MILES GLORIOSUS

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MILES GLORIOSUS
M. ACCI PLAUTI
MILES GLORIOSUS
EDIZIONE
CRITICA,
CON INTRODUZIONE E COMMENTO
DI
EMICO COCCHIA
TORINO
ERMANNO
FIRENZE
Via T o r n a b u o n i , 20
LOESCHER
—
1893
ROMA
Via del Corso, 307
PROPRIETA
LETTERARIA
Torino — Stabilimento tipografico VINGENZO BONA.
A
MIOHELE
KERBAKER
MAESTRO INCOMPARABILE
CON ANIMO GRATO E AFFETTUOSO
DI DISCEPOLO.
INTRODUZIONE CRITICA
_A. X., 3VE I X. JB S
G L O R I O S t J S
I. II Miles gloriosus, composto da Plauto tra la fine
del 206 e il principio dell' a. 205 av. Or. (1), e la piu lunga
delle commedie p a l l i a t e giunta sino a noi. L'intreccio, su
cui esso e ordito, e dei piu fini e briosi, e bastano pochi cenni
a riassumerlo.
L'ultima avventura galante del soldato m i l l a n t a t o r e
aveva rapito al giovane P l e u s i c l e la pace del cuore, portandogli via da A t e n e la piacente F i l o c o m a s i o , di cui
era amante riamato. Un suo servo fedele, a nome P a l e s t r i o n e ,
fatto, per caso, poco dopo, schiavo dello s m a r g i a s s o , soccorre alla sua miseria e procura alla coppia passionata lieti
abboccamenti e convegni, per mezzo di un foro praticato tra
la casa del M i l e s e quella del suo vicino Periplecomeno.
Ma la scarsa prudenza dei due giovani fa si che Tinganno sia
presto scoperto da S c e l e d r o , uno dei servi posto dal Miles
a guardia di Filocomasio. ColFabile trovata di una gemella di
costei, capitata in E f e s o e proprio nella casa di Periplecomeno, in compagnia del suo amante, Palestrione riesce a sopire
o, meglio, a turbare neH'animo di Sceledro la coscienza della
sua scoperta. Sennonche la paura di nuove imprudenze gli consiglia di avvisare a rimedii piti efficaci. Mettendo a partito la
debolezza, che ha P i r g o p o l i n i c e , soprattutto per le donne
d'altri, la cui conquista egli considera come un riconoscimento
(1) Cfr. commento ai versi 213, 216, 232.
VI
INTRODUZIONE
o un omaggio reso alla sua bellezza, essi lo inducono a licenziare Pilocomasio e ad accettare 1'invito, appositamente concertato, di una gran dama, che fingono separata dallo sposo.
Ma, in luogo della dama, egli trova punizione degna della sua
vanita.
Questa tela semplicissima, su cui 1'arte di Plauto intesse
una delle piti graziose e spiritose commedie del teatro latino,
presenta, come appare, due parti tra loro distinte, la mistificazione del povero Sceledro e 1'intrigo, in cui si lascia cadere
quel masso bruto di vanita e spavalderia, che risponde al nome
di Pirgopolinice. La scarsa notizia degli originali greci, onde
le commedie latine son derivate, non ci consente di affermare,
che questi due motivi si trovassero insieme riuniti anche nelT 3A\a£d)v greco, su cui il M i 1 e s plautino dicesi modellato
(cfr. v. 86). Egli e pero assai verosimile, che 1'azione, generalmente troppo semplice ed uniforme della n u o v a commedia
ateniese, sia stata gia arricchita da Plauto di motivi nuovi,
per mezzo di quella contaminazione, di cui Luscio Lanuvino
fece tanto aspro carico a Terenzio. E spetta fuor di dubbio alla
perizia e all'acume critico di Augusto Lorenz (1) il merito
di averne rintracciate le prove anche nel M i 1 e s, e di aver
notato, con una sicurezza di giudizio veramente felice, i varii
punti di connessione tra gli elementi ascetizii e quelli integrali
del dramma primitivo.
Pur facendo eco al risultato delle sue argomentazioni, sembrami pero eccessivo ed ingiusto 1'apprezzamento, che il Lorenz
ne ricava, circa la inettitudine di Plauto a calcolare, come gia
insinuava il Venosino, Epist. I, 1, 170, 1'effetto artistico del1' insieme. Anzitutto io osservo che quell' incongruenza, che il
Lorenz, d'accordo cogli altri editori di Plauto, ha creduto di
scorgere nel punto di congiunzione tra le due parti essenziali
della commedia, esiste soltanto nella fantasia de' suoi critici.
E difatti, quando Palestrione, sul principio dell' atto t e r z o,
(1) In Eirileitang mm Miles gloriosus, pag. 31-42.
INTRODUZIONE
VII
chiama a raccolta i suoi fidi e, dopo di aver perlustrata con
grande precauzione la scena,
ne uspiam insidiae sient,
Goncilium quod hab er e volumus (v. 598-9),
domanda 1'avviso dei suoi interlocutori circa la condotta da
tenere per Tavvenire; non e presumibile che le parole con cui
egli inizia il suo discorso:
Sedvolo scire, eodem consilio, quod intus
meditati
sumus,
Gerimus rem (v. 613-4),
si riferiscano proprio a quel piano, che preannunzia Periplecomeno sulla fine delTatto precedente (1) e che, come conferma
Palestrione in 766 segg. (2), non era stato ancor fin qui escogitato. In tale interpretazione o, meglio, nella contradizione che
essa riconosce, nei versi da noi ricordati, tra Vhabere e il meditati sumus, non vi pu6 essere che un abbaglio. II consilium
quod intus meditati sumus e nient' altro che Tespediente del
foro, che Palestrione aveva praticato nella parete, dietro suggerimento di Periplecomeno (3), e che costituisce il centro
della prima parte di quesfazione comica. Sicche, quando egli
chiede ai suoi compagni, se vogliono burlarsi ancora del
M i l e s , nel modo come sin qui hanno fatto, si pu6 benissimo
riconoscere in queste sue parole un addentellato all' intrigo
(1)
Eedeo in senatum rusum. nam Palaestrio
Domi nunc apud mest, Sceledrus nunc autemst foris:
Frequens senatus poterit nunc haberier.
Ibo intro, ne, dum absum, multa sortito fuat (Mil. Gl, v. 593-6).
L'adunanza, che qui si annunzia, e evidentemente quella stessa che poi
ha luogo nel principio delPatto successivo.
(2) Nunc huc animum advortite ambo. mihi opus est opera tua,
Periplecomene: nam ego inveni lepidam sucophantiam,
Qui admutiletur miles usque caesariatus, atque uti
Huic amanti ac Philocomasio hanc ecficiamus copiam,
Ut hic eam abducat abeatque
(Mil. G2., v. 766-70).
(3)
In eo conclavi ego perfodi parietem,
Qua commeatus clam esset hinc huc mulieri.
Et sene sciente hoc feci: is consilium dedit
(Mil Gl, v. 1424).
VIII
INTRODUZIONE
ulteriore, che Plauto innesta al piu semplice motivo della commedia greca; ma non vi si puo scorgere il suggello esteriore
di quelle contradizioni o imperfezioni, che anche altrove, nel
corso del dramma, udremo a torto rimproverargli (1).
Insussistenti e fallaci, al pari del primo, a me sembrano gli
altri appunti, che il Lorenz muove alla composizione del Miles,
in rapporto cogli elementi artistici, onde esso risulta.
Lascio da parte la originale e splendida scena della cella
vinaria (vv. 818-70), cosi riboccante di umore comico, che
Plauto inserisce con senso finissimo d' arte, come riconosce
anche il Lorenz (2), tra il secondo disegno di Palestrione e il
travestimento di Acroteleuzio, che concorre ad attuarlo. La
fuga di Sceledro nella cantina, dove in bacchico abbandono
egli russa sonoramente, dimentico delle sue colpe e de' suoi
timori, se e in contradizione col primo proposito, che egli aveva
fatto (3), e Periplecomeno conferma (4), di fuggire dalla casa
del padrone; e d'altra parte di un effetto comico cosi mirabile,
che non mi regge 1'animo di far carico a Plauto della nessuna
premura, che egli ebbe, di annunziarci a tempo e luogo il
cambiamento avvenuto in quel suo disegno. A cid provvide
quell' ignoto scoliasta o grammatico, da cui proviene il languido verso 586:
Verum tamen, de me quidquid est, ibo liinc domum,
che si legge tanto nella redazione Ambrosiana del M i 1 e s,
come in quella che mette capo ai codici del Camerario. Ma
(1) Cfr. nota al v. 185 e Indice s. P l a u t o .
(2) AUG. LORENZ, 1. c. p. 35: « da nun die Beratung vor den Augen
der Zuschauer stattfindet, war, um die in derselben bescklossene Ausstaffierung der Acroteleutium zu bewerkstelligen, eine Zwisckenscene notwendig, bevor sie selbst auftreten konnte; und dieser Notwendigkeit genligt vortrefflick die siebente Scene, die mit reickem Humor den eckten
Sklavenjargon wiedergiebt und ganz aus der Hand des Plautus selbst zu
stammen scbeint ».
(3)
Nam iam aliquo aufugiam et me occultabo aliquot dies
(Mil Gl, v. 583).
(4)
Illic kinc abscessit.....
Sceledrus nunc autemst foris (Mil Gl, v. 587, 594).
INTRODUZIONE
IX
1'artista vero ebbe 1' intuito felice della situazione e, lungi dal
descrivere la scena ne' suoi piu minuti particolari, lasci6 al lettore sorpreso la cura di completarla (1) e di rappresentarsi la
corsa faticosa di Sceledro in preda alle sue apprensioni, finche
una trovata di spirito non gli present6 Fimmagine della cantina
come il luogo piu sicuro del suo rifugio.
Da un preconcetto, pari a quello or discusso, e ispirato anche
Fappunto assai piu grave, che fa il Lorenz, al richiamo del
primo motivo comico, intrecciato da Plauto nella seconda parte
della commedia. Dopoche Palestrione ha esposto in quella scena
squisitissima di carattere, che intramezza fra i due intrighi
(vv. 597-812), il suo nuovo piano di guerra contro il M i 1 e s,
egli intesse con Pleusicle, in forma di preveggente ammonimento, questo dialogo (vv. 805-11):
PA. Nunc tu ausculta, Pleusicles.
PL. Tibi sum oboediens. PA. HOC facito: miles domum ubi
advenerit,
Memineris ne Philocomasium nomines. PL. Quem nominemP
PA. AiKouav. PL. Nempe eandem quae dudum constitutast.
PA. Pax, abi.
PL. Meminero: sed quid meminisse id refert, rogo ego te
tamen.
PA. JEgo enim dicam tum, quando usus poscet. Interea tace:
Ut, quom etiam hic aget, tu actutum partis defendas tuas.
L'allusione vaga di tali parole non si penetra a prima intesa; ma il chiarimento, domandato da Pleusicle, soccorre in
buon punto per fermare su di esse Tattenzione dell'ascoltatore
e lasciargli intravedere un intrigo, che d'altronde non ha luogo.
Sceledro infatti ha avuta troppa. cura del suo gorgozzule, per
potersi, con una scrupolosM intempestiva, procurar novelli
grattacapo, merce rivelazioni imprudenti, che richiedano poi,
(1) Anche il LORENZ, che si appoggia su questa incongruenza, dove per6
notare, p. 37: « zwar fehlt uns von jenem Monologe der Schluss ».
X
INTRODUZIONE
per esser composte, 1'intervento nella scena di quella coppia
d'amanti, immaginata cosi argutamente da Palestrione, nella
prima parte della commedia (vv. 382-570), e fatta brillare
anche qui, con somma prudenza, innanzi alla mente del povero
Pleusicle, come un mezzo di possibile futura salvazione.
Sennonche il Lorenz prende in parola il povero commediografo, e, poiche tal preveggenza risulta al fatto inutile,
scorge in questo ricorso del vecchio motivo nientfaltro che un
espediente artificiale, adoperato da Plauto al solo fine di fondere insieme i due elementi, affatto tra loro inconciliabili, del
dramma. Anzi egli aggiunge, per confermar sempre meglio la
sua tesi dell' imperfetta fusione delle due parti della commedia,
che quel tentativo e intrinsecamente inverosimile; giacche, se
esso pote riuscire opportuno contro la buona fede di Sceledro,
sarebbe stato affatto insufficiente di fronte al M i 1 e s, il quale,
per le sue relazioni d' intimita avute in Atene colla madre di
Filocomasio (vv. 106 sgg.), si trovava ben in grado di riconoscere e sventare 1' invenzione della gemella, arrivata in Efeso
in compagnia del suo amante (1).
Io osservo, anzitutto, che tal trovata, che qui si richiama
sol per incidente, ha larga parte nel primo intrigo della
commedia (vv. 156-273), sicche, nel caso, la sua inverosimiglianza dovrebbe imputarsi principalmente all'originale greco,
onde Plauto l'ha ricavata. Ma, passando al meglio, come mai
il Lorenz ha potuto dimenticare, che 1'acume intellettuale, che
egli attribuisce al protagonista della commedia, si trova in
piena contradizione col fatto, donde il consiglio di Palestrione
prende le mosse:
Erus meus elephanti corio circumtentust, non suo,
Neque habet plus sapientiae quam lapis (vv. 237-8)?
(1) LORENZ, 1. c. p. 36: « sehr unwahrscheinlich jedoch ist es, den Miles,
der langere Zeit in Athen war und stets im intimsten Verkehr mit der
Mutter des Madchens, mit einem so merkwtirdigen Umstande unbekannt
zu wahnen, dass sie eine Zwillingschwester habe tam similem quam lacte
laetist! Er hatte sich ja grade dem Miles, der immer so liistern ist, recht
einpragen sollen ». Ma cid e ben altra cosa che subodorare 1' inganno e
negar fede ad una fandonia!
INTRODUZIONE
XI
Or, se tal presunta inverosimiglianza sparisce dal nodo del1'azione, non vi e chi possa sinceramente rimproverare a Plauto,
sulle orme del Lorenz (1), 1'eccessiva preveggenza di Palestrione,
ovvero che le ipotesi da lui fatte sieno assai piti larghe della
realta. Forse in un'opera d'arte, di disegno e fattura perfettamente classica, si pu6 anche ottenere 1'equivalenza piena
di quei due fattori; ma in una commedia popolare, semplice
e schietta, che trae il suo motivo dalla vita reale, quella
corrispondenza imperfetta tra la realta e le intenzioni delFautore e lo specchio piu fedele della spontaneita che la ispira e
feconda.
Non e per6 a credere che questa caratteristica dell'arte popolare, che io noto in Plauto, concluda, sott' altro nome, ai
difetti stessi avvertiti dal Lorenz (2). Che anzi la ricerca delle
fonti greche del Miles e la decomposizione di questo negli
elementi artistici che lo costituiscono e per noi la prova piu
evidente di quello studio calcolato dell'insieme, che sembra il
(1) LORENZ, 1. c.: « entweder muss hier Plautus mit einer starken Gedankenlosigkeit etwas ganz Ungehoriges aus dem einen Original in die
Bearbeitung des anderen eingeschoben haben- oder er dachte oberflachlich
zuriick an jenen ersten Plan Palastrios, der auch gegen den Miles gerichtet war, schien hier einen passenden Verbindungspunkt beider Halften
zu finden und war vielleicht nicht mit sich selbst einig, ob er noch eine
gegen den Miles gerichtete Tauschungsscene zum besten geben sollte.
Wie ganz iiberfliissig aber dieses erneuerte Erwahnen der Zwillingschwester nach dem bereits abgekarteten zweiten Plane erscheinen muss,
hat Plautus selbst nolens volens in den folgenden Versen bewiesen: denn
jeder Leser wird es vollkommen berechtigt finden, wenn Pleusicles antwortet: Meminero, sed quicl meminisse icl refert, rogo ego te tamen, und
mit Befremden die folgenden Worte Palastrios vernehmen . . . Denn diese
konnen sich nur auf ein folgendes Zusammenspiel beider (oder aller drei:
der AiKOtia, des beleidigten Liebhabers, des erziirnten Wirtes) im Hause
des Periplecomenus beziehen. Doch von diesem allen tritt nichts ein, und
es isKauch gut, dass nichts eintritt».
(2) LORENZ, 1. c. p. 37: « er hat sich hier einfach eine jener Nachlassigkeiten zu schulden kommen lassen, die sich bisweilen in seinen Stiicken
finden, und die, das bekannte Urtheil Horazens beleuchtend, dafiir zeugen,
dass dem Dichter bei all' seiner Begabung und all' seinem Takt fiir das
Biihnengemasse dennoch die feinere, durch tieferes Studium und ernsteres
Nachdenken erzeugte theoretische B i l d u n g abging, daneben aber
auch bisweilen die notwendige, alles genau abwagende, begriindende und
ausfiihrende Sorgfalt bei der Arbeit selbst».
XII
1NTR0DUZI0NE
Lorenz neghi alla coscienza artistica di Plauto, qual si rivela in
questa commedia. Cominciando dal duplice intrigo, si puo sostenere con ragione, almeno apparente, di vero, che esso distrugga
Tunit^ delFazione drammatica, quandoil secondo e rappresentato come conseguenza necessaria del primo, ed entrambi concorrono all'identico scopo, di rendere a Pleusicle e Pilocomasio
la pace perduta? Non deve anzi il ritorno delPantico motivo
nella seconda parte del dramma(vv. 805-11) e il ricordo della
sorella di Filoeomasio, che riapparisce in lontananza nella soluzione finale (vv. 968-9, 1095, 1305, 1307), considerarsi pur
esso come un suggello di quell'unita, indarno negata? La
quale si afferma anche megiio in quella comparsa finale di
Sceledro, che, di ritorno dal porto, facendo eco al dolore del
padrone, da, in aria fra mesta e canzonatoria, ad entrambi la
coscienza delFinganno, di cui furono vittime:
PY. Servos meos
Eccos video. Philocomasium iam profectast? dic mihi.
Sc. lamdudum. PY. Ei mihi. Sc. Magis dicas, si scias
quod ego scio.
Nam illic, qui lanam ob oculum habebat, nauta non erat.
PY. Quis erat igitur? Sc. Philocomasio amator. PY. Qui
tu scis? Sc. Scio:
Nam postquam porta exierunt, nil cessarunt ilico
Osculari atque amplexari inter se (vv. 1419-25).
Si aggiunga a tutto cio la perfetta disposizione artistica del1'insieme; quella mirabile e caratteristica entrata in iscena di
Pirgopolinice e di Artotrogo, che prelude alFazione comica;
1'originale e ben riuscita posposizione del prologo alla piena
conoscenza, che il pubblico ha gia acquistata del protagonista;
la gran scena di carattere, che intramezza fra i due intrighi e
porge agli spettatori occasione propizia di far conoscenza piii
intima cogli altri personaggi della commedia; e soprattutto
poi Tesodo solenne di Pirgopolinice, che muove verso il foro,
per compiacere al suo regale amico Seleuco, e poi ne ritorna
INTRODUZIONE
XIII
sol per esser messo alla gogna (1); e mi si dica se e presumibile, che un maestro si grande della scena e un creatore si
perfetto di caratteri infranga la sua solida barca contro quegli
scogli fantastici, che aH'occhio del Lorenz hanno presa apparenza di mostri atti a travolgerla. Ho detto creatore di caratteri
e mai forse 1'epiteto fu piii vero; giacche nel Miles 1'azione
non langue mai e le figure anche meno appariscenti mandano
sprazzi cosi subitanei di luce e di vita, che ne disegnano con
grande perfezione i contorni ed il carattere all'occhio vigile
deirosservatore.
II. L'angustia dello spazio,riserbato a questa Introduzione,
non mi consente di allargare 1'esame critico della commedia in
quelle proporzioni, che 1' importanza del soggetto richiederebbe.
A me basta di aver mostrato, con questo rapido cenno, qual sia
il pregio della commedia, a cui abbiamo dedicate le nostre cure,
e come, pur dopo gli studii assidui e pazienti che la critica
d'oltr'alpe ha consacrati a Plauto, possa riuscire non in tutto
infruttuosa 1'opera di chi voglia ancora attendere a tal soggetto,
con piena.scrupolosita e indipendenza di giudizio.
L'edizione del Miles Gloriosus, che per invito del benemerito e solerte editore ora vede la luce in questa Collezione,
ha la doppia pretesa di essere insieme critica ed ermeneutica,
di provvedere cioe, nei limiti consentiti alla nostra cultura e
alla nostra intelligenza, a tutte quelle difficolta che il testo
di Plauto pu6 presentare all'acume di un intelligente lettore.
Pacendo capo alle pregevolissime edizioni del Lambino, del
F l e c k e i s e n , del Bibbeck, dell'Ussing, del B r i x , del
Lorenz, del T y r r e l l e sopratutto a quella splendidissima
che, sotto gii auspicii fortunati del KITSCHL, ha riveduto recentemente la luce, merce le cure intelligenti e solerti di Giorgio
G o e t z (2), noi abbiamo cercato di trarre ognora partito, il
(1) Nel corso deirazione Pirgopolinice e rappresentato tuttora nel foro,
cfr. vv. 72, 579, 806, 856, 926, 929, 942.
(2) M. Accius PLAUTUS ex fide atque auctoritate complurium Ubrorum
manu scriptorum opera DIONYS. LAMBINI Monstroliensis emendatus: ab eodemque commentariis explicatus. Apud heredes Eustathij Vignon, MDXCV,
XIV
INTRODUZIONE
megiio che fosse possibile, tanto dal piii antico come dal piu
recente lavorio, che la critica ha esercitato intorno al testo plautino. E, mettendo in ogni caso a fondamento del nostro esame
la tradizione piu genuina dei manoscritti, quale e stata a noi
rivelata dalFopera immortale di Guglielmo Studemund, ci
siamo studiati con tutta premura di renderle quelTautorita, che
non poche volte a torto, secondo il nostro avviso, le era stata
disconosciuta. La ricostruzione del nostro testo differisee per tal
motivo, abbastanza spesso, anche dalla recente e bella edizione
critica del Goetz, per avvicinarsi piti strettamente a quella tradizione manoscritta, a cui di mano in mano la critica riconosce,
quando sia intellettualmente interpretata, sempre piu incontestabile e quasi eselusiva autorita.
