Dio plasmò l`uomo con la polvere della terra

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Dio plasmò l`uomo con la polvere della terra
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Dio plasmò l’uomo
con la polvere della terra
Dopo la storia di tradizione P (sacerdotale) della creazione del mondo e dell’uomo,
il Genesi ci presenta un secondo racconto della creazione di Adamo e di Eva così
come è stato tramandato dalla tradizione J (jahvista).
L
a sezione di Genesi 2,4b-3,24, appartiene alla fonte jahvista e forma un insieme unitario. È come se
ci trovassimo di fronte a due scene di un
medesimo quadro. Gli studiosi ritengono
che questi racconti siano stati messi per
iscritto verso il IX secolo a.C. L’autore
sacro trasmette il pensiero religioso di
Israele sulle origini dell’uomo e del male,
attraverso immagini popolari cariche di
colore.
I sapienti d’Israele che hanno raccolto le tradizioni confluite in questo testo,
parlano più volentieri il linguaggio dei
miti e delle antiche storie che quello dei
predicatori e dei teologi della fonte P. E
intendono rispondere ai grandi problemi
dell’uomo.
Perché non passa giorno che non si
debba soffrire per qualcosa? E soprattutto, perché si deve morire. Come mai è
così difficile andare d’accordo e la persona che ti è vicina e che ami è in realtà
anche difficile, infida, pericolosa? Perché
i nostri rapporti sono così complicati e
noi siamo così contorti? La storia raccontata in questa sezione è una storia che
era nata ai tempi di Salomone, quando
nacque in Israele la «Sapienza» e si misero per iscritto antichissime storie. Una
storia che si tramandava in famiglia e nel
tempio.
I miti raccontati con la fede
IA quei tempi, veramente, era ancora più famosa una storia babilonese:
la storia di Gilgamesch. Era una storia
conosciuta in tutte le famiglie e in tutte
le scuole del mondo: un po’ come da noi
l’Iliade, l’Odissea o la Divina Commedia.
Quella di Gilgamesch è l’epopea più antica dell’umanità; di origine assira, narra
la storia del famoso eroe babilonese.
Gilgamesch era un principe potente
ed intelligente cui tutto riusciva. Niente
sembrava poter limitare la sua potenza.
Ma aveva un cruccio: un desiderio insoddisfatto che gli rendeva inquieta la vita:
voleva penetrare le porte del Regno degli
dèi e conquistare la vita e l’immortalità.
Così era partito alla ricerca della
pianta della vita. E dopo molte avventure
l’aveva trovata. Ormai eguale agli dèi stava rientrando a casa. Ma mentre faceva il
bagno in un lago, un serpente era venuto
a rubargli la pianta della vita e dell’immortalità. Gilgamesch non sarebbe mai
stato come gli dèi; doveva riconoscere la
sua debolezza mortale: gli dèi sono dèi e
gli uomini sono uomini!
Il nostro racconto J è imparentato con
questo poema di Gilgamesch: l’albero
della vita, il desiderio di immortalità, il
serpente, la ribellione, la morte… Il materiale leggendario è simile nei due casi e
gli interrogativi sono gli stessi. Ma quali
differenze!
Il nostro, racconto appartiene a un
popolo amico di un Dio di cui ha sperimentato da secoli la fedeltà e l’alleanza;
amico di un Dio che è creduto pieno di
benevolenza e di predilezione per l’uomo;
un Dio che ama il suo popolo, che lo ha
liberato, lo ha guidato, lo ha salvato. È
a partire da questa fede che gli israeliti
hanno costruito sapienzialmente questo
racconto delle origini utilizzando anche
miti e storie conosciuti da tutti. Il dio del
Genesi non è rivale dell’uomo, ma è pieno
di tenerezza e di generosità.
Genesi
2,4b-3,24
è il «secondo
racconto» della creazione
proveniente
dalla fonte
jahvista
LA BIBBIA - 33
Dal libro della Genesi
capitolo 2, 4b-25
Queste le origini del cielo e della terra,
quando vennero creati.
