R - Il saturatore

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R - Il saturatore
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
C APITOLO 4
L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
4.1 –La curva di rifrazione geodetica
Si consideri (v. figura. 4.1) un punto A della superficie terrestre ed O l'
occhio dell' osservatore di nota elevazione e; si consideri lo spessore d'
aria tra il punto O ed il suolo composto da strati sferici concentrici, di
spessore infinitesimo e caratterizzati da densità decrescente con la quota.
Figura 4.1 – Percorso del raggio luminoso
La traiettoria descritta dal raggio luminoso proveniente da A (all’interno
dell’atmosfera) e diretto ad O, a seguito di rifrazioni nell' attraversare i
vari strati (cinque in figura 4.1), risulta rappresentata da una linea spezzata che, per l’esiguo spessore degli strati, può considerarsi una curva
77
MARIO VULTAGGIO
nota quale curva di rifrazione geodetica, analoga a quella relativa alla
traiettoria dei raggi luminosi provenienti dagli astri che prende il nome
di curva di rifrazione astronomica. Le curve sono situate nei piani ve rticali dei punti terrestri o degli astri e le loro concavità sono generalmente rivolte verso la superficie terrestre.
Questo fenomeno dell’ottica fisica, che va sotto il nome di rifrazione,
è regolato da due note leggi di Descartes e conduce al principio di Fermat: La traiettoria seguita dal raggio luminoso è caratterizzata dal minimo tempo impiegato escludendo il tratto rettilineo tra A ed O, il raggio luminoso segue per il fenomeno della rifrazione la traiettoria di minimo percorso, data proprio dalla curva di rifrazione ABO (v. figura.
4.2).
Figura 4.2 – Percorso rifratto del raggio luminoso
Si ha rifrazione anche nella propagazione delle onde elettromagnetiche
che differiscono da quelle luminose per la diversa lunghezza d'onda. Il
raggio di curvatura della curva di rifrazione geodetica nel punto O può
ritenersi espresso dalla relazione:
ρ=
R+e
cos ec z r
Ko
78
(4.1)
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
che, per la piccolezza dell'elevazione e rispetto al raggio terrestre R, diventa:
ρ=
R
cos ec z r
Ko
(4.2)
con zr la distanza zenitale rifratta del punto A e Ko coefficiente di rifrazione geodetica nel punto O, al suolo Ko è dato da:
 1 1 dT 

K o = Rα  +
 l To dh 
(4.3)
dove α è la costante di rifrazione, dipendente dalle condizioni fisiche
dell' aria nel punto O, l è l'altezza di pressione (l’altezza dell' atmosfera
considerata a densità costante, l=8 km), To la temperatura assoluta al
suolo e dT/dh il suo gradiente, sempre nel punto O.
Il coefficiente di rifrazione geodetica ed, in modo speciale, il gradiente
termico nei bassi strati dell' atmosfera caratterizzano la curva di rifrazione geodetica nel punto d'osservazione; infatti, questa può degenerare
in una retta, volgere la concavità al cielo ed assumere anche un raggio
di curvatura uguale a quello terrestre. Nel primo caso l' orizzonte marino od apparente coincide con quello geometrico (vedi paragrafo successivo), nel secondo si vedono gli oggetti capovolti e nel terzo si ha la
possibilità di vedere, con atmosfera trasparente, oggetti situati in qualsiasi punto della superficie terrestre, teoricamente anche all'antipodo:
quest' ultimo fenomeno è detto miraggio.
Considerando nel punto O condizioni fisiche medie dell' atmosfera
caratterizzate da:
To = 273° K , α = 0.000292
,
dT
= −5.6 / 1000 [°C / m ]
dh
,
l = 8000 [m]
ed essendo:
R = 6371000 [m]
il coefficiente Ko assume il valore di circa 0.16 noto quale coefficiente
medio di rifrazione geodetica
La distanza zenitale rifratta zr del punto A può ritenersi uguale a 90°,
per cui la relazione del raggio di curvatura diventa:
ρ=
R
Ko
79
(4.4)
MARIO VULTAGGIO
e, per essere Ko = 0.16 con condizioni fisiche medie dell' aria nel punto
d' osservazione, si ha:
ρ = 6 ÷ 7R
cosicché il raggio di curvatura della curva di rifrazione geodetica nel
punto O può ritenersi uguale a circa sei-sette volte quello terrestre; inoltre, trattandosi di piccoli valori dell'angolo ω (angolo al centro della
Terra tra la verticale dell' osservatore ed il raggio terrestre relativo al
punto A), può considerarsi circolare l' arco di curva ABO di figura 4.2.
