Giornale studentesco del liceo A. Scacchi
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Giornale studentesco del liceo A. Scacchi
Giornale studentesco del liceo A. Scacchi Gennaio 2012 Anno 11 Numero 1 Editoriale Eccoci qua,tornarti dopo due settimane di vacanze natalizie,pronti a ricominciare con il solito tira e molla tra compiti, compagni di classe, voti e interrogazioni. O almeno questo è solo l’aspetto esteriore di quello che la vita scolastica in realtà offre. Perché il ruolo di noi studenti non finisce al suono della campanella, sia questa della quarta, quinta o sesta ora, ma va oltre il solo studiare finalizzato al compito in classe. Lo Scacchi è composto da noi alunni, mille ragazzi con mille idee pronte ad essere discusse, migliorate e messe in pratica nel Collettivo Studentesco (Agorà), che si riu- nisce periodicamente di pomeriggio nell’auletta autogestita (sarà davvero nostra?), o riportate sulle pagine del giornale studentesco, che purtroppo e con rammarico vedo sempre più ogni anno sfuggirci dalle mani. Sono entrata nella Redazione di Skakkinostri quando facevo il secondo anno,alle riunioni del giornalino vedevo tanti ragazzi come me interessati alla vita scolastica, pronti ad esprimere le proprie idee a riguardo, senza indugio e senza timore dei ‘’quintini’’ che erano a capo del giornale, convinti che scrivere delle proprie passioni e di ciò che succedeva quotidianamente intorno a loro avesse una valenza anche all’interno della scuola. Col passare degli anni la partecipazione è scemata, sempre meno gente partecipava alle riunioni e ancora meno persone inviavano articoli a noi della redazione e le pagine bian- Sommario 4 26 7 24 25 11 28 20 2 Skakki Matti 30 che da riempire diventavano ogni mese sempre più opprimenti. L’uscita del giornale si riduceva di anno in anno, fino ad arrivare a tre di queste, senza averne una scadenza fissa. Spero che la voglia di far sentire la propria voce non sia scomparsa, che i ragazzi pronti a raccontare di se e del mondo non si siano estinti -perdonatemi il termine- e che dal prossimo numero in poi possa vedere molti nomi nuovi sotto la voce “Hanno collaborato a questo numero’’ o alle riunioni, che cercheremo di organizzare con più frequenza. Scrittori, poeti, disegnatori di tutto lo Sacchi, unitevi! Uniamoci! E riportiamo questo giornalino ai vecchi albori, con lo stesso spirito che animò la sua nascita, ovvero quello di dar spazio a noi studenti anche al di fuori delle ora scolastiche, riunendoci e divertendoci, creando un gruppo forte e compatto all’interno dell’Istituto. Scusate se insisto su questo punto, correrò il rischio di essere ripetitiva e di annoiarvi a morte,ma la questione mi preme. La redazione è composta per la maggior parte da ragazzi di quinto, fatta qualche eccezione per quattro o cinque ragazzi di quarto e terzo anno, e una volta finiti questi nove mesi il gruppo redazione si dimezzerà, arrivando a contare qualche persona. Abbiamo bisogno di voi, e per questo abbiamo pensato ad apporta- re novità al giornalino, per renderlo più interessante agli occhi di tutti. Sfogliando queste pagine noterete molti disegni correlati agli articoli -e non più le solite immagini noiose pescate da qualche sito su internetun oroscopo poco “serio” ma non per questo divertente, una nuova rubrica sugli eventi cittadini, uno spazio dedicato alla moda, femminile e maschile, uno allo sport e l’ormai divenuto famoso Skakkimatti, fumetto incentrato per lo più sulla vicende skakkiste, dalle manifestazioni alla Giornata dall’Arte. Purtroppo questo primo numero lo vedrete sui banchi all’inizio di Dicembre, ma c’impegniamo a renderlo il più interessante possibile. Con la speranza che dalla prossima uscita -o anche meglio, dalla prossima riunione- possa saltar fuori qualche nuovo collaboratore che entrerà presto a far parte della Redazione. P.S. Ora le direttrici sono due,quindi attenti, saremo più presenti che mai quest’anno! Paola Dabbicco VC Editoriale Imperdonabili. IMPERDONABILI! È vero, siamo in ritardo e ce ne scusiamo, ma sapete, ci è passato davanti un gatto nero e abbiamo perso l’autobus, in più se non avessimo perso la coincidenza del treno non avremmo trovato traffico perché poi… basta scuse, stavolta è davvero troppo! Ci prendiamo la responsabilità: abbiamo perso tempo in progetti utopici, siamo annegati nell’illusione di far rivivere un giornale fresco, letto e partecipato, abbiamo addittura scomodato Ludovico Fontana –uno dei fondatori di Skakkinostri - per avere qualche consiglio, e in tutto questo marasma, non siamo riusciti ad uscire prima. Inoltre, scrivere, correggere, disegnare, impaginare e revisionare, è stancante.. se lo si fa in pochi. Purtroppo anche noi abbiamo una vita e nonostante mettiamo anima e corpo in questo progetto, abbiamo compiti in classe, interrogazioni, il cane da portare a spasso, un paio d’ore di sonno da fare, un’altra oretta per nutrirci e un po’ di vita sociale, proprio come voi! A ogni riunione di redazione ci carichiamo a vicenda di idee, progetti e novità, ma tutto questo finisce con un lento e agognante diradarsi nel giro di poche settimane. E se fossimo in tanti? Personalmente parlando, mi rammarico sentendo dire da alcuni di voi, con tono un po’ seccato: “eh, ma il giornale quando esce? Non vorrete mica arrivare giugno!”. Vi dirò, un po’ saltano i nervi anche a me. Come ci si può lamentare di qualcosa per la quale non si è fatto nulla per migliorarla? Sarebbe come lamentarsi del candidato eletto, senza neanche essersi scomodati per andare a votare! Il giornale è un nostro spazio, creato circa 11 anni fa da ragazzi come tutti noi, con tanta voglia di mettersi in gio- co e conoscersi; come ci ha detto Ludovico “Skakkinostri è stato creato per conoscere gente e farsi conoscere all’interno della scuola, il resto è venuto dopo”. Perché non usarlo? Da quei pochi sondaggi che ci sono stati riconsegnati, abbiamo capito che ciò che vorreste dal vostro giornale d’istituto è la frequenza, ma come possiamo accontentarvi se non ci venite incontro? Come disse un “saggio” “Ormai Skakkinostri è come le puzzette e il jazz: piace solo a chi lo fa.” Quale più effimera verità? Talvolta mi sembra di scrivere per me stessa o per quei pochi che ancora vengono a complimentarsi con noi o per quei pochi che ancora si azzardano a venire alle riunioni. Non so voi, ma per me è frustrante. Con ciò, ribadisco l’invito a partecipare, Skakkinostri non è un covo di studenti occhialuti e asociali che passano la loro vita con una penna in mano! Per favore, sfatiamo questo mito! Siamo un gruppo di ragazzi pieni di vo- glia di fare e di vivere la nostra scuola a 360°, facendoci voce dei suoi studenti –che a quanto sembra leggendo sotto alla dicitura Hanno collaborato a questo numero, sono sì e no una decina. Se qualche nostro comportamento è stato scorretto, venitecelo a dire! Non covate odio silenziosamente, magari spargendo la voce che siamo un ingordo kraken che divora gli articoli altrui senza pubblicarli o quant’altro. Sono convinta che giungeremmo a una “riappacificazione” e –magari- a un nuovo rapporto di collaborazione. In conclusione, ribadisco per l’ennesima volta che le porte del nostro giornale sono aperte e che se per tante volte la montagna è andata –e continuerà ad andare- da Maometto, è giunto il momento che adesso sia il profeta a fare un passo verso di lei. Angela Casavola V B 3 Generazione black block Dicono “Milano vicino l’Europa” ma chiedetelo alle centinaia di ragazzi che vivono nell’interland, o meglio, nel vuoto. Infatti è questa la triste immagine che dà quel vespaio di paesini, già dalle prime operazioni di atterraggio a Malpensa. Poi sali nella macchina del parente di turno che ti ospiterà per il tuo week end immersa nella cultura, ma ti accorgi che piuttosto sei immersa nella nebbia, come tutto d’altronde. Qualche trasgressivo campanile fa capolino dalla foschia, e se proprio ti concentri, qualcosa la vedi: piccoli paesini di pittoresche case rosse circondati da risaie e masserie. Mio cugino, 14 anni, ci aspetta sveglio ed inizia a parlarmi. Mi parla di come si debba svegliare alle sei per andare a scuola, mi parla di “quel rapper, guarda, ho tutte le magliette del suo negozio, l’ho anche incontrato” butto un occhio su un cappello e chiedo per costa sta GC, scoppia a ridere e risponde “Ganja Channel… Lui è un fattone” poi mi ricordo la sua cover di un famoso ballo di gruppo che elogiava la suddetta pratica “anche io ho provato, ma non mi sono mai sfondato come lui… mi fanno schifo quelli così” La mattina dopo è domenica e sono già cosciente dei problemi che avrò per raggiungere il centro: per arrivare alla metro più vicina c’è un unico pullman alle 8.30 di ritorno alle 4 19.30. Ma, sorpresa, gli orari sono gli stessi anche il lunedì. Mi sembra di essere in vacanza in quella provincia che descrive Daniele Silvestri in una sua canzone, “a venti chilometri di curve dalla vita”. La stessa sensazione è data dalla metropolitana: da una parte il nulla, barboni che dormono e bancarelle di smercio di refurtiva, dall’altra, a dieci minuti di treno, il Duomo. Quando il nostro giovane tossico si compra una maschera nera che lo copre da sotto gli occhi in giù, e ridendo gli chiedo se vuol fare il black block, mi risponde serio “perché no…”. Perché è questa la conseguenza del vivere in una casa rossa. Sei bombardato da ogni genere di messaggi, sei intrappolato ed assorbi come una spugna tutto ciò che senti e vedi, dai genitori, dalla tv, dai rapper. Ma non hai confronto, sei solo e non sai come reagiscono gli altri, sei ridotto ad istinti primordiali nel tuo isolamento, ignori ogni genere di retorica o protesta pacifica. E questo non riguarda solo l’ambito politico, ma anche sociale. Me ne accorgo quando la sera dichiara che andrà ad una festa da sballo, lo confermo quando torna a casa puzzando di fumo e vodka. E parlando la mattina dopo ammette che è l’unica cosa che fanno il sabato. Forse perché è l’unica cosa che possono fare, l’unica cosa che sanno fare. Ragazzi ignari di ogni forma di divertimento lucido, distorti dalla realtà. Tutto questo, la loro visione di divertimento, i bombardamenti mediatici, formano un cocktail letale nelle loro teste, e quando hanno la possibilità di sfogarsi ripiegano sulla violenza. E pensare che proprio “a venti chilometri di curve” c’è la vita. Quella che ti riempie il cuore con poche, rivoluzionarie parole, quella che ti fa desiderare un mondo civile, nato ed ottenuto con civiltà. Ma questo è un privilegio di pochi che vivono in città. Anche in piccole città del dimenticato Sud. Negli anni passati abbiamo assistito ad un processo si centralizzazione di tutto: politica, cultura, libertà, vita, tutto nelle città. “Un cartello di sei metri dice è tutto intorno a te, ma ti guardi intorno ed invece non c’è niente” dice Jovanotti. Più o meno è così. Hai tutto intorno a te, se vuoi muoverti alle 8 di casa e ritornare alle 19. Allora, con mezz’ora di autobus per un po’ avrai tutto intorno a te. In città. Finché vivi nella tua casa rossa, sei un relitto sociale. Peccato che quando arrivi nella vita decidi di sfogare tutta la tua esistenza distruggendo un supermercato. Una nuova generazione, una serpe, cresce in seno alla società. Generazione