l`intervista IPOP-A - Associazione Alveare

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l`intervista IPOP-A - Associazione Alveare
La valutazione dei processi di strutturazione della personalità
in adolescenza: l’intervista IPOP-A
Massimo Ammaniti1, Andrea Fontana2, Gabriele Di Marco3
1. Introduzione
In questo lavoro presentiamo, dopo una breve esplorazione di alcuni nodi
concettuali relativi alla valutazione dei disturbi di personalità in adolescenza, la
Interview of Personality Organization Processes in Adolescence (IPOP-A; Ammaniti,
Fontana, Kernberg, Clarkin & Clarkin, 2011), una intervista semi-strutturata per la
valutazione dei processi di strutturazione della personalità nel periodo adolescenziale.
Da un punto di vista teorico, l’IPOP-A fa riferimento al modello sviluppato da Otto
Kernberg e collaboratori (Kernberg, Weiner, Bardenstein, 2000; Kernberg, 1998;
Kernberg, 1984) sulla valutazione della personalità in adolescenza, integrandosi con
alcuni contributi provenienti dalla ricerca empirica e dalla letteratura clinica sulla
psicopatologia dell’adolescenza (Ammaniti, Fontana, Clarkin, Clarkin, Nicolais,
Kernberg, 2012).
L’IPOP-A è, dunque, non solo un adattamento alla fase adolescenziale della
STIPO (Clarkin, Caligor, Stern, Kernberg, 2007), presentata in questo volume, ma a
partire da una revisione della STIPO si propone di mettere in luce quegli aspetti della
personalità che possono essere determinanti nella comprensione degli esiti del
processo di sviluppo adolescenziale. In questa fase del ciclo di vita, infatti,
l’assessment e la formulazione diagnostica non possono non tenere in considerazione
1
Psicoanalista IPA, Professore Ordinario di Psicopatologia dello Sviluppo, Dipartimento di Psicologia Dinamica e
Clinica. Sapienza Università di Roma. E-mail: [email protected]
2
Psicologo, Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico, Ph.D. Docente a contratto, Dipartimento di Psicologia
Dinamica e Clinica. Sapienza Università di Roma. E-mail: [email protected]
3
Psicologo. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica. Sapienza Università di Roma.
1
peculiari aspetti evolutivi come lo sviluppo dell’identità, le relazioni con i pari, il
processo di separazione dalle figure genitoriali ecc.. In questo senso, è cruciale
valutare quanto l’adolescente riesca ad affrontare questi compiti evolutivi necessari
per il raggiungimento di un sano funzionamento adulto (Carbone, 2005). Prendiamo,
ad esempio, l’arrivo della pubertà: la maturazione sessuale attiva nell’adolescente un
processo di radicale trasformazione dell’immagine corporea, la perdita della
rappresentazione infantile del corpo, ancora parte del mondo genitoriale, e una presa
di distanza dai genitori reali e dalle immagini genitoriali interiorizzate (Freud, A.,
1936; Blos, 1972; Birraux, 1993; Laufer, Laufer, 1986; Jeammet, 2004; Carbone,
2010; Ruggiero, 2011). Partendo da questa esemplificazione, appare chiaro come sia
fondamentale valutare, insieme ad altri aspetti, il modo in cui viene vissuto il
cambiamento del corpo e l’emergere della sessualità adulta, oppure le modalità di
separazione-individuazione rispetto alle figure di riferimento familiari. Proprio da
queste considerazioni, è emersa la necessità di una revisione della STIPO utilizzabile
nella consultazione con l’adolescente e nella ricerca empirica relativamente allo
sviluppo della personalità.
2. Nodi concettuali nella ricerca sui disturbi di personalità in adolescenza
La ricerca sui disturbi di personalità in adolescenza, sviluppata negli ultimi venti
anni, ha messo in luce alcuni punti importanti: (1) i disturbi di personalità possono
essere individuati utilizzando i criteri del DSM (2) la diagnosi di personalità mostra
una relativa stabilità nel tempo; (3) la diagnosi di disturbo di personalità in
adolescenza si associa ad un rischio piuttosto elevato di ricevere una diagnosi DSM
di asse I e II in età adulta; (4) la presenza di disturbi di personalità si associa ad un
rischio più elevato di abuso di sostanze e disturbi della condotta; (5) la valutazione
della personalità sembra essere cruciale per stabilire una prognosi delle difficoltà
adolescenziali (Ludolph, Westen, Misle, Jackson, Wixom, & Wiss, 1990; Westen &
Chang, 2000; Westen, Shedler, Durrett, Glass, & Martens, 2003; Bernstein, Cohen,
2
Velez, Schwab-Stone, Siever, & Shinsato, 1993; Grilo, Walker, Becker, Edell, &
McGlashan, 1997; Crawford, Cohen, Johnson, Sneed, & Brook, 2004; Cohen, Chen,
Crawford, Brook, & Gordon, 2007; Crawford, Cohen, First, Skodol, Johnson, &
Kasen, 2008; Chen et al., 2009).
