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Rassegna Stampa
La Repubblica Palermo
Giovedì 8 Gennaio 2015 pagina 1
MONDELLO, CHE AGONIA IL DEGRADO "VISTA MARE" METTE IN FUGA
I TURISTI - C'ERA UNA VOLTA MONDELLO COSÌ IL DEGRADO SVUOTA
LA BORGATA
Mondello, inverno 2015. Prima scena: lì dove la vocazione turistica inciampa,
l'azzardo sovrasta. Un tempo c'era la Sirenetta, sala trattenimenti, oggi c'è il canto
delle sirene del Punto Snai, sala scommesse: il locale e il panorama sono gli stessi,
cambiano solo gli orizzonti dei clienti. Valdesi è l'antipasto di Mondello, l'anticipo
sempre più sostanzioso di un'offerta sempre più debole. Qui infatti si è spostato il
baricentro economico dell'intera borgata, specialmente fuori dalla stagione turistica.
Nel triangolo tra la libreria Sellerio, il bar Scimone e il fruttivendolo Pizzichellino, i
residenti invernali fanno gruppo, s'inventano una parvenza di comunità. A poche
decine di metri, la sala scommesse racconta invece altre storie con altri protagonisti
che vengono dalla città e che non pesano nulla nell'economia del borgo: arrivano,
parcheggiano senza problemi, scommettono, e tanti saluti.
Seconda scena: il mare è più bello se a portata di sportello. Sui piani di
pedonalizzazione e in generale sulle futuribili rivoluzioni viarie di Mondello, sono state
scritte pagine e pagine. Tutte di carta straccia Negli anni ci si è inventati malinconiche
navette, si sono studiati parcheggi con altissimo tasso di desertificazione, ci si è
cimentati con complesse geometrie urbanistiche in cui l'unico problema per stabilire
un senso unico era innanzitutto trovare un senso, in generale. Davanti al suo
ristorante, "da Sariddu", Giosuè Arcoleo si professa da sempre sostenitore della
chiusura al traffico della piazza di Mondello: «II problema è che, però, ai palermitani
piace mangiare con le auto che passano accanto al tavolino». Quindi come si fa? II
menù a favore di scappamento è una prospettiva poco salutare ma più redditizia per
un'economia che non riesce a destagionalizzarsi, non è la soluzione ma il tampone per
un'emorragia di interesse nei confronti della borgata. Perché la vera emergenza qui
non è la crisi, ma l'appeal della piazza. Lo conferma il fiorire di pube paninerie,
sempre pieni, esche ideali peri pesci di passaggio: parcheggi su un marciapiede,
ingurgiti un panino, dribbli il posteggiatore abusivo e in dieci minuti sei sulla strada di
rientro. Il mare resta lontanissimo, inquadrato nella sua cornice tristemente ideale:
quella del vetro dell'auto. Nulla di più e molto di meno.
Terza scena la globaliz7 7ione mette lo street food alle corde. Le insegne della piazza
di quello che i palermitani chiamano "Mondello Paese" raccontano un cambiamento
estremo nell'offerta alimentare. Polpo e paella erano re e regina, ora sono
semplicemente ammessi a corte in una folla di stuzzichini, finger food, cheesburger,
fritture che rinnegano le loro origini surgelate e spuntini dai pacchiani travestimenti
esotici. Accanto alla scritta "Prova il nostro panino con le panelle", ce n'è un'altra,
"Prova il nostro angus", Il ristoratore: "Purtroppo al palermitano piace mangiare con le
auto che passano accanto ai tavolini apparecchiati" nel bizzarro presupposto che il
fritto di casa nostra possa avere come sposa ideale la carne scozzese. Più avanti la
coppia è multietnica, kebab e milza, ed è un sottile piacere abbandonarsi al pensiero
che il bicarbonato, almeno quello, sopravvive alle rivoluzioni culturali e al mutare dei
costumi Giuseppe Bonomo, proprietario della panineria "Peppino's" rivendica un
merito nel nuovo corso: «Largo ai giovani», dice affidando tutta la sua convinzione a
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una chioma folta e oscillante, «abbiamo smesso di lamentarci, noi lavoriamo bene
sempre, basta che non chiudano la piazza alle macchine». Vedi sopra: chi dorme non
piglia pesci di passaggio.
Quarta scena chi finisce in mezzo a una strada e chi si affida al marciapiede (non per
metafora). La chiusura di "Renato Bar" porta a uno squilibrio sostanziale nella piazza.
Per decenni il dualismo con l'"Antico Chiosco" ha alimentato classifiche (per i cornetti
è meglio l'uno, per il calzone al forno meglio l'altro), ha stimolato strategie (aperitivo
dall'uno e non dall'altro perché il cameriere è più simpatico), ha consolato come solo
una routine oziosa sa fare (quando uno era chiuso e l'altro aperto era come guardare
la realtà con un solo occhio). Oggi la piazza sembra più deserta senza quel vedere
doppio di tavolini, sedie, camerieri in divisa E la sensazione di rarefazione è
accentuata dall'affollamento del marciapiede che dà sul mare. Una distesa di borse
marca cavallo, orologi a cinque euro, cover di iPhone, paccottiglia finto africana con
giraffe di legno quasi a dimensione naturale e matasse di braccialetti colorati. Non è
passeggiata ma slalom, non è spazio da percorrere ma lume virtuale da attraversare. E
in fondo non c'è nulla da scandalizzarsi, i tempi lasciano il seghe il segno dei tempi si
legge, non si interpreta.
Quinta scena chi si ricorda dei polipari e delleloro baracche? Di certo Paolo Muratore,
presidente dell'associazione "Mondello Young": «Nel 1985 furono tolte le baracche dal
lungomare. È quello il nostro anno zero». I pescatori che vendevano un piatto di ricci a
mille lire si fecero ristoratori e lo vendettero a cinquemila lire, chi faceva un mestiere
se ne inventò un altro non senza conseguenze. II borgo marinaro che sognava una
riqualificazione come cittadella gastronomica (a "Mondello Paese" da sempre si mangia
e basta) si trasformò lentamente in Paninolandia, sottovalutando il fatto che la sua
dignitosa vocazione low cost era diventata low e basta.
Non cediamo alla tentazione, non è vero che si stava meglio quando si stava peggio. Il
guaio di questa borgata non è nel suo passato, quanto nella sua refrattarietà al futuro:
il problema di un consumo mordi e fuggi non è mai stato nel morso, ma nella fuga.
Titoli di coda, dissolvenza sul nero. Ma proprio nero.
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