Scarica PDF - Premio letterario Santa Margherita
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Giochiamo, mamma…? di Mariangela Pede La finestra della camera di Emanuele dava sul mare. O meglio, sulla spiaggia antistante il mare. Quel mattino di fine agosto l’aria era limpida, il mare piatto come una tavola, ed un sole che, già in quelle prime ore del giorno, prometteva un caldo afoso. Per Emanuele si prospettava una giornata apparentemente perfetta. Non fosse altro che quello era un giorno particolare, un anniversario speciale. Il primo di una lunga serie che, ogni anno, doveva farsi coraggio ed affrontare. Un anno, a pensarci bene: faceva paura pensare che fosse trascorso così tanto tempo da quel dolorosissimo giorno. Era una giornata tale e quale: sole, mare, caldo; da trascorrere, però, in solitudine, senza nessuno che lo disturbasse, perché doveva essere solo sua e di suo padre. Fare colazione con caffè-latte e biscotti, oppure bere un bicchiere di vino? Ci pensò su. E mentre ci pensava andò in cucina, aprì il frigo e lo contemplò per qualche istante. A dire il vero non gli andava di far nulla. Gli sarebbe piaciuto restar a letto per tutta la giornata, ma non era ciò che avrebbe voluto lei. Richiuse il frigo, prese la bottiglia di vino dal ripostiglio, se ne versò un po’ nel bicchiere, e lo bevve tutto d’un fiato. Stordito, ed ancora mezzo addormentato, osservò la foto di sua madre sulla mensola del camino. Sorrideva ed era felice. Ricordò il giorno che ebbe scattato lui stesso la foto: il venticinquesimo anniversario di matrimonio dei suoi genitori. Tanta gente, tanta allegria e felicità, ventiquattr'ore prima che l’incubo iniziasse. Quella festa a sorpresa l’aveva voluta fortemente lui. Quel giorno doveva essere speciale per i suoi genitori, e così con gli amici aveva messo su quella bellissima festa. Semplice, ma bella. Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, sua madre ebbe un malore, e svenne. Fu portata d’urgenza in ospedale, dove le diagnosticarono un aneurisma cerebrale; entrò subito in coma e, nel giro di due mesi e nove giorni, morì. Esattamente un anno da quando quei macchinari cessarono di suonare ritmicamente, al suono del suo battito cardiaco. Un anno due mesi e nove giorni da quando Emanuele aveva smesso di studiare, andare in palestra ed uscire con gli amici. Bere, in particolar modo vino, era diventato il suo passatempo preferito. Una bulimia da vino. Poi ogni tanto mangiava, o meglio si strafogava: ingeriva tanto cibo che spesso vomitava. Suo padre, che rassegnatamente aveva accettato quel dolore, non riusciva, invece, a far accettare la realtà a suo figlio. Ci soffriva, e ignorava come fare. Eppure sapeva che sarebbe bastato pochissimo. Ma non ne era capace. Tornò ad affacciarsi alla finestra che dava sulla spiaggia. In quelle prime ore del mattino, quando era piccolo, sua madre lo portava in spiaggia. Erano le ore più belle della sua vita: giocava con la sabbia, e sua madre giocava con lui. Si divertivano tantissimo. Era un’abitudine che Emanuelino, come sua madre scherzosamente a quell'età lo chiamava, amava. Mentre un sorriso gli nacque spontaneamente sul suo viso, e mentre i suoi occhi erano pieni di lacrime, una ragazza dalla spiaggia, avendolo notato, iniziò a chiamarlo. Ma lui non si accorse di nulla. Lei, allora, si avvicinò alla finestra, e lui ebbe uno spavento tale che si mise ad urlare. Lei rise, rise forte, e lui ripensò a quando anche sua madre rideva così. Le lacrime allora gli scesero lungo il viso: lei con la mano gliele asciugò e, senza dir nulla, lo baciò sulla guancia. - Vuoi venire con me al cimitero? Oggi è il primo anniversario della morte di mia madre. Vuoi venire? - Sì. Lungo il tragitto, lui raccontò alla sconosciuta di sua madre, dei tanti momenti felici che avevano trascorso insieme, su quella spiaggia. Lei lo ascoltava in silenzio. Mano nella mano con la sconosciuta, dinanzi alla tomba si sua madre, promise a se stesso che da quel giorno avrebbe smesso di bere, e iniziato a condurre una vita regolare. Quella sconosciuta sarebbe 1/2 diventata il suo futuro. 2/2