In questo ambito, il primo nodo concettuale è legato alla formulazione della
diagnosi di personalità, caratterizzata per definizione da pattern caratteriali
relativamente stabili, in un periodo del ciclo di vita in cui la personalità stessa è in via
di strutturazione (Kernberg, Weiner, & Bardenstein, 2000). Secondo Westen e Chang
(2000),
questo
nodo
concettuale
sarebbe
stato
superficialmente
“risolto”
dall’approccio del DSM scoraggiando la possibilità di formulare un accurato
assessment della personalità in adolescenza e rimandando la possibilità di diagnosi di
personalità al raggiungimento dell’età adulta. In questo contesto, un punto
decisamente critico nella ricerca sui disturbi di personalità in adolescenza è la
necessità di individuare criteri età-specifici che facciano riferimento, da una parte,
alla ricerca sulla psicopatologia dello sviluppo e dall’altra alla ricca letteratura clinica
sull’adolescenza. A questo proposito, uno dei principali limiti del DSM-IV-TR (APA,
2000) è quello di non indicare criteri diagnostici specifici per l’adolescenza
(Ammaniti, 2003). Questo bias è stato in parte affrontato dallo Psychodynamic
Diagnostic Manual (PDM; PDM Task Force, 2006) che dedica una sezione specifica
ai disturbi dell’età evolutiva, mettendo in luce punti di forza e criticità (Ammaniti,
Fontana, 2009). Resta aperta, quindi, la questione di quali siano gli indicatori più utili
nella identificazione della “rotta” del disagio adolescenziale, soprattutto di quel
disagio che tende verso una stabilità del quadro psicopatologico di personalità in età
adulta. In questo senso, la letteratura clinica è ricca di intuizioni sulle dinamiche
evolutive proprie dell’adolescenza, utili nello sforzo di distinguere tra fenomeni
transitori propri della crescita ed esordio di quadri psicopatologici stabili (Freud A.,
1958; Erikson, 1968; Blos, 1972; Laufer & Laufer, 1986). La questione, però, è che i
principali sistemi nosografici tendono a trascurare quegli aspetti messi in luce dalla
tradizione clinica, mentre i clinici tendono ad essere a volte refrattari ad una
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sistematizzazione e ad un confronto con la ricerca empirica in ambito nosografico,
spesso perché la percepiscono, a volte a ragione, come riduttiva rispetto alla
complessità dello scambio clinico. Eppure in questo contesto, la ricerca offre delle
indicazioni utili nella identificazione, ad esempio, delle caratteristiche del disturbo
borderline in adolescenza. In questo senso, la ricerca condotta da Pamela Ludolph,
Drew Westen e collaboratori mette in luce come (Ludolph et al., 1990): (1) la
fenomenologia e l’eziologia del disturbo sono simili negli adulti e negli adolescenti;
(2) un’elevata percentuale di traumi sessuali e un’alta probabilità di una storia
caratterizzata da rotture traumatiche di legami di attaccamento sono riscontrabili
anche negli adolescenti borderline; (3) rappresentazioni delle relazioni oggettuali
polarizzate e primitive caratterizzano la maggior parte dei soggetti con diagnosi di
disturbo borderline; (4) adulti e adolescenti borderline hanno in comune una simile
sintomatologia depressiva caratterizzata da affettività negativa diffusa e tendenza
sentirsi abbandonati.