Poiche, d'altra parte, 1'esame critico del testo non pu6 assolutamente prescindere da un'ermeneutica coscenziosa e illuminata di esso, noi abbiamo creduto, pur questa volta, di dover
fondere insieme questi dne elementi integrali del nostro studio,
che nelle edizioni tedesche si tengono per solito quasi violentemente disgiunti. Io non so se questo mio criterio incontrera
1'assenso benevolo dei professori e tornera salutare, quanto mi
auguro, alle scnole cui il libro e destinato. Questo solo credo
fermamente, che lo studio diretto della tradizione, quando non
passi inavvertito (il caso contrario, naturalmente, non nuoce),
possa riuscire di singolare efficacia educativa, tanto intellettuale
pagg. 533-601; — T. MACCII PLAUTI comoediae. Becensuit et enarravit
LUDOVICUS USSING. Vol. IV, P. I, Hauniae, 1882; — Miles Gloriosus fur
den Schulgebraueh erlcldrt von IULIUS BRIX. Zweite Auflage. Leipzig, 1882;
— Ausgewdhlte Komodien des T. Maccius Plautus erMdrt von AUG.
0 . P R . LORENZ. Drittes Bdndchen: Miles Gloriosus. Zweite umgearbeitete Auflage. Berlin, Weidmann, 1886; — The Miles Gloriosus of T.
Maccius Plautus. A revised text with notes by ROBERT YELVESTON TYRRELL. 'Third edition. London, 1889; — T. Maccii Plauti Miles Gloriosus.
Becensuit Fridericus Bitschelius. Editio altera a GEORGIO GOETZ recognita. T. IV, Fasc. II. Lipsiae, MDCCCXC; — THEODORUS HASPER, Ad
Plauti Mil. Glor. marginalia in Commentationes TPleckeisenianae. Lipsiae,
1890, pag. 171-186. Di ciascuno di questi autori, e degli altri molti che
qui non nomino, si trovera quasi sempre fatta menzione a suo luogo, anche
quando si tratti di semplici citazioni, da essi prese in prestito.
INTR0DUZI0NE
XV
quanto morale, e generare neH'animo del giovane quel salutare
t u r b a m e n t o , che e principio di vero sapere e prepara insensibilmente la trasformazione della sua coscienza in quella
di uomo.
Cesinali, XX settembre del 1892.
ENRICO COCCHIA.
M. ACCI
MILES
PLAVTI
aLORIOSYS
GRAECA. A A A Z f l d
ARGVMENTVM I.
Meretricem Athenis Ephesum miles auehit.
Non e certo che le commedie di Plauto, alla pari di quelle di Terenzio,
fossero precedute dalla didascalia col nome del rifacitore, col titolo delPoriginale greco, onde erano ricavate, e colla data della prima rappresentazione. La sola che ci si conservi, relativa allo Pseudolus (giacche quella
Ambrosiana premessa allo Stichus e evidentemente falsa), non contiene
che quest1 ultima indicazione. II titolo, che qui precede, si conforma, per
rispetto aH'originale greco, al v. 86, e quanto al nome del poeta alla soscrizione del palimpsesto Ambrosiano, che suona, per testimonianza concorde del Loewe e dello Studemund: MACCI
PLAVTI
MILES
GLORIOSVS
EXP, colFomissione cioe di quel T solitario della Casina,
che fu per cosi lungo tempo sollevato agli immeritati onori di indicare il
prenome di Plauto, cfr. Tintroduzione ai Captivi e al XXI libro di Livio.
A r g u m e n t u m I. — Gli a r g o m e n t i delle commedie plautine sono
di due specie. Gli acrostici (premessi alle 21 fabulae Varronianae e
conservati integralmente, ad eccezione che per le Bacchidi, le quali mancano del principio, e per la Vidularia che b perduta) rappresentano colla
serie iniziale delle lettere, onde traggono il nome (da axpoc; « principio »
e OTIXOC; « verso »), il titolo della commedia e derivano assai probabilmente dal retore Aurelio Opilio, che visse circa un secolo dopo di
Plauto e compose, secondo Gellio, 3, 3, 1, gli indici delle commedie plautine e secondo Svetonio, Gramm., 6 un libellus qui inscribitur pinax,
preceduto da un'intestazione acrostiea col nome del compositore (OpiUius).
Gli argomenti non acrostici precedono semplicemente alFAmphitruo, alla
Aulularia, al Mercator, al Miles e allo Pseudolus, senza dire delle poche
tracce che se ne riscontrano neirAmbrosiano anche innanzi al Persa e allo
Stichus; sono per lo piu di 15 versi, ad eccezione di quello delPAmphitruo che ne ha 10, e derivano probabilmente da quel G. Sulpicio Apollinare di Cartagine, maestro di Pertinace e di Gellio, che scrisse anche le
periochae in 12 versi senarii, premesse alle fabulae di Terenzio, e gli argomenti in sei esametri che accompagnano i libri delYEneide. Gli argomenti plautini dimostrano nei loro autori, per le frequenti reminiscenze
onde sono infiorati, buona notizia della lingua e dello stile di Plauto e
segnatamente delle commedie a cui sono premessi; ma tradiscono la loro
origine spuria alUaffettata arcaicita e alle tracce frequenti di neologismi;
cfr. C. R. Opitz, Z> argum. metr. lat. arte et origine nelle « Leipziger
Studien », VI, 193-316. — 1. meretricem, i. e. Philocomasium, miles, i. e.
PLAUTO, Miles Gbriosus, comm. da E. COCCIIIA.
1
2
M. ACCI PLAVTI
Id diim ero amanti seruos nuntiare uolt
Legato peregre, ipsus captust in mari
Et eidem illi militi dono datust.
Suom arcessiwt erum Athenis et forat
5
Pyrgopolinices, cfr. v. 113. — 2. ero amanti, i. e. Pleusicli, servos, i e.
Palaestrio, cfr. 116. — dum ero, cfr. per Tiato coi monosillabi desinenti
in m anche i versi 197 e 308. — volt. Come risulta ad evidenza dalFuso
delle iscrizioni e dei manoscritti migliori ed e poi confermato dalle testimonianze concordi di antichi scrittori, il latino rifuggiva dalFincontro di
due vocali simili, e, a quel modo che adoperd sempre fino a quasi tutto
il primo secolo deirimpero un semplice * per il finimento dei genitivi in
-ius ovvero anche per rappresentare Yji^ che risulta da alcune forme verbali (cfr. conicit per conficit da * con-jacit) e che, corae e ormai noto, non
si poteva esprimere che colla ripetizione del medesimo segno; cosi del pari
conservd sempre intatto V antico colorimento della vocale o, sia tematica
sia radicale, ogni qualvolta si trovava ad esser preceduta da un u col
valore sia di vocale sia di consonante, cfr. volpes, volturius, voltus, volgo,
volnus, avolsa; tuos, suos, tuom, suom, novos, mortuos, mutuom, ingenuom, equom, quom, quoius, quor; vivont, fluont, metuont, loquontur. —
3. legato e apposizione di ero, cfr. 102. — peregre indica moto verso un
luogo o movimento da un luogo (a differenza di peregri che accenna propriamente stato) e si riferisce a Naupatto, la citta dei Locri Ozolii sullo
stretto Corinzio, cfr. 116. Quanto airiato dopo la cesura semiquinaria, notiamo, a semplice titolo di curiosita, i tentativi diversi, ma non necessarii,
fatti per evitarlo: captust ipsus Kitschl e Fleckeisen, sulFesempio antico
del Pareo, peregred Ribbeck, ibi ipsus Schoell. — ipsus, forma collaterale
di ipse (cfr. anche ollus e istus), assai frequentemente usata dai poeti
drammatici, e richiamata piu tardi in vita dalP arcaista Frontone. —
captust, e piu propriamente captus'st, coll' enclisi cioe della copula, cosi
comune nel linguaggio popolare, colle voci es ed est, dopo una parola desinente in voc, in s ovvero anche in m, cfr. 31 quidemst, 35 adsentandumst, 232 commentus's, 45 memoria's. — 4. eidem e computato comunemente dagli editori come un trisillabo, che ha la lunga nella prima
sede. Io pero, notando che Vei nel Miles e in generale negli argomenti
ricorre soltanto sotto la forma di un giambo (Mil. 348, 1088, arg. 111,
Men. arg. 2, Pseud. arg. I 3, Trin. arg. 6, JEpid. arg. 3) o pure di un
monosillabo [Mil., 147, 256, 298, 870 e arg. II, 12), preferisco anche qui
Tuna o 1'altra delle due misure, salvo ad ammettere 1' iato dopo il dem,
che gli antichi editori evitavano colla posposizione di eidem ad illi. —
dono, cfr. 120. — 5. arcessivit
erum, con dieresi pari a quella dei versi
6 ed 8 e con iato. Quanto all1 alternativa del presente col perfetto, che
consiglid forse al copista la riduzione in *arcessit da arcessivit, che e la
forma da noi ristorata sull'es. del Seyffert, Philol XXIX, 396, cfr. manumisit in Most arg. acr. 1. Quanto alle emendazioni proposte dal Ritschl
e dal Goetz, che aggiungono servos o Ephesum dopo arcessit e sostituiscono dominum a erum, non mi consente di ritenerle verosimili la lezione della prima mano del codex vetus Camerarii (B): ars cessit
erumna thenis, che ha tutta Fapparenza di conservarci gli elementi inte-
MILES GLOKIOSVS, ARG. I,
2—9
3
Geminis communein clam parietem in aedibus,
Licere ut quiret conuenire amantibus.
Obhaerentis custos h6s uidet de tegulis,
Kidiculis autem, quasi sit alia, luditur.
grali delFantica lezione, falsamente decomposti e aggruppati con latineggiamento delYeruma in erumna, pari al videre spolia mares del
v. 1262 per videre *spolsia mares ( = videres pol si amares). II Gandino, Biv. di fil., 1, 415-32, proponeva invece di leggere: suum ar sese
arcessit. — forat, cfr. 142. —
6. geminis, cioe le due case vicine del
miles e di Periplecomeno, presso di cui era ospitato Pleusicle, cfr. 134 segg.
II Brix, d' accordo colF Ussing, interpreta geminis come identico a vicinis
e lo considera, sulVes. del Lorenz, come voce non plautina. Sennonche il
rafironto gia fatto con Ter., Andr., 674: ex unis geminas mihi conficies
nuptias, dove geminas fa chiaramente le veci di binas, rende anche assai
evidente e corretto per il nostro luogo il significato di « due », che gia
gli antichi interpreti gli attribuivano (il Lambino vi fa corrispondere duplicibus). — clam, secondo il cod. B, a causa dell'identita delle due lettere 1 ed i trovasi ridotto, per via di un semplice latineggiamento, nel
codex d e c u r t a t u s Camerarii (C) e nelFOrsiniano (D), in sciam e
alterato poi falsamente in scite dal Ritschl e Fleckeisen e scitus dal
Ribbeck. — in aedibus, secondo la lezione dei mscr., dipende da forat e
non da communem. — 7. licere ut quiret, con una di quelle ridondanze
cosi comuni al linguaggio popolare (cfr. Asin. 1, 3, 61: neque conari id
facere audebatis prius) e non estranee nemmeno air uso degli scrittori
classici, cfr. Cic, Off., 3, 4, 20: licentiam ,dat ut liceat e Caes., B. G., 1,
35, 3: permitteret ut liceret. L^emendazione di liceret (come si legge nei
codici per una di quelle alterazioni cosi frequenti
soprattutto in B, cfr. 547)
in ticere e gia nel Pio; la congettura dell1 Acidalio ut qui (=» quo> cfr.
Asin.y 501) per ut quiret, accettata dairUssing, ammette una sostituzione
o integrazione, per parte dei nostri copisti, che non e punto verosimile.
Assai piu ingegnosa e la congettura del Gandino: liceret qua ire et convenire, di cui per6 il testo non ha punto bisogno. — convenwe, cfr. 139:
convenas facere. — S. obhaerentis « stretti insieme » ha raffronto colYosculantis del v. 176, che il Camerario voleva sostituito anche qui. La
congettura del Ritschl oberrayis, sebbene accettata concordemente da tutti
gli altri editori, si apparta troppo dalla lezione dei mscr. e toglie al videt
il predicato che gli e necessario per completarne il senso. Cio m' induce
ad invocare in favore della lezione dei mscr. obhaerentis la legge delle
parole bacchiache, per cui una sillaba lunga in tesi, seguita dalPaccento,
puo essere computata metricamente come breve; quantunque nel caso nostro,,
chi volesse prescindere dalla concordanza delYictus colPaccento nel primo'
e nel terzo piede, potrebbe, facendo a meno di tale licenza, escludere hos
come una dittograha di custos. II Gandino invece propone osclantes. —
custos, i e. Sceledrus, che teneva in custodia la donna per incarico del
soldato, cfr. 146. — 9. ridiculis, i. e. modis « in modo curioso »: il n.
sing. sostantivato delFagg. ridiculus (cfr. Capt, 482) ricorrre in Amph.,
917: ridiculi causa e Truc, 263: per ridiculum « per scherzo »; in luogo
per5 della forma del plur. ridicula Plauto adopera comunemente ridicularia (Trin., 66, Asin.f 330), il che forse consigliava al Seyffert, Phil>
4
M. ACCI PLA.VTI
Itemque impellit militem Palaestrio
Omissam faciat concubinam, quando ei
Senis uicini ciipiat uxor niibere.
Vltro abeat orat, donat multa. ipse in domo
Senis prehensus poenas pro moecho luit.
10
ARGVMENTVM II.
Meretricem ingeiiuam deperibat miituo
Atlieniensis iiiuenis. Naupactum is domo
Legatus abiit: miles in eandem incidit,
Deportat Ephesum inuitam. seruos Attici
XXV, 439, di sciogliere ridiculis in ridicule is. — alia « un'altra aifatto
diversa », i. e. gemina germana soror. — luditur, i. e. a Palaestrione et
Periplecomeno, cfr. 3, 4, 5. — 11. omissam faciat, espressione non plautina per missam faciat o amittat, cfr. 1096. — concubinam, cfr. 140. —
ei ha la seconda raano del cod. B, in luogo forse di eli, che e certamente
la fase onde deriva celi nei codd. C e D. —
12. senisvicini, cioe di Periplecomeno. — uocor, cioe la meretrix Acroteleutium (v. 782) travestita
da matrona. — nubere, cfr. 970. — 13. orat, i. e. miles, cfr. 1145, abeat
i. e. concubina. — in domo e divenuto nei codd. in modo con una inversione curiosissima. — 14. moecho, cfr. 775. — poenas luit> come anche
p. dat, non sono espressioni proprie di Plauto, il quale fa uso di maJum
o malam rem dare, ovvero anche di poenas sufferre (Amph., 3, 4, 19) o
pendere (Asin., % 4, 77).
Argumentum II. — 1. ingenuam. Questa notizia, come intravide
acutamente il Lorenz seguito dallo Schmidt, deriva dalla lezione vera del
v. 100, che a noi non h forse piu dato di ricostituire con sicurezza. La
conoscenza precisa della favola, che dimostra Fautore deH'argomento, non
ci consente di ritenere col Brix che egli abbia scambiato Tamante di Pleusicle colla meretrice, di cui e parola nel v. 490. Sebbene le meretrici fossero in generale delle schiave a servizio di un leno, pur vi erano anche
tra esse delle libertinae (Gist. 1, 1, 40), e talora chi sa anche delle liberae.
-— deperibat, cfr. 99, 101. — mutuo, forma non plautina (nel v. 1253
ricorre soltanto mutuom fit), adoperata per la prima volta in unione con
diligere e con amare da Planco, pr. Cic. Fam., 10, 9, 3 e da Varr., presso
Non#> p. 350, compendia qui, in modo non proprio, il concetto espresso
nei vv. 100-101 e assume il significato di cum contra amaretur. — Naupactum is domo per Naupactis domum, che e la lezione dei codd. B C D,
si deve ad una congettura assai felice del Pylades, cfr. v. 102. —
4. deportat non plautino per avehit, cfr. 938.2 — invitam, secondo la
congettura del Saraceno, per invitat dei codd. B CD. — Attici, sostant.
MILES GL0RI0SVS, ARG. I , 1 0 — 1 1 ,
15
Vt nuntiaret domino factum nauigat:
Capitur, donatur illi captus militi.
Ad erum lit ueniret Ephesum scribit. Muolat
Adulescens atque in proximo deuortitur
Apud hospitem paternum. medium parietem
Perfodit seruos, commeatus clanculum
Qua foret amantum: geminam fingit miilieris
Sororem adesse. mox ei dominus aedium
Suam clientam sollicitandum ad militem
Subornat. capitur ille: sperat nuptias,
Dimittit concubinam et moechus uapulat.
5
5
10
15
non plautino per Atheniensis; il plur. Attici per cives Athenienses ricorre una volta sola in Merc, 5, 1, 8. —
5. navigat, cfr. 115.
— 6. HM, in B illic, cfr. arg. I 4 e v. 118. — 8. devortitur per revoriitur (B) sulFanalogia dei vv. 1B4 e 240 propose per il primo il Saraceno.
— 10. commeatus, cfr. 143. — 11. geminam... mulieris, secondo le congetture dello Scutario e del Camerario, per geminat mulier. — fingit —
simulat, cfr. 796, 909. — 12. adesse col Pylades per ait esse (B D C). —
dominus aedium = hospes paternus Periplecomenus. —
13. clientam
(in C D dientam), cfr. 789. — sollicitandum « ad attrarre nei suoi lacci »,
cfr. 1066 sublectare. — subornat «induce», cfr. 785. —
ld. sperat
per spernat (B C D), secondo la corigettura dello Scutario, cfr. 970 e 1164.
— 15. dimittit « lascia andar via » in luogo della forma amittit esclusivamente adoperata da Plauto in questo senso, cfr. 457, 1096 e Capt.,
prol. 36.
6
M. AGCI PLAVTI
PEESONAE.
PYRGOPOLINICES MILES
SATELLITES PYEGOPOLINICIS
ARTOTROGVS PARASITVS
PALAESTRIO SERVOS
PEEIPLECOMENVS SENEX
Personae. — Chi studia i nomi comunemente attribuiti da Terenzio,
sulla scorta degli scrittori Attici, ai personaggi delle sue commedie, pu6
trovare bensi in mezzo a loro, talvolta, qualcuno che significhi vagamente
la caratteristica del personaggio a cui si riferisce (cfr. ad es. i nomi dei
soldati Polemone e Thrasone e il parasito delFEunuco I~vd0ujv); ma non
sente mai in essi quella ricca vena di sentimento comico, che sgorga spontanea dalle fogge cosi strane di nomi, in cui Plauto ha impresso il primo
suggello della sua originalita e attitudine inventiva. Di fronte al TToXu]uaxaipOTrXaYibr|<; o vir dentatus e air'ApiraS qui hostes vivos rapit
ex acie dello Pseudolo, al OepaTcovTiYovo<; TTXaTaYibujpo<; del Curculio,
allo XTpaTiTnroKXfjc; magnus miles raptor hostium ghriosus delPEpidico,
al KXeojudxoc; delle Bacchidi, alFAvTajuuvibrK del Poenulus, allo XTpaToqpdvrjc; del Truculento, il nome di TTupYOTroXiviKr|<; « espugnator di torri
e di citta » (cfr. 1055: urbicape, occisor regum, il che rende inverosimile
la connessione con TToXuveiKr)<; o TroXuviKr)<; proposta dal Benseler, dal
Birt e da altri, sulF autorita della grafia usata in alcuni punti dalPAmbrosiano), dato al personaggio caratteristico del Miles, e quello del suo
competitore Bumbomachides Clutomestoridysarchides si lasciano di gran
lunga indietro rA(priaiT€ixn,<; di Difilo, su cui forse il primo e pur modellato, per assurgere alFaltezza di una vera e propria creazione. — satellites son quelli a cui Pirgopolinice accenna nel prologo, cfr. v. 1 e 78.
