Il Ruolo delle Educazione e delle Condizioni Socio
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Il Ruolo delle Educazione e delle Condizioni Socio
Infezioni Sessualmente Trasmissibili: Il Ruolo delle Educazione e delle Condizioni Socio-Economiche Elenka Brenna♣, Cinzia Di Novi* Adottare politiche sanitarie adeguate e sviluppare politiche mirate alla promozione della salute globale ma con un’attenzione particolare verso le fasce deboli della popolazione è uno degli obiettivi della “Dichiarazione sulle Determinanti Sociali della Salute” promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità durante la conferenza di Rio de Janeiro del 19-21 ottobre 2011. I temi della Conferenza erano strettamente legati all’ordine del giorno di due grandi riunioni mondiali già svolte: la Prima Conferenza Ministeriale Mondiale sugli stili di vita sani e controllo delle malattie non trasmissibili (Mosca, Federazione Russa, 28-29 aprile 2011) e la conferenza ONU ad alto livello per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili (New York, USA, 19-20 settembre 2011). Considerata la notevole diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili (Ist) che raggruppano le malattie trasmesse durante l’atto e il contatto sessuale, la promozione della salute riproduttiva e sessuale, rappresenta sicuramente un passo importante nella direzione della promozione della salute e al tempo stesso un argomento di forte attualità che riguarda i governi delle varie Nazioni oggi impegnati in misure preventive per evitare che malattie come l’AIDS continuino a rappresentare piaghe del nostro Secolo. La diffusione dell’AIDS è particolarmente rilevante nei Paesi dell’Africa sub-sahariana dove vive il 67-68% di tutta la popolazione mondiale contagiata (pari a circa 42 milioni di individui). Dai dati provenienti dall’ UNICEF, in Africa più di 11 milioni di bambini hanno perso almeno un genitore a causa dell’HIV e purtroppo si stima che questo numero sia destinato a salire fino a 20 milioni entro la fine del 2013. Per quanto riguarda l’Europa, l'Unione Europea promuove attivamente la salute sessuale ed incoraggia lo sviluppo di stili di vita sicuri nei comportamenti sessuali allo scopo di prevenire la trasmissione delle infezioni, tra cui l'HIV. Questo obiettivo figura nel Programma Europeo per la Salute 2008-2013, con particolare riferimento ai giovani. In tale ambito l'UE intende sviluppare approcci per migliorare la salute sessuale di tutti i cittadini e promuovere lo scambio di buone pratiche ed informazioni per affrontare importanti aspetti come le gravidanze in età adolescenziale o la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Le strategie devono tener conto delle ♣ Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Economia dell’Impresa e del Lavoro, Milano; e-mail: elenka.brenna@unicatt. * Università Ca’Foscari, Dipartimento di Economia, Venezia; e-mail: [email protected]. 1 categorie particolari cui sono rivolte, incoraggiare la parità tra i sessi e rispettare pienamente le diversità culturali. Mentre nell'Europa Occidentale si sta assistendo ad una contrazione o, quanto meno, ad una stabilizzazione delle infezioni sessualmente trasmissibili, in Europa Orientale si registra un netto incremento: l'Europa dell'Est e l'Asia centrale contano insieme circa 1,6 milioni di infetti dal virus dell’HIV. La maggior parte dei casi diagnosticati nel 2006 in quest'area si concentra in due soli paesi: Russia (66%) ed Ucraina (21%) dove i nuovi casi si registrano soprattutto tra giovani maschi di età inferiore a 30 anni1. La Romania registra il triste primato di Paese con il maggior numero di persone affette di HIV dell’Europa Centrale. La Romania è inoltre il Paese Europeo più colpito dall’AIDS pediatrico: si stima che alla fine degli anni Ottanta si siano infettati con l'HIV circa 15.000 bambini attraverso trasfusioni di sangue non testato e l’utilizzo di materiale non sterile. Secondo le stime della Banca Mondiale, se non si prenderanno misure efficaci, entro il 2013, l'1% della popolazione Romena potrebbe essere infetta da HIV. Nel 2000, l’AIDS è stato dichiarato priorità nazionale ed è stato varato in questo senso il Programma nazionale di accesso accelerato al trattamento e alle cure mediche per chi ne è affetto. Inoltre, sono stati stanziati fondi per la ricerca, l’informazione e la prevenzione in questo campo. I giovani, in generale, sono i più vulnerabili per la trasmissione di malattie sessuali, delle gravidanze indesiderate, dei problemi culturali, sociali ed emotivi legati alla loro salute riproduttiva. L’indagine “Adolescenti e Salute Riproduttiva” (su conoscenze, attitudini e comportamenti sulla salute riproduttiva degli studenti frequentanti i primi due anni nelle scuole medie superiori di 11 regioni italiane) effettuata in Italia nel 1997 a cura dell’Istituto Superiore di Sanità, ha messo in evidenza che la maggior parte degli adolescenti giunge alla scoperta della sessualità con un’assistenza ed un’informazione inadeguata e molto spesso fornita da fonti non competenti o non qualificate. Oltre il 95% degli intervistati vorrebbe che fosse la scuola a garantire l’educazione sessuale, il 23% dalle elementari e il 58% dalle medie inferiori. Oltre il 90% degli intervistati ritiene che l’educazione sessuale stimolerebbe maggiore consapevolezza. Tuttavia, solo il 36% ha avuto l’opportunità di partecipare a programmi di educazione sessuale nella scuola. Il 98% e il 58% ritiene l’AIDS e l’epatite, rispettivamente, malattie