relazione storico-urbanistica

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Comune di Atripalda
PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
RELAZIONE STORICO-URBANISTICA
(Geografia, Toponomastica, Storia e Descrizione del Centro Abitato,
Schede delle emergenze architettoniche)
SOMMARIO
Geografia e Toponomastica
Lo Sviluppo Urbano di Atripalda
2
4
Viabilità, fattori causali del primo impianto urbanistico, tipo urbanistico
La Cartografia storica
Confronto cartografico (analogie e differenze)
Il patrimonio storico artistico
La Bibliografia
Documentazione fotografica.Ambientale Urbana
Documentazione fotografica storica
Documentazione Iconografica
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GEOGRAFIA e TOPONOMASTICA
La cittadina si caratterizza per la presenza del Fiume Sabato, che taglia in
due l’agglomerato urbano, ricevendo le acque del torrente Salzola,
in città, e del torrente Rigatore, poco fuori il centro abitato. La valle
del sabato ha costituito la via principale fra il Sannio e l’Irpinia,
permettendo un collegamento rapido con la Puglia.
Il fiume, oggi praticamente a secco, aveva ben altra portata in epoca
remota, permettendo l’irrigazione dei campi, la pesca e addirittura
l’alimentazione di mulini ed opifici.
Questa breve ma fondamentale introduzione spiega i motivi che indussero i
primi fondatori a costituire l’insediamento dell’Abellinum romana in
questa valle: la particolare posizione geografica, la ricchezza dei
suoli, la facilità nei collegamenti determinarono l’insediarsi delle
prime popolazioni, che fondarono la città che oggi insiste nella zona
definita “Civita”.
Prima della conquista romana la Valle del Sabato era abitata da
insediamenti sparsi legati alla lavorazione della terra per il proprio
sostentamento; con tutta probabilità gli Abellinates, abitanti di
Abellinum in età sannitica, appartenevano al gruppo degli Hirpini.
Fin dalla propria origina, la piccola cittadina si trovò a rivaleggiare con
Avellino, una delle principali Città degli Hirpini i quali, per resistere ai
continui attacchi di popoli invasori, costruì una fortezza, un Castello,
“ una torre di difesa.
La torre, detta di Paldo, dal nome del suo autore determinò, secondo
alcuni, il nome della città di Atripalda. Non é la prima volta che gli
antichi appellavano la torre col nome del suo autore: Torrecuso,
Torre del Greco.
I resti dell’antica Avellino, nobile ed antica città, si ritrovano in molte aree
della attuale Atripalda: numerosi marmi riportano nomi di romani
illustri, informazioni sulla vita sociale, sulle cariche pubbliche. Un
enorme bagaglio di informazioni é venuto alla luce a seguito di
lavori di scavo, molto ancora giace sotto metri di terra.
Avellino, di cui é difficile stabilire la data di fondazione, ebbe vita florida
per lungo tempo; la colonizzazione sillana determinò l’inglobamento
del preesistente centro irpino (edificato sui resti di insediamenti
preistorici) edificando la vera e propria Abellinum romana.
Attraversata da due strade maggiori, che la suddividevano in
quattro quadrati, aveva nella piazza del Foro il centro della vita
pubblica. Quattro porte sorgevano allo sbocco di queste strade, in
direzione Nuceria, Beneventum, la Campania e l’alta valle del
Calore.1
Il controllo di Teodorico (493-526) assicurò un lungo periodo di tranquillità,
interrotto dalla lunga e sanguinosa guerra con i bizantini; quando nel
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Francesco Barra-Atripalda Profilo storico-Edito a cura dell’Assesorato ai Beni Culturali di
Atripalda-1985
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570 il dominio bizantino fu travolto dall’invasione dei longobardi, la
città di Avellino versava in condizioni misere. La città era quasi
spopolata: gli abitanti avevano cominciato a ritirarsi alle falde della
Torre fabbricata dal Paldo, arricchendola di abitazioni e chiese.
Intorno all’anno Mille di Abellinum si era persa qualsiasi traccia, tanto
che le sue antichità vengono definite “veterales”, anticaglie.2 A
questo lento ma inesorabile abbandono fa seguito una edificazione
sempre più massiccia lungo la riva destra del fiume sabato, fuori dal
perimetro urbano dell’antica, vicina Abellinum.
Sulla cima della collina, al posto del tempio vocato a Diana sorge la chiesa
di San Pietro ed un castello; da qui si scende una “via publica” che
conduce alla chiesa di S. Ippolisto. E’ proprio intorno all’asse S.
Ippolisto-S.Maria (chiesa sita nelle vicinanze della chiesa di S.
Ippolisto) che si accorporerà la futura Atripalda.3 Sono molti gli
studiosi interessati a stabilire l’origine ed il significato dell’etimologia
di Atripalda (Bellabona, Giacinto de Roggiero, Barberio, Di Meo, De
Franchi, Pionati ed altri.
Il Di Meo ritiene che nell’anno 1060, l’esacco cittadino avellinese
Truppualdo, proprietario di alcune zone sulle rive del Sabato, vi fece
costruire alcune abitazioni e un poderoso castello, conosciuto poi
come castello Truppualdo. Secondo altri il nome discende da
trepalium, luogo dove si giustiziavano i rei; a sostegno di questa tesi
c’é chi vede nel simbolo del comune (un braccio armato del
flagellum) il ricordo di tale origine. Il frate Scipione Bellabona, nei suoi
Ragguagli, narra di un luogo paludoso, Atra Palude, nelle vicinanze
del fiume Sabato.4
Il P. Giordano, nel libro delle Croniche di Montevergine scrive che presso il
fiume Sabato, fu un tempio di Pallade, presso il quale si ritirarono gli
abitanti di Avellino a seguito dell’abbandono della propria città.
P. Franco, nel suo Avellino illustrato da Santi e Santuari, afferma che nel
monte detto Atrupaldo, vi era un monte detto Atrupaldo, sul quale si
ergeva un castello con tempio dedicato a Diana. L’ipotesi ultima,
forse quella più reale, viene riportata da P.Fr Casimiro di S.Maria
Maddalena Edito nel 1729 che riprende la versione citata in
precedenza e cioè quella del costruttore della Torre di Difesa, tale
Paldo, al quale sarebbe stata dedicata la torre attorno alla quale si
ritirarono gli avellinesi in fuga.
Come ben si intuisce non risulta ben chiara né la data di fondazione né
l’origine del toponimo; unica certezza é nella accresciuta
importanza di Atripalda come punto di passaggio per i traffici
commerciali.
2
E’ interessante notare che l’attuale Avellino non ha tracce di antichità, né di strutture atte alla
difesa, che si evidenziano nella antica Avellino; tutto ciò serve a motivare ancor meglio la tesi
per cui la nuova città capoluogo sorge in epoca medievale, in sito distante dal suo nucleo di
fondazione. I primi abitanti di Avellino, infatti, si ritirano nei pressi della Torre di Paldo, dando
origine ad Atripalda.
3
Francesco Barra op.cit.
4
Sabino Tomasetti-Manoscritto dell’Annunziata di Atripalda-La peste di Avellino Edizioni
Amodeo Avellino 1988
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LO SVILUPPO URBANO DI ATRIPALDA
(La Storia . Atripalda secondo gli studiosi)
Le vicende che hanno portato all’attuale aspetto di Atripalda trovano
origine in un epoca non ben definita a cavallo dell’anno mille,
quando gli abitanti dell’antica Abellinum, la abbandonarono in
massa per rifugiarsi nei pressi della Torre di difesa edificata da tale
Paldo, da cui trae origine una delle ipotesi sul nome di Atripalda.