— Artotrogus non e gia « il divorator di pane » (nel qual senso non si
trova mai adoperato il v. gr. TPUUYUJ), ma ben piuttosto, come intravide
primieramente il Lorenz, « il roditore », vale a dire colui che in mancanza
del meglio (cioe deiroiyov) addenta di mala voglia il pane e ne rode la
corteccia, per soddisfare o mitigare Pistinto della fame (cfr. per il paragone
dei parasiti coi topi Capt, v. 77 : quasi mures semper edimus alienum
cibum). Da questo punto di vista il nome piglia un colorito altamente
comico, paragonabile a quello degli altri parasiti, Curculio (Gurc, 586),
Saturio (Pers., 101), Peniculus (Men., 77), feXdai^iot; (Stich., 174) ed
'EpYdaiXoc; ironico per chi non lavora niente (Capt., 68); cfr. quanto alla
formazione il MiKKOTpurfoq dello Sticho, 242 dal dor. JLUKK6<; per |uiKp6<;,
F^ApToqpdYoc;, ZiToqpdYoc; e Tpu)HdpTr|<; della Batracomiomachia e il KuaHOTpujH di Aristofane, Cav., 41. — Palaestrio non ricorre altrove come
nome proprio: esso e formato da TraXaiaTpa colla desinenza greca -iujv ed
indica colui che macchina tutto 1' intrigo della favola, cfr. i nomi delle
ragazze Palaestra nel Rudens e ruu.vdoriov nella Cistellaria. — Periplecomenm, part. di TrepiTcXeKeaGai « abbracciare », caratterizza assai accon-
MILES GLORIOSVS, PERSONAE
7
SCELEDRVS SERVOS
PHILOCOMASIYM
PLEVSICLES
MVLIER
ADVLESCENS
LVRCIO PVER
MLLPHIDIPPA ANCILLA
ACROTELEVTIVM
MERETRIX
SERVI
PYRGOPOLINICIS
PVER
PERIPLECOMENI
GARIO COCVS
LORARII.
ciamente il vecchio, che accoglie ospitalmente in casa propria il figlio
dell'amico e lo soccorre con ardore giovanile di consigli e di mezzi nei
suoi amori. La lezione Periplectomenus, che si trova in tutti quanti i
codici, compreso rAmbrosiano, deriva assai probabilmente per la trafila
di Peripleccomenus da Periplecomenus, qui sostituito primieramente dal
Kitschl. — Sceledrus, a causa delPallusione fatta nei versi 289, 330 e 494,
si potrebbe ritenere formato da scelus e da £bpoc; « orditor oVinganni»,
sulPanalogia di auvebpo<; e Trpoebpo<;. II Bergk gli attribuisce invece origine greca da OKeAicppoq « arido, macilento » e proporrebbe di leggere
Sceleprus. — Philocomasium, cioe fanciulla amante di geniali banchetti
(KUJJUOI), e nome formato colla desinenza -daiov, che ricorre ad es. in KOpdoiov, ruuvdmov e 'AbeXqpaaiov (Poen.), cfr. per la desinenza in iov,
propria dei diminutivi, OiXrjuaTiov, 'Epdmov ecc. — Pleusicles (TuXeuaixXfjc;), alterato talora in Pleusides nei mscr. per la confusione di cl con
d (cfr. arg. II, 13 dientam per clientam) e restituito alla lezione vera dal
Ritschl, sull' autorita dei codd. A B, v. 597, allude assai probabilmente
alla qualita di nauclerus propria del giovinetto ed e forse affine al TTXeuaibiTrTro<; del Rudens. — Lurcio per Lucrio (B) propose il Fleckeisen e
ora accetta il Goetz sulP autorita del v. 843: aflatto inverosimile e la
derivazione da lucrum. II Bugge invece raccosta Lucrio a Cario e lo fa
identico a AuKpiiuv « Locrese ». — Milphidippa ricorda il servo Milphio
del Poenulus e i nomi Pleusidippus del Rudens e Philippa delVJSpidicus.
— Acroteleutium accenna alP estrema raffinatezza dei suoi inganni, ed
ha raffronto coll"AKpOTroXiaTi^ delPEpidico. — servi Pyrgopolinicis, cio5
gli adiutores del v. 1303, i quali appariscono nelle scene sedicesima e
diciottesima, cfr. 1338 e 1427. — puer Periplecomeni apparisce nella
scena diciassettesima. — Gario, nome di schiavo che ricorre anche in
Arist., Plut., 1101 ed e derivato" da Kdp cioe « nativo di Caria», cfr.
Geta, Lydus, Syrus. — lorarii, schiavi di Periplecomeno che appariscono
nella scena finale. Essi non rappresentano una categoria speciale di servi,
ma sono incaricati di volta in volta della punizione dei loro compagni
colpevoli, cfr. GelL, 10, 3: in scenicis fabulis qui dicehantur lorarii,
quos erant iussi, vinciebant aut verberabant. — Le parti diverse della
commedia erano in questo modo distribuite, secondo. lo Schmidt, Ueber
8
M. ACCI PIAVTI
ACTVS
L
PYRGOPOLINICES (CVM SATELLITIBVS). ARTOTROGVS.
PY.
Curate ut splendor meo sit clupeo clarior,
Quam solis radii esse olim quom sudumst solent:
die Zahl der Schauspieler bei Plautus und Terentiusy Erlangen 1870, fra
i cinque attori che vi prendevano parte (cfr. Evanth., de com., p. 4: ad
ultimum qui primarum partium, qui secondarum et tertiarum, qui quarti
loci atque quinti actores essent distributum et divisa quinquepartito actu
tota est fabula e Don., ad Ter. Andr., 4, 3: sive femina personatis viris
agitur, ut apud veteres, sive per mulierem, ut nunc videmus):
I. Pyrgopolinices. Lurcio.
II. Pleusicles. Sceledrus. Artotrogus (?).
III. Palaestrio. Cario.
IV. Acroteleutium. Philocomasium.
V. Periplecomenus. Milphidippa. Puer (?).
Ciascuna di queste parti era naturalmente rappresentata dagli attori
con acconciature e costumi diversi, ma non con maschere (personae), ancora estranee ai tempi di Plauto. Essi facevano uso di galear (cfr. Diom.,
1, 489: antea galearibus non personis utebantur, ut qualitas coloris indicium faceret aetatis, cum essent aut albi aut nigri aut rufi), cioe di
un'acconciatura di capelli, che era bianca pei vecchi (cfr. 631 albicapillus),
nera pei giovani, rossa per gli schiavi (cfr. Ther., Phorm., 51 Geta:
si quis me quaeret rufus). I parasiti vestivano inoltre ahiti neri od oscuri,
secondo che risulta da Pollux, IV, 119: oi be trapaaiTOi jueXaivrj f) qpaia
€G6f)Ti expdJVTO e Cic, p. Caec, 10, 27: nec minus niger quam ille Terentianus est Phormio. L'acconciatura piu caratteristica era quella del
miles colPeTriaeiCToq KOjur), cioe colla caesaries, che gli scendeva in lunghe
anella sugli omeri e di cui egli tiitto si pavoneggiava (cfr. 768: miles caesariatus, 923: caesariatus e KOjiiav = superbiri), col petasus, colla chlamys
(di cui a differenza dei privati cittadini, che se ne servivano solo per i
viaggi o la caccia, il soldato avventuriero appariva sempre fornito), col
clipeus e colla machaera, cfr. Truc, 506: ubi natust et machaeram et clupeum poscebat sibi; Don., De com., 17: militi chlamys purpurea datur e
Pollux, 4, 147: TAJ b' eiriaeiaTUJ, aTpaTiujTr) OVTI Kai dXa£6vi Kai TT^V
xpoiav fieXavi Kai Ti*yv K6u.rjv, emaeiovTai ai Tpixet;. — La parte del
protagonista (acior primarum partium) spettava, come e noto, al direttore
della compagnia (dominus gregis o catervae) e fu rappresentata piu comunemente nelle commedie Plautine da T. P u h l i l i o Pellio, al quale
si trova fatto il seguente accenno nelle Bacchidi, 2, 2, 36: non res sed
actor mihi cor odio sauciat. Etiam Epidicum, quam ego fabulam aeque
ac me ipsum amo, Nullam aeque invitus specto, si agif PeUio.
Actus I. — Di questa distrihuzione per a t t i non si trova alcuna
traccia nei mscr. di Plauto e di Terenzio. Tra gli editori moderni, il
primo ad adottarla fu nel 1500 il milanese Giambattista Pio, a cui servi
come base il criterio espresso da Donato in arg. Andr.yip. 7, 11: est attente
animadvertendum ubi et quando scaena vacua sit ab omnibus personis,
ut in ea chorus vel tibicen obaudiri possint; quod cum viderimus, ibi
MILES GL0RI0SVS, ACT. I, 1
4
9
Vt, ubi usus ueniat, contra conserta manu,
Praestringat oculorum aciem in acie hostibus.
actum esse finitum debemus agnoscere. Del tibicen, qual rappresentante
della parte che pigliava rao\r|Tri<; negli intermezzi della nuova commedia
Attica, Plauto fa espressamente menzione una volta almeno nello Pseudolusy 573. Pero, anche a voler ritenere che la fretta onde erano incalzati gli spettatori obbligasse abbastanza spesso i direttori dello spettacolo,
soprattutto in Roma, a fare a meno delPuso costante di una pausa a termine d'ogni atto (secondo che afferma Euanth., De com.,p. 5, 25: postquam otioso tempore fastidiosior spectator effectus esset et tum cum ad
cantores ab actoribus fabula transibat consurgere et abire coepisset [il
che, si badi, e riferito ai Greci e tende a spiegare praticamente Tomissione dei cori], admonuit poetas ut primo quidem choros tollerent locum
eis relinquentes, ut Menander fecit... postremum ne locum quidem reliquerunty quod Latini fecerunt comici, unde apud illos dirimere actus
quinquepartitos difficile est), cid non toglie che la commedia latina si
conformasse fin dalle sue origini, in corrispondenza dei tre momenti principali delFazione, della TrpoTotaic; cioe, deire-rriTaoic; e della KaTaaTpoqpfj
a quella distribuzione in cinque atti, che e data come affatto regolare
e costante da Orazio, A. poet, 189: neve minor neu sit quinto productior actu (cfr. Ter., Hec, 39: primo actu placeo; Varr., B. B.y 1,
26: quartus actus; Don., ad Adelp., 7, 1: haec quoque, ut cetera huiusmodi poemata, quinque actus habeat necesse est). Certo questa distribuzione non corrisponde precisamente alle parti delPantica commedia attica,
ma essa doveva pur essersi manifestata regolarmente in queirultima evoluzione del teatro greco, che prelude direttamente alla drammatica romana.
— La scena e posta ad Efeso. L'azione si svolge di giorno sulla pubblica
via innanzi alle case attigue di Pirgopolinice e Periplecomeno, disegnate
sul fondo della scena, la prima a destra e la seconda a sinistra dello spettatore (cfr. 361 e 1216). Innanzi alla casa di Periplecomeno sta V altare
di Apollo 'Ayuieut;, su cui era permesso di offrir sacrifizii anche ad altre
divinita (cfr. 411). Le due brevi pareti laterali della scena molto lunga,
ma poco profonda, presentano due uscite, Tuna a s i n i s t r a dello spettatore verso il porto, e 1'altra a destra verso il mercato e la campagna (cfr. Men., 555 e Amph., 333). — 1. curate. Queste parole son
dirette ai trabanti (satellites, 78), da cui il poeta immagina che il miles
sia accompagnato nel punto in cui apparisce sulla scena. Alle sue spalle
e Artotrogo, che compie 1'ufficio di staffiere (v. 9) e che piu modestamente
riproduce la stessa acconciatura del padrone. — 2. olim, ant. forma accusativale di ollus (— ille), ha qui ancora il suo valore originario di « allora » (ad illam horam), che si riscontra ad es. in Trin., 523 e Verg.,
Aen., 5, 125 e 8, 391. — sudum « quasi sine udo, ut est aer post
pluvias, serenus et liquidus », Nonio, p. 31, 15: questa voce ricorre ancora in Bud., 123; Cic, Fam., 16, 18, 3: horologium et libros mittam si
erit sudum (i. e. eObia « bel tempo »). —
S. contra, come risulta
chiaro dai vv. 123, 198 e 244, ammette sempre un'azione di reciproc a n z a , il che esclude la possibilita, da altri ritenuta, che si riferisca a
praestringat: 1'assillabazione con conserta, come basta a render ragione
del suo uso, cosi concorre ad illustrare il significato ostile che piglia il
con nella frase conserere manus. —
4. praestringat = stringat prae
10
M. ACCI PLAVTI
Nam ego hanc machaeram mihi consolari uolo,
Ne lamentetur neue animum despondeat,
Quia se iam pridem feriatam gestitem,
Quae misera gestit fartum facere ex hostibus.
5
splendore, cioe « abbagli», cfr. Truc, 2, 6, 11: lingua gladiorum aciem
praestringit domi, i. e. impedit ne destringantur e lo Pseudasconio in
nota a Cic, vol. V, 2, p. 117 Orell.: vel a praestigiatoribus transtulit
verbum (dove si confonde evidentemente con praestringere la frase praestigiae ocuhrum, che significa propriamente tener fissa 1' attenzione in
una cosa, distraendola da tutto il resto) vel a tironibus qui ignari et
rudes pugnae etiam vano armorum strepitu terrentur, praestrictis oculis.
— oculorum aciem, per oculos «la vista », risponde a quella generale tendenza, che si avverte anche altrove in Plauto, di contrapporre fra loro i
significati o le accezioni diverse della medesima parola, cfr. 168, Gapt.,
99 e 117, Trin.} 122. — dcie hostibus. Ad evitar quest'iato innanzi al1'ultimo cretico, il Ritschl aggiunse dapprima, dopo aciem, Tagg. acri
accettato anche dal Meckeisen, e quindi propose una forma arcaica d'abl.
acied, che ha trovato 1'adesione del Biicheler, del Bugge, del Lorenz, del
Brix, del Tyrreil e del Bergk. II Koch, Bhein. Mus., 25, 618, penso invece a sostituire fostibus a hostibus (cfr. anche 692 fariolus per hariolus)
sull'autorita di Festo e di Varrone, che citano dal dialetto della Sabina
faedus per haedus, folus per hdlus, fostem per hostem, fostia per hostia,
fircus per hircus e fordeum per hordeum. A mostrare l'inutilita e Pinsufficienza. di tali espedienti, respinti a ragione dal Corssen, basta ricordare l'affermazione precisa di Cicer., Orat. 151: veteres poetae, utversum
facerent, saepe hiabant, la quale e la sola che ci possa render ragione di
quel fenomeno, che si ripete ad es. nel seg. v. del Trin., 2, 4, 138: nam
fulguritae sunt alternae (hrbores. — , 5. nam: in questa particella che,
come dice Don., in Ad. prol. 15, incipiendi vim habet, a me par come
di risentire il motto solenne di Livio: satis iam sibi gloriae quaesitum
et potuisse se desidere, volto ad Un significato affatto comico. — animum
despondeat = desperet, cioe propriamente induca Tanimo a non prestar piu fede ad alcuna promessa. Cfr., per una simile allocuzione
confidenziale del miles alla sua machaera, Gurc. 424, 574 e 632. —
7. quia, secondo 1'uso plautino, in luogo del quod che adopera costantemente Cicerone dopo i verbi che indicano affetto, cfr. pero v. 468. — se
per eam, da un carattere di maggiore intimita al discorso, in quanto
crea 1'illusione, che la mente agitata del miles senta e ripeta i lamenti
della sua fida compagna. — feriatam = otiosam, fu ricavato dal fieri attam,
che a questo punto hanno i codici, con felicissima congettura del Saraceno, che il Birt, Bhein. Mus., 40, 528, tenta inutilmente di sciupare,
proponendo di sostituirvi fartum factam, lezione certo per se stessa assai
bella, ma inverosimile di fronte ad una ricostruzione che ha il pregio del1'evidenza. —
8. misera gestit e, secondo il Loewe, la lezione genuina
dell'Ambrosiano, che il cod. B conferma sino all' evidenza col suo quem
miser agestat et, cfr. quanto al costrutto 801, 1199 e Gist., 1, 1, 78 peius
misera maceror. — fartum facere « fare un'infilzata » corrisponde ad Aristofane, Gav., 372: irepiKOjujuaTa £K aou OKeudauj. Si noti che in luogo
di fartum, restituito qui soprattutto in forza dell'allitterazione da un'assai
MILES GL0RI0SVS, ACT. I, 5—13
PY.
11
Sed ubi Artotrogus hic est? AR. Stat propter uirum
Fortem atque fortunatum et forma regia.
10
Tum bellatorem Mars haud ausit dicere
Neque aequiperare suas uirtutes ad tuas.
Quemne ego seruaui in campis Curculioniis,
plausibile congettura del Mureto, Var. lect., 3, 9, il cod. B ha fratrem,
il C fratem e FAmbrosiano in un frammento di membrana, che potrebbe
forse riferirsi a questo luogo, alcune ombre di lettere (reliquiarum umorae) che lo Studemund crede di poter interpretare come fretis o fretum.
La lezione stragem, che apparisce per la prima volta in un esemplare del
Gronovio e che iJ Ritschl conferm6 colFautorita assai dubbia della glossa
« strages TroXudv&pux; cruupoc; VGKPUJV » (Corp. Gloss., 2, 189, 3), non ha in
favor suo alcun elemento di verosimiglianza. — 9. ubi Artotrogus hic est,
« dove e qui il mio Artotrogo », cfr. per questa ridondanza d'espressione,
affatto propria del sermo communis e del linguaggio dei comici, v. 1258,
Trin.t 872: Lesbonicum quaero in his regionibus ubi habitet e specialmente Ter., Heaut., 829: ubi Qlitiplio hic est? — SY. Eccum me, inque.
— CL. Eccum hic tibi e Andr., 965: Pamphilus ubinam hic est? —
Artotrogus compie accanto a l m i l e s Fufficio di adulatore: la sua figura
non riapparisce nel resto della commedia ed e limitata a questa prima
scena, sol per mettere in mostra le debolezze del suo padrone, cfr. Euanth.,
De com., p. 6, 7: TrpoxaKTiKa irpdauma, i. e. personas extra argumentum
arcessitas, non facile ceteri habent (Plauto ne fa ancor un'altra volta uso
nella Mostellaria in persona di Grumio), quibus Terentius saepe utitur,
ut per harum inductiones facile pateat argumentum. —
10. fortem.
Poiche la debolezza principale del miles e quella di credersi un bell'uomo
(v. 68), molto probabilmente fortis qui si dovra interpretare nel senso che
gli attribuisce Nonio di formosus, cioe « ben piantato, ben fatto», cfr.
Bacch., 2, 2, 38: sed Bacchis etiam fortis tibi visast e per la triplice assillabazione 198, 244, 941, 938. — fortunatum, perche gode le grazie ed
i favori di Venere e di Marte, cfr. 985, 1257, 1265, 1384. — regia « degna
di re », cfr. Eurip., Aeol, fr. 3, 2: elboq dHiou^ Tupavviboc; e Max. Tyr.,
26, 1: K&XXOUC; jueip&Kiov PaaiXiKoO. —
11. tum, secondo la lezione
concorde di quasi tutti i mscr., compreso TAmbrosiano. II miles, vedendo
che il KoXaH non aveva fatto eco alla sua smargiassata, lo scuote dal suo
silenzio; e questi, dopo di aver attestata la sua presenza, compie subito
ii suo dovere nei v. 11-12, che si possono considerare come un commento
delPadulatore a 5-8. II Bothe, seguito da tutti gli altri editori, considerd
invece questo verso come nna continuazione del precedente, e trasformo
tum in tam sulFanalogia del 741, aggiungendo dopo Mars un se, di cui
la frase puo fare anche a meno (si ricordi del resto quanto a tum per tam
v. 242). — 12. neque aequiperare, in A neq, in CD nequi e in B Mequia
equiperare; cfr. per il costrutto Ter., Eun., 681: ne comparandus hic quidem
ad illum est, che rende affatto inutilefla sostituzione di Attalus a ad
tuas, proposta dal Birt, Bh. Mus., 40, 533 e inverosimile anche per altri
rispetti. — 13. quemne = eumne dicis quem? II miles confonde uomini
e dei in un soi fascio, e per rincalzare 1' affermazione di Artotrogo dice,
che non vi e bisogno di una nuova prova, che assicuri la sua superio-
12
AR.
PT.
M. ACCI PLAVTI
Vbi Biimbomachides Clutomestoridysarchides
Erat imperator summus, Neptuni nepos?
15
Memini: nempe lllum dicis cum armis aureis,
Quoius tii legiones difflauisti spiritu
Quasi uentus folia aut paniculum tectorium.
Istuc quidem edepol nihil est.
AE. Nihil hercle hoc
quidemst,
Praeut alia dicam, quae tu numquam feceris.
20
rita rimpetto a Marte, cui ebbe gia la ventura di vincere, anzi di risparmiargli la vita. — CurcuKoniis, sull'es. del Guiet e secondo la lezione precisa
che lo Studemund ricava dalPAmbrosiano, di cui e una facile alterazione
il curcus lis donis di B. In questo epiteto, che potrebbe forse rendersi in
it. per mezzo di « mangiatorii », ci e probabilmente un'allusione al Curculio, che continua fors'anche nei nomignoli successivi. — 14. Bumbomachides, secondo la congettura del Pylades, per bumbom arides del B, e il
capitano Bomba «che col cul facea trombetta». — Clutomestoridysarchides,
h. e. KXuTOjurjOTUjptbuffapxiorj^, secondo la congettura assai bella del
Bitschl, per clutum ista ridis archidis del B D, e propriamente colui che
acquista rinomanza per la sua inettitudine al governo, e allude comicamente agli epiteti omerici KAUTO<; 'AxiXXeuc;, |ur]OTUJp duTfjq e AuOTrapic;,
cfr. Trin., 1022. — 15. imperator: egli era come TAgamennone della
situazione, mentre il miles ne era TAchille. — Neptuni nepos, contiene
forse, secondo che ammise pel primo il Bergk, un'allusione ad Antigono
Gonata, figliuolo di Demetrio Poliorcete, il quale si faceva soprannominare
appunto figliuolo di Posidone. Questo attributo del resto, che fu comune
anche a Sesto Pompeo, il Neptunius dux di Orazio, serviva soprattutto a
caratterizzare, come si esprime Gellio, 15, 21, ferocissimos et immanes et
alienos ab omni humaniiate tamqiiam a mari genitos. Si noti del resto
la peculiare convenienza di dar questo nome ad una pugna, in cui aveva
preso parte nientemeno che Marte stesso. — 17. quoiu\ con omissione
della posizione anche nella prima sillaba. — difflavisti == flatu disturbasti, Non., 97, 9, cioe « distruggesti, disperdesti ». — 18. paniculum
tectorium (nei codd. peniculum t.)y sing. collettiyo di genere neutro, in
luogo del quale nel lat. classico ricorre esclusivamente la forma del femm.
panicula: qui si accenna soprattutto alle pannocchie di canna, da cui il
vento porta via i semi, e che gli antichi solevano adoperare per la copertura dei tetti, cfr. Bud., 122: quin tu in paludem exsiccasque arundinem, Qui pertegamus villam dum sudumst? e Plin., N. H., 16, 156:
tegulo earum domus suas septentrionales populi operiunt. — 19. nihil
est «e una cosa di poco conto, una bagattella», cfr. Most, 981: nihil
hoc quidemst triginta minae, prae quam alios dapsiles sumptus facit. —
20- prae ut, in paragone di quel che io raccontero, senza che tu Pabbi
fatto. — quae tu numquam feceris, secondo la lezione deH'Ambrosiano e
in conformita delFuso plautino, in luogo di tu quae numquam feceris che
si legge negli altri codici. Mentre il miles pieno d'orgoglio per la sua
smargiassata si pavoneggia tutto, su un lato del proscenio, al cospetto
MILES GLORIOSVS, ACT. I, 1 4 — 2 4
13
Periuriorem hoc hominem siquis uiderit
Aut gloriarum pleniorem, quam illic est,
Me sibi habeto, ego me mancupio dabo; nisi
Vnum: epityra ut apud illa estur insaniim bene!
del pubblico, Artotrogo dal canto opposto, punto nella sua vanita a vedere lo scarso successo delle sue adulazioni, lancia alUindirizzo del padrone,
senza pero essere da lui udito, queste parole piene insieme d' ironia e di
disprezzo. —
21. periuriorem = mendaciorem, cfr. Poen., 480: peierare == mentiri. —
22. gloriarum — gloriae, ghriationis, iactantiae.
