Anteprima - Italus Hortus
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Review n. 2 – Italus Hortus 12 (4), 2005: 45 - 62 La gestione integrata della flora infestante nelle colture orticole Francesco Tei* e Euro Pannacci Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università di Perugia, Borgo XX giugno 74, 06121 Perugia Ricevuto: 15 giugno 2005; accettato: 26 luglio 2005 Integrated weed management systems in vegetables Abstract. Most vegetable crops are characterised by a low plant density, a wide row distance, a slow initial growth and, as a consequence, by a poor competitive ability. Taking into consideration that most vegetables are high-income crops, the threshold weed densities are very low and the critical periods of weed competition are pretty long. Moreover, most vegetables are minor crops, thus the availability of approved herbicides for use is scarce; as a consequence a repeated use of herbicides with similar mode of action may lead to a strong and quick selection of weed flora. Chemical weed control in vegetables shows peculiar environmental and health concerns due to the relatively short growth cycle, to the fresh edible parts of vegetables, and to a coarse soil texture found in the main production areas. An Integrated Management Weed System (IWMS) in vegetables should be based on: 1) weed population management strategies by sound cultural weed control methods (e.g. adequate crop rotations, accurate soil tillage and stale seedbed preparation, competitive cultivars and crop spatial distribution, transplanting instead of sowing, ecc.), that is any aspect of management that favours the crop relative to the weeds, reduces the weed seedbank, regulates weed communities and prevents the build-up of adapted species; 2) an integration of non-chemical (i.e. physical, mechanical and biological) and chemical weed control by adopting methods with a low selection pressure on weed communities, weed economic thresholds (density thresholds and critical period of weed competition), postemergence control, optimal herbicide doses and herbicide behaviour in the environment. The improving and widespreading of modelling, decision support systems and Site-Specific Weed Management (SSWM) are crucial for developing an IWMS that was environmentally and economically viable. Most important and peculiar aspects of weed flora, weed competition, cultural, physical, mechanical and chemical weed control in IWMS for vegetable crops are reviewed and discussed. Key words: IWMS, non-chemical control, chemical control, precision agriculture. Introduzione L’orticoltura italiana è caratterizzata da: 1) elevato numero di specie coltivate (l’ISTAT ne censisce circa 40); 2) limitata estensione delle superfici colturali (la maggior parte delle colture occupa superfici di 10.000-20.000 ha ciascuna, ad eccezione del carciofo con circa 50.000 ha e del pomodoro e della patata con circa 100.000 ha); 3) ridotta dimensione aziendale (la media nazionale è di circa 1,7 ha) con aziende a conduzione prevalentemente familiare e con alcuni membri della famiglia coinvolti solo a tempo parziale; 4) diverse tipologie della forma organizzativa (orticoltura industriale, familiare, urbana, sub-urbana) con aggiornamento tecnologico, meccanizzazione delle fasi colturali e capacità di marketing e commercializzazione estremamente variabili. In un tale contesto, il controllo della flora infestante, come molti altri interventi della tecnica colturale, presenta aspetti applicativi molto variabili sia per motivi tecnici sia economici in funzione della coltura, del sistema di coltivazione (piena aria o coltura protetta) e dell’epoca di impianto, della destinazione del prodotto (mercato fresco, industria di conservazione e di trasformazione), delle conoscenze e delle disponibilità tecniche degli operatori e/o delle aziende. Una sintesi delle basi scientifiche su cui poggia l’elaborazione di sistemi razionali di gestione integrata della malerbe si ritiene, pertanto, utile a indirizzare la ricerca e le soluzioni applicative. La flora infestante Molte colture orticole sono caratterizzate da diverse opzioni di tecnica colturale riguardanti la modalità (semina diretta o trapianto) e l’epoca d’impianto, la durata del ciclo colturale, il sistema di coltivazione (in piena aria o in coltura protetta), il tipo di avvicendamento adottato, il livello di intensificazione colturale, le caratteristiche fisiche e chimiche del terreno sede della coltivazione, ecc. La composizione specifica della flora infestante può, pertanto, risultare fortemente variabile anche nel- *[email protected] 45 Tei e Pannacci l’ambito di una stessa coltura orticola in funzione delle scelte di tecnica colturale. Schematicamente la flora infestante può essere suddivisa in due grandi gruppi (Montemurro e Tei, 1998; Tei, 2001; Zanin et al., 2001): 1) specie ad emergenza autunnale, invernale o inizioprimaverile che infestano colture di piena aria a ciclo autunno-vernino e quelle a semina o trapianto in inizio primavera. Fra le specie più importanti possiamo citare, a solo titolo di esempio, alcune graminacee microterme (Alopecurus myosuroides, Avena spp., Lolium multiflorum, Poa spp.), diverse composite (Anthemis arvensis, Matricaria chamo m i l l a, G a l i n s o g a p a r v i f l o r a, Cirsium arvense, S e n e c i o vulgaris, Sonchus spp.), crocifere (Capsella bursa-pastoris, Diplotaxis erucoides, R a p h a n u s r a p h a n i s t r u m, R a p i s t r u m r u g o s u m, S i n a p i s a r v e n s i s), ombrellifere ( A m m i m a j u s, Bifora radians, Daucus carota, Scandix pectenveneris), papaveracee (Papaver rhoeas, Fumaria officinalis), poligonacee (Fallopia convolvulus, Polygonum aviculare, Rumex spp.), ranuncolacee (Adonis spp., Ranunculus spp.), Galium aparine, Veronica spp., Stellaria media. 2) Specie ad emergenza più tipicamente primaverileestiva che infestano le colture a semina o trapianto nella tarda primavera o in estate. Le specie più frequenti ed abbondanti sono: Echinochloa crus-galli, Digitaria sanguinalis, Setaria spp., Sorghum hale p e n s e, C y p e r u s spp., A m a r a n t h u s s p p . , C h e n o p o d i u m a l b u m, X a n t h i u m i t a l i c u m, C o n v o l v u l u s a r v e n s i s, C a l y s t e g i a s e p i u m, Euphorbia spp., Mercurialis annua, Lamium spp., Galeopsis tetrahit, Stachys annua, Abutilon teoph rasti, Fallopia convolvulus, Polygonum aviculare, Polygonum lapathifolium, Polygonum persicaria, Portulaca oleracea, Solanum nigrum, Datura stra monium. Per alcune colture, o in determinate situazioni climatiche ed agronomiche, i due gruppi possono sovrapporsi oppure succedersi, per cui nelle orticole a ciclo autunno-primaverile o a impianto primaverile precoce, all’inizio del ciclo colturale prevalgono le specie meno termofile, mentre con l’avanzare della stagione, od in coltura protetta, diventano più frequenti, numerose e competitive le specie con più elevate esigenze termiche. Alcune specie, inoltre, risultano “indifferenti” in quanto possono germinare ed emergere in tutti i periodi dell’anno (es. molte Cruciferae e Compositae, Poa annua). Accanto alle specie infestanti annuali e perenni, in alcune colture orticole (pomodoro da industria, fava, pisello, carota, patata, melone…) e in alcuni areali di 46 coltivazione, si evidenzia un’intensa dinamica espansiva di piante parassite appartenenti a diverse specie dei generi Orobanche e Cuscuta (Manschadi et al., 