David Bernstein e collaboratori, invece, utilizzando i criteri del DSM-III-R in uno
studio longitudinale su un campione di 733 adolescenti, hanno cercato di affrontare il
nodo della diagnosticabilità e della relativa stabilità dei disturbi di personalità in
adolescenza (Bernstein, Cohen, Velez, Schwab-Stone, Siever, & Shinsato, 1993). La
loro ricerca mette in luce come (Bernstein et al., 1993; Bernstein et al., 1996): (1) il
17,2 % degli adolescenti riceve una diagnosi di almeno un disturbo grave di
personalità (il disturbo narcisistico risulta quello con maggior prevalenza) mentre il
31,2 % degli adolescenti mostra un disturbo di personalità di moderata gravità (il
disturbo ossessivo-compulsivo risulta quello con maggior prevalenza); (2) nella tarda
adolescenza la prevalenza di disturbo raggiunge valori simili a quelli riscontrati negli
studi epidemiologici condotti sugli adulti (vedi anche Grilo et al., 1998); (3) i soggetti
diagnosticati in fase iniziale con disturbo di personalità mantengono un rischio
elevato di diagnosi in asse II ad ogni successiva valutazione; (4) gli adolescenti con
diagnosi di disturbo di personalità, compresi quei soggetti che non mostrano la
stabilità nel tempo di queste caratteristiche, soffrono di bassi livelli di funzionamento
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sociale, problemi scolastici e lavorativi, in accordo a quanto indicato dal DSM come
“disagio clinicamente significativo e compromissione del funzionamento sociale”
(APA, 2000, pp.314); (5) per il disturbo borderline, istrionico e narcisistico si
riscontrano anche maggiori probabilità di avere problemi con la giustizia. Alla luce di
questi dati, possiamo apprezzare il commento di Westen e Chang (2000) che
osservano come l’approccio DSM scoraggi la diagnosi di disturbo di personalità in
adolescenza a causa della “relativa mancanza di dati […] e non su ricerche che
suggeriscono che la patologia di personalità in adolescenza non esiste o non può
essere diagnosticata” (Westen & Chang, 2000; pp.147).
L’aspetto critico messo in luce dalla ricerca di Bernstein e colleghi riguarda anche
la relativa stabilità diagnostica: il 33 % dei soggetti con diagnosi di disturbo di
personalità riceve la stessa valutazione ad un follow-up di 2 anni, implicando quindi
che il 66% dei soggetti non rientra più nella categoria diagnostica assegnata
(Bernstein et all., 1993; Bernstein et all., 1996). La questione relativa alla stabilità
della struttura di personalità nel corso dell’adolescenza è affrontata anche da Stuart
Hauser e collaboratori attraverso uno studio longitudinale condotto, per oltre venti
anni, su due campioni di adolescenti, uno ospedalizzato per disturbi gravi di
personalità e uno nonreferred (Hauser et al., 1991). Gli Autori hanno individuato sei
possibili percorsi di sviluppo dell’Io, i primi due tendenti alla staticità (Hauser et al.,
1991): (1) un percorso caratterizzato da “arresti profondi dello sviluppo” in cui
troviamo quegli adolescenti che evidenziano l’uso prevalente di meccanismi di
scissione, mancanza di insight e inadeguato sviluppo del senso morale; (2) un
percorso caratterizzato da “conformismo stabile” in cui troviamo quegli adolescenti
privi di identità definita che consolidano la loro immagine di Sé aderendo alle regole
del gruppo di appartenenza; (3) adolescenti in “progressione precoce” che
trasformano la loro visione del mondo concreta e la loro intolleranza alla frustrazione
adattandosi alle aspettative e delle norme sociali; (4) adolescenti in “progressione
avanzata” che passano dal conformismo all’autentica appartenenza alla vita sociale e
collettiva; (5) adolescenti in “progressione drammatica” che si affacciano
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all’adolescenza manifestando impulsività e uso di meccanismi di difesa primitivi ma
che progressivamente evolvono verso una migliore integrazione dell’identità; (6)
adolescenti in “sviluppo accelerato”, precocemente maturi e capaci di tollerare la
complessità delle relazioni interpersonali.