black block. E l’unica colpa che ha è di essere la sciagurata figlia cadetta della globalizzazione. Asia Iurlo III I LA RIVOLUZIONE DEI GELSOMINI o anche da dove tutto è iniziato La primavera araba è stata la più grande rivoluzione democratica dal 1989: un movimento che ha coinvolto una quindicina di stati e ha portato all’ instaurazione di due governi democratici (fino ad ora). Adesso se ne parla sempre meno sui grandi organi di informazione (forse è passata di moda) e quando c’è un articoletto nelle ultime pagine o un servizio alla fine dei Tg si occupa quasi sempre della Libia, paese interessante perché ricchissimo di petrolio e di accordi con i paesi occidentali. Si dà talmente poca importanza allo Stato che per primo si è ribellato al grido di kifaya (basta!) e che il 26 ottobre è andata al voto per la prima volta da paese libero: la Tunisia. Le storie dei paesi arabi del Nord Africa si somigliano molto tra loro: dopo aver ottenuto l’ indipendenza dalle potenze europee il leader del movimento crede che il paese sia di sua proprietà tanto che diventa dittatore. Nel caso della Tunisia questi si chiamava Habib Bourguiba. Gli si può attribuire il merito di avere modernizzato il suo paese per certi aspetti: legalizzazione dell’ aborto, autorizzazione del divorzio e abolizione della poligamia, libertà di seguire o non seguire il Ramadan. Ma fu anche un leader molto autoritario. Mostrò a un certo punto un po’ di debolezza, forse dovuta all’ età. Nel 1987 un suo generale, Ben Ali, lo depose con un colpo di stato. Diede all’inizio l’idea di essere l’erede di Bourguiba,tanto che riformò in maniera eccellente il sistema scolastico. Si presentò come il difensore della patria dalla minaccia del fondamentalismo islamico: presto però questa divenne una scusa per iniziare una caccia alle streghe che avrebbe portato migliaia di oppositori politici di ogni ideologia alla tortura e alla morte. Tutto questo mentre i grandi leader europei lo elogiavano come “difensore della democrazia”. La sua dittatura aveva una particolarità: era un governo di famiglia più che di partito o personale. Tutto il paese sapeva della continua truffa che il clan Ben Ali effettuava ai suoi danni: in particolare, la moglie Leila Trablesi, ex parrucchiera, era odiata dai suoi concittadini, tanto da esser stata condannata dopo la rivoluzione a 35 anni di carcere per appropriazione indebita di fondi pubblici. Ma quale è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso che, per la verità, era già pienissimo? Uno dei maggiori problemi della Tunisia era la disoccupazione giovanile: molti ragazzi diplomati erano senza lavoro. Così alcuni di loro avevano avuto l’idea di diventare venditori ambulanti abusivi (perché la licenza era impossibile da ottenere senza particolari favoreggiamenti) di frutta e verdura. Erano però alla mercè dei vigili urbani, poverissimi anche loro, che si facevano corrompere per qualche soldo, con un atteggiamento simile a quello di un mafioso che chiede il pizzo. Così un giovane, Mohamed Bouazizi, un giorno, decise di non pagare più perché già non ce la faceva a sostenere la sua famiglia di 7 persone e si vide confiscare il carrettino. Denunciò quindi l’ accaduto alle autorità, senza risultati. Non più in grado di sostenere sé e la sua famiglia, senza prospettive di lavoro e di futuro,decise di uccidersi, e di farlo in maniera che non fosse inutile: voleva fare un atto pubblico. Andò quindi davanti al municipio della sua città, si cosparse di benzina e si dette fuoco. In quindici giorni di sofferenze mica. Tuttavia, il suo leader, Gannushi, è conosciuto per atroci morì. A quel punto la popolazione insorse e il 14 gennaio Ben Ali e la sua famiglia furono costretti a fuggire in Arabia Saudita. Adesso, a distanza di sette mesi sono cambiate molte cose. Come ho già detto prima, i tiranni di questo piccolo paese sono stati processati e condannati anche se non sconteranno mai la loro pena. Alla fuga del despota è stato nominato un governo provvisorio che il 23 ottobre ha lasciato spazio ad un assemblea costituente, il primo governo votato dal popolo in 60 anni di indipendenza. Questi erediterà una situazione quantomeno problematica mascherata dallo scorso governo: 50% di disoccupazione delle persone con un diploma di scuola superiore; 30 % di disoccupazione dei giovanissimi( tra 18 e 23 anni); prospettive di crescita economica bassissime. La situazione politica è frammentata e incerta: le liste presentate sono state 120, molte di queste piccolissime con l’ unica funzione di mascherare dietro ad un nome nuovo un personaggio che già aveva collaborato con Ben Ali. Il maggiore partito politico dovrebbe essere “Elnhada”, tra il 15 % e il 25 %, che si è presentato come forza moderata isla- essere uno dei sostenitori maggiori della lotta armata islamista e molti pensano che la sua “conversione” alla modernità sia solo un’ operazione di facciata. A fronteggiarlo c’è un’ alleanza formata da filo-occidentali: il “Polo democratico modernista”. La legge elettorale è un proporzionale, che ha escluso molti partiti lasciandone solo una quindicina in assemblea. Lo stato della “Rivoluzione dei Gelsomini” (così i tunisini chiamano la loro primavera araba) dovrà affrontare ancora molte prove in futuro, ma se dimostrerà di essere sicuro della sua scelta, le supererà con facilità e forse insegnerà anche a noi italiani un nuovo modo per conciliare il potere temporale con quello spirituale. Lopez Francescopaolo II N 5 Un futuro che non c’è Li abbiamo visti vigliaccamente coperti da caschi neri, sciarpe e cappucci scuri, li abbiamo visti distruggere qualsiasi cosa trovassero davanti, li abbiamo sentiti urlare parole incomprensibili, dettate dalla rabbia e dalla frustrazione per questa situazione. Ma dietro questi caschi, queste sciarpe e queste parole, chi troviamo? Troviamo la Rabbia, l’Aggressività di un’Italia (sotto le vesti dei cosidetti Black block, giovani rivoluzionari che lottano per i propri diritti contro lo Stato, usando però la Violenza al posto della Parola), che sta andando in rovina, giorno dopo giorno, distruggendo ciò che con fatica si era costruito. Se da una parte non accetto tutta questa violenza,d’altra parte non giustifico più questa Italia che peggiora,che non pensa più al bene comune ma al bene di un solo singolo, che rischia di precipitare e sa chiedere a Noi solo sacrifici. Ora con la consapevolezza di tutto ciò e con gran voglia di pensare positivo,mi chiedo “Cosa ci aspetta? Dobbiamo ancora assistere a queste scene di protesta,c osi violenta e cruda?” Non saprei cosa pensare. Se la situazione rimarrà così, credo che esse non avranno fine, anche perchè mi rendo conto che questi ragazzi troveranno sempre qualcosa per protestare, per ribellarsi della propria condizione. Sono sicuramente ragazzi che hanno difficoltà, che vivono in condizioni pessime, in istituti e in centri sociali, e che attribuiscono questo loro disagio agli altri, o a coloro che sono Sopra di Noi e che non fanno niente per migliorare questo degrado. Molti ci incitano a capirli e a conside- 6 rare come fattore importante la loro provenienza disagiata, ma come possiamo? O meglio, come facciamo a far finta di niente? Ci chiedono, addirittura, di capire i loro atti di violenza contro le forze dell’ordine, perché? Che colpa ne hanno le forze dell’ordine, se non quella di servire lo Stato? Sono tante le domande che ci poniamo e a cui vorremmo dare risposta; ma molte volte non ci sono risposte. Sento solo un grande amaro in bocca all’idea che il mio, il Nostro futuro sarà caratterizzato da tutto ciò. Con la violenza non si ottiene nulla, se non altra violenza, altra e altra ancora! Forse ci si aspetta che con dopo tanto baccano le cose si migliorino, all’improvviso. Ma non è così! Ogni volta va sempre peggio! Ho paura per ciò che sarà. Coloro che ci comandano dovrebbero farsi qualche esamino di coscienza e non guardare passivi ciò che accade come se loro non ne fossero i responsabili: invece sono gli unici che possono, ma non vogliono fare qualcosa. Spetta solo a Noi prendere decisioni sul nostro futuro, capire cosa è bene e cosa è il Male. Da esso, quindi, dovremmo allontanarci e non farlo diventare pane quotidiano che alimenta i nostri giorni.” Per avere un domani bisognerà essere padrone del presente.” Noi lo siamo davvero?! Riflettiamoci! Roberta Pagano III D Perche chiudere i rubinetti Come il fumatore dice che potrebbe smettere di fumare da un momento all’altro, così il consumatore afferma che potrebbe benissimo fare a meno di quelli che si considerano sprechi d’acqua. Anche se, come i fumatori, sono ben pochi quelli realmente capaci di farlo. E se per un po’ ci dovessimo trovare senz’acqua corrente, in una situazione simile a quella che il 40% della popolazione mondiale affronta tutto l’anno? I disagi non sarebbero pochi: non potremmo più stare tre ore sotto la doccia, o lavare la macchina tutti i sabato, e i coltivatori dovrebbero innaffiare con le riserve d’acqua piovana. Forse ci sentiremmo più solidali a quegli ottanta paesi nel mondo che ogni anno sono in siccità perenne. Speriamo che ci possa essere questa solidarietà anche senza avvenimenti drastici, e si spinga sino a ridurre, se non eliminare, gli sprechi. Perché, per quel 11% che consuma l’ 88% dell’acqua, ci sono 2,2 milioni di persone che muoiono per mancanza d’acqua. Per la pigrizia di qualche industriale che preferisce scaricare i suoi rifiuti nel fiume più vicino, questo dato potrebbe salire a 4 miliardi. E non contiamo i morti per le guerre: l’oro azzurro è diventato talmente prezioso da averne scatenate diverse negli ultimi anni, come quella tra Siria e Turchia, Israele e Libano, Burkina Faso e Ghana, India e Pakistan. Mentre noi lasciamo i nostri rubinetti aperti aspettando che l’acqua arrivi a temperatura, altri si ammazzano per non vedere i loro figli morire di sete. La risoluzione al problema non si deve cercare nell’aumento del prelievo, ma nella ridistribuzione delle risorse. Infatti aumentando il prelievo si supera la capacità rigenerativa delle fonti, sino a peggiorare ulteriormente la situazione. Invece ridistribuendo le risorse e adattando le politiche si può avere un risultato migliore: a partire dalle nostre case, per lavarsi o innaffiare basterebbe acqua pulita e non potabile, così come nelle industrie e nelle coltivazioni. Evitando lo sfruttamento economico degli acquedotti nelle zone più povere, essa potrà essere più accessibile a tutti. Eliminando gli inquinamenti ne potremo prelevare in maggiori quantità. E questo serve non solo per migliorare la condizione presente ma anche per pensare ad una futura, considerando che la popolazione cresce di circa 80 milioni di persone all’anno. Quindi non ci resta che aggiungere alla nostra coscienza civile, la speranza che i nostri rappresentanti pensino anche a questi dati. Asia Iurlo III I Roba da cani! Vanta un’amicizia da quindici milioni di anni, eppure abbiamo ancora qualche problema di comunicazione con lui. Chi è? Il cane, ovviamente! Infatti la sua comparsa come Canis familiaris si calcola appunto tra i 12 ed i 15 milioni di anni fa. È cambiato con l’uomo e l’uomo è cambiato con lui, infatti proprio questo straordinario animale garantì sicurezza