STELLET LICHT LUCE SILENZIOSA CINCO DÍAS SIN NORA THE
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STELLET LICHT LUCE SILENZIOSA CINCO DÍAS SIN NORA THE
MORIRE MORIRE Rassegna cinematografica organizzata col sostegno del Museo d’arte di Mendrisio, nell’ambito della mostra Sul filo del tempo. Morire, che si tiene a Casa Croci, Mendrisio, dal 20 ottobre al 18 dicembre 2010 Circolo del cinema Bellinzona Cinema Forum 1+2 Cineclub del Mendrisiotto Multisala Teatro Mignon e Ciak sabato 2 ottobre, 18.00 mercoledì 6 ottobre, 20.45 STELLET LICHT LUCE SILENZIOSA CINCO DÍAS SIN NORA Carlos Reygadas, Messico/Francia/Olanda/Germania 2007 Film già previsto nella rassegna Cinebabel Messico Mariana Chenillo, Messico 2009 martedì 5 ottobre, 20.30 NARAYAMA BUSHI-KO LA BALLATA DI NARAYAMA CINCO DÍAS SIN NORA mercoledì 13 ottobre, 20.45 Mariana Chenillo, Messico 2009 Film già previsto nella rassegna Cinebabel Messico Shoei Imamura, Giappone 1983 sabato 9 ottobre, 18.00 AFTER LIFE – Wandafuru Raifu THE SOUND OF INSECTS – Record of a Mummy mercoledì 20 ottobre, 20.45 Hirokazu Kore-eda, Giappone 1998 Peter Liechti, Svizzera 2009 sabato 16 ottobre, 18.00 YEELEN YEELEN – LA LUCE Souleymane Cissé, Mali 1987 martedì 19 ottobre, 20.30 TROIS COULEURS: BLEU TRE COLORI – FILM BLU Krzysztof Kieslowski, Francia/Svizzera/Polonia 1993 sabato 23 ottobre, 18.00 NEMURU OTOKO L’UOMO CHE DORME Kohei Oguri, Giappone 1996 martedì 26 ottobre, 20.30 SOUS LE SABLE SOTTO LA SABBIA François Ozon, Francia/Giappone 2000 Circolo del cinema Locarno Cinema Morettina lunedì 18 ottobre, 20.30 TROIS COULEURS : BLEU TRE COLORI – FILM BLU Krzysztof Kieslowski, Francia/Svizzera/Polonia 1993 lunedì 25 ottobre, 20.30 AFTER LIFE – Wandafuru Raifu Hirokazu Kore-eda, Giappone 1998 lunedì 8 novembre, 20.30 SOUS LE SABLE SOTTO LA SABBIA François Ozon, Francia/Giappone 2000 lunedì 15 novembre, 20.30 NARAYAMA BUSHI-KO LA BALLATA DI NARAYAMA Shoei Imamura, Giappone 1983 lunedì 22 novembre, 20.30 CINCO DÍAS SIN NORA Mariana Chenillo, Messico 2009 Entrata: fr. 10.- / 8.- / 6.www.cicibi.ch www.cclocarno.ch www.luganocinema93.ch www.babelfestival.com Casa Croci Mendrisio L’idea di una rassegna sul tema del Morire è nata dall’incontro con Fabio Soldini, il curatore del ciclo di tre mostre a Casa Croci di Mendrisio intitolato Sul filo del tempo: la prima tappa, nel 2008, era dedicata al Nascere; la seconda, l’anno scorso, allo Sposare; e la terza, quest’anno, al Morire. La proposta di affiancare alla mostra un ciclo di film ci è parsa subito molto interessante, perché se è vero che non esiste quasi nessun film dove non muoia un buon numero di personaggi, è altrettanto vero che una rappresentazione meno stereotipata e superficiale della morte, rispetto a quella offertaci dai film di genere, non è occasione che si presenti tutti i giorni. Per il grande critico francese André Bazin (uno dei fondatori dei prestigiosi Cahiers du cinéma e padre putativo di François Truffaut), la morte, al pari del sesso, non poteva essere rappresentata nella finzione cinematografica, in quanto considerata un’ “oscenità”, non morale come nel caso del sesso, bensì “metafisica”. Essendo il cinema, come le altre arti plastiche, il tentativo dell’uomo di difendersi dal tempo, di fissare “le apparenze carnali dell’essere per strapparlo al flusso della durata”, l’atto sessuale e la morte diventano dei tabù cinematografici, in quanto l’uno e l’altro rappresentano la “vittoria del tempo”, sono “l’istante qualificativo allo stato puro” e quindi si possono solo vivere, non rappresentare. Bazin scriveva queste cose nella seconda metà degli anni Quaranta. In seguito molti registi, da Dreyer a Bresson, da Bergman a Pasolini, da Buñuel a molti contemporanei hanno cercato di infrangere il suo divieto e di affrontare il tema della morte con profonda consapevolezza e con scelte stilistiche originali. Nella nostra rassegna, che evidentemente non vuol essere esaustiva, abbiamo scelto alcuni esempi, molti dei quali ci giungono da culture lontane (dall’Africa, dal Giappone), nelle quali la morte incute sì paura e sgomento come da noi, ma viene più facilmente accettata come una presenza ineludibile nell’esistenza e nella coscienza dell’uomo, senza subire quel processo di rimozione tipico della cultura occidentale. Pensare alla morte può voler dire riflettere su quel che ci attende (se mai ci attende qualcosa) nell’aldilà: questo aspetto è affrontato nel film di Hirokazu Kore-eda After Life, in programma a Mendrisio e a Locarno; e in parte (ma solo di striscio) nello straordinario documentario dello svizzero Peter Liechti The Sound of Insects, previsto solo a Bellinzona, che fondamentalmente pone l’accento su che cosa voglia dire vivere gli ultimi giorni in attesa di una morte sicura, dopo aver rifiutato ogni consolazione materiale che il consumismo della società offre come palliativo della propria sofferenza. Ma la morte tocca solitamente in maniera più incisiva quelli che restano, rispetto a quelli che vanno. E di questo si occupano quasi tutti gli altri film della rassegna. Trois couleurs: Bleu di Krzysztof Kieslowski e Sous le sable di François Ozon indagano, ognuno a suo modo, sulla difficoltà o in certi casi sull’impossibilità di elaborare il lutto per la scomparsa della persona amata. La commedia messicana Cinco días sin Nora della giovane regista Mariana Chenillo propone invece un agrodolce divertissement sulle non poche difficoltà che incontra chi si accinge ad esaudire le volontà funerarie di un defunto, quando a complicare le pratiche burocratiche intervengono anche arcani precetti religiosi. L’altro film messicano in programma, Stellet Licht di Carlos Reygadas, si rifà a suo modo all’Ordet di Dreyer, scavando nei sentimenti degli adepti di una comunità mennonita e sorprendendo lo spettatore con la sequenza di una resurrezione provocata attraverso la sola forza dell’amore. Altri due film (oltre al già citato After Life) ci invitano a penetrare nel misterioso universo della cultura giapponese e in concezioni della morte assai lontane dalle nostre: La ballata di Narayama di Shoei Imamura (Palma d’oro a Cannes nel 1983) ci ricorda come gli anziani debbano e vogliano morire per lasciare il posto ai giovani, mentre L’uomo che dorme di Kohei Oguri è fortemente intriso di minimalismo zen e suggerisce quanto vita e morte non possano essere concepite come entità contrapposte. E per finire Yeelen dell’africano Souleyman Cissé tenta l’operazione forse più difficile: quella di rendere visibile l’invisibile, e quindi anche la morte, che aleggia lungo tutto il percorso di iniziazione del protagonista. Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona STELLET LICHT LUCE SILENZIOSA Carlos Reygadas, Messico/Francia/Olanda/Germania 2007 Sceneggiatura: Carlos Reygadas; fotografia: Alexis Zabe; montaggio: Natalia López; suono: Raul Locatelli; interpreti: Cornelio Wall, Maria Pankratz, Miriam Toews, Peter Wall, Jacobo Klassen, Elizabrzh Fehr; produzione: Gerardo Tagle per Montarraya Producciones/NoDream Cinema/Estudios Churubusco Azteca S.A./Foprocine/Ticoman/IMCINE/ Bac Films/Arte France Cinéma/Motel Films/Nederlands Fonds voor de Film/World Cinema Fund, Messico/Francia/Olanda/Germania 2007. 35mm, colore, v.o. in antico tedesco st. f/t, 135’ Premio della giuria a Cannes nel 2007 La comunità dei mennoniti, giunti in Messico dopo un lungo viaggio dalla Svizzera all’Olanda, e da lì alla Prussia e al Canada, offre un contesto unico per sviluppare un tema caro al regista, quello del contrasto tra modernità e tradizione (…) Il tempo è il grande tema che si agita sullo sfondo di questa storia di amori e tradimenti, semplice e vecchia come il mondo. Lui, lei e l’altra – se in mezzo non ci fossero tanti bambini, un orizzonte piatto, come una morale implacabile, e un miracolo che spezza tale filo – non ci vedremmo niente di nuovo. È appunto il quadro in cui tale storia accade a determinare l’originalità del progetto e la sua attualità. Reygadas ha un’innegabile capacità di scovare location e volti, in grado di spezzare il filo delle attese e al contempo di farsi carico di un’universalità sconcertante. In Stellet Licht, Johan è semplicemente un Uomo, preda di sentimenti e di una regola accettata come naturale. È un uomo che nutre un rispetto assoluto per la Verità. La verità della parola e la verità dei sentimenti, anche quando queste non sono concordi. Rispetto all’evocato nume di Dreyer, la differenza è notevole. Se Ordet è il racconto di una “Parola” che scende sulla terra, Stellet Licht è l’affermazione della forza dei sentimenti. (Carlo Chatrian, in “Cineforum”, 466, luglio 2007) CINCO DÍAS SIN NORA Mariana Chenillo, Messico 2009 Sceneggiatura: Mariana Chenillo; fotografia: Alberto Anaya: montaggio: Mariana Chenillo, Óscar Figueroa; musica: Dario González Valderrama; interpreti: Fernando Luján, Enrique Arreola, Ari Brickman, Juan Carlos Colombo, Marina de Tavira, Max Kerlow, Verónica Langer, Silvia Mariscal; produzione: Mariana Chenillo, Laura Imperiale per Cacerola Films/Fidecine/IMCINE, Messico 2009. 35mm, colore, v.o. spagnola st. f/t, 92’ Premio alla regia al Festival di Mosca 2010 Nora e José sono una coppia matura. Divorziati da vent’anni, vivono in due appartamenti uno in faccia all’altro in una città messicana. Nora pianifica la sua morte e costringe l’ex marito a renderle un ultimo servizio: dovrà occuparsi del funerale che, a causa di una festa religiosa e del suo suicidio, si avvererà complicato. Il suo piano sembra concepito nei minimi dettagli, ma una foto misteriosa, ritrovata da José sotto il letto di Nora, farà riaffiorare l’ombra di un vecchio segreto, ricordandoci che le più grandi storie d’amore si nascondono spesso nei luoghi più ristretti. Allo stesso tempo dolce e strampalato, Cinco días sin Nora, primo lungometraggio di Mariana Chenillo, racconta una storia su alcuni momenti importanti della vita, come la morte, le relazioni interpersonali e l’assurdità di certe regole religiose. Una commedia aerea piena di humour e d’amore, sul dubbio, la fede e la famiglia, che va dritta al cuore e ci lascia permanentemente il sorriso sulle labbra. (da una scheda della trigon-film). THE SOUND OF INSECTS – Record of a Mummy Peter Liechti, Svizzera 2009 Sceneggiatura: Peter Liechti, dal racconto Miira ni naru made di Shimada Masahiko; fotografia: Peter Liechti, Matthias Kälin; montaggio: Tania Stöcklin; suono: Balthasar Jucker, Christian Beusch; musica: Norbert Möslang, Christoph Homberger; produzione: Liechti Filmproduktion GmbH, Zürich, Svizzera 2009. 