In una ricerca longitudinale, Marijke Hofstra, Jan Van der Ende e Frank Verhulst
hanno, invece, indagato l’evoluzione delle problematiche adolescenziali nella vita
adulta (Hofstra, Van der Ende, Verhulst, 2002a; 2002b). Gli Autori hanno selezionato
un campione di 705 adolescenti nonreferred di età compresa, all’inizio dello studio,
tra gli 11 e i 18 anni. Nel corso dei successivi dieci anni, il campione è stato valutato
quattro volte utilizzando lo Youth Self Report (YSR, Achenbach, 1991), lo Young
Adult Self Report (YASF, Achenbach, 1997) e un’intervista semi-strutturata volta a
rilevare le problematiche cliniche secondo i criteri del DSM-IV. Sulla base dei
punteggi ottenuti ai self report gli Autori dividono i soggetti in 4 categorie: (1)
persistenti, categoria che include gli adolescenti che mantengono sempre alti livelli di
patologia nel corso del tempo; (2) crescenti, categoria che include i soggetti che
aumentano il loro rischio psicopatologico nel corso del tempo; (3) decrescenti,
categoria che include i soggetti che diminuiscono il loro rischio psicopatologico nel
corso del tempo; (4) normali, categoria in cui vengono compresi i soggetti che
ottengono, nel corso delle valutazioni, punteggi sempre inferiori al 50° percentile. I
risultati ottenuti sono decisamente interessanti per quanto concerne la stabilità e la
continuità clinico-evolutiva della psicopatologia adolescenziale: (1) i soggetti
“persistenti” hanno una prevalenza di disturbi psicopatologici in età adulta, valutata
con i criteri del DSM-IV, maggiore degli adolescenti “crescenti”; (2) i soggetti
“normali” ottengono risultati simili, nell’ultima valutazione, agli adolescenti
“decrescenti”, che probabilmente hanno attraversato nell’adolescenza un periodo di
intenso turmoil. Questi dati mettono in luce l’esigenza di un modello esplicativo che
evidenzi quei processi evolutivi che in un caso determinano la “remissione” mentre
nell’altro la permanenza o l’aumento della sofferenza psichica. Come notano
Ammaniti e Muscetta (2001), infatti, non è chiaro dalla letteratura empirica quale sia
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la continuità clinica tra un adolescente borderline e un adulto borderline, rimanendo
questo un campo ancora da esplorare.
3. La Interview of Personality Organization Processes in Adolescence (IPOP-A):
caratteristiche e modalità applicative
Come anticipato, la Interview of Personality Organization Processes in
Adolescence (IPOP-A; Ammaniti, Fontana, Kernberg, Clarkin & Clarkin, 2011), è
una intervista semi-strutturata per la valutazione dei processi di strutturazione della
personalità in adolescenza che nasce dalla STIPO, ereditandone l’impalcatura teorica
e metodologica, alcuni aspetti del sistema di codifica nonché alcune aree della
personalità da indagare. In questo paragrafo, presenteremo le principali caratteristiche
dell’IPOP-A, rimandando alla letteratura esistente le implicazioni teoriche e i dati
relativi alla validazione dello strumento (Ammaniti, Fontana, Clarkin, Clarkin,
Nicolais, Kernberg, 2012).
L’IPOP-A è stata progettata per essere utilizzata con adolescenti di età compresa
tra i 13 e i 21 anni valutandone il funzionamento attuale della personalità in un’ottica
psicodinamica con particolare riferimento al modello teorico-clinico sviluppato da
Otto Kernberg e collaboratori (Kernberg, Weiner, Bardenstein, 2000; Kernberg,
1998; Kernberg, 1984). L’IPOP-A si compone di 41 domande aperte e, se utilizzata
da intervistatori competenti e adeguatamente formati, ha una durata che oscilla tra i
45 e i 60 minuti. Questo elemento si pone in discontinuità con la STIPO, che richiede
tempi più lunghi di somministrazione. L’esigenza degli Autori è stata quella di
costruire, quindi, una intervista più focalizzata su specifiche aree rilevanti nella
valutazione della personalità dell’adolescente. In questo senso, alcune aree della
STIPO, come le difese primitive, i valori morali, gli stili di coping e l’esame di realtà,
sono state eliminate dall’IPOP-A, anche a seguito dei dati empirici raccolti su
soggetti in età evolutiva (Ammaniti, Fontana, 2010). Nel rispondere alle domande,
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l’intervistatore chiede all’adolescente di fare riferimento all’ultimo anno di vita, per
meglio focalizzarsi sulle difficoltà e sulle risorse attuali.
Partendo quindi dalla STIPO, gli Autori hanno modificato, eliminato e aggiunto
item creando una prima versione pilota denominata STIPO-A (Fontana & Ammaniti,
2010) e, successivamente, sulla base dell’uso clinico dell’intervista con gli
adolescenti e di dati empirici accumulati nel percorso di costruzione dello strumento
sono giunti alla versione attuale dell’IPOP-A (Ammaniti, Fontana, Clarkin, Clarkin,
Nicolais, Kernberg, 2012). L’IPOP-A è il frutto, quindi, sia di un percorso di
validazione empirica sia di uso clinico dell’intervista nella consultazione con
l’adolescente.