4b
Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo,
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nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba
campestre era spuntata perché il Signore Dio non aveva fatto
piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire
dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo;
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allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo
e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un
essere vivente.
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Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi
collocò l’uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino
e l’albero della conoscenza del bene e del male.
10
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si
divideva e formava quattro corsi. 11 Il primo fiume si chiama
Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è
l’oro 12 e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’ònice. 13 Il secondo fiume si chiama Ghicon:
esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia. 14 Il terzo fiume
si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume
è l’Eufrate.
4a
Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse.
16
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai
mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell’albero della
conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché,
quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
15
Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo*:
gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». 19 Allora il Signore
Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti
gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li
avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato
ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
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Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli
uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non
trovò un aiuto che gli fosse simile.
18
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo,
che si addormentò**; gli tolse una delle costole e rinchiuse la
carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che
aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
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34 - LA BIBBIA
Dio plasmò l’uomo
Il testo sacro dice che Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo e
infuse in lui un alito di vita. Queste
immagini presentano Do come un
vasaio che modella l’uomo e sottolineano la cura particolare che Dio
dedica alla sua «immagine», alla sua
creatura prediletta. (1,27). Rendersi
conto di questo significa scoprire
fino a che punto la persona umana è
degna di rispetto.
La materia che Dio sceglie per
plasmare l’uomo è la terra: argilla
o fango quando è umida, polvere
quando è asciutta. Grazie all’«alito
di vita», al principio vitale che Dio
infonde in lui, l’uomo diventa un
«essere vivente». Con questa bella
immagine l’autore ricorda che Dio
solo possiede autonomamente la
vita e che l’uomo, chiamato alla
vita dal suo amore, è opera di Dio
sia nel suo essere materiale (argilla
modellata) che nella sua dimensione
di essere vivente e spirituale (alito di
vita infuso dal creatore).
Il nome del primo essere umano,
«adam», significa colui che viene
dal suolo «adamah». È la creatura
fragile, fatta di creta: di quella terra
rossa (adamah) alla quale assomiglia
la carne rossa dell’uomo (adam).
«Soffiò nelle sue narici
un alito di vita»
il gesto creatore è il gesto contrario
alla morte: il soffiare dentro lo spirito (= nefesh, soffio vitale) è il contrario dello spirare (l’uomo quando
muore esala l’ultimo respiro e il suo
corpo ritorna agli elementi della
terra: torna alla polvere e perde la
sua forma umana). Per questo cfr.
Gen 3,19: «Finché tornerai alla terra
perché da essa sei stato tratto».
L’uomo è umile, fatto di terra, ed è
mortale: è povere e soffio.
IL GIARDINO DI EDEN
Nella versione greca e poi in tutta la
tradizione è stato tradotto con «paradiso», per questo di parla di «paradiso terrestre». In quanto a «Eden»
è un nome geografico che sfugge
ad ogni localizzazione (anche se qui
viene detto che è «ad oriente») e
deriva dalla radice ebraica dn che ha
il senso di «cosa deliziosa». Parlando
Allora l’uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».
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Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. 5 Ora tutti
e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano
vergogna.
23
LA CREAZIONE DELLA DONNA
* «NON È BENE CHE L’UOMO SIA SOLO»
Il racconto dell’autore sacro, nella creazione di Eva, non vuole
descrivere tanto il modo in cui Dio crea la donna. CI troviamo di
fronte ad una immagine da interpretare. L’uomo non trova fra gli
animali un essere uguale a sé, mentre riconosce come «alter ego»
la creatura che è stata formata a partire dal suo corpo. L’immagine della costola esprime l’unità del genere umano e nello stesso
tempo spiega la complementarità e l’attrazione reciproca fra i due
sessi. L’uomo e la donna erano in origine una cosa sola; per questo
tendono ad unirsi di nuovo.