Erano quelli tempi difficilissimi per l’attuale Avellino, che dopo un periodo di
crescita e pace sotto il controllo dei Goti, fu costretta a subire prima
il sanguinoso combattimento contro i Bizantini e poi il dominio dei
Longobardi. Abellinum era ridotta a poco più che un cumulo di
macerie disabitate da molti definita “veterales”, anticaglie. La
situazione era critica e gli abitanti dell’antica cittadina, da decenni
avevano iniziato ad abbandonare Abellinum, per “fondare” una
nuova città sulla riva destra del Fiume Sabato.
E’ appunto in questo sito che si deve individuare il primo insediamento di
Atripalda; come riporta IL LIBRO C “…qui sì che gli sgraziati Avellinesi
cominciarono ad abbandonare la disfatta città (Abellinum), e se
prima per le scorrerie de’ Barbari che l’infestavano, e di tanti Principi,
e potenti e nemici avevano cominciato a rendere più popolato il
Tripaldo, allora dell’intutto cominciarono a ritirarsi alle falde
dell’anzidetta Torre fabbricata da Paldo, arricchendola e di
abitazioni e chiese…”.
L’interpretazione di quanto riportato é abbastanza agevole: sui tratta di
una nuova cittadina che va via via formandosi, subentrando
all’antica Abellinum. La cosa da rimarcare é che questo nuovo
insediamento non mantiene il nome della città “di fuga”, quindi
Avellino, ma ne acquista uno nuovo, per l’appunto Tripaldo,
Atripalda. La motivazione giunge sempre dal LIBRO C “…né molto
per loro hanno di che gloriarsi i Signori Avellinesi per aver illustrato col
nome di Avellino la loro novella città; poiché come la Tripalda
aveva il proprio suo nome in tempi esisteva l’antico Avellino, non
dovea darsi briga d’altro nome…”.
La fierezza di questi abitanti si ritrova anche negli scritti di quanti hanno
trattato dell’origine e storia di Atripalda, rimarcando il fatto che
l’antica Avellino é in territorio di Atripalda, del tutto compresa nelle
sue terre; infatti la nuova Avellino, edificata distante dall’antico
nucleo di fondazione, non ha alcun sistema difensivo, né porte, sino
al secolo XVII, come indicato NEL LIBRO C. L’orgoglio degli scrittori
aumenta allorquando si tratta di identificare una data di fondazione
certa, che mancando nei riferimenti documentari, fa dire “..ed in
qualunque tempo vogliamo dire essere il presente edificato (attuale
Avellino), sempre sarà posteriore la sua edificazione a quella del
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Tripaldo, che come dicemmo fiorì ne’ tempo del primiero
Avellino…”.
Addirittura ci si é posti il problema dello Jus dell’antico Avellino, se alla terra
di Atripalda, o al nuovo Avellino; il concetto espresso é, per sommi
capi, questo: Atripalda nata come borgo di Abellinum, ha vissuto di
una vita modesta, all’ombra della città romana di maggiore
importanza, distante “..non altro che pochi tratti di pietra dalla
municipale città…”, pertanto i cittadini di Tripaldo erano “…veri
cittadini Avellinesi”. Inoltre non si può negare che “…la Tripalda5 siasi
resa più popolata dopo la distruzione dell’antica Avellino… sempre
sarà vero che gli antichi Avellinesi, distrutta la città, municipale,
calarono a rendere più popolata la Tripalda, e per la Religiosa pietà
verso il loro celebre Santuario, e pel comodo dell’acqua atta a tanti
edifici, che la nobilitarono”.
Le prime descrizione di Tripalda sono riportate sempre nel LIBRO C “…é poi
detta terra ragguardevole per la moltitudine de’ suoi edifici,
vedendosi in essa officine per ferro; per rame, per carta, valchiere,
purgatorj pe panni, molini, dogane, che formano la popolazione
agiata e comoda. Sono amenissime le sue campagne provvedute a
dovizia di tutte spezie di frutti i più vaghi…vi sono tre monasteri di
frati, cioè Domenicani, Agostiniani, e scalzi Alcantarini con un
Consevatorio di civilissime Vergini dell’ordine di S. Francesco, come
pure quantità di chiese, e fratrie di laici…”.
Nell’intento di dare una forma quando più esatta possibile, si riporta anche
lo Iannacchini, storico di fama che, parlando di Atripalda così si
esprime. “Al tempo dei Longobardi fu una comoda, poscia si venne
man mano accrescendo, aggrappandosi al monte (castello) come
a luogo più sicuro, quando Avellino restò vedovo di abitanti”.
Successivamente sorsero le prime torri e castelli, per volere dei duchi
e gastaldi, ed in questo ordine nasce la torre di Atripalda, a tronco
di cono, sorta sulla cima della collina, da dove era possibile
controllare l’alta valle del Sabato, abbracciando il Serionese, l’Alta
Irpinia, il Calore e l’odierno Avellino. In un secondo tempo, intorno
allo Specus Martirum si costituì il primo nucleo urbano diramandosi
successivamente in triangolo fra la chiesa di S. Maria delle Grazie e
dell’Annunziata, costituendo il primo tessuto medievale. Del castello
di Atripalda si hanno notizie intono al 1810 fu deciso il diroccamento,
da parte del re di Napoli Giacchino Murat, onde togliere ai banditi
un agevole riparo.
Il Giustininani in questi termini tratta di Atripalda nel suo Dizionario
Geografico-Ragionato del regno di Napoli: terra in Principato-ultra ,
in diocesi di Avellino… terra si vuole surta verso il 1060, trovandosene
memoria nelle carte di quei tempi, e che dapprima appellati si fosse
Truppualdo, poiché edificata nel fondo di un cittadino Avellinese per nome
Truppualdo Esacco …è facile dunque, che da Truppualdo
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E’ strano constatare che nell’arco di poche righe della stessa pagina, il nome si sia trasformato
da TripaldO in TripaldA.
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scambiato sì fosse in quello di Tripaldo e poi Atripalda -. Altri si
avvisano, che il nome di Tripalda fosse corrotto da Turris Baldi sulla
verisimilitudine che un certo Paldo, o Baldo ai tempi dè Longobardi
avesse fatta, una torre , o specula in difesa di Avellino, e che in quel
luogo appunto doversi tenere per certo essere stato l'antico
Abellinum.
Altri vogliono, che Atripalda fosse derivato il suo nome da Tripaldo, che era
un luogo, dove menavano i rei a morire , e per conseguenza proibito
a' preti di andarci, giusta il disposto di un concilio. Per ultimo c’è chi
dice, che venisse da Atrio di Palade o da Atra palude, ovvero dal
fiume chiamato Tripaldo. Ma non sono, affatto da seguirsi le stravolte
opinioni dei nostri scrittori, quando specialmente vi sono i monumenti
che additano la verità.
