Vi è un filo rosso che lega gli assurdi attentati di Parigi, la guerra dell
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Vi è un filo rosso che lega gli assurdi attentati di Parigi, la guerra dell
la fonte DICEMBRE 2015 ANNO 12 N 11 periodico dei terremotati o di resistenza umana € 1,00 Vi è un filo rosso che lega gli assurdi attentati di Parigi, la guerra dell'Isis, il pensiero economico e la finanza. Ugo Biggeri, presidente della Banca Popolare Etica lotta e contemplazione Con i libri della Genesi, dell’Esodo e del Levitico, presentati i mesi scorsi, abbiamo cominciato a dare uno sguardo veloce, ma non superficiale, ai 73 libri che compongono la bibbia. il virus della lamentazione Rosalba Manes Mosè disse al Signore: «L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo”, come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me…» (Nm 11,11-13). Il libro dei Numeri tratta del problema dell’ identità e dell’organizzazione della comunità degli Israeliti che si trova a vivere nel deserto. L’ estrema essenzialità e l’ assenza di strutture la porta a vivere tensioni e conflitti relativi alla leadership e all’ autorità. Nel libro viene narrata la fine del soggiorno al Sinai, la marcia nel deserto e la preparazione alla conquista della Transgiordania. Questo percorso si mescola a istruzioni che fungono da complementi e attualizzazioni della legislazione precedente o che preparano l’istallazione in Canaan. Il Libro inoltre oscilla tra il particolarismo e l’apertura agli stranieri ed è fortemente marcato dal motivo delle lamentazioni contro Mosè, Aronne e Dio. La nostalgia dei cibi dell’Egitto e il disprezzo verso la manna che oramai li ha nauseati provoca nel popolo pianto e lamento. Mosè ascolta questo grido che non viene più dal sentirsi oppressi ma dal bisogno di una dieta più variata e lo condivide con Dio. Egli interviene concretamente alleggerendo il carico di responsabilità del suo servo attraver- so la creazione di ben settanta anziani e concedendo le quaglie per tutto il popolo. A lamentarsi poi contro Mosè sono il fratello Aronne e la sorella Maria, infastiditi dalle sue nozze con una donna etiope. Una nuova mormorazione lo colpisce a causa del discredito che alcuni uomini inviati a esplorare la terra di Canaan vogliono gettare su di lui. Segue poi la rivolta di Core, Datan e Abiràm contro Mosè e Aronne e la lite del popolo con Dio a causa della mancanza di acqua. Questi lamenti del popolo gettano Mosè in una profonda prostrazione: egli sperimenta una notevole sproporzione tra le sue reali possibilità di guidare il popolo e le attese che sente poste su di lui. Avverte su di sé un peso eccessivo, simile a quello che solo una madre può assumere per amore del bambino che ha tenuto nel suo grembo e che è disposta a nutrire costi quel che costi. Questa maternità spirituale è per lui un impegno troppo grande! Tuttavia impara a viverla cercando di abbattere i muri che il popolo innalza verso Dio e intercedendo presso Dio perché egli costruisca con loro ponti di comunione. Spesso il popolo di Dio è litigioso, impaziente e ribelle verso Dio e verso gli altri perché fa fatica a dare fiducia. Andando oltre le proprie miserie e le altrui fragilità è possibile immettere con forza nella storia il lievito di una fiducia che ci rende artigiani di alleanza con gli uomini e con Dio. [email protected] In copertina: presepe realizzato nella chiesa di Bonefro nel 2014 Il tuo sostegno ci consente di esistere la fonte ABBONAMENTI PER IL 2016 ITALIA SOSTENITORI AUTOLESIONISTI € 10,00 € 20,00 € 30,00 2 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 la fonte Direttore responsabile Antonio Di Lalla Tel/fax 0874732749 Redazione Dario Carlone Domenico D’Adamo Annamaria Mastropietro Maria Grazia Paduano Segreteria Marialucia Carlone Web master Pino Di Lalla www.lafonte2004.it E-mail [email protected] Quaderno n. 123 87 Chiuso in tipografia il 26/08/12 22/11/15 Stampato da Grafiche Sales s.r.l. via S. Marco zona cip. 71016 S. Severo (FG) Autorizzazione Tribunale di Larino n. 6/2004 Abbonamento Ordinario € 10,00 Sostenitore € 20,00 Autolesionista € 30,00 Estero € 50,00 40,00 ccp n. 4487558 intestato a: la fonte molise via Fiorentini, 14 10 86040 Ripabottoni (CB) quale giubileo? Lettera aperta agli artigiani di un mondo altro Antonio Di Lalla Papa Francesco indicendo a sorpresa il giubileo, che inizierà l’8 dicembre, ha compiuto ancora una volta un gesto veramente rivoluzionario, perciò non possiamo non occuparcene. Se detrattori e benpensanti chiedono, paradossalmente accomunati dallo stesso obiettivo, perlomeno di rimandare l’anno santo, col pretesto della carneficina di Parigi e la paura di possibili attentati, è perché o non ne hanno compreso la portata oppure ne temono il potenziale sovversivo sotteso. Nelle intenzioni del papa vi è la contestazione più radicale che si potesse mettere in atto contro il capitalismo, la finanza e le disuguaglianze sociali. Idealmente lo vedo come il prosieguo dell’intuizione del nostro conterraneo papa Celestino V che è stato il vero inventore del giubileo nel 1294, universalizzato poi nel 1300 da Bonifacio VIII, con altre derive. Pietro da Morrone viveva povero tra la gente, non essendo prelato di corte, e quando fu eletto papa, col nome appunto di Celestino, volle che fossero i poveri anzitutto a partecipare alla sua festa e si sentissero accolti e amati da Dio. Mentre i ricchi e i nobili avevano l’opportunità di fare pellegrinaggi ed elemosine, penitenze tariffate ed elargizioni alla chiesa, la gran massa poteva condividere solo fame e disgrazie. Lancia un proclama geniale: chiunque entra il 29 agosto, festa di s. Giovanni Battista, nella basilica di Collemaggio a L’Aquila assetato di Dio e di riconciliazione ne esce rinnovato e risollevato perché l’Onnipotente ama tutti e a tutti dona speranza. Si annullano le differenze tra ricchi e poveri, nobili e plebei. Era una risposta meravigliosa alle istanze del tempo da parte di una chiesa che spesso non aveva il vangelo come unico punto di riferimento. Francesco, con il giubileo della misericordia, fa un’operazione identica nell’obiettivo: porre gli scarti umani al centro dell’attenzione e farli sentire amati da Dio, ma, giocandola tutta sulla prossimità, la incarna e storicizza in una realtà che molti non sanno o non vogliono leggere. Il rapporto Oxfam asserisce: “Il divario tra ricchi e poveri è oggi più grande che mai, e continua ad aumentare, mentre il potere si trova, sempre più, nelle mani di una piccola èlite”, tradotto in questi termini da Pedro Casaldaliga: “85 persone possiedono una ricchezza che equivale al patrimonio della metà povera dell’umanità. E l’1% più ricco della popolazione, nel 2016, supererà il proprio record patrimoniale oltrepassando la barriera ideale del 50% della ricchezza mondiale: si è appropriato di mezzo mondo; al resto degli esseri umani, il 99% della popolazione mondiale, rimane da spartirsi l’altra metà” (adista n. 35). Papa Francesco nella bolla di indizione dell’anno santo (Misericordiae Vultus), che suggerisco di leggere per comprendere la svolta che sta dando alla chiesa, parte dall’invito biblico ad essere “misericordiosi come il Padre” e chiede che il pellegrinaggio, segno peculiare dell’anno santo sia “icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza” e porti ad “aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica”. Vengono riproposte le cosiddette opere di misericordia corporale e spirituale come paradigma dei bisogni umani perché si presti attenzione alle miserie del mondo e così ci si senta provocati ad ascoltare il grido di aiuto che giunge da tantissime realtà. Denuncia “la violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue” e la corruzione che “impedisce di guardare al futuro con speranza” arrivando ad affermare che “la misericordia non è contraria alla giustizia” Il vescovo di Termoli-Larino, Gianfranco De Luca, nel tracciare le linee pastorali attuative del giubileo per la diocesi traduce efficacemente in questo modo le intenzioni del papa: “La nostra chiesa locale sceglie di celebrare la Divina Misericordia nei luoghi dove si vive la sofferenza, la malattia, l’esclusione e dove si attivano, in modo stabile, le molteplici forme delle opere di misericordia corporali e spirituali”. E perché non ci fossero fraintendimenti e false spiritualizzazioni mette a fuoco mese dopo mese degli obiettivi concreti: dagli immigrati agli ospedali, dalla mensa dei poveri al carcere, dalle case di riposo alle famiglie dove vi sono malati, fino ai centri di salute mentale. L’anno santo serve per dire ad ogni altro: mi stai a cuore e di conseguenza il pellegrinaggio è uscire da sé per andare incontro alle persone, varcare la porta santa è creare relazioni, lucrare indulgenze è prendere in carico il prossimo. E non si pensi che così si umanizza la divinità, semmai si divinizza l’umanità secondo il progetto per cui si è speso duemila anni fa un certo Gesù che, nella migliore tradizione biblica, proclamava “siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. Molti, magari per fuggire da se stessi, andranno a Roma o per santuari e finiranno per essere funzionali al mercato e al commercio; i governi occidentali continueranno a soffocare l’anelito di giustizia dei popoli oppressi e sfruttati sotto una pioggia di bombe e proiettili; le nazioni alzeranno ancora muri e fili spinati alle frontiere per impedire la libera circolazione dei popoli; le persone, anziché accogliere, continueranno a guardare con diffidenza l’altro perché attenta alla propria egoistica brama di possesso e di sicurezza. Perché la rivoluzione innescata da Francesco non finisca banalizzata in vuoti ritualismi e le persone non restino prigioniere delle proprie paure occorrono necessariamente artigiani di un mondo altro.☺ caro lettore la fonte vive di abbonamenti. sostienici e allarga la rete degli amici febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 20 3 spiritualità anno di grazia Michele Tartaglia Scrivo la mia consueta riflessione la mattina dopo gli atti terroristici di Parigi, che ci fanno ripiombare nelle stesse sensazioni dell’11 settembre 2001 e non so se quando questo pezzo uscirà sarà accaduto altro. È in questo clima che devo parlare del giubileo della misericordia che inizierà a dicembre, un anno che dovrà essere, per i cattolici, di riflessione ma soprattutto di gesti concreti all’insegna proprio della misericordia di Dio. Riflettere su questo significa tornare al cuore del vangelo e quindi del cristianesimo. Proprio all’inizio della vita pubblica Gesù stesso ha presentato il suo programma di vita all’insegna dell’anno di grazia del Signore, leggendo alcune parole di Isaia, come ci racconta Lc 4,16-30, affermando che quelle parole si sono compiute proprio grazie alla sua presenza e alla sua azione in favore dei poveri, degli stranieri, delle donne, degli ultimi. È importante, tuttavia, non solo sottolineare ciò che ha letto: “Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato ad evangelizzare i poveri, a proclamare la liberazione dei prigionieri e la vista ai ciechi; per liberare gli oppressi e proclamare un anno di grazia per il Signore” (Is 61,1-2). È altrettanto importante, infatti, sottolineare ciò che non ha letto, interrompendo la lettura del profeta Isaia quando dice: “un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Is 61,2). Non fecero la stessa cosa i conterranei contemporanei di Gesù e della prima comunità cristiana, poiché nacque il movimento di ribellione degli zeloti che portò a due rivolte armate contro i romani, causa diretta della distruzione del tempio e di Gerusalemme e in seguito dell’esclusione 4 degli ebrei dalla stessa città, dai tempi dell’imperatore Adriano in poi; la Palestina da allora perse l’identità ebraica fino al XX secolo, quando è stato creato lo stato moderno di Israele. Gesù e i primi cristiani hanno scelto di non leggere, di non fare proprio tutto il passo di Isaia, ma di accogliere solo ciò che parlava di liberazione e di misericordia, bandendo così la violenza come strumento per affermare le proprie idee. Alla violenza altrui i cristiani dei primi secoli hanno risposto con l’accoglienza, con il servizio, con il prendersi cura di chi aveva bisogno, anche se non era appartenente al proprio gruppo. I cristiani riscuotevano la simpatia di chi li osservava perché avevano costituito delle comunità la cui regola era il sostegno reciproco e la missione era il superamento di ogni barriera sociale, civile, sessuale: “Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). L’abbandono della violenza e il rispetto inclusivo di ogni vita umana è la vera forza insita nella fede cristiana, il suo dna, il tesoro originario che neppure la corruzione delle chiese potrà mai scalfire. Col tempo, infatti, anche il cristianesimo e le chiese sono diventati sistemi di potere e di oppressione, come il tempio di Gerusalemme contro cui Gesù predicava; l’opulenza denunciata che ancora oggi produce scandalo, infatti, non è che la riedizione di quel sistema fondato sul tempio dell’epoca di Gesù che spremeva i poveri e attirava i ricchi con la promessa delle benedizioni divine elargite a suon di monete e di doni ai la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 detentori del sacro; un tempio di cui Gesù aveva detto che non sarebbe rimasta pietra su pietra: se ciò valeva per quel tempio, vale per ogni sacro palazzo che ancora specula su Dio e su Gesù Cristo. Se guardiamo invece a ciò su cui si fonda il messaggio cristiano, vediamo che non si tratta di un libro che può chiedere anche di uccidere in nome di Dio (quante volte la bibbia è stata usata per condannare a morte le persone!), ma di una persona, Gesù, che ha rivelato il volto di Dio nel prendersi cura; assumendo il suo stile, facendo camminare sulle proprie gambe la sua idea di regno di Dio, i cristiani hanno cambiato il mondo e continuano a farlo ovunque assumono e mantengono questo stile, non la difesa ipocrita di valori astratti fatta da un occidente ormai povero di spiritualità e coerenza, dove giovani anche “educati” ai suoi valori ritrovano un motivo per vivere solo abbracciando il fondamentalismo islamico, perché forse schifati da un cristianesimo di facciata e dal bon ton di una laicità ideologica che emargina socialmente chi vuole libertà e giustizia sociale. Non si pensi, quindi, alla riedizione delle crociate, che porta solo ad aumentare il male e la violenza (bisogna guardarsi bene dagli ideologi della difesa ad oltranza dei valori occidentali e giudeocristiani); si tratta piuttosto di tornare a vivere il vangelo come facevano i cristiani prima di “convertirsi” all’impero e al fascino del potere, quando nonostante le persecuzioni aumentavano esponenzialmente, tanto che un “radicale” come Tertulliano arrivò a dire che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani; martiri che non tolgono la vita, ma si mettono totalmente al servizio dell’uomo fino al dono della propria vita. Proprio per questo è necessario continuare a predicare non tanto un giubileo, quanto quell’anno di grazia inaugurato da Gesù e incarnato dai suoi discepoli lungo la storia, per sconfiggere col fascino dello stile di Gesù, ogni forma di terrorismo, sia quello del fondamentalismo, sia quello del cinismo e della voracità dei sistemi finanziari iniqui (che hanno casa anche nel nostro occidente), che amoreggiano con i fondamentalisti e li foraggiano di armi, per usarli nelle loro maldestre strategie geopolitiche. ☺ [email protected] glossario la redazione partecipa al dolore che ha colpito la nostra collaboratrice Ester Tanasso per la morte del padre senza spiegazioni Dario Carlone sud - specifichiamolo - non siamo così … La nostra vita sociale ha per base altri elementi, dettati dalla cultura, dal nostro essere disponibili e capaci di relazionarci con gli altri. Ma sarà poi vero? I cambiamenti nelle abitudini sono purtroppo contagiosi. Da semplice osservatore quale sono, attraverso il contatto con le giovani generazioni che si susseguono sui “banchi” di scuola, posso affermare che i costumi negativi attecchiscono maggiormente. Sta diventando frequente anche tra noi interrompere relazioni, senza neanche inviare un sms o cercare un congedo chiarificatore. È molto più facile “sparire”, sottrarsi al confronto piuttosto che affrontare a viso aperto una situazione, sostenere un proprio punto di vista, motivare le ragioni del proprio comportamento. E tale atteggiamento sta diventando comune alle diverse fasce di età. Quando, ad esempio, accade qualche evento eclatante, ed i giovani e gli adolescenti ne sono spesso protagonisti, siamo portati a pensare che si è perso ogni senso della misura. Secondo la sociologa Chiara Saraceno, infatti “manca la consapevolezza del rapporto tra azione e conseguenza”: ci si preoccupa di ciò che può provare l’altra persona, di quali potrebbero essere i problemi che la scelta di “sparire” comporta? “Oggi l’intera comunicazione è incerta: non è più chiaro ciò che è legittimato”: quando ci si limita ad un “mi piace” o “condividi” su un social network, si resta al di fuori, si evita il coinvolgimento. E così quando si decide di eclissarsi come un fantasma: troppo comodo stare alla finestra a guardare, tanto sono gli altri i veri attori, quelli che poi ne pagheranno le conseguenze! Ghosting equivale a superficialità, una condizione sempre più pervasiva di tutte le relazioni. Nella società dell’informazione in tempo reale ci si interessa di tutto quanto avviene intorno a noi con lo stesso atteggiamento che si ha di fronte alle merci esposte sulle bancarelle di un mercato o nei reparti dei grandi magazzini: un’occhiata, un rapido giudizio e poi via, lo sguardo altrove … La pratica “usa e getta” si trasferisce anche ai problemi, alle vicende drammatiche del nostro tempo. Ci commuoviamo per un momento, pensiamo o diciamo una parola di commento, poi tutto come prima. È il nostro ghosting, sparire senza spiegare il motivo. ☺ [email protected] Scatto d’autore di Guerino Trivisonno Vi è mai capitato di sentire la parola ghosting? Tranquilli, non ho intenzione di spaventarvi, né sono in ritardo sui festeggiamenti della notte di Halloween! Questa espressione è di importazione anglofona e deriva dal sostantivo ghost, fantasma; resa nella forma verbale ing (gerundio o participio presente secondo la grammatica inglese), è entrata nell’uso per indicare l’interruzione improvvisa e senza apparente motivo di una relazione sentimentale. Da un punto di vista sociologico l’espressione veicola quindi un modus tipicamente anglosassone: incontri fuggevoli, relazioni che non durano, stili di vita condizionati da impegni di lavoro o affari, viaggi e trasferte continue che non fanno bene ad una relazione - quello che vediamo nei film