relazione storico-urbanistica
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relazione storico-urbanistica
Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA RELAZIONE STORICO-URBANISTICA (Geografia, Toponomastica, Storia e Descrizione del Centro Abitato, Schede delle emergenze architettoniche) SOMMARIO Geografia e Toponomastica Lo Sviluppo Urbano di Atripalda 2 4 Viabilità, fattori causali del primo impianto urbanistico, tipo urbanistico La Cartografia storica Confronto cartografico (analogie e differenze) Il patrimonio storico artistico La Bibliografia Documentazione fotografica.Ambientale Urbana Documentazione fotografica storica Documentazione Iconografica 1 di 27 Relazione storico-urbanistica 11 13 20 23 25 Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA GEOGRAFIA e TOPONOMASTICA La cittadina si caratterizza per la presenza del Fiume Sabato, che taglia in due l’agglomerato urbano, ricevendo le acque del torrente Salzola, in città, e del torrente Rigatore, poco fuori il centro abitato. La valle del sabato ha costituito la via principale fra il Sannio e l’Irpinia, permettendo un collegamento rapido con la Puglia. Il fiume, oggi praticamente a secco, aveva ben altra portata in epoca remota, permettendo l’irrigazione dei campi, la pesca e addirittura l’alimentazione di mulini ed opifici. Questa breve ma fondamentale introduzione spiega i motivi che indussero i primi fondatori a costituire l’insediamento dell’Abellinum romana in questa valle: la particolare posizione geografica, la ricchezza dei suoli, la facilità nei collegamenti determinarono l’insediarsi delle prime popolazioni, che fondarono la città che oggi insiste nella zona definita “Civita”. Prima della conquista romana la Valle del Sabato era abitata da insediamenti sparsi legati alla lavorazione della terra per il proprio sostentamento; con tutta probabilità gli Abellinates, abitanti di Abellinum in età sannitica, appartenevano al gruppo degli Hirpini. Fin dalla propria origina, la piccola cittadina si trovò a rivaleggiare con Avellino, una delle principali Città degli Hirpini i quali, per resistere ai continui attacchi di popoli invasori, costruì una fortezza, un Castello, “ una torre di difesa. La torre, detta di Paldo, dal nome del suo autore determinò, secondo alcuni, il nome della città di Atripalda. Non é la prima volta che gli antichi appellavano la torre col nome del suo autore: Torrecuso, Torre del Greco. I resti dell’antica Avellino, nobile ed antica città, si ritrovano in molte aree della attuale Atripalda: numerosi marmi riportano nomi di romani illustri, informazioni sulla vita sociale, sulle cariche pubbliche. Un enorme bagaglio di informazioni é venuto alla luce a seguito di lavori di scavo, molto ancora giace sotto metri di terra. Avellino, di cui é difficile stabilire la data di fondazione, ebbe vita florida per lungo tempo; la colonizzazione sillana determinò l’inglobamento del preesistente centro irpino (edificato sui resti di insediamenti preistorici) edificando la vera e propria Abellinum romana. Attraversata da due strade maggiori, che la suddividevano in quattro quadrati, aveva nella piazza del Foro il centro della vita pubblica. Quattro porte sorgevano allo sbocco di queste strade, in direzione Nuceria, Beneventum, la Campania e l’alta valle del Calore.1 Il controllo di Teodorico (493-526) assicurò un lungo periodo di tranquillità, interrotto dalla lunga e sanguinosa guerra con i bizantini; quando nel 1 Francesco Barra-Atripalda Profilo storico-Edito a cura dell’Assesorato ai Beni Culturali di Atripalda-1985 2 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA 570 il dominio bizantino fu travolto dall’invasione dei longobardi, la città di Avellino versava in condizioni misere. La città era quasi spopolata: gli abitanti avevano cominciato a ritirarsi alle falde della Torre fabbricata dal Paldo, arricchendola di abitazioni e chiese. Intorno all’anno Mille di Abellinum si era persa qualsiasi traccia, tanto che le sue antichità vengono definite “veterales”, anticaglie.2 A questo lento ma inesorabile abbandono fa seguito una edificazione sempre più massiccia lungo la riva destra del fiume sabato, fuori dal perimetro urbano dell’antica, vicina Abellinum. Sulla cima della collina, al posto del tempio vocato a Diana sorge la chiesa di San Pietro ed un castello; da qui si scende una “via publica” che conduce alla chiesa di S. Ippolisto. E’ proprio intorno all’asse S. Ippolisto-S.Maria (chiesa sita nelle vicinanze della chiesa di S. Ippolisto) che si accorporerà la futura Atripalda.3 Sono molti gli studiosi interessati a stabilire l’origine ed il significato dell’etimologia di Atripalda (Bellabona, Giacinto de Roggiero, Barberio, Di Meo, De Franchi, Pionati ed altri. Il Di Meo ritiene che nell’anno 1060, l’esacco cittadino avellinese Truppualdo, proprietario di alcune zone sulle rive del Sabato, vi fece costruire alcune abitazioni e un poderoso castello, conosciuto poi come castello Truppualdo. Secondo altri il nome discende da trepalium, luogo dove si giustiziavano i rei; a sostegno di questa tesi c’é chi vede nel simbolo del comune (un braccio armato del flagellum) il ricordo di tale origine. Il frate Scipione Bellabona, nei suoi Ragguagli, narra di un luogo paludoso, Atra Palude, nelle vicinanze del fiume Sabato.4 Il P. Giordano, nel libro delle Croniche di Montevergine scrive che presso il fiume Sabato, fu un tempio di Pallade, presso il quale si ritirarono gli abitanti di Avellino a seguito dell’abbandono della propria città. P. Franco, nel suo Avellino illustrato da Santi e Santuari, afferma che nel monte detto Atrupaldo, vi era un monte detto Atrupaldo, sul quale si ergeva un castello con tempio dedicato a Diana. L’ipotesi ultima, forse quella più reale, viene riportata da P.Fr Casimiro di S.Maria Maddalena Edito nel 1729 che riprende la versione citata in precedenza e cioè quella del costruttore della Torre di Difesa, tale Paldo, al quale sarebbe stata dedicata la torre attorno alla quale si ritirarono gli avellinesi in fuga. Come ben si intuisce non risulta ben chiara né la data di fondazione né l’origine del toponimo; unica certezza é nella accresciuta importanza di Atripalda come punto di passaggio per i traffici commerciali. 2 E’ interessante notare che l’attuale Avellino non ha tracce di antichità, né di strutture atte alla difesa, che si evidenziano nella antica Avellino; tutto ciò serve a motivare ancor meglio la tesi per cui la nuova città capoluogo sorge in epoca medievale, in sito distante dal suo nucleo di fondazione. I primi abitanti di Avellino, infatti, si ritirano nei pressi della Torre di Paldo, dando origine ad Atripalda. 