— illic per ille e modellato su hic, al pari di istic. L1 alternativa di hic
con ille e frequentissima nella commedia e si spiega colla relazione diversa che il discorso pu6 avere verso Tattore o pur verso gli spettatori,
cfr. 133 e Oapt., 543. Quanto alla ridondanza dei due costrutti usati in
rapporto al comparativo, e qui promossa o resa anche piu naturale dalla
presenza del doppio attributo (periuriorem e pleniorem), cfr. quesfes.
assai caratteristico delY Asinaria, 435: scio mihi vicarium esse neque eo
esse servom in aedibus eri, qui sitpluris quam ille est. — 23. egome,
secondo
la lezione concorde deirAmbrosiano e di B, che il Goetz sulPes.
dell1 Haupt altera in egomet me ei. II verso pero si compie assai piu acconciamente, a nostro avviso, cogli elementi stessi dei mscr., riportando
qui, sull'autorita del Ritschl e del Fleckeisen, il nisi, che ridonda affatto
nel verso successivo. La pausa, che in questo modo interviene dopo il nisi,
sebbene in apparenza un po1 dura, giova pero notevolmente aireffetto estetico, in quanto prelude inaspettatamente alla piena ritrattazione di Artotrogo. — 24:. nisi unum « sennonche vi ha una sola cosa in contrario »,
la quale mi obblighi a recedere dalla mia promessa; cfr. per quest'uso
ellittico del nisi v. 377, Trin., 233 e per V intero costrutto gli esempii
paralleli del Mil, 1166: nisi modo unum hoc e dei Men., 616: nihil
equidem paveo-nisi unum: palla pallorem inicit. L'interpunzione dopo
unum fu proposta primieramente dallo Schreiner, e quindi difesa dal Bugge
e dal Vahlen. — epityra ut apud illa estur insanum bene « oh! come
si mangia stfaordinariamente bene con quella salsa piccante ! » La lezione'
di questo verso, quale noi la proponiamo, si distacca alquanto da quella
del Ritschl: nisi unum epityrum illi estur insane bene, che gli editori di
Plauto, con poche variazioni, accettano oggi quasi concordemente. Essa
deriva dalla lezione concordata del B C D : nisi vlnwm epityr aut apud
illa esturiensa nebene coll1 Ambrosiano: nisi unumepit....turinsanumbene
e con Varr., L. L., 7, 86: apud Plautum «s^* unum epityra
estuer
insane bene» (cod. Fiorent.), ed ha il pregio singolare di non prescindere da alcuno degli elementi che i mscr. ci han conservato. A giustificarla basta la considerazione, che la lezione epityra e attestata concordemente dai mscr. di Plauto e di Varrone e non si muta senza grave arbitrio
in epityrum, cosa che riconobbe recentemente anche 1'Hasper in commentationibus Fleckeisenianis, Lipsiae 1890, p. 171-186. D'altra parte, poiche
il commento che annette Varrone alla voce epityrum (v. s.) ci obbliga a
considerare epityra come un neutro plur., e non gia come un femminile,
secondo che importerebbe la lezione delPHasper: nisi unumy epityra illa
estur insanum bene; egli e chiaro che non resti altro mezzo per giustifi-
14
PY.
M. ACCI PLA.VTI
Vbi tu es? AR. Eccum edepol: uel elephanto in India 25
Quo pacto ei pugno praefregisti bracehium.
carlo se non quello di metterlo in rapporto colYapud, cioe di legittimare
anche Puso di questa preposizione, a torto fin qui esclusa dal testo. Quanto
ai significato generale, non vi e chi non vegga, come il pensiero se ne
avvantaggi grandemente. Mentre prima poteva parer strano, che Artotrogo_
mettesse in mostra il vantaggio di mangiare un buon epitiro presso il suo*
padrone, ora invece egli viene ad affermare che le menzogne, a cui e obbligato a far eco, son come le salse piccanti di un lauto desinare, cioe
condiscono e fanno crescere Pappetito. — epityra, salsa piccante formata
di olio, aceto, olive ed erbe odorose, ed usata al pari del formaggio per
condimento, cfr. Catone, B. B., 119; Varr., 1. c.: epityrum vocabulum
est cibi, quo frequentius Sicilia quam Italia usa e Golum., 12, 47, 9:
est et illud conditurae genus, quod in civitatibus Graecis plerumque usurpatur, idque vocant epityrum. — estur — editur, cfr. Most., 235. — msanum bene. Insanum e uno dei tanti avv. accrescitivi di cui fa uso Plauto,
come oppido, probe, insignite (Bud., 1097) etc, cfr. Most., 908; insanum
bonam e un uso affatto analogo di Petronio, 68 extr.: desperatum valde
ingeniosus est. Varrone non solo sostituisce ad insanum, che si legge nelPAmbros., la forma piu propria delP avverbio, ma vi annette una dichiarazione affatto impropria: id vehementer
quom vellet dicere, dixit insane, quia insani faciunt omnia vehementer. — 25. ubi tu es. II m i 1 e s,
che non ha udito il soliloquio di Artotrogo, scorgendolo lontano e quasi
muto, gli domanda j dove sei »; e questi di rimando, come se si sforzasse
di richiamare alla memoria un ricordo lontano, senza punto scomporsi e
quasi continuando il discorso interrotto dopo prae ut dlia dicam, aggiunge
senz'altro: vel elephanto in India, che torna bene in compagnia di quel
primo emistichio, cosi per la grammatica come per la metrica. Questa considerazione m'induce a mandare insieme con eccum anche Yedepol « pronto
affe mia! » (col che non dimentico 28, 49, 285, 309, 322,471, 779, 988,
1000, 1218 ecc, dove Passeverativo edepol occupa appunto il primo posto
nella frase) e a far ricominciare V adulazione con vel, come si faceva comunemente prima deirAcidalio. Aggiungo anzi in favore delPinterpunzione
da me adottata, che eccum non ricorre mai altrove da solo, cfr. 470, 1116
e Poen., 1, 2, 67: adsum apud te eccum. — vel = velut, CIIJTIKO: « cosi
del pari, cosi a mo' d' esempio », cfr. 59 e Men., 1042: vel ille servom se
meum esse aibat. —
20. ei fu qui aggiunto sulFautorita del palimpsesto Ambrosiano, e secondo la lezione conforme del Loewe e dello Studemund. — bracchium, cioe una delle zampe anteriori dell' animale (il
che giustifica la lezione deiPAmbros. e dei codd. C D praefregisti, che
F Ussing suir es. del Pio vorrebbe mutare in perfregisti), dette appunto
nel linguaggio scientifico bracchia, come si ricava da Plinio, N. H., 11,
214 (cfr. anche la denominazione di anguimanus data da Lucrezio alFelefante). Ii miles pero non intende la metafora e provoca subito la ritrattazione di Artotrogo; cfr. come esempii affini di metafore comiche 94, 818
e i seg. esempii ricordati dal Brix: Most^ 3, 2, 145: dormiunt per conivent, Pseud., 2, 4, 21: attuli per adduxi e 3, 2, 54: dimissis manibus
per pedibus, Bud., 2, 4, 9: subvolturium per subaquilum, Men., 89: rostrum per os, Merc, 1, 2, 71: oculis hiantibus per apertis. Simeone Bosio,
citato dal Lambino, sospetta in questa improprieta di linguaggio un' allu-
MtLES GLORIOSVS, ACT. I, 2 5 — 3 2
PT.
PY.
PY.
15
Quid, bracchium? AR. Illud dicere volui, femur.
At indiligenter iceram. AR. Pol si quidem
Conisus esses, per corium, per uiscera
Perque 6s elephanti transmineret bracchium.
30
Nolo istaec hic nunc. AR. Ne herele operae pretiiim
quidemst
Mihi te narrare, tuas qui uirtutes sciam.
sione di Artotrogo a qualche disgrazia capitata al miles nello sforzo fatto
per tirare un pugno.— 27; quid « che dici mai », cfr. 316. —• illud dicere
voluifemur: il Ritschl, Op. 2, 444, proponeva di sostituire alla lezione dei
mscr., da noi conservata d'accordo coll' Ussing, col Brix, col Lorenz e col
Goetz, illud feminur, volui dicere, per evitare la coincidenza delYictus colFultima sillaba della voce dattilica dicere, concordanza quesfultima, come
mostra il Brix, assai frequente in Plauto. — 28. mdiligenter, colla posizione omessa nella prima sede, cfr. 54 e Intr. Capt. — icerdm, decomposto
in hic cram da BCD, che il Lambino interpreta &XX' ev TOUTUJ epci6iovjpYouv, cfr. Capt, 4, 2, 17: icero. — si quidem, come dimostra sino
air evidenza il Brix, ha sempre in Plauto la prima sillaba lunga. —
29. conisus, secondo la lezione dei mscr. La prep. cum in composizione
con verbi comincianti con n si allunga costantemente in latino, coriiti,
conecti, coniveo, conubium, cfr. Gell., 2, 17. — 30. transmineret « si
vedrebbe tuttora uscir fuori ». II composto trasminere, qui richiesto dal
senso, non ricorre altrove e fu sostituito in questo luogo al trasmitteret
dei codd. 0 D da una felicissima divinazione del Bugge in Tidschrift for
Phil, vol. 6 (a. 1865), p. 9, che lo Studemund in Hermes, 1 (1866), p. 292
confermava assai brillantemente piu tardi col transmin deirAmbrosiano e
la prima mano del cod. B. — 31. istaec, decomposto in B in ista hec,
e al pari di illaec una forma pronominale modellata su haec. Eiguardo
poi a questa corrispondenza del n. plur. col femm. sing. e utiie avvertire,
che essa e comune in generale a tutti gli agg. in -o, e che nei due elementi finali di haec per * ha-ei-ce non vi e gia una caratteristica del caso
o del genere, ma gli stessi affissi determinativi ei e ce che si trovano separati in quae (f. s. e n. plur.), hunc e harunce e congiunti insieme in
hic per *ho-ei-ce. — nolo istaec, sc. narrare, « non voglio discorrere or di
cio ». — ne ... quidemst, secondo la lezione deirAmbrosiano: rintromissione
di piu parole tra il ne e il quidem e affatto comune ai comici (cfr. Truc,
543: ne bonum verbum quidem dixit) e non estranea nemmeno in tutto
agli scrittori classici, cfr. Cic, Off., 3, 10, 43; ne si iudex quidem erit;
Mil, 1, 2: ne non timere quidem e p. Caec, 25, 73. — 32. narrare.
A diiferenza di cio che si verifica altrove (cfr. Epid., 453, Curc, 632, Truc,
482, Poen., 470 e Ter., Eun., 420), il soldato millantatore si finge poco
disposto a ricantare le proprie lodi col ricordo dei suoi piu splendidi fatti
d'arme;.ma volentieri concede che, con genere nuovo d'adulazione, lo staffiere gli tragga quasi a forza di bocca la confessione di quanto egli ha
compiuto. E Padulazione comincia subito dalle prime parole, col dichiarare
affatto inutile la confessione di cio, che chi fu testimone delle sue virtu
16
PY.
M. ACCl PLA.VTI
Venter creat omnis hasce aerumnas: aiiribus
Perhaurienda sunt, ne dentes dentiant,
Et adsentandumst, quidquid hic mentibitur.
35
Quid illiic quod dico? AR. Ehem, scio iam quid uis
dicere:
Factum herclest: memini fieri.
PY. Quid id est?
AR. Quicquid est.
trovasi ben in grado dMmmaginare. II che offre al miles assai propizia
1' occasione di provare le facolta inventive di Artotrogo, proponendogli 1'interpretazione del proprio pensiero. — 33~5. Questi vv. son pronunziati
a solo da Artotrogo, al pari di 20-4. — hasce, secondo la lezione del1'Ambrosiano e Fuso quasi costante di Plauto innanzi a parole che cominciano per vocale, cfr. 290, 333, 374, 486, 991 e 1334 di fronte a 333,
369, 930, 992, 1110 e 1437, in cui ricorrono le forme his ed hos seguite
da cons. — perhaurienda, per pcraudienda (A B D), secondo la lezione
del cod. C (peraurienda), che il Pareo per il primo volle coilservata a
causa della paronomasia con auribus, che fa riscontro a dentes dentiant:
il soggetto puo essere mendacia, che si ricava assai facilmente dal quidquid
mentibitur del v. successivo, il quale ha rapporto, come e chiaro, non solo
coh cio che segue ma anche con cid che precede. — dentiant si adopera propriamente a significare il dolore che produce la dentizione; qui per6 nel
caso nostro esso accenna alla privazione del cibo, che fa battere i denti
gli uni contro gli altri, senza trovar nulla da masticare e da mandare in
gola. — adsentandumst secondo A B C D, che diventa invece at sentiendum est secondoil cod. Gothano nella citazione che ne fa Vittorino, 199,8,
e il termine proprio delPadulatore, cfr. Ter., Eun., 252 e Cic, Lael, 25-26.
— mentibitur, cfr. 254, scibit 860, audibis Gapt., 3, 4, 86 e Pers., 1, 1,
15: adgredibor di fronte a congrediar. — 36. quid illuc, sc. est « che
cosa h quello che io volevo dirti »: come dimostrano chiaramente le interruzioni del 9, 25 e 31, il miles ha avuto fin dal primo momento l'intenzione di tirare il conto delle campagne fin qui combattute, prima di
accingersi al rinnovamento delle sue eroiche imprese. Ma, poiche Artotrogo
coi suoi ricordi o, meglio, colle sue invenzioni lo ha distratto sempre dal
proprio obbiettivo, anzi si e vantato di essere perrlno 1'interprete segreto
dei suoi pensieri, cosi egli ora tenta di mettere alla prova questa nuova
abilita del suo staffiere. — Ehem « ah! ah! » e il grido di gioia che si
emette nell' imbattersi in cosa o persona desiderata, cfr. 1332 e Pseud.,
4, 1, 8: ehem, te hercle circumspectabam. In luogo di ehem, che e la
grafia delPAmbrosiano, in C D si legge hem e in B em. — 37. factum
herclest secondo rAmbrosiano e la congettura delFAcidalio, per factumst
hercle del B C D: «la cosa e vera, la cosa e successa veramente cosi ».
— fieri: per qual ragione il presente si avvicenda qui col partic. perf.
(factum)! — quicquid est> cioe^ qualunque cosa tu possa pensare, egli e
vero. Si osservi come il KoXaH eviti le difficolta colle espressioni generiche,
e come il miles soddisfatto nella sua vanita offra a poco a poco al suo
scudiero, col determinar meglio le proprie domande, il mezzo di penetrarne
MILES GLORIOSVS, ACT. I, 3 3 — 4 1
PY.
PY.
AR.
17
Habes —? AR. Tabellas uis rogare: habeo, et stilum.
Facete aduortis tiiom animum ad animum meum.
Nouisse mores me tuos meditate decet
40
Curamque adhibere ut praeolat mihi quod tii uelis.
il segreto pensiero. —
38-4:1. II Danz, seguito dal Lorenz, dal Brix,
dallo Schoene, dal Birt e dal Tyrrell, pospone questi quattro versi al 71,
a causa delTaffinita che egli scorge tra le tabellae, di cui e qui parola, e
quelle in cui il m i l e s aveva preso nota dei soldati arruolati il giorno innanzi (v. 73). Sennonche, a tacere della confusione che cosi vien fatta tra
le tahelle del parassito e quelle del m i l e s , tra il proposito che questi manifesta (v. 74) di pagare lo stipendio convenuto alle milizie recentemente
arruolate pel re Seleuco ed il disegno, che qui gli si attribuisce per mezzo
di vis rogare, di obbligarle a un giuramento di fedelta, che nel caso
avrebbero dovuto prestare soltanto a Seleuco; vi sono anche ragioni piu
gravi, che ci consigliano a non dipartirci, sulFesempio del Eitschl, delFIJssing e del Goetz, dalTordine in cui questi versi son conservati nei mscr.
E la ragione e questa che, mentre connettendo il v. 37 al 42 riesce inesplicabile il mezzo per cui il parassita pote pur penetrare alla fine il vero
pensiero del m i l e s , d'altra parte, trasportando il v. 38 dopo il 71, o anche
dopo il 77 — come pretendono il Birt e lo Schoene —, non s'intenderebbe
piu ne quella reticenza, che Pirgopolinice mette neWhabes, ne queH'aria
di trionfo con cui Artotrogo, padrone del segreto esclama: tabettas vis ro
gare. — habes. II m i l e s accompagna molto probabilmente queste parole
con un gesto della mano, il che rende consapevole il suo scudiero che il
padrone domandi le tavolette per scrivere. — tabellas, come il Geppert,
Plaut. Stud., 2, 21 vide pel primo e poi confermarono il Goetz e lo Studemund, e riferito nelFAmbrosiano ad Artotrogo, secondo che il senso e
la successione delle idee richiede. In B C D invece Pirgopolinice domanda
al servo: haben tabellas? — vis rogare. II Bitschl, dietro la scorta del
Lambino e sulFanalogia del v. 347, sottintende utendos accanto a rogare,
e interpreta vis a me commodato petere, cioe « vuoi tu domandarle in
prestito?». Coloro invece, che trasportano questi versi dopo il 71, o attribuiscono a rogare, col Boxhorn e col Tyrrell, il significato di milites conscribere, o pure completano, come fa il Lorenz, il pensiero di Artotrogo
(che non aveva alcun bisogno di esser cosi laconico) colla frase milites sacramento rogare, e allora piu non s? intende lo scopo di quelle tavolette
richieste dal m i l e s a meno di voler ammettere che il giuramento, in modo
nuovo, fosse dato o ricevuto per iscritto. II verbo reggente di tabellas non
puo essere altro che Yhabeo usato dal m i l e s e ripetuto poi dal parassito,
cioe habeamne tabellas vis rogare « tu mi vuoi domandare se io abbia
con me le tavolette per scrivere ». — et stilum « e insieme con esse anche ».
— tuom animum secondo il B C D , per animum tuum, che si legge in A.
— me tuos, fuso addirittura in metuos in B, per tuos me, che il Ritschl
ristora a questo punto dall'Ambrosiano. — meditate = accurate, studiose.
— praeolat, secondo A, scritto praevolat in B D , segue 1'analogia dei v.
di terza coniugaz., a cui si conforma anche Volere in Most., 1, 1, 41, olant
ib. 1, 3, 111, 121, Poen., 1, 2, 56, e subolat in Ter., Heaut., 5, 1, 26.
Praeolere e qui adoperato neutralmente e con metafora tratta dalla caccia
PLAVJJO, Miles Gloriosus^
com.m. da E . COCCH;IA.
2
18
PY.
PY.
PY.
M. ACCI PLAVTI
Ecquid meministi? AR. Memini centum in Cilicia
Et quinquaginta, centum in Scytholatronia,
Triginta Sardos, sexaginta Macedones
Sunt homines, quos tu occidisti uno die.
45
Quanta istaec hominum summast? AR. Septem milia.
Tantum esse oportet: recte rationem tenes.
e significa « acquistare il fiuto o 1'odorato » proprio del cane. — 42- ecquid
meministi, in B ec quidememisti. L'ultima osservazione di Artotrogo riporta
il miles alla sua domanda, per cui il parassito ha omai bella e pronta
la risposta. — 43. in ScythoIatroniat per insycho latroniae del BCD,
fu ricostruito con grande verosimiglianza dal Geppert dairiNScviHALATiioNIAM delFAmbrosiano, alterato in Cryphiolatronia dal Ritschl e oggi ancora in Psycholethronia dal Birt. Si noti perd che nessun altro nome
potrebbe riuscire piu acconcio a questo luogo, in cui Artotrogo rispetta
mediocremente i diritti della geografia, di questo che e ricavato dagli
Sciti, che appariscono anche altrove come soldati di ventura (latrones 74
o 499, cfr. anche i ToSoxai Attici che erano appunto d'origine Scitaj, cioe
usi a vivere di rapina. In Curc, 442-8, il parassito ricorda come teatro
delle gesta di Terapontigono Platagidoro: Perediam et JBibesiam, Centauromachiam et Classiam Unomammiam, omnem Contenebromiam. —
£4:. Sardos, secondo la lezione attestata dal Geppert e dallo Studemund
pel codice Ambrosiano: il Loewe ed il Eitschl vi leggono invece, d'accordo
con B C D, Sardis che interpretano come forma arcaica di nom. plur. per
Sardi, pari al magistreis, leibereis, facteis per magistri etc, che ricorrono
cosi frequentemente nelle iscrizioni fino alla meta del 7° secolo. Poiche
1'esistenza di questa forma in Plauto non pu6 dirsi in alcun modo sicuramente attestata (cfr. quanto ad oculis per oculi v. 374), e d'altra parte
si dovrebbe presumere piuttosto Sardeis che Sardis, cosi io inclino a riconoscere col Seyffert nei termini di questa enumerazione degli accusativi
messi per anacoluto in dipendenza da memini, invece che in relazione
di soggetto con sunt. La sostituzione di Sardis a Sardos fu provocata
sia dal desiderio di ristorare la forma sintattica, sia dal bisogno di distinguere i Sardi di Sardegna dai Sardiani di Sardi, di cui in questo luogo
e evidentemente parola. Ad ogni modo, anche a voler conservare qui Sardis,
d' accordo col Loewe e col Goetz, bisognerebbe riconoscervi sempre una
forma di 3 a decl. piuttosto che di seconda. —
45. sunt homines, secondo la lezione delPAmbrosiano che il Kaempf, De pron. pers. usu et
collocat.) 33, ritiene integralmente, ammettendo 1'iato dopo la cesura. Gli
altri editori sostituiscono collo Studemund omnes ad homines, che e in
A B (J D, e il v. successivo come anche il 48 giustificano pienamente, ed
aggiungono col Bitschl, per evitar Fiato, una innanzi ad uno die, sulla
traccia di una hodie che e in C, per uno die dell'A B D, cfr. Poen., 2,
26: sexaginta milia hominum uno die volaticorum manibus occidi meis.