Nel 1132 era un piccolo vico, ed i sacramenti vi si portavano da Avellino,
ed in essa città si andavano a battezzare i bambini. Alessandro III
dopo il 1159 ordinò al capitolo avellinese, che essendo in Tripaldo
aumentata la popolazione vi avesse destinato un prete per
l’amministrazione dei sacramenti …Ella è situata in una pianura
confinante il suo territorio da oriente colla terra di Sanpotito, da
mezzodì con Cesinali , e Tavernola, di occidente con Avellino; e da
settentrione colla terrA di Montefridine. Per mezzo dello medesima vi
scorre il fiume Sabato , che viene dal bosco di Serino, ed ove si
vuole, che fosse statza l’antica Sabazia, onde Livio fa menzione dei
popoli Sabbatini. Il suo territorio è quasi tutto seminatorio, ma vi sono
vigneti , castagneti , e frutteti., e nel medesimo trovasi una cava di
pietre , che dà il marmo color giallo, e rosso…Vi sono la ferriera , la
ramiera, la cartiera, e la varchieria animate dalle acque del fiume
Sabato e perciò molto attive; e vi si fabbricano pannilani e chiodi… il
possessore di questa terra è D.Gio. Caracciolo principe di Avellino”.
Alla luce di quanto sopra, pur apprezzando l’impegno dei valentissimi
scrittori, poco é stato fatto o detto per chiarire l’urbanistica
dell’abitato; questo studio iniziale consente di avviare solo un’ipotesi
del tracciato della Tripalda Medievale, in quanto la scarsezza di
tavole cartografiche, le descrizioni spesso narrate, più poetiche che
descrittive, rende difficile un’individuazione certa, se non si vuol
forzare la mano giungendo a tesi non documentabili.
Unici due riferimenti cartografici sono due piante del secolo XIX dove,
ovviamente, l’impianto della città antica é totalmente
irriconoscibile, se non con grande sforzo, soprattutto integrando la
planimetria con le indicazione riferite dagli storici, che ci permettono
solo di identificare le aree dove si verificarono i primi insediamenti e
le prime urbanizzazioni. Poco si sa del reale numero di case
edificate, solo che crescevano rapidamente grazie all’afflusso
costante degli abitanti di Abellinum. Unico dato certo, riscontrabile
anche nelle carte ottocentesche é che la cittadina era sorta nella
zona destra del fiume Sabato, dove si concentra l’edificato,
lasciando nella zona sinistra l’area del mercato, oggi totalmente
urbanizzata.
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Riportiamo, per completezza di informazioni anche le importanti note di
Francesco Barra che così scrive di Atripalda :”Lungo la riva destra
del fiume, fuori di quello che era stato il perimetro urbano di
Abellinum, è però già possibile scorgere segni più intensi di vita e di
attività. Sulla cima della collina, che in epoca romana era stata
sede del tempio di Diana, sorgono ora la chiesa di San Pietro ed un
castello, eretto dai conti longobardi per il controllo delle vie che
dalla valle del Sabato si diramano verso la valle del Calore. Dal
castello scende una 'via publica", che raggiunge verso il fondovalle
l'antica chiesa paleocristiana di Sant'Ippolisto.
Non lontana da questa, a breve distanza dal Sabato, vi è poi la chiesa di
Santa Maria. Sempre scendendo a valle lungo la strada, si
raggiunge il fiume presso il mulino degli Archi, di proprietà dei conti
di Avellino, che hanno concesso alla chiesa di Santa Maria,
probabilmente da essi stessi fondata, il diritto di esigere la decima su
tutti i cereali sfa- rinati dal mulino.
Quest'ultimo, oltre a rilevanza economica, ha importanza strategica, in
quanto controlla il principale guado tra le due rive del Sabato. Il
nome di Archi veniva al mulino dai resti delle arcate dei poderoso
ponte-acquedotto romano che recava ad Abellinum le acque delle
sorgenti del Sabato. Semplici cappelle rurali sono poi quelle di
Sant'Angelo "de testa", di Santa Maria de Campora, di Sant'Andrea
e della Maddalena, mentre assai più importante è la chiesa di San
Nicola, edificata sui resti dell'antico tempio di Giove; risulta infatti da
un documento del 1289 che ad essa erano state concesse in epoca
imprecisata un suffeudo rustico ed i diritti di decima sui proventi del
bosco feudale, della bagliva, della "piazza" e dei terratico.
Il principale nucleo, intorno a cui di lì a poco si accorporerà la futura
Atripalda, è quello costituito dall'asse Sant'Ippolisto-Santa MariaArchi. Anche se per il momento non sussiste ancora alcuna
continuità edilizia tra questi tre elementi, è però significativo
l'accentrarsi in questa area, relativamente ristretta, di importanti
funzioni religiose, economiche e commerciali. La presenza del
mulino e del prossimo guado, presumibilmente assai frequentato,
configurano già, sia pure in germe, le spiccate vocazioni industriali e
commerciali di Atripalda, e neppure va trascurato il ruolo di
autorevole punto di riferimento, per tradizione religiosa e centralità
topografica, esercitato dalla chiesa di Sant'Ippolisto, sulla quale
occorre pertanto soffermarsi.
A testimonianza efficace dell'influsso esercitato dal valori spirituali anche
nelle epoche più oscure, pur dopo la scomparsa di Abellinum ed il
crollo dell'intera civiltà romana, la cripta dei martiri continuò ad
essere oggetto di costante e fervida devozione da parte delle
superstiti popolazioni e degli stessi longobardi, successivamente alla
loro conversione al cattolicesimo.
Quando, intorno al Mille, un fremito nuovo di vita ed un rinnovato fervore di
attività e di progresso percorsero ed animarono l'intera società
medioevale, ripercuotendosi anche sulle rive del Sabato, l'antica e
venerata chiesa di Sant'Ippolisto, sopravvissuta a tanto volgere di
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eventi, venne a costituire il naturale fulcro, ideale ed urbanistico, dei
nuovo centro che, raggruppando ed inglobando gli sparsi nuclei
esistenti ed attirando a sé nuovi gruppi di popolazione, cominciò a
svilupparsi sulla riva destra del Sabato, tra la collina dei castello ed il
mulino degli Archi.
A questo processo, indubbiamente lento e da tempo in atto,
un’accelerazione decisiva impresse Truppoaldo Racco, della
famiglia degli Adelferii, i conti longobardi di Avellino, che, negli anni
intorno al Mille, ereditò la parte orientale della contea, lungo la riva
destra del Sabato.
Il nuovo signore s'insediò nel castello sulla collina, che da lui venne
probabilmente potenziato e ristrutturato, e che di- venne il centro
dei suoi domini. Questo avvenimento segnò una svolta decisiva nella
storia di Atripalda, che appunto ora si accinge a nascere come
entità autonoma. E’ più che probabile, infatti, che Truppoaldo sia
intervenuto direttamente nella creazione di un borgo murato intorno
alla chiesa di Sant'Ippolisto, incentivando in varie forme lo stabilirsi
ed il concentrarsi degli abitanti dei dintorni nel nuovo centro, che, a
riprova dell'incisività e dell'efficacia dell'intervento effettuato dal
nobile longobardo, da lui trasse nome.
Va rilevato che la scelta di Truppoaldo non fu certamente casuale ed
occasionale, poiché la posizione del castello e dei nuovo centro
abitato, che controllava i guadi del fiume ed il sistema viario che
dall'alta valle del Sabato si irradiava verso Benevento e l'Alta Irpinia,
aveva rilevanza strategica notevolissima. Con felice intuizione, il
nuovo signore intese inoltre, attraverso la creazione del borgo,
valorizzare e sfruttare efficacemente le risorse naturali ed ambientali
che il luogo offriva.