1997; Zonno et al., 2000; Tei et al., 2002b, 2003; Uludag et al., 2003) che pongono problemi di controllo di difficile soluzione. Dal punto di vista applicativo, è particolarmente importante individuare, in ogni coltura e in un determinato contesto agro-ambientale, non solo le “specie chiave” (cioè le specie molto frequenti, abbondanti e verso le quali si incentrano i programmi di controllo), ma anche quelle specie più “sporadiche” che manifestano, a causa delle loro caratteristiche biologiche ed ecologiche e dei fattori agronomici e pedo-climatici favorevoli, una crescente diffusione e pericolosità. A tale proposito si consultino, ad esempio, le indagini, a livello nazionale ed internazionale, eseguite su pomodoro da industria (Viggiani et al., 1998; Tei et al., 2003; Viggiani, 2004), cipolla (Tei et al., 1999), carota (Tei et al., 2002b), pisello da industria (Uludag et al., 2003), cavoli e cavolfiore (Tei et al., 2005). La comunità di malerbe, in ultima analisi, rappresenta una componente dinamica degli agroecosistemi che va attentamente studiata nella sua composizione attuale e nella sua evoluzione futura al fine di elaborare sistemi di gestione integrata efficaci ed efficienti sia nel breve sia nel lungo periodo (Jordan e Jannink, 1997; Lucchin et al., 2001). Danni quantitativi e qualitativi Le malerbe rappresentano una componente dannosa nelle colture orticole per diversi motivi: 1) determinano perdite di produzione a causa della competizione (Bond, 1991; Sattin e Tei, 2001), dei fenomeni allelopatici (Putnam e Duke, 1978; Inderjit e Keating, 1999) e del parassitismo (Agrios, 1997); 2) provocano il peggioramento qualitativo del prodotto raccolto in quanto le piante infestanti o parti di esse (foglie, semi, frutti) possono essere fonte di inquinamento alimentare con conseguente aumento dei costi di pulitura e/o cernita del prodotto destinato al mercato fresco, alla industria di conservazione o di trasformazione (es. capolini di Matricaria chamomilla e bacche di S o l a n u m nigrum nei piselli da industria, foglie di malerbe frammiste a quelle di spinacio da industria, ecc.); 3) costituiscono un ostacolo alle operazioni di raccolta meccanica come quello causato da talune malerbe a taglia alta (es. Chenopodium album, Xanthium i t a l i c u m) o volubili (es. Convolvulus arvensis, Calystegia sepium); Gestione malerbe in orticoltura 4) fungono da ospiti di virus e batteri patogeni delle orticole (Conti et al., 1996; Montemurro e Tei, 1998; Cousens e Croft, 1999) (tabb. 1 e 2). La maggior parte delle colture orticole è caratterizzata (tab. 3) da una bassa densità d’investimento, da file ben spaziate, da dimensioni relativamente ridotte delle piante e da lenta crescita iniziale (si veda ad esempio Tei et al., 1996) spesso inferiore a quelle delle più comuni specie infestanti (Sattin e Sartorato, 1997; Sattin e Tei, 2001). Questi aspetti determinano una bassa capacità competitiva delle specie orticole per gran parte del ciclo colturale, effetti marcati della competizione esercitata dalle malerbe sulle rese produttive e permettono anche a specie infestanti poco aggressive in altre piante coltivate (es. Portulaca ole r a c e a, Stellaria media , Veronica spp., C a p s e l l a Tab. 1 - Specie infestanti ospiti di alcuni importanti virus delle orticole. Tab. 1 - Host weed species of some important viruses of vegetables. Specie infestante Amaranthus retroflexus Anagallis arvensis Borago officinalis Calendula officinalis Capsella bursa-pastoris Chenopodium album Cichorium spp. Cirsium spp. Convolvulus spp. Datura stramonium Lactuca serriola Lamium spp. Malva spp. Mercurialis annua Papaver spp. Picris spp. Plantago spp. Portulaca oleracea Ranunculus spp. Raphanus raphanistrum Senecio vulgaris Solanum dulcamara Solanum nigrum Sonchus spp. Stellaria media Verbena spp. CMV (1) PVY (2) TMV (3) + TSWV (4) PVX (5) + + PVM (6) AMV (7) BWYV (8) LMV (9) + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + (1) Cucumber Mosaic Virus (virus del mosaico del cetriolo); (2) Potato Virus Y (virus Y della patata); (3) Tobacco Mosaic Virus (virus del mosaico del tabacco); (4) Tomato Spotted Wilt Virus (avvizzimento maculato del pomodoro); (5) Potato Virus X ( virus X della patata); (6) Potato Virus M (virus M della patata); (7) Alfalfa Mosaic Virus (virus del mosaico dell’erba medica); (8) Beet Western Yellow Virus (giallume occidentale della bietola); (9) Lettuce Mosaic Virus (mosaico della lattuga). Tab. 2 - Specie infestanti ospiti dei batteri del pomodoro. Tab. 2 - Host weed species of pathogen bacteria of tomatoes. Batterio Specie infestante Brassica campestris Brassica nigra Datura stramonium Lamium amplexicaule Solanum nigrum Stellaria media Corynebacterium michiganense pv. Michiganense (1) Xanthomonas campestris pv. Vesicatoria (2) Pseudomonas syringae pv. Tomato (3) + + + + + + + Agenti patogeni di: (1) cancro batterico; (2) maculatura batterica; (3) macchiettatura batterica. 47 Tei e Pannacci Tab. 3 - Colture orticole: caratteristiche importanti ai fini della competizione con le malerbe e dell’impiego degli erbicidi (valori indicativi) (da Tei, 2001; modificata). Tab. 3 - Plant density, row distance, sowing-emergence and emergence-canopy closure time intervals, critical period of weed competition in vegetables and persistence range of herbicides commonly used (from Tei, 2001; modified). Coltura Aglio Asparago Bietola da costa Bietola da orto Carciofo Carota Cavolfiore Cavolo cappuccio Cavolo broccolo Cetriolo da mercato Cipolla sem. autunnale Cipolla sem. primaverile Cocomero Endivia trapiantata Fagiolino Fagiolo fresco Fava Finocchio Lattuga seminata Lattuga trapiantata Melanzana Melone Patata comune Patata novella Peperone Pisello sem. autunnale Pisello sem. primaverile Pomodoro seminato Pomodoro trapiantato Porro Radicchio Sedano Spinacio Zucchino Densità d’impianto (n. piante/m2) 20 - 25 1.5 - 3.0 10 - 20 15 - 30 0.7 - 1.3 100 - 160 1.8 - 3.0 2.5 - 6 2-5 1.5 - 3.0 40 - 100 80 - 140 0.3 - 1.0 6 - 10 35 - 50 35 - 50 8 - 12 6 - 10 6 - 14 6 - 14 1.5 - 2.5 0.8 - 2.0 3-5 3-5 2.5 - 3.5 80 - 100 80 - 100 2-5 2-5 20 - 40 7 - 10 8 - 12 0.8 - 2.0 Semina- Emerg./trap. Distanza emergen- -chiusura tra le file za fila (cm) (d) (d) 40 - 50 110 - 150 30 - 50 30 - 50 80 - 200 15 - 35 70 - 100 50 - 70 50 - 80 100 - 150 20 - 30 25 - 35 150 - 250 30 - 50 30 - 45 45 - 60 60 - 80 50 - 80 25 - 40 25 - 40 80 - 120 100 - 250 60 - 80 60 - 80 80 - 100 15 - 30 15 - 30 80 - 150 80 - 150 30 - 50 30 - 45 40 - 60 12 - 15 100 - 150 10 - 20 15 - 20 10 - 15 10 - 30 7 - 15 15 - 25 15 - 25 7 - 10 7 - 10 10 - 20 7 - 15 7 - 14 10 - 20 10 - 20 10 - 15 10 - 15 7 - 15 7 - 15 10 - 20 7 - 14 7 - 14 35 - 45 40 - 50 50 - 60 35 - 45 35 - 40 35 - 50 40 - 50 30 - 40 35 - 50 35 - 50 30 - 40 30 - 35 15 - 20 15 - 20 25 - 30 45 - 55 45 - 50 30 - 35 45 - 55 30 - 40 45 - 60 50 - 70 45 - 55 45 - 60 35 - 45 50 - 60 35 - 40 35 - 45 40 - 50 20 - 30 20 - 30 Durata ciclo (d) Periodo critico Tempo carenza Semi-vita (settimane da erbicidi disponibili erbicidi disponibili emerg. o trap.) (d) (d) DCT PRAM 150 - 240 240 - 270 60 - 120 50 - 60 270 - 300 120 - 210 70 - 210 60 - 120 60 - 120 50 - 60 120 - 240 120 - 180 70 - 100 45 - 60 50 - 60 65 - 70 150 - 210 70 - 150 70 - 75 45 - 55 90 - 120 70 - 100 120 - 150 120 - 150 120 - 150 180 - 220 90 - 120 150 - 180 75 - 100 120 - 240 80 - 120 80 - 150 55 - 60 80 - 100 2 10-12 3 5-6 2 3 4 6 13 12 4-6 1-2 1-2 5 5 1-2 3 1-2 1-2 4-5 3 max min max 20 20 