La scoperta di El Borma - Associazione Pionieri e Veterani Eni

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La scoperta di El Borma - Associazione Pionieri e Veterani Eni
UNA ENTUSIASMANTE ESPERIENZA PETROLIFERA: LA SCOPERTA DI
EL BORMA, NEL SAHARA TUNISINO
Pier Federico Barnaba (*)
(*) Geologo di origine friulana, residente a San Donato Milanese; laureato a Padova, assunto dall’ENI nel 1955 per le
attività di esplorazione petrolifera, dapprima in Italia centro-meridionale e poi in Marocco, Tunisia e Madagascar, con
esperienze acquisite anche nel settore del sottosuolo e dello studio dei giacimenti e della gestione societaria. Dal 1972 in
poi si occupa, sia in Italia che all’Estero, degli insorgenti problemi riguardanti la sismicità, la subsidenza e la difesa
dell’ambiente e successivamente, dopo una parentesi nel settore della gestione del Personale, delle attività operative di
alcuni Paesi esteri, tra i quali Angola, Oman, Algeria, Tanzania, Yemen. Nel 1985, in accordo con l’ENI e in seguito a
concorso, assume il ruolo di Docente nell’Università Studi di Milano con l’incarico del Corso di Geologia degli Idrocarburi,
accompagnando alla laurea numerosi studenti che oggi, da laureati, sono divenuti parte attiva e integrante dell’ENI.
Ho ancora presente l’immensa soddisfazione
provata nel marzo 1964 nell’apprendere la
notizia della scoperta del giacimento di El
Borma, soddisfazione resa ancora più viva dal
fatto che avevamo vissuto di persona gli
antefatti e che, fiduciosi nell’esito del progetto,
avevamo sostenuto il nostro convincimento che
la ricerca petrolifera in quell’area non si
sarebbe potuta concludere senza l’esecuzione di
almeno un pozzo esplorativo.
L’avventura di El Borma era stata avviata alla
fine degli anni 50 da Mattei, la cui ferma
volontà di consolidare l’amicizia con la Tunisia
aveva portato alla firma della Convenzione tra
Agip e Governo Tunisino per una ricerca
petrolifera da effettuare in due aree del Sud del
Paese: nella zona costiera tra Gabès e il confine
con la Libia, e nell’area sahariana di El Borma,
al confine con l’Algeria. Quest’ultima area era
già stata in passato oggetto di ricerca da parte
della maggiore Compagnia petrolifera francese,
che l’aveva abbandonata ritenendola priva di
interesse.
Oggi possiamo affermare che per la scoperta di
El Borma furono determinanti: dapprima
l’opera di Mattei, che promosse l’acquisizione
dell’area per sottoporla alla valutazione dei
tecnici dell’Agip, successivamente la decisione
dell’Agip stessa di procedere nella ricerca fino a
completarla con la perforazione, nonostante le
difficoltà operative e di sicurezza incontrate nel
corso della prima fase dell’esplorazione.
Il cammino per giungere al successo non fu
comunque per nulla agevole. La zona di El
Borma presenta infatti condizioni di accesso e
transitabilità estremamente difficoltosi, essendo
quasi interamente ricoperta dalle dune di
sabbia del Grand Erg Oriental, che talora
superano i cento di metri di altezza. Ricordo il
primo approccio con quella zona, quando ci
arrivammo in missione via terra, solennemente
guidati dal Governatore del Sud Tunisino e
scortati da un cospicuo gruppo di militari; la
scorta armata ci era stata imposta per motivi di
sicurezza, considerata la vicinanza con il
confine algerino che non era molto tranquillo,
né ben definito, anche a causa della mobilità
delle dune sabbiose.