Rispetto alla STIPO, l’IPOP-A utilizza un linguaggio più semplice e diretto
adeguandosi al livello cognitivo degli adolescenti, in particolare di quelli più vicini
alla pre-pubertà. Inoltre, l’IPOP-A chiede all’adolescente di fornire molti esempi e
aneddoti, sia per stimolarlo a raccontarsi, sia per evitare di accontentarsi di risposte
superficiali, generiche ed elusive. Questo aspetto, nella nostra esperienza, comunica
all’adolescente un reale interesse per la sua vita e le sue esperienze, che spesso viene
ricambiato con un atteggiamento sincero e collaborativo. L’intervista può essere
utilizzata per un approfondimento clinico, nel corso di un percorso di consultazione
con l’adolescente, oppure per fini di ricerca, ad esempio su studi longitudinali o
comparativi tra diverse condizioni psicopatologiche.
Le aree indagate dall’IPOP-A sono principalmente tre:
Identità. Questa area valuta il consolidamento dei confini del Sé,
l’integrazione
delle
tematiche
adolescenziali
emergenti
nella
rappresentazione di Sé, la capacità di comprendere il proprio punto di vista e
quello degli altri in termini di stati mentali e la capacità di utilizzare le
proprie risorse in modo funzionale. Le domande appartenenti a questa area si
concentrano quindi sulla capacità dell’adolescente di rappresentare se stesso
e la propria esperienza in modo complesso o parziale, la capacità di
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distinguere e tollerare la differenza tra il proprio punto di vista e quello degli
altri, la profondità affettiva messa in luce nella descrizione di se stesso e
l’impatto comunicativo esercitato sull’intervistatore. Altre domande incluse
nell’area identità indagano la capacità da parte dell’adolescente di mantenere
un soddisfacente e realistico livello di autostima, il grado di accettazione
dello sviluppo corporeo, la capacità di investimento negli studi e nelle
attività ricreative. Infine, vengono poste alcune domande sull’attitudine da
parte dell’adolescente di porsi in una posizione di continuità o rottura
rispetto al proprio passato infantile.
Questa area permette di comprendere quanto l’adolescente stia attraversando
un momento evolutivo di crisi di identità (Erikson, 1968; Kernberg, 2006)
determinato dalla sperimentazione relazionale di aspetti di Sé emergenti e
quanto, invece, il disagio manifestato dall’adolescente sia frutto di un arresto
evolutivo compatibile con la diffusione dell’identità (Foelsh, Odom,
Kernberg, 2008) che comporta un rischio psicopatologico elevato e una
tendenza alla cristallizzazione di tratti disadattavi di personalità. Punteggi
elevati in questa area possono indicare, quindi, la presenza di oscillazioni
marcate nella percezione di Sé, difficoltà nel fornire una descrizione
complessa di se stessi e articolata in termini di affetti e stati mentali,
indifferenza rispetto al punto di vista degli altri, autostima oscillante o
impermeabile ai feedback esterni, difficoltà nell’investimento nella scuola e
nel tempo libero, senso di trionfo/odio verso il proprio corpo e scarsa
integrazione tra il senso di sé attuale e la propria storia personale.
Qualità delle relazioni oggettuali. Questa seconda area valuta la qualità
della vita relazionale dell’adolescente. Gli Autori hanno individuato due
ambiti di indagine: uno esterno alla famiglia, che comprende le relazioni
amicali e le relazioni romantiche, e uno interno alla famiglia, che contempla
i rapporti che l’adolescente intesse con le figure familiari di riferimento. Le
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caratteristiche oggetto di indagine riguardano, quindi, la capacità
dell’adolescente di stabilire relazioni amicali intime, profonde e reciproche,
il grado in cui la sperimentazione sensuale e sentimentale coinvolge
l’adolescente o lo blocca su posizioni difensive e anti-evolutive, e, infine, la
capacità dell’adolescente di promuovere e incamminarsi attivamente lungo
un processo di separazione-individuazione dalle figure genitoriali (Blos,
1972). Elevati punteggi in questa area possono indicare profonde difficoltà
nella sperimentazione relazionale al di fuori della famiglia, caratterizzate
dalla scarsità o assenza di amicizie durature o, al contrario, dalla presenza di
rapporti amicali caotici e superficiali, difficoltà nella vita di gruppo,
mancanza di fiducia verso gli altri, soprattutto nelle relazioni romantiche,
sessualità inibita o, al contrario, utilizzata per trionfare sull’altro. Rispetto
alle figure familiari di riferimento, punteggi elevati in questa area indicano
la presenza di marcate oscillazioni nella rappresentazione della figura di
riferimento, rappresentazioni genitoriali infantili che inibiscono le
potenzialità
evolutive
e
l’autonomia
dell’adolescente,
una
elevata
conflittualità con le figure di riferimento o, al contrario, presenza di iperdipendenza, inversioni di ruolo e controllo che bloccano i processi di
individuazione.