35mm, colore e bianco e nero, v.o. inglese st. f, 88’ Miglior documentario agli European Film Awards 2009 Nel cuore dell’inverno, il cacciatore S. trova in un angolo sperduto della foresta la mummia di un uomo di una quarantina d’anni. Grazie alle indicazioni minuziose del morto, che ha tenuto un diario, si viene a sapere che l’uomo si è suicidato l’estate precedente lasciandosi morire di fame. Il documentario di Peter Liechti è un adattamento molto personale di un testo di finzione, ma basato su fatto reale, un manifesto cinematografico in favore della vita, ancorché suscitato da una rinuncia radicale all’esistenza. (dal Catalogo delle 45.e Giornate cinematografiche di Soletta, 2010) NARAYAMA BUSHI-KO LA BALLATA DI NARAYAMA Shoei Imamura, Giappone 1983 Sceneggiatura: Shoei Imamura, dai due racconti di Schichiro Fukazawa Narayama Bushi-ko e Tohoku no Zunmutachi; fotografia: Masao Tochizawa; suono: Yoshiichi Beniya; musica: Shinichiro Ikebe; interpreti: Ken Ogata, Sumiko Sakamoto, Tonpei Hidari, Takeio Aki, Seiji Kurasaki, Junko Takada, Nijiko Kiyokawa…; produzione: Toei, Giappone 1983. 35mm, colore, v.o. giapponese st. f/t, 129’ Palma d’oro a Cannes nel 1983 In un villaggio giapponese una vecchia (Sakamoto), giunta a settant’anni, viene portata dal figlio (Ogata) a morire sul monte Narayama, secondo un’antica legge che prevede l’eliminazione dei vecchi per favorire la sopravvivenza dei giovani. Da una leggenda popolare, romanzata da Shichiro Fukazawa e già portata sullo schermo nel 1958 da Keisuke Kinoshita, un’aspra metafora sulla lotta per la sopravvivenza e l’ineluttabilità della morte. (Il Mereghetti) YEELEN YEELEN – LA LUCE Souleymane Cissé, Mali 1987 Sceneggiatura : Souleymane Cissé; fotografia: Jean-Noel Ferragut; montaggio: Andrée Davanture, Dounamba Coulibali; suono: Daniel Olivier, Michel Mellier; musica: Michel Portal, Salif Keita; interpreti: Niamento Sanogo, Koumba Traoré, Balla Moussa Keita, Issiaka Kane, Aoua Sangane, Ismaila Sarr, Youssouf Tenin Cissé; produzione: Les Films Cissé, Mali 1987. 35mm, colore, v.o. bambara, st. f/t, 105’ Premio speciale della giuria a Cannes nel 1987 Nianankoro (Kane), giovane di etnia bambara che ha raggiunto l’età per diventare depositario dei poteri sovrannaturali, vorrebbe diffondere questo sapere, ma il padre si oppone. Costretto alla fuga, alla fine di un viaggio iniziatico sfida il padre in un duello mortale. Realismo e soprannaturale si fondano in un racconto arcano e spesso ermetico: Cissé pensa il cinema in grande… Una tappa importante nel giovane cinema africano. Musiche del jazzista francese Michel Portal. (Il Mereghetti) TROIS COULEURS : BLEU TRE COLORI – FILM BLU Krzysztof Kieslowski, Francia/Svizzera/Polonia 1993 Sceneggiatura: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; fotografia: Slawomir Idziak; montaggio: Jacques Witta; suono: Jean-Claude Laureux; musica: Zbigniev Preisner; interpreti: Juliette Binoche, Benoît Régent, Hélène Vincent, Florence Pernel, Charlotte Véry, Philippe Volter, Claude Duneton, Emmanuelle Riva…; produzione: Marin Karmitz per MK2/CED Productions/France 3 Cinéma/CAB Productions/C.E.D. Productions/Canal Plus/Zespol Filmowy TOR, Francia/Svizzera/Polonia 1993. 