A proposito delle dune, la nostra marcia in jeep,
provenendo da Remada, si era arrestata
improvvisamente ai piedi di una monumentale
montagna di sabbia, costituita dal fronte del
Gran
Erg
sahariano,
inesorabilmente
avanzante verso Est. Chissà quanti resti delle
civiltà passate, dalla neolitica in poi, sono
sepolti sotto questa coltre di sabbia! Una
passeggiata sulle prime dune ci confermò le
difficoltà di viabilità della zona, ma per fortuna
diede anche un certo conforto a noi geologi, in
quanto ci consentì di rilevare la presenza di
qualche
affioramento
di
roccia
negli
avvallamenti tra una duna e l’altra che forse,
così allora pensammo, ci avrebbero aiutato a
ricostruire la struttura geologica parzialmente
nascosta
sotto
la
coltre
di
sabbia.
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.
El Borma - Geologi dell’Agip, con scorta militare tunisina, in marcia
sulle sabbie dell’Erg.
Incontro tra geologi nella zona di Matmata ( da sinistra: Marcias,
Baldazzi, Pelagatti, Avenali, Zamparo e Ferrari).
Questo primo contatto con El Borma fu
determinante
per
l’organizzazione
della
successiva campagna geologica, che potè essere
avviata soltanto dopo qualche mese di attesa, e
quindi in ritardo rispetto al previsto, a causa
della prolungata inaccessibilità della zona per
ragioni di sicurezza (scaramucce tra confinanti,
a seguito di ripetute incursioni armate
algerine). Nel gennaio 1962 si partì con tre
geologi, due topografi e due elicotteri con
relativi piloti e meccanici. Disponevamo inoltre
di un campo logistico fisso all’esterno dell’Erg,
dotato del personale d’ordine, e di un campetto
volante da installare, a seconda delle esigenze,
all’interno della zona operativa. Si dovette tener
conto della necessità di alloggiare anche i
militari, che costituivano la nostra immancabile
scorta, con i loro inseparabili cammelli (o meglio
dromedari), che non ci abbandonavano neppure
tra le dune dell’Erg Oriental.
A questo riguardo non si può certo dimenticare
con quale rispetto ed educazione reciproci
abbiamo sempre potuto convivere e collaborare
in piena serenità con i tunisini, sia civili che
militari, che ci hanno accompagnato nelle
peregrinazioni attraverso il loro Paese. Si
meritano ancora un plauso e un sentito
ringraziamento da tutti noi che abbiamo vissuto
per anni in Tunisia, anche in luoghi non sempre
del tutto accoglienti.
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L’accampamento di una Squadra geologica Agip a Tatahouine, Sud Tunisia.
Tornando al pratico, uno dei compiti aggiuntivi
imposti dal deserto era anche quello di
difenderci dalle escursioni della temperatura,
che talora si avvicinava ai trenta gradi di giorno
per scendere sotto lo zero la notte. Così
organizzati, fummo impegnati, grazie anche agli
elicotteri che agevolarono enormemente il
lavoro, in una raccolta certosina di dati
geologici, stratigrafici e altimetrici sui numerosi
affioramenti rocciosi individuabili tra le dune,
costituiti da calcari e marne della formazione
Abiod del Cretacico superiore, risalenti a circa
80 milioni di anni fa. Collegando tra loro i dati
geologici e altimetrici raccolti nei vari punti di
osservazione, riuscimmo a ricostruire l’assetto
strutturale della zona, riferendolo ad un livelloguida prescelto. La ricostruzione così ottenuta
mise in evidenza una interessante piega
anticlinale, di notevole ampiezza e regolarità,
che destò immediatamente il nostro entusiasmo
perchè corrispondeva alla più classica delle
“trappole di accumulo” per idrocarburi. Ma poi,
riflettendo sulla realtà della situazione,
l’entusiasmo calò un pochino perchè, pensandoci
bene, ci trovavamo di fronte ad un motivo
strutturale di superficie, mentre i giacimenti di
petrolio, quando sono presenti, si trovano in
profondità. In ogni caso sarebbe stato quindi
indispensabile attendere una risposta dal
sottosuolo, per conoscere se vi fosse una
continuità verso il basso del motivo strutturale
individuato in superficie.