—
46. istaec sostituito in A con istic e alterato in B in istahec. —
summast e scritto in B C. — septem milia. II Lambino raffronta con
quest' adulazione quella di Gnatho neirEunuco, che sostituisce a magnas
gratias ingentes. —
47. ratiouem «ilconto», cfr. Most., 299: ratio-
MILES GLORIOSVS, ACT. I, 4 2 — 5 3
AR.
PY.
PY.
AR.
At millos habeo scriptos: sic memini tamen.
Edepol memoria's optuma. AR. Offae monent.
Dum talem facies qualem adhuc, adsiduo edes:
Communieabo semper te mensa mea.
Quid in Cappadocia, ubi tu quingentos simul,
Ni hebes machaera foret, uno ictu occideras?
19
50
nem puta. Per il tantum, che in conformita delFuso it. non ha rapporto
grammaticale con septem milia, cfr. n. Trin., 405. — nullos e forma intensiva e si riferisce ad homines quos occidisti. — habeo scriptos vale
« ne ho preso nota » o pur « ne conservo nota », cfr. Pseud., 581. Artotrogo vuol dire che egli non ha avuto bisogno di tirare il conto, poiche
ricorda benissimo a mente cosi le parti come la somma intera. — 49. es
con A, B D sostituiscono est. — offae monent (monet in B C D), con iato
nel cambiamento delFinterlocutore (v. 303), che il Ritschl sulFes. del Bentley evita, aggiungendo col Camerario e colla seconda mano del B me
dopo offae. Si noti che queste parole non sono pronunziate a parte dal
servo, ma sono interpretate dal miles come la schietta e pura verita, che
i buoni bocconi accrescono le facolta della memoria, secondo che risulta
dair assicurazione successiva. Cfr. quanto ai pensiero qui espresso da Artotrogo Curc, 3, 3, 14: nil tu me saturum monueris, memini scio e
quanto alPuso di offa per «boccone», Catone presso Gell., 13, 17: inter
os atque offam multa intervenire possunt e Plin., N.H., 18, 84:' Ennius
obsidionis famem exprimens offam eripuisse plorantibus liberis patres
commemorat. —
50. talem facies qualem. Preferisco col Brix questa
lezione del B al tale facies quale delFAmbrosiano, sia in considerazione
dei luoghi analoghi che egli cita, come ad es. 1034: facito fastidi plenum « fa il fastidioso »; Most., 809: ferocem facis quia te erus tuos amat
« fai il superbo»; Poen.,3, 3, 90: balneator faciat unguentarium, dove
facere per se facere fa le veci di se praebere ancora estraneo a Plauto
(questo s'incontra una prima volta in Ter., Adel, 886 e una seconda volta
senza se in Phorm., 476), sia per la funzione poco corretta che verrebbe
ad assumere in quella frase il neutro singolare adoperato in rapporto con
adhuc, si badi, e non con un semplice nunc (dove s' incontra realmente
tale, come in Merc, 2, 2, 47, Men., 1, 2, 3 e Pseud., 1, 5, 22, esso equivale a TOIOOTO, non gia a TOiaOTa come qui, si riferisce cioe sempre ad
un'azione singola). —
51. communicabo e qui costruito sulFanalogia
di donare, participare (232, 262) e impertire (1060). —
32. quid. La
promessa clel padrone rinfocola lo zelo e il buon umore di Artotrogo, il
quale, data la stura alle maggiori adulazioni, non cessa, prima d'aver solleticato in tutti i sensi la vanita del soldato millantatore. Anche in questo
verso sarei tentato ad ammettere 1'iato in cesura, poiche non mi par verosimile che Yin di quid in valga come una sillaba lunga. — 53. foret
— fuisset, cfr. Trin., 832, 837. — occideras con A, per occideris del
B C D, fa le veci di occidisses anche per ragioni metriche (cfr. v. 131) e
serve a contrassegnare un fatto, che era sul punto di avverarsi, se alcune
circostanze non 1'avessero impedito, cfr. la nostra Sintassi latina, p. 435 c
20
PT.
AR.
AR.
M. ACCI PLAVTI
At peditastelli quia erant, siui uiuerent.
Quid tibi ego dicam, quod omnes mortales sciunt, 55
Pyrgopolinieem te unum in terra uiuere
Virtute et forma et factis inuictissumum ?
Amant ted omnes mulieres, neque iniuria,
Qui sis tam pulcer. uel illae quae here pallio
Me reprehenderunt... PT. Quid eae dixeriint tibi ? 60
Rogitabant: 'hieine Achilles est?' inquit mihi.
—
54. peditastelli, per pedistatelu di B C D (emendato dal Camerario
col quia successivo in peditatus reliquiae e dal Ritschl in satietas belli
quia erat), e una delle piu splendide restaurazioni del testo di Plauto,
promossa dallo studio delFAmbrosiano (cfr. Studemund in Hermes, 1, 282)
e completata dal Bothe per mezzo dello stesso in Ind. Berolin. aestiv.,
1858, coirinfegrazione della lipografia si viverent di B C D in sivi viverent. Peditastellus e diminutivo di peditaster (cfr. magisteUus da magister,
oleastellus da oleaster olea e JEpid., 5, 1, 14: gravastellus da gravus =
ravus, gravaster), e peditaster e un peggiorativo di pedes, formato sulla
analogia di parasitaster (Ter., Ad., 779), surdaster (Cic, Tusc, 5, 116),
Antoniaster (Cic. presso Prisc, 1, 112), Fulviaster (Cic, Att., 12, 44, 4),
catulaster (Vitr., 8, 4) ecc, cfr. anche pullastra, patraster ===== vitricus> filiaster — privignus, e le voci it. poetastro, verdastro ecc II miles parla
di se stesso come di un eroe omerico, che sia abituato a combatter dal
cocchio fra i Trp6|ixaxoi e disprezzi codesti miserabili fantaccini. —
5&. omnes ha la prima sillaba breve, cioe senza posizione, come 6 dato
di riconoscere anche altrove. Volendo per6 attribuire ad omn la natura di
sillaba lunga, il Lorenz cancella tibi e il Bentley sostituisce quem a quod.
— 56. Pyrgopolinicem te ha subito in B C D la seguente curiosa alterazione: pyrigo pdl inicente, e piglia in A Yy anche nella seconda sede.
— 57» invictissumum fu qui a ragione sostituito dal Ritschl per Yinvictissimis di A (falsamente riferito a factis) e Yinvictis sumus di B: esso
e modificato &a\Yunum, che trovasi congiunto anche altrove con una forma
di superlativo, cfr. Capt, 278; Asin., 3, 1, 18: quid ais tuy quam ego
unam vidi mulierem audacissumam e Amph., 2, 2, 45: quam omnium
Thebis vir unam esse optumam diiudicat. —
58. ted per te, sulla
scorta del Bothe e del Brix, quantunque nemmeno in questa sede a noi
sembri impossibile Tiato; cfr. 790 e per T omissione della posizdone in
miuria, v. 28. — pulcerf come leggesi in A, ha assunto in B C D la
forma pulcherum, forse per influenza di uel successivo. — 59. vel, cfr. 25.
Artotrogo pronunzia queste parole a voce bassa alPorecchio del miles, per
meglio stuzzicarne la curiosita. — here, secondo 1'Ambrosiano, per hercle
di B C D, cfr. Quint., 1, 7, 22. —
60. pallio reprehenderunt e 1'atto
comune che si compie, per provocare Tattenzione di chi passa innanzi indifferentemente, cfr. Trin., 624. — quid eae col Eitschl, per quidere del
B C D, che lo Studemund legge a questo punto anche neirAmbrosiano.
Non e presumibile che appartenga proprio qui Yhercle, che in B C D ha
preso il posto di here nel v. antecedente? —
6 1 . rogitabant = roga-
MILES GLORIOSVS, ACT. I, 54—65
4
21
4
Immo eius frater' inquam est \ ibi illarum altera:
Ergo mecastor piilcer est' inquit mihi
4
Et liberalis': 'uide caesaries quam decet':
4
Ne illae sunt fortunatae quae cum illo cubat'. 65
4
bant « mi colmavano di domande », cfr. 709, 827. — hicine «= nonne hic
« non e questi », cfr. Men., 284. II parassito immagina, che queste donne
facessero cenno colla mano al soldato che egli seguiva. — Achilles, il piu
bello e il piu forte degli eroi greci, cfr. II., 2, 674 e Luc, Dial. mor., 13, 3 :
TIVI JU€ TOT€ TrdvT€<; €?KO£OV ; XHN. TIVI 5e ak\w f\ 'AxtXXeT; — inquit
mihi « una dice » con A, per inquii tibi di B C D. II Fleckeisen, Neue
Jahrbb., 113, 272, d'aecordo coH'Ussing e col Lorenz, ritiene che queste
parole appartengano al v. 63 e che per mera svista o confusione sieno venute a pigliare ii posto della chiusa propria del verso, che poteva essere
Peleius, Nereius o anche Achilles Thetidis filius, Per6 1' accordo pieno,
in cui Servio, ad Buc9 5, 58 si viene a trovare con A, e per noi un indizio assai convincente della genuinita di quella lezione, la quale e poi
pienamente giustificata dal raffronto con illarum altera inquit mihi, che
ci obbliga ad individuare anche la prima domanda e a ritenere che rogitabant sia Fespressione generica che le anticipi entrambe. —
62. frater:
ridicola finzione, che attesta 1'ignoranza del miles, poiche Achille non
aveva alcun fratello, cfr. per queste contraffazioni comiche alle parentele
deirOlimpo Cist, 2, 1, 45, in cui Giunone e chiamata Iovis filia. — est
con A e Servio, mentre invece e omesso da B C D. — ibi « allora, subito
dopo » col solo A, e pienamente giustificato dal raffronto con 1176 e Trin.,
245-7: ad ibi, per la confusione cosi frequente nei codd. tra b e u, trovasi
sostituito in B C D inuit sulFanalogia di interiuit pex interibi del v. 104. —
63. ergo « veteres pro merito dicebant » Serv., ad Georg., 2, 393, cioe
ben a r a g i o n e poiche e fratello di Achille, cfr. 380 ecastor ergo,
476, 891. — mecastor: il me di mecastor e affine a quello di me dius
fidius (iuvet) e di me-hercule. La forma ecastor deriva invece da quelFe
asseverativo o esclamativo, che si trova in enim equidem equirine epol
(PL). Quanto ad edepol, che ricorre piu comunemente accanto a pol,
inclinerei a riconoscervi una alterazione di med-epol, promossa dallo
scambio cosi frequente tra mecastor ed ecastor. — pulcer est, sec. A e
Servio, e alterato in pulchere si in B C D. — 64-. liberalis « di aspetto
nobile, distinto », cfr. 967: forma Uberali; Pers., 4, 3, 76: liberalis species e Ter., JEun.f 473: facies liberalis. — vide, che e in A, fu gia sostituito dal Pylades al vida & di B (divenuto in C iudaet et), che e una
contraffazione promossa probabilmente dalHnd. della prop. indiretta che
segue. Poiche il vide non puo essere indirizzato al servo, io inclino ad
attribuire questa considerazione alla prima interlocutrice, e a considerare
1'epifonema finale come una rientrata della seconda, se pur non e un coro
d'entrambe. — caesaries, cfr. 768, 923 e la nota relativa sul personaggio
del miles.— quam decet, cfr. perPind. neirinterrogaz. indiretta 36, 201,
281, 330, 377, 418 e la nostra Sintassi latina, § 155. Come esempii di
cong. possono valere 97, 158, 168, 198, 261 e per lo scambio fra i due
modi 515-8. —
65. quae cum illo cubat « chiunque o qualunque >:
non insisto a giustificare Puso o la particolare convenienza di questo sin-
22
PT.
PT.
M. ACCI PLAVTI
Itane aibat tandem? AR. Quaen me ambae obsecrauerint
Vt te hodie quasi pompam illac praeterducerem.
Nimiast miseria nimis pulcrum esse hominem.
AR. Immo itast:
Molestae sunt: orant, ambiunt, exobsecrant
golare, che involve anche in se un pietoso desiderio; mi basta solo dire
che esso corrisponde alla lezione del B G D, e forse anche a quella che il
Geppert ricavava dalFAmbrosiano, secondo che insinua V Ussing. Quanto
all1 isto, che questi stessi codici contrappongono all' illo delFAmbrosiano,
credo che tale cambiamento si debba ripetere dalla presunzione che il
v. 65 sia indirizzato ad Artotrogo, mentre invece e Tultimo termine del
dialogo, che s'intreccia fra le due pie interlocutrici. —
66. aibat, bisillabo per sinizesi, cfr. 91, 126, 320, 337. Anche qui il Loewe e lo Studemund riferiscono daH'Ambrosiano aiebant per Yaibat constatato dal Geppert e che si troverebbe d' accordo con 1' itanea Jevat di B C D. A tacere
del fatto, che rimarrebbe inesplicabile la sostituzione di obsecraverit
(B C D) ad obsecraverint nella seconda parte del v., se almeno qui la forma
del singolare non fosse stata a posto si da provocare tale scambio; a me
piace solo di notare, che Taggiunta di ambae accanto a quae sarebbe stata
affatto inutile, ove gia prima Pirgopolinice avesse accennato ad entrambe.
Si aggiunga del resto che, se ii desiderio contenuto nel v. 65 e espresso
da una sola delle due interlocutrici di Artotrogo, il miles non aveva almeno per cavalleria il diritto di riferirlo ad entrambe. — quaen coll'Ambrosiano, per il quae di B C D, e la forma femm. di quin. Cfr. per Tn.so
del cong. in queste forme di asseverazione o dichiarazioni causali (cong,
che il Brix evita, suH'es. del Pareo, colla sostituzione di obsecraverunt a
obsecraverint) 406, 984; Most., 738, Cic, p. Gluent., 39, 109: quam intolerabilis arrogantia! qui etiam illud ipsum acerbe tulerit; Phil, 4, 1,
3: nihil ex omni saeculorum memoria tale cognovi, qui consilium ceperit.
— 67. quasi pompam « come in processione », cfr. Ter.,1 Heaut.,739:
iua pompa eo traducendast a riguardo del seguito di un etera. Plauto
adopera altre sei volte la voce pompa, per indicare la gran processione
di cibi, a cui il parassito vuol dare ingresso nel proprio stomaco: quoius
haec ventri portatur pompa? — illac « per di la », cioe dove esse abitano: illac per illam di A B C D trovasi gia nelPedizione principe del Merula del 1472 e fu poi accettato anche dal Ritschl, in luogo delYilla proposto dallo Scioppio, sulFanalogia di Most., 931 (dove illac e nel solo A),
Asin., 3, 3, 152 e Truc, 2, 1, 37 (dove A contrappone illa ad illac di
B C D). —praeterducerem con B C D perpraeterducerent di A. — 68. nimiast con A e Don., acl Eun., 4, 7, 19, per nimis di B C D. — immo itast,
si restitnisce oggi deflnitivamente e bellamente sulla testimonianza dello
Studemund dalFAmbrosiano, in luogo del mihi proposto dal Ritschl e del
mihi quidem del Eibbeck. —
69. La lezione dello Studemund in
Wolff. Arch., 1, 116, da noi adottata, e pienamente conforme alPAmbrosiano e richiede che si consideri come un anapesto il cretico iniziale (mdlestae), per Y abbreviazione dell'o atono e in tesi, cfr. Yobhaerentis delFarg. I, v. 8 (non fa precisamente al caso Most, 504 citato dallo Stud.:
MTLES GLORIOSVS, ACT. I,
PY.
AR.
66—78
Videre ut liceat: ad sese arcessi iubent:
Vt tuo non liceat operam dare negotio.
Videtur tempus esse ut eamus ad forum:
Vt in tabellis quos consignaui hic heri
Latrones, ibus dinumerem stipendium.
Nam rex Seleucus me opere orauit maxumo
Vt sibi latrones cogerem et conscriberem.
Eegi hunc diem mihi operam decretiimst dare.
Age eamus ergo. PY. Sequimini, satellites.
23
70
75
scelestae Jiaec sunt aedes, impiast habitdtio, dove trattasi di semplice
omissione di posizione). Se in luogo di exobsecrant, che e anche in Asin.,
246, si accetta da B C D obsecrant, bisognera qui ristorare la quantita
arcaica ambiunt; quanto airavvicendarsi di oro con ambio cfr. Ter., Andr.,
373: amicos oras ambis. — 70. videre in A, per viderit di BCD, sottintendi te. — arcessi, sc. me, con A per accersi di BCD. — 71. liceat,
i. e. mihi. — dare (mutato curiosamente in adre in D e adse in C) operam « attendere, sbrigare una faccenda», cfr. per 1'ictus sull'ultima sillaba del tribraco o deir anapesto 6, 29, 31, 563, 586, 1094, 1306. —
72. tempus ut, cfr. 1101. La parola negotium ricorda al miles i suoi affari in corso, laonde in buon punto si rivolge ad essi. — eamus e sciolto
curiosamente in C D in eat mus. — 73. hic heri, come il Loewe e lo
Studemund leggono in A, e Yhic aeri di B C D conferma, escludendo deflnitivamente le congetture interim del Ritschl e cereis del Bergk. II miles
deve aver nelle mani il quaderno, in cui prese nota dei soldati arruolati
il giorno innanzi. —
74:. ibus, sull' analogia di quibus e di hlbus
(Curc, 506 e Varr., L. L., 8, 72), ricordano espressamente da questo luogo
del Miles, oltreche A (B ha latronibus), Nonio, p. 486, 11, Placido, 57,
21 e Donato, Eun., 3, 1, 42: « disciplina est comici ut stultas sententias,
ita etiam vitiosa verba adscribere ridiculis imperitisque personis, ut Plautus
ibus denumerem stipendium » (cod. Canonic). La forma del dat. ibus ricorre anche in Capt.} arg. 5, Truc, 110, Pomponio, Titinio, Lucilio e un
S C. delFa. 99 av. Cr. in Gell., 4, 6, 2. —
75. Seleucus. II nome di
Seleuco s'incontra cinque volte nei frammenti dei comici greci della ixear|
e della via, e allude certamente ai successori d^Alessandro che regnarono
in Siria, il primo Seleuco dal 312 al 282, il secondo dal 247 al 227 e il
terzo dal 227 al 224. Plauto ricorda ancora nelle sue commedie Dario e
P i l i p p o in Aul, 86, 704, Antioco ed Attalo in Poen., 663: nam
hic latro in Sparta fuit apud regem Attalum e 694, Demetrio in Gornicularia, fr. 2, aliquem regem in Trin., 722, cfr. anche ib., 599: lairoci*
natum in Asiam aut Ciliciam. — opere maxumo, inversione frequente
con orare e petere (cfr. Most, 752), la quale pu6 servire come spia della
giusta scrittura dell avv. magno opere. —
76. latrones « soldati mercenarii », cfr. 499 e Trin., 599. —
77. regi con D e Tediz. principe,
suires. del Lorenz e del Ribbeck, in luogo del rei di B C, cfr. per una
simile e sicura sostituzione di rei a regi in B C D Pseud., 1, 5, 118. La
24
M. ACCI PIAVTI
ACTVS
II.
PALAESTRIO.
Mihi ad enarrandum hoc argumentumst comitas,
Si ad aiiscultandum uostra erit benignitas.
Qui autem auscultare nolet, exsurgat foras,
Vt sit ubi sedeat ille qui auscultare uolt.
80
congettura del Kitschl ei rei, accettata e difesa dal Brix, toglie al miles
il piacere di far pompa nuovamente innanzi al pubblico di questa sua
reale conoscenza, come in 948 e Traso in Ter., Eun., 397-410. — 78. age
eamus colla prima mano del cod. B, in sostituzione di agetenem1 o di agetemus di C D, in cui si riconosce lo sforzo di pareggiare in numero le due
forme verbali, cfr. pero 928. — sequimini: il miles per la porta destra
della scena s' incammina verso la citta, undantem chlamydem quassans,
al pari del suo camerata delVEpid., 432.