Atripalda venne, in effetti, a giovarsi sin dalla sua fondazione di un
cospicuo complesso di fattori favorevoli alcuni congiunturali, altri
strutturali: presenza diretta del signore, che dall'alto dei suo castello
assicurava la sicurezza esterna e l'ordine interno; preesistenza in loco
di una sede di culto antica e prestigiosa come la chiesa di
Sant'Ippolisto; felicissima posizione naturale, infine, che, oltre a
permettere lo sfruttamento dell'energia idraulica per alimentare
mulini ed in seguito ferriere e gualchiere, si prestava ottimamente
all'esercizio dell'attività commerciale, con rilevante profitto
economico per il feudatario, attraverso l'esazione dei diritto di passo
e di 'piazza" su tutte le merci in transito o vendute al mercato.
Per tutti questi fattori rapido e notevole fu lo sviluppo di Atripalda tra l’XI ed
il XIV secolo. Che le attività mercantili vi fossero fiorenti vi è varia
testimonianza nei documenti, e che il mercato di Atripalda fosse
frequentato ed accorsato, costituendo un sicuro punto di riferimento
per tutti i paesi vicini, risulta già da un documento del 1272. Nel 1315,
poi, Roberto d'Angiò concesse agli atripaldesi di tenere una fiera
annuale di cinque giorni, a partire dal I maggio, ma si trattò in realtà
della conferma ufficiale di una tradizione già da tempo praticata,
come specifica lo stesso privilegio del sovrano angioino.
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Le vicende medievali videro il potenziamento del nuovo insediamento che
proseguì anche e soprattutto dopo il 1564, quando si insediò il
dominio della famiglia napoletana dei Caracciolo. La nostra
cittadina attraversava un periodo florido che subì una brusca
diminuzione intorno agli inizi del ‘600, periodo in cui Avellino ed il suo
castello ristrutturato divennero la nuova residenza dei Caracciolo,
che continuarono, comunque, a frequentare Atripalda. Ma si sa,
quando i soldi cominciano ad affluire copiosi, gli equilibri in campo
tendono inesorabilmente a mutare; ed é appunto quello che
accadde ad Atripalda.
Napoli viveva del grano proveniente dalla Puglia che sostava nelle
dogane di Atripalda e Avellino: la tassa che si versava al signore di
Atripalda consisteva nella "scopatura" dei cerali caduti durante le
operazioni di peso. In seguito l’esazione divenne più ingente: la
giummella era quanto entrava nella conca di due mani unite. Ma la
Dogana di Avellino pesava maggiormente su ogni carico, per cui i
Caracciolo decisero, onde far confluire in Avellino la quantità
maggiore di grano, di chiudere la Dogana di Atripalda6, riservandole
solo il giorno del giovedì.
Dalla vertenza che ne nacque ne uscì sconfitta la stessa Atripalda e gli
atripaldesi, che furono costretti ad assistere, impotenti, alla drastica
diminuzione dei propri affari e dei transiti commerciali sul proprio
territorio. Fu questo, con tutta probabilità, il momento in cui iniziò la
rinascita di Avellino, a scapito di Atripalda e del suo grano.
Nonostante ciò il ‘600 ed il ‘700 videro, sostanzialmente, il perpetuarsi, a
livello economico, della situazione cinquecentesca, puntando, in
maniera più massiccia, sui settori manufatturieri e commerciale.
L’arte della Lana occupò la maggior parte della popolazione
atripaldese fino alla fine del 1700, quando le idee illuministiche
scatenarono gli istinti rivoluzionari. La libertà dalla monarchia era
l’imperativo universale e’ l’abolizione della feudalità, fu la naturale
conclusione di tale fenomeno.
Tralasciamo le vicende post-unitarie per concentrarci su quello che fu lo
sviluppo di Atripalda sin dalla sua fondazione o meglio dal suo
allontanamento dall’Abellinum romana, interamente contenuta in
territorio atripaldese (nell’area detta la Civita). Gli studi che ci
accingiamo a presentare scaturiscono da ricerche documentarie
confrontate con la lettura del territorio, della sua urbanistica, di
quanto rimasto in piedi, delle tecniche murarie visibili, ma anche,
6
Va riportato un dato importantissimo: alcuni storici nel descrivere Atripalda, parlano di una
città con case…dogane; quindi più di una dogana esisteva in Atripalda almeno in epoca
moderna. Questo é confermato dalla cartografia ottocentesca nella quale si evidenzia una
Dogana, dove attualmente esiste lo spartitraffico alberato nei pressi della Chiesa
dell’Annunziata. Se si fa attenzione, si intravede una struttura rettangolare, con una scritta sul
fianco: Dogana.
Ora questa dogana non é quella che vediamo attualmente nella Piazza Umberto che é quindi una
nuova, edificata in periodo neoclassico.
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ovviamente di nostre ipotesi e proposte, che tenderanno ad
individuare il profilo e l’entità degli accrescimenti urbani nelle varie
epoche.
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INQUADRAMENTO TERRITORIALE
Viabilità, fattori causali del primo impianto urbanistico, tipo urbanistico
L’Irpinia, fin dalle epoche più antiche, è stata meta o luogo di passaggio di
rotte che interessavano tutta l’Italia centromeridionale. Nei tempi più
antichi capanne e gruppi di capanne si sparpagliavano, nella
vastità del territorio irpino, tendendo a raggrupparsi dove sorgevano
determinate condizioni e comuni interessi di vita.
Nei villaggi, i nuclei di capanne, corrispondevano a raggruppamenti
familiari piuttosto autonomi fra di loro, divisi da ampi spazi liberi e
dalla totale assenza di un tracciato viario ben definito.
Soprattutto in epoca sannitica tali insediamenti di tipo paganico (pagus =
insieme di villaggi) erano distretti rurali in cui accanto all’agricoltura
si praticava la pastorizia e la transumanza. Tali villaggi il più delle
volte erano situati su delle alture posti in luoghi intermedi su lunghe
distanze, nei punti in cui era anche possibile l’attraversamento di un
fiume, venendo a costituire luoghi stabili di riferimento per il transito e
la sosta.
Un epoca romana alcuni di questi villaggi si svilupparono ulteriormente e
furono regolati dalle infrastrutture tipiche del periodo romano.
La collina della Civita di Atripalda, l’area su cui si installerà la colonia
romana di Abellinum, dal cui spopolamento di fatto si originerà
l’odierna Atripalda, presenta tutti i caratteri morfologici e geografici
favorevoli alla creazione di traffici, commerci e quindi di città.
Il territorio che in età storica apparteneva ad Abellinum coincideva
presumibilmente con l’Alta Valle del Sabato, cioè, con l’area che
gravita dal punto di vista economico nella conca al cui centro è la
Civita di Atripalda, che ha costituito dalle sue deduzioni coloniali,
sino al X secolo d.c. quando furono fondati i centri a corona della
odierna Avellino, l’unico centro urbano di questo territorio.
La valle che porta il nome del fiume Sabato fu una grande via di
penetrazione tra il Beneventano e la regione Salernitana nel periodo
sannitico, non meno che in quello romano, medievale e moderno.
La percorrenza di questa via nella età romana è documentata dagli
“Itinerari” quali la Tabula Peutingeriana e l’Anonimo Ravennate.