Regolazione affettiva. La terza e ultima area indagata dall’IPOP-A
valuta la capacità dell’adolescente di sperimentare, modulare ed essere
consapevole delle proprie emozioni. In questa sezione dell’intervista,
vengono proposte all’adolescente una serie di situazioni-stimolo con la
richiesta di fare riferimento ad esempi tratti dalla propria esperienza
personale. Le situazioni-stimolo riguardano le principali emozioni (rabbia,
vergogna, gioia, tristezza ecc…) e indagano la risposta emotiva
dell’adolescente nei diversi contesti (con i pari, con i genitori e rispetto a se
stesso). All’intervistatore viene chiesto di comprendere, per ciascun affetto
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indagato, quale è stata la risposta emotiva dell’adolescente, l’adeguatezza e
la ricchezza della risposta emotiva in relazione alla scena di vita presentata,
il tempo necessario all’adolescente per auto-regolarsi, la capacità di
modulazione delle proprie risposte emotive, l’impatto che la reazione
emotiva ha avuto sul suo funzionamento mentale, il grado di
consapevolezza rispetto all’affetto sperimentato e, infine, quanto gli altri
significativi vengono coinvolti nel processo di regolazione emotiva. Elevati
punteggi in questa area indicano una tendenza alla disregolazione emotiva
caratterizzata da una impermeabilità o da una eccessiva risposta alla
maggior parte degli stimoli affettivi presentati, la tendenza a vivere gli
affetti come travolgenti e fuori dal proprio controllo, una difficoltà marcata
nel modulare le proprie risposte emotive sia con i familiari sia nelle
situazioni extra-familiari, e, infine, una difficoltà accentuata nel
comunicare il proprio stato d’animo durante l’intervista.
Per una accurata somministrazione dell’intervista e per la sua corretta codifica è
richiesto un training per attestare la reliability del codificatore.
Il sistema di codifica dell’IPOP-A è stato progettato per cogliere le manifestazioni
di disagio e di salute proprie dell’adolescenza. A questo proposito, essendo
l’adolescenza un periodo di vita caratterizzato da compiti evolutivi propri di ciascuna
fase dello sviluppo (ad esempio, nella prima adolescenza il compito evolutivo
principale è l’integrazione dello sviluppo corporeo nell’immagine di Sé), gli Autori
hanno ritenuto necessario differenziare tra adolescenti di età compresa tra i 13 e i 15
anni, adolescenti di età compresa tra i 16 e i 18, e tardo-adolescenti/giovani adulti di
età compresa tra i 19 e i 21 anni. Il codificatore, quindi, utilizzerà indicatori diversi a
seconda dell’età dell’adolescente. In futuro, gli Autori si sono riproposti di tenere in
considerazione nel sistema di codifica anche le differenze di genere, così cruciali nel
percorso degli adolescenti. Per ogni item è possibile assegnare un punteggio da “0” a
“2”: dove “0” indica la presenza di aspetti di salute, “1” riflette la presenza di disagio
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moderato, mentre “2” segnala la presenza di difficoltà marcate che richiedono
urgente attenzione. Per facilitare il procedimento di codifica e migliorare la
reliability, il sistema di codifica riporterà, in futuro, brevi stralci di risposte
“prototipiche” tratte dalle interviste audio-registrate raccolte.
Alla fine della procedura di scoring, si ottiene un punteggio totale per ciascuna
delle tre scale attraverso la media dei singoli punteggi assegnati. Per un uso clinico
dell’intervista, sono state costruite invece delle scale generali, una per ciascuna delle
aree indagate, che permettano al clinico di raccogliere, su una scala Likert da 1 a 5
punti, le proprie impressioni sull’adolescente intervistato. Questo secondo tipo di
codifica, in via di sperimentazione, è stato pensato per permettere un uso clinico
dell’IPOP-A che bypassasse il più accurato lavoro di codifica item per item
necessario per la ricerca empirica, offrendo al clinico una rapida restituzione su
quanto emerso nel corso dell’intervista.