ai primi gruppi stanziali. È entrato nella nostra cultura: in Occidente, a partire da Ulisse ed il suo Argo, come sinonimo di fedeltà, in Oriente come protagonista di miti dove i cani venivano impersonati in guardiani ed a volte in progenitori dell’uomo. Nei vari vocabolari, invece, ha una veste leggermente meno solenne: per esempio, il termine inglese bitch, ovvero, cagna, viene inteso come prostituta, oppure il giapponese inu legato ad altri termini significa “samurai codardo”. Il primo catalogo delle raz- ze canine invece appare nel 1800, in Inghilterra, e fino ad oggi questo repertorio è aumentato a dismisura fino ad arrivare a contare poco meno di 400 razze, selezionate in base a carattere ed aspetto. Adesso ognuno di noi può scegliere il proprio cane in base alle proprie esigenze di tempo, spazio, carattere e composizione familiare: per esempio, il nominatissimo Pastore Tedesco è l’ideale per la vita in famiglia, ama correre e si affeziona molto ai padroni, e per questo è indicato come cane da guardia. Così come il Boxer, ma su di lui non fidatevi di chi vi dice “Non ti preoccupare, tanto tra un annetto si calma!”, infatti, questa razza incarna l’eterno cucciolo, e nonostante questo non è l’ideale per bambini piccoli: la delicatezza non è il suo forte. Caratteristica invece propria del Golden Retriver: cane da ricerca, riporto, lavoro, compagnia ed antenato di un cane da circo, dolce e paziente con i bambini e gli altri cani, giocherellone, premuroso, tranquillo ed ubbidiente, è la perfezione fatta cane. A trovargli un difetto, è trooooooppo buono! Altro cane dolcissimo ed affettuoso è il Setter Inglese, ama l’aria aperta e scorrazzare nei parchi, forse è un po’ turbolento: il Setter è un cane da ferma, ma non lo sa. Uno tra i cani più diffusi nelle famiglie è il Labrador Retriver, buono, paziente ed anche ottimo cane da lavoro. Ha bisogno di molto esercizio e non è il cane più pulito del mondo: bava e pelo vanno messi in conto. Con le rosicchiature all’arredamento. Ma il suo bellissimo muso ed il suo carattere giocherellone sapranno farvi dimenticare tutto. E come il Labrador, anche l’Epagneul Breton è perfetto per la vita con i bambini: giocherellone ma delicato, è molto attivo e quindi indicato per la vita in campagna, ma anche in città, con lunghe passeggiate e corse al parco, vive tranquillamente. Da cucciolo potrà sembrarvi un po’ turbolento, ed ha bisogno di essere trattato con fermezza, ma non con severità: infatti reagisce male ai rimproveri troppo energici. Altri due cani piccoli ma attivi sono il Beagle ed il Jack Russel: entrambi, a differenza del Breton, sono poco adatti ai bambini piccoli, in casa tendono a combinare guai, non amano seguire i comandi ed, essendo nati per la caccia, hanno la tendenza a scappare. Ma l’aspetto pratico è solo un’infinitesima parte dei mo- tivi per cui prendere un cane. Infatti, adottare uno di questi splendidi animali è innanzitutto un gesto d’amore, e prima di comprarne uno bisognerebbe passare prima da un canile: come si dice spesso, per ogni cane acquistato, c’è ne uno che muore solo ed abbandonato. Ed anche la maggior parte dei ragazzi che chiedono insistentemente un quattrozampe ai propri genitori dicendo che saranno loro ad occuparsene e la sua presenza non darà alcun fastidi, dovrebbero sapere che non si tratta di una scelta individuale, ma comunitaria: il cane è legato al nucleo familiare e quindi devono essere tutti a prendersene cura indistintamente. Quindi guardatevi dal fare questa scelta in modo superficiale, perché, per quanto può sempre cambiare famiglia non riuscirebbe ad adattarsi completamente. Ma nonostante tutti i problemi che può creare, vivere con un cane dona a tutti una gioia ed una serenità unica, la sua presenza riesce, se accompagnata da tanto amore, a legare tutti e riscaldare il clima familiare. Ed anche le personalità più fredde ed ostili messe davanti alla sua presenza riusciranno a sciogliersi. Asia Iurlo III I 7 LA RUBRICA DEL COLIBRI’ Cari skacchisti, sono felice di far parte anche quest’anno della redazione ( vi assicuro gente molto figa!). A parte questo, che spero incuriosisca qualcuno a partecipare alle prossime riunioni, vi rinfresco la memoria sulla fiaba indiana da cui prende spunto questa rubrica: Scoppia un incendio nella foresta e tutti gli animali fuggono dalla parte opposta al fuoco. Tutti tranne un piccolo colibrì che porta nel becco una goccia d’acqua. –“Cosa credi di fare?” gli chiede il leone, “Vuoi fermare il fuoco da solo?” –“No” risponde il colibrì, “Ma faccio la mia parte!” E’ poprio così, la saggezza orientale ci fa riflettere su come ognuno di noi, in quanto studente, debba fare la propria parte.Non ci si può limitare alla fase dell’apprendimento delle diverse materie scolastiche. Teniamo bene a mente che la nostra scuola apre il portone anche fuori dell’orario scolastico. Assemblee plenarie, riunioni del Collettivo Studentesco, della Redazione….. sono aperte a tutti , non bruciamoci queste opportunità di iniziative che possono portare a un miglioramento delle nostre condizioni proprio grazie al vostro contributo. Recentemente parlando con una ex-rappresentante d’Istituto mi ha confidato le sue perplessità dicendomi, con non poca delusione, : “Allo Scacchi tira una brutta aria! “ I suoi timori non sono del tutto infondati. Vanno via i 8 nostri punti di riferimento e ci sembra, come ogni anno, che nuovi i leader non abbiano lo spessore dei precedenti. La politica non ha fatto nulla per noi (né la destra né la sinistra) e quindi cominciamo a non fidarci più di nessuno. Siamo delusi, ma questo è un motivo in più per scendere in piazza agli assessori o agli amministratori comunali. In questo primo numero del nuovo anno scolastico mi voglio però allontanare dalla realtà del nostro territorio per raccontavi la mia esperienza “interculturale “ dell’estate appena trascorsa. Dovete sapere che esiste ed esprimere il nostro dissenso. Dobbiamo cercare di essere più numerosi alle manifestazioni e non utilizzare quel giorno per il giro in centro (tanto Zara ed H&M rimangono sempre lì, non si spostano…) mentre più partecipazione al corteo farebbe la differenza , considerando che rispetto alle altre scuole, gli studenti dello Scacchi sono sempre in numero inferiore. Non so se vi ricordate nei giornalini precedenti ho affrontato temi di attualità (ambiente , condizione della donna ) cercando di avere uno sguardo attento alla nostra città. Inoltre, per stabilire un collegamento tra il mondo della scuola e quello della politica, non sono mancate interviste un paese molto lontano… in America centrale… dove tutti sono felici… un insieme di razze e culture in un paradiso naturale dove si respira un’aria diversa... dove la classe sociale non è determinata dalla disponibilità economica ma dal livello d’istruzione… c’è un’equa distribuzione della richezza e quindi un’uguaglianza di opportunità… studiare significa gettare le basi per un futuro migliore… lo spreco e il lusso sono considerati socialmente inaccettabili…le università sono immense, sembrano delle città in cui studenti e professori dispongono di mense e biblioteche... andare a teatro costa pochissimo (meno di un dollaro)… No ragazzi! Questa non è una favola: esiste davvero ed è il Costarica. I ticos come si definiscno i costaricensi vivono la vita con molta semplicità (filosofia del Pura Vida). Infatti solo da qualche anno stanno vivendo un discreto benessere economico.Pur non mancando criminalità e altre problematiche, politicamente hanno deciso di investire sull’ambiente e sull’istruzione, tagliando spese come quelle militari. Questa decisione la si deve a un personaggio mitico dell’America Centrale Josè Figueres Ferrer detto Don Pepe. Un rivoluzionario che, dopo aver combattuto contro la dittatura, vinta la guerra civile, ha lasciato un segno profondo nella storia del paese. Si racconta che servendosi di una mazza, salendo su una scala, colpì simbolicamente il muro della Caserma che si trova a San José, capitale del Costa Rica. Da quel 1 dicembre del 1948 quella caserma fu donata all’Università che la trasformò in un Museo Nazionale. Quindi da oltre 60 anni hanno abolito l’esercito e non avendo più le spese militari nei loro bilanci, quei fondi vengono i destinati all’istruzione. La pace per loro non è un obiettivo generico ma un programma che viene svolto nella Scuola, nell’Università …un valore radicato nella loro cultura. Se pensiamo che ogni giorno nel mondo si spendono 4 miliardi di dollari per mantenere gli eserciti e In Europa ci sono 27 paesi che hanno 27 eserciti ci rendiamo conto che siamo molto lontani dal considerare la Pace come un modo per risolvere i conflitti. Possiamo dire di essere la prima generazione che può vedere le immagini di conflitti in tv o su internet e sappiamo bene che lo spettro della guerra non è solo una minaccia per nazioni lontane. La storia ci insegna che se ci sono missili o bombe atomiche nascosti da qualche parte non resteranno fermi per troppo tempo. Non possiamo stare a guardare, affidandoci al buon senso di chi sembra non abbia nulla da perdere. Si dovrebbe cominciare ad eliminare gli eserciti e puntare su una diplomazia permanente che possa trovare con il dialogo delle soluzioni pacifiche. Sia ben chiaro che ‘diplomazia’ non è stipulare accordi di amicizia con i dittatori, accoglierli nelle tende con centinaia di donne… per poi decidere di partecipare ai bombardamenti proprio quando una popolazione giovane e istruita si ribella ad un regime spietato! Per arrivare alla libertà quei ribelli hanno dovuto utilizzare i kalashnikov e le immagini del video sulla morte di Gheddafi, con il volto insanguinato, testimoniano il fallimento totale dell’ONU che poteva intervenire diversamente. Sappiamo tutti che anche se l’Italia nella Costituzione ripudia la guerra, nella realtà partecipa alle “missioni di pace“ dove si spara, si uccide e si muore. I motivi? Ridimensionare la minaccia del terrorismo internazionale a cui segue il dovere etico di non abbandonare la popolazione a un inevitabile destino di guerra civile. Tradotto in parole povere c’impicciamo solo di alcune guerre perché dietro le quinte di quelle azioni militari operano le Banche globali, Wall Street, i colossi del petrolio… mentre esistono tante altre guerre dimenticate poiché da quelle terre non è possibile ricavarne nulla. Riuscire a diffondere una cultura di pace deve essere l’impegno di tutti. Non possiamo accettare che una mobilitazione come quella degli “indignati” si trasformi in guerriglia per colpa di chi ha deciso di esprimere il proprio disagio solo attraverso la violenza. D’altra parte nessuno può dimenticare la strage di Oslo di quest’estate. Centinaia di adolescenti vittime di un mostro, di un folle che fino ad un momento prima della carneficina sembrava ‘normale’ e insospettabile. Ricordo che proprio quel giorno ho partrecipato a un incontro con tutti gli studenti di Intercultura. I volontari, alla notizia di ciò che era accaduto, avevano sguardi agghiaccianti. Tutti noi ci siamo sentiti dei miracolati poiché esattamente come quei ragazzi condividevamo ideali democratici , di accoglienza e di pace. Ed è soprattutto contro quei valori e quei principi che ha scaricato la sua