3 Francesco Barra op.cit. 4 Sabino Tomasetti-Manoscritto dell’Annunziata di Atripalda-La peste di Avellino Edizioni Amodeo Avellino 1988 3 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA LO SVILUPPO URBANO DI ATRIPALDA (La Storia . Atripalda secondo gli studiosi) Le vicende che hanno portato all’attuale aspetto di Atripalda trovano origine in un epoca non ben definita a cavallo dell’anno mille, quando gli abitanti dell’antica Abellinum, la abbandonarono in massa per rifugiarsi nei pressi della Torre di difesa edificata da tale Paldo, da cui trae origine una delle ipotesi sul nome di Atripalda. Erano quelli tempi difficilissimi per l’attuale Avellino, che dopo un periodo di crescita e pace sotto il controllo dei Goti, fu costretta a subire prima il sanguinoso combattimento contro i Bizantini e poi il dominio dei Longobardi. Abellinum era ridotta a poco più che un cumulo di macerie disabitate da molti definita “veterales”, anticaglie. La situazione era critica e gli abitanti dell’antica cittadina, da decenni avevano iniziato ad abbandonare Abellinum, per “fondare” una nuova città sulla riva destra del Fiume Sabato. E’ appunto in questo sito che si deve individuare il primo insediamento di Atripalda; come riporta IL LIBRO C “…qui sì che gli sgraziati Avellinesi cominciarono ad abbandonare la disfatta città (Abellinum), e se prima per le scorrerie de’ Barbari che l’infestavano, e di tanti Principi, e potenti e nemici avevano cominciato a rendere più popolato il Tripaldo, allora dell’intutto cominciarono a ritirarsi alle falde dell’anzidetta Torre fabbricata da Paldo, arricchendola e di abitazioni e chiese…”. L’interpretazione di quanto riportato é abbastanza agevole: sui tratta di una nuova cittadina che va via via formandosi, subentrando all’antica Abellinum. La cosa da rimarcare é che questo nuovo insediamento non mantiene il nome della città “di fuga”, quindi Avellino, ma ne acquista uno nuovo, per l’appunto Tripaldo, Atripalda. La motivazione giunge sempre dal LIBRO C “…né molto per loro hanno di che gloriarsi i Signori Avellinesi per aver illustrato col nome di Avellino la loro novella città; poiché come la Tripalda aveva il proprio suo nome in tempi esisteva l’antico Avellino, non dovea darsi briga d’altro nome…”. La fierezza di questi abitanti si ritrova anche negli scritti di quanti hanno trattato dell’origine e storia di Atripalda, rimarcando il fatto che l’antica Avellino é in territorio di Atripalda, del tutto compresa nelle sue terre; infatti la nuova Avellino, edificata distante dall’antico nucleo di fondazione, non ha alcun sistema difensivo, né porte, sino al secolo XVII, come indicato NEL LIBRO C. L’orgoglio degli scrittori aumenta allorquando si tratta di identificare una data di fondazione certa, che mancando nei riferimenti documentari, fa dire “..ed in qualunque tempo vogliamo dire essere il presente edificato (attuale Avellino), sempre sarà posteriore la sua edificazione a quella del 4 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Tripaldo, che come dicemmo fiorì ne’ tempo del primiero Avellino…”. Addirittura ci si é posti il problema dello Jus dell’antico Avellino, se alla terra di Atripalda, o al nuovo Avellino; il concetto espresso é, per sommi capi, questo: Atripalda nata come borgo di Abellinum, ha vissuto di una vita modesta, all’ombra della città romana di maggiore importanza, distante “..non altro che pochi tratti di pietra dalla municipale città…”, pertanto i cittadini di Tripaldo erano “…veri cittadini Avellinesi”. Inoltre non si può negare che “…la Tripalda5 siasi resa più popolata dopo la distruzione dell’antica Avellino… sempre sarà vero che gli antichi Avellinesi, distrutta la città, municipale, calarono a rendere più popolata la Tripalda, e per la Religiosa pietà verso il loro celebre Santuario, e pel comodo dell’acqua atta a tanti edifici, che la nobilitarono”. Le prime descrizione di Tripalda sono riportate sempre nel LIBRO C “…é poi detta terra ragguardevole per la moltitudine de’ suoi edifici, vedendosi in essa officine per ferro; per rame, per carta, valchiere, purgatorj pe panni, molini, dogane, che formano la popolazione agiata e comoda. Sono amenissime le sue campagne provvedute a dovizia di tutte spezie di frutti i più vaghi…vi sono tre monasteri di frati, cioè Domenicani, Agostiniani, e scalzi Alcantarini con un Consevatorio di civilissime Vergini dell’ordine di S. Francesco, come pure quantità di chiese, e fratrie di laici…”. Nell’intento di dare una forma quando più esatta possibile, si riporta anche lo Iannacchini, storico di fama che, parlando di Atripalda così si esprime. “Al tempo dei Longobardi fu una comoda, poscia si venne man mano accrescendo, aggrappandosi al monte (castello) come a luogo più sicuro, quando Avellino restò vedovo di abitanti”. Successivamente sorsero le prime torri e castelli, per volere dei duchi e gastaldi, ed in questo ordine nasce la torre di Atripalda, a tronco di cono, sorta sulla cima della collina, da dove era possibile controllare l’alta valle del Sabato, abbracciando il Serionese, l’Alta Irpinia, il Calore e l’odierno Avellino. In un secondo tempo, intorno allo Specus Martirum si costituì il primo nucleo urbano diramandosi successivamente in triangolo fra la chiesa di S. Maria delle Grazie e dell’Annunziata, costituendo il primo tessuto medievale. Del castello di Atripalda si hanno notizie intono al 1810 fu deciso il diroccamento, da parte del re di Napoli Giacchino Murat, onde togliere ai banditi un agevole riparo. Il Giustininani in questi termini tratta di Atripalda nel suo Dizionario Geografico-Ragionato del regno di Napoli: terra in Principato-ultra , in diocesi di Avellino… terra si vuole surta verso il 1060, trovandosene memoria nelle carte di quei tempi, e che dapprima appellati si fosse Truppualdo, poiché edificata nel fondo di un cittadino Avellinese per nome Truppualdo Esacco …è facile dunque, che da Truppualdo 5 E’ strano constatare che nell’arco di poche righe della stessa pagina, il nome si sia trasformato da TripaldO in TripaldA. 5 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA scambiato sì fosse in quello di Tripaldo e poi Atripalda -. Altri si avvisano, che il nome di Tripalda fosse corrotto da Turris Baldi sulla verisimilitudine che un certo Paldo, o Baldo ai tempi dè Longobardi avesse fatta, una torre , o specula in difesa di Avellino, e che in quel luogo appunto doversi tenere per certo essere stato l'antico Abellinum. Altri vogliono, che Atripalda fosse derivato il suo nome da Tripaldo, che era un luogo, dove menavano i rei a morire , e per conseguenza proibito a' preti di andarci, giusta il disposto di un concilio. Per ultimo c’è chi dice, che venisse da Atrio di Palade o da Atra palude, ovvero dal fiume chiamato Tripaldo. Ma non sono, affatto da seguirsi le stravolte opinioni dei nostri scrittori, quando specialmente vi sono i monumenti che additano la verità. Nel 1132 era un piccolo vico, ed i sacramenti vi si portavano da Avellino, ed in essa città si andavano a battezzare i bambini. Alessandro III dopo il 1159 ordinò al capitolo avellinese, che essendo in Tripaldo aumentata la popolazione vi avesse