Actus II. — Donato in praef. Phorm.: « officium prologi ante actionem quidem rei semper est, verum tamen et post principium fabulae inducitur, ut apud Plautum in Milite Glorioso et apud ceteros magnae auctoritatis veteres poetas ». L'unico esempio classico che si conosca di tale
uso e quello di Euripide nelFIfigenia in Aulide, imitato da Plauto anche
nella Cistellaria, il cui prologo, pronunziato dalla dea Auxilium, segue a
due altre scene, nella prima delle quali si tratteggiano i caratteri opposti
di Silenium e Gymnasium e nella seconda la Lena fa la storia di Silenium. II prologo del Miles ha spiccate caratteristiche plautine, e dopo
un'entrata in iscena cosi brillante per parte di Pirgopolinice riesce di singolare interesse ed efficacia, soprattutto per la scelta cosi felice del personaggio che lo recita, Palestrione, il quale e anche la chiave o il centro
principale dell'azione della commedia. —
79. comitas «la gentilezza,
la buona intenzione», cfr. per 1'^juoioxeXeuTov col v. successivo Caph,
85-7, Mosh, 715, Baceh., 37, Cist, 2, 1, 48-50. —
80. benignitas
« bonta, benevolenza », cfr. Merc, 15: si operaest auribus — atque ad
vortendum huc animum adest benignitas; Men., 16: tanta ad narrandnm
vostra adest benignitas; Asin., prol. 14: date benigne operam mihi. —
81. auscultare nolet, per auscultabunt nollet di B C D, e gia nell'ediz.
principe del 1472. Gia da questo punto si comincia ad avvertire 1'assenza
deirAmbrosiano, che non ci soccorre affatto dal v. 79 sino al 147. —
— exsurgat foras con una di quelle sillessi, che sono cosi comuni ed
espressive nel discorso familiare, cfr. Bacch., 758: ne quoquam exsurgatis;
Most., 1102: surgedum huc. —
82. sit, secondo la quantita origiiiaria, cfr. 242, 743, 1186, 1397. —- sedeat. Valerio Massimo 2, 4, 2 riferisce,
che a tempo della censura di Messala e di Cassio (599/155), sopra mozione
di Scipione Nasica, fu respinta la prima proposta per V erezione di un
teatro in pietra « atque etiam SC. cautum est ne quis in urbe propiusve
passus mille subsellia posuisse sedensve ludos spectare vellet, ut scilicet
remissioni animorum standi virilitas propria Bomanae gentis iuncta esset».
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 7 9 — 8 9
Nune qua adsedistis eaiisa in festiuo loco,
Comoediai quam nos acturi sumus
Et argumentum et nomen juobis eloquar.
Alazon Graece huic nomen est comoediae:
Id nos Latine gloriosum dicimus.
Hoc oppidum Ephesust: illest miles meus erus,
Qui hinc ad forum abiit, gloriosus, impudens,
25
85
Si badi per6 che questo SC, lungi dal far fede di una consuetudine non
ancora invalsa, attesta invece assai probabilmente Fabuso di essa, che intende forse a reprimere, in vista appunto dei tumulti che provocava. Certo
le commedie plautine, a prescindere dai prologi, presuppongono Fesistenza
di sedie mobili per gli spettatori, fornite dagli stessi ordinatori dello spettacolo, cfr. Aul., 4, 9, 6, Truc, Mpid. ecc. —
83. nunc. Dopo che si
e sedato- il tumulto, promosso dalPentrata del popolo nel recinto destinato
allo spettacolo, e che ciascuno ha preso il suo posto, Yorator prologi si
accinge a pronunziar la sua parte. — qua causa, per cuius causa, si riferisce a comoediai, a cui e premesso in conformita delFuso arcaico, che si
riscontra cosi comunemente nelle formole quod bonum faustum felix fortunatumque sit e quae res bene vortat. — festivo loco « luogo di piacere,
di diletto », cfr. Pseud., 1254: festivae fores; Poen., 695: hospitium festivom. — 84. comoediai per comoediae (B C D) restitui gia lo Scioppio
per ragione del metro, in conformita dell'uso essenzialmente plautino (cfr.
103, 236, 1154 ed altre dieci forme, fra cui predominano i n. pr. gr., come
Charmidai, Sosiai), ma forse affatto estraneo a Terenzio. — quam nos sostituisce Pylades al quandos di C D e al quando di B: quam modo, che
il Ritschl accetta dal Camerario, implica la corrispondenza poco verosimile
di modo a iam, secondo che avverte il Brix. — est e qui aggiunto col
Pylades. —
87. id, i. e. nomen, cioe « questa parola », senza punto
voler alludere al titolo della commedia latina, cfr. Cas., prol. 31: Clerumenoe vocatur haec comoedia graece, latine sortientes. II Lessing, sulla
autorita di questo verso, voleva semplificare anche il titolo della commedia,
senza por mente sia al posto che essa occupa nelle serie delle fabule Yarroniane, sia allaforma delFargomento acrostico. Quanto alFomissione delle
altre notizie relative alla persona e alFopera del rifacitore, che si riscontrano
ad es. in Trin., 19, Asin., 11, Merc, 5, Poen., prol. 53, io, invece di volerle
qui includere a forza almeno sotto la forma di una lacuna, preferirei di considerarle, con un argomento tratto ex silentio, come una prova della genuinita del prologo, che contiene pure in se tanti elementi di quella festivita
e concisione, che gia gli antichi riconoscevano a Plauto. Si noti una simile
brevita anche nel v. successivo. — 88. Ephesust col Camerario, cfr. Ribbeck: « in codicibus epesu e, quod non magis oblitterandam, quam Abydum
Lampsacum Cyzicum Epidamnum Orchomenum Epidaurum Corinthum
alia neutra. Aspiratio graecorum vocabulorum, quam a plautino aetate
alienam fuisse constat, deest etiam in argum. II, 4: pessum B». — illest da ide di B, secondo la ricostruzione del Seyffert, Stud. Plaut., 19:
idem est proponeva invece il Camerario, inde est il Lipsius, Ant. lect.,
IV, 14. —
89. hinc, con allusione evidentissima alla prima scena. —
26
M. ACCI PLAVTI
Stercoreus, plenus periuri atque adiilteri,
Ait sese ultro omnis miilieres sectarier.
Is deridiculost, quaqua incedit, omnibus:
Itaque hic meretrices, labiis dum ductant eum,
Maiorem partem uideas nalgis sauiis.
Nam ego haii diu apud hunc seruitutem seruio.
90
95
ghriosus «tronfio di vanita ». — 90. stercoreus = impurus, putidus,
K6TCPIO<; « sporco, schifoso»: in Casina, 1, 26, per distinguere un vilicus
da uno schiavo, gli si da il nome di sterculino effosse, e in Pers., 3, 3, 3
un lenone e chiamato lutum lenonium, commictum caeno, sterculinum publicum. —
91. ultro per ultro ut di B C: questo verso 6 affine al 778.
Quanto all' inversione di questo v. col 92, proposta dal Kibbeck, si noti
che essa cancella affatto la dipendenza del concetto espresso nel 934 dal
deridiculost del 92, e toglie Fopposizione tra questo stesso e il sectari del
v. antecedente, opposizione messa anche piu in mostra dalVomnibus, che
si riferisce, come b chiaro, 1ad omnes mulieres. —
92. is « mentre invece ». — deridiculost coli Acidalio per dericulust di B e deri dicust di
C, che il Lambino completa piu direttamente in deridiculust, cfr. Cas.,
815: in ridiculo. —
93. hic, i. e. Ephesi (648) o in Epheso (411,
778). — labiis, identico al labea dello Sticho 721 (cfr. anche Nonio, p. 210),
che il Fleckeisen, ep. crit., 8 vorrebbe sostituito anche qui, cfr. Charis.,
p. 103, 7: Verrius autem Flaccus sic distinxit, modica esse labra, labia
immodica et inde labiones. — ductant per ducant di B D, secondo la congettura del Beroaldo e in conformita del ductantem di Carisio 1. c. Questa
frase, generalmente frantesa dagli editori moderni e considerata di conseguenza come una delle prove piu convincenti del poco spirito e arguzia
deir autore del prologo, e cosi correttamente interpretata dal Lambino
«labris ad osculum compositis eum lactant», cioe per b u r l a r l o fingono di scoccargli dietro dei baci. —
94. maiorem partem
« nel maggior numero dei casi, ii maggior numero delle volte » ti capita
di vederle colle labbra turgide e prominenti in fuori. Non si puo dire se
questa pittura delle donne di Efeso sia una semplice caricatura del comico
romano, o pur riproduca esagerandolo qualche tratto caratteristico della
loro fisonomia. — valgis, cfr. Nonio, p. 25: valgum proprie intortum est;
Festo, p. 375, 15: valgos Opilius Aurelius aliique complures aiunt dici
qui diver'sas suras habebant; Corp. Gloss., IV, 188, 37: valgis, i. e. foras
versus tumentibus. Quest' ultima, che a me pare proprio 1una glossa del
luogo presente del Miles, e quella che ce ne da anche un idea e una interpretazione piu esatta. La burla, che le donne di Efeso facevano al miles
nel suo passaggio, non consisteva gia in una particolare contraffazione
della bocca ovvero nel contorcere il muso (Brix: «ihn mit den Lippen
zum Narren haben d. h. den Mund verdrehen und verziehen »; Lorenz:
« ihm mit dem Munde hohnische und verachtliche Geberden machen, naturlich hinter seinem Kiicken »; Ussing: « labiis autem hoc faciunt, i. e.
ora proterve obtorto, quod quam saepius facerent, consuetudinem in naturam abisse, ut ore contorto essent »), ma nel protendere le labbra in fuori
come fa chiunque voglia scoccare dei baci. Quest' atteggiamento speciale
MILES GLORIOSVS, ACT. II,
90—101
Id uolo uos scire, quo modo ad hunc deuenerim
In seruitutem ab eo quoi seruiui prius:
Date operam: nam nunc argumentum exordiar.
Erat erus Athenis mihi adulescens optumus.
Is amabat meretricem et patre et matre Atticis
Et illa illum contra: quist amor cultu optumus,
27
100
della bocca e anche da altri chiamato valgus, che e propriamente il nome
di colui qui crura in orhem pandit (Petronio), cfr. Petronio, Satyricon,
in due luoghi citati dal Lambino: ohtorto valgiter lahello e quia considerantium haeserant vultus, quidquid a spectacuh vacabat^ commovehat
valgiter (vulgo ohiter) labra et me tamquam furtivis suhinde osculis verherahat. — saviis\ savium e propriamente la bocca composta al bacio,
cfr. per lo scambio tra savium QOS il doppio significato di osculum, Asin.,
4,1, 53: savium facere palam « atteggiar la bocca al bacio »; Bud., 2,
4, 10: tum quae indoles in savio (con ocelli, corpus e papillae) e Gell., 19,
11, 4: dum semihiulco savio Meo puellum savior. — 95. nam « pero »,
secondo 1'uso proprio della figura retorica detta occupatio serve forse
qui a prevenire un'obiezione: voi cio5 non dovete ^ meravigliarvi se io mi
sobbarco a servire un tal padrone, poiche ecc. E questa Punica interpretazione possibile di questo luogo veramente difficile ed enigmatico, per
cui il Brix ed il Lorenz ammettono una lacuna abbastanza estesa, che dia
conto di quella particella causale, ed il Eitschl col Bergk una posposizioue del v. 95 al 97. — hau diu per audiu di C D ed aut diu di B. —
servitutem servio, cfr. per questa figura etimologica 482, 745 n. Trin., 302.
—
96. devenerim, per devenerit di B D, e gia negli ant. edit., « sia
capitato da ultimo ». —
97. ab eo quoi, per hahe oculi di C, e gia
neired. princ. — 98. date operam, i. e. aurihus « prestate attenzione »,
cfr. 754, 953, Trin., 5, Caph, 6. —
99. erat « era a me padrone in
Atene ». —
100. et patre et matre Atticis, secondo la bella congettura del Lorenz, ripresa e confermata dal Niemeyer in Phil. Wochenschrift,
1, 387 in luogo di matre Athenis Atticis, che si legge nei codici. Poiche
la ripetizione del nome Athenis accanto ad Atticis (richiamato forse1 qui
dal Bud., 741, Epid., 502 e Truc, 497) non e punto verosimile, e d altra
parte la lezione dei codici matre e giustificata dal frequente ricorso di
questo nome nei versi seguenti, la congettura del Lorenz, confermata anche
dal matrimam dei prisca e x e m p l a r i a d e l Pio, a me sembra di gran
lunga piu verbsimile di tutte le altre fin qui proposte, altam dal Ritschl,
itidem dal Brix, aeque dal Camerario, acre dal Tyrrell. II sospetto del
Leo, Bh. Mus., 38, 25, a cui aderirebbe anche il Goetz, che tra meretricem e matre sieno caduti due emistichii: itidem quae illo tempore —
hahitabat cum sua e chiarito falso dall' impossibilita di riferire e sottintendere, dopo una nuova prop. incidente, Yamabat del v. 100 accanto ad
illa illum contra. —
101. contra « dal canto suo » = vicissim Don.,
ad Ad., 1, 1, 25, cfr. i segg. es. della Gist., citati dal Lor., 1, 1, 97: coepi
amare ego illum et ille me contra; 1, 2, 12: is amore misere hanc deperit mulierculam — contra amore haec perditast; 1, 3, 43: is amore
— illam deperit — et illa hunc contra quist amor suavissimus. — cultu
28
M. ACCI PLAVTI
Is piiblice legatus Naupactum fuit
Magnai rei piiblicai gratia.
Interibi hic miles forte Athenas aduenit.
Insinuat sese ad illam amicam eri mei:
105
Occepit eius matri suppalparier
Vino, ornamentis opiparisque opsoniis:
Itaque intumum ibi se miles apud lenam facit.
Vbi primum euenit militi huic occasio,
Sublinit os illi lenae, matri miilieris,
110
Quam erus meus amabat. nam is illius filiam
Conicit in nauem miles clam matrem suam
Eamque huc inuitam mulierem in Ephesum auehit.
optumus, cfr. Aul., 3, 6, 46: optumum factu e Cist, 1, 1, 27: amicitiam
colere. —
102. legatus fuit per legatus est = missus est, e la forma
comunemente adoperata da Pl. coi v. dep., secondo che riconosce e dimostra
largamente il Brix. — Naupactum, oggi Lepanto sul golfo Corinzio. —
103. magnai etc, per magna rei publicam gratiast di BCD, fu restituito
gia dal Paerno alla sua vera lezione colla citazione e commento che ne
fa Mario Vittorino 147, 22; cfr. per magndi v. 84 e per rei Trin., 230.
— interibi, per interiuit di B C D, fu ricostruito dalPAcidalio, e corrisponde
a interim (Capt., 5, 1, 31), in cui vece si trova adoperato anche da Gellio
e da Apnleio. —
105. insinuat sese, cfr. Cist., 1, 1, 94: insinuavitin
amicitiam cum matre et mecum simul. — amicam eri mei, per amicam
meri di B C D (con ablepsi) restituisce il Ritschl sulFes. del Camerario.
Per evitare il diiambo finale, il Eibbeck, seguito dal Lorenz, dal Brix e
dal Goetz, aggiunge dopo sese un absentis, di cui b piu difficile spiegar
la caduta. — suppalparier « ingraziarsi ». — 107. vino. Le donne vecchie
son sempre rappresentate nella commedia come dedite al vino e alle ghiottonerie (Curc, 1, 2 e Cist., 1, 2, 8): quanto alla mater, meretrix ancVessa
in origine che diventa poi la lena della propria figliuola, cfr. Cist., 1,1,
2 e Asin., 1, 3. —
108. itaque « e cosi», cfr. 1410. — intumumf
cfr. Truc, 1, 1, 61: nam me fuisse huic fateor summum atque intumum.
— ibi... apud lenam, cfr. per questa ridondanza d'espressione propria del
latino popolare 113, 134, 138, 161.— sublinit os illi, secondo la facile e
sicura restituzione dello Scutario, per sublinitos illos o illis di B C D: e
questa secondo Nonio una frase « tracta a genere ludi quo dormientibus
ora pinguntur » e significa inludere et pro ridicuh habere, cfr. 153, 467
e Trin., 558. — 111. is e disgiunto darn^Tes(112)inmodo non nuovo
a Plauto, cfr. 150 e Trin., 20. — 112. conicit, secondo la congettura
del Camerario, per contigit di BCD, che presuppone forse la grafia coniicit. — clam matrem e decomposto in B C D in clamat rem, che ne
rende pienamente sicura la lez. adottata: clam in Pl. regge il gen., 1'abl. e
Tacc. — avehit colFediz. princ. ed Acidalio, in luogo di venit di BCD,
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 1 0 1 — 1 2 4
29
Ego quantum uiuos possum mihi nauem paro,
Ubi amicam erilem Athenis auectam scio,
115
Inscendo, ut eam rem Naupactum ad erum niintiem.
Vbi siimus prouecti in altum, fit quod di volunt:
Capiiint praedones nauem illam ubi uectiis fui.
Prius perii quam ad erum ueni quo ire occeperam.
Ille qui me cepit dat me huic dono militi.
120
Hic postquam in aedis me ad se deduxit domum,
Video illam amicam erilera, Athenis quae fuit.
Vbi contra aspexit me, oculis mihi signiim. dedit,
Ne se appellarem. deinde, postquam occasiost,
sulPanalogia del v. seguente. — in Ephesum, come in 384, per Ephesum
del 439 e 975. — quantum vivos possum (B C D) = tam celeriter quam
vitae vigor efficere potest, cfr. Epid., 283: vive sapis e il fr. vite. In
luogo di vivos il Camerario leggeva citius, Ted. princ. unus, il Ribbeck
tutus e il Eitschl tantum quantum potis sum. Difendono invece la lezione
dei codici il Brix, TUssing, il Bugge ed il Niemeyer. — 115. ubi, coi
codd., t e m p o r a l e al pari di quom e postquam. L'Acidalio, seguito generalmente da tutti gli editori moderni, antepone questo verso al precedente, a causa della piu stretta relazione che intercede tra esso e il successivo inscendo. Perd tale relazione non e perturbata o resa meno evidente
da queirintermezzo, mentre al contrario Vegb accenna, come a me pare, a
principio di periodo. — erilem = eri. —
116. inscendo con B, per
incendo di C D, e qui usato assolutamente al pari del classico conseendo
e vale « m'imbarco ». — ad erum nuntiem, per aterum (alterum C) nuntiet di B C D, coll'ed. princ, cfr. per il costrutto frequente in Plauto Gapt.,
2, 2, 110. —
117. fit quod di volunt « avviene cio che Dio vuole »;
il di, omesso per lipografia, fu restituito sulFes. del Lipsio, Ant. Lect,
IV, 14, dal Fritzscbe, Ind. Bostoch. aest., 1850, p. v. La frase corrisponde
perfettamente alFuso popolare italiano, senza che vi sia bisogno di emendarla in sicut voluerunt col Bothe e col Ritschl; come d'altra parte non
fa punto le veci di una parentesi, secondo che sospettarono prima il Lipsio
e poi il Ribbeck, poiche capiunt e semplicemente un'epesegesi di fit. —
118. vectus fui, cfr. 102. —
119. perii, trasformato nei codd. in periit, al pari di venit e iret: « io rimasi perduto », cfr. Capt., 3, 4, 5:
utinam te di prius perderent quam periisti e patria tua. — 120. qui
e aggiunto col Beroaldo. — huic, nei codd. huc. —
121. deduxit
col Camerario per duxit. — domum « in patria », cioe ad Efeso, cfr. 113.
— 122. illam amicam erilem « queiramica o Tamica del mio padrone »,
dove ille anticipa la funzione delFart. it., cfr. 127, 168, 242; Men., 5, 2,
33: ab illo meo viro; 5, 1, 46: illum meum patrem. —
123. contra,
cfr. arg. 3. —
124:. deinde bisillabo come proinde, di fronte a dein,
dehinc, proin monosillabi. — postquam col pres. stor., cfr. Capt.y 22. —
30
M. ACCI PLATJTI
Conqueritur meeum mulier fortuna sua:
125
Ait sese Athenas fiigere cupere ex hae domu:
Sese illum amare meum erum, Athenis qui fuit,
Neque peius quemquam odisse quam istum militem.
Bgo quoniam inspexi mulieris sententiam,
Cepi tabellas, consignaui clanculum,
130
Dedi mercatori quoidam, qui ad illum deferat
Meum erum, qui Athenis fuerat, qui hanc amauerat,
Vt is hiic ueniret. is non spreuit niintium:
Nam et uenit et is in proxumo hic deuortitur
125. fortuna sua con BCJ), per fortunas suas che vi sostituirono gli
antichi editori, « del suo caso »: la presenza del mecum « si lamenta con
me » da un' assai plausibile ragione del costrutto diverso qui usato da
Plauto. — 126. domu con BCD, cfr. C. I. L. I, 1009, 21 e Quint., 1,
6, 5. Abraham, St. plaut., 198 considera come spurio questo verso a causa
delFuso di ex hac clomu per il plautino hinc domo. Pero la connessione
diretta del 125 col 127, che a prima vista pare cosi plausibile, non e
senza difficolta, e si avverte V omissione di un pensiero intermedio, che
par come d' intravedere nel sententiam del v. 129, che vale propriamente
«le intenzioni, i desiderii». —
128. peius odisse, cfr. Men., 1, 3, 7:
male odisse. —
129. quoniam, al pari di postquam, ha assai frequentemente in Pl. significato temporale, cfr. Asin., 350. — inspexi « capii,
compresi», cfr. 640. —
130. cepi tabellas corrisponde perfettamente
alla frase italiana
« presi una lettera », adoperata presso a poco nel senso
;
di « scrissi». — consignavi, da signum, e forse anch'esso 1'equivalente di
« consegnare »? —
131. dedi, abbreviato per la legge propria delle
parole giambiche, secondo Fuso plautino e popolare, cfr. Gapt., 364, Trin.,
728. — deferat per deferret: questo cambiamento di tempo, affatto proprio del discorso parlato, ricorre in Plauto, soprattutto sulla fine del verso,
per bisogno evidente del metro, cfr. arg. 1, 5, 7, 49, Gapt., arg. 4 e gli es.
citati dal Brix, Pseud., 3, 2, 6: quin 6b eam rem Orcus recipere ad se
hunc noluit, ut esset hic qui mortuis cenam coquat; Gist, 1, 3, 20: observavit servolus quo aut quas in aedis hanc puellam deferat; Amph.,
2, 2, 113: quippe quae ex te audivi ut urbem maxumam expugnavisses
regemque Pterelam tute occideris. —
132. Questo verso, sulFes. del
Guiet, e espunto dal Ritschl come spurio. M' induce a conservarlo Yis del
v. 133, che sarebbe strano immediatamente dopo ille. — 133. is, dopo
illi, cfr. n. 21. — 134:. nam et con B C D, per il semplice nam proposto
dal Seyfert e accettato dal Goetz. — venit et is, secondo la lezione del D, a
cui mettono capo anche il venietis di B e il venit eius di C. I/inversione is
ety proposta dal Ribbeck e accettata dal Brix e dal Goetz, non e verosimile,
come puo scorgere facilmente chiunque si provi a tradurre in it. queste
pajole: egli non disprezzd le mie parole,'e non solo venne subitOj ma egli e qui ecc. Ognuno intende facilmente il bisogno e Peffi-
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 1 2 5 — 1 4 2
Apud suom patermim hospitem, lepidiim senem.