60 60 20 30 30 30 30 30 20 20 20 20 30 20 30 30 30 30 30 30 20 30 30 30 30 30 30 30 20 30 30 20 30 60 90 80 100 100 100 60 60 60 30 60 60 60 60 60 60 60 75 60 100 100 75 60 60 90 90 60 60 60 60 60 5 14 5 5 9 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 2 2 5 5 5 2 2 5 5 5 5 5 100 100 40 40 90 100 100 100 100 100 100 100 100 120 90 90 90 100 120 120 100 100 60 60 100 100 100 100 100 100 120 100 40 100 6 4-5 6 min 4-6 9 7 3-4 7-9 5 7-8 4-6 La densità d’impianto, la distanza tra le file, la durata del sottoperiodo “emergenza/trapianto-chiusura della fila”, la durata del periodo critico danno un’indicazione della capacità competitiva della coltura; la durata del sottoperiodo “semina-emergenza” è utile nella programmazione degli interventi non selettivi di pre-emergenza (pirodiserbo, erbicidi totali,...); la durata del ciclo colturale è utile nella programmazione degli interventi e, insieme alla semivita degli erbicidi disponibili, nella valutazione dei rischi ambientali e di fitotossicità per le colture in successione causati dagli erbicidi residuali; il rispetto del tempo di carenza evita possibili rischi di residui nelle parti eduli. DCT = durata della competizione tollerata; PRAM = periodo richiesto di assenza delle malerbe. bursa-pastoris, Poa annua) di risultare dannose (per informazioni dettagliate sulle diverse colture si consultino le review di Zimdahl, 2004; Tei, 1988; Sattin e Tei, 2001; Tei et al. , 1999, 2002b, 2003, 2005; Uludag et al., 2003). La perdita di resa causata dalle infestanti può essere prevista con un accettabile livello di precisione attraverso l’uso di modelli matematici empirici e meccanicistici (Sattin e Tei, 2001). 48 I modelli empirici sono generalmente rappresentati da funzioni non-lineari in cui le perdite produttive sono funzione della densità o della copertura delle infestanti, dei tassi di crescita, del momento di emergenza delle infestanti in relazione a quello della coltura e della durata della competizione (Cousens, 1985; Cousens et al. , 1987; Kropff e Spitters, 1991; Kropff e Lotz, 1993; Zanin e Berti, 1989; Sattin et al., 1996; Dunan et al., 1996; Knezevic et al., 2002). I valori dei Gestione malerbe in orticoltura parametri stimati dai modelli empirici sono indispensabili per poter calcolare in maniera attendibile le soglie economiche d’intervento e applicare sistemi procedurali di supporto alle decisioni (Berti et al., 2001). I modelli meccanicistici per la competizione colture-malerbe (generalmente dinamici, cioè con processi tempo-dipendenti) sono stati sviluppati dall’inizio degli anni ’80 partendo da modelli di crescita di colture monospecifiche (si veda ad es. Spitters e Aerts, 1983; Rimmington, 1984; Kropff e van Laar, 1993; Kiniry et al., 1992). Questi modelli hanno generalmente un limitato impiego pratico, ma sono estremamente utili dal punto di vista didattico, permettono l’individuazione della mancanza o dell’inadeguatezza delle conoscenze scientifiche circa alcuni processi e facilitano la definizione di opportune strategie sia colturali sia di miglioramento genetico (Bastiaans et al., 2000). Nelle colture orticole, di particolare interesse pratico è la definizione di soglie di durata della competizione (Tei, 1987, 1988; Knezevic et al., 2002). A tal proposito, possono essere individuate due situazioni fondamentali: 1) le malerbe emergono contemporaneamente alla coltura, o subito dopo il trapianto, e permangono per un periodo più o meno lungo di tempo dopo di che vengono ad essere eliminate con interventi meccanici o chimici di post-emergenza o post-trapianto; 2) le malerbe sono assenti nelle prime fasi del ciclo colturale, per esempio grazie all’applicazione della “falsa semina” o all’azione di erbicidi residuali, ed incominciano a emergere e a competere qualche tempo dopo l’emergenza od il trapianto della coltura. Nel primo caso, all’aumentare del tempo di permanenza delle infestanti la produzione avrà un andamento decrescente, per cui, fissando il livello di perdite produttive che può essere economicamente tollerato, è possibile individuare un periodo di permanenza massimo che viene definito “Durata della Competizione Tollerata” (DCT) (fig. 1A). Nel secondo caso, con il progressivo ritardo dell’emergenza delle infestanti si ottiene un aumento della resa: si può così identificare un tempo oltre il quale l’emergenza di nuove infestanti non ha più alcuna influenza sulla produzione della coltura o determina perdite tollerabili; il periodo compreso tra questo momento e l’emergenza della coltura viene definito “Periodo Richiesto di Assenza delle Malerbe” (PRAM) (fig. 1B). DCT e PRAM sono funzioni continue rispetto al tempo (espresso in giorni oppure in somma termica), per cui, in un qualsiasi momento, la presenza di un’infestazione all’interno di una coltura provoca un danno più o meno evidente. E’ per questo che generalmente tali soglie vengono calcolate considerando a priori una perdita relativa accettabile (es. 2,5-5 o 10% a seconda dei casi). Le curve di DCT e PRAM sono utilizzate per calcolare il “Periodo Critico” (PC) (fig. 1C), che può essere definito come il periodo durante il quale la presenza di infestanti provoca una diminuzione della resa della coltura. Il PC varia con la coltura, con il tipo e la densità dell’infestazione, la stagione, la località, il livello di fertilità del suolo (Tei, 1988; Sattin e Tei, 2001). Le definizioni delle soglie di durata della competizione hanno interessanti implicazioni pratiche. La DCT consente di pianificare un controllo delle malerbe tempestivo sia con i mezzi meccanici (sarchiatura, Fig. 1 - Andamento della produzione relativa in funzione della durata della competizione: (A) Durata della Competizione Tollerata, DCT; (B) Periodo Richiesto di Assenza delle Malerbe, PRAM; (C) Periodo Critico (PC). Spiegazione nel testo (da Sattin e Tei, 2001). Fig. 1 - Relative yield in function of the duration of competition: (A) early threshold competition, (B) late threshold competition, (C) critical period for weed control, (from Sattin & Tei, 2001). spazzolatura, ecc.) sia chimici (trattamenti di postemergenza). Il PRAM permette di ben valutare quale minima persistenza d’azione deve avere il principio attivo impiegato in pre-semina o pre-emergenza (così da ridurre gli eventuali danni da fitotossicità alle colture successive, l’insorgenza di fenomeni di resistenza agli erbicidi) o di definire fino a quando mantenere pulita la coltura con interventi meccanici o fisici (es. pacciamatura biodegradabile). Il PC, riassumendo le indicazioni di DCT e PRAM, dà informazioni utili in quale parte del ciclo colturale concentrare gli interventi di controllo affinché essi abbiano la massima efficienza. Considerando che molte orticole hanno bassa capacità competitiva (es. cipolla, porro, insalate) e reddito elevato, si può intuitivamente capire perché le soglie economiche d’intervento siano molto basse ed 49 Tei e Pannacci il periodo critico della competizione (tab. 3) talvolta molto lungo. La gestione integrata della flora infestante Nei sistemi colturali a basso input e biologici la gestione delle malerbe coinvolge l’intero sistema colturale con un approccio di tipo integrato tra tutti i diversi mezzi di lotta ammissibili (agronomici, fisici, meccanici e/o chimici) (Zanin e Berti, 1989; Putnam, 1990; Swanton e Weise, 1991; Rasmussen e Ascard, 1995; Colquhoun e Bellinder, 1996; Koster et al., 1997; Montemurro e Tei, 1998; Bond e Lennartsson, 