destinato un prete per l’amministrazione dei sacramenti …Ella è situata in una pianura confinante il suo territorio da oriente colla terra di Sanpotito, da mezzodì con Cesinali , e Tavernola, di occidente con Avellino; e da settentrione colla terrA di Montefridine. Per mezzo dello medesima vi scorre il fiume Sabato , che viene dal bosco di Serino, ed ove si vuole, che fosse statza l’antica Sabazia, onde Livio fa menzione dei popoli Sabbatini. Il suo territorio è quasi tutto seminatorio, ma vi sono vigneti , castagneti , e frutteti., e nel medesimo trovasi una cava di pietre , che dà il marmo color giallo, e rosso…Vi sono la ferriera , la ramiera, la cartiera, e la varchieria animate dalle acque del fiume Sabato e perciò molto attive; e vi si fabbricano pannilani e chiodi… il possessore di questa terra è D.Gio. Caracciolo principe di Avellino”. Alla luce di quanto sopra, pur apprezzando l’impegno dei valentissimi scrittori, poco é stato fatto o detto per chiarire l’urbanistica dell’abitato; questo studio iniziale consente di avviare solo un’ipotesi del tracciato della Tripalda Medievale, in quanto la scarsezza di tavole cartografiche, le descrizioni spesso narrate, più poetiche che descrittive, rende difficile un’individuazione certa, se non si vuol forzare la mano giungendo a tesi non documentabili. Unici due riferimenti cartografici sono due piante del secolo XIX dove, ovviamente, l’impianto della città antica é totalmente irriconoscibile, se non con grande sforzo, soprattutto integrando la planimetria con le indicazione riferite dagli storici, che ci permettono solo di identificare le aree dove si verificarono i primi insediamenti e le prime urbanizzazioni. Poco si sa del reale numero di case edificate, solo che crescevano rapidamente grazie all’afflusso costante degli abitanti di Abellinum. Unico dato certo, riscontrabile anche nelle carte ottocentesche é che la cittadina era sorta nella zona destra del fiume Sabato, dove si concentra l’edificato, lasciando nella zona sinistra l’area del mercato, oggi totalmente urbanizzata. 6 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Riportiamo, per completezza di informazioni anche le importanti note di Francesco Barra che così scrive di Atripalda :”Lungo la riva destra del fiume, fuori di quello che era stato il perimetro urbano di Abellinum, è però già possibile scorgere segni più intensi di vita e di attività. Sulla cima della collina, che in epoca romana era stata sede del tempio di Diana, sorgono ora la chiesa di San Pietro ed un castello, eretto dai conti longobardi per il controllo delle vie che dalla valle del Sabato si diramano verso la valle del Calore. Dal castello scende una 'via publica", che raggiunge verso il fondovalle l'antica chiesa paleocristiana di Sant'Ippolisto. Non lontana da questa, a breve distanza dal Sabato, vi è poi la chiesa di Santa Maria. Sempre scendendo a valle lungo la strada, si raggiunge il fiume presso il mulino degli Archi, di proprietà dei conti di Avellino, che hanno concesso alla chiesa di Santa Maria, probabilmente da essi stessi fondata, il diritto di esigere la decima su tutti i cereali sfa- rinati dal mulino. Quest'ultimo, oltre a rilevanza economica, ha importanza strategica, in quanto controlla il principale guado tra le due rive del Sabato. Il nome di Archi veniva al mulino dai resti delle arcate dei poderoso ponte-acquedotto romano che recava ad Abellinum le acque delle sorgenti del Sabato. Semplici cappelle rurali sono poi quelle di Sant'Angelo "de testa", di Santa Maria de Campora, di Sant'Andrea e della Maddalena, mentre assai più importante è la chiesa di San Nicola, edificata sui resti dell'antico tempio di Giove; risulta infatti da un documento del 1289 che ad essa erano state concesse in epoca imprecisata un suffeudo rustico ed i diritti di decima sui proventi del bosco feudale, della bagliva, della "piazza" e dei terratico. Il principale nucleo, intorno a cui di lì a poco si accorporerà la futura Atripalda, è quello costituito dall'asse Sant'Ippolisto-Santa MariaArchi. Anche se per il momento non sussiste ancora alcuna continuità edilizia tra questi tre elementi, è però significativo l'accentrarsi in questa area, relativamente ristretta, di importanti funzioni religiose, economiche e commerciali. La presenza del mulino e del prossimo guado, presumibilmente assai frequentato, configurano già, sia pure in germe, le spiccate vocazioni industriali e commerciali di Atripalda, e neppure va trascurato il ruolo di autorevole punto di riferimento, per tradizione religiosa e centralità topografica, esercitato dalla chiesa di Sant'Ippolisto, sulla quale occorre pertanto soffermarsi. A testimonianza efficace dell'influsso esercitato dal valori spirituali anche nelle epoche più oscure, pur dopo la scomparsa di Abellinum ed il crollo dell'intera civiltà romana, la cripta dei martiri continuò ad essere oggetto di costante e fervida devozione da parte delle superstiti popolazioni e degli stessi longobardi, successivamente alla loro conversione al cattolicesimo. Quando, intorno al Mille, un fremito nuovo di vita ed un rinnovato fervore di attività e di progresso percorsero ed animarono l'intera società medioevale, ripercuotendosi anche sulle rive del Sabato, l'antica e venerata chiesa di Sant'Ippolisto, sopravvissuta a tanto volgere di 7 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA eventi, venne a costituire il naturale fulcro, ideale ed urbanistico, dei nuovo centro che, raggruppando ed inglobando gli sparsi nuclei esistenti ed attirando a sé nuovi gruppi di popolazione, cominciò a svilupparsi sulla riva destra del Sabato, tra la collina dei castello ed il mulino degli Archi. A questo processo, indubbiamente lento e da tempo in atto, un’accelerazione decisiva impresse Truppoaldo Racco, della famiglia degli Adelferii, i conti longobardi di Avellino, che, negli anni intorno al Mille, ereditò la parte orientale della contea, lungo la riva destra del Sabato. Il nuovo signore s'insediò nel castello sulla collina, che da lui venne probabilmente potenziato e ristrutturato, e che di- venne il centro dei suoi domini. Questo avvenimento segnò una svolta decisiva nella storia di Atripalda, che appunto ora si accinge a nascere come entità autonoma. E’ più che probabile, infatti, che Truppoaldo sia intervenuto direttamente nella creazione di un borgo murato intorno alla chiesa di Sant'Ippolisto, incentivando in varie forme lo stabilirsi ed il concentrarsi degli abitanti dei dintorni nel nuovo centro, che, a riprova dell'incisività e dell'efficacia dell'intervento effettuato dal nobile longobardo, da lui trasse nome. Va rilevato che la scelta di Truppoaldo non fu certamente casuale ed occasionale, poiché la posizione del castello e dei nuovo centro abitato, che controllava i guadi del fiume ed il sistema viario che dall'alta valle del Sabato si irradiava verso Benevento e l'Alta Irpinia, aveva rilevanza