Itaque ille amanti suo hospiti morem gerit
Nosque opera consilioque adhortatiir, iuuat.
Itaque ego paraui hie intus magnas machinas,
Qui amantis una inter se facerem conuenas:
Nam uniim eonclaue, concubinae quod dedit
Miles, quo nemo nisi eapse inferret pedem,
In eo conclaui ego perfodi parietem,
31
135
140
cacia della ripetizione dellVs innanzi a devortitur, che il Lorenz col Ritschl
omette affatto. Quanto all' alternativa del perf. venit con devortitur, che
ha qui particolari ragioni di convenienza, si e gia detto sopra. — hic in
proxumo con B C D e in corrispondenza con 264, 301, cfr. anche 287:
hue in proxumum, 472: hinc e proxumo e Bud., 404: aquam rogabo
hinc de proxumo, donde risulta 1'identita di proxumum con proxumae
aedes. La frequente precedenza di hic a proxumo fe' adottare prima al
Ritschl e poi al Lorenz la lezione del Bothe: et hic in proximo; per6
1'epesegesi, che il verso seguente fa alYhic, da una ragione assai chiara
di quella inversione, che ricorre ad es. anche in 366: tum me vidisse in
proxumo hic, sceleste, ais osculantem, per refficacia o importanza maggiore che su di se richiama V avv. —
133. apud suom con B C D, e
un a n a p e s t o : per Fiato in cesura, che il Ritschl sull'es. del Guiet evita
merce Finversione patemom suom, cfr. 142. —
186. itaque ille <zo\
Pio, per itaque illi di B C D, attratto dall'analogia del dat. seg.: « ed e
questa la ragione per cui». In luogo di itaque il Ritschl propose atque
is, per evitare forse la concordanza col principio del v. 138, la quale e
invece espressamente richiesta dall'autore, giacche la condotta di Periplecomeno e di Palestrione e una conseguenza della condizione di cose innanzi descritta. La frequenza della ripetizione della medesima parola sta
invece proprio contro Yis. — 137. opera consilioque « col senno e colla
mano », cfr. Trin., 189 e per 1'asindeto seguente v. 201. —
138. machinas « inganno, stratagemma », con una di quelle metafore che Plauto
piglia cosi comunemente a prestito dal linguaggio militare, cfr. 813: machinas movere. —
139. qui e un'antica forma d'ablat. locativo volto
assai presto a significato avverbiale e affatto identica a ut, cfr. Trin., 14,
Capt, 1003 e la nostra Sintassi latina, p. 364. — convenas col Camerario,
per convenias di B C D, cfr. arg. I, 7 e Ov., A. a., 3, 586. — 14:0. unum
conclave quod « una stanza che mette in comunicazione le due case e
propriamente quella che ». Unus non e qui identico ad unicus, come presume il Lorenz, ma ha un significato assai piu debole ed incerto, che prelude al valore ed all'uso delPart. indefinito. —
141. eapse, per ea se
(B C D), col Turnebo, Adv., 2, 28: « essa sola », cfr. Trin., 800 e 974, —
142. in eo conclavi, ripetizione assai frequente soprattutto negli anacoluti, cfr. 598, Trin., 137, 985 e Capt., 1, 2, 1: Vunum conclave che precede si puo interpretare come un acc, retto intenzionalmente da perfodi
(senza parietem). — ego coi mscr. o ha 1' ultima sillaba ancora lunga^
32
M. ACCI PLAVTI
Qua commeatus clam esset hinc huc mulieri.
Et sene sciente hoc feci: is consilium dedit.
Nam meus conseruos est homo haud magni preti, 145
Quem concubinae miles custodem addidit.
Ei nos facetis fabricis et doctis dolis
Glaucumam ob oculos obiciemus eiimque ita
Faciemus ut quod uiderit non uiderit.
Et mox ne erretis, haec duarum hodie uicem
150
come forse in Most. 1096, o pur e preceduto da iato nella cesura, che il
Ritschl eviterebbe colla forma arcaica deirablat. conclavid o pur con un
perf. perfodivi, ricavato dsAVexfodm del 374. — perfodiy cfr. Don., a Ter.,
Eun., prol. 9: « parietem qui medius inter domum mariti ac vicini fuerat,
ita perfodit, ut in ipso transitu sacrum locum esse simularet ». —
14:3. commeatus « libero passaggio ». —
144. feci is e trasformato
in fecitis in D C e forse in fecisti in B. II Dziatzko, Bh. Mus., 29, 53,
condanna questo verso come spurio, e forse non senza ragione, perche interrompe il rapporto sicuro che esiste, a mio avviso, tra il clam del 143
e il nam del 145 (cfr. anche la ripetizione che il sost. consilium fa del
concetto gia espresso in 137). — 145. nam « particula inceptiva » Don.,
in Hec, 1, 2, 100: « imperciocche voi dovete sapere ». — 146. addidit
« mise » nel senso proprio della rad. del verbo de, identica al gr. 0e, cfr.
2, 98. — 147. facetis con A, che qui ritorna da capo in nostro aiuto,
per facitis di B C D. Si noti la doppia allitterazione, che lo scriha del1'Ambrosiano ha per errore annullato colla sostituzione di factis al doctis
di C D. — fabricae « invenzioni, trovati », cfr. 722, 875 e Capt.} 641. —
doctis « sagaci, scaltri, accorti, sottili»,1 cfr. Capt, 787. — 148. glaucumam deriva da YA.au Kuujua, per cui s intende una specie di cataratta o
opacita della lente cristallina dell' occhio, che diviene di colore grigio
oscuro: la frase intera qui vale « mettere le cataratte », cioe impedire la
visione. Cfr. quanto alla forma Prisciano, VI, 7: « neutra eiusdem terminationis (a) graeca sunt et addito tis faciunt genetivum, ut hoc peripetasma, huius peripetasmatis. Haec tamen antiquissimi secundum primam
declinationem saepe protulerunt et generis feminini, ut Plautus in Amphitrione, 117 cum servili schema pro schemate, Valerius in Phormione
cum syrma pro syrmate, Plautus in Persa, 463 tiara ut lepidam lepide
condecorat schemam, Pomponius in satura 163 cuiusvis leporis Liber
diademam dedit pro diadema, Laberius in cancro 17 nec pythagoream
dogmam doctus, Plautus in Milite Glorioso glaucumam ». — ob oculos
obiciemus con B C D per ab oculis abiciemus di Prisciano. — 149. faciemus = afficiemus « raggireremo ». — ut non viderit con tutti i codici
di Plauto, compreso A = ut vidisse se non arbitretur. Sebbene Plauto adoperi non raramente il ne nelle prop. consecutive in luogo di ut non (cfr.
726, Trin., 105, Caph, 3, 5, 79), pure non mi pare questa ragione sufficiente per sostituir qui Vut ne di Prisciano, che include sempre in Plauto
r idea di i n t e n z i o n e o fine, cfr. 199, 229. —
150. et mox « ed
MILES GL0RI0SVS, A.CT. II, 1 4 3 — 1 5 6
33
Et hinc et illinc mulier feret imaginem
Atque eadem erit, uerum alia esse adsimulabitur.
Ita sublinetur 6s custodi mulieris.
Sed foris concrepuit hinc a uicino sene.
Tpse exit: lric illest lepidus quem dixi senex.
155
PERIPLECOMENVS. PALAESTHIO.
PE.
Ni hercle defregeritis talos posthac, quemquem in tegulis
ora», cfr. Men., prol. 46: ne mox erretis, iam nunc praedico prius. -—
haec ...mulier (cfr. n. 111) accenna naturalmente a Philocomasium che
abita nella casa del miles, cfr. 143: hinc huc — vicem con A « di volta
in volta, a vicenda », per invicem che il Bitschl accetta dall'Aeidalio e che
e ancora estraneo a Plauto, cfr. Capt., 2, 3, 37. — duarum dipende da
imaginem. —
151. hinc et illinc con A, hic et illinc B C D : hinc =
a milite, illinc = a vicino sene, cioe nelPuscir fuori dalPuna o dalPaltra
casa, per rappresentar la sua parte. — feret con A, per ut ferret di BCD
=s sustinebit personam, cioe fara o rappresentera la parte, cfr. Capt., prol.
39 e Amph., prol. 141. — 153. sublinetur os, con A, ricostrui gia il
Guiet dal sublinitores del BCD, cfr. 110.—
154:. sed serve a interrompere il prologo, per passare alPazione, cfr. 270, Trin., prol. 16, Capt,
104. — concrepuit foris = -rj OOpa \jiocpeT, e una frase che anticipa per
solito 1'entrata dei personaggi in iscena e si riferisce al rumore che fa la
porta, quando gira sui cardini, la porta interna cioe e non 1'esterna che
metteva sulla via, la quale era sempre aperta di giorno, cfr. Amph.y 4,
1,9: sed quid hoc occlusast ianuast interdius; Most., 2, 2 ; 14, Btich.,
2, 1, 36. La frase opposta e pulsare fores (K6TTT6IV), bussare cioe alla porta
per entrare in casa. — a vicino senet cioe dalla casa che egli abita, cfr.
339, 524, 869, 958,1046.
Act. II, scaen. 2. — Dialogo in settenarii trocaici accompagnato dalla
musica. Periplecomeno tutto concitato si prepara ad uscir di casa sua, e
stando ancor sulla porta rivolge ai servi il severo ammonimento, che si
contiene sino al v. 165. Palestrione che sta di fuori, sulla destra, ode questo
scatto d'ira da parte del padrone, senza saperne comprendere il motivo.
—
150. ni con A C, per nisi di B. — herele appartiene all'apo=
dosi, ma e inserito comunemente nella protasi, cfr. 1239, Gapt., 896,
Trin., 457. — defregeritis con A B C D. Poiche Plauto adopera in questo
stesso senso anche elidere (167) e suffringere (Truc, 638), non veggo ii
bisogno o la necessita di sostituire, come fa il Ribbeck, Com. Bom. fragm.
coroll. 56, il diffringere delPAsinaria 474 al defringere, che cosi qui
come in 722 e Stich. 191 attestano concordemente i codici; giacche l'analogia del dilidam caput (Poen., 2, 46) e disrumpam caput (Bacch., 3,
3, 37), che il Brix cita a conferma di quell'emendazione, mi sembra poco
concludente anzi addirittura contraria alla tesi che si vuol sostenere. La
punizione del crurifragium, qui minacciata, consisteva nel frustare ben
PLAUTO, Miles gloriosus,
comm. da E. COCCHIA.
3
34
M. ACCI PLAVTI
Videritis alienum, uostra ego faciam latera lorea.
Mihi equidem iam arbitri uicini sunt,meae quid fiat domi:
Ita per impluuium intro spectant. nunc adeoedico omnibus:
Quemquem a milite hoc uideritis hominem in nostris
tegulis,
160
Extra unum Palaestrionem, huc deturbatote in uiam.
Quod ille gallinam aut columbam se sectari aut simiam
bene le gambe del colpevole, ed era anche piu temuta del lumbifragium,
che e semplicemente un nome comico della fustigatio, cfr. Cas.y 806: defloccabit iani illic homo lumbos meos. — quemquem — quemcumque. Poiche
PAmbrosiano cosi in questo luogo, come in 160, usa la forma quemquem,
la quale ricorre ad es. anche in Men., 717, Truc, 228 e Poen., 483, non
mi pare di dover accettar qui da B C D quemque, soltanto in forza di quello
scambio abbastanza frequente che fa anche altrove Plauto di quisque con
quisquis, cfr. 460, 1391, Capt, 798, Asin., 199, 404, Merc, 20. — tegulis
indica in generale il t e t t o (cfr. 160, 173, 178, 272, 284, 308), ma si riferisce propriamente a quelle lastre rettangolari di mattoni con bordo rilevato,
di cui si coprivano le case e che nel loro punto di congiungimento eran
commesse insieme cogli imbrices (504 e Most., 1, 2, 28) della forma di un
mezzo cilindro. Poiche le case attigue avevano la parete interna in comune,
egli era assai facile passare dalPuna alPaltra. —
157. vostra ego con
A, per ego vostra di B C D. — latera lorea, cioe tali che vi si disegnino
le lividure impressevi dallo staffile (lora, scutica, habena), cfr. 216: varius virgiSy Bacch., 780: ut tua iam virgis latera lacerentur probe,
Capt.,
596: staiua verberea, JEpid., 5, 1, 20: ulmea pigmenta (dall1 olmo di cui
le verghe eran fatte) e Turnebo, Advers., VII, 6: « latera lorea sunt latera
virgis caesa et lacerata, quod corium sic vapulantium in lora scindi videatur, nam lora corium in corigias scissum significat; perinde igitur est
ac si diceret: e vostro corio scindam lora virgis ». — 158. mihi equidem con A, per mihi quidem di B C D. La forza intensiva che ha il mihi
a principio del verso non mi fa parer naturale la sostituzione di mi a
mihi, consigliata dal Becker in Studem., Stud., I, 246 per ragioni metriche
(per evitare cioe la misura arbitri) e accettata da tutti gli altri editori.
— arbitri vicini sunt ricavava gia il Camerario da arbitriet vicis eunt
di B C D, anticipando la lezione deirAmbrosiano, cfr. Capt., 2, 1, 17. —
159. ita, cfr. 167 e 177. — impluvium « est locus sine tecto in aedibus,
quo impluere imber in domum possit » Asconio. In mancanza di finestre
esso serviva ad illuminar Vatrium, che era il centro della casa Eomana.
II pozzo sottostante, in cui si raccoglievan le acque, era detto compluvium,
cfr.159, 174, 287, 504, 553, Amph., 1108: devolant angues iubati deorsum
in impluvium duo e Ter., Eun., 588: deum — in alienas tegulas — venisse clanculuni per impluvium fucum factum mulieri. — nunc adeo
« egli e percid che ora », cfr. 164: atque adeo> Capt., 2, 2, 98: neque
adeo. — 160. a milite hoc, cfr. 154, 339, 524: a nobis= domo nostra
e Pseud., 203: amare a lenone = amare puellam in aedibus lenonis.
—
162. quod, i. e. licet « che se egli », cfr. Aul, 1, 2, 13: quod
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 157 — 165
35
Dicat: disperistis, ni usque ad mortem male mulcassitis.
Atque adeo, ut ne legi fraudem faciant aleariae,
t
Adcuratote ut sine talis domi agitent conuiuium. 165
quispiam ignem quaerat; Ter., Eun., 4, 7, 15: quod tibi nunc vir videatur
esse hic, nebulo magnus est. — simiam, cfr. 180. — 163. disperistis
da pereo, cfr. per la maggiore efficacia del composto Fuso del semplice
in Eud., 3, 5, 33: si hercle illic illas hodie digito tetigerit invitas usque
adeo donec qua domum abeat nesciat, peristis ambo. — muhassitis =
mulcaveritis, cfr. per Paggiunta di male 128 e Gapt., 1, 2, 35. — 164. legi
aleariae con A, per alariae di BCD, cfr. TJssing: « lex alearia est qua
vetatur alea. Haec quo tempore et auctore lata sit ignoramus; latam esse
constat ex Cicerone, qui Phil., 2, 23, 56 hominem lege quae est de alea
condemnatum commemorat, ex Hor., Od., 3, 24, 58: vetita legibus alea
(«il gioco di azzardo»), Ovid., Trist., 2,472: hoc est ad nostros non
leve crimen avos. Digestorum titulus XI, 5 de aleatoribus praetorem
ostendit eum, apud quem alea lusum sit, nec a verberibus nec a damno
dato vindicasse; nam omnino vetitum fuisse ne quis in pecuniam luderet.
Excepit S C si quis virtutis causa certaret, et familiaria convivia communi
mori concedebantur ». — fraudem, cfr. 294. —
165. talis. Tali,
gr. daTpdyaXoi, si chiamavano i dadi, cioe dei piccoli cubicini d'osso con
sei facce, quattro piane e due ricurve. Ad eccezione di queste ultime fra
loro opposte, che restavano bianche e corrispondevano ai numeri 2 e 5 delle
tesserae cioe del dado completo, le quattro facce piane avevano segnato in
corrispondenza della faccia prona colla supina 1 e 6, 3 e 4, cioe con la no»
menclatura romana unio, senio, ternio e quaternio. Si giocava comunemente con non meno di quattro dadi e il gioco peggiore era quello che
portava in mostra i numeri piu bassi, cosi come il migliore consisteva o
nelFottener tutti i 6 o pure la serie dei numeri diiferenti, cfr. Mart., 14:
cum steterit nullus vultu tibi talus eodem Munera me dices magna dedisse tibi. II gioco migliore si chiamava iactus venerius o basilicus ed il
peggiore canes o canicula e iactus volturius o chius, cfr. Curc, 2, 3, 77:
provocat me in aleam ut ego ludam. Pono pallium — Ille suom anulum opposiuit, invocat Planesium... iacit volturios quatuor. Tdlos arripiot
invoco almam meam nutriculam Herculem — lacto basilicum; Prop. 4,
8, 45: me quoque per tdlos Venerem quaerente secundos, semper damnosi
subsilnere canes; Svet., Aug., 71: lusimus, mi Tiberi, xepovTiKUJ^ et heri
et hodie. Talis enim iactatis, ut quisque canem aut senionem miserat, in
singulos talos singulos denarios in medium conferebat, quos tollebat universos qui Venerem iecerat e M. Hertz, De ludo talario. Periplecomeno
facendo allusione alla lex alearia, che vietava il giuoco dei tali, scherza
col dire che la punizione, che egli voleva inflitta ai servi del miles (v. 156:
talos defregeritis), avrebbe tolto loro il mezzo di contraffarvi, cfr. Phaed.,
5, 7, 8: sinistram fregit tibiam (gamba), Duas quum dextras maluisset
perdere (corde della cetra) e per Tallusione qui fatta Don., De com., 12,
13: « agebantur tibiis paribus et imparibus, id est dextris aut sinistris:
dextrae autem tibiae [i. e. Lydiae] sua gravitate seriam comoediae dictionem praenuntiabant, sinistrae (serranae) acuminis levitate 4ocum in comoedia ostendebant; ubi autem dextra et sinistra acta fabula inscribebatur,
mixtim ioci et gravitates denuntiabantur ». — domit per influenza della
36
PA.
M. ACCI PLAVTt
Nescio quid malefacturn a nostra huic familiast. Quantum aiidio,
t
PA.
PA.
Ita hic senex talos elidi iiissit conseruis meis,
Sed me excepit. Nihili facio quid illis faciat ceteris;
Adgrediar hominem.
PE. Estne aduorsum hic qui
aduenit Palaestrio?
Quid agis, Periplecomene? PE. Haud multos homines,
si optandiim foret,
170
Niinc uidere et conuenire quam te mauellem. PA. Quid
est?
Quid tumultuas cum nostra familia? PE. Occisi sumus.
Quid negotist? PE. Kes palamst. PA. Quae res palamst? PE. De tegulis
voce precedente, e alterato in A in dolU. —
166. a con A; e omesso
invece in B C D, che hanno anche huic ai posto di hic. — quantum audio
appartiene, a mio avviso, al v. successivo, poiche la minaccia era proprio
Funica cosa, di cui Palestrione potesse dirsi sicuro. —
167. ita liic,
cfr. 441 e 958: « qui il vecchio ha proprio detto di voler ». — conservis
meis con A, per conservus meus. —
168. excepit e forse scritto per
metatesi expe(c\t) in A, — nihili facio « mi importa poco »: Fa. qui scherza
sul diverso significato di facere. — illis ceteris dat., cfr. Cas., 1, 29: quid
tu mihi facies? —
169. adgrediar « affrontero ». — estne = nonne
est. — hic (pron.) qui advenit Palaestrio con A, per est quasi di B C D,
che e evidentemente incompleto. II Fleckeisen sostituisce venit a advenit.
—
170. Periplecomene, molto affine al peripletomenem di C D per
Periplectomene di A B. — haud... foret con A, per haud... fuerit di B C D.
-— si optandum foret, sc. mihi « se io avessi dovuto scegliere ». —
171. videre... mavellem con A per videret quam veniret quante avellet di
B, che conserva certo tali tracce deH'originale, che senza Paiuto delPAmbrosiano non sarebbe stato mai possibile di riportare alla loro vera lezione.
—
172. Questo verso e omesso in B C D, per Taffinita della chiusa
del 171 col principio del 173. —- tumultuas ha la forma att. anche in
Rud.t 629, 638 ed e usato passivamente in Ter., Hec, 3, 2,1. Quali esempi
di verbi adoperati da Plauto attivamente, in luogo della forma deponente
che fu in uso dipoi, il Brix cita: adsentio, amplecto, amplexo, arbitro,
aucupo, auspico (exauspico), comminisco, congraeco, contemplo, crimino,
euncto, fabulo, fluctuo, frustro, horto, indipisco, insecto, lucto (delucto),
iudifico, lucro, mereo, medico, minito, morigero, moro, munero, nicto, nutrico, opino, pacisco, partio, phihsopho, perscruto, proficisco, sciscito, sortio,
suspico, tuto, vago, venero. — occisi sumus « siamo perduti», cfr. Capt,
539: occisa haec res est e Cas., 3, 5, 52: occisissumus sum omnium qui
vivont. —
173. de tegulis e preceduto in A da un A (secondo il Gep-
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 166-—181
PE.