Dalla (4.3) risulta:
Ko =
R
ρ
(4.5)
per cui su qualche testo il coefficiente Ko viene definito quale rapporto
tra il raggio terrestre e quello della curva di rifrazione geodetica; questa
definizione non può .essere accettata dato che è valida soltanto nel caso
particolare di zr = 90°.
L' osservatore vede il punto A, sempre in figura 4.2, provenire sempre secondo la direzione della tangente t alla curva nel punto O e l' angolo che questa tangente forma col tratto rettilineo AO rappresenta l'
importo di rifrazione geodetica, dato da:
r=
Ko
ω
2
(4.6)
relazione nota quale legge di Biot, ,valida soltanto per piccoli valori di
ω ; questa condizione vale anche per l' attendibilità della (4.2).
4.2- Orizzonte geometrico
Non considerando la presenza dell’atmosfera, essendo rettilinei i percorsi dei raggi luminosi, l' osservatore posto in O, con elevazione e, ha
per limite alla sua vista la circonferenza minore c, situata in un piano orizzontale, detta orizzonte geometrico. Questa circonferenza viene definita dalle visuali condotte dal suo occhio (punto O) e tangenti ai vari
punti della superficie terrestre, generatrici di un cono retto con il punto
O nel suo vertice. L’angolo tra queste ed il piano orizzontale passante
per O è detto depressione geometrica (o vera) dell' orizzonte e rappresenta anche il raggio dell' orizzonte geometrico, come ben risulta in figura. Dal triangolo THO si ha:
80
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
Figura 4.3 – Orizzonte geometrico
(R + e) 2 − R 2
HO
tan I =
=
HT
R2
2
2
e
2e

e
= 1 +  − 1 =   +
R
R

R
(4.7)
e2
Trascurando nella 4.7 il termine del secondo ordine 2 si ottiene:
R
2e
R
tan I =
(4.8)
Per la piccolezza dell’angolo I può ritenersi:
tan I = sin I = I ' sin1'
,
I' =
1
2
e
sin1' R
ed essendo
sin 1' = 0.00029
,
R = 8371000 [m]
si ottiene l’espressione finale dell’orizzonte geometrico:
i = 1.93 e
81
(4.9)
MARIO VULTAGGIO
con la depressione vera I espressa in primi d' arco e l' elevazione e in
metri; di conseguenza, il raggio d dell' orizzonte geometrico, espresso
in miglia, risulta:
d = 1.93 e [miglia
]
(4.10)
con l' elevazione e espressa sempre in metri.
4.3- Orizzonte marino
Per la presenza dell'atmosfera, il raggio luminoso proveniente da un
punto della superficie terrestre, ad esempio dal punto A della figura 4.4,
giunge all'occhio dell’osservatore O senza essere fermato da questa, solamente se l’angolo tra la tangente a alla curva di rifrazione geodetica
nel punto A ed il raggio terrestre relativo allo stesso punto è maggiore di
90°. Quando quest' angolo è proprio uguale a 90°, nel punto B della figura, questo punto rappresenta il limite di visibilità ed è visto
dall’osservatore provenire secondo la direzione della tangente t alla
curva di rifrazione nel punto O. L'angolo che questa tangente forma col
piano orizzontale passante per O è detto depressione apparente e viene
indicato con la lettera i.