strategica notevolissima. Con felice intuizione, il nuovo signore intese inoltre, attraverso la creazione del borgo, valorizzare e sfruttare efficacemente le risorse naturali ed ambientali che il luogo offriva. Atripalda venne, in effetti, a giovarsi sin dalla sua fondazione di un cospicuo complesso di fattori favorevoli alcuni congiunturali, altri strutturali: presenza diretta del signore, che dall'alto dei suo castello assicurava la sicurezza esterna e l'ordine interno; preesistenza in loco di una sede di culto antica e prestigiosa come la chiesa di Sant'Ippolisto; felicissima posizione naturale, infine, che, oltre a permettere lo sfruttamento dell'energia idraulica per alimentare mulini ed in seguito ferriere e gualchiere, si prestava ottimamente all'esercizio dell'attività commerciale, con rilevante profitto economico per il feudatario, attraverso l'esazione dei diritto di passo e di 'piazza" su tutte le merci in transito o vendute al mercato. Per tutti questi fattori rapido e notevole fu lo sviluppo di Atripalda tra l’XI ed il XIV secolo. Che le attività mercantili vi fossero fiorenti vi è varia testimonianza nei documenti, e che il mercato di Atripalda fosse frequentato ed accorsato, costituendo un sicuro punto di riferimento per tutti i paesi vicini, risulta già da un documento del 1272. Nel 1315, poi, Roberto d'Angiò concesse agli atripaldesi di tenere una fiera annuale di cinque giorni, a partire dal I maggio, ma si trattò in realtà della conferma ufficiale di una tradizione già da tempo praticata, come specifica lo stesso privilegio del sovrano angioino. 8 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Le vicende medievali videro il potenziamento del nuovo insediamento che proseguì anche e soprattutto dopo il 1564, quando si insediò il dominio della famiglia napoletana dei Caracciolo. La nostra cittadina attraversava un periodo florido che subì una brusca diminuzione intorno agli inizi del ‘600, periodo in cui Avellino ed il suo castello ristrutturato divennero la nuova residenza dei Caracciolo, che continuarono, comunque, a frequentare Atripalda. Ma si sa, quando i soldi cominciano ad affluire copiosi, gli equilibri in campo tendono inesorabilmente a mutare; ed é appunto quello che accadde ad Atripalda. Napoli viveva del grano proveniente dalla Puglia che sostava nelle dogane di Atripalda e Avellino: la tassa che si versava al signore di Atripalda consisteva nella "scopatura" dei cerali caduti durante le operazioni di peso. In seguito l’esazione divenne più ingente: la giummella era quanto entrava nella conca di due mani unite. Ma la Dogana di Avellino pesava maggiormente su ogni carico, per cui i Caracciolo decisero, onde far confluire in Avellino la quantità maggiore di grano, di chiudere la Dogana di Atripalda6, riservandole solo il giorno del giovedì. Dalla vertenza che ne nacque ne uscì sconfitta la stessa Atripalda e gli atripaldesi, che furono costretti ad assistere, impotenti, alla drastica diminuzione dei propri affari e dei transiti commerciali sul proprio territorio. Fu questo, con tutta probabilità, il momento in cui iniziò la rinascita di Avellino, a scapito di Atripalda e del suo grano. Nonostante ciò il ‘600 ed il ‘700 videro, sostanzialmente, il perpetuarsi, a livello economico, della situazione cinquecentesca, puntando, in maniera più massiccia, sui settori manufatturieri e commerciale. L’arte della Lana occupò la maggior parte della popolazione atripaldese fino alla fine del 1700, quando le idee illuministiche scatenarono gli istinti rivoluzionari. La libertà dalla monarchia era l’imperativo universale e’ l’abolizione della feudalità, fu la naturale conclusione di tale fenomeno. Tralasciamo le vicende post-unitarie per concentrarci su quello che fu lo sviluppo di Atripalda sin dalla sua fondazione o meglio dal suo allontanamento dall’Abellinum romana, interamente contenuta in territorio atripaldese (nell’area detta la Civita). Gli studi che ci accingiamo a presentare scaturiscono da ricerche documentarie confrontate con la lettura del territorio, della sua urbanistica, di quanto rimasto in piedi, delle tecniche murarie visibili, ma anche, 6 Va riportato un dato importantissimo: alcuni storici nel descrivere Atripalda, parlano di una città con case…dogane; quindi più di una dogana esisteva in Atripalda almeno in epoca moderna. Questo é confermato dalla cartografia ottocentesca nella quale si evidenzia una Dogana, dove attualmente esiste lo spartitraffico alberato nei pressi della Chiesa dell’Annunziata. Se si fa attenzione, si intravede una struttura rettangolare, con una scritta sul fianco: Dogana. Ora questa dogana non é quella che vediamo attualmente nella Piazza Umberto che é quindi una nuova, edificata in periodo neoclassico. 9 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA ovviamente di nostre ipotesi e proposte, che tenderanno ad individuare il profilo e l’entità degli accrescimenti urbani nelle varie epoche. 10 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA INQUADRAMENTO TERRITORIALE Viabilità, fattori causali del primo impianto urbanistico, tipo urbanistico L’Irpinia, fin dalle epoche più antiche, è stata meta o luogo di passaggio di rotte che interessavano tutta l’Italia centromeridionale. Nei tempi più antichi capanne e gruppi di capanne si sparpagliavano, nella vastità del territorio irpino, tendendo a raggrupparsi dove sorgevano determinate condizioni e comuni interessi di vita. Nei villaggi, i nuclei di capanne, corrispondevano a raggruppamenti familiari piuttosto autonomi fra di loro, divisi da ampi spazi liberi e dalla totale assenza di un tracciato viario ben definito. Soprattutto in epoca sannitica tali insediamenti di tipo paganico (pagus = insieme di villaggi) erano distretti rurali in cui accanto all’agricoltura si praticava la pastorizia e la transumanza. Tali villaggi il più delle volte erano situati su delle alture posti in luoghi intermedi su lunghe distanze, nei punti in cui era anche possibile l’attraversamento di un fiume, venendo a costituire luoghi stabili di riferimento per il transito e la sosta. Un epoca romana alcuni di questi villaggi si svilupparono ulteriormente e furono regolati dalle infrastrutture tipiche del periodo romano. La collina della Civita di Atripalda, l’area su cui si installerà la colonia romana di Abellinum, dal cui spopolamento di fatto si originerà l’odierna Atripalda, presenta tutti i caratteri morfologici e geografici favorevoli alla creazione di traffici, commerci e quindi di città. Il territorio che in età storica apparteneva ad Abellinum coincideva presumibilmente con l’Alta Valle del Sabato, cioè, con l’area che gravita dal punto di vista economico nella conca al cui centro è la Civita di Atripalda, che ha costituito dalle sue deduzioni coloniali, sino al X secolo d.c. quando furono fondati i centri a corona della odierna Avellino, l’unico centro urbano di questo territorio. La