La strada, detta Antiqua Maiore, era il raccordo tra l’Appia e la CapuaRhegium che, partendo da Benevento, per il tramite di Abellinum,
giungeva a Salerno attraverso però la Valle dell’Irno.
Un’altra strada, la via Campanina, partiva proprio da Abellinum, e
conduceva per un tratto verso il valico di Monteforte e per un altro,
quello più importante verso Mercogliano, Summonte, Pietrastornina,
passando sotto il Monte Partenio ed innestandosi sulla via Appia.
In prosecuzione della via Campanina, nel luogo in cui questa si incrociava
con la Antiqua Maiore in prossimità delle murazioni di Abellinum,
c’era una strada che discendeva verso Est, per MonteAperto
raggiungendo la valle del Medio Calore,dove sboccava sull’Appia
ad Aeclanum.
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
Un’altra strada, la più breve e la meno importante che partiva da
Abellinum, rimasta probabilmente una mulattiera, raggiungeva
Nola, collegandosi anche con Sololfra, Montoro e Serino.
Ultima strada di una certa importanza che partiva da Abellinum è quella
che metteva in comunicazione la Civita con Serpico e Montella e
quindi con la zona dell’Alto Calore.
E’ evidente la posizione strategica di snodo stradale fondamentale per i
traffici ed i commerci che assumeva la colonia romana .
In epoca longobarda, le grandi strade ricalcavano la rete viaria romana,
che non aveva
subito grossi mutamenti, eccezione per le
necessarie varianti, affinchè ci si potesse adeguare alla mutata
distribuzione degli insediamenti.
La torre di guardia, sorta in epoca longobarda, posta sul colle dove
sorgeva il Tempio di Giove, al di sopra del rinascimentale Palazzo
Ducale, aveva funzione di controllo dell’importante snodo stradale
che comunque persisteva nei pressi della Civita, oltre che di
controllo dei guadi che interessavano il fiume Sabato.
Il primo raggruppamento di case, sorte nell’attuale zona di Capo La torre,
probabilmente coevo all’ultimo periodo delle città di Abellinum era
in stretta relazione all’uso agricolo del territorio, ma diventò un
piccolo borgo murato successivamente, con le invasioni barbariche.
Il nucleo urbano dell’attuale Atripalda, rispetto ai tanti centri originatisi dallo
spopolamento
di
Abellinum,
non
aveva
una
spiccata
conformazione difensiva, arroccata su di un colle, del resto la
presenza della Cripta paleocristiana e della basilica favorirono
naturalmente l’addensarsi di nuove case, dopo l’anno mille.
Solo in questa fase di espansione urbanistica è possibile anche individuare
una matrice tipologica di impianto urbano, secondo le definizioni
date dai più eminenti studiosi in materia.
Lo schema di matrice urbanistica che si può ipotizzare relativamente
all’impianto urbano aggregatosi all’interno del triangolo oggi
definito dalle Chiesa di sant’Ippolisto, dell’Annunziata e di Santa
Maria delle Grazie, risulta assimilabile al tipo a Scacchiera così
come definito dal Piccinato7 o a direzioni ortogonali orientate nella
definizione del Lugli.8
7
8
Luigi Piccinato, Urbanistica medievale; Bari 1971
PierMaria Lugli, Storia e cultura della Città Italiana, Bari 1967
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
LA CARTOGRAFIA STORICA
Lo sviluppo urbano di Atripalda inizia dalla fuga dall’Abellinum romana,
quando gli Avellinesi si ritirarono ai piedi della Torre edificata da
Paldo, originando il primo insediamento della nuova Tripalda sulla
riva destra del fiume. Nell’arco di pochi decenni la zona assistette ad
una edificazione costante e massiccia che si concentrò nella zona
dello Specus Martirum.
Il triangolo si chiudeva con la chiesa dell’Annunziata e quella di Santa
Maria delle Grazie, all’interno del quale si originò uno fra i primi
settori urbani della Tripalda medievale. Nel corso dei secoli lo
sviluppo urbano condusse all’edificazione dell’intera area
attualmente individuata, dal Piano Regolatore Generale, come
Centro Storico.
Alla luce delle cartografie ottocentesche, confrontandole con una
aerofotogrammetria contemporanea, si riscontra una somiglianza
forte in alcuni settori urbani, mentre altre zone, edificate già in
epoca ottocentesca, sono ora fuori dal centro storico, in quanto
soggette ad interventi di ricostruzione urbana, che hanno reso quegli
immobili privi di qualsiasi connotato storico-artistico.
Con le cartografie allegate si definisce una ipotesi circa lo sviluppo urbano
di Atripalda, attenendosi, alle poche fonti documentarie esistenti e
alle ancora minori cartografie recuperate.
Nelle Tavole del Piano del Colore
TAV. 6
TAV. 7
STRATIFICAZIONE URBANISTICA.
Documentazione fotografica
DOCUMENTAZIONE ICONOGRAFICA ED ESPANSIONE
DELL’EDIFICATO
Vengono evidenziate e confrontate le cartografie storiche che si sono
reperite , in particolare riportando sull’attuale aerofotogrammetria la
espansione dell’abitatto di atripalda nel 1866 e nel 1958.
Importante è la tav. 6 dove viene evidenziata per epoche storiche la
successione della stratificazione urbanistica.-
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
Lo sviluppo urbano di Atripalda inizia con l’area del primo insediamento in
Tripalda, intorno al Mille, quando cioè, si assistette alla fuga da
Abellinum. In questa zona vi era, probabilmente, la Torre di Paldo,
attualmente scomparsa. Ovviamente non siamo in grado di definire
la posizione delle prime abitazioni ma é possibile indicare almeno
l’area, in quanto ancora oggi questo luogo si ricorda come Capo la
Torre.
La fase successiva vide lo sviluppo più rapido di Tripalda, alimentato dalla
presenza di Truppoaldo Racco, che occupò il castello sul monte,
edificato dai conti longobardi di Avellino9, in seguito abbandonato;
si saldarono alcune cortine edilizie, in quanto vi fu un notevole
afflusso in quei luoghi che corrispose ad un netto incremento nelle
costruzioni.
Grazie a Truppoaldo si intervenne nella creazione di un borgo murato
intorno alla chiesa di Sant'Ippolisto, incentivando in varie forme lo
stabilirsi ed il concentrarsi degli abitanti dei dintorni del nuovo centro.
Lo sviluppo urbano si concentrò in questa area a forma di triangolo,
intorno alla quale si assisterà, successivamente ad una fitta
aggregazione in periodo basso medievale.
Questo stato di cose perdurò fino al Secolo XIV per poi accelerare
nuovamente sotto la spinta economica che Atripalda ha sempre
mostrato. Il secolo XVII vide una sensibile flessione dalla quale, il
febbrile centro economico riuscì a riprendersi soprattutto grazie alla
capacità dei propri abitanti dediti alle attività manufatturiere ed al
commercio.
Al seicento sono databili alcune strutture di Atripalda; questa
considerazione ci induce a pensare che intorno a questi nuclei vi sia
stato un incremento edilizio abbastanza consistente.
Sino alla fine dei '700 il nucleo urbano di Atripalda era ancora chiuso da
mura, nelle quali si aprivano cinque porte: Porta di Susa alli Fossi;
Porta del Seggio; Porta di Capo la Torre; Porta di Santa Maria delle
Grazie e Porta della Piazza.Le poche informazioni esistenti non ci consentono di essere più precisi,
soprattutto in relazione alla fase successiva; infatti, la prima
cartografia storica é della metà dell’800, quando si incontra la
situazione di seguito illustrata.