O
e
i
C
t
A
B
c’
D
T
Figura 4.4 – Orizzo nte marino
Considerando in tutte le direzioni identiche condizioni fisiche degli strati d’aria prossimi alla superficie terrestre, la circonferenza minore c’
82
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
passante per tutti i punti analoghi al punto B, di raggio sferico CB (CB
= D), rappresenta l' orizzonte marino apparente.
In figura 4.5, che non rispetta le proporzioni, S rappresenta il centro
dell’arco di curva di rifrazione geodetica BO considerat a circolare, il cui
raggio è dato dalla (4.6), per cui SB = ρ . Dal triangolo STC, indicando
con b la distanza SC, ed applicando il teorema di Carnet, si può scrivere:
b 2 = ( ρ − R ) + R 2 − 2( ρ − R )R cos(π − D ) =
2
= ( ρ − R ) + R2 + 2( ρ − R )R cos D
2
(4.11)
Figura 4.5 – Orizzonte marino
Ricordando che: cos D = 1 − 2 sin 2
D
, sostituendo e semplificando si
2
ottiene:
ρ 2 − b 2 = 4(ρ − R )R sin 2
D
2
(ρ − b)(ρ + b) = 4(ρ − R )R sin 2 D
2
da cui:
sin 2
D (ρ − b )(ρ + b )
=
2
4 R (ρ − R )
83
MARIO VULTAGGIO
Con sufficiente approssimazione si può porre:
ρ + b = 2ρ , ρ - b = e, ρ = 7R
per cui si può ottenere la seguente relazione:
sin 2
D 7 e
=
2 12 R
(4.12)
che per la piccolezza dell' angolo D può porsi ancora
D (D')
=
sin 2 1'
2
4
2
sin 2
per cui la (4.12) diventa:
D' =
1
7
e = 2.08 e
sin 1' 3R
(4.13)
con D raggio dell'orizzonte marino espresso in miglia ed e l'elevazione
dell’occhio dell’osservatore in metri. Sempre dalla figura 4.5 risulta:
TCˆ S = TOˆ S + CSˆO e per essere l’angolo CSˆO molto piccolo, può ritenersi TCˆ S ≅ TOˆ S .Ma l’angolo TOˆ S è uguale ad i (angoli i cui lati sono
tra loro perpendicolari), per cui: TCˆ S = i . Dal triangolo STC per la relazione dei seni si ha:
sin TCˆS ρ − R sin i
6
=
=
=
ˆ
b
sin D 7
sin STC
per essere
ρ = 7 R, b ≅ ρ ≅ 7R e sin i = i' sin 1' , sin D = D' sin 1'
si ottiene la seguente relazione:
i = 1,78 e
(4.14)
con i in primi ed e in metri.
Il valore di i fornito dalla (4.14) è noto quale depressione media apparente dell’orizzonte, perchè corrisponde a condizioni fisiche medie
dei bassi strati atmosferici attraversati dai raggi luminosi provenienti
dalla superficie marina, per le quali il coefficiente Ko = 0.16 può ritenersi abbastanza attendibile; lontano dalle predette condizioni il valore di i
84
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
può risultare notevolmente diverso da quello dato dalla (4.9); valori anormali si hanno più frequentemente con calma assoluta di vento (fenomeno particolarmente presente in alcuni mari, quali il Mar Rosso, il
Golfo Persico ed il Mare del Nord). Alcuni, poi, fanno dipendere il coefficiente di rifrazione geodetica dalla differenza fra le temperature dei
bassi strati dell'aria e dell' acqua marina superficiale. Infine, l’ipotesi
della uniformità in azimut delle condizioni fisiche dei bassi strati
dell’atmosfera può essere accettata soltanto se si è in mare aperto, lontani dalle coste, risultando di conseguenza circolare l' orizzonte marino
o apparente. Quanto fin qui detto sulla depressione dell’orizzonte i è
molto importante, dato che le altezze degli astri vengono misurate da
bordo rispetto all'orizzonte marino, per essere poi riferite al piano orizzontale passante per l' occhio dell' osservatore. Un valore anormale di i
inficia di conseguenza la precisione della posizione astronomica calcolata.