valle che porta il nome del fiume Sabato fu una grande via di penetrazione tra il Beneventano e la regione Salernitana nel periodo sannitico, non meno che in quello romano, medievale e moderno. La percorrenza di questa via nella età romana è documentata dagli “Itinerari” quali la Tabula Peutingeriana e l’Anonimo Ravennate. La strada, detta Antiqua Maiore, era il raccordo tra l’Appia e la CapuaRhegium che, partendo da Benevento, per il tramite di Abellinum, giungeva a Salerno attraverso però la Valle dell’Irno. Un’altra strada, la via Campanina, partiva proprio da Abellinum, e conduceva per un tratto verso il valico di Monteforte e per un altro, quello più importante verso Mercogliano, Summonte, Pietrastornina, passando sotto il Monte Partenio ed innestandosi sulla via Appia. In prosecuzione della via Campanina, nel luogo in cui questa si incrociava con la Antiqua Maiore in prossimità delle murazioni di Abellinum, c’era una strada che discendeva verso Est, per MonteAperto raggiungendo la valle del Medio Calore,dove sboccava sull’Appia ad Aeclanum. 11 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Un’altra strada, la più breve e la meno importante che partiva da Abellinum, rimasta probabilmente una mulattiera, raggiungeva Nola, collegandosi anche con Sololfra, Montoro e Serino. Ultima strada di una certa importanza che partiva da Abellinum è quella che metteva in comunicazione la Civita con Serpico e Montella e quindi con la zona dell’Alto Calore. E’ evidente la posizione strategica di snodo stradale fondamentale per i traffici ed i commerci che assumeva la colonia romana . In epoca longobarda, le grandi strade ricalcavano la rete viaria romana, che non aveva subito grossi mutamenti, eccezione per le necessarie varianti, affinchè ci si potesse adeguare alla mutata distribuzione degli insediamenti. La torre di guardia, sorta in epoca longobarda, posta sul colle dove sorgeva il Tempio di Giove, al di sopra del rinascimentale Palazzo Ducale, aveva funzione di controllo dell’importante snodo stradale che comunque persisteva nei pressi della Civita, oltre che di controllo dei guadi che interessavano il fiume Sabato. Il primo raggruppamento di case, sorte nell’attuale zona di Capo La torre, probabilmente coevo all’ultimo periodo delle città di Abellinum era in stretta relazione all’uso agricolo del territorio, ma diventò un piccolo borgo murato successivamente, con le invasioni barbariche. Il nucleo urbano dell’attuale Atripalda, rispetto ai tanti centri originatisi dallo spopolamento di Abellinum, non aveva una spiccata conformazione difensiva, arroccata su di un colle, del resto la presenza della Cripta paleocristiana e della basilica favorirono naturalmente l’addensarsi di nuove case, dopo l’anno mille. Solo in questa fase di espansione urbanistica è possibile anche individuare una matrice tipologica di impianto urbano, secondo le definizioni date dai più eminenti studiosi in materia. Lo schema di matrice urbanistica che si può ipotizzare relativamente all’impianto urbano aggregatosi all’interno del triangolo oggi definito dalle Chiesa di sant’Ippolisto, dell’Annunziata e di Santa Maria delle Grazie, risulta assimilabile al tipo a Scacchiera così come definito dal Piccinato7 o a direzioni ortogonali orientate nella definizione del Lugli.8 7 8 Luigi Piccinato, Urbanistica medievale; Bari 1971 PierMaria Lugli, Storia e cultura della Città Italiana, Bari 1967 12 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA LA CARTOGRAFIA STORICA Lo sviluppo urbano di Atripalda inizia dalla fuga dall’Abellinum romana, quando gli Avellinesi si ritirarono ai piedi della Torre edificata da Paldo, originando il primo insediamento della nuova Tripalda sulla riva destra del fiume. Nell’arco di pochi decenni la zona assistette ad una edificazione costante e massiccia che si concentrò nella zona dello Specus Martirum. Il triangolo si chiudeva con la chiesa dell’Annunziata e quella di Santa Maria delle Grazie, all’interno del quale si originò uno fra i primi settori urbani della Tripalda medievale. Nel corso dei secoli lo sviluppo urbano condusse all’edificazione dell’intera area attualmente individuata, dal Piano Regolatore Generale, come Centro Storico. Alla luce delle cartografie ottocentesche, confrontandole con una aerofotogrammetria contemporanea, si riscontra una somiglianza forte in alcuni settori urbani, mentre altre zone, edificate già in epoca ottocentesca, sono ora fuori dal centro storico, in quanto soggette ad interventi di ricostruzione urbana, che hanno reso quegli immobili privi di qualsiasi connotato storico-artistico. Con le cartografie allegate si definisce una ipotesi circa lo sviluppo urbano di Atripalda, attenendosi, alle poche fonti documentarie esistenti e alle ancora minori cartografie recuperate. Nelle Tavole del Piano del Colore TAV. 6 TAV. 7 STRATIFICAZIONE URBANISTICA. Documentazione fotografica DOCUMENTAZIONE ICONOGRAFICA ED ESPANSIONE DELL’EDIFICATO Vengono evidenziate e confrontate le cartografie storiche che si sono reperite , in particolare riportando sull’attuale aerofotogrammetria la espansione dell’abitatto di atripalda nel 1866 e nel 1958. Importante è la tav. 6 dove viene evidenziata per epoche storiche la successione della stratificazione urbanistica.- 13 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Lo sviluppo urbano di Atripalda inizia con l’area del primo insediamento in Tripalda, intorno al Mille, quando cioè, si assistette alla fuga da Abellinum. In questa zona vi era, probabilmente, la Torre di Paldo, attualmente scomparsa. Ovviamente non siamo in grado di definire la posizione delle prime abitazioni ma é possibile indicare almeno l’area, in quanto ancora oggi questo luogo si ricorda come Capo la Torre. La fase successiva vide lo sviluppo più rapido di Tripalda, alimentato dalla presenza di Truppoaldo Racco, che occupò il castello sul monte, edificato dai conti longobardi di Avellino9, in seguito abbandonato; si saldarono alcune cortine edilizie, in quanto vi fu un notevole afflusso in quei luoghi che corrispose ad un netto incremento nelle costruzioni. Grazie a Truppoaldo si intervenne nella creazione di un borgo murato intorno alla chiesa di Sant'Ippolisto, incentivando in varie forme lo stabilirsi ed il concentrarsi degli abitanti dei dintorni del nuovo centro. Lo sviluppo urbano si concentrò in questa area a forma di triangolo, intorno alla quale si assisterà, successivamente ad una fitta aggregazione in periodo basso medievale. Questo stato di cose perdurò fino al Secolo XIV per poi accelerare nuovamente sotto la spinta economica che Atripalda ha sempre mostrato. Il secolo XVII vide una sensibile flessione dalla quale, il febbrile centro economico riuscì a riprendersi soprattutto grazie alla capacità dei propri abitanti dediti alle attività manufatturiere ed al commercio. Al seicento sono databili alcune strutture di Atripalda; questa considerazione ci induce a pensare che intorno a questi nuclei vi sia stato un incremento edilizio abbastanza consistente. Sino alla fine dei '700 il nucleo urbano di Atripalda era ancora chiuso da mura, nelle quali si aprivano cinque porte: Porta di Susa alli Fossi; Porta del Seggio; Porta di Capo la Torre; Porta di Santa Maria delle Grazie e Porta della Piazza.Le poche informazioni esistenti non ci consentono di essere più precisi, soprattutto in relazione alla fase successiva; infatti, la prima cartografia storica é della metà dell’800, quando si incontra la situazione di seguito illustrata. 