mitragliatrice. xenofobia , il razzismo e le ideologie fondate sulla paura dell’immigrazione sono frutto di un grande male: l’ignoranza. Dobbiamo smetterla di continuare a discriminare le persone per l’estrazione sociale, il colore della pelle, come si vestono, dove abitano e che fanno i loro i genitori. Cominciamo a rivolgere a noi stessi appelli di pace,di accoglienza e di tolleranza. Secondo un proverbio cinese è come se ognuno di noi andasse a dormire ogni notte con una tigre accanto. Non si può sapere se al risveglio vorrà leccarci o sbranarci. E’una metafora perché quella tigre siamo noi stessi che dobbiamo sforzarci di combattere quello che gli americani chiamano il nostro dark side, il lato oscuro della nostra personalità che può essere più negativo delle più pericolose delle compagnie se non ci impegnamo costantemente ad essere migliori. Riagganciandomi al discorso degli studenti che fanno la loro parte voglio segnalare che non sono stati pochi gli scacchisti che hanno partecipato alla Marcia della Pace di Assisi del 13 Ottobre. È il segnale dell’entusiasmo e della motivazione che contraddistuono da sempre il nostro liceo. La scuola deve essere l’occasione e il luogo per far comprendere che la Adriana Di Rienzo III B 9 Dietro una scatoletta ‘’ Il tonno in scatola è uno dei prodotti più apprezzati sulle tavole italiane. In media, circa 20 milioni di famiglie ne acquistano 1 kg o più 7 volte l’anno, per un totale di 140 milioni di tonnellate l’anno. Tuttavia in pochi sanno che la specie più consumata, quella “pinna gialla” (Thunnus Albacares) , che proviene dall’Oceano Indiano, sta subendo una decimazione sempre maggiore, e anche se la situazione al momento non è disastrosa, fra pochi anni lo sarà. La causa principale di questo fenomeno è da ricercare nei metodi di pesca più utilizzati dalle compagnie alimentari: il metodo FAD (Fish Aggregating Device) e il metodo “a palamiti”. Il primo consiste nel concentrare una grande quantità di pesci in un’area ristretta attirandola semplicemente con lunghi tubi calati in mare, che vengono visualizzati come riparo dai predatori. Mentre i tonni raggiungono il FAD, i pescatori li possono accerchiare con vaste reti per poi caricarli sulla nave; il secondo consiste invece nell’utilizzo di una lunghissima lenza (di 35 km o più) che presenta ad intervalli regolari altre più corte terminanti con gli ami e le esche. Il complesso, palamito appunto, viene 10 ritirato dopo mezza giornata di cala in mare, apportando un gran numero di tonni. Fin qui niente di male. Però c’è un problema: questi metodi non consentono di effettuare distinzioni tra i target da catturare ed altri animali marini, e dunque, assieme a tonni adulti, vengono pescati anche tonni giovani, che avrebbero dovuto invece sostituire i “genitori” per assicurare il futuro della specie. In questo modo si ha un inevitabile esaurimento dello stock di tonno sfruttato, e lo dimostrano i dati: dei 23 stock utilizzati per la pesca commerciale, 9 sono stati completamente consumati, 4 vi sono prossimi, 3 sono sovra sfruttati, 3 molto sfruttati e 3 a rischio di estinzione. Ma la storia non finisce qui. Non è solo il tonno ad essere catturato in questa maniera, ma anche una serie di specie accessorie (bycatch) tra le quali diverse sono in via d’estinzione e denominate come protette, tipo la tartaruga liuto, diminuita del 95% o la tartaruga caretta, diminuita dell’ 85%, e come i tre quarti delle specie marine di squali e mante. Cosa si cela allora dietro una normale scatoletta di tonno, se non un sistema economico basato sullo sfruttamento delle risorse fino all’esaurimento e destinato al fallimento? Il problema è che, così come le compagnie petrolifere non chiuderanno fino ad aver estratto sino all’ultima goccia di petrolio, così le industrie alimentari non si fermeranno finché non sarà stato ucciso l’ultimo tonno. Ma abbiamo una chance per evitare tutto questo. Il successo di un’industria è dato dal successo che la sua merce riscuote nel mercato, quindi, in quanto consumatori, abbiamo il potere di dare credito o meno ad un determinato prodotto, e quindi, indirettamente, di dare difficoltà al suo produttore, che sarà costretto a rivedere le sue strategie di vendita per avere più consenso. Per concludere, se ognuno impara a responsabilizzare le proprie scelte d’acquisto, preferendo in questo caso, marchi più eco-sostenibili di altri 3, e se ognuno rende responsabile almeno un’altra persona, qualsiasi catena, anche la più salda, dovrà venire incontro alle nostre esigenze. Solo così si può riuscire a salvare molte specie dall’estinzione, e impedire che l’uomo aggiunga un altro graffio al volto della nostra storia. Daniele Catacchio III I Informazione relativa - Martedì 11/09 2001: attentato alle torri gemelle, New York - Venerdì 17/12 2004: divieto di fumo nei locali pubblici in Italia - Giovedì 04/04 2009: rilevamento di quantità oltre la norma di mercurio nelle acque del bresciano - Martedì 20/04 2010: circa 1 miliardo di litri si riversano nelle acque dell’Atlantico per l’esplosione di una piattaforma della British Petroleum - Sabato 06/11 2010: crollo della Domus Gladiatori a Pompei. Quelli che ho citato sopra sono eventi mondiali o nazionali che ci interessano più o meno tutti. Peccato che uno di essi non sia mai accaduto (il terzo)!! Eppure, quanti si sono accorti dell’errore? Questo fa capire quanto sia facile per i mass media trasmetterci false informazioni: spesso giornali e TV ci mostrano notizie manipolate, o di parte, o semplicemente infondate. Le cause principali sono molteplici: c’è chi produce false informazioni o le spettacolarizza per aumentare l’audience, e di conseguenza il profitto finanziario; c’è chi pubblica falsi articoli per negligenza e mancata verifica dell’esattezza dei fatti; c’è ancora chi lo fa per screditare (o favorire) avversari (o compagni) politici, o per difendere il proprio profilo pubblico, come nel caso delle frodi finanziarie da parte delle industrie. E’ sufficiente fare zapping tra un TG e l’altro oppure sfogliare due giornali di fazioni opposte per accorgersene. Ma neanche i normali programmi televisivi fanno eccezione. Un esempio clamoroso (tra quelli che sono stati resi noti) è quello di Forum, in cui in una puntata, la signora Marina Villa, dietro pagamento dell’azienda di quella rete, si finse cittadina aquilana e descrisse l’ottima (falsa) ripresa della città terremotata dopo l’aiuto da parte del. Gli Aquilani stessi hanno denunciato l’accaduto, cosicché la società emittente ha dovuto pagare una multa salata. Alla luce di ciò, risulta importantissimo diffidare della Televisione, di chi rimane sul vago e non fornisce dati con cui tutti possono effettuare una verifica; è ancora importante informarsi sulla posizione politica dei vari giornalisti per sapere da che ottica sono descritti i fatti. Bisogna quindi direzionarsi su un metodo informativo sempre critico, completo e autonomo, e indipendente da singole testate o emittenti. L’informazione è lo strumento che ci consente di prendere correttamente scelte di ampia portata, che ci permette di controllare l’operato di chi costituisce ruoli-chiave nel funzionato dello Stato, che elimina le distanze spaziali e permette di essere cittadini partecipativi sulle grandi distanze, finanche a livello nazionale. L’informazione in definitiva ci rende liberi e non schiavi dell’ignoranza; e per questo, bisogna sapersi difendere da chi fa un’informazione, relativa. Daniele Catacchio III I 11 Teatro in Aula Magna INTERVISTA AD UN ATTORE BARESE: ALESSANDRO PARISE (‘ROMEO E GIULIETTA’ PER ATTORE SOLO E PIANOFORTE) Noi “scacchisti” abbiamo la fortuna di frequentare un liceo particolarmente sensibile a iniziative che contribuiscono alla nostra formazione culturale non soltanto attraverso l’apprendimento delle materie scolastiche. Infatti rappresentazioni teatrali, concerti, eventi culturali, presentazioni di libri, ci permettono di allargare i nostri orizzonti e devo dire che, grazie al suo spettacolo “Romeo e Giulietta”, abbiamo potuto vivere un’esperienza, un momento di arricchimento. -Quando ha scoperto la sua passione per la recitazione? Secondo lei, per essere un bravo attore è più importante il talento “istintivo” o comunque si possono raggiungere ottimi risultati con studio e applicazione? Che ricordo ha del primo provino? Non ho impiegato molto a scoprire la mia passione per la recitazione. E’ stato al liceo, proprio nella scuola in cui siete voi adesso. E’ stato il Prof. Tiengo a farmela scoprire. Il prof. Tiengo era un eccentrico professore di filosofia della sezione M che per la prima volta nella mia vita mi ha fatto 12 capire chi ero e quello che davvero volevo fare nella vita. Non so se lui si sia mai reso conto del favore che mi ha reso. Probabilmente, come dice Daniel Pennac in “Diario di Scuola” mi ha salvato la vita inconsapevolmente, mettendo al sicuro una volta per sempre i miei sogni e le mie aspirazioni. Non era un mio docente, bensì un supplente che venne a fare lezione nella nostra classe (1a C) per una volta sola. Mi fece leggere un passo del “Giulio Cesare” di Shakespeare e mi disse che avevo una faccia da antico romano. Da allora non mi ha più mollato e mi ha fatto recitare per un anno con ragazzi di 5° liceo della sua sezione. Quel suo darmi importanza come nessun altro professore aveva fatto fino ad allora mi ha dato un obbiettivo che ho portato avanti con dedizione instancabile. Il talento è fondamentale in questo mestiere e su quello c’è poco da discutere, deve esserci a priori, come il carisma e la presenza scenica ma questo non basta a fare un attore con la A maiuscola. Lo studio e la tecnica sono indispensabili per creare struttura e crescere nel tempo. Credo profondamente nel fatto che un attore sia tale solo se appassionato, motivato, affamato di cultura, di curiosità e di ardente desiderio di aggiungere sempre nuovi tasselli alla sua formazione. Il mio grande maestro Paolo Ferrari mi disse una volta “la recitazione è un tarlo che deve scavarti il cervello. Se ti senti “arrivato” e non provi più emozioni nel salire su un palcoscenico devi abbandonare questo mestiere”. Queste parole le ho scolpite dentro di me. Il mio primo provino è stato per l’ingresso in Accademia, con la Mazzamauro (più conosciuta come signorina Silvani in Fantozzi), attrice straordinaria quanto difficile caratterialmente, che mi è rimasta nel cuore nel bene e nel male per le sue crude verità. Lei, una volta mi fece un complimento meraviglioso, paragonandomi al nuovo Gassman. Portai una poesia studiata tempo prima, quando ancora studiavo a Bari in vari laboratori teatrali: “Il viaggio” di Baudelaire. - La maggiorparte dei talent show ci mostra come bisogna essere artisti a trecentossanta gradi: si deve saper ballare, cantare e recitare. C’è forse il rischio di non specializzarsi in un settore specifico? Ha mai pensato di parteci- pare a un Musical, Cinema o fare delle fiction in TV? Il rischio dei talent show non è tanto quello di non specializzarsi ma di essere profondamente illusi dalla gigantesca macchina dello spettacolo televisivo. La stragrande maggioranza di quelli che partecipano ai talent rimangono nell’ombra dopo essere stati spremuti a dovere per il successo di una