fai la spesa con consapevolezza!

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fai la spesa con consapevolezza!
ETICHETTATURA, TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE
FAI LA SPESA CON CONSAPEVOLEZZA!
SOMMARIO
FAI LA SPESA CON CONSAPEVOLEZZA
L’ORIGINE DEGLI ALIMENTI
SONDAGGIO: L’IMPORTANZA DELL’ETICHETTA
LA SCADENZA E LA CONSERVAZIONE
LA DURATA DEL CIBO
L’IMPORTANZA DEL NOME
L’ALIMENTO
ASPETTI NUTRIZIONALI E SALUTE
ALLERGENI E GLUTINE
LATTOSIO, OLI E GRASSI.
Presidente
Roberto Moncalvo
Direttore Generale
Toni De Amicis
Si ringrazia
l’Area Sicurezza Alimentare
e Produttiva di Coldiretti
Contatti
Via Nazionale 89/a
00184 Roma (Italy)
Tel. +39 064899317
[email protected]
www.campagnamica.it
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Questa pubblicazione rientra nel progetto “La Campagna ti informa” cofinanziato dall’Unione Europea
- DG AGRI. I pareri in esso espressi impegnano
soltanto l’autore e non possono essere considerati come costituenti una presa di posizione ufficiale
della Commissione Europea.
CAMPAGNA AMICA
E UNIONE EUROPEA INSIEME
PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
Uno degli obiettivi di Campagna Amica è quello di rafforzare nei cittadini
la consapevolezza dell’importanza di un’agricoltura sostenibile. Questo
al fine di garantire una produzione alimentare sicura, una maggior tutela
dell’ambiente e del paesaggio oltre che per favorire lo sviluppo rurale.
Tutti temi su cui si è concentrata la Politica Agricola Comune (PAC) che,
accanto a questi, ha inserito la gestione sostenibile delle risorse naturali, la tutela della biodiversità, il mantenimento delle comunità rurali, il
benessere degli animali e il cambiamento climatico.
Una politica, quella dell’Unione Europea, che vuole sempre più essere
vicina agli agricoltori e di conseguenza ai cittadini, che sono i fruitori
finali di una filiera in continua espansione.
Campagna Amica si impegna a far comprendere ai cittadini lo sforzo
dell’Unione Europea che attraverso i pagamenti diretti agli agricoltori vuole:
Garantire ai cittadini alimenti sani e di qualità, rafforzando al contempo
la posizione degli agricoltori all’interno della filiera per consentirgli di
ottenere il miglior prezzo di mercato tutelandoli rispetto all’oscillazione
dei prezzi.
Promuovere un’agricoltura più verde ed efficiente che utilizzi metodi
produttivi sostenibili e salvaguardi la biodiversità del territorio europeo.
Dare vitalità ai territori rurali, promuovendo ambiti diversi dalla produzione alimentare, come la lavorazione degli alimenti, il turismo rurale,
il rapporto diretto tra produttore e consumatore, tutte operazioni che
contribuiscono a rafforzare l’economia di un territorio.
Campagna Amica ha così cominciato un viaggio nella terra attraverso
la Politica Agricola Comune (PAC). Saranno realizzati una serie di materiali come questo che serviranno a mettere in risalto gli obiettivi della
PAC. Biodiversità, sicurezza alimentare, qualità del prodotto, filiera corta e sviluppo rurale sono i temi che saranno approfonditi ai cittadini che
metteranno sulle proprie tavole cibi sicuri e di qualità. Un bene impagabile che può essere garantito dall’aiuto che la PAC può dare agli agricoltori
europei. Un bene da cui non si può prescindere. 3
FAI LA SPESA CON CONSAPEVOLEZZA!
ETICHETTATURA, TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE
Fare la spesa: un gesto quotidiano, semplice ma non scontato. Un gesto
da fare con consapevolezza e, soprattutto, sicuri di quello che stiamo per
mettere nel nostro carrello. Nella giungla dei negozi e dei supermercati
siamo sommersi da informazioni di vario tipo: cartelli espositivi, volantini
promozionali, etichette e, non per ultimo, le informazioni fornite dagli
addetti dei vari reparti. A queste si aggiunge la pubblicità della televisione e altri stimoli esterni che contribuiscono a definire quella che viene
chiamata “esperienza di prodotto” nel suo insieme.