americani, per intenderci! Se pensiamo alle metropoli popolate da migliaia di persone, con la vita quotidiana scandita dai ritmi tipici della settimana lavorativa che volge al venerdì per avere la meritata pausa, non ci stupirebbe che un rapporto di coppia o semplicemente una amicizia possa dissolversi come un “fantasma”, senza dover ricorrere a spiegazioni o chiarimenti. Tutto ciò è molto lontano dalla nostra realtà italiana: perché soffermarsi, allora, su questo termine? Noi italiani, del la politica regionale non riuscirà ad offuscare la bellezza del molise febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 5 politica salviamo i molisani! Giovanni Di Stasi Su richiesta di Libertà & Giustizia e la fonte, ho coordinato di recente un dibattito pubblico sul tema “Il Molise tra autonomia e macroregioni”. Le relazioni sono state svolte da Luigi Picardi, esperto di regionalismo, e da Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale, che ho avuto il piacere di avere come alunno del liceo classico di Termoli. Il tema viene da tempo dibattuto dai rappresentanti delle istituzioni molisane con l’obiettivo di organizzare la difesa di un’autonomia regionale che, bisogna riconoscerlo, è stata conquistata con impegno e fatica e non ha mancato di dare nel passato significativi risultati. Per spirito di verità bisogna aggiungere che associazioni, come Majella Madre, e singoli cittadini manifestano da qualche tempo opinioni diverse sul tema, arrivando a dire che l’autonomia per questa regione è diventata un onere eccessivo per la comunità nazionale e uno svantaggio insopportabile per i cittadini molisani. Mi ha intrigato l’idea di stimolare e moderare il confronto tra cittadini e politici, sulla base di considerazioni di natura prevalentemente tecnica e all’interno di un quadro generale profondamente mutato negli ultimi anni. La passione regionalista di molti di noi e la bandiera federalista della Lega Nord sono diventate, nel corso di un lustro, pagine sbiadite di una storia ormai superata, in un paese che non riesce più a tenere il conto degli scandali e delle inefficienze di intere classi politiche regionali. Diventa così comprensibile la frattura tra i rappresentanti istituzionali, che tendono a difendere lo status quo, e i cittadini, propensi a disfarsi di quello che sembra essere un inutile fardello. Le cose vanno così, qui e altrove. Da noi la 6 vicenda è più complessa e più preoccupante perché alla sfiducia nei governanti regionali, che accomuna quasi tutti gli italiani, si è aggiunta una scarsa capacità programmatoria e operativa in materia di sviluppo, occupazione, infrastrutture, trasporti e sanità. Se, per risolvere questi problemi, bastasse eliminare l’autonomia regionale, non avremmo dubbi sul da farsi, ma non è così ed è bene confrontarsi per ricercare soluzioni inedite, efficaci e di lungo respiro. Anche alla luce del fatto che mentre nelle regioni italiane imperversavano i diavoli, le istituzioni nazionali e locali non erano affollate di aureole. Dal convegno, che si è tenuto nell’aula consiliare del Comune di Termoli lo scorso 20 novembre, sono venute considerazioni e proposte di qualche interesse che provo a riassumere di seguito: - l’autonomia del Molise non è più percepita come un patrimonio prezioso dai molisani e, tuttavia, essa può essere messa in discussione solo all’interno di una riforma complessiva ed organica del sistema delle regioni; - l’eventuale nuova geografia regionale non può comportare la “spartizione” del Molise tra le future macroregioni limitrofe; - il Molise ha legami e affinità con l’Abruzzo tali da rendere naturale, fin da subito, una collaborazione ed una convergenza tra le due regioni, da estendere alle Marche; - sono state attivate iniziative di unificazione delle organizzazioni sindacali abruzzesi e molisane, mentre l’avvocatura ha dato vita all’unione della Marca Adriatica tra i distretti di Molise, Abruzzo, Marche e Umbria; - l’ipotesi di una macroregione dell’Adriatico, composta da Molise, Abruzzo e Marche, non può essere concretizzata attraverso la cancellazione dell’identità del Molise e il suo dissolvimento in una realtà la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 istituzionale più grande; - se la macroregione s’ha da fare, il Molise deve essere partner alla pari con le altre due regioni contraenti. Le considerazioni sopra esposte dovrebbero esser oggetto di confronto tra le istituzioni e i cittadini molisani non solo perché riferite ad uno scenario possibile, ma anche perché esse possono essere di grande aiuto in una fase in cui scelte importanti devono essere fatte. La progressiva cancellazione di uffici e funzioni statali sul territorio molisano rischia di produrre disastri per la nostra realtà territoriale, ma in uno scenario macroregionale qualcosa può essere salvato. Bisogna provarci, partendo dalla richiesta di congelare ogni provvedimento relativo alla Corte d’Appello di Campobasso. Tuttavia il reale valore aggiunto di una scelta chiara in favore di un raccordo stabile con l’Abruzzo e le Marche sta nella possibilità di attivare una fattiva collaborazione in materia di sviluppo, sanità, viabilità e trasporto. Funzioni che, più di altre, possono essere svolte efficacemente soltanto se si supera un’ottica di autosufficienza e isolamento. Dare risposte più efficaci ai cittadini deve essere l’obiettivo principale della collaborazione tra Molise, Abruzzo e Marche, ma può servire anche a salvare l’ autonomia di ciascuna delle tre regioni. Di certo, se i cittadini continueranno a percepirla come un fardello, prima o poi l’autonomia regionale sarà cancellata. Indipendentemente dal destino delle macroregioni. ☺ [email protected] viaggio di solo ritorno Conosco certe zone di confine ove tace la parola. Le attraversano ciechi viandanti anelanti al mare. Il corpo battuto dal vento. Uno l’ho visto gioire un giorno. Sul viso arso dalla salsedine la sola lacrima -perla del desertoannunciava vicina la meta. È la vita un viaggio di solo ritorno. Da In salita controvento di Anna Maria Gargiulo guerra in corso Famiano Crucianelli Parigi è una tragica lezione. Il grande rischio, quasi la certezza, è che resti solo la tragedia delle tante vittime e, rapidamente, si dimentichi la lezione. Le risposte dei tanti commentatori di casa nostra sono già sul tavolo. I lestofanti di professione dicono: “bisogna bombardare e rigettare i migranti”; gli uomini di buona volontà: “non dobbiamo farci spingere verso la barbarie”; i prudenti: “ci vorranno anni per battere il terrorismo”. Partirei dall’ultima considerazione che rivela una certa lungimiranza, anche se nulla dice sul perché della “guerra in corso” e su cosa andrebbe fatto per uscire da questa drammatica situazione. Indicherei tre ragioni fondamentali che fanno da sfondo, sono all’origine di queste vicende e con la loro ferocia stanno segnando questi nostri tempi. a) La madre di tutte le ragioni è il mutamento radicale avvenuto nel mondo in questi ultimi trenta anni, una vera rivoluzione che ha cambiato la natura del sistema mondiale. Ovvero: la fine dell’equilibrio e del controllo bipolare del mondo, il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti come potenza unica alla guida del mondo. Sempre in quegli anni ha preso il volo la globalizzazione economica, finanziaria e tecnologica del sistema internazionale. Questa rivoluzione nei primi anni, ha consegnato le chiavi del Pianeta agli Stati Uniti, poi le cose sono cambiate ed è emersa sempre più l’altra faccia del nuovo mondo globale: un mutamento profondo dei “rapporti di forza” fra l’Occidente e il resto del mondo, il protagonismo nello scenario mondiale di nuovi grandi paesi dalla Cina al Brasile e infine è iniziato l’esodo di milioni di donne e uomini dal Sud verso il Nord. Insomma in questi ultimi anni vi è stata una vera rivoluzione che ha mutato tutto dagli equilibri geopolitici alle relazione economiche e finanziarie, dal ruolo della tecnologia alla cultura e ai costumi di miliardi di cittadini del mondo. b) La seconda e decisiva ragione che permette di comprendere lo stato di cose attuali va ricercata nella risposta miope ed egoista che Stati Uniti e Occidente hanno dato ai grandi cambiamenti di questi anni. Di fronte alla globalizzazione, di fronte al disordine in aree fondamentali del mondo la potenza americana e la Nato hanno utilizzato la guerra, le menzogne e la violenza per affermare i loro interessi neocoloniali e il loro primato. La prima guerra in Iraq, la seconda guerra in Iraq, i bombardamenti francesi sulla Libia, il vaneggiamento interessato sulle Primavere arabe e sulla democrazia sino arrivare a una pericolosa collisione Statunitense e Giapponese con la nascente potenza cinese che potrebbe aprire, questa sì, le porte alla terza guerra mondiale. Intervenendo militarmente in Iraq il presidente americano ebbe a dichiarare: “Dobbiamo intervenire per tutelare lo stile di vita, il tenore di vita del popolo americano”. Bush con il suo candore e la sua arroganza diceva una elementare verità: il mondo sta cambiando, ma gli Stati Uniti e l’Occidente avrebbero usato la forza per difendere i loro interessi e i loro privilegi. Il cancro col quale abbiamo a che fare è un Giano bifronte, ha due teste: una è il terrorismo e l’altro è l’ arroganza cieca del potere e dei privilegi. Un’altra via era e continua ad essere possibile. La fine dell’URSS e i processi di globalizzazione hanno dato all’Occidente la grande opportunità di socializzare e globalizzare la democrazia, i diritti sociali e dei lavoratori, l’idea di libertà e la cultura laica, insomma la parte migliore della nostra storia. La civiltà occidentale - quello dello Stato sociale, dello Stato di diritto e dello statuto dei diritti dei lavoratori - se si fosse messa a disposizione del nuovo sistema globale avrebbe realmente aperto le porte ad un mondo migliore e avrebbe fecondato virtuosamente “il nuovo” che si stava affermando. Si è fatto esattamente l’opposto e le conseguenze di questa scelta scellerata sono sotto gli occhi di tutti. Se non ripartiamo da qui, se non piantiamo, insieme alla lotta al terrorismo, la pianta della giustizia sociale e di un nuovo equilibrio democratico fra i paesi e i popoli del mondo, noi potremo anche vincere oggi con le armi la lotta contro lo stato del terrore del califfo, ma domani la metastasi del terrorismo tirerà nuovamente fuori la testa. c) Una terza ed ultima questione riguarda più direttamente noi e il nostro as- febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 politica setto sociale e democratico. In tanti, non solo i Salvini, i Meloni, i Le Pen, i Kacynski, gli Orbàn chiedono di tirare su i muri contro l’onda degli immigrati. È un illusione, i muri e i fili spinati, senza quella barbarie nazista e fascista che l’Europa ha conosciuto nella prima metà del novecento, nulla potranno contro questa biblica migrazione. Se non vogliamo iscriverci nel lungo elenco dei nuovi barbari di fronte a un problema reale che crea difficoltà, conflitti e paure in primo luogo nella parte più popolare e povera della nostra società, dobbiamo cogliere la questione alle radici e provare una risposta su due terreni. La prima scelta, ripetuta come una giaculatoria da tutti per poi essere non a caso sistematicamente ignorata, è quella di sostenere uno sviluppo economico e sociale degno nei paesi di provenienza dei migranti. Non a caso ignorata, perché questa scelta, almeno per diversi anni, comporta una redistribuzione di ricchezza fra noi e i popoli del sud e ci obbligherebbe a un mutamento del “nostro tenore di vita”. Anche Renzi dopo il vertice del G 20 in Turchia si è posto questo problema, francamente non sa di cosa parla. La questione non è quella di un risibile incremento dei fondi della cooperazione, si tratta di immaginare un nuovo piano Marshall per queste aree povere del Sud del mondo, di mobilitare risorse straordinarie e di piegare a questa filosofia le grandi istituzioni internazionali dal F.M.I. alla Banca mondiale. La seconda questione riguarda il nostro vivere sociale, il senso e la qualità della nostra democrazia. I migranti hanno la loro storia, la loro cultura, spesso una vita piena di disperazione e di sofferenza. Se questi nuovi dannati della terra approdano in un territorio degradato e senza identità sociale, in una società deresponsabilizzata, se arrivano in un paese dove la vita democratica è inesistente e l’etica pubblica profondamente inquinata, allora è facile che essi vadano ad ingrossare le file della marginalità e della decadenza sociale. Il problema, se vogliamo essere seri, non è il migrante, ma la miseria della nostra democrazia e della politica, l’opportunismo e il trasformismo delle classi dirigenti, la povertà del nostro vivere sociale e l’inciviltà dei nostri comportamenti. Il re è nudo, prima ce ne renderemo conto, prima potremo affrontare i veri problemi. ☺ [email protected] 7 xx regione molise sicuro Giulia Di Paola La sicurezza è quando tutto è risolto, quando nulla ti può accadere; la sicurezza è la negazione della vita (Germaine Greer) Parlare di sicurezza dopo i fatti di Parigi potrebbe sembrare un’utopia, anche perché la certezza di essere al sicuro è praticamente impossibile. Soprattutto perché la domanda inevitabile è: al sicuro da chi, che cosa? Le istituzioni cercano di fare quello che possono per colmare questo bisogno ancestrale dell’uomo, un bisogno al quale si cerca sempre più spesso di dare risposte dall’ esterno, piuttosto che irrobustire l’animo. Così anche in Molise è stato messo in piedi il “Patto della Sicurezza - sistema regionale di videosorveglianza” che ha recepito anche le indicazioni del coordinamento delle forze di Polizia delle Province di Campobasso e Isernia. Pertanto sistemi di videosorveglianza verranno realizzati nei comuni di Campobasso, Isernia, Bojano, Campomarino, Larino, Montenero di Bisaccia, Riccia, Termoli, Agnone e Venafro. Diversi anni fa i bambini venivano terrorizzati da un ammonimento ricorrente: “Ricordati che Dio ti vede!” oggi è l’occhio del Grande Fratello che osserva le nostre vite, o meglio alcune delle nostre azioni. Ma non credo che sia mai riuscito a fermare la malva- 8 gità, la cattiveria, la criminalità. Al bambino che muove i primi passi nel mondo la presenza di Dio dovrebbe essere quella che lo sostiene nei momenti difficili e di insicurezza, così come ben descritto nel Salmo 23: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Un tempo c’ erano la famiglia, i vicini, i paesani che erano presenti nella vita di tutti, adulti e bambini e fungevano contemporaneamente da deterrente e da elemento di sicurezza perché non ci si sentisse soli, specialmente nei momenti più delicati della vita. Presenze che sicuramente potevano costituire un limite per le libertà individuali, ma erano persone sulle quali si poteva contare. Un padre pensatore dell’anarchia, William Godwin, affermò che: “La democrazia restituisce all’uomo la coscienza del proprio valore, gli insegna, con l’eliminazione dell’autorità e dell’ oppressione, ad ascoltare soli i dettami della ragione, gli dà la sicurezza che gli consente di trattare gli altri uomini come suoi simili, e lo porta a considerarli non più nemici contro i quali la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 deve stare in guardia ma fratelli che ha il dovere morale di aiutare”. Possiamo considerare una democrazia quella che viviamo oggi? In realtà il potere legislativo e quello giudiziario sono in lotta costante pur fingendo di fidarsi l’uno dell’altro. La politica lascia spesso che sia la magistratura a dirimere le proprie lotte di potere. Così, invece di affrontarsi a viso aperto in discussioni risolutive e facendosi carico delle proprie azioni e decisioni, si riempiono i faldoni delle aule di Tribunale, senza contare che nel frattempo sono intervenute depenalizzazioni, prescrizione breve, legittimo impedimento, riduzioni di tribunali e personale. Praticamente l’impunità. Il giudizio da parte dell’altro è talmente difficile da accettare che spesso le famiglie non si fidano neanche della scuola, l’istituzione per eccellenza quando si parla di educazione e formazione, e capita spesso di vedere denunciati presidi ed insegnanti anche per voti, giudizi e note che riguardano i figli studenti. Un sistema di videosorveglianza riuscirà effettivamente a farci sentire più sicuri? La paura dell’ignoto è solo una componente delle nostre insicurezze. Spesso le peggiori violenze sono perpetrate proprio da chi conosciamo bene. La mancanza di fiducia nel futuro, invece, è alimentata da una politica miope, legata alla poltrona e da un’economia folle che corre solo in favore del più forte. Un’occasione per cambiare rotta ci viene offerta dall’anno giubilare, il tempo “del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli”. ☺ [email protected] xx regione Il 65% del territorio regionale sarà interessato dalle trivellazioni per la ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi. Basterebbe solo questo dato per provocare allarme in tutti noi, purtroppo l’analisi del progetto ci porta a considerazioni ancor più angosciose. Neanche il nostro mare sarà risparmiato poiché una lunga striscia di Adriatico che va dall’Emilia fino al Molise subirà lo stesso trattamento. Abbiamo parlato del nefando decreto Sblocca Italia ma era teoria, ora ne subiamo le conseguenze pratiche. Lo scempio della nostra terra e del nostro mare, la nostra incolumità e la nostra salute saranno determinati da questi brevi disposti dell’art. 38 del PoveraItalia: “le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’ esproprio dei beni in essa compresi…”. Come dire abbiamo deciso che qualcuno si arricchirà sfruttando le vostre risorse, producendo a voi e al vostro territorio il maggior danno possibile e voi non potrete recriminare alcunché, zitti e buoni. Ma lasciamo perdere la democrazia, valore dismesso, in disuso, obsoleto e di intralcio, parliamo di prassi. L’Olanda ha il più grande giacimento di metano d’Europa attivo dal 1959, per molti decenni non ha dato problemi ma dal 2008 sono iniziati terremoti sempre più frequenti e di sempre maggiore intensità. Sono terremoti indotti dall’attività di estrazione e stoccaggio del gas, superficiali e quindi percepiti in maniera sensibile dalla popolazione e deleteri per le abitazioni - si calcolano centinaia di migliaia di case danneggiate -. Il sisma più significativo è stato del 3,6 della scala Richter, i danni stimati intorno ai 30 miliardi di euro. Il governo olandese, nel corso degli anni, ha riconosciuto la gravità della situazione e ha ridotto quasi ad un terzo l’attività di estrazione. Ma queste misure, sempre secondo il governo, non hanno allontanato la possibilità di altri eventi, perché? Ebbene, quando si estrae il gas o il