a trasmissione sessuale. Poco meno dell’80% considera il preservativo in grado di proteggere dalle malattie a trasmissione sessuale. L’educazione sessuale dovrebbe garantire una formazione globale della persona, attraverso modalità di azione che coinvolgano famiglia, scuola, parrocchie, centri socio-sanitari. Da tale studio 1 www.helpaids.it 2 emerge che dovrebbe essere la scuola a farsi promotrice di interventi di educazione in merito alla sessualità e interventi che sono ritentuti dai giovani come un utile modo per renderli più consapevoli e per rassicurarli, colmandone i dubbi e le incertezze. Nel nostro Paese, oltre alla popolazione giovanile, è vulnerabile anche la popolazione immigrata per la quale, nel campo della salute e della riproduzione, emergono problemi sicuramente maggiori rispetto a quella italiana. Giocano infatti un ruolo fondamentale i problemi di integrazione, le condizioni economiche disagiate, il senso di abbandono e solitudine, i problemi linguistici, ma soprattutto le tradizioni, le abitudini e i modelli culturali a cui sono spesso legati tabù che nel nostro Paese non trovano riscontro: tutti fattori che possono provocare un senso di smarrimento e paura, per esempio nel momento di una gravidanza e ancor più se si tratta di una gravidanza indesiderata. L’andamento dell’abortività, che in Italia mostra tassi più bassi rispetto alla media europea, ha registrato un sensibile aumento per via dell’elevata richiesta da parte delle donne straniere che influenzano il tasso nazionale nel suo complesso. Le motivazioni che possono spingere tali donne a ricorrere così spesso all’interruzione volontaria della gravidanza si possono ricercare in una serie di comportamenti riproduttivi legati a tradizioni e culture differenti: per esempio le donne straniere che ricorrono all’aborto provengono da paesi dove questa pratica è purtroppo già molto diffusa e spesso legata a condizioni di povertà, al basso grado di scolarizzazione, alle disuguaglianze di genere, ad uno scarso o nullo utilizzo dei servizi di pianificazione famigliare. Inoltre, per quanto riguarda i metodi contraccettivi, le donne immigrate se pur non completamente disinformate, spesso mostrano una conoscenza incompleta sull’applicazione e l’utilizzo dei metodi contraccettivi disponibili. A ciò si aggiunge la precarietà dei rapporti affettivi, la debolezza e la sottomissione femminile, comportamenti riproduttivi differenti e l’accesso frammentario alla cure mediche, tutti elementi che rendono difficile l’acquisizione di modelli contraccettivi adeguati da parte delle donne immigrate. Alcuni studi sottolineano l’importanza della comunicazione con la famiglia riguardo a tematiche sessuali per far si che i giovani decidano di posticipare l’inizio della propria attività sessuale o perché usi metodi contraccettivi ad ogni contatto (Edem e Harvey, 1995; Pick de Weiss et al., 1991). Anche il supporto e l’accettazione famigliare risulta essere una componente fondamentale per il successo di programmi di salute riproduttiva (Kurz et al., 1995). Risulta però fondamentale, e molto spesso gioca un’influenza maggiore sul comportamento riproduttivo, il fattore legato alle opinioni dei coetanei che diventano il gruppo di riferimento nei casi in cui la comunicazione con la famiglia riguardo a queste tematiche risulta difficile od impossibile (Barker e Rich, 1992). 3 Come mostra uno studio di Pick de Weiss et al. (1991) effettuato su un campione di ragazze di età compresa tra i 12 ed i 19 anni a Mexico City, tra le giovani sessualmente attive, la percezione del comportamento dei genitori riguardo alle tematiche sessuali sembra non influenzare significativamente le decisioni relative alla contraccezione. Al contrario, la comunicazione con le coetanee ed il loro comportamento legato all’uso di contraccettivi, si è dimostrato statisticamente significativo nell’esercitare un’influenza sull’uso dei contraccettivi delle giovani intervistate. Inoltre, un alto livello di comunicazione con gli amici riguardo a gravidanza, sessualità e contraccezione risulta essere associato all’essere meno propense a rimanere incinte. Alcune ricerche hanno dimostrato che molto spesso le variabili che influenzano la scelta di un determinato comportamento riproduttivo, per esempio l’utilizzo del preservativo al primo contatto sessuale, sono legate ad un fattore di dominanza di uno dei due partner, solitamente il partner di sesso maschile. Questo tipo di variabile viene molto spesso utilizzata in studi effettuati in Paesi africani o asiatici, dove la sottomissione della donna rispetto all’uomo nelle pratiche sessuali è più forte e radicata. Bibliografia 1. Baker, G.K. and S. Rich. 1992. “Influence on Adolescent Sexuality in Nigeria and Kenya. Findings from recent focus-group discussions”. Studies in Family Planning, 233: 199 - 210. 2. Edem, C.U., and Harvey, S.M. (1995). Use of health belief model to predict condom use among university students in Nigeria. International Journal of Community Health Education, 15(1), 314. 3. Kurz, K. M., Peplinsky, N.L., & Johnson-Welch, C. (1995). Investing in the Future: Six Principles for Promoting Nutritional Status of Adolescent Girls in the Developing Countries.Washington, DC: International Centre for Research on Women. As cited in Kirby, 1994. 4. Pick de Weiss, S., Atkin, L. C., Gribble, J. N. & Andrade-Palos, P. (1991). Sex, contraception, and pregnancy among adolescents in Mexico City. Studies in Family Planning, 22(2), 74–82. 4