1999; Liebman e Davis, 2000; Bàrberi, 2000, 2002; Berti et al., 2001; Paolini, 2001; Tei, 2001; Buhler, 2002). Il sistema integrato di gestione delle malerbe (Integrated Weed Management System, IWMS) si compone di due fasi (fig. 2): 1) la gestione della popolazione di malerbe e 2) il controllo vero e proprio (Zanin e Berti, 1989; Berti et al., 2001). La gestione delle popolazione di malerbe comprende a sua volta interventi sulla coltura e interventi sulle popolazioni di malerbe. Gli interventi sulla coltura sono rappresentati dalle scelte di tecnica colturale (scelta varietale; modalità e epoca d’impianto; disposizione spaziale; modalità di irrigazione e concimazio- ne, colture di copertura, ecc.) che devono favorire quanto più possibile la coltura rispetto alle malerbe nel processo competitivo. Gli interventi sulla popolazione delle malerbe sono invece finalizzati a mantenere una flora equilibrata (ricorrendo soprattutto alla rotazione delle colture) e a ridurre lo stock di semi e gemme nel terreno (riducendo gli apporti di semi per diffusione accidentale o disseminazione naturale, lavorando adeguatamente il terreno, ricorrendo alla falsa semina, ecc.). Il controllo vero e proprio prevede l’integrazione dei diversi metodi diretti di lotta (fisici, meccanici, biologici, chimici) cercando di applicare una bassa pressione di selezione (al fine di limitare i fenomeni di comparsa di una flora di sostituzione), adottando soglie economiche d’intervento sia in termini di densità che di durata della competizione (Sattin e Tei, 2001) e, nel caso in cui il diserbo chimico sia ammesso (agricoltura convenzionale e a basso input), cercando di ottimizzare le dosi di erbicidi e la loro compatibilità ambientale. Berti et al. (2001) sottolineano che nell’IWMS la gestione delle popolazioni di malerbe rappresenta il momento strategico (o di lungo periodo) mentre il controllo vero e proprio quello tattico (o di breve periodo). In altre parole, le diverse azioni messe in atto nell’IWMS cercano di regolare i diversi fenomeni bio- Fig. 2 - Schematizzazione del sistema integrato di gestione delle malerbe (da Berti et al., 2001; modificato). Fig. 2 - Integrated Weed Management System (IWMS) (from Berti et al., 2001; modified). 50 Gestione malerbe in orticoltura logici ed ecologici che si hanno a livello della banca di semi di malerbe nel terreno (weed seedbank) (Roberts, 1981; Grundy e Jones, 2002), delle malerbe emerse e dei loro rapporti di interferenza con le colture (fig. 3). Mezzi colturali di controllo Azioni preventive Le azioni preventive hanno come scopo principale quello di evitare la diffusione delle malerbe già presenti e l’ingresso di specie “esotiche” seguendo alcune semplici regole di profilassi: impiegare sementi dotate di elevata purezza; pulire gli attrezzi e le macchine agricole quando hanno lavorato terreni infestati da specie rizomatose e/o stolonifere; filtrare adeguatamente le acque irrigue al fine di eliminare i semi in esse trasportati; adottare razionali sistemazioni idraulico-agrarie dei terreni al fine di evitare i ristagni idrici, la diffusione di alcune specie infestanti perennanti (es. Cirsium arvense, Equisetum spp.) e la crescita stentata delle colture; eliminare dai campi coltivati le piante di quelle specie ritenute di difficile e/o costoso controllo prima della loro disseminazione. Rotazione delle colture, colture di copertura, conso ciazione La rotazione delle colture determina un’ampia variabilità, nel tempo e nello spazio, dei “disturbi” verso le popolazioni di malerbe evitando così la selezione di specie infestanti adattate a specifiche situazioni colturali. In altre parole, la rotazione delle colture permette di mantenere comunità di malerbe dove non sono presenti fenomeni di sostituzione e di resistenza, dove c’è equilibrio tra i vari gruppi biologici ed ecofisiologici, dove non predominano specie vicine, dal punto di vista sistematico, alla pianta coltivata e, in definitiva, di favorire comunità di malerbe meno competitive e più facile da gestire (Liebman e Dyck, 1993; Karlen et al., 1994; Liebman e Davis, 2000; Benoit et al., 2003). I principi base sono, classicamente, i seguenti: • alternare colture con differente tipo di vegetazione: ortaggi da foglia (lattuga, spinacio, cavoli), da radice (carote, bietola rossa, cicoria, ecc.) o da tubero (patata), da bulbo (cipolla, aglio), da frutto (solanacee, cucurbitacee); • inserire quando possibile cereali (cereali vernini, mais, sorgo); • alternare colture con cicli colturali differenti; • evitare l’omosuccessione; • alternare colture con bassa (es. cipolla, aglio, porro, ravanello, insalate..) e alta capacità competitiva (es. patata, cucurbitacee, ecc.); • alternare colture nelle quali il controllo delle malerbe è più facile ed economico con quelle che hanno invece una gestione più critica. Fig. 3 - Dinamica della flora potenziale e reale e influenza dei fattori agronomici. Fig. 3 - Effect of cultural and weed control on weed seedbank and field flora ralationship. 51 Tei e Pannacci Se i principi agronomici di base e la loro importanza nelle gestione integrata delle malerbe sono inequivocabili, nella realtà operativa (soprattutto nelle colture protette) rotazioni (o avvicendamenti) razionali sono, purtroppo, spesso trascurate per la priorità assegnata a esigenze di carattere economico e di mercato. Omosuccessione e/o avvicendamenti molto stretti, abbinati all’uso ripetuto di pochi erbicidi, sono la causa della formazione di competitive e pertinaci flore di sostituzione in alcuni areali orticoli italiani (si pensi alle problematiche create dalle infestanti composite nelle aree venete del radicchio, dalle ombrellifere nelle zone laziali e abruzzesi di produzione della carota, ecc.). Diversi autori (si veda ad es.: Müller-Schärer e Potter, 1991; Bellinder et al., 1996; Liebman e Davis, 2000; Hartwig e Ammon, 2002; Bàrberi, 2002; Ngouajio et al., 2003; Brainard et al., 2004) hanno studiato la possibilità di inserire nella rotazione delle colture di copertura (cover crops), in genere graminacee, leguminose e/o crocifere, le quali, oltre a migliorare la gestione delle malerbe della coltura orticola in successione, possono mantenere o incrementare la fertilità del terreno e ridurre i rischi di erosione del terreno. Le cover crops possono essere anche impiegate come sovesci (Boydston e Hang, 1995), come pacciamatura verde (dead mulching) lasciando i residui in posto (Teasdale, 1993; Al-Khatib et al., 1997) o come pacciamatura viva (living mulching) in consociazione temporanea con la coltura da reddito (Liebman e Dyck, 1993; Theunissen, 1997; Brainard e Bellinder, 2004; Brainard et al., 2004). La risposta tecnica delle colture di copertura è comunque fortemente influenzata dalla loro gestione (scelta della specie, epoca di semina, epoca di interramento o di sfalcio, composizione della flora infestante, disponibilità di risorse idriche e nutritive, temporanea e limitata competizione con la coltura da reddito) (Hartwig e Ammon, 2002): nell’orticoltura mediterranea caratterizzata da limitate disponibilità idriche la loro importanza strategica sembra abbastanza limitata (Bàrberi, 2000). La consociazione vera e propria tra due colture orticole da reddito, grazie a nuove soluzioni tecniche per la raccolta, sta suscitando un nuovo interesse nell’ambito di sistemi organici e a basso input, come dimostrato da Baumann et al. (2000) in uno studio con porro e