Tavole relative alle relazioni (4.13) e (4.14) sono riportate nelle varie
pubblicazioni nautiche in dotazione a bordo (v. Tavole Nautiche
dell’Istituto Idrografico).
4.4-Orizzonte radar
Come già accennato, anche le onde radio subiscono rifrazione lungo il
loro percorso e per quelle utilizzate dal radar si può considerare Ko=
0.25; tenendo poi presenti le modeste distanze in gioco, può considerarsi valido tutto quanto fin qui esposto per le onde luminose; la (4.4) dà in
questo caso ρ = 4 R .
Nella figura 4.6, il punto O rappresenta l’antenna del radar avente elevazione h sul livello medio del mare (dal punto C della figura) e la
circonferenza minore c’ indica il limite della calotta sferica radar visibile rappresentando quindi l’orizzonte radar. Dalla (4.6) sia ha:
sin 2
D 2h
=
2 3R
che per considerazione già svolte precedentemente può essere espressa
nel seguente modo:
D' =
1
8
h = 2.22 h
sin1' 3R
85
(4.15)
MARIO VULTAGGIO
con D, raggio dell’orizzonte radar, espresso in miglia e l'altezza h dell'
antenna in metri.
O
h
A
B
c’
D
T
Figura 4.6 – Orizzonte radar
4.5- Distanze con misure di angoli orizzontali
Siano ρ1 e ρ 2 (v. figura 4.7) i rilevamenti polari del punto A, misurati
negli istanti tl e t2 dalla nave N, in moto con prora e velocità note; supponendo nulli gli angoli di deriva e di scarroccio (Pv = Rv). Queste misure angolari possono essere effettuate sia per mezzo dell’indicatore di
angoli del PPI (Plan Position Indicator) del radar di bordo oppure con
grafometro sistemato sul lato del ponte di comando di una nave. In entrambi i casi il tracciamento dei rilevamenti polari dell’oggetto osservato richiede la loro trasformazione da rilevamenti polari, riferiti al piano
longitudinale della nave, a rilevamenti veri utilizzando la ben nota relazione:
Ril v = Pv + (± ρ )
86
(4.16)
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
A
N
P Rv
v
dT
ρ
dρ ρ
2
2
ΝT
1
ρ
Ν
2
1
m
Ν1
Figura 4.7 – Distanza con rilevamenti polari
Noto il percorso m effettuato tra i due istanti:
m = v (t2 − t1 )
è possibile calcolare la distanza d della nave dal punto A all' istante della misura del secondo rilevamento ed anche la minima distanza dallo
stesso punto, detta distanza al traverso (dT) nave in NT da cui il punto A
viene rilevato per ρ = 90° .
Dal triangolo piano N1N2A, applicando la relazione dei seni, si ricava:
d=
sin ρ 1
m
sin(ρ 2 − ρ 1 )
(4.17)
e dal triangolo rettangolo N2NT A si ottiene:
d T = d sin ρ 2 =
sin ρ 1 sin ρ 2
m
sin(ρ 2 − ρ 1 )
(4.18)
Se ρ 2 = 2ρ 1 , il triangolo N1N2A è isoscele e le relazioni (4.17) e (4.18)
diventano rispettivamente:
d =m
,
d T = m sin ρ 2
Con
ρ1 = 22.5°, ρ 2 = 45° (metodo delle due quarte) si ha
d = m, d T = 0, 707m ; con ρ1 = 45°, ρ 2 = 90° (metodo del 45 e 90) si ha
che dT= m; in questo secondo caso la minima distanza è uguale al per87
MARIO VULTAGGIO
corso effettuato tra gli istanti delle misure dei due rilevamenti, nota però
solamente quando la nave è al traverso di A(NT).
Indicando con mT il percorso da compiere per raggiungere NT a partire dall' istante della misura del secondo rilevamento polare, dal triangolo rettangolo N2 NT A si ricava:
mT = d cos ρ 2
(4.19)
Dalla (4.17), ponendo ρ 2 − ρ1 = ∆ρ si ha:
sin ∆ρ =
m
m
sin ρ 1 = sin ρ
d
d
cosicché la variazione del rilevamento polare diminuisce al diminuire di
ρ ed all’aumentare della distanza dal punto. Questa ultima proprietà
suggerisce una procedura da seguire quando si osservano due misure
simultanee: per evitare una significativa variazione dei rilevamenti fra
due osservazioni consecutive occorre osservare l’oggetto notevole o
quello che un angolo polare piccolo rispetto al secondo.