trasmissione, il più delle volte banale e priva di contenuti. Credo che non siano un buon insegnamento perché lasciano intendere che il mondo dello spettacolo è alla portata di tutti e che si può stare sotto i riflettori anche senza avere una grande preparazione alle spalle. Di ragazzi con buone potenzialità ce ne sono tanti ma come ho già detto per rimanere sulla cresta dell’onda non basta il talento, bisogna essere dotati anche di una forte personalità per non essere schiacciati dai meccanismi fallati del nostro sistema. Non ho mai pensato di partecipare ad un musical ma mi ci sono ritrovato in seguito ad un provino (Il mago di Oz in cui facevo il Leone). Ho fatto diverse commedie musicali e mi sono molto divertito. Non amo molto il Musical italiano perché non fa parte della nostra tradizione teatrale, ragion per cui non reggiamo il confronto con i nostri vicini di casa inglesi. In Inghilterra come in America esistono delle scuole molto serie dove gli attori vengono preparati a tutto tondo e sono semplicemente straordinari in tutto. In Italia mancano strutture adeguate in questo senso e i risultati si vedono. Prendi il musical Notre Dame, che forse è stato quello di maggior successo. I cantanti, in linea di massima erano tremendamente piatti nella recitazione cantata e non sapevano usare il corpo. Mi sono annoiato quando l’ho visto, pur avendo degli amici all’interno del cast. Musical come “Il fantasma dell’opera”, “Billy Elliot”, “Lion King”! “Wicked” e altri realizzati in Inghilterra hanno proprio un’altra energia e i cantanti sono attori straordinari. Il cine- ma e la televisione oggi sono dei linguaggi completamente diversi dal teatro. Nel periodo del neorealismo erano gli attori di teatro che facevano cinema, oggi gli attori di teatro hanno troppa struttura e quindi non possono affiancare “i termosifoni sfiatati” che fanno parte della televisione e del cinema. Sono rari i casi di attori di teatro che si affermano nel cinema. Uno di questi è Tony Servillo: ci sono voluti trent’anni di teatro e un regista straordinario (oggi protagonista del cinema americano: Paolo Sorrentino) per farlo diventare un personaggio noto. Questo ti può far capire in che paese assurdo vviamo. Ad ogni modo ho fatto delle cose in tv, nel cinema e in pubblicità. Qualche settimana fa ho fatto un provino per un film di Mariasole Tognazzi con Valeria Golino. -Durante lo spettacolo eravamo molto attenti e coinvolti dal testo e dalla sua magistrale capacità interpretativa. Nello sfondo non c’erano particolari scenografie. Questa è una scelta ben precisa o dettata dal fatto che la rappresentazione è avvenuta a scuola e non su un palcoscenico? Le ragioni di una sceno- grafia essenziale sono molteplici. Prima di tutto c’era la necessità registica di Paolo Panaro di non dare importanza alla scena quanto alla parola, essendo il teatro shakesperiano un teatro di parola, in cui la scena tendenzialmente è vuota. Parola che sostituiva gli ambienti anche nelle scritte, quasi fossero delle insegne stradali. Il teatro in cui venivano rappresentate le opere di Shakespeare era il Globe di Londra (distrutto in un incendio e oggi ricostruito sul modello del teatro originale) che era meraviglioso nella sua essenzialità e semplicità. Oggi non si affida più nulla alla bellezza delle parole, che stanno diventando degli involucri privi di significato. Le parole vengono usate in modo inapproriato e non c’è più il gusto di volerle pasteggiare. Perché? Il maestro Lavia direbbe che viviamo nella postmodernità che è caratterizzata dal rifiuto decaduto delle parole. Gli attori, al contrario, dovrebbero sempre stare sull’avamposto della lingua. Gli attori di teatro fanno una doppia fatica perché devono imparare a parlare in maniera pulita e corretta e successivamente devono riuscire a smontare quella perfezione nel linguaggio per risultare il più veri possibile. In secondo luogo ci sono senza dubbio delle esigenze di natura tecnica: quando si porta uno spettacolo in vari spazi teatrali bisogna far sì che la scena sia agile, per facilitarne il trasporto e per adattarla a tutti i contesti dai più piccoli ai più grandi. Questa scena si prestava perfettamente per questa esigenza. Tieni presente, inoltre, che il più delle volte le strutture scolastiche non sono dotate di impianti elettrici adeguati alle luci teatrali, perciò le luci devono essere pensate anche in relazione a questo per non creare troppo assorbimento sull’impianto. L’arte dell’attore non consiste solo nel salire sul palco e interpretare un ruolo ma anche (ed è questo il vero lavoro dell’attore) nel concertare tutto anche in rapporto alle condizioni che variano di volta in volta. Altra motivazione è legata alla necessità dell’attore solo, che deve interpretare tanti ruoli, di potersi muovere in uno spazio vuoto per ricreare con originale creatività le situazioni dello spettacolo. Oggi siamo bombardati di immagini di altissimo livello di definizione, ma nessuna di quelle immagini può emozionare un cuore più di un testo così straordinario. -Nello spettacolo a cui abbiamo assistito lei ha interpretato tutti i personaggi dell’opera Shakespeariana.. Come riesce a immedesimarsi in ognuno di loro, cambiando in pochissimo tempo voce, registro linguistico, atteggiamenti? E quale tra tutti è il suo personaggio preferito? 13 Ci riesco con molta dedizione, concentrazione, esercizio fisico e vocale. Quando si fanno tante prove si acquisiscono degli automatismi che consentono in fase di spettacolo di emozionarsi e di sorprendersi continuamente per svariati fattori contingenti e per le diverse reazioni del pubblico. Il pubblico partecipa allo spettacolo e diventa protagonista insieme all’attore sulla scena. Tra il pubblico e l’attore in scena si instaura un dialogo silente che può essere magico ma a volte può diventare sterile se il pubblico non è preparato ad accogliere l’attore che gli para davanti. Sono molto affezionato al personaggio di Mercuzio, che nel suo essere totale, abbraccia tutte le sfumature dei sentimenti. Si dice che rappresenti la penna di Shakespeare ha molto divertito lavorare sulla Balia, personaggio che non avrei mai interpretato in un allestimento tradizionale. -Non le nascondo che alla fine dello spettacolo c’è sembrata una crudeltà dover tornare con i piedi per terra per calarci nella nostra epoca. Oggi accade che l’amore si confonde spesso con l’infatuazione e difficilmente ci si sente l’unico oggetto del desiderio. Anche per lei questo sentimento è soltanto un continuo macerarsi? Io vivo di sogni e l’ho sempre fatto e nonostante le continue difficoltà del- 14 la vita, mi butto anima e corpo in tutti i progetti che faccio. Lo stesso è per l’amore: non mi risparmio mai. Ma come tutti gli innamorati ho sofferto e ho fatto soffrire. Tutti vorrebbero vivere una storia d’amore come Romeo e Giulietta (ovviamente senza il finale tragico) e molti tra adolescenti e adulti arrivano ad amare follemente, annullandosi anche nell’altro. Fa parte del gioco e non si può evitare, anche se si versano lacrime amare nella sofferenza. Serve a rafforzarsi, a corazzarsi e a parare meglio i colpi con il passare del tempo. Quando poi si guarda indietro a quegli amori, si guarda anche con il sorriso sulle labbra e con tenerezza. L’importante è andare avanti e non fermarsi ad un punto, intestardendosi con un amore assurdo, solo per il gusto di farsi male. Come direbbe Mercuzio: “Il mondo è pieno di bellezza” e io aggiungo che se smetti di cercare, la trovi nei posti più impensati, magari alla girata dell’angolo. Nella vita l’importante è non mettere i paraocchi e lasciarsi andare. Oggi guardo all’amore con molta più responsabilità e rispetto a 10 anni fa ho fatto tesoro delle esperienze vissute. -Sarà sicuramente al corrente di come noi studenti scendiamo in piazza per protestare contro i tagli all’istruzione. Lottiamo perché non c’è niente di più importante della cultura nel nostro Paese. Su questo punto si ha il dovere d’investire, non di tagliare. Per quanto riguarda il vostro settore, il governo e in particolare la nostra regione dà spazio e incoraggia con finanziamenti le compagnie teatrali pugliesi? La crisi è dilagante e gli aiuti sono scarsi. Il potere è sempre in mano a pochi eletti e forse sarà sempre così. Personalmente non ho mai avuto contatti con la regione Puglia perché non ti nascondo che è un po’ blindata nelle sue posizioni e non ho paura a dirlo. Questo non è un paese molto attento ai giovani e anche il mondo del teatro è gestito dai baroni che sono arrocati nelle loro frteze inespugnabili e non si sbilanciano molto a favorire il ricambio generazionale. Bisogna essere bravi a farsi notare, a distinguersi artisticamente in qualche modo, nella speranza che qualcuno si renda conto delle tue qualità. Molti non ce la fanno anche se talentuosi. La mia esperienze personale con il pubblico per quanto riguarda Bari non è stata molto confortante. Ho chiesto sostegno al Comune di Bari ma la risposta è stata negativa per mancanza di fondi. Ho dovuto ricorrere al sostegno di aiuti privati per finanziare i miei spettacoli e lì non nascondo che c’è stata più voglia di mettersi in gioco rispetto al pubblico. Spero di poter continuare a investire sul nostro territorio che soffre un bel po’ artisticamente. Non mi vanto di fare un teatro migliore di altre realtà territoriali ma a volte ho la sensazione che gli artisti locali siano un po’ annoiati e appesantiti dal- la situazione oggettiva. Le difficoltà ci sono ed è difficile sostenerle ma non bisogna neanche sedersi e stare a guardare. Credo che in Puglia, per certi aspetti, non abbiano ancora capito che la cultura è fonte di ricchezza. In fondo, non c’è bisogno necessariamente di grossi mezzi per fare spettacoli di qualità, basta essere creativi. L’importante è sensibilizzare la gente che forse non è più molto allenata a reggere certe forme di cultura. Noi giovani dobbiamo sudare tanto per ottenere dei risultati soddisfacenti e gratificanti; l’importante è non farsi fagocitare nelle stesse logiche di potere fallate che stanno portando alla rovina del nostro meraviglioso paese. -Quali sono i suoi futuri progetti? Continuerà a recitare da solo o le manca la vivacità del lavoro di gruppo? Come ho già detto, rispondendo ad altri ragazzi, recitare solo e in compagnia è completamente diverso. Stare solo su un palco ti consente di essere molto più consapevole dei tuoi mezzi. Se sei solo e c’è un problema, una difficoltà, un errore non hai nessun appiglio, devi cavartela con le tue energia e non hai scuse. Un po’ come nella vita, se ti capita di non poter far affidamento su nessuno, sorprendentemente tiri fuori una carica che probabilemente non pensavi di avere. Questo è fondamentale per capire più a fondo te stesso. Tutti gli attori dovrebbero, prima o poi, fare un’esperienza del genere, per crescere. Non tutti hanno il coraggio di fare questo salto, che è oggettivamente rischioso. Lavorare in compagnia ti consente di fare leva anche sull’energia dei tuoi compagni e di metterti in condivisione con loro. Anche il lavoro di gruppo ha i suoi contro. Se un anello del gruppo è debole, si rischia di trascinare a fondo tutta la baracca. Il bello dello stare in compagnia è la compartecipazione dei sentimenti