9 I longobardi erano soliti stanziarsi a breve distanza dal centro abitato, cosa che si verificherà anche per Tripalda, con l’edificazione del castello sulla sommità del monte, dove si narra dell’esistenza di un tempio vocato a Diana. 14 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Tavola Ottocentesca (1866) 15 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Non é possibile definire quanto sia stato conservato della Tripalda Medievale; con tutta probabilità le vecchie abitazioni, di ridotte dimensioni vennero sostituite, in epoca rinascimentale, da palazzi o edifici di maggiori dimensioni, vicini, probabilmente, nella volumetria a ciò che é riportato nella cartografia ottocentesca. Questa cartografia illustra la situazione di Atripalda alla metà del secolo XIX; si nota il denso abitato della riva destra del fiume sabato, centrato intorno alla Chiesa di Sant’Ippolisto, molto edificata anche la zona della Chiesa dell’Annunziata e di Santa Maria delle Grazie dove si aprono le piazze della cittadina. Fra i settori urbani si nota quello a confine con il fiume Sabato, di forma trapezioidale, mentre più incerta e meno edificata appare la zona a confine con questo ultimo aggregato urbano. Interessante la presenza della Dogana stretta fra cortine murarie che ancora oggi esistono. Attraversando il fiume si giunge nel Largo Mercato, dove la vasta piazza prospetta sul fiume stesso. Una cortina edilizia la chiude ad Ovest mentre strutture di buone dimensioni circondano il Largo, da cui dipartono varie arterie. La cittadina é tutta qui, al di fuori di questi limiti esiste la campagna, per cui é possibile ipotizzare un nucleo centrale, sito del primo insediamento, non molto grande, raccolto intorno allo Specus, con case rade disposte in maniera non ordinata. 16 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Regolamento Edilizio (1958) Con questa cartografia si giunge molto vicini ai tempi nostri; siamo a metà del secolo scorso, e la situazione urbana, lo sviluppo di Atripalda sembra aver raggiunto una forma molto vicina all’attuale. La riva sinistra del fiume é stata fittamente edificata: il Largo Mercato é divenuto una piazza, ben definita dalla cortina edificata sul fiume Sabato, il complesso lungo via Roma. Il lato sud-est appare non continuo, come oggi, e si nota anche l’area dove attualmente insiste la biblioteca comunale e la villa. Ben evidente il taglio di via del Carmine con la Dogana che affaccia direttamente sulla piazza. Dietro la dogana stessa si apre uno slargo, Piazza Sparavigna appunto, con la cortina edilizia di cui sopravvive uno splendido edificio. Valicando il fiume si ritrova la situazione della cartografia precedente, con il primo settore trapezioidale, il compatto nucleo intorno alle tre chiese principali, tutto appare immutato anche se sembra non esserci più la dogana sita nelle vicinanze della chiesa dell’Annunziata. 17 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Aerofotogrammetria (1974) La cartografia riportata illustra la situazione di Atripalda ai giorni nostri. Il centro storico appare delimitato più in relazione a quanto conservato che in base a quello che era un tempo il centro storico della cittadina: infatti un grosso settore urbano nella zona ovest, nelle adiacenze del fiume Sabato risulta esterno alla delimitazione operata nel P.R.G. del comune. Questa scelta é apparsa logica se si va ad analizzare il tessuto urbano di quel settore, realmente stravolto e ricostruito. La delimitazione ingloba tutte le aree che erano state individuate in epoca ottocentesca; ovviamente gli interventi post-sisma del’80 hanno mutato, in alcuni casi più a fondo, l’aspetto della cittadina, ma la 18 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA zona centrale, il sito del primo insediamento può dirsi preservato, almeno nell’impianto urbano e nella rete cinematica. La Dogana é scomparsa, la facciata della Chiesa dell’Annunziata ha subito un intervento in facciata, la sede dell’attuale Municipio, exmonastero dei Padri Domenicani, occupa un’ala dell’imponente edificio10, ristrutturato ma preservato nei volumi interni, la pavimentazione é quasi ovunque in asfalto con brevi zone in porfido11, una chiesa materna occupa una vasta area a confine con la zona centrale, alle spalle della Chiesa di Sant’Ippolisto, mentre appare del tutto isolato il Palazzo Caracciolo, lasciato a se stesso, di proprietà privata, invaso da erbe ed arbusti. Del fiume Sabato solo un breve tratto rientra nel centro storico e, per la precisione, proprio nella zona racchiusa fra due scavalcamenti, in relazione alla cortina edilizia sorta sul limite del fiume e che oggi rappresenta uno dei punti più interessanti, meglio conservati12 e qualitativamente più pregevoli di Atripalda. 10 L’edificio, in origine era su tre livelli, dei quali dopo il sisma del’80 rimane solo il piano terra; l’unica ala che ha conservato i tre livelli é la principale, quella che dà sullo slargo antistante, ancora su tre livelli, occupati dagli uffici comunali. 11 L’area centrale, quella intorno le tre chiese principali, vede la presenza di pavimentazione in blocchetti di porfido, come meglio illustrato nella descrizione del centro storico, inserita all’interno del Programma di Valorizzazione, ma visibile nelle fotografie allegate a questo lavoro. 12 Ad onor del vero va detto che alcuni elementi della cortina sul fiume hanno subito interventi di ristrutturazione; le facciate sono state, però, sempre conservate. All’attualità lavori di restauro sono in atto nell’ultimo edificio, quello all’incrocio fra Piazza Umberto I e via Gramsci. 