Red Lily catanese maestra di bondage
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Red Lily catanese maestra di bondage
GIOVEDÌ 1 DICEMBRE 2016 LA SICILIA .17 life&style cultura, spettacoli, società, tendenze Scorsese incontra il Papa Presentato in Vaticano il film sui gesuiti «La fede è una ossessione finché viviamo» PAGINA 20 GIANCARLO COLOGGI e personaggi Il personaggio Beatrice Gigliuto lavora in un’azienda informatica, di notte si esibisce nello shibari nei locali d’Europa OMBRETTA GRASSO L ega uomini e donne per sentire il loro abbandono. Li accarezza, li respira, li abbraccia, quasi li culla mentre sono nelle sue mani. Immobilizzati da corde e nodi, sospesi in aria in un rituale erotico e sensualissimo. «Essere legati è una lotta. Inutile combattere, ci si deve lasciare andare, si rilassano corpo e mente, si accetta di mettersi nelle mani di un’altra persona. E’ il ruolo che mi è più congeniale: prendermi cura». Beatrice Gigliuto, «voyeur di emozioni», catanese, 34 anni, laureata in Lingue orientali, traduttrice di libri e fumetti giapponesi, autrice del volume “Bondage, la via italiana dell’arte di legare”, tra le performer di bondage più note in Europa con il nome d’arte di Red Lily, Giglio rosso, è l’unica donna in Italia maestra di Shibari un’antica tecnica giapponese che consente di legare e appendere corpi a ganci e sbarre creando immagini conturbanti e di forte suggestione. Ha cominciato quasi per caso, dopo aver assistito all’esibizione di un maestro a un evento sui fumetti. «Che fico, ho pensato, ma non lo farei mai racconta ora con voce argentina - Invece questa persona mi ha aperto un mondo e mi sono innamorata delle corde e di tutto quello che c’era dentro». “Dentro” c’è la passione per il Giappone, dove ha vissuto, ma ci sono pure il gioco di ruoli, lo scambio di pelle, paure e voglia di dominarle. Inizia facendosi legare, «ma con poco interesse», e presto comincia lei ad annodare i corpi secondo lo Shibari, nato per i samurai prigionieri. «Le legature venivano usate in quel tempo perché non c’erano abbastanza metalli - spiega - ma il Giappone ha un’attenzione all’estetica molto alta per ogni cosa». Tanto che costruire una ragnatela di corde e nodi su un corpo, toccare, manipolare, lasciare dondolare pezzi di corpi nudi, diventa un’arte erotica. Quasi una tortura? «Il bondage è un mondo variegato in cui qualcuno cede un potere e qualcun altro lo prende. In Giappone le fantasie sessuali sono spesso costruite su violenza e costrizione, basta a- Red Lily catanese maestra di bondage La performer più famosa dell’arte della legatura «C’è sensualità, ma il mio è soltanto uno show» “ Un’antica pratica giapponese, per me una ricerca estetica prire un manga, ma il mio è uno spettacolo, si avvicina all’arte, non c’è dolore o umiliazione. Altri performer fanno scelte più crude. Qualcuno mi ha anche chiesto di essere più cattiva, più fredda, ma non mi interessa: umiliare una persona che si fa legare da me è inimmaginabile: mi sta facendo un regalo gigantesco». Lei ne prende «le paure, le emozioni, l’agitazione, l’eccitazione. È uno scambio energetico con l’altra persona». Racconta che ogni volta deve spiegare che non cerca trasgressione «ma normalizzazione», che la sua non è una battaglia di costume, «ma una ricerca emotiva ed estetica». Vicina alle atmosfere delle pagine di Kawabata, alle raffinate immagini di Utamaro, al feticismo quasi ossessivo della cultura giapponese, «tra i sentimenti di Murakami Haruki e la la decadenza di Murakami Ryu», sottolinea Beatri- ce, solare dall’anima dark. La carica erotica, la nudità, il sadomasochismo implicito, il brivido per chi guarda, restano ugualmente. «E’ uno show ripete ancora - ci sono sensualità, seduzione, eros ma non sessualità. Non mi spoglio, né le modelle che lego sono nude integralmente. E’ un po’ come quando si parla del burlesque, che è molto di più di uno spogliarello, anche se all’inizio non veniva compreso». Ha iniziato a 26 anni e tutt’ora in Italia è «l’unica a legare e a insegnare». Senza correre rischi, seguendo «regole di sicurezza fondamentali, come avere sempre le forbici». La chiamano in tutta Europa, a Londra, Parigi, Berlino. «All’estero lo shibari è vissuto in modo diverso, più usuale, mainstream». Per scelta non si esibisce nei privè o nei locali di scambisti. «Avrei dovuto scendere a qualche compro- messo artistico e non mi andava. Lì quello che faccio non viene capito, tutto viene riportato al sesso. Preferisco fare un lavoro normale». Così di giorno lavora in un’azienda informatica, e un po’ come il suo Giappone vive nella luce blu di bit e computer, di notte diventa una maestra del bon- LO SHIBARI è un’antica forma artistica di legatura giapponese nata nel XV secolo dage. Si esibisce nei locali, nei teatri, in discoteca, pure al Salone Margherita. «A Roma organizzo una serata in una polpetteria ipercasual. C’è curiosità, certo, ma nulla che possa fare sentire lo spettatore uno zozzone». I pregiudizi sono tanti, tanti gli amici perduti per