La prospettiva era e rimaneva comunque
decisamente incoraggiante, data la presenza
dell’anticlinale di superficie, e così fu deciso di
proseguire la ricerca con l’esecuzione di una
campagna sismica a riflessione, per la quale fu
necessario aprire, utilizzando potenti bulldozer,
alcune piste attraverso le sabbie e le dune
dell’Erg Oriental.
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El Borma. Gruppo sismico Agip operante tra le dune dell’Erg Oriental.
Ne valse comunque la pena perché il
rilevamento sismico confermò la presenza
dell’anticlinale anche in profondità, seppure con
un certo spostamento rispetto alla struttura di
superficie. Ed allora non rimaneva altro che
decidere di passare alla fase di perforazione; ma
la decisione non fu molto rapida, rallentata
dalle perplessità suggerite dalle difficoltà che la
zona di operazione presentava realmente, cui si
aggiungeva in particolare l’impegno di aprire
nuove e adeguate vie di accesso per l’impianto
di perforazione e per i relativi materiali e
attrezzature. Dopo un periodo di riflessione,
prevalse in Agip l’orientamento di fiducia nel
progetto, sostenuto da numerosi tecnici (geologi,
geofisici, ingegneri), convinti della validità degli
elementi acquisiti con l’esplorazione fino ad
allora effettuata e delle conoscenze tecniche
relative ad analoghe situazioni presenti nel
vicino Sahara algerino. Fu così deciso di
procedere alla perforazione del primo pozzo
(EB1), tenendo conto dei risultati sia geologici
che geofisici. Il pozzo fu ubicato infatti in
corrispondenza
dell’incrocio
dell’asse
dell’anticlinale di superficie, individuato dai
geologi, con l’asse della struttura profonda
risultante dall’interpretazione del rilievo
sismico.
Questo primo pozzo fu, come si sperava, anche
il pozzo di scoperta; EB1 trovò l’olio nelle
arenarie del Trias inferiore (vecchie di 240
milioni di anni!) tra i 2400 e i 2500 metri di
profondità. Al successo del pozzo EB1, avvenuto
dopo meno di quattro anni dalla firma della
Convenzione, fece seguito l’esito positivo di una
lunga serie di altri pozzi, una cinquantina, di
coltivazione e di delimitazione. Le riserve di olio
del giacimento risultarono superiori ai cento
milioni di tonnellate, per cui El Borma divenne
membro della classe dei “giganti” mondiali. Per
l’olio prodotto fu scelta, fin dal 1965 (soltanto
cinque anni dopo il nostro arrivo in Tunisia) la
destinazione del Terminale di La Skirra, nel
Golfo di Gabès. La vita produttiva del
giacimento è proseguita regolarmente per oltre
quaranta anni; nella fase avanzata della
produzione, per migliorarne l’efficienza, sono
stati effettuati molteplici interventi di recupero
secondario, con iniezioni di acqua da alcuni
pozzi marginali del giacimento. E’ da ricordare
che a beneficiare della scoperta di El Borma non
fu solamente la Tunisia, che entrando di diritto
nella
Sitep
(Société
Italo-Tunisienne
d’Exploitation Pétrolière), divenne proprietaria
di una buona parte dell’olio prodotto, ma anche
l’Algeria, che ebbe modo di mettere in
produzione alcuni pozzi eseguiti sull’appendice
del giacimento di El Borma sconfinante in suolo
algerino. Anche questo olio seguì la via del
Terminale di La Skirra.
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El Borma - Il primo pozzo esplorativo, denominato EB1.