9
I longobardi erano soliti stanziarsi a breve distanza dal centro abitato, cosa che si verificherà
anche per Tripalda, con l’edificazione del castello sulla sommità del monte, dove si narra
dell’esistenza di un tempio vocato a Diana.
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
Tavola Ottocentesca (1866)
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
Non é possibile definire quanto sia stato conservato della Tripalda
Medievale; con tutta probabilità le vecchie abitazioni, di ridotte
dimensioni vennero sostituite, in epoca rinascimentale, da palazzi o
edifici di maggiori dimensioni, vicini, probabilmente, nella volumetria
a ciò che é riportato nella cartografia ottocentesca.
Questa cartografia illustra la situazione di Atripalda alla metà del secolo
XIX; si nota il denso abitato della riva destra del fiume sabato,
centrato intorno alla Chiesa di Sant’Ippolisto, molto edificata anche
la zona della Chiesa dell’Annunziata e di Santa Maria delle Grazie
dove si aprono le piazze della cittadina.
Fra i settori urbani si nota quello a confine con il fiume Sabato, di forma
trapezioidale, mentre più incerta e meno edificata appare la zona a
confine con questo ultimo aggregato urbano. Interessante la
presenza della Dogana stretta fra cortine murarie che ancora oggi
esistono. Attraversando il fiume si giunge nel Largo Mercato, dove la
vasta piazza prospetta sul fiume stesso. Una cortina edilizia la chiude
ad Ovest mentre strutture di buone dimensioni circondano il Largo,
da cui dipartono varie arterie.
La cittadina é tutta qui, al di fuori di questi limiti esiste la campagna, per cui
é possibile ipotizzare un nucleo centrale, sito del primo insediamento,
non molto grande, raccolto intorno allo Specus, con case rade
disposte in maniera non ordinata.
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Regolamento Edilizio (1958)
Con questa cartografia si giunge molto vicini ai tempi nostri; siamo a metà
del secolo scorso, e la situazione urbana, lo sviluppo di Atripalda
sembra aver raggiunto una forma molto vicina all’attuale. La riva
sinistra del fiume é stata fittamente edificata: il Largo Mercato é
divenuto una piazza, ben definita dalla cortina edificata sul fiume
Sabato, il complesso lungo via Roma. Il lato sud-est appare non
continuo, come oggi, e si nota anche l’area dove attualmente
insiste la biblioteca comunale e la villa. Ben evidente il taglio di via
del Carmine con la Dogana che affaccia direttamente sulla piazza.
Dietro la dogana stessa si apre uno slargo, Piazza Sparavigna
appunto, con la cortina edilizia di cui sopravvive uno splendido
edificio.
Valicando il fiume si ritrova la situazione della cartografia precedente, con
il primo settore trapezioidale, il compatto nucleo intorno alle tre
chiese principali, tutto appare immutato anche se sembra non
esserci più la dogana sita nelle vicinanze della chiesa
dell’Annunziata.
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Aerofotogrammetria (1974)
La cartografia riportata illustra la situazione di Atripalda ai giorni nostri. Il
centro storico appare delimitato più in relazione a quanto
conservato che in base a quello che era un tempo il centro storico
della cittadina: infatti un grosso settore urbano nella zona ovest,
nelle adiacenze del fiume Sabato risulta esterno alla delimitazione
operata nel P.R.G. del comune.
Questa scelta é apparsa logica se si va ad analizzare il tessuto urbano di
quel settore, realmente stravolto e ricostruito. La delimitazione
ingloba tutte le aree che erano state individuate in epoca
ottocentesca; ovviamente gli interventi post-sisma del’80 hanno
mutato, in alcuni casi più a fondo, l’aspetto della cittadina, ma la
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
zona centrale, il sito del primo insediamento può dirsi preservato,
almeno nell’impianto urbano e nella rete cinematica.
La Dogana é scomparsa, la facciata della Chiesa dell’Annunziata ha
subito un intervento in facciata, la sede dell’attuale Municipio, exmonastero dei Padri Domenicani, occupa un’ala dell’imponente
edificio10, ristrutturato ma preservato nei volumi interni, la
pavimentazione é quasi ovunque in asfalto con brevi zone in
porfido11, una chiesa materna occupa una vasta area a confine
con la zona centrale, alle spalle della Chiesa di Sant’Ippolisto,
mentre appare del tutto isolato il Palazzo Caracciolo, lasciato a se
stesso, di proprietà privata, invaso da erbe ed arbusti.
Del fiume Sabato solo un breve tratto rientra nel centro storico e, per la
precisione, proprio nella zona racchiusa fra due scavalcamenti, in
relazione alla cortina edilizia sorta sul limite del fiume e che oggi
rappresenta uno dei punti più interessanti, meglio conservati12 e
qualitativamente più pregevoli di Atripalda.
10
L’edificio, in origine era su tre livelli, dei quali dopo il sisma del’80 rimane solo il piano terra;
l’unica ala che ha conservato i tre livelli é la principale, quella che dà sullo slargo antistante,
ancora su tre livelli, occupati dagli uffici comunali.
11
L’area centrale, quella intorno le tre chiese principali, vede la presenza di pavimentazione in
blocchetti di porfido, come meglio illustrato nella descrizione del centro storico, inserita
all’interno del Programma di Valorizzazione, ma visibile nelle fotografie allegate a questo
lavoro.
12
Ad onor del vero va detto che alcuni elementi della cortina sul fiume hanno subito interventi di
ristrutturazione; le facciate sono state, però, sempre conservate. All’attualità lavori di restauro
sono in atto nell’ultimo edificio, quello all’incrocio fra Piazza Umberto I e via Gramsci.
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CONFRONTO CARTOGRAFICO
(Analogie e Differenze)
La Carta del 1866-la Planimetria del 1958-la Perimetrazione dell’attuale
Centro Storico
Questo studio riassuntivo (vedi schede fotografiche in appendice a questa
relazione) ci consente di individuare ciò che é stato preservato
durante i vari secoli; il confronto fra le tre cartografie disponibili, ci
offrirà una visione dello sviluppo dell’abitato, anche se ristretto agli
ultimi due secoli. Saranno evidenziate le reti cinematiche comuni, la
sopravvivenza, almeno nella forma dei tessuti urbani, in alcuni casi si
individueranno gli stessi edifici; sarà così, possibile controllare quanto
nel tempo é stato demolito, sostituito, preservato.
Partendo dalla rete cinematica individuiamo i tratti che riconosciamo
comuni nelle tre cartografie – ovviamente con differenti rese
grafiche. Come per gli studi precedenti dividiamo in due l’abitato di
Atripalda: la riva destra, area del primo insediamento; la riva sinistra
su cui si svolgevano le funzioni commerciali, grazie alla presenza del
Largo Mercato. Avviamo la nostra analisi proprio da questa zona:
Il tratto 1-1 – é praticamente immutato in tutte e tre le cartografie e
facilmente riconoscibile; lo sviluppo urbano tra il 1866 e il 1958
sembra arrestarsi, anzi appare qualche edificio in meno nella
cartografia successiva. All’attualità le cortine lungo la strada
appaiono più compatte, ma con soluzione di continuità; l’area ha
quindi subito nei 50 anni, circa dall’ultima cartografia un
insediamento di modesta entità.