La produzione alimentare si rinnova costantemente: ogni anno migliaia
di prodotti alimentari sbarcano nella grande distribuzione. Solo una piccola parte resiste, intercettando l’interesse dei consumatori. Comunque,
ogni prodotto va ad aggiungersi agli altri, rendendo più complicato capire
cosa stiamo acquistando. Le stesse normative che regolano le informazioni da dare ai consumatori sono in rapida e costante evoluzione, dopo
che dal 1979 sono state armonizzate a livello europeo, garantendo una
comunicazione semplice e immediata a chi fa la spesa. Se allora l’attenzione principale era di creare un mercato interno omogeneo, senza
barriere e con requisiti semplificati, negli ultimi anni la tutela del consumatore – anche negli aspetti relativi alla salute – sta prendendo sempre
più piede.
Ma cosa c’è da sapere per fare la spesa senza correre il rischio di essere ingannati e cercando semmai di fare scelte di cui non ci pentiremo
una volta a casa? Il nostro obiettivo è proprio questo, accompagnarvi in
un tour virtuale della spesa. Con una lente di ingrandimento verificheremo da vicino aspetti con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, ma che
talvolta non conosciamo bene o non abbiamo il tempo di approfondire.
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LEGGIBILITÀ E VISIBILITÀ: ASPETTI PRELIMINARI
Le etichette e le informazioni sugli alimenti devono essere chiaramente
leggibili. Addirittura da qualche anno le etichette vanno stampate con
una dimensione minima obbligatoria dei caratteri (1,2 mm) per permettere a tutti di leggerle. La popolazione sempre più anziana e con problemi
alla vista necessita di un riguardo speciale, ma non solo… le scritte più
grandi permettono al consumatore di non essere ingannato da diciture
illeggibili o troppo piccole, messe lì per nascondere aspetti che non si
vogliono segnalare chiaramente. È un aspetto importante, perché troppo
spesso negli anni alcuni produttori disonesti occultavano informazioni
sensibili (come l’origine del prodotto, o la lista degli ingredienti), facendo
vedere solo quel che volevano.
Fate attenzione: le dimensioni delle scritte sono solo un aspetto, importante ma non l’unico. Quel che conta è che le etichette devono essere
leggibili e chiare!
L’ORIGINE DEGLI ALIMENTI:
DALL’OLIO ALLA PASSATA FINO ALLE CARNI SUINE
La provenienza degli alimenti è un aspetto fondamentale per sottolineare la qualità del cibo. Inoltre, il diritto a conoscere la provenienza risulta
uno degli aspetti tutelati dall’Unione Europea e garantito sempre più ai
cittadini, che tramite la scelta del cibo possono premiare filiere produttive
e paesi rispettosi dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della sicurezza
alimentare. C’è però un po’ di confusione su cosa significhi “origine”.
Fino ad un certo punto, con origine si è inteso esclusivamente il luogo
di ultima trasformazione o confezionamento dell’alimento. In tal modo,
non era possibile per i consumatori sapere in realtà da dove provenisse
il cibo. In seguito ad un crescente interesse sia dei consumatori che dei
produttori, l’origine e la provenienza degli alimenti sono oggi obbligatorie e riferite proprio alle materie agricole impiegate. Inoltre,
l’origine è diventata un’indicazione obbligatoria per molti prodotti.
Attualmente, l’olio extravergine di oliva, il miele, le uova, la passata
di pomodoro, la carne bovina, suina, ovicaprina, l’ortofrutta e il pescato in genere, devono indicare l’origine intesa come provenienza
agricola. Nel caso delle carni, va poi indicato il luogo di nascita,
allevamento e macellazione: una conquista importante successiva a
crisi come la Mucca Pazza negli anni ’90. Dal 1° aprile 2015 è poi fatto
obbligo di prevedere almeno il paese di allevamento e macellazione di
carne di maiale, carne di pollo e di pecore o capre. Per le filiere solo
italiane (dalla nascita alla macellazione) è possibile usare l’indicazione
“Origine: (100%) Italia”. L’origine è ancora purtroppo ignota per i prosciutti, per succhi di frutta, formaggi, latte UHT e pasta.
Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza
indicazione in etichetta e oltre un terzo della pasta è ottenuta da grano
che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori. Stessa
cosa per le mozzarelle: la metà sono fatte con latte straniero o addirittura semilavorati industriali (cagliate) provenienti dall’estero.