35mm, colore, v.o. francese st. t, 99’ Leone d’oro ex aequo con America oggi a Venezia e coppa Volpi a Juliette Binoche Dopo aver perso il marito compositore e la figlia in un incidente, Julie (Binoche) si chiude in una solitudine totale, nascondendosi dietro uno pseudonimo e andando a vivere in un anonimo appartamento di Parigi. Ma prima una vicina dalla morale piuttosto equivoca (Pernel), poi l’assistente del marito (Régent) che l’ha sempre amata e che la convince a concludere il concerto lasciato incompiuto dal coniuge e infine la scoperta che non solo il marito aveva un’amante, ma che la donna è anche incinta, convincono Julie a tornare alla vita. Il primo film della trilogia dedicata ai colori della bandiera e alle parole d’ordine della Rivoluzione francese (cui seguiranno Tre colori – Film bianco e Tre colori – Film rosso) prosegue la riflessione sulla morale “laica” iniziata col Decalogo. Questo film affronta il tema della libertà, inteso nella sua valenza assoluta: la possibilità di essere davvero liberi dallo straziante ricordo del passato si identifica per Julie col rifiuto di ogni coinvolgimento e di ogni “amore”, sensuale o psicologico che sia. Salvo poi accorgersi che questa libertà assoluta si trasforma nella sua negazione e che l’unica vera libertà, come ricordano le parole della Prima lettera ai Corinzi di San Paolo che accompagnano la composizione musicale del marito, è la libertà dell’amore. (Il Mereghetti) AFTER LIFE – Wandafuru Raifu Hirokazu Kore-eda, Giappone 1998 Sceneggiatura: Hirokazu Kore-eda; fotografia: Yutaka Yamazaki; montaggio: Hirokazu Kore-eda; suono: Osamu Takizawa; musica: Yasuhiro Kasamatsu; interpreti: Arata, Erika Oda, Susumu Terajimi, Hisako Hara, Takashi Naito, Kei Tani, Taketoshi Naito…; produzione: TV Man Union/ Engine Film Production, Giappone 1998. 35mm, colore, v.o. giapponese st. f/t, 118’ Miglior film, Nantes 1998; Premio Fipresci, San Sebastian 1998; miglior film e miglior sceneggiatura, Buenos Aires 1999 “Tra tutti i ricordi accumulati nel corso della vostra vita, dovete scegliere quello che vi ha segnato di più. Dopo questi tre giorni, quando avrete fatto la vostra scelta, noi tutti qui faremo del nostro meglio per ricreare il vostro ricordo filmandolo. E sabato vedrete questi film nella sala di proiezione. Nel momento in cui ognuno rivivrà chiaramente l’istante scelto, se ne andrà nell’aldilà, portando con sé solo questo ricordo.” Questo è il programma annunciato ad ognuno dei ventidue nuovi arrivati, appena deceduti, nel vestibolo dell’aldilà. Ognuno di loro viene assistito da una squadra di angeli-funzionari, che agiscono da consiglieri, animatori e registi. Questi “passatori” sono in realtà dei morti che non hanno saputo scegliere il loro ricordo e rimangono quindi nel Limbo. Sono quindi molto pazienti nei confronti di chi cerca di evitare o teme il proprio passato, come di fronte a quel giovane che contesta la procedura e preferirebbe scegliere un sogno o una proiezione verso il futuro. L’universo di Kore-eda è sconvolgente, generoso, pieno di humour e di delicatezza. Un film tra cielo e terra. (da una scheda della trigon-film) NEMURU OTOKO L’UOMO CHE DORME Kohei Oguri, Giappone 1996 Sceneggiatura: Kohei Oguri; fotografia: Osame Maruike; montaggio: Nobuo Ogawa; suono: Soichi Inoue; musica: Toshio Hosokawa; interpreti: Sung-ki Ahnh, Christine Hakim, Koji Yakusho, Masaso Imafuku, Akiko Nomura, Masako Yagi, Fumiyo Kohinata, Takahiro Tamura; produzione: Space Co. Ltd Tokyo, Giappone 1996. 