e delle emozioni e se vogliamo anche la vita di camerino, che a volte diventa uno spettacolo più bello dello spettacolo stesso. Il dietro le quinte ha un fascino che non è speigabile a chi non fa questo mestiere. Le attese prima di entrare in scena ti lasciano dentro una sensazione unica, impressa nella tua memoria per sempre. Uno spettacolo si può dimenticare, quello che accade in quinta non si dimentica mai. In cantiere ci sono tanti progetti. Mi piacerebbe portare in scena qualcosa di veramente nuovo, non solo come testo ma come messa in scena. Mi piacerebbe mettere in scena opere di Pinter che in Italia non è molto conosciuto; mi piacerebbe continuare a fare spettacoli musicali; mi piacerebbe portare in scena dei “noir”, degli horror; non voglio fare dei musical ma mi piacerebbe utilizzare una cantante in scena; voglio continuare a fare grandi classici ma vorrei investirli di una luce completamente diversa; vorrei...e farò di tutto per continuare a portare avanti i miei progetti. è capitato spesso di avere a che fare con ragazzi che volevano fare gli attori ma che non avevano dentro il “fuoco” per farlo. Purtroppo, ripeto, la televisione in questo è un pessimo riferimento e il più delle volte lascia intendere che si possa arrivare anche senza sacrifici. E’ vero! Succede ma chi arriva al successo senza sudore difficilmente rimane sulla cresta dell’onda per tanto tempo. Adriana Di Rienzo III B -Cosa consiglierebbe a uno studente che volesse intraprendere il suo tipo di carriera? Quali sono i primi passi da compiere? Sicuramente di non ascoltare le voci delle persone che lo circondano che il più delle volte saranno disfattiste. Gli consiglierei di essere realmente sicuro di avere la giusta motivazione e il giusto mordente per affrontare questo percorso indubbiamente arduo. Inizierei a fare delle esperienze di stage, come ho fatto all’inizio della mia carriera, per verificare le mie effettive attitudini al mestiere. Gli consiglierei, ove possibile, di trasferirsi a Roma per avere una formazione solida o ancor più di andare all’estero dove ci sono ottime scuole (Londra, prima fra tutte anche per imparare a recitare in inglese). Gli consiglierei di fare tutti i test di ingresso nelle varie accademie pubbliche italiane (Silvio d’Amico- Roma, Stabile di Genova, Piccolo- Milano, Galante Garrone- Bologna, Stabile di Torino, Paolo Grassi- Milano). Gli consiglierei di evitare tutte le costellazioni di scuolette che danno formazioni scarse e che spillano solo tanti soldi, senza garantire degli sbocchi lavorativi. Questi test di ingresso alle accademie pubbliche possono essere già una verifica per capire se c’è della stoffa attoriale. Non necessariamente, però, le scuole pubbliche fanno centro. Ci sono tanti attori che si sono affermati anche al di fuori degli stabili e che non hanno fatto percorsi tradizionali. Questi attori, però, avevano una grande motivazione e una forte personalità: questi due aspetti sono fondamentali per affermarsi in questo mondo. Mi 15 Eventi che passione! Un angolo di dolcezza nella nostra città. Passeggiando e curiosando per le vie del centro non possiamo fare ameno di notare quanti cambiamenti interessanti stiano caratterizzando in modo considerevole la figura e la realtà stessa della nostra città in questi ultimi mesi. Per esempio camminando in via Calefati, una sera di inizio autunno, in buona compagnia, mi sono imbattuta davanti ad una vetrina piccola e graziosa, contornata da colori molto soft quali rosa, lilla e bianco, e la cui insegna diceva “Cake design”. Attirata dall’estetica piacevole che mi aveva trasmesso di primo impatto il negozio,e spinta da un’innata curiosità, assieme alle mie amiche decisi di entrare, per poter capire meglio ciò di cui il negozio si occupava. Al suo interno c’erano torte per occasioni speciali, decorate 16 artisticamente; dolci americani; liquirizie rosse americane; scaffali venivano riposte con cura tazze, pirottini, tovaglioli, piattini, che raffiguravano teneri dolcetti e altre cose particolarmente graziose, ed infine il “piatto forte” del negozio, una serie di cupcakes, con colori e gusti differenti e per l’esattezza uno più invitante dell’altro! I cupcakes appunto, sono dei piccoli dolci monoporzione, nati degli USA. Vengono preparati in pirottini di carta o in formine di alluminio. Sono decorati con glassa colorata e con svariate caramelline dalle forme più tenere o particolari. Cake design è nato nel mese di settembre, dalla giovane pasticciera Giusy Verni, che ha studiato pasticceria in America, accanto ad alcune delle più famose cake decorator del mondo. Giusy realizza torte e dolcetti, donando ad ognuna delle sue creazioni tutta la sua vena artistica, e il suo amore per la decorazione creativa. Cake design, quindi è un piccolo paradiso fatto di zucchero e dolcezza, in cui chiunque può staccare dalla monotonia di una giornata di lavoro o di studio, vivendo ogni volta un momento di pausa rilassante, per risollevarvi il morale non vi resta quindi che stoppare tutto per un attimo e concedervi un cupcakes dal gusto che si avvicina maggiormente alla vostra personalità. In modo da riprendere la vostra vita con un dolce sorriso sulle labbra! Leny III A Innatismo vs Empirismo..voi da che parte state? Come tutti gli studenti del terzo anno abbiamo iniziato lo studio della filosofia. Caratterialmente mi dicono che sono ”una che pensa troppo“ . Non c’è da meravigliarsi quindi se, dopo solo due mesi di approccio a questa nuova materia scolastica, ho aggiunto altri dubbi alle mie già poche certezze. Non so se accade anche a voi ma, proprio quando ti stai convincendo che quel “pensatore” stia per darti quel concetto fondamentale che farà parte per sempre del tuo bagaglio e della tua personale filosofia di vita… Ecco che ne viene fuori un altro che smentisce, con una serie di argomentazioni, il punto di vista precedente ed è davvero complicato schierarsi con uno o con l’altro. Per rendervi sadicamente partecipi delle mie elucubrazioni mentali procedo con questo approfondimento, sperando di non annoiarvi troppo. In filosofia INNATISMO è la teoria in base alla quale una persona, già al momen- to della nascita, possie- nell’inconscio. Dunque conoscenze innate. Dode conoscenze (nozio- noi tutti avremmo una vrebbe essere sufficienni, concetti…) che non conoscenza innata che te un semplice lampo di genio, un flash, per ricordare quelle materie che a volte è così difficile che entrino nella nostra testa. Invece, dobbiamo faticare non poco per memorizzare, sperimentando di volta in volta diversi metodi di studio (lettura, sottolineatura, ripetizione, schemi…) La MAIEUTICA definita come “l’arte dell’ostetricia“ dovrebbe essere adottata più spesso vengono apprese me- però con l’esperiendagli insegnanti e fare diante l’esperienza. Se- za diventa un’idea più come Socrate che non condo l’EMPIRISMO consapevole. Sostengoinculcava nella mente invece è fondamentale no, infatti, che conodei suoi interlocutori l’esperienza per cui non scere significa “ricordale proprie idee ma aiuesistono conoscenze re“: il ricordo avviene tava i discepoli a far precostituite. Come ho in forma intuitiva, per partorire le loro verità. già detto prendere una lampi improvvisi. OvMolti prof, purtroppo posizione, schierarsi viamente non si può neper noi, non prendono con una o con l’altra, gare che per arrivare a spunto da questo filonon è affatto sempli- ricordare gioca un ruolo sofo… Vogliono sapere ce, anche perché ana- importante, perché fa unicamente la loro “velizzando attentamente da stimolo, la perceziorità” (che poi è quella ci sono elementi che ne sensibile. Prendendo dei libri) dando poco possono supportare sia spunto dal lavoro che spazio all’interpretaziol’una che l’altra teoria. noi studenti svolgiamo ne personale che ognuPer i filosofi dell’inna- quotidianamente, cioè no di noi può dare alle tismo (Socrate e Plato- acquisire conoscenze conoscenze che acquine) il sapere è presente attraverso l’apprendisiamo studiando. Anzi, in forma latente nella mento, mi piacerebbe nostra anima, ovvero pensare di avere delle 17 non so se accade anche a voi, se abbiamo delle reminescenze risulta ancora più difficile l’apprendimento. Sembra che questi ricordi vaghi di studi passati non facciano altro che confondere l’acquisizione del nuovo sapere. Quindi, per assurdo, se è vero che abbiamo delle conoscenze innate, dobbiamo impegnarci maggiormente nel liberarcene soprattutto nel caso in cui fossero errate e non coincidessero con ciò che ci viene richiesto. E’ pur vero che se si trattasse invece 18 di conoscenze corrette arriveremmo con uno sforzo mentale inferiore, ad elaborare pensieri e conclusioni giuste ed esatte, ben valutate dai nostri docenti. A favore dell’innatismo sono tutti coloro convinti ad esempio che i bambini imparino con maggiore rapidità le lingue perché hanno delle strutture grammaticali innate. Mentre a favore degli empiristi c’è stato un recente studio sui comportamenti umani che ha dimostrato che il neonato piange al pianto di un altro bambino. Da qui la conclusione che si nasce empatici e sensibili mentre l’ambiente esterno modifica spesso questi buoni sentimenti. Se pensiamo a quanto incide il legame di sangue nei ragazzi adottati o nel comportamento dei gemelli (che anche quando la vita li divide c’è qualcosa che li attrae inevitabilmente) si dovrebbe giungere alla conclusione che non è l’ambiente in cui viviamo ma il patrimonio genetico a determinare il comportamento dell’individuo. Anche per i figli d’arte ci rendiamo conto che spesso i talenti vengono tramandati nel DNA. Inoltre mi vengono in mente le serie televisive tipo “Criminal Minds” in cui l’FBI dispone di personale specializzato espertissimo che riesce a risolvere casi quasi impossibili proprio studiando la personalità dei serial killer. Non viene trascurato neanche il minimo dettaglio, si procede a tracciare il profilo psicologico osservando la famiglia, l’ambiente, le esperienze di vita e gli eventuali i traumi infantili che potrebbero aver portato a diventare appunto delle menti criminali. In questi casi appare spesso evidente come c’è una predisposizione genetica all’aggressività o alla violenza. Quindi sosteniamo gli empiristi (come Aristotele) secondo i quali il comportamento dell’uomo è solo il risultato dell’esperienza e dell’ambiente e neghiamo l’esistenza di conoscenze precostituite o innate? Non è possibile però negare l’esistenza di un codice genetico che ci viene tramandato dai nostri genitori che sicuramente influisce su tutte le esperienze successive. Concludo con una domanda: saranno quindi, le conoscenze derivate dall’esperienza diretta che si aggiungeranno a quelle innate a determinare i nostri comportamenti? Adriana Di Rienzo III B Le ricette made in Bari (e dintorni) Noi “piccoli” giornalisti frequentanti da poco il liceo scientifico Scacchi abbiamo deciso di scrivere un articolo riguardante la cucina nostrana tipica della città di Bari. Il capoluogo pugliese non è solo un porto molto importante che si affaccia sul mar Adriatico consentendo scambi commerciali, ma anche una città ricca dal punto di vista sia culturale che culinario. Oggi vi parleremo delle ricette tipiche baresi tramandate di generazione in generazione. Le