El Borma - Prove di produzione nel pozzo di scoperta EB1.
base avanzata (Vicini, Bagna), per l’assistenza
alle varie Unità geologiche, geofisiche e, in un
secondo tempo, della perforazione, che
operavano con campi e cantieri mobili nelle aree
delle ricerche petrolifere. Tra i componenti delle
Squadre geologiche ricordo e mi scuso se
dimentico qualcuno: Baldazzi, Ferrari, Marcias,
Pini, Balduzzi, Augelli, Avenali, Barazzoni,
Rossi, Zamparo, con una schiera di locali, tra i
quali Mohsen, Calaci, Zoubair, Mercuri,
Galloul, Bechir, Telmudi, M’Rabet. Tra i
Ed ora un accenno all’organizzazione della Sitep
e ai colleghi dell’Agip che fecero parte della
felice avventura tunisina nel periodo tra il 1960
e il 1964. La sede principale della Società era a
Tunisi ed ospitava la Direzione (Borella), gli
uffici dell’Esplorazione (Barnaba, Romagna,
Pelagatti), dell’Amministrazione e Personale
(Guglielmi, Paris, Bon, Perrone) e dei Servizi
generali (Bocchi, Di Natale, Santanera). A
Gabès, nel sud del Paese, era stata allestita una
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L’elicottero era molto danneggiato anche nei
rotori, oltre che nei pattini e la radio non era
utilizzabile; il Com.te Casini rimase di guardia
al mezzo ed io mi incamminai, con carta e
bussola, alla ricerca di soccorso; dopo un paio di
ore giunsi su una pista e poco dopo ebbi la
fortuna di incontrare un automezzo militare con
due tunisini che mi aiutarono a risolvere la
critica situazione, mettendomi in contatto con la
nostra base di Gabès e con il campo geologico
dal quale eravamo partiti alle sei di quel
mattino; fu così possibile, prima di sera,
recuperare il pilota e lo sfortunato elicottero.
Ambedue rientrarono in seguito in Italia,
mentre noi continuammo il lavoro per via di
terra.
Geofisici ricordo per la Sismica: Magaldi,
Pedroni, Anselmo, Colombara e per la
Gravimetrica: Salvaderi, Zavaroni, Casamanti,
Pollara, Belvederesi. Tra i “perforatori”: Crippa,
Orlandi, Monfredini, Braghi, De Martin,
Pasquetto, Savina, Dametti, Barbisotti. Non si
possono poi dimenticare i Comandanti e gli
Specialisti dell’aria, elicotteri ed aerei: Casini,
Nelli, Moroni, Brini, Mandara.
A proposito di elicotteri, un ricordo del tutto
particolare mi lega al com.te Casini, con il quale
sul biposto I-Agir ebbi modo di sperimentare il 4
ottobre 1962 un brutale e ripetuto impatto con
il suolo, per fortuna con conseguenze soltanto
lievi per noi, non altrettanto per l’elicottero.
Stavamo volando con un vento teso sui rilievi
collinari della zona desertica di Djebel er
Roumana, a est di El Borma, quando chiesi al
Casini di atterrare su di un cocuzzolo per
prelevare un campione di roccia, come di solito
fa il geologo nel corso di un rilevamento. Non
appena iniziata la manovra di discesa,
l’elicottero dimostrò di non voler obbedire agli
ordini del pilota e, forse per un vuoto d’aria o
per un colpo di vento o che altro, precipitò al
suolo come una pera, rimbalzando poi più volte,
tre, quattro, cinque volte, sbattendoci di qua e
di là e rischiando di capovolgersi lateralmente,
prima di arrestarsi; un lungo sospiro da parte
nostra e la considerazione che ci era andata
proprio bene, visto che non vi era stata alcuna
minaccia di incendio e che personalmente
avevamo subito soltanto una serie di “insaccate”
(qualche riflesso sui miei attuali dolori
lombari?).
Il rimpatrio dell’elicottero.
Concludendo, una riflessione patetica e
augurale: la maggior parte dei tecnici che hanno
contribuito al successo di El Borma è oggi a
riposo; per loro rimane la grande soddisfazione
di aver vissuto un’esperienza indimenticabile.
Auguriamoci che analoga esperienza, con
altrettanta soddisfazione personale, possa
essere vissuta da molti altri tecnici impegnati
nella ricerca di energia, un bene indispensabile
per il buon vivere di noi tutti.
Djebel er Roumana – L’elicottero incidentato.
[email protected]
Settembre 2008
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