sedano. Infine, in caso di infestazione di piante parassite, nella rotazione possono essere inserite “piante trappola” che stimolano la germinazione dei semi dell’infestante senza essere parassitizzate, permettendone così un controllo adeguato: è questa la tattica proposta con la semina di pisello, erba medica, soia, aglio, sorgo o 52 mais nel controllo di infestazioni di Orobanche spp. (Linke e Saxena, 1991; Schnell et al., 1994; Zonno et al., 2000). Lavorazione del terreno e falsa semina La scelta del tipo e della profondità delle lavorazioni preparatorie influenza la dinamica dello stock di semi nel terreno e delle emergenze delle malerbe in relazione a dormienza, longevità, dimensione dei semi e a capacità di emergenza delle plantule da strati più o meno profondi del terreno (Wallace e Bellinder, 1992; Berti e Sattin, 1993; Ferrero e Vidotto, 1998; Marshall e Brain, 1999; Baldoni et al., 2000; Ferrero e Casini, 2001a) come studiato e sviluppato anche in alcuni modelli previsionali delle emergenze di malerbe (Grundy, 2003; Grundy et al., 2003). Schematicamente e sinteticamente si può affermare che le lavorazioni minime tendono ad accumulare i semi di malerbe negli strati più superficiali del terreno e perciò a favorire la germinazione e l’emergenza delle specie a seme piccolo, poco dormiente e poco longevo. Particolare attenzione va perciò posta nel loro controllo con le lavorazioni complementari e con i successivi metodi diretti di controllo al fine di evitare l’aumento delle infestazioni per disseminazione delle piante sopravvissute. L’interramento profondo con le arature ha effetti positivi sul controllo di malerbe poco longeve e poco dormienti, mentre sposta solo nel tempo i problemi creati da quelle che hanno semi che entrano in una forte dormienza secondaria e che hanno elevata longevità (Baldoni e Benvenuti, 2001). Un terreno ben preparato si rivela sempre premessa indispensabile per un rapido insediamento della coltura e per una corretta azione degli erbicidi residuali eventualmente applicati. La preparazione anticipata del letto di impianto della coltura (falsa semina) (Colquhoun e Bellinder, 1996; Ferrero e Vidotto, 1998; Melander et al., 2005), coadiuvata, se necessario, anche da un intervento irriguo, è una tecnica che tende a stimolare l’emergenza anticipata (di 2-3 settimane rispetto all’emergenza o al trapianto della coltura) di un certo numero di malerbe dai primi strati di terreno (4-6 cm). Le malerbe emerse possono poi essere eliminate mediante una leggerissima erpicatura (erpici a maglia o erpici strigliatori), con il pirodiserbo o con l’applicazione di un erbicida ad azione totale (glyphosate, glyphosate trimesium, gluphosinate ammonium), riducendo di conseguenza l’infestazione nella coltura. Nell’applicazione di tale tecnica è fondamentale che le erpicature interessino solo i primi strati di terreno (1-2 cm) e che l’impianto della coltura avvenga con il minimo disturbo del terreno al fine di Gestione malerbe in orticoltura evitare di riportare in superficie nuovi semi ed esporli a favorevoli condizioni per la germinazione: ciò, infatti, darebbe origine a nuovi flussi di emergenze. La falsa semina è largamente impiegata in Europa nell’IWMS di carota (Tei et al., 2002b) e cipolla (Tei et al., 1999). L’epoca e la modalità di esecuzione della lavorazione principale sembrano avere una grande influenza anche sull’ammontare della predazione di semi caduti sulla superficie del terreno a carico di uccelli, roditori e insetti, aspetto che è stato finora relativamente poco studiato. Ricerche condotte in Inghilterra su frumento (Wilson et al., 1995) hanno evidenziato che da ottobre a febbraio fino a circa il 90% dei semi di Avena fatua sulla superficie del terreno sono predati, per cui sarebbe consigliabile non arare subito dopo la raccolta del cereale. È stato rilevato che il tasso di predazione, considerando sia la predazione in pre-dispersione (quella che si verifica prima della disseminazione) sia in post-dispersione (quella che si verifica a carico dei semi caduti sulla superficie del terreno), si situi tra il 60% ed il 100% nell’arco di circa 12 mesi (Westerman et al., 2003). Questi risultati preliminari non fanno che confermare l’importanza di gestire l’agroecosistema nel suo complesso (Marshall et al., 2003). Scelta della cultivar Le cultivar, oltre che per la capacità produttiva, la resistenza alle avversità parassitarie e le caratteristiche qualitative, dovrebbero essere selezionate e scelte anche per quelle caratteristiche morfologiche e fisiologiche (sviluppo dell’apparato radicale, rapida crescita iniziale, apparato fogliare ampio e ombreggiante, azione allelopatica, ecc.) che determinano una buona competitività nei confronti delle malerbe. E’ solo da pochi anni che questi aspetti sono stati presi in considerazione sia dai miglioratori vegetali sia dalle ricerche agronomiche nel settore orticolo, ma prospettano risultati applicativi interessanti (Richards e Whytock, 1993; Grundy et al., 1999; Paolini, 2001; Ngouajio et al., 2001; Melander e Rasmussen, 2001; McDonald, 2003; Paolini et al., 1993; Paolini e Faustini, 2005). Impianto della coltura E’ fondamentale impiegare semi con elevato vigore e seminare all’epoca e profondità adeguate, su terreni ben preparati, così da avere emergenze regolari ed uniformi e perciò una coltura che si insedia rapidamente ed esercita una migliore competizione verso le malerbe. Nelle colture in cui è possibile, è preferibile il tra- pianto alla semina diretta in quanto si crea un vantaggio competitivo iniziale a favore della coltura, il periodo critico della competizione si accorcia e risulta più agevole l’adozione dei mezzi di controllo (meccanici e/o chimici). Ad esempio, in pomodoro da industria gli indici di competitività di alcune infestanti sono più elevati nella coltura seminata che in quella trapiantata (Berti e Zanin, 1998), il periodo critico va da 30 a 60 giorni dopo l’emergenza (Duranti e Carone, 1983; Weaver e Tan, 1983; Weaver, 1984) e da 24 a 40 giorni dopo il trapianto (Weaver e Tan, 1983; Montemurro et al., 1991) e l’adozione del trapianto è il cardine della gestione integrata delle temibili e frequenti infestazioni di Solanum nigrum (Tei et al., 2003). Tuttavia, non sempre il vantaggio risulta significativo come si è rilevato in cocomero infestato da Cyperus esculentus (Buker et al., 2003). L’aumento della densità d’impianto e l’adozione di file più strette per aumentare la competitività della coltura (Lawson e Topham, 1985; Malik et al., 1993; Norris et al., 2001; Uludag et al., 2003; Blackshaw et al., 2000) possono offrire delle opportunità applicative interessanti, così come l’impiego di file binate (es. in peperone, pomodoro, cavolfiore, ecc.). In alcune colture, però, il costo delle piantine da trapianto (es. pomodoro, peperone, ecc.), l’effetto negativo di una maggiore densità sulle dimensioni e sulle specifiche qualitative del prodotto commerciale (es. cavolfiori, lattughe, ecc.) e la necessità di avere file ben spaziate per l’utilizzo dei mezzi meccanici di controllo delle malerbe (es. in cipolla, carota, finocchio, ecc.) (Tei et al., 1999, 2002a, 2002b) limitano fortemente questo aspetto della gestione integrata. Irrigazione e concimazione Il ruolo dell’irrigazione e della concimazione nell’ambito di programmi di gestione integrata delle malerbe non è di facile comprensione, definizione e applicazione. Infatti la disponibilità di acqua e di elementi nutritivi è un fattore che può avvantaggiare sia le malerbe sia la coltura, in relazione alle loro caratteristiche eco-fisiologiche, determinando un’influenza sui rapporti competitivi non facilmente prevedibile (Di Tomaso, 1995; Liebman e Davis, 2000; Bàrberi, 2002; Ugen et al., 2002; Santos et al., 2004a). In generale si intuisce l’importanza applicativa anche per la IWMS della fertilizzazione localizzata, la quale, tende a favorire la crescita iniziale della coltura (es. fertilizzazione starter) e/o a limitare l’apporto di elementi fertilizzanti e di acqua (es. fertilizzazione a bande, fertirrigazione, irrigazione localizzata) alla sola pianta coltivata (Santos et al., 2004b). 