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SONDAGGIO MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
Secondo il 96% dei consumatori è molto importante che sull’etichetta
sia scritta in modo chiaro e leggibile l’origine dell’alimento e per l’84%
è fondamentale ci sia il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione. Per 8 italiani su 10 assume un’importanza decisiva al momento
dell’acquisto che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia
trasformato in Italia, a seguire il 54% controlla che sia tipico, il 45%
verifica anche la presenza del marchio Dop e Igp, mentre per il 30%
conta che il prodotto sia biologico.
Per 9 su 10 è importante conoscere l’origine per questioni legate al
rispetto degli standard di sicurezza alimentare, mentre per il 70% è
utile per questione etiche, come il rispetto delle normative sul lavoro.
Gli italiani quindi vogliono conoscere sempre l’origine delle materie
prime in particolare su alcuni prodotti come le carni fresche e il latte
fresco (95%), i prodotti lattiero-caseari come yogurt e formaggi (90%),
la frutta e verdura fresca tagliata già pronta per l’uso (88%), le carni
trasformate come salumi e insaccati, carne in scatola (87%) o il riso
(81%).Per quanto riguarda il luogo dove avviene la trasformazione per
oltre 18mila persone (70%) è sempre fondamentale che sia indicato
in etichetta in modo chiaro, e per l’86% è molto importante avvenga al
100% in Italia.
Quasi 22mila persone (82%) hanno poi dichiarato che sono disposte a
spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto, con quasi la metà pronta a pagare dal 5 al 20% in più.
ETICHETTATURA: UN PO’ DI STORIA
• Dal 2002 vale l’obbligo di indicare l’origine della carne bovina,
• Dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca,
• Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova,
• Dal primo agosto 2004 l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di
origine in cui il miele è stato raccolto
• Dal 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura
o la stalla di provenienza per il latte fresco
• Dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per
effetto dell’influenza aviaria;
• Dal 1 gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata
di pomodoro
• Dal 1° luglio 2009 l’obbligo di indicare l’origine delle olive impiegate
nell’olio.
• Dal 1 aprile 2015 l’obbligo di etichetta vale anche per carne di maiale,
e ovicaprina.
I cibi che rimangono ancora senza indicazione di provenienza sono:
• Pasta
• Salumi e carni trasformate
• Carne di coniglio
• Frutta e verdura trasformata
• Derivati del pomodoro diversi da passata
• Formaggi
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DATA DI SCADENZA
E TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE
Una delle informazioni più importanti e più ricercate dai consumatori riguarda la data di scadenza. Anche qui serve fare attenzione: non
tutte le date di scadenza sono uguali. Infatti, alla tradizionale data di
scadenza usata su alimenti deperibili e che vanno consumati entro
poco tempo dalla data di acquisto (generalmente 30 giorni) si affianca
l’indicazione del giorno.
Sebbene questo non significhi in via assoluta che consumare il giorno
dopo l’alimento scaduto comporti di per sé dei rischi per la salute, la
presenza e l’indicazione precisa proprio del giorno (oltre che del mese)
serve a farci ricordare della natura deperibile dell’alimento, adottando le
precauzioni del caso.
Diverso il caso del Termine minimo di Conservazione (TMC), che suggerisce alcuni riferimenti temporali, necessariamente più ampi, entro i
quali il cibo mantiene la sua fragranza e le sue caratteristiche migliori.
Generalmente, il TMC è indicato dall’espressione “da consumarsi preferibilmente entro”, seguita da mese ed anno, o in certi casi (qualora la
conservazione sia possibile oltre i due anni) anche solo con l’anno (“da
consumarsi preferibilmente entro la fine del 2017”). Alimenti come tè,
pasta, caffè, riso, che non presentano aspetti di rischio alimentare particolari, possono recare il TMC.
Bisogna quindi fare attenzione: il TMC superato non significa che
dobbiamo buttare il prodotto!
In Europa i consumatori fanno però fatica a interpretare correttamente la differenza tra data di scadenza e Termine Minimo di Conservazione. In base ad una recente indagine di Eurobarometro, il 47% dei
consumatori capisce il significato del TMC e solo un 40% il valore
della data di scadenza.
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QUANTO DURA IL CIBO?