La (4.18) puoi essere così trasformata:
dT =
m sin ρ 1 sin ρ 2
m
=
sin ρ 2 cos ρ 1 − cos ρ 2 sin ρ 1 cot ρ 1 − cot ρ 2
(4.20)
Ponendo nella (4.20)
cot ρ 2 − cot ρ1 =
1
si ha: d T = Km
K
per cui la distanza al traverso risulta uguale al prodotto di K per il percorso effettuato tra gli istanti delle misure dei due rilevamenti.
E’ possibile trovare una serie di angoli polari ρ1 , ρ2 , ρ3 ,..... ρ n tali che la
differenza delle cotangenti di due di essi consecutivi sia uguale ad una
costante
1
; tale serie è chiamata serie di rilevamenti determinati o seK
rie di Troub. Si noti che per un dato valore di K sulla direzione della
prua sono uguali i vari percorsi parziali relativi a due rilevamenti successivi della serie.
Se i rilevamenti ρ1 , ρ2 di figura 4.7 sono rilevamenti della serie, si ricava:
88
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
mT = dT cot ρ 2 = Km cot ρ2
(4.21)
Fissato il valore di K si possono ricavare i valori degli angoli polari della serie;di seguito sono elencati i rilevamenti polari della serie di Troub
per K = 1 e K = 2. Nelle tabelle I e II ed in corrispondenza di ciascun
rilevamento è riportato sia il valore della cotangente ed la distanza ancora da effettuare per giungere al traverso del punto rilevato espressa in
termini del percorso m fra due rilevamenti polari successivi della serie.
Secca
NT
ρ4
Scafo affondato
N4
ρ3
N3
ρ2
ρ
N2
1
N1
Figura 4.8 – Serie di rilevamenti polari
Tabella I e II – Rilevamenti polari della serie di Troub per K=1 e K=2.
ρ
18.5°
26.5°
45°
90°
K=1
cotan
3
2
1
0
ρ
18.5°
22°
26.5°
34°
45°
63°
90°
mT
3m
2m
M
0
89
K=2
cotan
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
mT
6m
5m
4m
3m
2m
M
0
MARIO VULTAGGIO
Si consideri, ora, la misura dei due rilevamenti polari ρ 1 ,ρ 2 in presenza
di una corrente nota che allontana la nave dalla costa ( v.figura 4.9).
Rv
A
Pv
Secca
ρ4
NT
ρ3
Scafo affondato
N4
ρ2
N3
Corrente
ρ
1
N2
N1
Figura 4.9 – Serie di rilevamenti polari con navigazione in presenza
di corrente
La distanza d dal punto A all'istante del secondo rilevamento è data in
questo caso da:
d=
sin(ρ 1 + lder )
m
sin(ρ 2 − ρ 1 )
(4.22)
e la minima distanza dallo stesso punto, segmento di perpendicolare abbassata da A sulla direzione della rotta, indicata ancora con dT risulta
d T = d sin(ρ 2 + lder ) , relazione che per la (4.17) diventa:
dT =
sin(ρ 1 + lder )sin(ρ 2 + l der )
m
sin(ρ 2 − ρ 1 )
(4.23)
Nel punto NT di minima distanza il rilevamento polare di A risulta uguale 90° − lder . Il percorso N2NT, indicato lo stesso con mT è dato da:
mT = d cos(ρ 2 + lder )
(4.24)
Se la corrente avvicina la nave alla costa l' angolo di deriva lder va sottratto nelle relazioni (4.22), (4.23), (4.24).