19 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA CONFRONTO CARTOGRAFICO (Analogie e Differenze) La Carta del 1866-la Planimetria del 1958-la Perimetrazione dell’attuale Centro Storico Questo studio riassuntivo (vedi schede fotografiche in appendice a questa relazione) ci consente di individuare ciò che é stato preservato durante i vari secoli; il confronto fra le tre cartografie disponibili, ci offrirà una visione dello sviluppo dell’abitato, anche se ristretto agli ultimi due secoli. Saranno evidenziate le reti cinematiche comuni, la sopravvivenza, almeno nella forma dei tessuti urbani, in alcuni casi si individueranno gli stessi edifici; sarà così, possibile controllare quanto nel tempo é stato demolito, sostituito, preservato. Partendo dalla rete cinematica individuiamo i tratti che riconosciamo comuni nelle tre cartografie – ovviamente con differenti rese grafiche. Come per gli studi precedenti dividiamo in due l’abitato di Atripalda: la riva destra, area del primo insediamento; la riva sinistra su cui si svolgevano le funzioni commerciali, grazie alla presenza del Largo Mercato. Avviamo la nostra analisi proprio da questa zona: Il tratto 1-1 – é praticamente immutato in tutte e tre le cartografie e facilmente riconoscibile; lo sviluppo urbano tra il 1866 e il 1958 sembra arrestarsi, anzi appare qualche edificio in meno nella cartografia successiva. All’attualità le cortine lungo la strada appaiono più compatte, ma con soluzione di continuità; l’area ha quindi subito nei 50 anni, circa dall’ultima cartografia un insediamento di modesta entità. Il tratto 1-2 –è, praticamente, il prolungamento del tratto 1-1; non appare nella cartografia ottocentesca né in quella del secolo scorso. In tutte e due le planimetrie, sulla via vede prospetta una cortina compatta che nella seconda carta vede la presenza del complesso dogana piazza Sparavigna – cortina edilizia retrostante. Questo tratto é meglio definito nell’aerofotogrammetria contemporanea. Lo slargo della “piazza Mercato” é simile nelle due carte “storiche”; i profili sono praticamente gli stessi: la piazza é aperta, senza pareti che la chiudano, il lato sul fiume Sabato appare, nella prima carta non edificato a differenza di quanto si legge nella seconda cartografia. All’attualità la piazza é stata oggetto di intervento di riprogettazione. Sul Largo Mercato si apre il tratto 1-3, ben visibile in tutte le cartografie, con i profili degli abitati che sono rimasti intatti; la rappresentazione novecentesca mostra un maggiore edificato sulla parte destra della strada che corrisponde a quanto evidenziato dal rilevamento di epoca contemporanea, dove permane il segno del tracciato viario. 20 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Anche il tratto 1-4, non ha subito grandi variazioni ed appare simile nelle due rappresentazioni di epoca precedente; la situazione attuale non si allontana molto, in quanto la via non ha subito un massiccio sviluppo urbano. Prima di ultimare la descrizione relativa alla rete cinematica nell’area del Mercato si vuole attirare l’attenzione sulla cartografia ottocentesca, dove appare, tratteggiato, un percorso che avrebbe dovuto unire il tratto 1-1, con il tratto 1-4, come appare oggi. Analizzando l’edificato di Atripalda, sempre nella riva sinistra del fiume Sabato notiamo due cambiamenti fra la planimetria ottocentesca e quella del secolo successivo: ci si rivolge all’area di Piazza Sparavigna, totalmente inesistente nella prima carta, e alla cortina sul fiume Sabato, anche questa non rilevata nella prima rappresentazione. In tutte e due i casi lo sviluppo urbano sembra completare le due aree, che apparivano non funzionali: la cortina sul fiume funge da proscenio per la Piazza Umberto I e piazza Sparavigna, con la cortina edilizia retrostante– della quale resiste solo un palazzo ed una serie di riedificazioni – crea la possibilità di un cannocchiale, un percorso ideale Piazza Umberto I – Dogana – Piazza Sparavigna – Cortina Edilizia. Se si osserva, infatti, nel prospetto posteriore della Dogana dei Grani, si apre una vasta apertura, direttamente collegata all’ingresso su Piazza Umberto I, quasi due lenti attraverso le quali guardare le due Piazze. Il Cinema Ideal ed un edificio di cinque piani chiudono la piazza Umberto I, per il resto, a parte le sostituzioni edilizie e le nuove fabbriche costruite, soprattutto all’interno dei settori urbani, la situazione non é mutata eccessivamente. Giova elencare – in quanto oggetto di Catalogo apposito – la presenza di emergenze storico-artistiche nell’area di riferimento: • la citata Dogana, in stile neoclassico; • Piazza Sparavigna con l’edificio superstite; • il Cinema Ideal, che può essere inserito fra i beni di pregio, in quanto testimone di un periodo fondamentale per l’architettura italiana; • il monumento ai caduti, sito in Piazza Umberto I; • la villa comunale; • la cortina lungo il fiume Sabato, pregiata scenografia della Piazza. Passando ad analizzare la riva destra del fiume Sabato ci si imbatte in un dedalo di vie e viuzze su cui prospettano, spesso, palazzi di altezza notevole. Questo dipende dalle ricostruzioni praticate nei secoli, che hanno sostituito le prime abitazioni, di modesta dimensione, con palazziate, oggetto di ulteriori interventi in epoche a noi più vicine. La rete cinematica si fa, di colpo, più fitta e caotica, le anguste stradine a stento riescono a contenere le auto che vi transitano, le piazze i 21 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA sagrati spesso risultano invasi da autoveicoli che impediscono la fruizione, anche solo ottica della zona con i suoi pezzi più pregiati. I tratti 2-1, 2-2 e 2-3 sono evidenti in tutte e tre le cartografie e sembrano aver mutato poco nella forma – se si fa attenzione al palazzo lungo il tratto 2-1, si ritrova lo stesso profilo. Molto diversa é l’area su cui ritroviamo il tratto 2-2 in quanto nella prima cartografia appare una piazza nella seconda l’area é edificata, come é possibile vedere anche oggi. Anche i tratti 2-4 e 2-5 non hanno subito modifiche sostanziali, se si fa eccezione per l’area all’incrocio fra i tratti 2-4 e 2-3 che nella carta ottocentesca é una piazza più larga di quanto appaia nella carta successiva. Riconoscile l’intera area racchiusa fra i tratti 2-6, 2-7 3-3 e 3-4, che a parte le diversità di rappresentazione grafica presentano gli stessi andamenti e, in linea di massima gli stessi slarghi. Stesso discorso per il settore fra i tratti 2-8, 2-9, 3-0, 3-1, 3-2 e 3-3, in quanto fra le due cartografie “storiche” non esistono sostanziali differenze – anche perché risulta difficile la lettura – mentre se le si confronta con quella contemporanea si nota immediatamente la mancanza dell’edificio della dogana, al cui posto esiste uno spartitraffico alberato. Molto più complessa é l’interpretazione delle aree ad ovest, dietro il Municipio, per intenderci, e a nord est, dove é quasi impossibile leggere con chiarezza i tracciati viari; se si confrontano queste due carte con l’ultima si evidenziano alcune differenze sostanziali, soprattutto nell’edificato. Una scuola sorge nelle vicinanze della chiesa di S.Maria delle Grazie, ulteriori corpi di fabbrica si riconoscono nella zona alta di Atripalda, intuibili nella cartografia di metà ‘900. Per il resto, le cose sembrano essere rimaste simili, con alcuni palazzi, che conservano gli stessi profili evidenti nella cartografia di riferimento. E’ proprio in questa area, nella riva destra del Sabato che si sono concentrate le fabbriche di maggiore importanza: • Palazzo Caracciolo di epoca rinascimentale, ancora integro, ma bisognoso di restauri; • la dogana, oramai scomparsa; la chiesa di Sant’Ippolisto, con la Cripta ed il Campanile; • la chiesa dell’Annunziata; • la chiesa di S.Maria delle Grazie; • il Municipio, ex monastero dei padri Domenicani; • il Palazzo su via Belli, di epoca barocca; • il Palazzo di proprietà della famiglia Di Paolo, del XVIII secolo, ancora in ottime condizione, grazie alla cura dei proprietari;; • Palazzo Di Rito di epoca barocca, una delle perle di Atripalda. 