Gli Ebrei usavano l’espressione: «Sei mio osso e mia carne» per indicare uno stretto legame di parentela (cf Gen 29,14, l’incontro tra
Giacobbe e Labano). L’immagine della costola esprime in maniera
quanto mai significativa il rapporto che esiste fra l’uomo e la donna. La donna è un dono che Dio fa all’uomo perché i due si amino,
si completino e generino la vita.
Il testo ci assicura che ciascuno di noi non è l’intero dell’uomo; è
uomo o donna; non è se stesso se non nella sua limitatezza e nel
suo legame con l’altro: un legame di desiderio e di tenerezza. La
donna è il «fianco» dell’uomo; è colei che completa l’uomo; così
come a partire da un fianco, da un lato, si costruisce la casa. È una
creatura che sta di fronte all’uomo, alla sua altezza di sguardo; sta
in faccia a lui: a toglierlo dalla sua solitudine e a promettergli un
dialogo e una storia di una profondità incredibile.
«La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta» (23). La
parola donna, qui, è «ishsha» e l’uomo «ish»: la stessa parola di
uomo «al femminile».
**«Si addormentò»
Tutto avviene nel sonno. Nella Scrittura spesso il sonno ed il torpore indicano il senso del mistero. L’uomo non ha visto nulla e dunque non sa e non può dire nulla sul come di questa creazione…
Ciò che importa è che Dio ha agito e che la donna è l’ultimo grande dono di Dio, che all’uomo ha già donato il cosmo. Nessuna pretesa di dominio…
La diversità uomo-donna, lungo la storia, è sempre stata minacciata da logiche di prepotenza e di superiorità. Il progetto biblico
afferma, invece, una profonda uguaglianza tra i due sessi e porta
con sé l’urgenza di sapersi reciprocamente accogliere. Sottomissione e prepotenza sono sostituiti da condivisione, collaborazione, rispetto.
Il sonno di Adamo nella storia dell’esegesi…
di questo giardino, l’autore sacro fa
riferimento all’esperienza dei beduini, gli abitanti del deserto e si ispira
all’immagine di un oasi per esprimere la felice situazione dell’uomo
prima del peccato.
È il simbolo di tutto il bene che
sogniamo e di cui sentiamo la
mancanza. Non è solo l’inizio ma è
anche il traguardo finale.
Adam è posto nel giardino per «custodirlo e per coltivarlo»: cioè per
continuare l’opera creatrice di Dio,
quella che il racconto sacerdotale
di Gen 1 presentava come signoria
dell’uomo su tutte le cose create.
UN ALBERO AL CENTRO
«Conoscere il bene e il male» non
significa sapere tutto e neppure
essere in grado di riconoscere in una
determinata circostanza ciò che è
bene e ciò che è male da un punto
di vista morale; Dio infatti non può
negare all’uomo dotato di ragione
questo tipo di conoscenza.
Piuttosto, la «conoscenza del bene
e del male» significa qui la capacità
di decidere da sé cosa è bene e cosa
è male e agire di conseguenza: una
rivendicazione di autonomia morale
con la quale l’uomo rinnega il suo
stato di creature (cfr. Is 5,20: «Guai a
coloro che chiamano bene il male e
male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che
cambiano l’amaro in dolce e il dolce
in amaro»).
«Certamente moriresti»: e la formula con la quale si condannava
a morte: «diventeresti passibile di
morte». Il testo dice che chi mangia
del frutto dell’albero è condannato
a morte ma non specifica né come
né quando.
UN NOME ALLE CREATURE
Adamo dà il nome alle altre creature come segno del proprio dominio
su di esse. Dio le «chiama» all’esistenza, l’uomo le «chiama» al suo
servizio.
ERANO NUDI…
La nudità, nell’AT, è infamia sociale; si denudano ad esempio i carcerati, i condannati a morte… Ma qui
l’uomo riflette la gloria del creatore
ed una dignità che il peccato ferirà,
poi, mortalmente.