Le uova e il latte fresco sono gli unici alimenti con
un termine di scadenza imposto per legge: 28
giorni dalla deposizione per le uova e 6 giorni per
il latte fresco pastorizzato. Nel caso degli altri alimenti, è il produttore a stabilire, anche a seguito
di prove tecniche di laboratorio, la durata di vita
del cibo sotto la propria responsabilità.
In Italia, l’olio extravergine vede un Termine
Minimo di Conservazione fissato a massimo
18 mesi dal confezionamento. Questo consente
una migliore valorizzazione del prodotto, impedendo a cibi perfettamente commestibili ma senza aromi di raggiungere il consumatore.
Su prodotti preincartati, sebbene non vi sia obbligo di data di scadenza, questa può essere volontariamente indicata, mentre la data di confezionamento è di norma indicata.
La durata di conservazione dipende comunque
non solo dal tempo, ma anche dalle condizioni e
temperature di conservazione, sulle quali è sempre bene prestare attenzione.
Ad ogni modo, l’indicazione del termine minimo di
conservazione non è richiesta nei casi:
- degli ortofrutticoli freschi, tranne semi germinali
e prodotti analoghi quali i germogli di leguminose
- dei vini, vini liquorosi, vini spumanti, vini aromatizzati e prodotti simili
- delle bevande con un contenuto di alcol pari o
superiore al 10 % in volume
- dei prodotti della panetteria e della pasticceria
che, per loro natura, sono normalmente consumati entro le ventiquattro ore successive alla fabbricazione
- degli aceti
- del sale da cucina
- degli zuccheri allo stato solido
- dei prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheri aromatizzati e/o colorati delle gomme da masticare e prodotti analoghi.
APRILE 2016
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L’IMPORTANZA DEL NOME DELL’ALIMENTO
Le etichette ci comunicano come prima cosa il “nome dell’alimento”, ovvero la sua denominazione. Questa riguarda non tanto e non solo nomi
“di fantasia” (ad esempio, “fusilli”, “rigatoni”, “gobbetti”), quanto proprio il
nome ufficiale e descrittivo della categoria merceologica, ad esempio
“pasta di semola di grano duro”.
È molto importante fare attenzione alla denominazione dell’alimento:
oltre ad essere obbligatoria per legge, ci indica “cosa” stiamo comprando, e anche il livello di qualità atteso.
Così ad esempio un “vino da tavola” è qualcosa di radicalmente diverso
da un vino Doc (Denominazione di origine controllata) e pretende un
prezzo diverso; un formaggio generico non è una “mozzarella” (formaggio fresco a pasta filata); un “succo di frutta” implica poi un contenuto
di frutta più alto del semplice “nettare di frutta” (che ammette anche aggiunta di zuccheri); così come una “confettura extra” è diversa e migliore
(con almeno il 45% di frutta) da una semplice “confettura” (che invece
contempla un contenuto minore).
Il marketing spesso cerca di eludere una chiara descrizione dell’alimento, con aspetti ingannevoli: si pensi alle bevande di fantasia al gusto di
arancia che vengono vendute sotto l’accattivante nome creativo di “Arancia Rossa”. Ma se leggete bene, non si troverà che mai l’indicazione della
denominazione dell’alimento è “Succo di frutta”.
GLI INGREDIENTI: COME CAPIRLI?
Molto importante è poi la lista degli ingredienti. Gli ingredienti vanno posti in ordine di peso decrescente, e gli additivi non possono essere nascosti dietro sigle astruse (ad esempio, solo “E250”), ma devono essere
ben identificati nel nome italiano (ad esempio, “Nitrito di Sodio”), e dalla
funzione tecnologica svolta (“Conservante: Nitrito di Sodio”), con solo
NITRITO
DI SODIO
eventualmente anche la sigla sintetica “E250”).
Inoltre, gli ingredienti che vengono usati per promuovere l’alimento, in
pubblicità come anche in etichetta (perché magari presenti nel nome
di vendita), vanno indicati in percentuale nella lista ingredienti, o anche
a fianco della stessa denominazione dell’alimento. È buona norma per
informare il consumatore sulla reale quantità dell’ingrediente che ragionevolmente si attende a partire dal suggerimento del nome. Così, “Sugo
ai pinoli” dovrà evidenziare in lista ingredienti la percentuale di pinoli
messa tra parentesi.