petrolio, la sacca di roccia che lo conteneva si compatta provocando, col tempo, un abbassamento del “tetto” del suolo sovrastante e quindi i terremoti superficiali. Solo per dare un’idea di ciò che è avvenuto in quel Paese: nel 2013, anno i danni delle trivellazioni Cristina Muccilli di maggior estrazione del metano, i terremoti boschi più fitti saranno adoperate cariche sono stati 119, il maggior numero mai ragesplosive. Quale effetto produrranno giunto fino ad allora. L’Olanda è un paese a l’irraggiamento di onde nel sottosuolo e le rischio terremoti naturali pari a 0, l’Italia un vibrazioni derivanti dagli strumenti usati? paese ad alto rischio, e noi molisani lo sappiaUltima considerazione. Guardanmo molto bene. Mi sono dilungata sui terredo sulla cartina il posizionamento geografico moti perché è una delle conseguenze più di alcune concessioni mi accorgo che segue visibili, immediatamente avvertibili, ma che più o meno il tracciato del nuovo elettrodotdire del pericolo di contaminazione delle to che passerà anche in Molise, i signori falde acquifere, e del rischio contaminazione delle energie ci hanno voluto gratificare da radiazioni? Per la ricerca nel sottosuolo, davvero molto. infatti, si adoperano sonde con un terminale Ringrazio Augusto De Sanctis del radioattivo, e per ammissione delle stesse comitato abruzzese NO-OMBRINA per società di ricerca mineraria, durante l’anno averci edotto su di una materia così particolavorativo avviene un certo numero di questi lare e invito tutti i molisani a rendersi cittadi“incidenti”. Alla stessa stregua e con la stessa ni partecipi, non è più tempo di tacere. ☺ [email protected] leggerezza vengono trattati gli sversamenti di petrolio in mare, “episodi”. Ebbene sono casi, imprevisti, avvenimenti fortuiti che una volta in atto saranno davvero incidenti sulle nostre vite, sulla nostra salute, decideranno del nostro destino. Guardare i binari dall'ultimo vagone in corsa incrociare i volti dei nostri giovani Continuiamo con la prassi, con il che migrano con la speranza nel cuore progetto di ricerca idrocarburi “Santa Crosoffermarsi sullo sguardo innocente di un bambino ce”, il perimetro interessato è di 87 Kmq, e allora riscopro che la vita è vera grosso modo un quadrato disarmonico quando quel volto diventa il centro intorno a Campobasso, paesi coinvolti Fer- quando diventa spazio e tempo della nostra esistenza. razzano, Mirabello, Gildone, Vinchiaturo, Via le polemiche, l'inutile stillicidio di ipocrisie. Cerce, Sepino, Riccia, Ripalimosani ecc. Ma dal finestrino del treno un mare nero e schiumoso, Nella Sintesi non tecnica presentata dalla sinistro presagio di morte che quelle petroliere, potenti società Irminio srl è scritto che le operazioall'orizzonte, sembrano imporre. Abbiamo costruito la morte dentro i nostri calcoli. ni di ricerca non saranno svolte all’interno Il nostro sogno di progresso ha ingoiato la vita. di siti SIC/ZPS, sui tratturi, in prossimità di E allora per quel volto bambino vincoli architettonici o archeologici, in e per quello sguardo innocente immolo prossimità di centri abitati o di ponti e galleil mio corpo e destino le mie energie, rie, all’interno di oasi ed aree connesse, in anche insieme a chi ha il passo ansimante, prossimità di corsi d’acqua, laghi o sorgenti, ma il cuore libero. in aree a rischio idrogeologico. ConsideranAntonio De Lellis do l’area in oggetto la domanda viene da sé, dove mai potranno avviare queste ricerche? E allora, rispetteranno mai questi vincoli? Altrove non lo hanno fatto. Una nota sulle tecniche di indagine: verranno adoperati i vibroseis, grossi camion con piattaforme incorporate le quali emanano onde elastiche nel sottosuolo, e nei mare nero febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 9 xx regione domande al sindaco di s. giuliano rimborsi non rimborsati Orbene, un altro anniversario è passato! A noi, ancora una volta, l’occasione di stringerci assieme, accanto ai genitori, per condividere il dolente ricordo. Per triste coincidenza, il 31 Ottobre di quest’anno, tredicesimo anniversario di quell’evento così doloroso per la nostra comunità, ha visto la tragica fine, nel deserto del Sinai, tra gli altri, di altri ventisette bambini, nell’esplosione in aria dell'Airbus 321 della compagnia Kogalymavia, decollato dall'aeroporto egiziano di Sharm el-Sheikh. Il tragico evento di tredici anni fa è stato ricordato con servizi televisivi e con un minuto di silenzio, nelle altre scuole della regione. Nemmeno ai più disattenti è potuta sfuggire l'immagine, stridente, della faccia giuliva e briosa dell'imperituro sindaco quando, sorridente, constatava la tristezza che pervade tutti noi come tredici anni fa, invitandoci a non dimenticare. Eccitato, sicuramente, per il suo ruolo, di tricolore vestito, e non perché convinto che non tutti i mali vengono per nuocere. Pazientemente, continuiamo ad aspettare, dal sindaco, qualche risposta ad alcune domande su questioni inquietanti che lo riguardano: 1.Vorremmo sapere se è vero, o no, l’insinuazione comparsa in un’intercettazione telefonica che ha preso una prima mazzetta di 20 mila euro per ospitare gli sfrattati da oltre Europa. 2.Questi extracomunitari, verranno ospitati o sviati da qualche altra parte? 3.Vorremmo sapere le ragioni per cui è indagato circa 1'imbarazzante storia della Circumlacuale, se ha truffato, se ha imbrogliato carte, o corrotto qualcuno. 4.Vorremmo sapere cosa significa “combattere silenziosamente”. Per essere più espliciti: che strada avrebbe intrapreso se qualche mascalzoncello avesse voluto, a tutti i costi, piantare pale eoliche? 5.Come verrà restituita la cospicua somma delle provvisionali. 6.Quale merce di scambio sta barattando con il ministero dell’Economia per avere la possibilità che lo Stato finanzi il risarcimento? Forse l’istituzione del tanto sperato centro HUB? 7.Come affronterà la questione dei risarcimenti civili. Risulta praticamente inutile la conferenza stampa messa in scena appena due giorni prima dell’anniversario. Tutti sanno che quando c'è una sentenza penale che ci condanna, ce ne sarà una civile che ci bastonerà finanziariamente. Perché non dirlo prima? Questo, noi poveri cittadini sprovveduti, lo avevamo già detto attraverso questo giornale. 8.Cosa ne farà di tutte quelle opere faraoniche che ancora vengono costruite a San Giuliano, a cominciare dalla ipotetica Università risultata, fino ad oggi, solo sede di una fugace apparizione di call-center. 9.Quando, finalmente, comincerà la tanto pubblicizzata raccolta differenziata. 10.Ci rendiamo conto che è meglio una comparsata televisiva a Quarto grado che rispondere a un interrogatorio di terzo grado, ma siamo fiduciosi! “Sarà la politica che gira intorno - quella che non ha futuro - saremo noi che nella testa abbiamo un maledetto muro …” A tredici anni dal terribile terremoto del 2002 la cosiddetta ricostruzione procede con la regolarità del moto lento impresso, anzi imposto, dalla politica. Neppure i terremoti successivi [2009 - 2013] hanno scosso minimamente o pungolato il politico deputato a risolvere tutte le problematiche connesse. Questa situazione, grave e logorante per chiunque, perfino per chi ci guadagna, è - per gli sfollati ulteriormente esasperata e trasformata in un vero e proprio calvario dalle tirannie [crudeltà] politiche perpetrate nei loro confronti! I malcapitati, oltre a subire questo ritardo insopportabile, patiscono anche la presa in giro dei nostri governanti. Nel 2010 il consiglio regionale all’unanimità istituisce con legge regionale il rimborso della spesa dei consumi elettrici [50%] a favore di chi abita nei vari villaggi provvisori del cratere. Sono trascorsi 5 anni e dei rimborsi nemmeno l’ombra! Sarà forse l’atavica incapacità di spesa che caratterizza la nostra classe dirigente, ovvero il risultato di una ferma e precisa volontà a non voler concedere quanto dovuto, che guida questo agire politico. Non è rinvenibile alcuna differenza di risultato tra destra e sinistra [cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia!]: entrambi si limitano a concedere “a parole”. Ad onor del vero, va detto che l’attuale amministrazione regionale fa un passo avanti: lo riporta scritto nei bilanci di previsione [2014-2015] e si “sbilancia” fino all’impegno di spesa, ma non liquida. I 50.000 euro previsti, il 31 dicembre 2014, giungono e si fermano all’impegno; nel 2015 ritornano in bilancio quali residui passivi “presunti” ad ingrossare la relativa “voce di spesa” [100.000 euro]. È piaciuto tanto il “giochetto” che quest’anno si replica. Convinti che prima o poi questi rimborsi arriveranno a destinazione, con le proprie gambe senza l’intervento umano, prendiamo atto della fermata del freccia rossa quale risultato della incontenibile tipica attitudine politica molisana alla “limitazione”. ☺ anonimus Rosario Eremita [email protected] Via Marconi, 62/64 CAMPOBASSO 10 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 convivialità delle differenze Nella vicina città di Montesilvano, situata in provincia di Pescara, ha fatto parecchio discutere la proposta dell’Associazione “Carrozzine determinate” di destinare al sociale ed in particolare alle politiche per le persone con disabilità, i fondi destinati alle luminarie natalizie. Una scelta di sobrietà, in puro stile spending review, dettata dalla necessità di indirizzare verso bisogni più concreti le risorse economiche del comune. La città di Montesilvano, situata a poco più di 100 Km da Termoli, è da sempre molto attiva sul fronte politiche sociali. È stato uno dei primi comuni italiani ad adottare nel 2011 i principi e le indicazioni della Convenzione ONU per i diritti sulla disabilità, allo scopo di diffondere territorialmente la cultura dell'integrazione, dei diritti e del riconoscimento della dignità di ogni persona. È uno dei pochi comuni in Italia ad avere un assessore con delega specifica per la disabilità. Il Comune dispone di un ufficio disabili, nato per favorire l'integrazione delle persone disabili attraverso l'informazione, l'orientamento e la consulenza per un miglior utilizzo dei servizi pubblici e privati presenti sul territorio provinciale, regionale e nazionale. Il servizio, premiato dal Ministero della Pubblica Amministrazione come buon esempio di servizio pubblico, si prefigge di offrire ai cittadini con disabilità, alle loro famiglie, agli operatori sociali e sanitari, insegnanti, studenti e volontari, informazioni utili per migliorare la qualità della vita, rafforzare i legami con la rete di associazioni, servizi e iniziative locali e diffondere notizie su tematiche legate al mondo della disabilità. Sono andata a fare un giro sul sito internet dell’ufficio disabili di Montesilvano io mi abbono, tu ti abboni, egli si abbona e la fonte sgorga rigogliosa luci di natale Tina De Michele (http://www.ufficiodisabili.it/index.php) e mi ti? Non vedete che ormai i giovani fuggono sono sentita un po’ come quando per la prima tutti via perché non hanno credibili prospettivolta ho visto 2001 Odissea nello Spazio, ve? E sappiate, non si tratta solo della crisi, ossia sono precipitata in un mondo che non perché quella c’è ovunque …. manca totalcredevo potesse esistere! Mentre in terra di mente una visione sul futuro della nostra Molise un giorno sì e l’altro pure ci viene la terra. Pensateci bene, perché tra qualche gastrite per la frustrazione di avere una pubbliannetto rischiate di governare sul nulla assoca amministrazione che se ne frega altamente luto, su una regione conosciuta solo per farci dei diritti dei più deboli, a 100 km da casa le barzellette sull’Isis, come mi capita di nostra si vede un leggere in questi tristi giorni. esempio di buona Perciò prendetevi cura di questa amministrazione terra e delle sue anime, perché il Molise e i da fare invidia a suoi abitanti lo meritano. Il suo cuore pulsantutta Italia! te è fatto di acque pulite e colline dai dolci Dalle nostre parti, profili; è fatto di sapori inaspettati e tradiziocome ben sappiani accattivanti, di paesi in cui l’aria è pura e mo, non esiste di montagne accoglienti. Noi siamo questo, alcun ufficio per la non altro. Non ci servono trivelle nella nostra disabilità e passiaterra, non ci servono opere inutili. Ci serve mo il tempo a prima di tutto sapere chi siamo e puntare su parlare di tunnel, di quello che siamo. Ci serve lottare per i nostri case al mare, di tesori, tra i quali certamente annovero l’ex barriere architettoniche che somigliano a vere centro di riabilitazione Padre Pio, che ha e proprie barricate, mentre sul sito dell’ufficio aiutato in 30 anni molti bambini con disabilidisabili di Montesilvano può capitare addirittà gravi e meno gravi. Lasciare andare via tura di leggere un articolo che fornisce ai geniuno solo di questi tesori significa caricare un tori consigli per spiegare ai bambini autistici i colpo per uccidere questa terra. fatti di Parigi… ed allora capisco che il divario Perciò, con o senza luminarie, mi tra noi e Montesilvano non è solo chilometriauguro che questo sia un Natale di riflessioco, ma soprattutto culturale, e questa distanza ne …perché il tempo sta per scadere ed il somiglia ad un vero e proprio abisso. nostro appuntamento con il futuro non può La cruda verità è che dalle nostre cogliere impreparato nessuno di noi. Buon parti c’è una vera e totale assenza di progettaNatale a tutti i Molisani che lottano. ☺ [email protected] zione. Per i più deboli prima di tutto, ma per tutti i cittadini. Perciò, quando sento il mio sindaco affermare con sfrenato ottimismo, che il famoso tunnel che dovrebbe collegare il lungomare al porto sarà foriero di sviluppo per la nostra terra, io mi chiedo …. ma tra 20 anni chi percorrerà questo tunnel? Cari politicanti, non vi accorgete che questa regione ormai è in grado di offrire ben poco ai suoi abitanwww.su-mi.org: ignoti nulla cupido febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 11 vincitori e vinti qualità dei servizi responsabilità, ruoli, obiettivi della terapia di comunità. L’etica della cura in contesto istituzionale si inIn questo mio breve intervento mi treccia potentemente con le dimenpiacerebbe partire dall’articolo pubblicato su sioni organizzative ed economiche, la fonte del mese di novembre, in cui Gioessendo queste le necessarie prevanni Di Stasi analizza con precisione la messe perché i professionisti della questione che tanto da vicino ci coinvolge salute mentale e i pazienti siano quella della salute mentale - considerandone tutelati e non vengano presi dalla gli aspetti più squisitamente tecnici, ma anderiva del pensiero aziendalistico che quelli politici, economici e culturali. che vorrebbe contabilizzare le sogL’importanza di questo contributo gettività in nome della efficienza, è rappresentata dall’indirizzo programmatico dimenticando che nel nostro settore bambino filippino svolge i suoi compiti in ginocchio su un che l’analisi assume; è facile intuire come gli questa non può esistere senza la marciapiede di fronte a uno sgabello, sotto la luce di un aspetti di pianificazione economica incidano considerazione della natura unica e lampione stradale, perché a casa non ha la corrente elettrica. sulla qualità del servizio offerto e, in maniera complessa di ciascun individuo più sottile, sul ruolo che le comunità terapeupresenti nel numero precedente della rivista; coinvolto nel processo di cura. Allo stesso tiche assumono nell’ambito della società in particolare alla dottoressa Ruberto, per modo i professionisti della salute mentale civile contemporanea. La comunità non è l’articolo “Il mio terremoto” - da molisano dovranno proteggere il sistema dai rischi rapinfatti terapeutica per il solo fatto di accogliericordo bene l’esperienza, anche a distanza di presentati dalle richieste pressanti della ideolore pazienti psichiatrici che necessitano di anni; ancora complimenti a Carolina Magica egemone, la quale cure: il punto davvero strangelo per il suo bellissimo articolo dirimente consiste invece Lunedì 14 dicembre alle ore indirizza il processo tera“Atmosfere Crepuscolari” e a Giovanni Di nella natura di quelle cure 17.00 il centro sociale il Melogra- peutico verso la riabilitaStasi, autore di “La buona salute mentale”, un e, come detto, dalla qualità no di Larino nella sala della co- zione, cioè l’adeguamento argomento a cui sono molto interessato. Un dell’intervento. Le difficol- munità presenta il libro Comunità del soggetto alle richieste affettuoso abbraccio ai miei operatori di rifetà in cui versa l’economia Terapeutiche Per La Salute Men- economiche del sistema: rimento e a Patrizia che con i suoi sorrisi con forza diciamo che il regionale e il comparto tale. Partecipano i curatori. riesce a emanare molta simpatia; voglio fare i rispetto per i pazienti e gli sanità costringono strutture miei auguri e salutare il mio amico e compaeoperatori passa per il giusto riconoscimento di come la nostra a non pianificare su periodi sano Benito e tutti i lettori de la fonte. livelli di lavoro qualitativamente elevati, ma medio-lunghi gli interventi e la necessaria Ariano Greco anche attraverso la consapevolezza della imformazione del personale, a tutto svantaggio Inganno Lavoro possibilità di assimilare un processo di cura ad della qualità (e, perché no, della quantità) del Oggi sentiamo molto spesso parlare del una operazione di contabilità. servizio. disagio giovanile nel trovare lavoro. Io mi Alessandro Prezioso Fornire gli strumenti necessari per chiamo Nicola e sono iscritto all’ufficio di un lavoro “veramente” terapeutico significa Il Casone di Casacalenda collocamento nelle liste speciali. Mentre affrontare direttamente il problema del manVoglio comunicare a tutti i lettori de la fonte, andavo all’ufficio di collocamento ho scoperdato sociale e degli obiettivi, che troppo che ritengo sia una rivista di notevole rilievo e to che nella stanza n. 5 dovevo presentare il spesso rischiano di essere modulati intorno importanza, ciò che accade riguardo alla salumio curriculum e così mi sono iscritto alla alla necessità del controllo e della segmentate mentale nel territorio molisano che fa capo garanzia Giovani nella speranza di un tirocizione sociale, così come è già successo con all’ambito territoriale di Termoli. Il CSM e la nio formativo a livello lavorativo. Io ho pregli ospedali psichiatrici. Comunità “Il Casone” lavorano con pazienti sentato tutti i miei documenti, e l’ufficio di La qualità elevata degli strumenti che risiedono per un determinato periodo di collocamento mi ha indirizzato a una grande di intervento (teorici e pratici) favorisce un tempo nella struttura per le problematiche azienda agricola sulla trasformazione del lavoro in un regime di trasparenza rispetto a riguardanti la salute psichica, seguiti da psiraccolto