LA BIBBIA - 35
Somiglianze e differenze
popolo sul Sinai. E poi la creazione è
suddivisa in sei giorni per terminare
al sabato, secondo una organizzaziodue racconti della creazione del
ne liturgica per fondare l’importanza
mondo e dell’uomo non solo vengono da tradizioni e fonti diverse, del sabato.
Così non si parla del sole e della
ma presentano anche la stessa realtà
luna
ma dei due luminari, dei due
in maniere differenti. Vediamo quallampadari. Questa parola fa parte
che esempio.
del vocabolario cultuale dei sacerdoIn Gen 2 la terra appare come
un’oasi in mezzo al deserto; in Gen 1 è ti: designa le lampade che bruciano
nel tempio. Sole e luna non sono dèi
come un’isola in mezzo alle acque.
come a Babilonia, ma segni incaricati
Qui l’uomo è creato per primo,
di indicare una presenza.
per coltivare la terra mentre in Gen 1
Nel brano di fonte J che abbiamo
l’umanità (uomo-donna) è creata per
letto
stasera non ci sono queste preultima: i sacerdoti sapevano ( e Gen
occupazioni, ma una grande libertà di
1 è appunto un documento P) che in
una processione liturgica il più degno immagini e di simboli che attingono
particolarmente all’universo mitico
viene per ultimo.
della cultura del tempo.
Ancora: nel primo racconto della
Oltre a quelli che abbiamo già fatto
creazione si ripete «Dio disse…» per
rilevare, non dimentichiamo l’altro
dieci volte. Dieci parole che fanno
del sonno, del torpore che scende
pensare ai dieci comandamenti. Dio
sull’uomo (Gen 2,21): la parola rara
crea il mondo come ha creato il suo
esprime una esperienza soprannaturale, una specie di estasi, come traduce
la Bibbia dei LXX. Ritroviamo qui
Uguale all’uomo
l’antico mito secondo il quale l’uomo
Si legge nel Talmud (raccolta di sentenze rabbininon diventa tale che nel rapporto di
che per l’interpretazione della Legge): «Dio consiamore con la donna.
derò da quale parte dell’uomo avrebbe potuto creare la donna. Disse: non la creerò dalla testa, perché
Adamo ed Eva
non sollevi la sua testa troppo orgogliosamente;
non dall’occhio, perché non sia troppo curiosa; non
dall’orecchio, perché non si mette a origliare alle
Tornando al nostro brano, scartiaporte; non dalla bocca, perché non sia ciarliera; non
mo dapprima una difficoltà. Si sente
dal cuore, perché non sia gelosa; non dalla mano,
dire: «Adamo ed Eva non sono mai
perché non prenda troppo; non dai piedi, perché non
esistiti». È vero, ma l’umanità ha pur
sia una ciondolona; ma da una parte nascosta del
avuto un inizio, un giorno. Con chi?
corpo perché sia modesta» (Gen. R., 17,2).
Dove? Come? È la scienza a dover
rispondere a queste domande, non la
Adamo-Cristo
Bibbia.
Nel misterioso sonno di Adamo, l’esegesi dei Padri
Ma la coppia che la scienza ci predella Chiesa ha visto raffigurato il sonno di morte di
senterà come quella dei primi uomini,
Gesù sulla croce. Nell’apertura del costato di Adala Bibbia la chiama «Adamo ed Eva»,
mo, dalla quale venne formata Èva, la sposa di lui, è
nomi che in ebraico significano solo
raffigurata l’apertura del costato di Gesù, dalla quale
Signor l’Uomo e Signora la Vita: nomi
uscì la Chiesa, la sposa di Gesù.
non personali ma simbolici che signiSant’Agostino: «Adamo dorme perché sia formata Èva, Cristo muore perche sia formata la Chiesa.
ficano contemporaneamente i primi
Mentre Adamo dorme, viene formata Èva dal fianco
uomini, ogni uomo, tutti gli uomini.
di lui, mentre Cristo è morto, gli si apre il fianco con
la lancia, perché ne scaturiscano i sacramenti di cui
si formi la Chiesa» (Sermone CCCXXVIII).
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36 - LA BIBBIA