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LO STATO FISICO DELL’ALIMENTO
Una novità introdotta dalla normativa del
2011 riguarda la necessità di indicare se un
alimento è stato congelato, affumicato, o se
invece è in polvere, disidratato o sottoposto
ad altre alterazioni dello stato fisico rispetto
alla formulazione originale. Il consumatore
non deve infatti essere ingannato sulle proprietà degli alimenti e deve poter “virtualmente” ricostruire passaggi di trasformazione
industriale che hanno snaturato in tutto o in
parte l’alimento che sta acquistando.
La data di congelamento o la data del primo congelamento per i prodotti che sono
stati congelati più di una volta è obbligatoria.
Allo stesso modo, un alimento de-congelato
(ad esempio, il pesce) deve poter comunicare tale aspetto al consumatore. Così, carne
e pesce ricomposti (costituiti cioè da piccoli
pezzetti agglutinati in modo da dare l’apparenza di un unico taglio-filetto) devono poterlo chiaramente indicare, per comunicare ai
consumatori la reale qualità del cibo.
Interessante anche l’acqua aggiunta, che se
supera il 5% va comunicata. Purtroppo alcuni
alimenti come hot dog, wurstel, mortadella
non richiedono un’indicazione dell’acqua aggiunta, e il consumatore non sa se sta pagando per un taglio di carne genuina o per
acqua aggiunta.
IL PESO, LA QUANTITÀ
O IL VOLUME DI UN ALIMENTO
Gli alimenti venduti devono recare l’indicazione della quantità netta (come grammi o
loro multipli o come millilitri o loro multipli).
L’indicazione della quantità netta non è obbligatoria per gli alimenti che sono soggetti
a notevoli perdite del loro volume o della loro
massa e che sono venduti al pezzo o pesati
davanti all’acquirente. Anche nel caso in cui
la quantità netta è inferiore a 5 g o 5 ml non
è necessario indicare la quantità netta. Tale
disposizione non si applica tuttavia nel caso
delle spezie e delle piante aromatiche. Errori metodici e non casuali sulla quantità realmente venduta possono dar adito alla frode
in commercio, con imputazione a carico del
produttore-confezionatore.
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GLI ASPETTI NUTRIZIONALI
E DI SALUTE
Le etichette degli alimenti preimballati (o
preconfezionati), qualora costituiti da più di
un ingrediente, da dicembre 2016 dovranno
essere accompagnati da una etichettatura nutrizionale comprensiva del contenuto
energetico (kilojoules-kilocalorie), proteine
e carboidrati di cui zuccheri, grassi, di cui
saturi, e sale.
In tal modo si intende fornire ai consumatori
un insieme di informazioni utili per seguire
una dieta sana e varia. Inoltre è possibile,
su base volontaria, aggiungere altri nutrienti
(come i grassi monoinsaturi o polinsaturi, le
vitamine, i sali minerali).
Sono esentati da tale indicazione tutta una
serie di alimenti (tra cui acqua, aceto, erbe e
spezie, prodotti artigianali venduti in piccole
quantità, ortofrutta), ma la regola prevede la
possibilità di rendere i consumatori più consapevoli.
LE INFORMAZIONI VOLONTARIE
SULLA SALUTE
Le etichette con tabella nutrizionale potranno
utilizzare alcune indicazioni sulla salute qualora gli alimenti in causa abbiano i requisiti.
Indicazioni come “leggero”, “light”, “a basso
contenuto di grassi”, “fonte di proteine”, “ricco di omega 3”, “ad alto contenuto di fibre”
e altre simili possono essere regolarmente usate, così come indicazioni relative alla
funzione benefica esercitata (ad esempio “le
fibre alimentari accelerano i tempi di transito
intestinale”).
Le indicazioni sulla salute in ogni caso mai
devono promettere la cura o prevenzione di
malattia o spaventare la popolazione, suggerendo che un mancato consumo dell’alimento in causa possa esporli a maggiori rischi.
Le uniche indicazioni sulla salute ammesse
sono quelle approvate dalla Autorità Europea della Sicurezza Alimentare (EFSA) e
pubblicate – nel caso con le condizioni di
uso – dai regolamenti della Commissione
Europea. Questo consente di evitare marketing ingannevole e abuso della buona fede
dei consumatori.
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AVVERTENZE SPECIALI
Alcuni alimenti con proprietà nutrizionali peculiari possono non essere adatti a tutta la popolazione, comportando eventuali rischi. Per questo la legge prevede avvertenze in etichetta.