22 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA Atripalda conserva altre ricchezze, sia di natura archeologica sia ecclesiastica sia edilizia; si rimanda, pertanto, per una loro maggiore comprensione allo studio del Catalogo dei Beni Architettonici. IL PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO Alquanto cospicuo era, sino al 23 novembre 1980, il patrimonio storicoartistico di Atripalda, nonostante il degrado e l'abbandono in cui in genere versava. Pesantissimo è però stato il bilancio del sisma, e perduto del tutto è l'intero quartiere di Capo La Torre, dalla caratteristica struttura urbanistica medioevale. Interamente nell’ambìto del comune di Atripalda ricade l'area della cosiddetta "Civita", cioè dell'antica Abellinum, che occupa il vasto piano tufaceo che si stende dalle rampe di San Pasquale verso Pianodardine e Borgo Ferrovia, venendo delimitato da via Roma, via Manfredi, via, Ferrovia e dal torrente Rigatore. Nonostante la vastità e l'importanza di questa area archeologica, solo da pochi anni sono iniziati scavi regolari, volti a mettere finalmente in luce l'antica città. Dopo innumerevoli rinvenimenti occasionali, la Civita fu in pieno rivelata nel 1962-63 in occasione della costruzione dei raccordo auto- stradale tra la Napoli-Bari e l'Avellino-Salerno. I lavori, che tagliarono il centro abitato romano nel lato nord del perimetro urbano, portarono alla luce un cospicuo e ben conservato edificio pubblico di vaste dimensioni, nel quale fu rinvenuto uno splendido mosaico di età imperiale, oggi conservato presso il Museo Irpino. Nel 1967-68 scavi regolari vennero condotti nella cupa della Maddalena, nell'area della necropoli extraurbana, nel corso dei quali vennero scoperti alcuni mausolei funerari ed alcuni edifici attigui di culto. Integre si conservano invece le imponenti mura urbiche di Abellinum sul lato sud-est della cupa della Maddalena. Cospicui sono stati i risultati di tali indagini, tra cui ricordiamo la scoperta della più antica cerchia murata della città e di una villa patrizia di età repubblicana. Strettamente legato alle vicende di Abellinum è anche lo 'Specus Martyrum", cioè la cripta in cui vennero sepolti i martiri cristiani della città romana. Assai rimaneggiato attraverso i secoli, lo "Specus" costituisce oggi la cripta della chiesa collegiata di Sant'Ippolisto. Ha invece retto bene l'imponente edificio settecentesco, in caratteristico stile conventuale, del monastero femminile di Santa Maria della Purità, di recente restaurato nel rispetto delle linee originarie. Fondato nel suo palazzo nel 1660 dalla nobile Delia Laurenzano, il pio istituto si trasferì nella sede attuale nei primi decenni del '700. A parte queste emergenze architettoniche, anch'esse così gravemente colpite dal sisma, l'intero centro antico di Atripalda, dalla caratteristica struttura urbanistica medioevale, è da considerarsi perduto. Sino alla fine dei '700 esso era ancora chiuso da mura, nelle quali si aprivano cinque porte: Porta di Susa alli Fossi; Porta del Seggio; Porta di Capo la Torre; Porta di Santa Maria delle Grazie e Porta 23 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA della Piazza. Numerose erano pure le steli e le epigrafi romane visibili nelle vie della vecchia Atripalda; travolte dalla rovina degli edifici in cui erano murate, queste preziose testimonianze sono ora in massima parte conservate presso il Museo Irpino, dove è pure pervenuta la lapide seicentesca che ricordava il soggiorno di Giovanna II d'Angiò nel distrutto palazzo dei baroni Simeoni. Abbandonato quindi per sempre il vecchio castello, nella seconda metà del secolo XVI i Caracciolo edificarono, ai piedi della collina, un nuovo ed imponente palazzo. L'edificio, ancora integro nella purezza della sua severa linea tardo-rinascimentale, è a pianta rettangolare e si sviluppa su due piani, venendo segnato al piano superiore da un maestoso ordine di grandi balconate. Successivamente, all'originaria ala cinquecentesca ne fu aggiunta un'altra, sviluppantesi longitudinariamente alla prima. In quello stesso periodo (1885) fu edificato il nuovo edificio della Dogana, che nella sua imponenza personifica assai efficacemente i traguardi e le ambizioni dell'economia di Atripalda in quel periodo. All'interno dell'edificio è di particolare rilievo la grande sala centrale a padiglione, sorretta da una splendida struttura lignea di eccezionale ardimento e suggestione, meritevole di ben altra utilizzazione di quelle più recenti. Pur avendo fatto registrare in conseguenza del sisma il crollo parziale della parte posteriore dell'edificio, la Dogana è attualmente in corso di restauro ad opera della Sovrintendenza ai monumenti. Proseguendo da piazza Umberto I ed imboccando via Roma si incontra sulla destra la chiesa di Santa Maria del Carmelo, detta popolarmente del Carmine. La chiesa nella sua struttura odierna risale al 1735 e conserva all'interno una buona statua della Vergine (1739) e, sul soffitto, un quadro ligneo raffigurante l'incoronazione della Madonna del Carmelo. Il terremoto, pur provocando il crollo del campanile e danni alla facciata, ha fortunatamente risparmiato l'interno della chiesa. Poco oltre, la chiesa ad una navata di San Nicola da Tolentino ha invece subito danni difficilmente riparabili. Dell'annesso ex convento agostiniano da tempo non avanzano quasi più tracce. Degna di ricordo è infine la piccola chiesa della Maddalena, che dà il nome alla "cupa" adiacente, un tempo chiesa suburbana, eretta nella sua forma attuale nel 1635 sui ruderi delle mura di Abellinum. 24 di 27 Relazione storico-urbanistica Comune di Atripalda PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA BIBLIOGRAFIA In particolare su Atripalda Francesco Scandone: Chiesa di Atripalda in Avellino Feudale – Avellino 1946. Leonida Sansone : Le radici di Avellino ovvero cenni storici su Atripalda , Napoli 1971 Leopoldo Cassese, Spunti di storia di Atripalda (a cura di Pietro Laveglia). Atripalda, 1971 AA.VV. , “I comuni dell’Irpinia. Cenni sulla storia di Atripalda. Ed. Camera del Commercio. Avellino, 1982 Francesco Barra , Atripalda. Profilo storico. Atripalda, 1985 Mario De Cunzo, Vega De Martini: Le città nella storia d’Italia. Avellino. Bari 1985 Enrico Venezia: Atripalda. Vita contadina nella valle del Salzola, Atripalda 1986 Sabino Tomasetta: Manoscritto dell’Annunziata di Atripalda. 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