , età media 30 mesi), sono in piedi attorno a un
tavolone, ognuno con un pezzo di creta. A differenza di quanto
faccio di solito, ho deciso anche di non dare loro nessun utensile:
voglio aspettare che la loro iniziativa si manifesti (magari anche per
richiedermi gli utensili di cui hanno bisogno!) e a resistere al mio
timore che la creta li stufi subito e l’attività fallisca. C’è un momento
di silenzio, i bambini guardano la creta, qualcuno la tocca, penso
“oddio! Adesso se ne vanno!”, dico “cosa facciamo bambini?”, M.
prende un pezzo di creta e dice “i mostri”, io tiro un sospiro di
sollievo e il gioco dei mostri comincia.
1.
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - i passi
3. Quando l’iniziativa del bambino si manifesta l’educatore la rispecchia:
ripete, anche riformulando, ciò che il bambino dice;
descrive verbalmente ciò che il bambino fa;
imita i comportamenti del bambino.
Es. Ho messo a disposizione di bambini (tre maschi e quattro femmine,
età media 40 mesi) diversi tipi di carta e cartoncino e la colla. Siamo
seduti al tavolo, ogni bambino ha davanti a sé un grande foglio
bianco. I ba mbini iniziano liberamente a incollare F. prima incolla
sul foglio pezzettini di cartoncino uno di fianco all’altro, poi uno
sopra l’altro. Io le sono seduta di fianco e gli dico: “ah, li incolli uno
sopra l’altro..”, lui commenta tra sé “una torre…”, io dico “stai
facendo una torre di cartoncini, ma guarda! Adesso ci provo” e lo
imito sul mio foglio. Gli altri bambini ci guardano interessati.
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - i passi
4. L’educatore, non solo rispecchia, ma anche espande le iniziative dei bambini
con le modalità della “promozione dall’interno”
formula richieste di spiegazione;
inserisce elementi nuovi ma congruenti a quelli proposti dai bambini;
porta a termine le iniziative ludiche solo abbozzate, proponendo “buoni
esempi di gioco” (modeling)
connette le iniziative dei singoli
con gli obiettivi di:
sollecitare la prosecuzione dell’attività;
strutturare l’evoluzione dell’attività entro un significato coerente e compiuto,
mantenendo la direzione suggerita dal bambino e aiutandolo a portarla a
compimento;
costruire un significato coerente compiuto di gruppo;
sollecitare le capacità potenziali del bambino, favorendo una più evoluta
comprensione e attuazione delle esperienze.
Diventare educatori ludici:
4. Promuovere percorsi di
apprendimento ludiformi - i passi
Es. Questa mattina metto a disposizione dei bambini (2 maschi e 3
femmine, età media 30 mesi) dei trucchi (rossetti, ombretti,
ciprie…).Siamo in sezione, di fronte a un grande specchio. M.
incomincia a truccarsi, L. prende un rossetto e comincia a disegnare
sullo specchio, io gli dico “vuoi disegnare? Aspetta…”, prendo un
grosso foglio e lo stendo a terra. Lu. An. e La. iniziano a disegnare
con i trucchi sul foglio. M. e Ad. Continuano a truccarsi davanti allo
specchio. L. prova a disegnare il profilo della sua mano sul foglio
con un rossetto, ne fa un tratto poi alza la mano, la riappoggia ma
non riesce più a rimetterla nella stessa posizione, la rialza e la
riappoggia, prova a tracciarne un altro tratto. Io lo guardo e dico”
che bella idea”, appoggio la mano sul foglio e ne traccio il profilo
dicendo “vedi… cerco di tenerla ferma dall’inizio alla fine, se no non
riesco a disegnarle tutta”, lui mi guarda attentamente e poi mi imita.
Dico “bambini, guardate la mano mia e di L… proviamo con i
piedi… dai, disegnamoci tutti…!”