Il tratto 1-2 –è, praticamente, il prolungamento del tratto 1-1; non appare
nella cartografia ottocentesca né in quella del secolo scorso. In tutte
e due le planimetrie, sulla via vede prospetta una cortina compatta
che nella seconda carta vede la presenza del complesso dogana piazza Sparavigna – cortina edilizia retrostante. Questo tratto é
meglio definito nell’aerofotogrammetria contemporanea.
Lo slargo della “piazza Mercato” é simile nelle due carte “storiche”; i profili
sono praticamente gli stessi: la piazza é aperta, senza pareti che la
chiudano, il lato sul fiume Sabato appare, nella prima carta non
edificato a differenza di quanto si legge nella seconda cartografia.
All’attualità la piazza é stata oggetto di intervento di riprogettazione.
Sul Largo Mercato si apre il tratto 1-3, ben visibile in tutte le cartografie, con
i profili degli abitati che sono rimasti intatti; la rappresentazione
novecentesca mostra un maggiore edificato sulla parte destra della
strada che corrisponde a quanto evidenziato dal rilevamento di
epoca contemporanea, dove permane il segno del tracciato viario.
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Anche il tratto 1-4, non ha subito grandi variazioni ed appare simile nelle
due rappresentazioni di epoca precedente; la situazione attuale
non si allontana molto, in quanto la via non ha subito un massiccio
sviluppo urbano.
Prima di ultimare la descrizione relativa alla rete cinematica nell’area del
Mercato si vuole attirare l’attenzione sulla cartografia ottocentesca,
dove appare, tratteggiato, un percorso che avrebbe dovuto unire il
tratto 1-1, con il tratto 1-4, come appare oggi.
Analizzando l’edificato di Atripalda, sempre nella riva sinistra del fiume
Sabato notiamo due cambiamenti fra la planimetria ottocentesca e
quella del secolo successivo: ci si rivolge all’area di Piazza
Sparavigna, totalmente inesistente nella prima carta, e alla cortina
sul fiume Sabato, anche questa non rilevata nella prima
rappresentazione.
In tutte e due i casi lo sviluppo urbano sembra completare le due aree, che
apparivano non funzionali: la cortina sul fiume funge da proscenio
per la Piazza Umberto I e piazza Sparavigna, con la cortina edilizia
retrostante– della quale resiste solo un palazzo ed una serie di
riedificazioni – crea la possibilità di un cannocchiale, un percorso
ideale Piazza Umberto I – Dogana – Piazza Sparavigna – Cortina
Edilizia.
Se si osserva, infatti, nel prospetto posteriore della Dogana dei Grani, si
apre una vasta apertura, direttamente collegata all’ingresso su
Piazza Umberto I, quasi due lenti attraverso le quali guardare le due
Piazze.
Il Cinema Ideal ed un edificio di cinque piani chiudono la piazza Umberto I,
per il resto, a parte le sostituzioni edilizie e le nuove fabbriche
costruite, soprattutto all’interno dei settori urbani, la situazione non é
mutata eccessivamente.
Giova elencare – in quanto oggetto di Catalogo apposito – la presenza di
emergenze storico-artistiche nell’area di riferimento:
• la citata Dogana, in stile neoclassico;
• Piazza Sparavigna con l’edificio superstite;
• il Cinema Ideal, che può essere inserito fra i beni di pregio, in quanto
testimone di un periodo fondamentale per l’architettura italiana;
• il monumento ai caduti, sito in Piazza Umberto I;
• la villa comunale;
• la cortina lungo il fiume Sabato, pregiata scenografia della Piazza.
Passando ad analizzare la riva destra del fiume Sabato ci si imbatte in un
dedalo di vie e viuzze su cui prospettano, spesso, palazzi di altezza
notevole. Questo dipende dalle ricostruzioni praticate nei secoli, che
hanno sostituito le prime abitazioni, di modesta dimensione, con
palazziate, oggetto di ulteriori interventi in epoche a noi più vicine.
La rete cinematica si fa, di colpo, più fitta e caotica, le anguste stradine a
stento riescono a contenere le auto che vi transitano, le piazze i
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sagrati spesso risultano invasi da autoveicoli che impediscono la
fruizione, anche solo ottica della zona con i suoi pezzi più pregiati.
I tratti 2-1, 2-2 e 2-3 sono evidenti in tutte e tre le cartografie e sembrano
aver mutato poco nella forma – se si fa attenzione al palazzo lungo il
tratto 2-1, si ritrova lo stesso profilo. Molto diversa é l’area su cui
ritroviamo il tratto 2-2 in quanto nella prima cartografia appare una
piazza nella seconda l’area é edificata, come é possibile vedere
anche oggi.
Anche i tratti 2-4 e 2-5 non hanno subito modifiche sostanziali, se si fa
eccezione per l’area all’incrocio fra i tratti 2-4 e 2-3 che nella carta
ottocentesca é una piazza più larga di quanto appaia nella carta
successiva.
Riconoscile l’intera area racchiusa fra i tratti 2-6, 2-7 3-3 e 3-4, che a parte
le diversità di rappresentazione grafica presentano gli stessi
andamenti e, in linea di massima gli stessi slarghi.
Stesso discorso per il settore fra i tratti 2-8, 2-9, 3-0, 3-1, 3-2 e 3-3, in quanto
fra le due cartografie “storiche” non esistono sostanziali differenze –
anche perché risulta difficile la lettura – mentre se le si confronta con
quella contemporanea si nota immediatamente la mancanza
dell’edificio della dogana, al cui posto esiste uno spartitraffico
alberato.
Molto più complessa é l’interpretazione delle aree ad ovest, dietro il
Municipio, per intenderci, e a nord est, dove é quasi impossibile
leggere con chiarezza i tracciati viari; se si confrontano queste due
carte con l’ultima si evidenziano alcune differenze sostanziali,
soprattutto nell’edificato.
Una scuola sorge nelle vicinanze della chiesa di S.Maria delle Grazie,
ulteriori corpi di fabbrica si riconoscono nella zona alta di Atripalda,
intuibili nella cartografia di metà ‘900.
Per il resto, le cose sembrano essere rimaste simili, con alcuni palazzi, che
conservano gli stessi profili evidenti nella cartografia di riferimento.
E’ proprio in questa area, nella riva destra del Sabato che si sono
concentrate le fabbriche di maggiore importanza:
• Palazzo Caracciolo di epoca rinascimentale, ancora integro, ma
bisognoso di restauri;
• la dogana, oramai scomparsa; la chiesa di Sant’Ippolisto, con la Cripta
ed il Campanile;
• la chiesa dell’Annunziata;
• la chiesa di S.Maria delle Grazie;
• il Municipio, ex monastero dei padri Domenicani;
• il Palazzo su via Belli, di epoca barocca;
• il Palazzo di proprietà della famiglia Di Paolo, del XVIII secolo, ancora in
ottime condizione, grazie alla cura dei proprietari;;
• Palazzo Di Rito di epoca barocca, una delle perle di Atripalda.
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Atripalda conserva altre ricchezze, sia di natura archeologica sia
ecclesiastica sia edilizia; si rimanda, pertanto, per una loro maggiore
comprensione allo studio del Catalogo dei Beni Architettonici.