con nuove tecniche. Questa formaquelle zone grigie in cui non sono chiare chiatri del CSM, attraverso terapie farmacolozione doveva essere retribuita per sei mesi giche efficaci alla loro dalla Regione Molise. Mentre attendevo la cura. Ci tengo a dire chiamata per iniziare il lavoro al proprietario che dal mio arrivo in dell’azienda è arrivata una email che bloccaComunità mi sento va il tirocinio formativo. Questa notizia mi ha meglio e svolgo diverreso triste, perché per me e quelli come me il se attività, tra cui sedulavoro significa uscire da una situazione di te di sostegno psicoloemarginazione. Scrivo perché questo non gico. Faccio i compliaccada più a nessuno, anzi spero che tutti i menti ad alcuni degli giovani trovino lavoro per realizzarsi. autori degli articoli Nicola Spadaccini 12 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 il calabrone spose bambine “Vis grata puellae” (la violenza è gradita alla fanciulla), è un detto latino derivato da un verso dell'Ars amatoria di Ovidio. Il detto viene usato per indicare un atteggiamento, in base al quale la donna Loredana Alberti non potrebbe prendere iniziativa sessuale né Kader, a soli tredici anni, pochi giorni dopo negare la possibilità di studiare e di lavorare: tanto meno cedere subito alle avance di un aver partorito il secondo figlio, in due anni di continuano così ad alimentare il ciclo di pouomo, in modo da non apparire spudorata. In matrimonio, morto prematuro. vertà da cui provengono. Non possono lasciaaltri termini, secondo questa discutibile interÈ uno schiaffo, terribile, alla civiltà re il marito perché non hanno i soldi per restipretazione, la violenza eventualmente esercidei diritti umani e, soprattutto, dei diritti tuire la dote, e il divorzio è spesso considerato tata dal maschio per vincere la resistenza dell’infanzia, il dramma delle spose bambiinaccettabile. Il problema non è solo il matridella donna, risulterebbe così a lei gradita, ne. Nonostante numerose Convenzioni e monio precoce, ma anche il parto precoce. La perché altrimenti non le sarebbe permesso di Carte internazionali, insieme a leggi naziomorte di parto è 5 volte più probabile per le godere sessualmente. Questo detto, retaggio nali, proibiscano il matrimonio di minori di bambine al di sotto dei 15 anni che per le ancora oggi di violenza con un sotteso “tanto diciotto anni senza il libero consenso, risulta ventenni, secondo l’agenzia per la popolazioa lei piace”, diventa ancora più mostruoso se che le nozze in età adolescenziale e addirittune dell’Onu (Unfpa). Il rischio di morte del pensiamo alle spose bambine: scrivo spose ra puberale sono feto è del 73% maggiore che per le ventenni. ma intendo stupro legalizzato. molto frequenti in Non essendo le bambine fisicamente pronte “Ogni volta che cala alcuni Paesi, non alla gravidanza, le complicazioni sono freil sole, ti chiedi se sopravvivrai soltanto musulmani. quenti: due milioni di donne sono affette da all’ennesima notte di violenza” In Etiopia e in altri fistole vescico-vaginali o retto-vaginali, in racconta Khadjia, la più giovaPaesi dell’Africa ocseguito a lacerazioni prodotte dalla pressione ne divorziata di cui si abbia cidentale, come andella testa del feto. notizia, all’età di dieci anni, nel che in India, non sono Quasi tutti i Paesi della Top 20 2008, due anni dopo le nozze infrequenti le nozze hanno fissato un’età minima per il matrimocon il marito aguzzino quaranobbligate per piccole nio, molti a 18 anni. Ma la legge non viene tenne. La scrittrice yemenita di età inferiore agli rispettata. A volte mancano le risorse, altre Khadija Al-Salami, fu costretta otto anni. In Pakistan, volte la volontà politica. Spesso vi sono spindalla famiglia al matrimonio all’età di cinque anni, te al cambiamento dall’interno, ma anche forzato con un uomo di La violenza è gradita alla fanciulla. esse sono considerate resistenza. Alcuni leader religiosi e tribali vent’anni più grande, violento, opera a tecnica mista di Loredana Alberti pronte al matrimonio e criticano la pratica delle spose bambine, ma che la massacrava di botte. educate a un atteggiamento servile nei conaltri la appoggiano. Secondo il Times di LonSulla sua storia, ha scritto e diretto un film, I fronti dei maschi. In Rajasthan, l’età nuziale dra, nonostante la Chiesa ortodossa si dica am Nojoom, Age 10 and Divorced, un film scende addirittura ai tre anni. contraria, alcuni preti continuano a celebrarli. soprattutto autobiografico, un film-specchio. Nel mondo, ogni anno, sono oltre “Sposiamo le ragazze così giovani per assicuRacconta la regista in un’intervista: 14 milioni, le bambine costrette a sposarsi. rarci che siano vergini - ha detto uno di loro al “Sono dovuta arrivare sull’orlo del suicidio. E I Paesi della Top 20 sono i più poveri del giornale -. Se fossero più grandi, qualcuno mi sarei ammazzata di certo, se mio marito, mondo. In Niger e Mali, rispettivamente il potrebbe averle stuprate”. stanco di quello che riteneva un comporta75% e il 91% della popolazione vive con La soluzione? Per l’Icrw (Internamento inaccettabile, non mi avesse riportata meno di 2 dollari al giorno. Le spose bambitional Center for Research on Women) alla mia famiglia. Li ha praticamente accusati ne vengono dalle famiglie più povere in l’unica via è alleviare la povertà, istruire le di averlo imbrogliato sulla qualità della merquesti Paesi. Spesso i genitori ritengono di bambine e collaborare con i leader locali per ce, come si fa con un elettrodomestico difetnon avere altra scelta. Sono viste come un cambiare le norme sociali.☺ toso”. Così, dopo tre settimane di vita [email protected] peso, nutrirle, vestirle e istruirle costa troppo. gale da incubo, Khadija si è salvata. Dodici E c’è un forte incentivo economico a darle in anni, era l’età di Rubina, la bimba pakistana, spose presto. I mariti sposata da un mese e mezzo con un uomo hanno almeno undici molto più anziano, quando si è impiccata nel anni più di loro. In tutti bagno dei genitori, proprio un anno fa, ed è i Paesi della Top 20 ci diventata il simbolo della campagna sono poi casi in cui la “Indifesa” di Terres des Hommes. Rawan, la differenza d’età è di piccola connazionale, sposa anche lei a otto decenni: anche 70 anni, proprio un anno fa, moriva dissanguata anni. per le ferite interne riportate durante la prima Le spose notte di nozze. Qualche mese prima, a Siirt, bambine si vedono nell’Anatolia sud-orientale, si toglieva la vita febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 13 cultura chi viaggia impara Christiane Barckhausen-Canale Sono reduce (mi piace questa espressione italiana) da un convegno internazionale su Tina Modotti, organizzato dall’università di Udine. Volevo scrivere su questo tema, ma il viaggio di ritorno da Udine a Bonefro mi ha fatto cambiare idea. La giornata del 21 novembre 2015, passata quasi totalmente su treni e in stazioni ferroviarie, mi ha regalato diverse esperienze che mi hanno fatto pensare molto. Mi ha aiutato anche il fatto che facevo il viaggio insieme al mio compagno Giorgio, che è molto più comunicativo e socievole di me, e forse, senza di lui, non avrei fatto queste esperienze. 1. Sul treno da Udine a Venezia-Mestre. Accanto a me, di fronte a Giorgio, sta seduto un uomo di circa 30 anni, e quando ci chiede se il treno ferma a Treviso, è chiaro che non è italiano. Arriva il controllore e vede che il biglietto di quel passeggero non è stato convalidato. Ma, invece di fargli una multa, si prende 5 minuti di tempo per spiegare e rispiegare come, perché e dove si deve convalidare un biglietto per non avere problemi sul treno. È bello cominciare la giornata incontrando una persona cosi amabile e paziente con uno straniero. 2. A Mestre abbiamo il tempo per uscire dalla stazione e fumare una sigaretta. Ci si avvicina un uomo che, per il colore della sua pelle, mostra di essere un “extracomunitario”. Ci chiede una sigaretta, Giorgio gliene offre due e comincia a fargli delle domande. L’uomo viene dal Bangladesh, un suo “amico” che 14 “lavora” a Mosca gli ha pagato il viaggio fino in Italia, e dopo essere arrivato sano e salvo nel paese dei suoi sogni, lui ha dovuto restituire all’amico 3.000 dollari. Ha legalizzato il suo soggiorno in Italia e spera di prendere la cittadinanza italiana l’anno prossimo. Ma non ha lavoro. Ma non ha perso la speranza. Giorgio segnala il cielo con il dito e dice che “quello lassù” sicuramente lo aiuterà a trovare un lavoro, e dopo gli chiede quale è il suo Dio. “Allah”, dice l’uomo, e si vede come lo stupisce il fatto che non vede sulle nostre facce né timore, né stupore, e che non facciamo qualche passo per allontanarci da lui. Dopo, con un grande sorriso sul viso, dice che c’è un solo Dio e che non importa come lo chiamiamo noi. 3. Dopo che l’uomo del Bangladesh si è allontanato, ci si avvicina una ragazzina piccola, timida, sui 20 anni, e ci chiede qualche spicciolo per comprarsi da mangiare. Naturalmente Giorgio chiede subito da dove viene, e con nostra grande sorpresa è spagnola, di Saragozza. Con due euro che vanno di mano in mano si apre un dialogo, perche vogliamo sapere come mai ha pensato che può trovare lavoro in Italia. Non è in grado di darci una risposta convincente, e si vede, nel corso della conversazione, che lei stessa si stupisce della sua scelta. Ma neanche in Spagna ha trovato lavoro, e forse è stata spinta della stessa speranza che provava l’uomo del Bangladesh. Si allontana lentamente, nelle orecchie i nostri auguri di “buena suerte”, buona fortuna. la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 4. Dopo questi incontri con stranieri residenti in Italia che ci hanno fatto toccare con mano i loro problemi esistenziali, mi aspetta, a Bologna, l’incontro con una giovane italiana che è cosi onesta, cosi priva di ogni furbizia, che mi domando dove sia cresciuta e dove vive. Voglio andare al bagno, ma l’accesso è bloccato con una catena, il bagno è “chiuso per pulizia”. Il mio organismo non conosce ragioni e trovo il modo di entrare, lo stesso. C’è una ragazza giovane, anche lei sui 20 anni, che pulisce il pavimento. Dietro di me viene un italiano sui 40, anche lui dice che “gli scappa”, e la ragazza ci spiega che ci deve dare un scontrino, sotto, al piede della scala, e che dobbiamo aspettare che finisce il lavoro. Ma ci dà il permesso di entrare. Io non capisco niente: uno scontrino per l’utilizzo del bagno? In vita mia non ho visto una cosa del genere. Quando voglio scendere la scala per pagare e prendere lo scontrino, la ragazza mi dice che l’uomo che stava dietro di me aveva già pagato per noi due, e che lei ancora gli deve dare 40 centesimi. Mi dà le due monete da 20 e mi chiede di cercare quell’uomo e di aspettarla giù per lo scontrino. Scendo e per fortuna trovo quell’uomo italiano, gli voglio dare gli 80 centesimi che spettano a me, ma lui non li vuole e non vuole neanche i 40 che la ragazza doveva restituire. Aspettando la ragazza cominciamo a parlare e dico che mi stupisce che quella ragazza, che fa uno dei lavori meno rispettati e meno pagati, abbia insistito per darci gli scontrini. Facilmente avrebbe potuto prendersi il denaro e metterlo in tasca sua, non c’era nessuno che osservava la scena che si era svolta nel bagno. “Questa ragazza mi ha regalato una bella giornata”, mi dice l’italiano. “Mi ha restituito la fiducia nell’essere umano. C’è ancora gente onesta”. Mi augura buon viaggio e si allontana velocemente. Nella mia mano rimangono i suoi 40 centesimi e lo scontrino che conservo e che chiamo “lo scontrino dell’onestà”.☺ [email protected] cultura Quando avverto come uno scarto tra la realtà esterna e la mia interiore, in questo periodo dell’anno specialmente mi vengono in mente il sole “chiaro” e l’odorino “amaro” del prunalbo di Pascoli, destinati a divenire nel giro magistrale di pochi versi un “secco” pruno, un cielo “vuoto”. Principio d’autunno apparentemente normale quanto a ritmi ed eventi, normalmente costellato da paesaggi ed atmosfere conosciuti; l’anima, però, una serie caotica di frammenti insensibili. Fino all’incastro di senso. Incastro. Mi suggerisce già nel suono l’idea di una collisione dal risultato perfetto: va così e diversamente non potrebbe, perché le componenti dell’incastro, le tessere del mosaico, combaciano lungo tutti i margini, così e solo così formano un’unità nuova e significativa. Incastro è l’amicizia, sempre; incastro magicamente tenace è quell’amicizia che si fondi tra l’altro sullo scambio di libri e suggerimenti di lettura, su discussioni e confronti a proposito di libri. Forse perché il libro ci attraversa nell’anima e condividerne la passione è di per sé un incontro tra anima e anima. “Avresti un libro coinvolgente, forte magari, che mi tiri un po’su”? L’ho chiesto ad un amico di libro, lettore instancabile e per me termine di riferimento culturale e spirituale; lui mi ha guardato di sottecchi, l’aria sorniona e pensosa solita, quindi mi ha promesso una “cosa preziosa”, una “cosa importante”. Il giorno dopo avevo tra le mani il Diario di Etty Hillesum. L’ho amato immediatamente e dapprima ne ho divorato le pagine; di seguito, approssimandomi alla conclusione, per non dovermene separare, ho cominciato a centellinarle lentamente. Da Etty Hillesum in ogni caso non mi separerò: la lettura del suo diario mi ha segnato, magari perché ho riconosciuto in lei un po’di me, di certo perché è uno straordinario sprone alla vita il cammino che Etty percorre a prima vista in modo informe e caotico ma in sostanza con decisa consapevolezza verso la conquista di un’esistenza piena di significato, pur nell’imminenza della tragedia. Quello di Etty Hillesum è, infatti, uno dei tanti diari scritti da giovani ebrei olandesi durante il periodo della Shoa, diverso da quello di Anna Franck, ma che allo stesso modo meriterebbe di essere diffusamente noto. Etty, nata nel 1914 da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica olandese e morta nel 1943 ad Auschwitz, dove insieme a lei persero la vita i genitori ed il fratello, cominciò il suo diario all’età di 27 anni, nel 1941, probabilmente dietro consiglio del suo terapista, lo psicochirologo Julius Spier, del quale Etty era paziente e con il quale, benché al tempo fosse legata ad un altro uomo, intraprese una relazione sentimentale che le cambiò la vita, secondo quanto lei amore per la vita Luciana Zingaro stessa afferma; la redazione del diario proseguì fino al 1943, mentre Etty si trovava nel campo di transito di Westerbrok, meta che Etty aveva scelto scansando le possibilità di una fuga e di un “nascondiglio” offertele dai numerosi conoscenti, in quanto desiderosa di ritrovare in quel campo gli amici ebrei ed assistere le persone che erano in attesa della deportazione in Polonia, bimbi, anziani, malati. Anche così ama la vita Etty, che proprio a Westerbork scrive: “A volte mi si impone la visione di campi di battaglia color verde veleno, ma sto anche vicina al gelsomino e al pezzo di cielo dietro la mia finestra. In una vita c’è posto per tutto. Per una fede in Dio e per una misera morte.” L’amore per la vita, pur nel bel mezzo dell’infuriare della guerra, il costante impegno nel descrivere un circolo virtuoso di senso tra sé, Dio, gli altri, finanche i nazisti tedeschi, è quanto meglio caratterizza il diario di Etty, un diario di eventi quotidiani e di pensieri che scopre ai lettori la forza e la versatilità speculativa dell’autrice, stupefacenti tanto più se si considera la sua giovane età. Etty vive i mesi più drammatici della comunità ebraica in Olanda e si rende conto della gravità della situazione, tuttavia definisce il 1941 un anno “ricco e fruttuoso”, “il più felice” della sua vita e chiama “bella” la vita anche dopo, quando ormai è certa che i nazisti stanno mettendo in atto uno sterminio contro gli ebrei. Ama la vita Etty, sebbene ne colga le infinite contraddizioni e sul piano strettamente personale e su quello universale della storia umana: anziché lasciarsi frantumare da tali contraddizioni, persegue una condotta che ricomponga i conflitti della vita e riunisca dolore, preoccupazione, piccole e grandi gioie, come chi - scrive citando Rilke “riconcilia i molti controsensi della propria vita e li riassume con gratitudine in un unico simbolo”. Etty Hillesum è una ragazza sui generis, ed anche per questo mi è piaciuta. Difficile etichettarla: ebrea per nascita e per educazione, ma attratta dal cristianesimo, risulta scomoda, per nulla esemplare quanto a pratica di vita e dal punto di vista dell’etica ebraica e da quello dell’etica cristiana; d’altro canto è uno spirito troppo intrinsecamente religioso per poter essere eretto a paradigma di un umanesimo laico. Formata alla scuola di Rilke, Dostoevskij, Sant’Agostino, si appassiona alla Bibbia, Antico e Nuovo Testamento; dell’Antico Testamento ammira la forza “primordiale”, la radice “popolare”, le figure “magnifiche, forti e poetiche”; parimenti si entusiasma per San Paolo, in febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 particolare per l’inno all’amore della Prima lettera ai Corinzi e, ricordando San Matteo, spesso ripete come monito a se stessa: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.” La ricerca di Dio è uno dei motori del pensiero di Etty: lei Dio lo disseppellisce, lo scava dal suo intimo e lo cerca nel cuore di tutti gli uomini che incontra: “in fondo - scrive - la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio”; e si propone di aiutarlo Dio, perché non venga distrutto nella sua anima: “se mi ritrovassi chiusa in una cella e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata - continua -, allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, sempre che ne abbia ancora le forze”. Filo d’oro dell’esperienza di vita e della meditazione di Etty Hellisum e conseguenza della sua instancabile ricerca di Dio è il legame, l’afflato vitale che ella riconosce in tutto e tutti: “La vita e la morte, il dolore e la gioia, le vesciche ai piedi estenuati dal camminare e il gelsomino dietro casa, le persecuzioni, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico, potente insieme, e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio, così, per me stessa, senza riuscire a spiegarlo agli altri. Mi piacerebbe vivere abbastanza a lungo per poterlo fare, e se questo non mi sarà concesso, bene, allora qualcun altro lo farà al mio posto, continuerà la mia vita dove essa è rimasta interrotta. Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro: allora il mio successore non dovrà ricominciare tutto da capo e con tanta fatica”. Io vorrei saperla accogliere l’eredità di Etty, come ho accolto, grata, la genuina, profonda poesia della sua vita e della sua scrittura. A presto. ☺ [email protected] 15 arte la bottega dei brunetti Gaetano Jacobucci Ciriaco nasce a Oratino (CB) nel 1723 da una famiglia che da più generazioni annoverava pittori e doratori: Matteo Brunetti morto nel 1541; Benedetto Brunetti morto nel 1698, autore di una serie di tele per le chiese molisane; Pietro Brunetti morto nel 1568, autore di affreschi. Il padre Agostino, doratore, lo forma al mestiere preoccupandosi di allargare le sue competenze figurative e tecniche presso lo studio napoletano di Sulmona, il migliore atelier dell'epoca (Francesco Solimena e Francesco De Mura hanno un'accademia privata di pittura). Riceve protezione dal duca di Larino Gennaro Vitaliano Moccia, che favorisce il collegamento con Napoli da parte di artisti oratinesi (chiamati da lui ad abbellire la sua residenza ad Oratino). Nel 1752 sposa Rachele Brunetti, figlia di Pietro; nel 1754 riceve la carica di "maestro di cerimonia e sacrestano" nella confraternita del SS. Sacramento. Intanto lavora sia come decoratore che come pittore di affreschi, da solo o insieme al fratello Stanislao e ad altri artisti oratinesi. Nel 1788 viene nominato priore della confraternita. La sua attività si svolge prevalentemente nel Molise. Muore ad Oratino. Tutta la produzione dei Brunetti, si inserisce nel grande movimento barocco settecentesco che trasformerà l’area molisana dentro le sue chiese. Due furono le spinte che accelerarono questa metamorfosi: la trasformazione della nobiltà di stampo feudale in aristocrazia di corte e l’arrivo dei venti della Controriforma. La nascita di nuovi ordini religiosi incentivò lo sviluppo delle Compagnie, delle Confraternite e delle Congregazioni dando loro rinnovato vigore. Nel anni ’70 del Sei- Tel. 0874 1953354 16 cento la decorazione povera di molti oratori non soddisfaceva più i confrati delle Congregazioni. I capitali accumulati grazie ai lasciti dei membri più facoltosi permisero così alle compagnie di poter rifare ed abbellire le proprie sedi o commissionarne delle nuove con la costruzione di oratori, chiesette e cappelle, di carattere quasi privato e devozionale. Fu questa rinascita delle Confraternite a determinare la fioritura della decorazione a stucco. Ciriaco Brunetti si inserì in questo fermento e nell’arte decorativa molisana non ebbe rivali: il suo ornato fortemente espressivo ed elegante, le sue architetture caratterizzate da compostezza classica unita ad una forma armoniosamente barocca conquistarono facilmente i favori di questi nuovi committenti che lo elessero “Magister”. I lavori commissionati per le Opere ecclesiastiche mostrano un intento più o meno velato di esprimere un credo, una idea religiosa e teologica , tanto da chiedersi quale sia l’influsso dell’artista nel veicolare queste idee. È riconoscibile una tendenza personale dell’artista: il contatto con l’arte partenopea, e in particolare con la bottega di Francesco Solimena, hanno avuto un influsso dominante sulla sua formazione la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 pittorica. Certamente nella realizzazione dei propri lavori, gli artisti dovevano dare conto alla committenza e in questo caso agli architetti ai quali era riservata la pianificazione dell’insieme, ma è pur vero che la genialità non può essere schiacciata dagli obblighi progettuali. Per questo, all’interno dell’opera generale, l’intuizione e la sensibilità dell’artista (quando è vera arte!) emergono insieme alla sua peculiarità. Angeli-bambini Riporto un esempio: la rappresentazione degli angioletti, che popolano tutta l’opera di questo periodo, assume in Ciriaco una espressività tutta particolare. La prima cosa che emerge è che i puttini prima di essere angeli del cielo sono dei bambini. Puttini bambini, come tutti gli altri, compresi gli attributi sessuali. E non solo: pur essendo collocati o svolazzanti tra nuvole e santi, essi vengono rappresentati nel loro esercizio più comune: il gioco. Nelle sue creazioni i puttini sono bambini che giocano, che si divertono, che ridono quasi a proclamare la loro freschezza e innocenza in un mondo che era tutt’altro, in una società povera dove essi non contavano se non nel microcosmo popolare. La presenza massiccia e purificatrice di questi puttini sembra voglia creare una sorta di continuità tra il sacro dentro le chiese e l’innocenza dei bambini che giocano al di fuori. Gioco e riservatezza La rappresentazione innocente di bambini non è fine a se stessa, un capriccio artistico: ognuno di questi piccoli esprime una sorta di lettura dell’intimo di ogni uomo. A ben guardare in ogni bambino rappresentato c’è un uomo e in ogni uomo un bambino. E non solo il gioco domina nel turbinio di questi putti svolazzanti, ma ogni gamma possibile di sentimenti. Sono bambini è vero, ma essi vengono rappresentati nelle diverse manifestazioni della vita: il gioco e la riservatezza, il dolore e la passione, la gioia e la sofferenza. Tutto è leggero, etereo, smagliante nel suo biancore ma all’interno c’è l’uomo coi suoi drammi e le difficoltà quotidiane. Il tutto inserito in uno spazio vitale concepito come movimento continuo all’interno del quale sono racchiusi dei racconti, come uno spettacolo drammatico ed intimo, vicino e lontano, reale e fantastico, come un sogno al cui interno lo spettatore si trova immerso. ☺ [email protected] mondoscuola parigi: gli alunni interrogano Gabriella de Lisio Sono troppo spaventata, stavolta. Non dal terrorismo. Ma dall’ondata impetuosa di intolleranza che dilaga contro lo straniero e che, oltre ad aggiungere odio all’odio, impedisce di comprendere le cause di quanto succede, e di riflettere su possibili strade da intraprendere: esigenza primaria di fronte al male. Ai miei alunni dedico questa breve, immaginaria intervista ad una “prof”, chiamata a rispondere su cosa sta succedendo. Ho cercato di guardare Parigi coi loro occhi, con le loro domande, la loro freschezza, le loro paure. Prof, perché hanno ucciso tante persone a Parigi la sera di venerdì 13 novembre scorso? A Parigi, ragazzi, è stata organizzata una serie di attentati in vari punti della città, che avevano lo scopo di colpire alcuni luoghi molto amati dai parigini, simbolici. È stato un po’ come dare tante pugnalate ad una persona, tutte insieme. Ma chi è stato? Gli attentati sono stati rivendicati dall’ISIS, che significa “Stato islamico”: è un’ organizzazione terroristica che è nata in Siria qualche anno fa per protestare contro il presidente siriano Bashar El Assad (eletto nel 2011). Diciamo che Assad all’ISIS non piace perché è uno sciita, ma non è certo l’unico motivo. Sciiti e sunniti sono i due gruppi in cui, da secoli e secoli, sono divisi i credenti musulmani. La frattura nacque, pensate, quando morì Maometto, nel VII secolo e si dovette scegliere un nuovo capo della comunità musulmana: i “sunniti” volevano eleggere un “califfo”, un successore. Mentre gli “sciiti” volevano che il successore fosse Alì, genero del profeta, perché secondo loro doveva appartenere alla famiglia. Vinsero i sunniti e, tutt’ora, sono rimasti la maggioranza dei musulmani, anche se l’odio tra i due gruppi ormai non c’entra più nulla con la storia della vecchia successione. Detto questo, dovete sapere che i membri dell’ISIS si considerano “musulmani sunniti” (ma in realtà non sono musulmani). Perché ci avete detto “si considerano” musulmani? Lo sono o non lo sono? No, in realtà non lo sono. In nome di Allah uccidono, dicono che ad Allah piace la guerra e che è scritto nel Corano (il libro sacro dell’Islam), ma tanti musulmani dicono che ciò è falso e che i terroristi non c’entrano niente col vero Islam. Nel Corano c’è scritto che “chi uccide una vita, uccide il mondo intero”. E allora perché si definiscono musulmani se è una grossa bugia? Noi spesso sentiamo dire che i musulmani sono pericolosi perché, se si infiltrano nella nostra società, possono farci del male. Beh, questo accade perché purtroppo non tutti conoscono bene l’Islam, e i terroristi ne approfittano per diffondere notizie false su questa religione, che invece è una religione di pace e di amore verso il prossimo. I terroristi interpretano il Corano in un modo che, ormai, la maggioranza dei musulmani rifiuta, perché dice che è sbagliata e superata. Ci potete fare qualche esempio tratto dal Corano? Però ancora non abbiamo capito che ci azzecca la Francia… Partiamo dal fatto che i combattenti dell’ISIS si definiscono “jihadisti”. La parola deriva da “jihad”, un termine molto importante per gli islamici, che viene usato spesso nel Corano. Compare con due significati diversi: la “grande jihad” è lo sforzo interiore, la lotta con se stesso, che il fedele musulmano deve combattere per essere migliore e vincere i propri difetti, la tendenza al male. La “piccola jihad”, invece, è la lotta armata che il fedele musulmano deve portare avanti contro i nemici non musulmani. Dovete pensare che, nel VII secolo, quando il Corano viene scritto, gli Arabi si stanno espandendo intorno al Mediterraneo e dunque hanno dei nemici. Insomma, vivono un momento storico particolare, che oggi è del tutto finito! Ma, se “jihad” significa due cose diverse, i terroristi la intendono come lotta armata? Esatto. Ed è un errore, ma a loro fa comodo così. Uccidere in nome di Dio è un atto vergognoso. Il significato più vero e profondo di quella parola è “sforzo”, guerra” sì, ma contro il male che c’è dentro di noi. Lo dicono i teologi dell’Islam, lo dice la maggioranza dei musulmani. Mmm… dunque questi terroristi usano il Corano per i loro comodi, per giustificare la guerra. E odiano Assad. Ma adesso ci dite che c’entra, insomma, la Francia con l’ISIS? Beh, l’ISIS ha un programma molto pericoloso ed esteso, e in realtà la sua non è solo una lotta politica/religiosa contro un presidente, ma è anche una lotta per il controllo economico del territorio siriano. Anzitutto, per capire come mai i terroristi siriani colpiscono anche noi, dovete conoscere un po’ il passato, la storia. La Siria ha sempre avuto molti “pretendenti”, proprio come una bella ragazza corteggiata da tanti giovanotti: l’America, la Russia… e la nostra Europa febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 (anzi, la Francia in particolare). E sapete perché? Perché è un passaggio obbligato tra il Mediterraneo e il Golfo Persico, che è una zona ricchissima di petrolio e di gas, due fonti di energia con le quali oggi facciamo di tutto: riscaldiamo le case, facciamo camminare le macchine e le industrie, accendiamo le lampadine e tutto ciò che ha bisogno di elettricità… Finché non ci decideremo ad utilizzare le energie alternative, pulite, saremo schiavi del petrolio e del gas, e combineremo pasticci per procuraceli ad ogni costo. Che strano. Sembra un film. Prof, comunque noi sappiamo che l’ISIS ha tanti “fans”. A noi sembra assurdo essere affascinati dai terroristi e invece dai tg sentiamo che molti islamici lasciano tutto e vanno a combattere con loro. Com’è possibile? Sì, il progetto dell’ISIS è ambizioso, probabilmente irrealizzabile, e fa uso della violenza, ma attira molti musulmani un po’ fanatici, che credono di potersi riscattare così da tante ingiustizie passate. Inoltre molti giovani si infiammano all’idea di rischiare la pelle, specialmente quelli che non trovano valori e ideali intorno a sé, hanno un disperato bisogno di dare un senso alla loro vita perché la sentono vuota e così cercano di impegnarsi in qualcosa di grande: rischiare di morire non fa paura, anzi fa sentire eroi. Molti di questi giovani, come gli attentatori di Parigi, sono nati e cresciuti in Europa, e sono perfettamente integrati nei nostri paesi. Ma come possiamo proteggerci da queste persone? Abbiamo sentito dire che è meglio chiudere le frontiere, non fare entrare più nessun musulmano, perché così si bloccano anche i terroristi. Queste idee mi lasciano perplessa, vorrei far riflettere anche voi su alcune cose, per confrontarci. Anzitutto, penso che chiudere le frontiere, promettere vendetta, scatenare bombardamenti, siano reazioni istintive, dovute alle paura e alla rabbia, ma non siano una vera soluzione del problema. Beh, la Francia e l’Europa hanno delle responsabilità, forse nel Medio Oriente non si sono comportate sempre “benissimo” e i rapporti sbagliati con queste zone hanno favorito la nascita dell’odio e di un sentimento di vendetta. Prof… abbiamo capito che ne sappiamo poco, e che c’è tanto da capire e studiare, tanto da informarsi. Siamo ancora confusi, la paura c’è, ma almeno sono nate in noi delle domande. Non possiamo dare un giudizio affrettato su certe cose. Reagire al male col male, non porta da nessuna parte. Prometteteci che continuiamo a parlarne, vogliamo saperne di più. ☺ [email protected] 17 letti per voi vedere il sud Andrea de Lisio Per farmi perdonare di aver suggerito nei mesi scorsi due libri che insieme contavano quasi ottocento pagine, propongo questa volta un libretto smilzo, ma succosissimo. È Tre modi di vedere il Sud, di Franco Cassano (Il Mulino, 10 €). Cassano è un sociologo (deputato per il Pd) nato ad Ancona, docente a Bari, noto soprattutto per il suo Il pensiero meridiano (tradotto in inglese, francese, tedesco e giapponese), il cui nucleo concettuale si ritrova nel volume qui presentato. La lettura di questo saggio mi sembra tanto più utile - e forse urgente - perché il Governo italiano, notoriamente malato di “annuncite”, ha avuto una ricaduta: un Piano per il Sud, sbandierato - proprio mentre sto scrivendo - dal premier twittatore. Pagine e pagine, parole su parole, senza uno straccio di visione strategica, senza un’assunzione di responsabilità né per i “vincoli” che bloccano le caviglie del Mezzogiorno (criminalità, infrastrutture, trasporti ecc.) né per le potenzialità annidate nelle sue risorse. Cassano invece procede pacatamente, quasi con pazienza didascalica, e gli lascio volentieri la parola: “La confusione nella discussione sul Sud italiano in questi anni è stata sicuramente grande”, tanto da giungere a dichiarare la scomparsa della questione meridionale (come avvenne durante il Ventennio). Il fatto è che “ci sono più modi di leggere il Sud e ... le differenze non sono sfumature ... perché il conflitto tra prospettive è un confronto ... tra interessi spesso a- 18 spramente contrapposti”. Ma c’è di più: chi sta nella stanza dei bottoni riesce meglio a nascondere i limiti del proprio paradigma e a imporlo, tramite il generoso concorso di un sistema informativo addomesticato. Dunque, tre modi. Il primo è la dipendenza/sfruttamento. Il secondo la modernizzazione/ ritardo. Il terzo l’autonomia/ risorsa critica. Sintetizzando al massimo: il primo spiega lo stato del sud come destino ineluttabile dello sfruttamento capitalistico, che “necessita” della dipendenza di aree costrette alla perifericità. Di qui una strategia di scontro radicale. Teoria “sterile”, perché incapace di articolare il giudizio sul capitalismo e di riconoscere che aree un tempo periferiche oggi sono protagoniste (Cina, India), ma teoria utile a capire che “la strada dello sviluppo non solo non è libera ma è presidiata dai più forti”. Il secondo modo, il più diffuso, vede il sud in ritardo sulla modernizzazione. L’assunto è che la modernizzazione (come si è realizzata) è il bene e chi non l’ha raggiunta sta ancora nel “male”. Due terapie furono (e sono) suggerite: a) intervento massiccio dello Stato (alias Cassa per il Mezzogiorno et similia); b) eliminazione dello Stato e affidamento del sud alle sue risorse, perché entri nella “competizione” (neo liberismo). Alla base dei problemi del sud ci sarebbe, secondo gli estremisti di questa terapia molto “padana”, il ritardo culturale-antropologico dei meridionali, che difettano del necessario “volontarismo morale”. Insomma “il mondo non è di la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 tutti, ma di chi è capace di guadagnarselo: agli altri è giusto che spetti solo ciò che rimane”. Siamo nel gorgo del “fondamentalismo del mercato”: sfruttato non sarebbe il sud, costretto alla dipendenza, ma il nord, costretto alla sovvenzione perpetua. Questo non sarebbe vero solo per l’Italia, ma anche e soprattutto per le grandi istituzioni internazionali. Insomma un internazionalismo liberistastalinista. Il terzo modo, che è insieme una teoria, una suggestione e un auspicio, temendo di non saperlo ben sintetizzare, lo lascio spiegare a Cassano stesso: Dopo “l’eclisse della questione meridionale” essa potrebbe riemergere “con nuove caratteristiche, al di là della cornice nazionale, come un problema di lungo periodo dell’intero paese e di un’Europa capace di guardare oltre il suo cuore settentrionale ... Può sembrare paradossale ma ... l’unità del paese può essere salvata solo dal rilancio in grande dell’autonomia del Mezzogiorno e la questione meridionale può rinascere solo come il fulcro della questione mediterranea [...] Non sono pochi quelli che ritengono la prospettiva mediterranea un’ utopia [e] sarebbe irragionevole nascondersi le difficoltà” ma quando Spinelli lanciò da Ventotene il Manifesto per un’Europa libera e unita, quasi tutti scossero il capo pessimisticamente”. Ma, per esempio, chi ha preso in considerazione il libro proposto il mese scorso, Mediterraneo di F. Braudel, non pensa sia poi tutta un’utopia la proposta di Cassano. Ancora una volta, la storia può essere, in modo nuovo, “magistra vitae”. Un sud italiano quindi che trovi la sua dimensione originale, ma non del tutto nuova, nel dialogo culturale-economico con il “mare nostrum” e i paesi che vi si affacciano, per un’Europa non solo carolingia e teutonica. Come dicevano i ragazzi del ’68? Siamo realisti, vogliamo l’impossibile.