strada. Tiene anche corsi per un pubblico «trasversale»: «Coppie stabili, giovani, chi cerca novità e chi vuole ritrovare l’intimità. In Sicilia? Ne ho fatti due, ma molti hanno paura di incontrare qualcuno che conoscono. Sono stata con uno spettacolo a Messina e presto ne farò uno a Catania». Pelle bianca, viso da bambola, forme morbide, due gigli rossi tatuati sulla parte posteriore delle gambe, alla fine di due linee come quelle delle calze, Red Lily lega solo con corde rosse, «il mio segno distintivo», indossa kimono, costumi di scena. «Mi diverto a travestirmi a esibirmi con le musiche dal vivo. Cerco di creare un rito d’arte se no mi annoio - ride - Io mi occupo solo del pubblico che non viene dal mondo del sadomasochismo, mi interessa mostrare che la legatura può essere uno show o, perché no, fare parte della vita di coppia». L’invenzione Momo, la lampada intelligente creata da un team catanese Il progetto della start up Morpheos ha vinto il Best Iot Award. Può gestire la casa dialogando con tutti i dispositivi MOMO È la lampada intelligente in grado di gestire in completa autonomia, grazie al sistema di Intelligenza Artificiale incorporato nella base, gli smart devices di una casa rendendola più sicura ed efficiente. Un sistema intelligente allin-one, plug in and forget it e stand alone. CATANIA. Puoi chiederle di controllare se il nonno sta bene, programmarla per accendere luci e dispositivi elettronici, sapere se il ferro da stiro è spento o se c’è un ladro in casa. Ti riconosce, ti risponde e, se vuoi, ti manda pure una foto. Si chiama Momo ed è la lampada intelligente creata da un gruppo di giovani cervelloni catanesi che hanno l’intenzione di catapultare le nostre case nel futuro. Momo, The Home Genius, ha appena vinto il premio Best IoT Awards 2016, il cui acronimo IoT, Internet of Things, internet delle cose, spiega la nuova frontiera: collegare e rendere “intelligenti” gli oggetti che ci circondano per rendere più facile la nostra vita. La squadra è composta da due fratelli, Edoardo e Davide Scarso - il più giovane di tutti, 24 anni - e tre amici, Nicola Picone, Luca Bonaccorsi e Fabio Campione, fondatori nel 2015 della start up Morpheos «un nome antico, dal greco morfè, forma, ma, anche Morfeo il dio dei sogni e, ovviamente, anche il nome di un personaggio del film Matrix», racconta Edoardo, 32 anni, ingegnere informatico, ceo di Morpheos. «E’ successo tutto in un anno prosegue - all’inizio è stato difficile trovare fondi perché c’è un po’ di diffidenza a investire in progetti nuovi, ma una volta presentato il prototipo è stato diverso. Abbiamo fatto molte ricerche, migliorato l’estetica, reso Momo un oggetto di design. Siamo contenti e orgogliosi, il premio è il riconoscimento ai nostri sforzi». Finanziata da Invitalia e “accelerata” da Digital Magics, la start up ha presentato Momo allo scorso Smau, poi è andata in trasferta a New York, «un’esperienza importante per assaggiare il mercato americano e capire come presentarci agli investitori», e sta per avviare una campagna crowdfunding nel 2017. Nel frattempo la squadra di ingegneri, sviluppatori, creatori di Intelligenza artificiale, è cresciuta. «Abbiamo cercato le persone compatibili con il nostro modo di pensare, sviluppato il settore commerciale, cercato colla- LA SQUADRA di Morpheos, la start up catanese nata nel 2015 boratori con esperienza e ragazzi pieni d’entusiasmo». Hanno arruolato anche papà Leo, “l’ing”, come lo chiamano, ex ingegnere ad Alenia Spazio, «ha un’esperienza preziosa», e una collaborazione è nata anche con la St. Momo sarà in produzione l’anno prossimo, a 600-700 dollari, sul mercato americano. «Più maturo per certe proposte - spiega - negli Usa lampadine e prese smart sono molto diffuse». I piccoli Archimede hanno puntato sulla casa «come luogo di maggiore potenziale di crescita tecnologica». Il loro “genio” della lampada può fare davvero tante cose, basta dirglielo. «Può gestire la casa rendendola più sicura ed efficiente - spiega Edoardo ha sensori utili per il controllo d’ambiente fotocamera, microfono, termometro, rilevatore di gas, è in grado di capire intrusioni e perdite, ha altoparlanti e connessioni wireless e tutto è gestito da un sistema di Intelligenza Artificiale». Il “genio” è un amico che può aiutarci anche quando siamo fuori casa o al lavoro. «Identifica tutto quello che è anomalo, se si rompe un vetro o cade un oggetto - spiega - Impara ed esegue i comandi per la gestione di impianti, aiuta a risparmiare energia. E’ utile per monitorare le persone anziane, controllare che stiano bene. Momo può mandare segnali, foto, video se qualcosa non va». Ci sono già dispositivi simili per case smart. «Corriamo per stare dietro alle novità, ma gli altri dispositivi sono on line. Momo è in grado di gestire in completa autonomia gli smart devices di una casa o di un ufficio. Non è necessaria una installazione, dialoga con i sistemi di casa e si può gestire con la sua app, con Facebook, toccando tasti o con la voce. E’ davvero semplice». O. G.