90
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
4.6- Altre utilizzazioni dei rilevamenti polari
I rilevamenti polari, oltre che per determinazioni di distanze, vengono
impiegati anche per:
• ottenere il rilevamento rispetto alla linea meridiana (l’azimut);
• orientare la nave secondo una data prora magnetica;
• passare al traverso di un punto della costa ad una predeterminata
distanza;
• individuare la presenza di una corrente e determinare l' angolo d i
deriva.
Nota la prora vera, il rilevamento rispetto alla direzione del nord (cioè
l'azimut) è dato dalla prima delle relazioni (3.10) oppure dalla (4.16):
Ril v = Pv + ρ
considerata algebrica quando ρ è misurato nel sistema semicircolare.
Nell' effettuare la compensazione delle bussole magnetiche occorre
orientare la nave, situata in una posizione nota, secondo date prore magnetiche. Conoscendo il rilevamento magnetico di un punto noto della
costa rispetto alla posizione della nave, dalla relazione (4.16):
ρ = Ril m − Pm
(4.25)
si ricava il rilevamento polare secondo il quale deve essere rilevato al
grafometro il punto della costa per fare assumere alla nave la prora magnetica stabilita. Basta, pertanto, orientare l' alidada del grafometro per
il rilevamento polare ottenuto e ruotare la nave fino a collimare il punto.
Nb N v Nm
d
Pv
dT
ρ
NT
N
Figura 4.10 – Rilevamento polare
91
MARIO VULTAGGIO
Il rilevamento magnetico del punto si ottiene togliendo algebricamente
la declinazione magnetica dal rilevamento vero dedotto dalla carta nautica.
S' immagini ora di conoscere in un dato istante la distanza d della nave N (vedi fig. 4.10) dal punto noto A della costa. Stabilendo di voler
passare alla distanza dT (distanza di sicurezza), è possibile ottenere dal
triangolo ANNT il rilevamento polare del punto che definisce in N la
prora da seguire:
d
sin ρ = T
(4.26)
d
per cui la detta prora sarà poi ottenuta dalla differenza algebrica
Pb = Ril b − ρ dopo aver misurato il Rilb alla normale.
Per individuare la presenza di una corrente e determinare l’angolo di
deriva occorrono almeno tre rilevamenti successivi della serie di Troub.
Dalla figura 4.11 si nota che se c’è deriva (P V ≠ R V), i percorsi parziali
tra gli istanti di misura dei successivi rilevamenti della serie non sono
uguali e precisamente vanno diminuendo se la corrente è diretta verso la
costa, aumentando se diretta verso il largo. Ciò dal fatto che i rilevamenti ρ 2 , ρ 3 , ρ 4 , sono misurati nei punti N 2' , N 3' , N4' ,...... , della rotta vera
''
''
''
RV' (corrente diretta verso la costa.) e nei punti N 2 , N 3 , N 4 ,.....della rot-
ta R V (corrente diretta verso il largo). Pertanto, detti ∆t1 , ∆t 2 gli intervalli di tempo rispettivamente tra gli istanti di misura di ρ1 , ρ2 e ρ3 , ρ4 si
possono verificare tre casi:
∆t1 = ∆t 2 : non esiste corrente oppure questa è diretta per prua o
per poppa;
• ∆t1 > ∆t 2 : la corrente è diretta verso la costa o verso il punto osservato;
• ∆t1 < ∆t2 la corrente è diretta verso il largo o allontana la nave
dall’oggetto osservato.
•
92
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
A
N1
N ’2
N 2’’
N2
N’3
N3
N’’3
N’4
R’v
N4
N’’4
R v Pv
R’’v
Figura 4.11 – Rilevamenti polari
I casi contemplati negli ultimi due punti si ottengono da considerazioni
geometri procedendo al calcolo della deriva e velocità effettiva della
nave costante.