53 Tei e Pannacci Mezzi fisici di controllo I mezzi fisici di controllo che trovano un’applicazione nell’orticoltura sono la pacciamatura, la solarizzazione e il pirodiserbo con apparecchiature a fiamma libera e a infrarossi, mentre i trattamenti termici con apparecchiature a microonde, a raggi laser, a raggi gamma, elettriche, a vapore acqueo (Melander e Jørgensen, 2005) ed il criodiserbo devono ancora risolvere problemi di carattere funzionale ed economico prima della loro utilizzazione nella realtà operativa (Ferrero e Vidotto, 1998; Ferrero e Casini, 2001b; Bond e Grundy, 2001; Bàrberi, 2002; Melander et al., 2005). Pacciamatura L’efficacia della pacciamatura con materiali organici (foglie, paglia, segatura, cortecce triturate, aghi di pino, ecc.) e film plastici neri, grigi o fumé nel contenimento delle malerbe e nel miglioramento di alcune caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del terreno è stata ampiamente studiata ed è universalmente nota (Horowitz, 1993; Abdul-Baki et al. , 1996; Grassbaugh et al., 2004; Minuto et al., 2005). La pacciamatura organica trova impiego prevalente nei sistemi colturali biologici anche se l’efficacia dipende molto dall’altezza dello strato pacciamante (Schonbeck et al., 1991; Teasdale e Mohler, 2000) e l’economicità dall’origine aziendale del materiale (Runham e Town, 1995). La pacciamatura con film neri in polietilene (PE) è largamente diffusa in molte colture orticole (es. fragola, pomodoro, melanzana, melone, cocomero, ecc.) in quanto molto efficace nel controllo delle infestanti pur determinando, rispetto ai film trasparenti, un minor riscaldamento del terreno (Ferrero e Vidotto, 1998). Negli ultimi anni sono stati riproposti, con accoglimento superiore al passato (grazie anche ai costi più sostenibili), alcuni film fotoselettivi (es. bianco-nero, marrone, rosso-marrone, argento-marrone, argentonero, giallo-marrone) che combinano le proprietà termiche precocizzanti dei film plastici trasparenti e le proprietà di controllo delle malerbe di quelli neri (Majek e Neary, 1991). Un sempre maggiore interesse stanno riscuotendo i film con materiali termoplastici a base di amido di mais che sono altamente biodegradabili e assicurano un’azione pacciamante di 2-4 mesi, sufficiente a coprire il periodo critico della competizione di gran parte delle colture orticole. La loro efficacia nel controllo delle piante infestanti e la loro velocità di degradazione risultano influenzate principalmente dalla formulazione e dallo spessore. Risultati positivi sono 54 stati ottenuti su diverse colture orticole (lattuga, pomodoro, basilico), dove, oltre a fornire un buon effetto diserbante e precocizzante, possono essere incorporati nel terreno a fine ciclo degradandosi rapidamente (Minuto et al., 2005). Tra i materiali non plastici un certo interesse rivestono i fogli di composti cellulosici (paper mulches), incorporabili nel terreno a fine ciclo, che hanno dimostrato un efficiente controllo delle malerbe ma un’azione precocizzante inferiore rispetto a quelli plastici (Paolini, 2000; Runham et al., 2000; Radics e Bognár, 2004) oltre ad una più rapida degradazione soprattutto in ambienti non protetti (Schonbeck e Evanylo, 1998). La pacciamatura in generale risulta essere efficace verso le malerbe annuali mentre non controlla quelle perenni (es. Cynodon dactylon, Cyperus spp., ecc.) (Bond e Grundy, 2001; Ferrero e Casini, 2001b; Radics e Bognár, 2004). I Cyperus, molto diffusi su terreni sabbiosi di molte aree orticole meridionali, addirittura riescono a forare con le foglie i film plastici. Inoltre, la pacciamatura organica può in alcuni casi favorire lo sviluppo di specie infestanti a disseminazione anemofila (es: Compositae) (Borowy, 2004). Solarizzazione Questa tecnica di “geosterilizzazione” consiste nel riscaldamento del terreno umido determinato dall’irraggiamento solare e dalla pacciamatura con film plastico trasparente di 0,2 mm di spessore. La copertura deve essere mantenuta per alcune settimane (da 4 a 8 circa) in climi caldi e soleggiati. La tecnica è stata ideata con l’intento di controllare malattie fungine trasmesse dal terreno e nematodi ma ha dimostrato una buona efficacia anche verso le piante infestanti (Elmore, 1989; Campiglia et al., 2000). Infatti, la solarizzazione permette di mantenere sufficientemente alta (>40°C) la temperatura del terreno per periodi abbastanza lunghi da devitalizzare i semi e/o le plantule delle malerbe (Chase et al., 1999). La sensibilità alla solarizzazione varia con la specie: molte annuali sono sensibili, ad eccezione di A v e n a f a t u a e Portulaca oleracea mediamente sensibili e Conyza c a n a d i e n s i s moderatamente resistente; le perenni (Convolvulus arvensis, Cyperus spp. Cynodon dacty lon, Sorghum halepense e Equisetum spp.) sono resistenti (Ferrero e Vidotto, 1998). Anche se la sperimentazione nel nostro paese ha dimostrato la validità di questa tecnica sia in pieno campo sia in serra, la sua applicazione è generalmente limitata alle colture orticole protette (Campiglia et al., 1998, 2000; Temperini et al., 1998; Vidotto et al., 2002). Gestione malerbe in orticoltura Pirodiserbo Il pirodiserbo con apparecchiature a fiamma libera e ad infrarosso è senza dubbio il sistema più diffuso e utilizzato tra quelli che prevedono l’impiego del calore per il controllo delle malerbe (Ascard, 1998; Ferrero e Casini, 2001b). Le apparecchiature a fiamma libera alimentate a GPL sono state sviluppate in Germania, Olanda, Svezia e Danimarca (Hølmoy e Netland, 1994; Ascard, 1995; Bond e Grundy, 2001) e possono esser impiegate in epoche diverse: in presemina o pre-trapianto per l’eliminazione delle malerbe sui terreni preparati anticipatamente per l’impianto (Balsari et al., 1994; Ferrero e Casini, 2001b); in preemergenza sfruttando il diverso posizionamento dei semi delle malerbe e della coltura lungo il profilo del terreno e la loro diversa epoca di emergenza, come avviene per carota, cipolla e prezzemolo (Parish, 1993; Casini, 1994; Ascard, 1995; Melander e Rasmussen, 2001); in post-emergenza con o senza l’impiego di schermi protettivi a seconda della tolleranza della coltura alle alte temperature (es. in cipolla, cavolo cappuccio, carciofo, mais dolce) (Ascard, 1990; Raffaelli et al., 2004). Mezzi meccanici di controllo Sotto la spinta delle esigenze dell’agricoltura biologica, nell’ultimo decennio sono stati raggiunti considerevoli miglioramenti nel controllo con mezzi meccanici delle malerbe nelle colture orticole a file spaziate (Ferrero e Vidotto, 1998; Raffaelli e Peruzzi, 1998; Ferrero e Casini, 2001a; Bond e Grundy, 2001). I mezzi meccanici per il controllo delle malerbe nell’interfila (sarchiatrici, erpici, spazzolatrici) generalmente presentano una