4. Fabrizia
Presentiamo a questo punto due brevi passaggi dell’intervista IPOP-A di Fabrizia,
una ragazza di 16 anni che arriva in consultazione su richiesta della madre che
riferisce che la ragazza ha avuto una reazione violenta con comportamenti automutilatori in seguito alla morte improvvisa del padre. Nella storia personale di
Fabrizia spiccano la separazione dei genitori e la costante presenza di comportamenti
contraddittori e altalenanti in cui la ragazza ha simulato di aver subito aggressioni
manipolando le altre persone. In passato, Fabrizia ha sofferto di disturbi alimentari,
ancora presenti anche se in forma non accentuata, e comportamenti auto-mutilatori.
Durante la consultazione, appare piuttosto manierata e si muove in modo rigido come
se fosse un burattino. La trascrizione che presentiamo riporta le risposte di Fabrizia ai
primi due item dell’IPOP-A che indagano rispettivamente le caratteristiche della
rappresentazione di sé e la capacità di mentalizzazione rispetto a se stessi.
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I: Oggi vorrei farti alcune domande su di te, su che tipo di persona sei
… se ti dovessi descrivere in poche parole come ti descriveresti?
P: oh ecco questa era una delle domande … per me perlomeno come mi
descrivo …
I: una delle domande?
P: più difficili per me, devo usare poche parole
I: si nel senso che non è che ne parli per un’ora
P: certo, ma non mi vengono proprio gli aggettivi … allora sono molto
vivace sicuramente poi tendo ad avere un po’ doppia faccia con molte
persone, cioè molto spesso mi mostro molto diversa da quello che sono
cioè mi mostro per come vorrei essere, ma quello penso tutti, e poi sono
… non ho … non riesco ad avere passioni non c’è niente che mi piace
veramente …
I: ho capito, vivace … se devi farmi un esempio di come sei vivace che
diresti?
P: nel senso che quando magari non conosco le persone devo conoscere
degli amici per far colpo sono molto cioè cerco sempre di farli ridere ad
esempio cerco sempre far ridere quindi scherzo rido …
I: senti e invece quando tu dici “doppia faccia”?
P: ah perché io ho tipo due personalità, cioè con i miei amici, quello
tutti sono molto diversi a casa che poi con i propri amici no?
I: si
P: però io ho una differenza anche di voce quando io sto con i miei
amici bamboleggio, o cammino in punta di piedi spesso, cioè mi sono
proprio cambiata quando sto con gli amici e quando sto con gli adulti
…
I: e con gli adulti come sei?
P: come sono io … come mi viene naturale … poi dipende … no non
dipende in teoria con persone con cui non ho bisogno di avere un
rapporto di amicizia che non devo e allora non …
I: comunque diciamo una cosa … con gli amici sei come tu dicevi …
un po’ bamboleggi
P: molto
I: invece con gli adulti sei come sei?
P: si
I: e il fatto che tu dicevi che non c’è niente che ti piace?
P: beh non … niente che mi piaccia nel senso ho fatto tutti gli sport
possibili e immaginabile senza portarne a termine uno, non eh si magari
mi piace la musica e pure la sento dipende a periodi non conosco mai in
modo approfondito un autore, qualche cantante … ne conosco tanti non
approfondisco mai, non ho mai niente che mi interessi veramente
I: ho capito senti una cosa e come riesci a mettere insieme le due cose
di essere vivace e che non ti piace nulla?
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P: in che senso?
I: beh sono due cose un po’ opposte
P: ecco infatti forse quello che mi piace è far colpo sugli altri però non
ci avevo neanche pensato … oggettivamente non ho passioni … tipo
non vado a studiare qualche lingua … non faccio niente … però molto
spesso ho proprio bisogno di piacere alle altre persone
I: cioè non c’è nulla che a te piace però tu cerchi di piacere agli altri
P: esattamente
I: ho capito, per cui sono come due cose un po’ mi viene da dire
speculari, voglio “piacere agli altri ma degli altri non mi piace nulla”.