☺ [email protected] libera molise Nella parte conclusiva dell’ intervento del mese di novembre scorso su la fonte abbiamo sostenuto che sia necessario “educare” (in senso etico e civile) la società a quei principi solidi (democrazia partecipata e responsabile, solidarietà con le fasce più povere, integrazione degli immigrati nel tessuto nazionale, difesa e valorizzazione dei beni comuni, etc.), che debbono scandire il ritmo della vita di ciascuno di noi. Ci chiediamo se sia giusto fare da “guida”, in particolare ai “giovani”, in questa stagione di confusione e di disgregazione delle classi sociali nonché di decadimento delle istanze etiche, democratiche, civili. Infatti, in Italia, possiamo dire fin dal momento in cui è nato il regno d’Italia nella metà dell’Ottocento (e ciò ci viene confortato dalla documentazione parlamentare di quelle stagioni) spadroneggiano la corruzione, l’illegalità alimentata dalla mollezza etica e dal malcostume, il nepotismo con la prassi della raccomandazione, l’abbattimento di ogni distinzione fra il lecito e l’illecito, l’esaltazione idolatrica delle libertà individuali che sconfinano nel non dare credito alle leggi e nel considerarsi ad esse superiori. Queste idee fortemente provocatorie - collegate al principio liberistico del laissez faire sono state espresse (può sembrare strano ma è così!) già a partire dal XVIII secolo, quello della rivoluzione industriale e della stagione illuministica. Torniamo, però, ad una visione comunemente più ricorrente della vita quotidiana. Nella vita di ciascuno di noi c’è stata e c’è ancora! - sicuramente la figura di un maestro, di un “prof.” o di una “prof.ssa”, come punto di riferimento in particolare nelle stagioni della iniziale formazione culturale, persone alle quali siamo stati sempre legati e che permangono vive nelle nostre menti. La stessa vita dei partiti e le loro attività nella realtà quotidiana sono state contrassegnate dalla presenza e dall’attiva frequentazione di scuole di formazione politica da parte di intere generazioni di giovani e non. Si accedeva alla politica, facendo per prima cosa un percorso di studio teorico e avvicinandosi solo successivamente al circuito della rappresentanza amministrativa. La “gavetta” era lunga, spesso difficile, osteggiata anche da antagonisti alimentati da questioni apertamente surrettizie, non sostanziali, quasi sempre accompagnata da invidie, gelosie, tormentate rivalità (del tipo “se non ci riesco io a fare questa cosa, serve educare i giovani? Franco Novelli neppure tu la devi fare”!). Alla fine questo percorso di formazione si concludeva con la partecipazione alle elezioni e con l’impegno istituzionale. Oggi tutto questo sostanzialmente manca, perché non ci sono più i partiti politici così come sono stati rappresentativi nel corso del Novecento; come pure non ci sono più militanti, umili e utili, che si accollino la ponderosità talvolta sfibrante della costante vigilanza civile, apprezzando l’onorabilità che derivava dalla rappresentanza politica. Oggi è subentrata la guerra per bande, il contrasto di tutti contro tutto e tutti, l’annientamento dell’avversario non con le armi anche sofisticate della cultura ma con quelle del gossip (il discredito etico che si lascia scivolare sulle persone, distruggendole), del tradimento improvviso, dei salti della “quaglia” che vedono parlamentari di dx passare al centro sx e quelli di quest’area sbarcare sui lidi del centro dx. Il disgusto è predominante e si porta dietro l’astensione di centinaia di migliaia, diremmo di milioni di cittadini dalla politica e dagli appuntamenti elettorali e amministrativi. Col risultato di cedere nelle assisi parlamentari la res publica ai corrotti, ai nullafacenti, ai perdigiorno, ai voltabandiera che dovrebbero essere aspramente criticati e osteggiati anche attraverso una diversa applicazione dell’articolo 67 della Costituzione Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato -. Questo articolo della Costituzione, anche attraverso una seria riflessione relativa alla effettiva valenza oggi di quanto esso reciti e di quanto possa ancora allo stato attuale delle cose essere valido, non dovrebbe più prevedere e regolamentare la prassi dello svincolo del parlamentare eletto dal proprio partito o movimento, ma o imporre le dimissioni da parlamentare o prevedere una drastica e anche “dolorosa” (per questi voltagabbana) riduzione dello stipendio parlamentare. Inoltre, già per costoro dovrebbe essere prevista l’eliminazione di ogni privilegio relativo all’elezione stessa, prerogativa che è oggi anche provocatoria nei confronti di quanti soffrono la crisi economica e sono ristretti in povertà o relativa o assoluta. febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 Come si potrebbero limitare i danni o dell’astensionismo o della fuga, tout court, dalla politica? Non è affatto facile dare una risposta certa, assoluta e valida per tutte le stagioni. Come si fa a coinvolgere un giovane alla pratica della presenza attiva nella società a difesa o dei beni comuni o di una proposta alternativa di “politica”, di “far politica”? Con le chiacchiere non si va da nessuna parte; e allora, sono sufficienti le buone prassi o gli esempi, pur dignitosi dell’assidua presenza che vigila sulle malefatte della classe politica, o cosa ancora più grave, della classe dirigente? Sicuramente queste indicazioni non bastano a convincere chicchessia; e allora? Accanto all’esemplare e costante presenza sul territorio servono nuovamente scuole di formazione civile e politica, che formino una diversa - e più disinteressata ai profitti personali nuova classe politica, fatta essenzialmente di giovani. Poi è necessario anche prendere esempio da quanti sono stati capaci e costanti a fustigare il Potere - il Palazzo - e le abitudini di ampi segmenti della società civile, addormentatasi sul nichilismo, sul fatalismo, sul collaborazionismo paramafioso della cosiddetta “zona grigia”, sul concetto che il cammino della Storia si sia concluso con la vittoria del neoliberismo e del capitalismo finanziario. Di qui, l’importanza dei maestri, dei fustigatori del malcostume e della corruzione dilagante, dei pirati, dei corsari, degli iconoclasti che con le loro acri e pungenti analisi illuminino il cammino dei più, indichino con chiarezza magistrale la strada da percorrere per quanti ne avvertano l’urgente inevitabilità e rilevanza. ☺ [email protected] 19 parole dal... di dentro la scelta basta un Francesco Luigi Frasca Guardo la TV, varie immagini di reportage che documentano storie di immigrazione, guerre civili, sobborghi di città in cui vige povertà e abbandono. E poi, ancora, uomini e donne delusi dal loro modo di vivere, giovani che nei propri occhi hanno smarrito la vivacità e l’ebbrezza della scommessa. Faccio due passi tra le vie della vita e noto, sul viso di molta gente che incontro, un filo di malinconia e frustrazione. Mi chiedo: “Perché tutta questa insoddisfazione?”. La risposta me la concede un ragazzo extracomunitario fuggito dalla guerra in Somalia dicendo: “Sono infelice perché faccio quello che non voglio fare, ma devo farlo anche se non l’ho scelto io”. Ecco la radice del problema, la causa petendi: “scelta”. Molte persone sono infelici perché non hanno potuto o non voluto scegliere. Le conseguenze di ogni cosa sono gli effetti delle nostre scelte ma ancor di più delle nostre non scelte. Cosa significa scegliere? Scelta è una parola formata da sei lettere, priva di contrari, ma che nella sua semplicità cela un substrato di molteplici significati ed espressioni. Scelta come facoltà che si nutre di libertà, intesa in un’accezione più intensa, empatica. Sì, libertà, quella di guardare oltre l’orizzonte che gli altri hanno posto per noi come confine alle idee e volontà. Ogni giorno ci troviamo di fronte a infinite situazioni in cui dobbiamo scegliere e molte volte, inconsciamente, non comprendiamo l’importanza di questa azione. Spesso, invece la comprendiamo ma lasciamo che le situazioni, gli altri e i loro giudizi scelgano per noi. Quante persone vivono una vita che non li soddisfa e che logora i loro cuori e l’anima, l’estremo opposto dei loro desideri! Gli immigrati, costretti a fuggire dalle guerre e carestie; i giovani che partono dal nostro paese in cerca del “miraggio-lavoro”. Coloro che intraprendono la strada della delinquenza senza volerlo, altri che fanno un lavoro imposto dai propri genitori, sopprimendo il sogno, e infine tutte quelle persone che subiscono il giudizio altrui e rifuggono da se stessi perché hanno paura di essere esclusi dalla società. Quanti di noi dicono cose che non pensano ma che ci permettono di non prendere posizione e responsabilità. Ogni volta che non scegliamo o, peggio, lasciamo farlo ad altri, abdichiamo in favore della rinuncia, ci conformiamo a tutto ciò che è esterno a noi diventando vigliacchi, chiudiamo la porta e ci rifugiamo nella stanza dell’indifferenza lasciando scorrere la nostra vita nelle mani degli altri. A questo punto mi si dirà che a volte è il caso a determinare la scelta: è vero che ci sono momenti in cui quello che ci accade non riusciamo a controllarlo, in cui il caso appare padrone della nostra esistenza e ci sentiamo impotenti, ma anche in queste circostanze, invece, possiamo decidere e scegliere come agire di contro al torpido e crudele “fato” ed alla tracotanza di coloro che vorrebbero decidere per noi. Insomma si deve scegliere in ogni caso. In soccorso alla mia tesi vi sono esempi come leggende immortali di persone che hanno sacrificato la vita pur di essere liberi nella scelta, vedi Catone nel 46 a.C. che scelse la morte per la libertà, e che Dante Alighieri celebrò nella Divina Commedia con questi versi “Libertà va cercando ch’è si cara/come sa chi per lei vita rifiuta”, oppure nei versi del poeta William Ernest Henley che a 12 anni, malato di tubercolosi, si vide amputare la gamba sinistra e scrisse “Invictus”: “Non importa quanto sia stretta la porta/ quanto pieno di castighi il destino./ Io sono il padrone della mia sorte/ Io sono il capitano della mia anima”.Versi che ci fanno capire perfettamente quanto sia meraviglioso vivere la propria libertà di scelta. Perché in fondo la “scelta” è un atto di coraggio e di allegria, di rispetto per noi stessi e della nostra volontà. Liberarsi dalle catene che la società, gli altri e molte volte noi stessi ci mettiamo. Quindi un atto audace, portatore di novità personali e volano per la costruzione dell’umanità. Vivere, aspirare al meglio, seguire i sogni, rispettare le norme, amare chi vuoi, essere parte attiva della società… tutto, ma farlo sempre “Ad Libitum”.☺ 20 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 Mara Ieri, 13 novembre 2015, a Parigi ci sono stati tre attentanti. Ieri a Parigi e gli altri giorni nel resto del mondo. Tra le righe dei giornali se ne trovano tanti. Di attentati, di omicidi, di morti. “Certo che è assurdo... basta un attimo e non ci sei più” (Ghost-Fantasma). O forse non è assurdo, ma è la vita. Che è strana e incomprensibile. Dicono che la vita viene e va. Come, non lo dicono. Come, non si sa. Allora tu non ci sarai più o non ci sarà più una persona che ami. E non si sa se è meglio restare o andarsene. Ci aveva visto bene chi insegnava il carpe diem. Vivere ogni attimo come fosse l'ultimo perché basta un attimo per non esserci più. Per lasciare tutto in sospeso. La notte dello scorso 25 ottobre, alle due ho ricevuto un messaggio: “tra un'ora sarà di nuovo quest'ora”. Io ero a letto. In quell'ora avrei voluto fare tutto ciò che poi avrei potuto annullare. Ti ho pensato. A volte, ti riesco persino a sognare. Tra poco arriva dicembre. Dicembre è il mese dell'ascolto. È il mese delle alternative, delle ambizioni. Dicembre è il mese dell'istinto, delle azioni. Il mese della frenesia e della malinconia. “Adesso mi alzo e ti chiamo”. Dicono di quanto sia importante, quando si sta con una persona, chiudere gli occhi e ascoltarla. Far attenzione anche ai pensieri, quello non lo dicono. A me piace la tua voce. Ti chiamerei per dirti ciò che non sai, ciò che non ti ho detto mai. Dicembre è il mese dei regali, delle sorprese. È il mese delle novità e delle richieste. È il mese in cui l'orgoglio viene sostituito dalla vicinanza. Forse ti ho dato troppa importanza. “Mi raggiungi?” Dicono che i treni passano una volta sola e che se ci si trova su due binari diversi, ci si raggiunge in base allo scorrere del tempo. Anche in base alla velocità del treno, ma non lo dicono. Nelle attese e nelle sofferenze il vincitori e vinti attimo Mancini valga la vita Gian Mario Fazzini tempo passa lentamente. Dicembre è il mese del divino, ma gli uomini sono fatti di carne. E la carne è debole. Gli uomini hanno paura. Si fermano a osservare. Dicembre è il mese dell'accoglienza e delle accettazioni. Gli uomini decidono di andare. “Mi arrendo.” Dicono che quando perdi la speranza inizi un po' a morire. Che significa, quello non lo spiegano. E già sperare è sopravvivere perché non equivale a credere. Dicembre è il mese delle riflessioni, dei turbamenti. Dicembre è il mese della neve. Che cade ed eguaglia tutto. È il mese dell'uniformità che non è equilibrio. Quando è tutto uguale ci si confonde. Come quando pensi troppo. “Adesso mi addormento e ti perdo.” Dicono che se pensi troppo non arrivi mai. A cosa, non lo spiegano. Dicono che la bellezza degli ospedali sta nel sentirsi tutti uguali. Vorrei vederti in pigiama. Vorrei vederti dormire. Dicembre è il mese più adatto per soffrire. Dicono che capita spesso di piangere quando si è felici. Per cosa, non lo svelano. Per paura che la felicità finisca, forse. Se stesse arrivando la fine del mondo, vorrei aspettarla tra le tue braccia, che è il posto più accogliente del mondo. La brutta notizia sta nella certezza di non poter tornare indietro e nell'incertezza di poter andare avanti. Basta un attimo per non esserci più. Basta un attimo perché il mondo finisca. Riesci a capire cosa vorrei che tu capisca? Dicembre è il mese delle domande e l'unico in cui ci si dà anche risposte. Dicono che si fa un uso sbagliato delle tabelline che insegnano a scuola. Moltiplichiamo l'indifferenza, dividiamo i sogni, addizioniamo gli sbagli, sottraiamo le persone. Il totale, quello non lo svelano. Tra poco arriva dicembre. Dicembre è il mese delle conclusioni. Ma tu non aspettare dicembre. Basta un attimo per non esserci più. E l'attimo non è raro. Tu non aspettare dicembre per prendermi la mano. Basta un errore, un rumore, un’esplosione. Tu non aspettare dicembre per un'emozione. A dicembre potrebbe essere tardi per l'amore.☺ [email protected] Si è formata una abitudine, nella composizione della critica, della saggistica ed anche della letteratura italiana - anzi direi un atteggiamento - secondo il quale l’analisi e la potenziale forza innovativa del ‘passato’ si polverizzano in pochi, ineludibili, inutili istanti. Il passato - nelle analisi e nei dibattiti incentrati sullo studio dei fenomeni politici, sociali ed economici - diventa immediatamente fastidio e retorica, utile solo alla compilazione di inutili aneddoti e perversioni semantiche ad uso di sistematiche revisioni della storia. Altro sarebbe - e sostengo questa ginnastica dell’intelletto - ricordarsi e sostenere che finché siamo in vita il passato è esattamente la costruzione del presente! Così sarà sempre un punto di forza, per la definizione e per la giusta collocazione del nostro presente, ricordare e sostenere - ad esempio - che la Strage di Stato rappresenta per la storia della nazione italiana il primo atto di una strategia politico-militare (detta ‘della tensione’) messa in atto da poteri finanziari e politici ‘forti’ che, nati dalla decomposizione delle antiche logge massoniche nazionaliste e poi fasciste, posero le basi per una ricomposizione sociale messa in pericolo dalle emergenti forze popolari che nelle fabbriche, nelle scuole e nelle campagne gridavano con forza il desiderio di formare uno stato sociale comunitario, onesto e produttivo. Dirottare le analisi del ‘passato’ e liquidarle in breve, sostenendo invece l’invadenza di una frenetica decomposizione dell’informazione che corre veloce sulle dinamiche del presente, schiacciando la potenza del passato, è il rischio al quale siamo indotti e dal quale siamo inevitabilmente schiacciati. Dimentichiamo con troppa facilità e peccaminosa leggerezza i fantasmi del passato… E forse, come per le dinamiche familiari e private, crediamo che questo sia - in fondo in fondo - un bene per la salvaguardia dell’equilibrio comportamentale… e però, dimentichiamo anche, così pensando, che la forza del nostro presente - se mai riuscissimo a non perderne le tracce - si basa esattamente sui risultati delle dinamiche nate dal passato: memoria e melanconia fanno parte del bagaglio intellettivo e materiale dei nostri atteggiamenti privati. Così, dunque, è nella pratica e nella gestione della ‘cosa pubblica’. Così, allora, dovrà essere quando ci ricorderemo che tutti, in Italia, siamo eredi dei danni causati dalle perversioni politiche e guerrafondaie dei Craxi, dei Fanfani, Andreotti, degli ‘apparati deviati’ dei servizi segreti e della leggerezza, complice e sinuosa, di una Sinistra bigotta, ottusa e volgare, che osservava, a distanza, senza sporcarsi troppo le mani, l’offesa e il delitto… Tentiamo allora di ricomporre l’ approccio al nostro passato. Ai giovani figli potremmo dire: amate ciò che siete e quello che fate. Il ricordo delle vostre azioni sarà il punto di forza del vostro futuro. Non dimenticatelo mai. Anche se a volte, questo esercizio di stile, vi farà un po’ soffrire. Valga un esempio per tutti: Pier Paolo Pasolini non sarà morto finché noi saremo in vita.