Dai due triangoli AN1 N '2 e AN '2 N '3 , caso di corrente verso la costa, si
ricava per la relazione dei seni:
AN 2' = N 1N 2'
sin(ρ1 − lder )
sin( ρ 2 − ρ1 )
e
AN 2' = N 2' N 3'
sin(ρ 3 − l der )
sin( ρ 3 − ρ 2 )
per cui dalla uguaglianza risulta:
sin(ρ1 − lder ) sin(ρ3 − ρ 2 ) N 2' N 3' V∆t 2
•
=
=
sin(ρ 2 − ρ1 ) sin( ρ3 − l der ) N1 N 2' V∆t1
(4.27)
con V la velocità effettiva della nave. Il primo membro, dopo aver sviluppato e diviso numeratore e denominatore per
sin ρ 1 sin ρ2 sin ρ3 sin l dr
e considerato che
cot ρ1 − cot ρ 2 = cot ρ2 − cot ρ3
si ha:
93
MARIO VULTAGGIO
cot lder − cot ρ 1
∆t
== 2
cot l der − cot ρ 3
∆t1
(4.28)
Scomponendo:
cot lder − cot ρ 1 − (cot l der − cot ρ 3 ) ∆t 2 − ∆t1 cot ρ 3 − cot ρ 1
=
=
(4.29)
cot lder − cot ρ 3
∆t1
cot l der − cot ρ 3
ed essendo: cot ρ 3 − cot ρ 1 = 1 facilmente si ricava:
cot l der =
∆t 1
+ cot ρ3
∆t 2 − ∆t1
(4.30)
Seguendo un analogo procedimento per i triangoli AN1 N '2' e AN2'' N '3' caso della corrente diretta verso il largo, si ricava:
cot lder =
∆t1
− cot ρ 3
∆t 2 − ∆t1
(4.31)
Evidentemente in quest’ultimo argomento trattato vengono considerati
costanti i parametri dei moti della nave e della corrente.
4.7- Distanze con misure di angoli verticali
Gli oggetti rilevati ed i punti notevoli riconosciuti dal navigante possono essere utilizzati per determinare la loro distanza dall’osservatore
stesso. La figura. 4.12 rappresenta un possibile scenario all’interno di
un orizzonte associato ad un osservatore O, avente elevazione e sul livello del mare; in essa sono rappresentati oggetti (oggetti che si trovano
all’interno dell’orizzonte: navi,boe, isole, ecc); lo scenario, inoltre, include al limite del suo orizzonte apparente, l' estremità B dell'oggetto K
(per esempio, un faro) di nota altezza h.
In questa situazione la traiettoria dei raggi luminosi che giungono in
O provenienti da K riesce tangente alla superficie terrestre nel punto B,
punto limite per gli orizzonti apparenti di O e di K; di qui la distanza
dell'oggetto K dall' osservatore è data da d = CA , somma dei raggi dei
due orizzonti: d 1 = CE = CB e d 2 = BA ; per la (4.13)
(
d = 2,08 e + h
con e ed h in metri e d in miglia.
94
)
(4.32)
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
Figura 4.12 - Distanza di oggetti interni ed esterni all’orizzonte
dell’osservatore O
In pratica l’estremità B, per essere ben vista da O, deve essere un pò alta sull' orizzonte; ciò comporta che l’oggetto K è visto da O ad una distanza d’ leggermente inferiore a d, ottenuta ponendo nella (4.32) il coefficiente 2.04 al posto del coefficiente 2.08:
(
d ' = 2,04 e + h
)
(4.33)
La fig. 4.12 dà anche l' idea della distanza alla quale un oggetto di nota
elevazione, per esempio la costa, viene avvistato da un radar avente
l'antenna ad una determinata altezza sul livello medio del mare. Considerando nel punto O l'antenna e tenendo presente la (4.15), la distanza
CD è data da:
(
d = 2.22 e + h
)
(4.34)
con e ed h le altezze in metri sul livello del mare rispettivamente dell'
antenna e dell' oggetto D; in questo caso, la distanza d (in miglia) è nota
quale portata geografica del radar.
Il valore fornito dalla (4.34) è soltanto indicativo per aver assunto un
coefficiente medio di rifrazione per le radioonde emesse dal radar, coefficiente che, com’è noto, dipende dalle condizioni fisiche degli strati di
aria interessati alla propagazione radioelettrica ed in modo speciale dal
gradiente termico. Inoltre, la portata d aumenta con la temperatura dell'aria più elevata di quella del mare; a grandi distanze essa risente delle
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MARIO VULTAGGIO
prestazioni dell'apparato, della natura del bersaglio e della potenza emessa.