IL PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
Alquanto cospicuo era, sino al 23 novembre 1980, il patrimonio storicoartistico di Atripalda, nonostante il degrado e l'abbandono in cui in
genere versava. Pesantissimo è però stato il bilancio del sisma, e
perduto del tutto è l'intero quartiere di Capo La Torre, dalla
caratteristica struttura urbanistica medioevale. Interamente
nell’ambìto del comune di Atripalda ricade l'area della cosiddetta
"Civita", cioè dell'antica Abellinum, che occupa il vasto piano
tufaceo che si stende dalle rampe di San Pasquale verso
Pianodardine e Borgo Ferrovia, venendo delimitato da via Roma,
via Manfredi, via, Ferrovia e dal torrente Rigatore.
Nonostante la vastità e l'importanza di questa area archeologica, solo da
pochi anni sono iniziati scavi regolari, volti a mettere finalmente in
luce l'antica città. Dopo innumerevoli rinvenimenti occasionali, la
Civita fu in pieno rivelata nel 1962-63 in occasione della costruzione
dei raccordo auto- stradale tra la Napoli-Bari e l'Avellino-Salerno.
I lavori, che tagliarono il centro abitato romano nel lato nord del perimetro
urbano, portarono alla luce un cospicuo e ben conservato edificio
pubblico di vaste dimensioni, nel quale fu rinvenuto uno splendido
mosaico di età imperiale, oggi conservato presso il Museo Irpino.
Nel 1967-68 scavi regolari vennero condotti nella cupa della
Maddalena, nell'area della necropoli extraurbana, nel corso dei
quali vennero scoperti alcuni mausolei funerari ed alcuni edifici
attigui di culto. Integre si conservano invece le imponenti mura
urbiche di Abellinum sul lato sud-est della cupa della Maddalena.
Cospicui sono stati i risultati di tali indagini, tra cui ricordiamo la scoperta
della più antica cerchia murata della città e di una villa patrizia di
età repubblicana. Strettamente legato alle vicende di Abellinum è
anche lo 'Specus Martyrum", cioè la cripta in cui vennero sepolti i
martiri cristiani della città romana. Assai rimaneggiato attraverso i
secoli, lo "Specus" costituisce oggi la cripta della chiesa collegiata
di Sant'Ippolisto.
Ha invece retto bene l'imponente edificio settecentesco, in caratteristico
stile conventuale, del monastero femminile di Santa Maria della
Purità, di recente restaurato nel rispetto delle linee originarie.
Fondato nel suo palazzo nel 1660 dalla nobile Delia Laurenzano, il
pio istituto si trasferì nella sede attuale nei primi decenni del '700. A
parte queste emergenze architettoniche, anch'esse così
gravemente colpite dal sisma, l'intero centro antico di Atripalda,
dalla caratteristica struttura urbanistica medioevale, è da
considerarsi perduto.
Sino alla fine dei '700 esso era ancora chiuso da mura, nelle quali si
aprivano cinque porte: Porta di Susa alli Fossi; Porta del Seggio;
Porta di Capo la Torre; Porta di Santa Maria delle Grazie e Porta
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della Piazza. Numerose erano pure le steli e le epigrafi romane
visibili nelle vie della vecchia Atripalda; travolte dalla rovina degli
edifici in cui erano murate, queste preziose testimonianze sono ora
in massima parte conservate presso il Museo Irpino, dove è pure
pervenuta la lapide seicentesca che ricordava il soggiorno di
Giovanna II d'Angiò nel distrutto palazzo dei baroni Simeoni.
Abbandonato quindi per sempre il vecchio castello, nella seconda metà
del secolo XVI i Caracciolo edificarono, ai piedi della collina, un
nuovo ed imponente palazzo. L'edificio, ancora integro nella
purezza della sua severa linea tardo-rinascimentale, è a pianta
rettangolare e si sviluppa su due piani, venendo segnato al piano
superiore da un maestoso ordine di grandi balconate.
Successivamente, all'originaria ala cinquecentesca ne fu aggiunta
un'altra, sviluppantesi longitudinariamente alla prima.
In quello stesso periodo (1885) fu edificato il nuovo edificio della Dogana,
che nella sua imponenza personifica assai efficacemente i
traguardi e le ambizioni dell'economia di Atripalda in quel periodo.
All'interno dell'edificio è di particolare rilievo la grande sala centrale
a padiglione, sorretta da una splendida struttura lignea di
eccezionale ardimento e suggestione, meritevole di ben altra
utilizzazione di quelle più recenti. Pur avendo fatto registrare in
conseguenza del sisma il crollo parziale della parte posteriore
dell'edificio, la Dogana è attualmente in corso di restauro ad opera
della Sovrintendenza ai monumenti.
Proseguendo da piazza Umberto I ed imboccando via Roma si incontra
sulla destra la chiesa di Santa Maria del Carmelo, detta
popolarmente del Carmine. La chiesa nella sua struttura odierna
risale al 1735 e conserva all'interno una buona statua della Vergine
(1739) e, sul soffitto, un quadro ligneo raffigurante l'incoronazione
della Madonna del Carmelo. Il terremoto, pur provocando il crollo
del campanile e danni alla facciata, ha fortunatamente
risparmiato l'interno della chiesa. Poco oltre, la chiesa ad una
navata di San Nicola da Tolentino ha invece subito danni
difficilmente riparabili. Dell'annesso ex convento agostiniano da
tempo non avanzano quasi più tracce. Degna di ricordo è infine la
piccola chiesa della Maddalena, che dà il nome alla "cupa"
adiacente, un tempo chiesa suburbana, eretta nella sua forma
attuale nel 1635 sui ruderi delle mura di Abellinum.
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PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
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Relazione storico-urbanistica
Comune di Atripalda
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S.A.: Carte della Topografia antica e moderna dei Reali
Domini,
S.L., 1826
Serafino Pionati: Ricerche sull’istoria di Avellino,
1828
Napoli
Benedetto Marzolla: Atlante corografico, statistico, storico ed
orografico delle due Scicile,
Napoli 1832
Gabriello De Sanctis: Atlante corografico del Regno delle
due Scicile, Napoli 1843
Erasmo Ricca: Istoria dei feudi del Regno delle due Sicilie
qua dal faro. Dal XV al XIX secolo. Napoli 1859
26 di 27
di
Relazione storico-urbanistica
Comune di Atripalda
PIANO DEL COLORE DELL’EDILIZIA STORICA
Nicola Iaccheo: Corografia della Provincia di Avellino.
Avellino 1888.
Giuseppe Pennetti: Profilo dei 128 comuni della provincia
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s.l. 1889.
A.M. Iannacchini: Topografia storica dell’Irpinia –
1889.
di
Napoli
Francesco Scandone: Storia di Avellino – Avellino 1951.
Francesco Scandone : Profili di Storia Feudale dei Comuni
compresi
nella contea di Avellino - Avellino 1951
Pier Maria Lugli : Storia e cultura della città italiana - Bari 1967
Cesare De Seta : Cartografia della città di Napoli 1969
Luigi Piccinato : Urbanistica medievale -
Napoli1
Bari 1971
Ernesto Mazzetti : Cartografia generale del Mezzogiorno e
della Sicilia Napoli 1972
Giampiero
Galasso
:
Hirpinia.
Dagli
insediamenti
protostorici agli abitati medievali Domicella 1987
Giampiero Galasso : Torri e castelli in Irpinia -
27 di 27
Atripalda 1990
Relazione storico-urbanistica