due pietanze definite “povere e di strade” ma che riescono a catturare anche il gusto dei palati più fini sono la sgagliozza e la popizza. Non si può visitare la città di Bari, i monumenti, il centro storico… senza aver assaggiato una sgagliozza! La popizza è una frittellina sferica di farina bianca preparata anche con lievito, un po' di zucchero, olio di semi o, più preferibilmente, di oliva e sale. La sgagliozza, invece, si presenta come un quadratino di polenta gialla realizzata esclusivamente con polenta e acqua. La “strana coppia” viene poi fatta friggere per qualche minuto nell'olio bollente e servita calda. Nonostante abbiano acquisito un posto fisso nei ristoranti e pub sotto la voce di “antipasti”, il fascino e il gusto di questi prodotti sta anche nel fatto di cucinarlo “come si faceva una volta”. E come si fa tuttora: nel Borgo Antico, specie nelle piazze e sul Lungomare, sono presenti dei piccoli chioschetti gestiti magnificamente a conduzione familiare da signore del posto, le quali portano avanti fiere ed orgogliose la tradizionale vendita delle popizze e delle sgagliozze in cartocci di carta, a bassissimo costo, e dal gusto strepitoso e sconvolgente!!! Nonostante le popizze e sgagliozze abbiano avuto larga diffusione in tutto il mondo coinvolgendo molti paesi e città di tutto il territorio non solo italiano solo quelle donne sono e rimarranno le maestre per eccellenza di questi due favolosi piatti, perché sono le uniche a poter mettere, in quell'olio bollente, la tradizione. Vito De Carne & Michele Annoscia 19 La Belle Verte “La belle verte”, o “Il pianeta verde”, è forse un titolo poco provocante per un film, ma cela dietro di se un racconto davvero curioso: dopo 200 anni dall’ultima visita sulla Terra, gli abitanti di un altro pianeta – il Pianeta Verde appunto- accettano di spedire in esplorazione Mila (Coline Serrau) per verificare a che stadio evolutivo si trovano gli umani del ventunesimo secolo. 20 Vestita in abiti napoleonici, e pensando di finire in un’epoca ancora “imperiale”, la protagonista si ritrova invece catapultata in un mondo diametralmente opposto al suo, pieno di caos, rumore, diffidenza e superficialità, nella Parigi contemporanea; totalmente disorientata, prova i primi goffi approcci verso una cultura retrograda, in cui esiste ancora la moneta, si mangia carne e si deturpa la natura. L’unica arma che possiede contro l’ottusità moderna è un “software” mentale, che “disconnette” gli umani dal loro pensiero e li riporta ad un maggior contatto con la natura e ad una maggiore sincerità, con se e col mondo: chi si ferma per strada e lancia via le scarpe, chi si abbraccia a un albero, chi getta via i dolci vecchi di 3 settimane in vendita nel suo negozio… In questa avventura Mila farà anche amicizia con un medico, che da uomo profondamente cinico cambia totalmente, e avrà modo di ricongiungersi coi suoi figli che hanno cercato di raggiungerla ma sono finiti nel deserto australiano. Qui un gruppo di aborigeni analfabeti da un duro colpo ai paesi “sviluppati” mostrando, all’opposto di questi ultimi, una grande accoglienza e umanità, nonostante la mancanza di qualsiasi proprietà. Questo film di Serrau pone dunque al moderno mondo industrializzato, con la comicità della visione di uno “straniero”, una critica che fa riflettere col sorriso su temi da non sottovalutare. Daniele Catacchio Questo bacio vada al mondo intero! Dalla penna di Colum McCann nasce un filo teso tra le Twin Tower, sul quale si articolano le storie di Corrigan, monaco che cerca il suo Dio in Terra, Ciaran, suo fratello, che non riesce a comprenderlo ma lo segue ciecamente, Lara, che rinuncia ad una vita di fama ed eccessi per trovare l’amore, Tillie, prostituta del Bronx schiacciata dalla realtà, Gloria, discendente di schiavi che tenta di riscattarsi e finisce per perdere i suoi figli rimanendo sola all’undicesimo piano di un appartamento anche lei nel Bronx, Claire, che condivide il dolore di Gloria in un attico di Park Avenue, Solomon, marito di Claire, giudice che si rassegna a non poter applicare la legge. E questo in una New York incantata dall’equilibrista Philippe Petit, una New York che nonostante tutto continua ad inseguire i propri scopi senza guardarsi intorno, una New York dove tutti sono vittime, la maggior parte anche carnefici. Sono storie ai margini, di sconfitti o apparenti vincitori, in cui riesce a rialzarsi solo chi ha una fortissima volontà: quella di Corrigan è messa in crisi dall’arrivo improvviso delle passioni, quella di Lara dalla presa di coscienza di ciò che è diventata la sua esistenza e dalla sua paura dell’amore, quella di Tillie è schiacciata dall’incapacità di imporsi la sua volontà e salvare la propria figlia… ed ancora: Ciaran non riesce a salvare il fratello, Gloria non riesce a realizzarsi e cerca di espiare i suoi dolorosi fallimenti adottando le nipotine di Tillie, Claire lo fa legandosi in una profonda, colpevole, amicizia con Gloria, Solomon si lascia sconfiggere dal non poter applicare come vorrebbe la giustizia, e, nel tentare, finisce per fallire totalmente. Chiude questa carrellata di vinti Jaslyn, nipote di Tillie, che nell’incubo di poter essere riconosciuta come figlia di una prostituta, riuscirà ad accettare l’idea delle due madri, riuscirà ad mettere in atto la volontà di Claire, riuscirà a gratificare la memoria di Corrigan in suo fratello Ciaran. Il bacio che va al mondo intero è la splendida esecuzione del funambolo, che comunica la forza di compiere imprese stupende pur stando al limite, in equilibrio su un cavo, quel cavo a sua volta formato da minuscoli fili di acciaio, intrecciati tra loro in un incastro perfetto dove si colloca sia la maglia psicologica dei vari personaggi sia quella delle loro storie. Questa è la recensione del libro vincitore del premio Grinzane-Cavour 2011, sezione “Il Germoglio”. La nostra scuola è stata selezionata insieme ad altre sei in Italia per comporre una giuria di 12 ragazzi che hanno decretato il vincitore. Martina Loiodice, 4^ B, è andata in rappresentanza della nostra scuola a Torino per la premiazione finale. Asia Iurlo III I 21 Inizio del campionato Il 10 Settembre ricomincia la stagione della Serie A, dopo tre mesi di lunga e travagliata attesa: la prima giornata è saltata per uno sciopero dei calciatori, contrari al pagamento di una tassa imposta dalla FIGC. L’accordo è stato poi trovato nel giro di una settimana, mentre dopo due la prima categoria del calcio italiano è partita con grandi aspettative sia da parte dei tifosi, che dei calciatori e, soprattutto, dei nuovi 22 allenatori. Una fra le tante novità è l’assenza di una squadra favorita, al contrario dell’anno precedente, dove il Milan, con una campagna acquisti da sogno, aveva fatto capire che il campionato era già nella sua bacheca. Invece questo anno abbiamo la sorpresa Juventina del nuovo allenatore Conte (arrivato dal Siena neopromosso in A), abbiamo l’Inter che, nonostante una partenza non delle migliori ed un allenatore esonerato può essere una delle tante pretendenti al titolo, così come il Napoli di Mazzarri, che già alla terza giornata batte per 3-0 il Milan campione d’Italia. Un’altra squadra che ha iniziato il campionato più combattiva che mai è l’Udinese di Guidolin che, anche se con il morale a pezzi per l’uscita, non meritata, dalla Champions League, cercherà di concentrarsi sul nostro campionato. Ma come dimenticare la Roma di Louis Enrique che, comprando Bojan, Stekelenburg e la stella argentina Lamela, potrebbe seriamente dar fastidio alle big, così come l’altra romana, la Lazio, che si è rafforzata con gli acquisti del portiere della Nazionale Marchetti, dell’attaccante francese Cissè e dell’ex bomber del Bayer Monaco, Klose. Solo il 13 Maggio sapremo chi diventerà campione d’Italia, chi andrà in Champions (tre squadre, e non quattro come l’anno scorso) e chi retrocederà, l’unica cosa che possiamo fare è aspettare, e sperare di vedere un gran campionato. Gabriella Mancone I O Basket4life Una parola. Sei lettere. Mille emozioni. Sarà pure una frase fatta, ma questo sport è difficile da descrivere meglio di così. Sapete, l’Italia, purtroppo per noi cestisti, non è il paese migliore perché si segue per lo più il calcio, e così il basket passa in secondo piano, ma credo che almeno una volta nella vita bisogna giocarci una partita, per le emozioni che ti da, per quella sensazione stupenda che si prova quando la nostra vita, quel- la palla arancione da 700 grammi, entra nel canestro!! Gli avversari sono tali solo nei 40 minuti di gioco, ma alla fine una stretta di mano, qualche complimento e una pizza insieme ci sta sempre. Il basket, a mia opinione, è stato anche lo sport che ha permesso a noi neri di poterci esprimere, visto che tempo fa ci era vietato praticare qualsiasi sport, ma il basket, nato in America, ha permesso a quella gente di poter contare qualco- sa, di potersi divertire e provare emozioni tutti i giorni… Credo che il basket sia stato il primo sport ad aprire i propri parquet e campetti provinciali alle persone di colore che man mano sono diventati padroni e migliori giocatori di questo sport, basti pensare che in NBA, il campionato più famoso al mondo, il 70 per cento dei giocatori è di colore! Ma a parte tutti questi dati che impoveriscono la bellezza di questo sport antico, ma anche così moderno, c’è da dire che, almeno personalmente, noi, la squadra, i compagni e l’allenatore tutti insieme formiamo una stupenda famiglia dove crescere e divertirsi, e credo che questo è possibile in pochi sport… E sono fiero che il basket sia tra questi. In conclusione vorrei fare un appello proponendo di far reintegrare una squadra di pallacanestro della nostra scuola e nel torneo scolastico perché obiettivamente è una bella esperienza da vivere durante la nostra breve ed intensa vita da liceali! Fabio Morghese 23 You was my best friend. We were young and genuine, We don’t matter about the world, Together we were invincible There weren’t girls or questions Bigger than our relation We were happy and I loved you my friend. Do you remember when we used to shine? We have talked for hours, Slipped together, We used to dream our common future Do you remember when we used to be friend? We have laughed for days Played guitars together, We used to think our band be famous. Why don’t you remember? Please remember... We used to love each other. You leave me years ago, I can’t already imagine my life without you. You have faded out, You are not my friend anymore, You are not in my band anymore, You are not in my life anymore, I wish you are happy with your new life, ‘cause you are so very special, When I can stay with you I feel fine But is only an illusion, You will fade out again. Goodbye my dear friend. I think you are dead forever. I love you. Anonimo 24 La luce è soffusa il cielo riflette, mentre il mormorio di vicine presenze è solo inutile ronzio, mille pensieri e desideri di genti lontane riunite sotto un tetto comune di simil ma varie speranze. Ho cercato una stella come vana sicurezza ho cercato una stella come vana conferma ho cercato una stella infondendo speranza ad un sogno che mi turba. Ti ho cercata in un cielo la cosa più bella del mondo mai bella quanto te ai