35mm, colore, v.o. giapponese st. f/t, 103’ Premio speciale al Montreal World Film Festival 1996; Premio CICAE, Berlino 1997 In un villaggio immaginario di montagna, ai bordi di un fiume, la vita scorre tranquilla al ritmo della natura. In una fattoria, un uomo è steso sul suo letto, sprofondato in un coma profondo sopravvenuto dopo un misterioso incidente sulla montagna. È l’ ”uomo che dorme”, vegliato dalla madre e dagli amici, sul quale si focalizza l’attenzione degli abitanti del villaggio. Al suo capezzale giungono personaggi di ogni tipo, più o meno coinvolti dall’esistenza di quest’uomo addormentato. Un giorno la madre percepisce in un vortice di polvere il segnale che l’anima del figlio ha lasciato il suo corpo. Dopo una rappresentazione di teatro Nô, cambia anche il destino di due delle persone che lo visitavano quando dormiva… Con questo film Kohei Oguri ha voluto farci condividere la concezione giapponese della vita e della morte, dell’essere umano preso nel ciclo della vita che rinasce in eterno (…) La morte non è separazione definitiva, ma coesiste parallela alla vita. L’uomo che dorme, movimento della morte, interroga dolcemente, ma in modo ineluttabile, sul senso degli atti delle persone sveglie. (da una scheda della trigon-film) SOUS LE SABLE SOTTO LA SABBIA François Ozon, Francia/Giappone 2000 Sceneggiatura: François Ozon, Emmanuelle Bernheim, Marina de Van, Marcia Romano; fotografia: Antoine Héberlé, Jeanne Lapoirie; montaggio: Laurence Bawedin; suono: Jean-Luc Audy; musica: Stéphane Reichart; interpreti: Charlotte Rampling, Bruno Cremer, Jacques Nolot, Alexandra Stewart, Pierre Vernier, Andrée Tainsy; produzione: Patrice Arrat, Pierre Wallon, Francia/Giappone 2000. 35mm, colore, v.o. francese st. t, 95’ Dopo 25 anni, il matrimonio tra Marie (Rampling) e Jean (Cremer) è basato su una placida routine, finché un giorno il marito scompare su una spiaggia. Il punto non è sapere se è morto, è osservare la reazione di Marie: che continua a vedere Jean in casa, ma è tentata dalla corte di un altro uomo (Nolot). Ozon costruisce un personaggio straordinario attorno alla Rampling: una donna non più giovane, sospesa tra la riscoperta di sé e lo scivolamento in una dimensione di allucinazione e di negazione della realtà. Con uno stile molto discreto, Ozon scava nel profondo e arriva a momenti di verità dolorosissimi e lancinanti, senza lasciare nessuna certezza (il comportamento di Marie è dettato dalla propria incapacità a elaborare il lutto o piuttosto dall’educazione borghese che le “impedisce” di costruirsi una nuova vita?), con una durezza mai gratuita e momenti di tenerezza che mettono i brividi. E il fatto che la protagonista abbia 55 anni diventa alla fine contingente: il tema della perdita della persona amata è davvero universale. La prima parte è girata in 35mm, la seconda (per risparmiare sul budget, dato che erano mancati i fondi) in 16mm, con un effetto di sgranatura che diventa funzionale al senso di prigionia di Marie e al passaggio di stagione (da estate a inverno). (Il Mereghetti) Le schede sui film, quando non indicato altrimenti, sono tratte da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2008, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2007. Per l’ottenimento delle copie si ringraziano: trigon-film, Ennetbaden Look Now!, Zürich JMH Distribution, Neuchâtel Rialto Film, Zürich