Negli alimenti contenenti caffeina per i bambini
e le donne in gravidanza e in allattamento sono
previste avvertenze particolari per determinati
alimenti contenenti caffeina, per esempi o i cosiddetti “energydrink”.
Allo stesso modo, alimenti o ingredienti alimentari con aggiunta di fitosteroli, esteri di fitosterolo, fitostanoli o esteri di fitostanolo, aggiunti
per la riduzione del colesterolo in prodotti speciali, devono riportare avvertenze come che va
evitato il consumo di oltre 3 grammi/giorno di
steroli vegetali/stanoli vegetali aggiunti. Va anche segnalato che l’alimento è destinato esclusivamente alle persone che intendono ridurre
i livello di colesterolo nel sangue ma pure ai
pazienti sottoposti a un trattamento ipocolesterolemizzante che devono consumare il prodotto
solo sotto controllo medico.
GLI ALLERGENI
Le sostanze allergizzanti o che procurano intolleranze (come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa, latticini contenenti lattosio) dovranno essere
indicate con maggiore evidenza rispetto alle altre
informazioni, ad esempio sottolineandole o mettendole in grassetto nella lista degli ingredienti.
Anche i ristoranti e le attività di somministrazione di alimenti e bevande dovranno comunicare
gli allergeni, tramite adeguati supporti (menù,
cartello, lavagna o registro), ben visibili all’avventore. Ma attenzione: ad oggi i produttori
devono indicare solo gli allergeni o intenzionalmente aggiunti come ingredienti.
IL “SENZA GLUTINE”
Sono considerati alimenti senza glutine o a ridotto tenore di glutine quelli che rispettivamente non superano i 20 mg/kg di prodotto, o 100
mg/kg di prodotto. Solo tali prodotti insomma
possono fregiarsi dell’indicazione “senza glutine” e “a basso contenuto di glutine”.
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IL “SENZA LATTOSIO”
La dicitura “senza lattosio” può essere usata
per i prodotti lattiero caseari e per il latte qualora il contenuto di lattosio sia inferiore a 0,1 g per
100 g o ml. Sulle etichette in questione andrà
riportata l’indicazione che il tenore di lattosio è
meno di 0,1 g per 100 g o ml. Solo per i latti
e i latti fermentati si potrà usare la dicitura “a
ridotto contenuto di lattosio”, solo se il lattosio è
inferiore a 0,5 g per 100 g o ml. Sulle etichette
in questione andrà riportata l’indicazione che il
tenore di lattosio è meno di 0,5 g per 100 g o ml.
Le due precedenti diciture dovranno necessariamente essere integrate da una indicazione
del tipo: “il prodotto contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio”.
PIÙ TRASPARENZA SUGLI OLI
E GRASSI UTILIZZATI
Una delle novità introdotte dalla normativa del
2011 (pienamente applicativa da dicembre
2014) riguarda poi la natura dei grassi e degli
oli usati come ingredienti. Non sarà più possibile ingannare il consumatore celando, dietro
la definizione generica di “oli vegetali” o “grassi vegetali”, l’utilizzo di oli o grassi tropicali a
basso costo (ad esempio olio di palma, di
cocco o di cotone, che hanno effetti negativi
sulla salute). Ora tra gli ingredienti si dovrà
specificare quale tipo di olio o di grasso è
stato utilizzato (ad esempio “olio di oliva”, “olio
di semi di girasole”, “olio di colza”).
Inoltre, diventa obbligatorio indicare se i grassi
ed oli sono “totalmente idrogenati” o invece
“parzialmente idrogenati”, in ragione dell’interesse crescente che i consumatori hanno per
i processi di trasformazione industriale spinta.
I grassi idrogenati infatti presentano caratteristiche negative per la salute, in quanto si producono i famigerati grassi trans, deleteri per le
arterie e la salute cardiovascolare, oltre che per
l’Alzheimer e altre malattie. Ancora però non è
possibile, nemmeno su base volontaria, indicare la presenza di grassi trans negli alimenti. È
un aspetto da chiarire nonostante il consumo
basso di questo genere grassi. Infatti si è notato
che anche quantità piccole di grass trans possono avere effetti negativi sulla salute.
Una scelta libera e informata del consumatore
dovrebbe quindi essere benvenuta.
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