elevata efficacia, causano pochi problemi applicativi e sono largamente impiegati in orticoltura (Baumann, 1992; Rasmussen, 1996; Melander, 1997). Le lavorazioni consecutive interfila diminuiscono la dipendenza dalle scerbature manuali nei sistemi colturali biologici e possono essere abbinate al diserbo localizzato in banda sulla fila al fine di ridurre l’applicazione degli erbicidi in sistemi colturali a basso input (Tei et al., 2003). I mezzi meccanici che operano sulla fila (o molto vicino alla fila) sono basati su vecchi principi, ma con nuove applicazioni e versioni migliorate come le sarchia-separatrici, le “finger weeders”, le “torsion wee ders” e le sarchiatrici “guidate” (steering hoe) (Ascard e Bellinder, 1996; Raffaelli e Peruzzi, 1998; Tei et al., 2002a; Peruzzi et al., 2004a, b). La loro efficacia non è mai completa e il loro impiego ha senso solo se inserito in un razionale e accurato programma di gestione integrata delle malerbe. In generale l’efficacia dei mezzi meccanici di controllo delle malerbe è fortemente influenzata dal tipo e dallo stato idrico del terreno, dalle specie infestanti presenti, dalla loro resistenza all’estirpazione (uproo ting) (Fogelberg e Dock Gustavsson, 1998) e dallo stadio di crescita di coltura e malerbe (Fogelberg e Dock Gustavsson, 1999); il loro impiego, quindi, deve essere adeguatamente sperimentato nelle diverse condizioni pedo-climatiche e colturali (Rasmussen, 1996). Tuttavia, le possibilità applicative dei mezzi di controllo meccanico (e fisico) sembrano suscitare un interesse crescente in seguito alla richiesta sempre maggiore di prodotti ottenuti senza (agricoltura biologica) o con ridotto impiego di sostanze di sintesi (agricoltura integrata). Scerbature manuali Nei sistemi colturali biologici, nonostante l’accurata gestione delle popolazioni di malerbe, l’applicazione della falsa semina, del pirodiserbo in pre-semina e/o pre-emergenza e di ripetuti interventi meccanici nell’interfila e/o vicino alla fila delle colture, è spesso necessario intervenire manualmente (impiegando “weed beds” per 8-12 persone) per completare l’azione di controllo delle malerbe (Chatizwa, 1997). L’ impiego di manodopera è elevatissimo: fino a 300 h ha-1 in cipolla e 500 h ha -1 in carota (Tei et al., 1999, 2002b). Controllo biologico Nel settore orticolo dei sistemi agricoli europei caratterizzati da polverizzazione della maglia fondiaria, da ampia variabilità di coltivazioni e da infestazioni plurispecifiche di malerbe, i mezzi di lotta biologica alle piante infestanti non sembrano al momento essere applicabili su larga scala e con successo (Müller-Schärer et al., 2000; Liebman e Davis, 2000). Tuttavia, la ricerca sta indubbiamente producendo notevoli sforzi per affinare le conoscenze e le possibilità applicative, utilizzando anche strategie per combinare mezzi di lotta colturali, fisici e biologici nell’ambito della gestione integrata (Cousens e Croft, 1999; Hatcher e Melander, 2003). L’allelopatia (Putnam e Duke, 1978), al di là della sua importanza ecologica per i fenomeni di interferenza che ha sulla crescita delle comunità vegetali in ambienti naturali o antropizzati, è oggi comunemente considerata come una componente importante della lotta biologica, potenzialmente sfruttabile a fini applicativi per il controllo delle malerbe (Weston, 1996; Inderjit e Keating, 1999). In questo filone si inseriscono anche le sostanze naturali e loro derivati che costi55 Tei e Pannacci tuiscono o potrebbero costituire la base di erbicidi naturali di grande interesse commerciale (Duke et al., 2000). Diserbo chimico Nelle colture orticole dei sistemi colturali convenzionali e a basso input il diserbo chimico rappresenta ancora un mezzo tecnico di importanza fondamentale, ma con alcune peculiari problematiche agronomiche, ambientali ed igieniche (Montemurro e Tei, 1998; Tei, 2001): 1) la relativamente bassa superficie agraria investita ad ortaggi ha comportato, e comporta ancora oggi, uno scarso interesse dell’industria chimica dei fitofarmaci nel soddisfare le esigenze specifiche delle colture orticole. Molti erbicidi, pertanto, vengono sintetizzati per le grandi colture (mais, frumento, riso, soia) e trovano nelle orticole solo un campo d’impiego accessorio. Questa situazione fa sì che gli erbicidi autorizzati all’impiego nelle diverse colture orticole siano pochi e spesso tecnicamente obsoleti (Campagna et al., 2003). La ristretta gamma di erbicidi disponibili ha due conseguenze importanti: - i pochi prodotti efficaci e selettivi vengono usati ripetutamente causando la rapida selezione della flora infestante con affermazione di una flora di sostituzione (Lucchin et al., 2001) composta soprattutto da specie filogeneticamente, morfologicamente e fisiologicamente simili alla pianta coltivata (es. S. nigrum nel pomodoro, C o m p o s i t a e nelle insalate, Cruciferae nei cavoli); - i mezzi alternativi al diserbo chimico (solarizzazione, pacciamatura, sarchiatura, ecc.), al contrario che in altre colture, hanno ampia diffusione per completare o sostituire l’attività spesso insufficiente degli erbicidi. 2) Il ciclo colturale, pur se estremamente variabile a seconda della specie e/o della cultivar, è spesso breve e gli avvicendamenti colturali prevedono colture in rapida successione, con intervalli brevi tra una coltura e l’altra. Questo comporta evidenti problemi tecnici quando un erbicida presenta una persistenza eccessiva in rapporto al ciclo colturale (tab. 3) e una scarsa selettività verso la coltura in successione (Onofri et al., 1998). 3) Le parti eduli delle ortive vengono raccolte e commercializzate fresche e spesso consumate senza ulteriori processi di cottura o conservazione. I tempi di carenza (periodi di sicurezza) degli erbici- 56 di si sovrappongono perciò spesso con il breve ciclo colturale (tab. 3) ed escludono o riducono l’impiego di molti principi attivi soprattutto in post-emergenza o post-trapianto. 4) Le zone orticole particolarmente vocate si trovano spesso in terreni molto sciolti o lungo i litorali e molte specie richiedono apporti idrici elevati: questo fa sì che i rischi di lisciviazione degli erbicidi siano talvolta molto alti (Onofri et al., 1998). 5) La selettività degli erbicidi è spesso influenzata dalla cultivar: questo aspetto è poco conosciuto e necessiterebbe di una continua sperimentazione come conseguenza del rapido aggiornamento del panorama varietale, caratteristico del settore orticolo. La selettività, infine, può dipendere fortemente anche dalla modalità d’impianto (semina o trapianto) e dall’ambiente di coltivazione (in piena aria, sotto film plastico, sotto tunnel o serra) che ciascuna coltura orticola può presentare (Campagna et al., 2003). Per tutti i motivi elencati è evidente come il settore orticolo sia uno dei più critici per le scelte tecniche legate all’uso degli erbicidi nell’ambito di programmi di gestione integrata delle malerbe. Pertanto, i principi di base della gestione delle malerbe con mezzi chimici devono essere i seguenti (Berti et al., 2001; Kudsk e Streibig, 2003): a) non impiegare sempre gli stessi principi attivi o con simile modalità d’azione e ricorrere alle miscele al fine di ridurre la pressione di selezione sulla comunità di malerbe; b) valutare la convenienza economica del diserbo chimico tenendo conto delle soglie economiche d’intervento (di densità e di durata); c) applicare la dose minima possibile per ottenere l’efficacia voluta (Streibig, 1988; Onofri et al., 1994, 1997; Covarelli e Pannacci, 2000) e in modo frazionato. La tecnica delle dosi ridotte o molto ridotte (DMR) è ampiamente diffusa in cipolla, carota, pomodoro (Edwards et al., 1995; Tei et al., 1999, 2002b, 2003); d) utilizzare erbicidi a basso impatto ambientale o, in altre parole, sceglierli anche secondo il loro favorevole profilo ecotossicologico (Otto et al., 2001; Onofri et al., 1998; Vicari et al., 2001; Calliera et al., 2001). e) preferire, quando possibile, gli interventi di postemergenza che permettono una valutazione esatta del tipo e della densità dell’infestazione, una scelta appropriata dei principi attivi e un minore rischio ambientale data la più rapida degradabilità dei pp.aa. impiegati in questa epoca (Vicari e Bassi, 2001); Gestione malerbe in orticoltura f) distribuire i diserbanti in modo localizzato, diserbando solo la fila della coltura e sarchiando le interfile o adottando sistemi e tecniche dell’agricoltura di precisione (precision agriculture). Come noto, le popolazioni di malerbe sono spazialmente e temporalmente eterogenee all’interno dei campi coltivati (Ferrari et al., 1987; Thornston et al. , 1990) per cui si trovano spesso in chiazze di varie dimensioni o in strisce lungo i bordi dei campi o la direzione delle lavorazioni. L’adozione delle soglie economiche d’intervento perde perciò di efficacia ed efficienza se estesa a tutto il campo coltivato. Il rilevamento della composizione, della densità e dell’uniformità dell’infestazione mediante campionamento in campo (scouting) (Ferrari et al., 1987; Berti et al., 2001) è perciò il passo indispensabile per il controllo localizzato delle malerbe, solo dove necessario, con ovvi vantaggi di natura ambientale ed economica (Maxwell e Luschei, 2005). Con terminologia anglosassone, l’agricoltura di precisione applicata alla gestione delle malerbe viene indicata come S i t e Specific Weed Management (SSWM). Oggi grazie al progresso tecnologico (Zerbi et al., 1997) sono in corso di sviluppo sensori che rilevano le infestazioni grazie alle loro specifiche e discriminanti (rispetto alla coltura e/o al terreno) caratteristiche spettrali della luce riflessa (spectral reflectance) (Chapron et al., 1999) che, in futuro, potranno permettere di sostituire lo scouting del tecnico in campo. Il loro uso, in combinazione con i sistemi di global positioning systems (GPS) e geographyc information systems (GIS), trova due tipi di applicazione (Brown e Noble, 2005): • rilievi aerei (airborne remote sensing) per la mappatura di chiazze di malerbe dense, uniformi e con precise caratteristiche spettrali; • apparecchiature di rilevamento in tempo reale (ground-based detection, real-time detection), in abbinamento con sistemi di analisi dell’immagine (Heisel e Christensen, 1999) che permettono la discriminazione delle specie infestanti in funzione della forma e del colore delle plantule (Hahn e Muir, 1994; Woebbecke et al., 1995a, b), montate su trattrici, diserbatrici o mezzi di controllo meccanico (Lee et al., 1999; Dammer et al., 2003). Le informazioni acquisite dai diversi sistemi di rilevamento e mappatura delle malerbe dovrebbero trovare sempre più la massima utilità ed efficienza nel “guidare” le diserbatrici o il controllo meccanico in combinazione con la mappatura di altre caratteristiche pedoclimatiche (es. tessitura; contenuto idrico e di sostanza organica del terreno; regimi termici, ecc.) nell’ambito di modelli previsionali e sistemi di sup- porto decisionale (decision support systems, DSS) (Rydhal e Pinnschmidt, 2004; Shaw, 2005) relativi a diversi aspetti della malerbologia, dall’emergenza delle malerbe (Grundy, 2003), alla competizione coltura-malerbe (Grundy et al., 2005), dalla scelta degli erbicidi (Berti e Zanin, 1997) al destino ambientale dei diserbanti impiegati (Boesten, 2000). Conclusioni La gestione ecologicamente ed economicamente sostenibile delle malerbe nelle colture orticole passa attraverso il miglioramento e l’applicazione di tre principali aspetti e momenti tecnici (Kropff e Walter, 2000): 1) la prevenzione, che implica qualunque aspetto gestionale che favorisca la coltura nei confronti delle malerbe; 2) il controllo, che coinvolge il miglioramento e l’avanzamento tecnologico dei diversi mezzi di lotta ed è strettamente legato allo sviluppo dell’agricoltura di precisione; 3) la fase decisionale, che deve essere sia tattica (a breve termine) sia strategica (a lungo termine) basandosi su precise informazioni circa i processi biologici al fine di determinare se, quando, dove e come le malerbe devono essere controllate. L’elaborazione di razionali e affidabili programmi di gestione delle malerbe nelle colture orticole richiede, pertanto, conoscenze scientifiche e tecniche relative alla biologia ed ecologia delle comunità di malerbe, alla loro evoluzione in funzione delle tecniche agronomiche applicate, alle basi ecofisiologiche dei fenomeni di competizione colture-malerbe e alla loro possibilità di essere modulati con le scelte di tecnica colturale, alla modalità ed efficacia d’azione dei diversi mezzi di controllo, alle caratteristiche chimiche, fisiche ed eco-tossicologiche degli erbicidi ed al loro comportamento e destino ambientale, alla conoscenza dei fattori naturali e antropici che interagiscono nell’agroecosistema. Lo sviluppo e l’impiego di affidabili modelli relativi alla dinamica delle popolazioni delle malerbe, alla competizione e al destino ambientale degli erbicidi permetterà di coprire i vuoti fra le conoscenze a livello di processo e la gestione delle malerbe a livello di campo. Tutto ciò, con gli incredibili avanzamenti nella sensoristica e nell’informatica, permetterà in un futuro non più lontano, nonostante le evidenti difficoltà tecniche, di veder sempre più spesso applicata e diffusa una gestione integrata e di precisione delle malerbe. 57 Tei e Pannacci Riassunto Un sistema integrato di gestione delle malerbe nelle colture orticole deve basarsi: a) sulle scelte di tecnica colturale che devono favorire quanto più possibile la coltura rispetto alle malerbe nel processo competitivo, mantenere una flora equilibrata e poco competitiva e ridurre la banca di semi nel terreno; b) sull’integrazione dei diversi metodi diretti di lotta con una bassa pressione di selezione, adottando soglie economiche d’intervento, ottimizzando le dosi di erbicidi e la loro compatibilità ambientale. Lo sviluppo e l’adozione di modelli, di sistemi di supporto decisionale e di criteri e tecniche di agricoltura di precisione saranno cruciali per l’elaborazione di una gestione integrata sostenibile. Il lavoro, tenendo conto delle caratteristiche peculiari delle colture orticole, propone strategie ed criteri di gestione delle malerbe. Parole chiave: malerbe, IWM, agricoltura di precisione, controllo non chimico, erbicidi. Bibliografia ABDUL -BAKI A., T EASDALE J.R., K ORCAK R., C HITWOOD D.J., HUETTEL R.N., 1996. Fresh-market tomato production in a low-input alternative system using cover-crop mulch . HortScience 31: 65-69. AGRIOS G.N., 1997. Plant diseases caused by parasitic higher plants. In: Plant Pathology, 4th ed., Academic Press, San Diego, CA, USA: 471-478. AL-KHATIB K., L IBBEY C., B OYDSTON R., 1997. Weed suppression with Brassica green manure crops in green pea. Weed Science 45: 439-445. ASCARD J., 1990. Thermal weed control with flaming in onions. 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