☺ [email protected] notte di natale! Veglia dell’Annuncio festa del creato. Esulta la Liturgia nella voce dei Profeti. Vibra l’aria di canti. Il cielo ha stupore di stelle. Il Presepe, un affresco dell’antico mondo di pastori, ha nell’immaginario suggestioni, ricordi fanciulleschi. Nella Grotta di Betlemme un Bimbo rinasce fragile, ricolmo di Grazia. In Lui s’innesta la Potenza divina per la Salvezza del mondo. E l’animo immerso nel Mistero umilmente s’affida al suo Signore dono di vita e di pace. Lina D’Incecco Lo scampanio festoso nel quartiere scuote il freddo della notte. L’animo s’accende d’allegrezza. Notte di Natale! febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 21 terzo settore parole bugiarde Leo Leone “Sembra passato un secolo, e non 15 mesi, da quando Matteo Renzi annunciò al Festival del Volontariato di Lucca una legge Delega per la Riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile. Un annuncio fatto con l’entusiasmo di chi da mesi e ben prima di diventare premier, diceva che il Terzo Settore in realtà è il primo”. Di qui l’annuncio che occorreva adoperarsi immediatamente per attivare il rilancio di questo settore del mondo cittadino perché l’iniziativa dell’associazionismo assumesse un ruolo primario nel rilancio dell’attivismo delle iniziative intraprese dai cittadini. Non a caso il nostro primario politico sosteneva che in Italia il Terzo Settore doveva assumere un posto centrale nell’attività sociale del Paese. È passato quasi un anno da allora e le promesse di Matteo Renzi di stendere la Legge delega che desse spazio al Terzo Settore è stata … dimenticata e il 22 agosto dello scorso anno il documento reso oggetto di elaborazione da parte della Camera. In quella sede il primario politico assicurava che a fine dello scorso anno la legislatura sul problema avrebbe trovato il giusto esito. Ad un anno trascorso il risultato del dibattito che aveva attivato tutta la cittadinanza si è esaurito e da molti si attende la ripresa del lavoro ormai occultato nel Consiglio dei Ministri. La democrazia soffre il tuttofare di una politica che opera al suo Interesse e ignora le istanze di alto rilievo sollevate dal popolo. Ci governa una politica ripiegata su se stessa? Le parole che giorno per giorno ci giungono dai nostri governatori costitui- 22 scono ventate di poca durata e di palese presa in giro delle attese lanciate dal popolo. Nella rivista Vita, numero di agosto, il direttore Riccardo Bonacina, in prima pagina non ha scrupolo nel denunciare che “Sono passati 15 mesi da che Renzi annunciò la Riforma del Terzo Settore, quasi un anno che ha cominciato il suo cammino in Parlamento. Difficile che veda la luce nel 2016. Una sconfitta per tutti”. In Italia le più vivaci delle iniziative che danno vita e speranza appaiono a partire dai giovani impegnati in imprese che vanno ben oltre le parole volatili dei nostri politici, molti di essi intenti a convincere che in politica tutto ricade a porte chiuse nelle sedi del potere. Altro si coglie nelle associazioni che operano con fatti e testimonianze concrete, per promuovere tra i giovani impegni anche senza attesa di interesse. Ad Arezzo nel 2014 sono stati oltre quattromila gli studenti italiani che hanno frequentato la “Cittadella della pace”e con loro duemila docenti di vari ordini scolastici. L’ associazione toscana che sviluppa azioni da tempi lontani tende anche a raggiungere il premio Nobel per la pace. Per spostarci su altre regioni e ad altri modelli di azione senza speranza di interessi privati scendiamo più nel sud Italia e scopriamo un gemellaggio tra Messina e Boston. A promuovere la comunità di Messina è la “Fondazione con il Sud”. Si lavora per servizio ai più deboli per attivare lavori per la costruzione di appartamenti nel quartiere Maregrosso di Messina, ancora alle prese con i danni procurati dal terremoto del 1908. Andiamo oltre confini per mettere gli occhi su un paese che in questi tempi si colloca tra i più benestanti dell’ Europa, ma anche qui non ci si può fermare a chiacchiere e comunicazioni statali. Pensiamo ad Angela Merkel che ci appare spesso legata a programmi e legislazione di la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 intesa con il nostro presidente Matteo Renzi. Ad osservare attentamente l’aria che si respira, anche la Germania ripropone atteggiamenti e Leggi che somigliano alle nostre. La Merkel si è decisamente schierata a sostegno della legge Hartz IV che appariva come l’apertura di una nuova era economica per il popolo tedesco. L’esperienza non dà conferma a questa spirale. Seducenti e solide le spese per il lavoro in Germania che dal 2005 ad oggi ha speso 400 miliardi per dare più sostegno al popolo. Purtroppo la gestione si rivela inadatta se non idonea al sostegno dei cittadini. Il fatto è che il contratto tra i cittadini e lo stato prevede serie sanzioni e vincoli per chi usufruiva dei sussidi. Nella ricerca del lavoro chi non cerca o non accetta le proposte viene sanzionato con un taglio del sussidio che può partire da una riduzione dell’assegno per il 10 al 60%, fino ad arrivare all’annullamento totale, un quadro scabroso che si registra anche in Italia. Far decollare la riforma del Terzo settore significa dare spazio di azione ai cittadini e alle associazione che li raccolgono in un clima di intraprendenza che si registra in zone geografiche che non escludono neppure l’Italia. La presentazione della riforma del Terzo Settore è stata presentata ai deputati ad agosto 2014. Il senato ha approvato a metà aprile 2015 la proposta; se non che, a seguire, vengono presentati 700 emendamenti. Molte le reazioni: Luigi Bolla, ex presidente delle ACLI, sollecita a lasciare all’associazionismo civile un perimetro ampio di rispetto. Ci si adoperi, anche in Molise, a darsi da fare per aprire le porte ad una stagione di iniziative provenienti dal basso, ad una cittadinanza attiva che si adopera anche per fare approdare lo stato e i suoi enti periferici ad una stagione che promuova il lavoro evitando di passare tempi in reciproci scontri o tempeste di parole e ritardi di un regime che può solo creare divisione e calo di iniziative sul territorio e porre a noi tutti il triste pensiero che i giovani, anche da noi, si adopereranno per lasciare la nostra terra con i suoi ricordi storici, le sue meravigliose zone di natura affascinante e, soprattutto, si rassegnano a dissipare l’unione e vivere da soli… ☺ [email protected] ambiente presepe vivente i paesaggi del tartufo Carolina Mastrangelo Angelo Sanzò Ci vai e ci ritorni perché ti senti accolto, quasi di casa in quell’ambiente che è tuo, tra quei personaggi che conosci e che ti coinvolgono al punto che non sai più se sei attore o spettatore. Stradine strette, tortuose, presenze, oggetti, sapori, odori… quasi brandelli di memoria che sanno di un passato remoto, ancestrale. Figure più o meno in luce o appena intraviste, stemperate in un chiarore fioco e antico che le rende irreali, ma che reali sono con il loro carico di fatica, di sofferenza, di stupore, di speranza e alla fine del buio cammino, come l’emblema di una proiezione metaforica - dalle tenebre alla luce, dal peccato alla redenzione - la Capanna, una povera stanza con gli umili utensili di ogni giorno, un Giuseppe con il viso e le mani da operaio, una Maria di null’altro adorna che della sua naturale bellezza di donna, un Bambinello senza riccioli e senza aureola che piange, forse per freddo, forse per fame, ninnato non da un coro di angioletti osannanti, ma dal tin tin del martello del fabbro. Un presepe senza enfasi e senza retorica, che pur riproponendo l’incantesimo di un sogno da sempre sognato, indossa tutta la tragedia della nostra umanità con le croci che pendono da ogni scena (e che dovrebbero pendere sulle nostre scelte), con i cartelli le cui scritte “rompono le paci” perché ricordano la povertà, il consumismo, le illecite ricchezze… Se hai raccolto la provocazione, finito il percorso, te ne esci non con l’amarezza di una festa guastata ma con il bisogno di cercare comunione, con l’esigenza della “porta aperta” che permetta di realizzare quello stile di incarnazione che rende possibile la condivisione, il “farsi prossimo”, comunità, Chiesa. È una delle edizioni del Presepe Vivente a Bonefro, quando gli eventi non avevano ancora dolorosamente rivoluzionato paese e anime e vi era una partecipazione più affettuosa e corale alla vita e alle tradizioni locali. ☺ I tartufi sono funghi ipogei, organismi, cioè, che svolgono tutto il proprio ciclo vitale sottoterra. Crescono spontaneamente nel terreno accanto alle radici di alcuni alberi, in particolare querce, lecci, pioppi, noccioli, salici, faggi, con le quali stabiliscono una simbiosi mutualistica, da cui entrambi traggono vantaggio. Il tipico profumo penetrante e persistente a maturazione avvenuta ha lo scopo di attirare gli animali selvatici per spargere le spore contenute e perpetuare la specie. Gli studi geologici hanno evidenziato che i terreni preferiti dai tartufi contengono correntemente una frazione più o meno importante di materiale calcareo. In particolare, quelli calcareo limosi, pare siano i suoli preferiti dal tartufo bianco pregiato. È noto da anni, e non solo agli addetti ai lavori, che alcune aree del territorio molisano sono tra le più vocate, a livello nazionale, per la produzione dei tartufi, in particolare per quello bianco pregiato. È altrettanto vero che, in un contesto in cui il tartufo è una rilevante fonte di reddito per le popolazioni locali, il numero dei soggetti coinvolti in quella che può essere ritenuta la filiera dell’intero ciclo produttivo sia costantemente cresciuto nel tempo. È, perciò, quanto mai urgente e inderogabile che a tutti gli addetti ai lavori dell’intero ciclo produttivo (tartufai, associazioni e raccoglitori, imprenditori agricoli, tecnici e liberi professionisti, amministratori pubblici) venga reso disponibile, per quanto possibile e nella giusta quantità, il patrimonio di conoscenze, teorico e operativo, che riguarda l’importante risorsa. D'altronde, molto c’è ancora da fare per la giusta valorizzazione del prodotto, affinché l’ eccellenza del raccolto possa fornire il proprio contributo allo sviluppo dell’economia di vaste aree interne del nostro Appennino. È altresì auspicabile che si sviluppino adeguate attività di ricerca scientifica, al fine di trasferire, convenientemente, i risultati ottenuti alle esigenze di conservazione e miglioramento ambientale, nonché di sviluppo di tecniche colturali consone all’incremento di produzioni spontanee. Il Centro di Ricerca e Sperimentazione per la produzione di piante tartufigene, realizzato nel 2010, presso il vivaio forestale di Campochiaro (CB), testimonia l’attenzione riservata alla tutela e alla valorizzazione del pregiato tubero. Un riconoscibile marchio di qualità potrebbe far assumere all’insieme delle attività relative alla tartufocultura un ruolo ancor più importante, se non preminente, alla crescente multifunzionalità delle moderne aziende agricole, sempre più numerose sul territorio. Il più delle volte è proprio il tartufo l’elemento al centro di manifestazioni fieristiche riguardanti l’offerta di produzioni locali, delle quali diventa l’elemento trainante. La sua presenza, infatti, in un determinato territorio, essendo ormai considerata dai più un indicatore positivo di qualità ambientale, è anche elemento di richiamo per percorsi turistici alla scoperta di luoghi e tradizioni autentici. ☺ [email protected] [email protected] febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 23 società senza mai arrendersi Vincenzo Li Volsi Vista e sentita sulla tribuna di un campo di periferia di una grande città italiana: “Papà, mi piace... da grande voglio fare l'arbitro!!!” dice un ragazzino di circa 12 anni al signore che gli è seduto a fianco. L'uomo serio, dopo avergli dato uno schiaffone gli risponde secco: “Piuttosto ti rompo le gambe!!!” Parlare di sport non è mai molto semplice, conosco gente che afferma di essere sportiva: va a vedere allo stadio tutte le domeniche la partita! Altri che possono recitare i giocatori delle squadre a memoria ma che non hanno mai messo le scarpette ai piedi, persone per le quali leggere la cronaca della partita sul giornale significa fare sport. Quanti conoscete che vanno allo stadio a tifare contro l'altra squadra, non per incitare la propria; quante, per le quali andare a vedere la partita, convinte che l'arbitro sia prevenuto e quindi se perdiamo è colpa sua, sia la prassi. Alzi la mano chi non ha mai detto “Abbiamo perso per colpa dell'arbitro”. Lo sport significa lottare fino alla fine senza arrendersi, ma anche mantenere un comportamento corretto in campo prima e dopo la partita. In questi 50 anni ho calpestato i campi da gioco facendo l'arbitro e parafrasando una celebre frase “ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Ho visto genitori litigare al traguardo di una gara ciclistica per bambini di 12 anni, accusandosi l'un l'altro di aver sbagliato il “beverone” del figlio mentre lui povero innocente dava di stomaco un qual- cosa di verde. Eppure insieme a tante cose come queste ho anche visto la sportività in gesti che dovrebbero essere normali ma che noi genitori abbiamo fatto dimenticare ai nostri figli. I ragazzi, se lasciati a se stessi, sono molto più sportivi l'un l'altro di quanto possiamo immaginare. Siamo noi genitori, con l'esasperazione del desiderio della vittoria a ogni costo, che distruggiamo la sportività che esiste nei loro cuori. In questi 50 anni ho dedicato il mio tempo libero all'arbitraggio, ad andare week end dopo week end ad arbitrare sui campi di tutta l'Italia dalla Sicilia alla Sardegna, dal Trentino all'Abruzzo macinando chilometri su chilometri e ovunque, in Italia, ho trovato la stessa esasperazione, lo stesso desiderio comune di considerare l'arbitro il Nemico. Ho calpestato campi in Italia e all'estero, nazioni considerate fredde come la Svizzera o l'Austria o nazioni “calienti” come la Spagna e vi ho trovato rispetto verso la figura arbitrale, quel rispetto che non esiste in Italia e che noi genitori dovremmo insegnare ai nostri figli. Perché difendo la figura arbitrale in questo modo? Perché sono convinto che sia importante istillare nei ragazzi, nei giovani la convinzione che la vittoria in una partita non è la cosa più importante, ma che lo sia aver lottato fino in fondo senza mai arrendersi, senza mai venir meno alla correttezza e alla sportività. E facendo ciò educheremo i nostri figli ad affrontare la vita nei suoi alti e bassi, senza arrendersi ma a lottare a viso aperto contro le avversità. Avete presente quelle notizie che ogni tanto si leggono sui giornali? Quelle in cui c'è scritto che il giocatore della “Pinco Palla” lanciato a rete, avendo notato un avversario a terra infortunato ha scaraventato la palla fuori campo per dare modo all'arbitro di fermare il gioco e curare l'infortunato? Secondo voi è una notizia da giornale? Da cronaca? O dovrebbe essere la normalità e sui giornali dovrebbe andare la notizia che: “il giocatore della “Pinco palla” pur avendo visto un giocatore avversario a terra ha continuato a correre verso la porta avversaria mentre tutto il pubblico lo fischiava”. Termino con un episodio visto con i miei occhi su un campo italiano, di uno sport minore come il “Football Americano”, sì quello con i giocatori tutti bardati con maschere e protezioni varie che quando si scontrano ricordano le lotte dei gladiatori. In una azione della partita un giocatore della squadra in attacco, dopo un contrasto “maschio” con l'avversario cadendo perde il casco di protezione e rimane a terra, infortunato a una gamba, mentre il gioco si avvicinava pericolosamente a lui. In quei pochi istanti un difensore, vedendo il rischio che correva l'avversario, si lanciava su di lui e gli difendeva la testa, rimasta scoperta, da possibili calci involontari con il proprio corpo. Finita l'azione il difensore si è rialzato e si è allontanato. Tutto normale per lui. ☺ [email protected] nuova apertura 86043 CASACALENDA (CB ) - C.so Roma, 93 - Tel. 0874.844037 24 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 le nostre erbe un’alternativa alle lenticchie Gildo Giannotti La cicerchia (Làthyrus sativus) è una delle leguminose da granella più antiche e più consumate dai nostri progenitori: reperti risalenti a 8.000 anni a.C. sono stati ritrovati infatti in Mesopotamia, mentre la sua coltivazione ebbe inizio intorno al 6.000 a.C. nell’area della Penisola balcanica. Gli antichi Greci la conoscevano come lathyro, mentre tra i Romani era nota come cicercula; anche Egiziani ed Ebrei se ne cibavano. È una specie molto rustica, che si adatta a condizioni colturali estreme, quali terreni poveri e siccitosi, e che non abbisogna di concimi speciali o antiparassitari; è dotata anche di una buona resistenza alle basse temperature. Si semina all’inizio di aprile e si raccoglie in piena estate, estirpando dal suolo la pianta intera, carica di baccelli ormai maturi. Le piccole mennèlle, una volta formate, vengono battute e ventilate per separare la pula dalla granella. Un tempo, stipare fagioli, ceci e cicerchie era una garanzia per l’inverno che presto sarebbe arrivato. La cicerchia trova le condizioni migliori per la sua coltivazione nelle regioni di Lazio, Marche, Molise, Puglia e Umbria, che hanno ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale italiano. In particolare la regione Molise ha presentato all’EXPO di Milano proprio la cicerchia: quasi scomparsa dalle tavole almeno da cinquant’anni, oggi è stata riscoperta, valorizzata per la biodiversità vegetale e ambientale, e tutelata come alimento tipico della dieta contadina del passato. I piatti tipici che con essa si confezionano sono i protagonisti di diverse feste e sagre che hanno luogo nelle zone di produzione. Ricordiamo per esempio quella di Serra de’ Conti, vicino a Jesi, che si svolge alla fine di novembre, nei giorni 27, 28 e 29. Dal sapore delicato, unico, che ricorda un po’ quello dei ceci e dei fagioli con i quali mostra una certa affinità alimentare -, il seme della cicerchia è unico anche per la sua forma quadrangolare e molto irregolare, tanto che non se ne trovano mai due uguali. Ma questi semi, come quelli delle altre leguminose ad alto apporto di proteine, contengono in quantità variabile anche una microtossina, sotto forma di un acido indicato sinteticamente con la sigla ODAP e considerato la causa della malattia detta latirismo, una patologia neurodegenerativa che può portare anche alla paralisi degli arti inferiori. Nei casi più gravi (ma estremamente rari) possono comparire perfino disturbi psichici. Anche alcuni animali, sia equini e suini, sia polli e ruminanti, che vengono alimentati con abbondanti pastoni a base di farine di cicerchia, possono essere colpiti da forme di intossicazione. Non bisogna tuttavia drammatizzare: è stato infatti dimostrato che il latirismo si verifica quando l’assunzione di cicerchie supera il 30% di tutti gli alimenti che costituiscono la dieta. Questa malattia era presente quindi solo in passato e in occasione di ricorrenti carestie, quando la cicerchia rappresentava il principale se non l’unico nutrimento per lunghi periodi. Inoltre, l’incidenza reale del latirismo nell’uomo è molto bassa, perché il metabolismo umano detossifica la molecola ODAP in un metabolita non tossico. Ed ancora, una attenta cottura, una coltivazione più razionale, la selezione di varietà meno ricche di neurotossina, una dieta varia ricca di alimenti diversi, com’è quella europea e italiana in particolare, riducono enormemente il pericolo di latirismo indotto da cicerchie. Perciò gustiamo pure le saporite cicerchie in ogni stagione, avendo cura di consumarle solo di tanto in tanto, in proporzioni normali e non per molti giorni di seguito. Agli appassionati coltivatori di questa pianta si consiglia inoltre di fare atten- febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 zione alla conservazione dei semi in magazzino. Infatti, come i fagioli e le fave, possono essere attaccati da un insetto, un coleottero bruchide, il tonchio, conosciuto nel nostro dialetto col nome di ’a ar’gagghie, le cui larve, dopo essersi nutrite della parte interna del seme, lasciano evidenti fori di uscita e un cattivo gusto che li rende non commestibili. Per quanto riguarda la preparazione, suggeriamo una lunga macerazione (24 ore o più) in acqua tiepida e salata, da rinnovare due o tre volte, da gettare via al momento della cottura e sostituire con acqua pulita non salata. Infine è indispensabile una lunga cottura con pentola a pressione per rendere le cicerchie più digeribili. Con questo nobilissimo e antichissimo legume, contenente vitamine del gruppo B e fibre alimentari, povero di grassi, ma ricco in calcio e fosforo (elemento che lo rende ideale in caso di disturbi della memoria e di affaticamento cerebrale degli studenti e degli anziani), si possono preparare tante ricette. Per esempio squisiti maltagliati, pappardelle, lagane, baccalà, insalata e perfino un dolce. Servita fumante, d’inverno, dentro una calda pagnotta, con un filo d’olio e i profumi dell’orto, la cicerchia non può che favorire la convivialità. Anche per il cenone di San Silvestro, con il suo gusto inconfondibile, può sostituire tranquillamente la “cugina” lenticchia come contorno del classico zampone, per il quale si veda la seguente ricetta. Ingredienti: zampone; 400 g di cicerchia; una cipolla; una costa di sedano; una carota; due cucchiai di olio extravergine di oliva; una foglia di alloro; 60 g di grasso di prosciutto. Cuocere lo zampone per il tempo necessario. In una casseruola rosolare un trito finissimo di cipolla, sedano, carota e grasso di prosciutto battuto al coltello. Aggiungere la cicerchia precedentemente lessata, alloro, sale e pepe; coprire con acqua calda e cuocere a fuoco moderato per circa 40 minuti. Tagliare a fette lo zampone, adagiarlo su un letto di cicerchie e servire subito.