miei occhi illusi di trovare te in una stella che scivolando via sparge la luminosa polvere del mio vano sentire che mai si avvererà. E’ caduta una stella tutti l’hann vista all’infuori di me. Gaetano Capriati Ariete: l’ affinità con la luna in questo periodo vi permetterà di sfondare nel campo lavorativo, ma fate attenzione alla salute, sono sempre possibili ricadute. In amore .. male … molto molto male! si consiglia di essere più socievoli e meno cocciuti . Toro: prendete possesso della vostra vita , non lasciate che gli altri decidano per voi in nessun ambito e situazione . Marte nella prima decade vi protegge e vi aiuta . Fate molta attenzione, non fidatevi del Leone. schedine , ma Venere vi è contraria. Brutte discussioni in famiglia con i fratelli . SI consiglia di mantenere la calma . scampagnate in montagna. Venere contraria. Acquario: Nettuno vi gestisce e voi obbedite . Sbattuti in un mare in tempesta nell’ ambito lavorativo e sentimentale . Riuscite a far valere poca esperienza , ogni le vostre opinioni solo errore potrebbe essere coni pesci che vi vivocruciale no vicino. Cancro: Bene in amore , ma la salute non è buona e potrebbe condizionare il lavoro. SI consiglia di consultare urgentemente un buon Bilancia: Mercurio e medico, prima che la Saturno , entrambi nella soluzione diventi tropseconda decade, esercipo grave . teranno forze opposte su di voi. Ma voi non Leone: riceverete innudemordete, troverete il merevoli consigli sbagiusto equilibrio. gliati che potrebbero causarvi delle sofferenScorpione: evitate batze, ma non fateci caso . tute pungenti con il Tagliate la testa al Toro partner , potrebbe offene fate quello che riterredersi. State calmi e non te giusto . Gli amici caavvelenatevi, potrebbe piranno la vostra scelta. rimetterci al salute. Pesci: ribellatevi alle imposizioni e non ascoltate l’ Acquario. Allontanatevi e navigate in mari aperti . Liberi di sognare. Plutone vi Sagittario : saturno al- aiuta e vi sostiene. lineato con Urano, che interferisce con Giove , influenzato da Marte vi dicono di fare attenzione alla salute e fare M&M… gli oroscopisti preferiti ! attenzione ai denti. Fare attenzione alle frecciatiVergine: Venere final- ne del partner. mente favorevole , vi darà una bella spinta in Capricorno: Nettuno e Gemelli : la fortuna vi amore . Molta attenzio- Plutone vi tormentano. sorride , vincite facili ne in ambito lavorativo Forti dolori muscolari per quanto riguarda le , anche a causa della e articolari. Si consiglia l’ insalate e alcune sane 25 Ecco cosa ci riservano le collezioni autunno/ inverno 11/12 Nuove stagioni, nuovo armadio, nuova moda. Come per ogni periodo e ogni stagione, gli stilisti sulle passerelle più in voga delle più importanti città del mondo, 26 ci propongono le loro nuove idee riguardo a ciò che potremmo portare nella prossima stagione. Per quanto riguarda la collezione autunno/inverno di quest’anno, notiamo per esempio un cambiamento di forma nei tacchi. Assumono forme a banana, o si allargano verso il basso, riprendendo quel che era il tacco a Mary Jane usato negli anni ’60. E proprio dagli anni ’60 trae ispirazione Prada, mettendo in risalto le linee spesse e le fantasie tipiche di quel decennio. Ma non è l’unica firma che, come spesso accade, riutilizza in chiave moderna quel che è un mood usato in un decennio passato, rendendolo attuale, ma sempre con quell’allure vintage che attrae e non passa mai di moda. Infatti Just Cavalli firma una linea sobria ma ricercata, in cui mette il suo tocco di personalità nelle scarpe, proprio le fantomatiche Mary Jane. Valentino invece resta sempre bon ton nel suo stile, preferendo il pizzo in colori basici come il nero, o più soft e sobri come il rosso sbiadito o le varianti del marrone. Versace punta la sua vena femminile nelle scarpe: stivali stringati fino sopra con tacco alto, e aperti in punta, reinterpretando appunto la visione classica dello stivale che tutti noi conosciamo. Vuitton dal suo canto delinea invece una donna forte e autoritaria, con un sapore vintage portato dalle divise con gonne a vita alta che si fermano all’altezza del ginocchio, bottoni grandi e scuri cuciti sulle camicie bianche, ed infine, come tocco di classe in più, una visiera che si lega con un nastrino sotto il volto. Ma la collezione più frizzante ed energica, dai colori fluo che richiamano nettamente lo stile pop, è quella che ha sfilato sulla passerella di D&G. Tutta la linea è caratterizzata da scritte su sfondi dai colori accesi, e ai piedi di ogni modella possiamo notare delle sneakers molto simili a delle Converse, ma con rialzo in zeppa, rivisitando quindi una delle scarpe più classiche e usate di tutti i tempi. Generalmente si nota che i cappotti diventano oversize, arrivando fino ai piedi. Il montgomery invece rimane sempre un must intramontabile, donando a chi lo indossa un’aria chic in più. Le pellicce persistono, dai colori basici quali il nero, il bianco e il marrone, fino ad arrivare al rosso, o a colori più tenui e romantici come nella nuova linea “Philosophy” di Alberta Ferretti. Anche le cappe vengono rivalutate si, ma in maniera contemporanea, diventando il nuovo capospalla elegante nel nostro armadio. I dress rimangono sempre un pezzo unico nel guardaroba di chiunque voglia cambiare total look in un solo gesto, rivestendosi di pizzo, dettagli luminosi o disegni simmetrici. Come nella scorsa stagione tornano gli abiti lunghi, più comunemente in velo, dai colori sensuali e lascivi. Uno stile che viene rivalutato molto è sicuramente quello bon ton, che ormai è diventato un passepartout, e sta bene soprattutto a chi ha dei linementi dolci. Se volete dare un tocco più allegro e luminoso a questa stagione cupa e fredda, sbizzarritevi con i maglioni: vi tengono al caldo, e potete sceglierli con fantasie a quadri, o tinta unica, o argentati o dorati, che sicuramente d o n e r a n n o lucentezza nel vostro outfit. Le camicie possono essere classiche o eclettiche, ma ricordatevi di farle risaltare con dei colletti particolari, che possono essere la nuova alternativa ad una collana. Diventano rigidi e di metallo, o possono portare inserti di pizzo, o altre varie applicazioni. Volete avere un tocco in più seguendo le nuove tendenze? Vestitevi di stelle, fantasia snake o metallizzata, sono i new must della stagione! E se vi piacciono le clucth con curve colorate, date un’occhiata alla nuova linea “Macarons bag” di Kenzo by Antonio Marras, sicuramente catturerà la vostra attenzione! Leny III A 27 A cura di Davide Giannella V C Gioco 1. * Posto che 1+1=A 2+2=B 3+3=C 4+4=D … e così via Tradurre con il minore numero di lettere l’espressione 7+1 Attenzione, non è da tradurre 8, ma 7+1 e ogni numero deve essere costituito minimo da una lettera. Es. 6=A+B Gioco 2. * Quanti occhi vedete complessivamente tu e un uomo con un occhio solo in una stanza in cui oltre a voi ci sono 5 persone? Gioco 3. *** Determinare qual è il numero celato dalla X 7-76-765-7654-76543-765432-7654321-76543210-X Gioco 4. ** Determinare qual è il numero celato dalla X 0-0-1-2-4-7-12-20-33-X Gioco 5. *** Ci sono tre statue parlanti, un’Aquila, un Leone, una Tartaruga. Una di esse dice sempre il falso. Bisogna stabilire l’attendibilità delle affermazioni delle statue e quindi capire in quale di queste statue è contenuta la chiave per uscire dalla stanza in cui siete (la statua che afferma il VERO indicherà la vera posizione della chiave). AQUILA: Se affermassi di dire il vero, direi una bugia. La chiave è nel LEONE. 28 LEONE: Se sotto fosse sopra e ogni numero il doppio di ciò che è davvero, io avrei 8 zampe sopra il mio corpo e 2 criniere sopra la testa. La chiave è nella TARTARUGA. TARTARUGA: Se un uomo portasse in una valle un sasso al giorno e un altro uomo a partire dal secondo giorno incluso gliene sottraesse uno al giorno dalla valle un giorno sì e uno no, il primo uomo avrebbe accumulato 15 sassi in 29 giorni. La chiave è nell’AQUILA. Dov’è la chiave? Gioco 6. * 7 persone salgono e scendono una scala 9 volte ciascuna (9 salite e 9 discese), salendo complessivamente 1890 gradini. Quanti gradini ha la scala? Gioco 7 ** Un uomo è chiuso in un labirinto, del quale tenta di trovare l’uscita. Fortunatamente, però, al suo interno, ha trovato a terra un foglio con sopra scritte indicazioni riguardo l’uscita, lasciate da qualche prigioniero precedente, che è riuscito ad evadere. Grazie a quelle istruzioni sarà certamente in grado di stabilire quale sia l’uscita? Se sì, quale? L’uomo parte dalla zona contrassegnata dal puntino nero. Foglio delle indicazioni Mappa Labirinto 29 30 31 La storia dello Scacchi siamo noi (e i nostri murales) Direttrici A partire dal muro di Berlino,che dagli anni ‘80 iniziò a essere ‘tela bianca’ per migliaia di artisti provenienti da tutto il mondo e che con la fine della separazione tra est e ovest ha visto nascere la East Paola Dabbicco VC Side Gallery,unico pezzo di muro sopravvissuto,lungo 1km e noto Angela Casavola VB per essere la ‘più grande galleria all’aperto del mondo’; passando per Banksy,famoso writer di cui l’identità è ignota,il quale ha graffiato i muri di moltissime città europee,da Londra a Napoli (murales Redazione che hanno per protagonisti dame settecentesche con l’aggiunta di maschere a gas o topi provvisti di bombetta e bastone da passeggi) Adriana Di Rienzo IIIB e infine arrivando al nostro cortile interno della scuola,dove ogni Asia Iurlo III I anno in occasione della Giornata dell’Arte si ripropongono murales Gaetano Capriati VC diversi,variando temi e colori,ecco nascere il Murales,graffito che Roberta Pagano III D ha assunto col tempo valore sociale ed estetico,libera espressione Michele Rosamilia V M del volere dell’artista e di ciò che vuol comunicare. Marilù Rainò IV A E allora perchè sono bastate semplici pennellate di blu al seconSonia Ragno V E do e primo piano per cancellare la storia dello Scacchi,coprendo Leny III A definitivamente i murales che si mostravano fieri e possenti sullo spiazzo alla fine dei corridoi?Ormai lì da tempo,non facevano male Antonella Recchia V I a nessuno: poveri innocenti,illuminavano e rendevano meno cupa la giornata tipo dello studente che ha appena ricevuto il suo 4 in matematica.Il vecchio Giallo tenue è stato brutalmente sconfitto dal Signore Blu Oscuro: la sua fine era inevitabile. Hanno collaborato Ok,forse esagero,i muri della scuola avevano bisogno di essere per questo numero ripuliti,troppe orme di piedi e scritte inutili,ma da qui a cancellare Francescopaolo una parte degli studenti passa un oceano: nonostante questo sia un Lopez - Daniele liceo scientifico e non un istituto d’arte,la libera espressione degli Catacchio - Fabio studenti è necessaria,anche all’interno delle mura scolastiche. Morghese - Ga Con la speranza che durante la Giornata dell’Arte di quest’anno pobriella Mancone tremo vedere writers che si aggirano per la scuola,con in mano bomVito De Carne - Mibolette colorate,pronti a ridar vita ai graffiti che non ci sono più. Paola Dabbicco V C chele Annoscia Marco Miani Simona VendemiaDavide Giannella Redaskakkinostri@ libero.it 32 mandateci i vostri articoli, riflessioni, compiti in classe, racconti, esperienze, figuracce, poesie, fumetti, giochi e tutto quello che la vostra