Per quanto riguarda l’area dell’identità, Fabrizia fornisce
una immagine
contraddittoria ed alternante di sé che tuttavia usa in modo manipolatorio nei
confronti di chi l’intervista. Rispetto alle caratteristiche della descrizione di sé, c’è da
segnalare il contrasto tra la presentazione che Fabrizia fa di se stessa, quando dice
“oh ecco questa era una delle domande […] più difficili per me, devo usare poche
parole […] certo, ma non mi vengono proprio gli aggettivi”, e la sua effettiva
capacità narrativa. Emerge una difficoltà di rapporto con i coetanei, di cui è tuttavia
consapevole, infatti come lei racconta tende a “bamboleggiare” con loro quasi a
ricercare la loro attenzione, mentre con gli adulti il rapporto è migliore. Rispetto alla
capacità di mentalizzazione rispetto a se stessa, Fabrizia mette in luce una difficoltà
nel legare aspetti diversi di sé, con capacità integrative limitate, anche se in alcuni
ambiti emergono migliori capacità di mentalizzazione.
Il secondo passaggio riportato mette in luce le risposte di Fabrizia all’item
dell’IPOP-A che valuta l’accettazione del proprio sviluppo corporeo.
I: […] Senti e quando ti guardi allo specchio ti piaci?
P: non voglio più dimagrire … però tipo io odio la mia pelle
I: cioè?
P: odio la mia pelle
I: che c’ha?
P: ci trovo ogni imperfezione possibile
I: e invece che cos’è che ti piace?
P: beh … in teoria mi piace che ho la vita stretta, e le gambe no le
spalle le gambe in realtà no, le spalle mi piacciono e la vita …
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I: senti e tu ci pensi a queste tue imperfezioni queste cose che non ti
piacciono?
P: eh, la pelle continuamente proprio sempre
I: ma vorrei capire meglio quando dici la pelle
P: non mi piace … a me sembra come se la mia pelle stesse un po’
scivolando via sembra ridicolo perché so di avere 16 anni però io
proprio la vedo, a volte come se avessi una pelle di … cioè mi sembra
di avere la pelle stanca … come se si vedesse qualcosa dalla pelle …
I: cioè come se la pelle mostrasse delle cose tue, e non delle cose
positive
P: esatto esattamente quello si
I: e ti viene mai in testa non so di fare tatuaggi diete o fare la chirurgia
plastica per migliorarti?
P: diete si qualche volta più che altro … io ho abbandonato l’idea della
dieta … non ne son più capace quindi mi sono messa l’anima in pace
… tanto posso stare così … tanto non ingrasso troppo grazie a Dio e
invece la chirurgia plastica mi viene spesso in mente
I: che cosa ti vorresti fare?
P: vorrei rifarmi … della faccia sicuramente la pelle o qualcosa per
migliorare poi volevo rifarmi il naso però … quello me lo farei rifare
però c’ho pensato … ecco mi rifarei il naso oppure non lo so se esiste
qualsiasi cosa magari per mantenersi bene […]
La risposta di Fabrizia mette in luce un certo grado di rifiuto per il proprio
sviluppo corporeo, in particolare per la propria pelle, che non è sentita come un
confine che separa e protegge, ma come una rete piena di smagliature che lascia
intravedere aspetti negativi del proprio Sé. In questo senso, il corpo viene
sperimentato come un oggetto minaccioso da “curare” attraverso interventi come la
dieta e la chirurgia plastica.
Quanto finora messo in luce sembra compatibile con le caratteristiche della
personalità borderline (Novelletto, Masina, 2001). A questo proposito, riportiamo un
aspetto del profilo di Fabrizia al Millon Adolescent Clinical Inventory (MACI;
Millon, Davies, Millon, 1993), un questionario self-report per la valutazione dei
pattern di personalità in adolescenza nell’ottica del DSM.
15
Figura 1. Punteggi ottenuti da Fabrizia nelle scale Pattern di Personalità del Millon
Adolescent Clinical Inventory
Nelle risposte al MACI, emerge un pattern di personalità congruente con quanto
evidenziato dall’IPOP-A: l’elevazione della scala sadico sembra indicativa della
tendenza alla manipolazione e al controllo degli altri, l’elevazione della scala
borderline mette in luce la tendenza a oscillare tra percezioni contrastanti di sé,
mentre l’elevazione della scala depressivo ed evitante segnalano la tendenza a sentirsi
rifiutata e abbandonata dagli altri.
Come emerge dai trascritti dell’intervista di Fabrizia, di cui abbiamo riportato solo
alcune sequenze, l’IPOP-A ha notevoli potenzialità cliniche sia nel riconoscere le
vulnerabilità personali sia nell’evidenziare le potenzialità individuali da utilizzare
durante la valutazione e durante il successivo trattamento.
16
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