☺ [email protected] 25 etica Quel che la crisi ha dimostrato ampiamente è che il capitalismo finanziario, subentrato all’età dell’oro, ha avuto vita breve, aprendo una età dei torbidi. Tutti affermano oggi che il sistema ha bisogno di nuove regole. Ma non si dice se le nuove regole debbano limitarsi a una ripulitura e a una rinfrescata degli appartamenti o investire le fondamenta del palazzo. Ora, è improbabile L’epoca moderna e post-moderna, prima con l’illuminismo e adesso con il biotecnologismo, hanno privato il nostro tempo di una filosofia del cuore. L’assenza di una teologia della tenerezza - come teologia del “cuore di carne” in opposizione al “cuore di pietra” - è all’origine di quel principio di necrofilia che domina lo scenario odierno. Come vincere il principio di morte se non con la ricerca di una cultura centrata sul “vangelo della tenerezza”, facendo prevalere la potenza dell’umile amore sulla brutalità della forza? Questo è quanto cerca di mostrare il testo La tenerezza grembo di Dio amore edito dalle Edizioni Dehoniane di Bologna e scritto a quattro mani dal teologo Carlo Rocchetta, fondatore della Casa della Tenerezza, e la nostra collaboratrice Rosalba Manes. Esso si presenta come un saggio che, sondando le ricchezze del vocabolario biblico con la reciprocità dello sguardo maschile e femminile, individua nella tenerezza l’espressione del pathos di Dio, del suo afflato sensibile e del suo pieno coinvolgimento nell’amore con la vicenda umana e inoltre la propone come fondamento di quella cultura della convivialità di cui la nostra società, tormentata da egoismo, rifiuto e intolleranza, ha profondamente bisogno.☺ 26 derive del capitalismo Silvio Malic che si verifichino crolli imminenti del sistema capitalistico, però questo capitalismo finanziario non sembra essere tecnicamente emendabile, in quanto socialmente e politicamente insostenibile. Queste ragioni riguardano la stabilità del sistema, la sua governabilità, l’allocazione delle risorse, la distribuzione e, soprattutto, la base di legittimazione etica. Instabilità La liberalizzazione dei movimenti di capitale fu salutata da M. Friedman come l’alba di una nuova era di stabilità. Ebbene, nei due decenni seguenti si sono avute decine di crisi monetarie e valutarie di portata internazionale, culminate nella più recente e più devastante. Mentre l’inflazione “normale” può essere fronteggiata con misure di restrizione monetaria, non vi sono meccanismi di controllo dell’inflazione finanziaria. La deregolazione del sistema ha portato lo stesso alla sregolatezza: come quel cannone del romanzo di Victor Hugo che, strappato ai suoi ormeggi, spazza la tolda della nave in tempesta. La globalizzazione ha determinato un forte aumento del grado di interdipendenza dell’economia mondiale. L’ interdipendenza richiede di essere governata. La tesi di chi sostiene l’autogoverno è smentita da quanto sta accadendo: c’è un vuoto di governo dell’economia globalizzata. Fino a ieri un certo grado di governo dell’economia mondiale era assicurato dai paesi economicamente egemoni. Le egemonie si sono succedute nella storia, da quella romana a quella britannica, assicurata, come si è detto, dalla combinazione tra le cannoniere e il cricket, tra la forza e il consenso. Anche l’egemonia americana, succeduta a quella britannica, poggia su quella combinazione. Certo, ci sono ancora le cannoniere e c’è anche il cricket, ma il modello americano sembra essere in declino. Sono venute alla ribalta nuove grandi potenze, come la Cina e l’India. Altre si preparano ad entrare, come il Brasile, o a rientrare, come la Russia. E poi c’è una novità: i poteri apolitici, i governi privati delle corporation multinazionali, che hanno redditi comparabili a quelli degli Stati (dei cento primi percettori di reddito del mondo cinquanta sono Stati e cinquanta corporation), e i poteri occulti dei la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005 paradisi fiscali. Dietro la globalizzazione dei mercati finanziari c’è una grande controffensiva del capitalismo contro lo Stato, e del capitale contro il lavoro organizzato. Sul piano mondiale si manifesta con la fine della sovranità nazionale. Sul piano nazionale assume le forme della privatizzazione della vita sociale e della degradazione della qualità politica. Assistiamo a un processo di mercatizzazione della politica. La corruzione politica cessa di essere una trasgressione per diventare una prassi universalmente accettata attraverso l’acquisto in massa di partiti e di imprese elettorali. È un processo circolare: degrada la politica ad affare, screditandola, e promuove la domanda di privatizzazione e di mercatizzazione. Qui emerge il nesso tra privatismo e populismo che costituisce una minaccia mortale per la democrazia. La società polverizzata in massa indifferenziata di consumatori, non più di cittadini, si espone al vento delle suggestioni collettive. Da istituzione che filtra una classe dirigente attraverso la pubblica discussione, la democrazia si trasforma in un’impresa che produce maggioranze attraverso possenti mezzi di suggestione emotiva e pubblicitaria. Allocazione delle risorse La sempre maggiore importanza della finanza rispetto all’economia reale determina conseguenze rilevanti e socialmente perverse nell’allocazione delle risorse. Gli impieghi di risorse che producono alti profitti nel periodo breve, fino a quelli speculativi che si chiudono nel giro di giorni o di ore, sono preferiti agli investimenti di lungo periodo che si traducono in un aumento della capacità produttiva, ma in un periodo più lungo e con tassi di profitto più moderati. Si accelera il ritorno dei capitali, ma a scapito della loro produttività nel tempo. La spinta impressa alla profittività immediata degli investimenti accentua fortemente, nell’allocazione delle risorse, lo svantaggio degli investimenti e della spesa pubblica e frena quindi la produzione di beni collettivi, mentre quella dei beni privati è promossa dalla competizione consumistica, attivata da una poderosa spinta pub- etica blicitaria: 500 miliardi di dollari all’anno (cifra da confrontare con i 70 miliardi di dollari destinati alla ricerca sanitaria o con i 60 destinati agli aiuti ai paesi poveri). Si accompagna l’effetto dell’aumento dei costi degli investimenti pubblici, che solo in piccola parte può essere compensato da un aumento della produttività. Il risultato è una sproporzione allocativa tra le risorse destinate ai beni collettivi (infrastrutture, servizi pubblici, welfare State), sempre più necessari al benessere di società complesse, e i beni privati, anche quelli più futili. Distribuzione e diseguaglianza Molti si incartano nella disputa se, come sembra, la diseguaglianza si sia ridotta, ma non di molto, tra i paesi più ricchi e quelli emergenti, e non certo tra i più ricchi e i più poveri; se invece, come sembra, sia sostanzialmente aumentata all’interno dei paesi più ricchi, e drammaticamente all’interno di quelli più poveri. Un fatto è incontrovertibile: in una cultura di esaltazione della ricchezza e dei consumi privati, l’obiettivo dell’eguaglianza (meglio, della diminuzione delle diseguaglianze) è sparito dall’agenda delle priorità economiche e politiche. Più che di diseguaglianza si dovrebbe parlare di secessione: della formazione di una nuova plutocrazia al di sopra della società, in una condizione di separatezza non solo dei redditi ma dei modi di vita, talvolta dei luoghi, isolati e protetti da polizie private in quartieri recintati; degli spostamenti, effettuati in aerei privati tra aeroporti riservati; dei convegni organizzati in zone esclusive. L’indice più significativo di questa secessione è costituita dai guadagni faraonici assicurati ai dirigenti supremi, totalmente sganciata da qualunque criterio meritocratico, per assumere un carattere di prelievo arbitrario, di rendita posizionale. Segno più evidente della separazione tra il guadagno e il lavoro, la cui identificazione costituiva, all’origine del capitalismo, la fonte del suo orgoglio e della sua legittimazione morale. Platone diceva che una società ineguale sono due società. Questo sdoppiamento significa in sostanza che la società non c’è più. Legittimazione etica L’aspetto che sembra in ultima analisi più grave è la sua delegittimazione morale. Il dominio della finanza è l’espressione estrema dell’autoreferenza e dell’alienazione: di un’accumulazione rivolta a nessun altro fine che non sia l’accumulazione stessa. Viene in mente l’invettiva dell’italiano Bernardo Davanzati, nel Cinquecento, alla fiera di Besançon “dove non vi vanno i popoli a comprar mercanzie ma solamente cinquanta o sessanta cambiatori con un quaderno di fogli (…) Quelli di Bisenzone non sono debiti o crediti effettivi ma arbitri rivolture e girandole che non servono al comodo della mercanzia ma solamente all’utile del denaro”. Il capitalismo ha sempre avuto bisogno di una legittimazione “esterna”, che fosse la grazia weberiana o la felicità degli utilitaristi. L’autolegittimazione dell’avidità è, come l’autoregolazione dei mercati, un autoinganno. E qui si innesta l’altra formidabile questione esistenziale che si è volutamente tralasciata a causa della sua ampiezza. La riduzione della società a mercato spinge l’esistenza umana verso un altro processo autodistruttivo: la degradazione della sua base ecologica naturale. L’identificazione dell’economia con l’accumulazione genera una crescita letteralmente sterminata, che può segnare la fine non solo del capitalismo, ma dell’avventura umana. Lasciato a se stesso il capitalismo rischia queste due derive fatali: la distruzione della società umana e delle sue basi naturali di sopravvivenza. Mai un sistema storico di organizzazione sociale è stato così prossimo all’onnipotenza e alla rovina.☺ frammenti di saggezza un libro sotto il vischio Tra le consuetudini non cristiane, che ancora resistono nelle nostre celebrazioni natalizie, vi è quella, di origine celtica, di regalare un ramo di vischio, da appendere alla porta di casa e sotto cui scambiarsi un bacio di buon auspicio. In un brano della sua Naturalis historia, Plinio il Vecchio ne descrive il rito della raccolta, affidata ad un sacerdote, che, vestito di bianco, scalzo e digiuno, saliva sull'albero a tagliarlo con un falcetto d'oro. Plinio aggiunge che i Celti indicavano il vischio come “la pianta che guarisce tutto” e gli attribuivano un grande potere: essendo una pianta aerea, che non ha radici ma vive attaccata al tronco di altri alberi, era considerata una manifestazione degli dei che vivono in cielo e dunque un simbolo di vigore, di rigenerazione e di rinnovata speranza per iniziare il nuovo ciclo dell'anno. Ma, oltre al ramo di vischio, c'è un altro dono “che guarisce tutto”, ed è il libro, il migliore dei regali. Per esempio un libro di poesia, dato che se ne legge sempre meno. Per esempio il libro delle poesie di Giovanni Giudici, pubblicato nei “Meridiani” Mondadori nel 2000, con il titolo I versi della vita, e poi, in versione economica, negli “Oscar” Mondadori nel 2014, con il titolo Tutte le poesie. Sostiene infatti il critico Alfonso Berardinelli che la poesia di Giudici possiede “una dote abbastanza rara. Sta in piedi da sé, non ha bisogno di puntelli e di giustificazioni. Non richiede particolari istruzioni per l'uso né allude a sofisticati presupposti di poetica”. Scomparso nel 2011, Giudici è una delle voci più interessanti della poesia del secondo Novecento. Come suggerisce il titolo della raccolta a mio avviso più bella, La vita in versi, ha cantato in versi la vita quotidiana, con il lavoro, la famiglia, le conversazioni, le faccende familiari, i problemi comuni. Ha trasformato così in poesia la prosa di ogni giorno, con uno stile ironico e brillante nella sua semplicità. Nei suoi testi la lingua del poeta si incontra con quella del lettore, il quale può facilmente rispecchiarsi nelle forme realistiche che assumono i gesti sempre uguali di ogni giorno, la routine delle occupazioni domestiche. Per esempio in questi versi tratti da Una sera come tante, una delle poesie più originali ed efficaci: “Una sera come tante, ed è la mia vecchia impostura / che dice: domani, domani... pur sapendo / che il nostro domani era ieri già da sempre”. Un invito indiretto, tra i ripiegamenti delle nostre disillusioni e le viltà dei nostri autoinganni, a non rinviare al domani i momenti di ritrovata energia - come quella che può regalare un ramo di vischio. Filomena Giannotti [email protected] febbraio dicembre 2015 la la lafonte fonte fontegennaio gennaio marzo 2005 2005 27 sisma dal cavallo al coniglio Domenico D’Adamo Sottoscritto il programma di “Viabilità” al ministero delle infrastrutture. Complimenti al presidente Frattura e all’assessore ai trasporti, Nagni. Questa volta i due si sono veramente superati, sono riusciti a portare a casa la considerevole somma di 100 milioni di euro, provenienti della riprogrammazione dei fondi già destinati alla realizzazione del primo lotto dell’autostrada Termoli/San Vittore. In questi casi dalle parti mie si dice: “hanno venduto cavalli per acquistare conigli”. È ormai una costante nell’azione del governo Frattura fare operazioni a perdere. Non siamo mai stati favorevoli all’autostrada di Iorio, opera costosa per i cittadini e oltretutto di grande impatto ambientale, ma, per uscire dall’ isolamento in cui ci troviamo, sarebbe utile collegare queste terre, belle e pulite, con il resto del paese. Per farlo abbiamo bisogno di collegamenti stradali e ferroviari non di metropolitane, né leggere, né pesanti; soprattutto non abbiamo bisogno di buchi “tunnel” che risultano essere già numerosissimi oltre che sul territorio anche nei bilanci della Regione. A questo punto la domanda sorge spontanea: se questi finanziamenti non de- vono rispondere a nessun disegno strategico legato allo sviluppo e neanche alla risoluzione di problemi che hanno a che fare con la viabilità - il programma in questione ha destinato circa la metà dei fondi alla realizzazione di un tunnel a Termoli che collegherà il porto con il lungomare, passando per un parcheggio multipiano interrato e alla realizzazione della metropolitana leggera che collegherà Campobasso con Bojano e Matrice - perché non li abbiamo destinati alla realizzazione di una strada che porti da Riccia a Termoli senza passare per Campobasso? Avremmo quanto meno risolto il problema della Segretaria regionale del PD che ogni volta che deve recarsi a Termoli per far fronte ai molteplici impegni politici, impiega oltre tre ore. Non ce ne vorranno le centinaia di migliaia di persone di Matrice e di Bojano se gli chiediamo di continuare a raggiungere Campobasso a dorso di asino, ma qui un’ altra domanda ci pervade: cari corregionali, cosa ci andate a fare tutte le mattine a Campobasso? A lavorare? E dove? In Ospedale? Alla Regione? In Tribunale? In Prefettura? All’INPS? Nelle fabbriche? La metropolitana di Frattura che è una bella trovata ma che non vi porterà in nessuno di quei luoghi prossimi a scomparire, assomiglia tanto al treno del sig. Rayl, un vecchio signore che per stimolare la fantasia dei suoi concittadini fa trasportare sulla piazza grande della loro città un treno vero con la promessa che un giorno quel treno partirà. Per Termoli la questione è diversa: il sindaco, insieme al presidente della Regione, ha fatto credere a una parte dei sui concittadini che il futuro della loro città è in fondo al tunnel. In fondo al tunnel, senza metafore, da una parte c’è il porto e da una parte c’è il lungomare, due potenzialità che senza un progetto resteranno quelle che sono con o senza buco. È superfluo raccontare che il porto è già sufficientemente collegato con la città e che i milioni di passeggeri che si imbarcano verso le Tremiti sono già soddisfatti dell’attuale viabilità. L’altra metà dei fondi relativi al programma sottoscritto da Frattura è stata destinata al completamento di opere già vecchie o addirittura inutili, vedi il sottopasso di Campomarino e tuttavia non si comprende il motivo per cui, utilizzando comunque gli stessi criteri, non sia stata inclusa nell’elenco delle opere da completare, la strada SS 87, mai completata, ancorché inaugurata dal precedente governatore. Non vorremmo essere maliziosi, ma abbiamo notato che in questa legislatura non è seduto, nell’assise regionale, nessun politico proveniente dall’area sismica. È questa la ragione per la quale neanche un centesimo di quei cento milioni è stato destinato ai problemi irrisolti del cratere sismico? Il governatore in questi trenta mesi di governo regionale si è rivolto ai terremotati solamente per sottrarre e mai per addizionare. Lo ha fatto rimodulando i progetti di ricostruzione, lo ha fatto omettendo di restituire le somme relative alle spese energetiche sostenute dai baraccati, lo ha fatto eliminando un ospedale, lo ha fatto ignorando la drammatica situazione economica dell’area colpita dal sisma. Non ci sono più soldi, ci dicono, bisogna fare sacrifici, rinunciare a qualche comodità. Chi ci dice queste cose non parla mai per se stesso; sono quelli che non si riducono mai i lauti stipendi e non rinunciano mai a nulla, sono quelli che stanno sempre dall’altra parte del tavolo, sempre sulla cattedra. Che spettacolo vederli alcuni giorni fa tutti uniti, senza distinzioni di casta, dietro gli scranni: avvocati, giudici, politici, dirigenti pubblici, giornalisti tutti dalla stessa parte a difendere l’autonomia regionale e con essa la permanenza degli Uffici Giudiziari nel Capoluogo. Ma come: non dovevamo fare sacrifici? È finita l’austerità? ☺ [email protected] per natale regalati e regala l’abbonamento a la fonte una compagnia scomoda e piacevole, di parte ma non faziosa e … l’anno sarà più grintoso 28 la la fonte dicembre 2015 lafonte fonte febbraio gennaio gennaio marzo 2005 2005 2005