Caso particolare si ha quando l’oggetto (v. figura. 4.13) F di nota altezza h, è situato tutto dentro l' orizzonte apparente dell' osservatore O.
In questo caso l’osservatore può misurare la sua altezza angolare per
mezzo di un angolo verticale α per mezzo di un sestante. In questa situazione, per semplicità di calcolo, si considera piana la superficie terrestre nell'intorno dell' oggetto, associato al segmento AF e rettilineo il
percorso dei raggi luminosi. La misura effettuata individua l' arco di circonferenza FOA da tutti i punti del quale l'oggetto F viene misurato secondo l' angolo α (v. figura 4.14).
Figura 4.13 - Distanza di oggetto interno all’orizzonte
dell’osservatore O
Se si trascura, poi, l'elevazione e dell’occhio dell' osservatore, questi
deve essere considerato nel punto C1 per cui la sua distanza dall' oggetto
è data da:
C1 A = d = h cot α
Figura 4.14 - Distanza di oggetto interno all’orizzonte
dell’osservatore O
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(4.35)
CAPITOLO 4 – L’ORIZZONTE IN NAVIGAZIONE
In realtà, considerando l’elevazione e (occhio in O), l' esatta distanza
dell' osservatore dall’oggetto è data dal segmento CA, più grande di d;
1'errore è rappresentato dal segmento CC1.
Figura 4.15 -
Nella fig. 4.15 i segmenti BD e CD sono rispettivamente paralleli ai
segmenti CA ed AB: il quadrilatero CABD è un rettangolo. Essendo CC2
e CA segmenti secanti alla circonferenza condotti dal punto esterno C
ed i segmenti CO e CC1,. parti esterne di essi, per un noto teorema di
geometria si ha:
CC 1 CC 2
=
CO
CA
,
CC 1 =
e(h − e)
CA
In pratica CA> h, donde il rapporto (h-e)/CA è minore dell’unità; di qui
l’errore CC1 risulta minore dell’elevazione e. Volendo esprimere d in
miglia ed h. in metri, la (4.35) diventa:
d=
h cotα
1852
Infine si può presentare il seguente caso (v. figura 4.16): l'osservatore
con occhio B nel punto O, con elevazione e sul livello medio del mare,
misura l' angolo verticale α relativo alla parte del faro rappresentato in
figura, di nota altezza h, che compare al di sopra dell’orizzonte apparente.
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MARIO VULTAGGIO
Figura 4.16 – Distanza di uno oggetto esterno all’orizzonte
dell’osservatore O
Evidentemente l' oggetto è oltre l'orizzonte e l' angolo misurato si riferisce alle traiettorie dei raggi luminosi provenienti dai suoi punti B e D;
quella proveniente da D riesce tangente in E all'orizzonte apparente dell'
osservatore. La distanza D=CA fra l' osservatore e la base dell' oggetto è
data da formule che richiedono lunghe e laboriose dimostrazioni; si riporta qui quella proposta dall’Istituto Idrografico:
d (1 − ko )

D = (h − e )cot (α − i ) +
2 R sin1' 

(4.25)
con i la depressione apparente dell' orizzonte, d la distanza dell' orizzonte marino, ko il coefficiente medio di rifrazione geodetica, R il raggio
terrestre.
Con le relazioni (4.22), (4.23), (4.24) e (4.25) vengono compilate delle
tabelle inserite nelle pubblicazioni nautiche in dotazione sulle navi, quali, ad esempio, le "Tavole Nautiche". In queste la tabella relativa alle ultima relazione citata fornisce la distanza D in miglia in funzione dell'
argomento orizzontale (h-e) in metri e delle argomento verticale (α -i)
in gradi e primi. Nel caso che α sia minore di i bisogna entrare con l'
argomento (i -a); il valore ottenuto aumentato del doppio del detto argomento fornisce la distanza desiderata.
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