PA.
37
Modo neseioquis inspectauit uostrum familiarium
Per nostrum impluuium intus apud nos Philocomasium
atque hospitem
175
Osculantis. PA. Quis homo id uidit? PE. TUOS conseruos. PA. Quis is homost?
Nescio: ita abripuit repente sese subito. PA. Suspicor
Me perisse. PE. Vbi abit, conclamo: ' heus, quid agis
tu ' inquam ' in tegulis? '
Ille mihi abiens ita respondit, se sectari simiam.
Vae mihi misero quoi pereundumst propter nihili bestiam.
180
Sed Philocomasium hicine etiam nunc est? PE. Quom
exibam, hic erat.
pert un R), che il Ritschl interpreta come « personae nota ». —*
17S- quis ... vostmm con A, per quisis.... vestrarum di B. — inspectavit
= inspexit, cfr. 311. — vostrum = vostrorum, cfr. nostrum Aul.} 166?
meum Pers., 891, tuom Poen.> 1062, suom Ter., Ad., 411, e per la
grafia inversa Gell., 20, 6, 12: voslrorum multifariam scriptum est pro
vestrum. — 175. osculantis da osculari (reciproco) «baeiarsi», secondo
che mostra la forma osculare usata cla Titinio e i costrutti osculari cum
aliqtio (243-5, 264, 289, 320, 338, 366, 390, 461) e oscuJari inter se (1433),
che ricorrono in Plauto accanto ad osculari aliquem (391, 507). — id,
con A, e soppresso in B e fuso in C col v. successivo in tuidit: notevole
e anche 1' aggiunta di erit (omesso da A) dopo quis is in B CI). —•
177- repente subito, cfr. per Tunione asindetica di due avverbii sinonimi
Gist, 3,8: propere ocius; Cas., 3, 6, 17: propere ciio; Bud., 5, 2, 36:
propere celeriier. —
178. aoit, per abiit di A B C D , e un presente
(cfr. 114), a meno che non si voglia ammettere la sinizesi, come nel precedente perisse (B C D perisset)y scritto in A periisse e conservato dal Brix
e dal Tyrrell. — heus quid con A, per heius aquid di B C D, che omettono d'altra parte in tegulis (A). —
180. misero con A, e fatto amisero in BCD. — pereundumst e gia nelFed. princ, per pereunduset di
A e pereundum si di B. — nihili = oobevoc; d£to<; « inutile ». Sebbene
la scimia fosse nelFantichita adibita comunemente come animale domestico,
secondo che provano insieme i monumenti scritti e i figurati, pure la sua
inutilita e le sue fattezze, che sembravano gia d'allora una caricatura di
quelle delFuomo, dettero assai facilmente presa a dei paragoni poco belli
soprattutto per questfultimo, cfr. 285: homo sectatust nihili nequam bestiam « una scimia che ne insegue un'altra », come giustamente interpreta il
Pareo, 505: condignam te sectaris simiam, 989: -rriOnKiov, Truc, 269: clurinum pecus da clura = Tri8r)KO<;, Mart. KepKo-rriOriKo^ e Bnnio, Sat., 45:
simia quam similis turpissima bestia nobis. — 181. hicine (A) e decom-
38
PA.
PE.
M. ACCI PLAUTI
Sist, iube huc transire quantum possit, se ut uideant
domi
Familiares: nisi quidem illa nos uolt, qui serui sumus,
Propter amorem suom omnis crucibus contubernalis dari.
Dixi ego istuc, nisi quid aliud uis. PA. Volo, hoc ei
dicito:
185
posto in B in hic in ae. — quom con B C D, per cum di A. — 182. sist
per si est colFed. princ. e col Kitschl, in luogo di sis di B C D e istis di
A, che ci sembrano entrambi un accomodamento della forma da noi adottata. Non ci sembrano gran fatto verosimili le congetture i seis ( = i, si
vis) del Geppert e si istist ( = si istic esi) del Lorenz, accettate dagli editori piu recenti. — huc transire con A, per transire huc di B C D, accettato dairUssing, dal Brix e dal Lorenz. — quantum possit (possint A),
sc. fieri = quam celerrime possit fieri, cfr. Men., 549, 1056. — se per eam e
molto espressivo, sebbene non interamente corretto, cfr. 7, 188 e 888, Epicl,
2, 2, 9: ipsi hi quidem mihi dant viam, quo pacto ab se argentum auferam; Cic, Be Inv., 1, 33, 55 e B. Am., 2, 6. — videant con A ed ediz.
princ., per videat di B C D. —
188. qui servi sumus, cfr. per una simile ridondanza d'espressione 723, 735, Amph., 2, 2, 80: ut pudicae suos
viros quae sunt solent; Pseud., 1, 5, 45: decet innocentem qui sit atque
innoxium servom superbum esse. — 184=. suom non ha qui alcun valore metrico, perche s'elide colla voce seg. come in 135 e altrove. — crucibus contubernalis (con B C D, per omnes contubernales di A) = « qui
cum cruce habitent et pernoctent» Ussing. cioe a s c r i t t i alla compagnia d e l l a croce, cfr. 279 e Aul., 59: continuo hercle ego te dedam
discipulam cruci. — 185. dixi ego istuc. E curioso osservare come gli
editori, anche i piu ingegnosi ed accorti, taglino comunemente i panni
addosso a Plauto e a Periplecomeno; ed il Lorenz, che e certo il maggiore
tra essi, calzi per un momento il coturno, per insegnare al comico di Sarsina 1'arte sua, che non 1'ebbe bene appresa. Poiche, secondo il suo avviso,
a cui si conforma anche di Tyrrell (Praef. XIII, Introd. XI e p. 156),
Periplecomeno in 195 e 255 contraddice alFassicurazione qui fatta e si decide
ben tardi a rientrare in casa, per comunicare il consiglio di Palestrione,
che qui falsamente dice gia dato, pur non essendosi ancor mosso dalla
scena; egli gli consiglia amorevolmente di lasciar per brevi istanti immerso nelle sue considerazioni il bravo Palestrione, e di dare o rinnovare
intanto a Pilocomasio i suoi saggi avvertimenti, perche possa, liberando
dalFambascia il buon servo, comunicargli al ritorno: dixi ego istaec, domum iam transiit. Colla qual trovata tutto sarebbe a posto e Parte comica potrebbe vantare un suo novello trionfo. Assai piu cauto il Brix
annota, che questa lunga scena, attraverso la quale Periplecomeno manifesta il sospetto che Filoeomasio non si sia ancora allontanata da Pleusicle, non distrugge punto Fillusione dello spettatore, al modo stesso come
non la turbano nelle nostre opere le lunghe arie, che in una situazione
altamente grave e pericolosa interrompono col canto il corso naturale degli
avvenimenti. A prescindere da questa illusione, che e certo il fondamento
delParte drammatica e che interpretata senza discrezione puo dar luogo a
MILES GLORIOSVS, AOT. II, 1 8 2 — 1 8 6
39
Profecto ut ne quoquam de ingenio degrediatur muliebri
quelle terribili pastoie delle unita, in cui rimase per secoli impacciato il
teatro moderno, tutte queste divagazioni critiche son qui per lo meno
inopportune. II primo pensiero di Periplecomeno, prima ancora della bravata agli schiavi con cui si apre la scena, era stato proprio quello di avvertire Filocomasio del pericolo corso e di inculcarle riguardi e cautele;
laonde egli ha ben ragione di ripetere qui: « 1'ho gia detto, a meno che
tu non voglia altro». Che se poi in 195 egli aggiunge: ego istaec, si erit
hic, nuntiabo, si badi bene, il nuntiabo istaec non si riferisce gia ai consigli di cui e qui parola, ma agli altri suggeriti da Palestrione; e il si erit
hic, che si getta in mezzo tra Vistaec e il nuntiabo, luiigi dall'ammettere
come reale la permanenza di Filocomasio nella stanza delFospite, inculca
il sospetto che essa possa essere andata gia via, sicche gli convenga rimandare 1'avvertimento ad una prossima occasione. Certo io non nego che la
proposizione condizionale includa anche il sospetto per parte di Periplecomeno, che Filocomasio non si sia ancora decisa ad abbandonare Pamante;
ma tal sospetto oltre ad esser naturalissimo qui, dopo pochi versi dalFentrata in iscena, per chi conosceva da vicino Tindole e la passione dei due
giovani, non implicava poi un pericolo cosi prossimo e grave da richiedere
il suo intervento immediato. Filocomasio era stata gia vista, e i provvedimenti di Palestrione riflettevano piuttosto V avvenire che il presente;
giacche non sarebbe stato forse un rimedio maggiore del male, se Filocomasio rientrata in casa del miles si fosse presentata immediatamente ai
suoi servi e custodi, come per far constatar la sua presenza? Non sarebbe
stata questa una conferma indiretta della sua scappata, e non avrebbe forse
aperta la via per scoprire i mezzi onde cio le era stato possibile ? Che se,
dopo altri 60 versi, Palestrione insiste ancora a ripetere: intro abi, et, si
istist mulier, eam iube cito domum transire, questa preoccupazione non
dovra parer soverchia in chi correva il rischio di pagar di persona la scappata della sua signora e tradisce in quel cito (cioe senza a s p e t t a r e piu
oltre) tutta 1'ansia del suo cuore. Pero questa volta ne Plauto ne Periplecomeno si lasciano prendere al laccio dai critici; ma 1'uno e 1'altro, non
facendo caso di tali prevenzioni, gli fanno acconciamente rispondere: docte
tibi illam perdoctam dabo, cioe con linguaggio piu pedestre « provvederemo meglio per un'altra volta ». E cosi sfumano anche le contradizioni
di Plauto, che si possono mettere in riga con quelle di tanto piu abbondanti, che si e creduto ad ogni passo di scoprire in Livio! — nisi quid
dliud vis, cioeameno che t u non voglia delTaltro, e i n u t i l e r i p e t e r g l i e l o , cfr. Asin., 1, 1, 95: ego eo ad forum, nisi quid vis; Aul.,
3, 6,43: ego, nisi quid mevis, eo lavatum, donde apparisce chiara la funzione di questa frase, che include semplicemente una ritrattazione del
pensiero innanzi espresso. — hoc ei con A, per hic di B C D: si noti la
paratassi, che non richiede affatto dopo il volo la forte interpunzione, usata
a questo punto dagli editori. — 186. Questo verso fu omesso per mera
svista dai copisti del B C D, secondo che prova la sua presenza nelPAmbrosiano e la relazione grammaticale col verso successivo, che chiarisce
anche falso il sospetto elevato dal Eitschl contro la sua genuinita. Questa
omissione, che ha riscontro colFaltra del 172, congiunta al fatto delle lezioni dei tre codici che sembrano in generale come una variazione delPerrore primitivo, potrebbe essere una spia abbastanza sicura del rapporto
che esiste tra loro. — profecto, cfr. v. 69, 290, Pseud., 1, 2, 67: id tibi
40
PA.
M. ACCI PLAVTI
Earumque artem et disciplinam optineat colere.
PE. Quem ad modum?
Vt eum qui se hic uidit uerbis uincat, ne is se uiderit.
Siquidem centiens hic uisa sit, tamen infitias eat.
Os habet, linguam, perfidiam, malitiam atque audaciam,
190
profecto iaurus fiet e Poen., 4, 2, 85: profecto ad incitds lenonem rediget.
Non contraddice a questa misura 1'uso fatto altrove da Plauto di questa stessa
sillaba come lunga, ne giustifica le congetture faeito e porro del Eibbeck,
hercle e corgo (==profecto Paul. Fest., 37) del Pleckeisen e del Leo, che
guastano con preconcetti e sostituzioni affatto arbitrarie il testo di Plauto.—
187. earum (con sinizesi), i. e. mulierum, che torna assai facile ricavare
dal muliebri precedente, cfr. 752, Stich., 739: ita est ingenium muliebre:
Bene quom lauta, tersa, ornata, ficta est, infecta est tamen; Poen., 583:
comitiales sunt meri; Ibi (i. e. in comitio) habitant; Bud., 598: ad hirundininum nidum... Neque eos eripere quibat; Cas., 12: plautinas... eius.
Quanto al meretricium che si alterna in Cas., 3, 3, 22 e Most., 1, 3, 33 con
matronae e matronarum, non saprei ben dire se si tratti piuttosto di un
agg. che di un genitivo. — artem. Questa introduzione generale sull' indole delle donne serve a rendere verosimile e a far apparire possibile
1'inganno ordito da Palestrione. Essa risponde ad un concetto antico, ripreso piu tardi dai novellieri del medio_evo, e assai diffuso nella poesia
greca e forse a preferenza nella tragedia di Euripide e nella commedia di
Menandro, il cui capolavoro era, a quel che pare, il juicroYuvr)<; — disciplinam « abilita, attitudine, specialita », cfr. Asin., 201; Cas., 3, 2, 28. —
optineat, secondo la grafia propria di A B C D, fu mutato in abstineat e
messo in relazione con ne hercle usquam sostituito ad earumque. — optineat colere con B, per colerem in CD e colorem in A == constanter colat.
Sebbene Plauto non adoperi altrove la costruzione di obtineo colPinf., e
questa ricorra per la prima volta in Giustino 1, 3, 2, pure basta a giustificarla Panalogia dei v. affini pergo e persevero e quelli di concetto opposto
parco, compesco e remitto, largamente esemplificata dal Brix e dal Lorenz.
—
188. ui, prop. consecutiva dipendente da quemadmodum, cfr. Pers.,
1, 1, 36: quemadmodum? ut mihi des « col darmi ». Sebbene gli altri
cong. (eat e vincat) sieno connessi liberamente all' ut, che e in testa al
periodo, pur non vi puo essere dubbio che essi sieno di natura identica al
primo, e si possano in italiano tradurre egualmente colPinf. preceduto dalla
prep. con. —- se hic, colla lezione che il Eitschl ricavava dalPAmbrosiano,
per hic se degli altri codd., cfr. quanto al se n. 182. — verbis vincat ne
is se, secondo la lezione data dal Geppert del cod. Ambrosiano, in luogo
dellYste che vi lesse il Ritschl e di vervi vincta vinctane esse di B G T>,
che conserva evidentissime tracce della lezione genuina, con una ripetizione caratteristica che conferma il rapporto gia da noi sospettato tra i
codici di questa seconda famiglia. — eum vincat ne == eum convincat
atque evincat ne is se vidisse eam arbitretur, cfr. 149 e 568: vincam animum meum, ne malitiose factum id esse abs te arbiirer, —
189. siqitidem = etiamsi, cfr. Most., 224 e Asin., 318. — 190. os e= impuden-
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 1 8 7 — 1 9 5
41
Confidentiam, confirmitatem, fraudulentiam:
Qui arguat se, eum contra uincat iiire iurando suo.
Domi habet animum falsiloquum, falsificum, falsiiurium,
Domi dolos, domi delenifica faeta, domi fallacias.
Nam mulier holitori numquam siipplicat, si quast
mala:
195
tiam « faccia tosta », cfr. Cic, Be or., 1, 38, 175 e 2, 7, 29. — linguam
«lingua lunga ». — perftdia, pertinacia nell' affermare il falso. — malitiam con A, per militia di B C D, = versuta et fallax nocendi ratio Cic,
de N D., 3, 30, 75, cioe « malizia, astuzia, scaltrezza, aceorgimento »,
cfr. Epid., 546: muliebris malitia e malus in 193, 357, 880 e 1141. —
191. confirmitatem, aira£ dprjjuevov « fermezza, costanza ». Cfr. per l'omissione della cesura, cosi irequente anche coi quadrisillabi, v. 485. —
192. arguat « la chiami bugiarda». — eontra, cfr. n. 3, 101, 198. —
193. domi = apud se, si dice comunemente di ci6 che uno possiede in
abbondanza, e non ha bisogno di richiedere ad altri, cfr. Truc, 2, 5, 4:
ego prima de me domo docta dico = de me ipsa experta; Cist., 2, 1, 2:
hanc ego de me coniecturam domi facio ne quaeram foris. Questo verso
e omesso nell'Ambrosiano per semplice errore, per la somiglianza cioe col
principio del v. successivo; la cui preservazione dimostra a chiare note
come anche il primo, per il rapporto grammaticale che esiste fra entrambi,
debba essere presupposto da questa redazione. Quanto alFagg. falsiiurium, che ha assunto la desinenza del sost. (cfr. periurium), esso e certo
senza esempio; ma puo ben essere stato promosso dal bisogno del metro,
in assenza di un agg. vero e proprio falsiiurus creato qui da Plauto soltanto a scopo comico. —
194. delenifica facta « lenitivi, palliativi,
empiastri». Questa lezione concorde di A B C D e confermata dal delenifica verba di Frontone 121, 25, cfr. anche delenifica mulier e d. meretrix
in Turpilio 29, 186. —
195. nam. Questa sentenza generale, con cui
Palestrione conclude il suo dire, prelude alPatteggiamento solenne di pensatore e di filosofo che egli assume in seguito, e corrisponde al sistema
seguito anche altrove da Plauto, come in Epid., 4, 3, 10 e Truc, 4, 2, 9,
di assurgere cioe dal fatto particolare a considerazioni generali. — holitori, il giardiniere o ortolano che vende ogni specie di erbe aromatiche per
la cucina. Anche altrove Plauto paragona Topera deiringannatore a quella
di un abile cuoco, il quale con ingredienti diversi e col concorso di aromi
piccanti prepara le vivande piu gustose, cfr. 210 e Cas., 2, 8, 75, dove lo
schiavo Calino cosi si prepara a sventare 1'inganno ordito da un suo camerata: ibo intro, ut id quod alius condivit cocus ego nunc vicissim ut
alio pacto condiam. Come Topera del cuoco consiste specialmente nel condire le vivande, cosi quella dell' ingannatore mira soprattutto a render
verosimile la menzogna con espedienti e astuzie, che tengano nelle sue mani
le veci stesse degli aromi. Donde la particolare convenienza di far precedere a questo raifronto finale 1'indicazione delle arti speciali deiringannatore, che richiama innanzi alla mente 1' immagine del droghiere od ortolano colla bottega ben fornita di tutte le spezie aromatiche. — supplicat
e Fopposto di domi habet, ed indica chi ha clovizia di una cosa e non avverte
42
PE.
M. ACCI PLAVTI
Domi habet hortum et condimenta ad ornnis mores malificos.
Ego istaec, si erit hic, mintiabo. sed quid est, Palaestrio,
Quod uolutas tiite tecum in eorde? PA. Paulisper tace,
Diim ego mihi consilia in animum conuoco et dum consulo
Quid agam, quem dolum doloso contra conseruo parem,
200
il bisogno di domandarla in giro, come per favore o per grazia, cfr. 347,
Bud., 1335: supplicari alicui e Bacch., 225: domi est, non metuo nec
cuiquam supplico, Bum quidem hoc valebit pectus perfidia mea. Si noti
la particolare grazia di questa frase, che continua 1'imraagine della cucina
e conduce come in giro colei che vi attende a domandare dal vicinato delle
foglie di prezzemolo o di basilico. — mala « astuta », cfr. malitia. —
196. domi habet hortum, cfr. Cic, ad Qu. fr., 2, 8, 10: hortus est domi
e Lambino « nam qui domi habent hortum, olitori non supplicant neque
ab olitore olera petunt. Per hortum autem significat fontem et copiam
malitiarum muliebrium. Et fortasse mulierem domi hortum habere ambigue dixit », al qual uopo egli ricorda il gr. KfjTroc; = hortus, yuvf)
juavioKrjTroc; e Auct. Priap.: quod meus hortus habet sumas impune
licebit, si dederis nobis quod tuus hortus habet. — ad omnis mores malificos con A per molis di B 0 D: « alle sue cattive abitudini, alla sua vita
sregolata, alle sue marachelle», cfr. Gas., 4, 2, 4: novi hominum mores
maleficos. In luogo di mores il Fritzsche proponeva colis (— caulis) e il
Birt JUUJXU, Perba magica dell' Odissea. I versi dal 188 al 196 sono il
tormento dei critici. A cominciare dal Ritschl, il quale espungeva i versi
191 e 193, intramezzava tra il 188 e 189 il 192 e posponeva il 194 al
196, essi non hanno avuto piu pace. B. Schmidt in JSFeue Jahrbb., 93,
629, accettando 1'ultima proposta del Ritschl ed espungendo il solo v. 193,
colla sostituzione di habeat ad habet in 190, adottata anche dal Brix e
dal Lorenz, ristorava alquanto la lezione dei mscr., difesa nella sua sostanza anche dalPUssing, colla semplice esclusione di 193-4, che egli considera come spurii, e dal Niemeyer in Phil Wochenschrift, 1884, p. 50.
Piu radicale e il Goetz, il quale d' accordo coll' Hasper scorge nei versi
190-194 le tracce di due diverse redazioni sostituite alla primitiva ed originale rappresentata, come egli crede, da 188-189 e 195-6 e cosi distribuite
a farne le veci: a) 188-191 e b) 192-4. Contrasta a tale congettura la
relazione strettissima che abbiamo dimostrato intercedere tra 195-6 e 193-4.
E qui aggiungiamo che, a meno di voler limitare la risposta di Palestrione
al solo v. 188, e cosi stretto il rapporto che unisce insieme tutti gli altri,
che si puo considerare in un certo senso 190-1 come epesegesi di 188-9,193194 di 192, e 195-6, secondo che si e gia detto, come epilogo generale. —
198. volutas tute con A, e divenuto in C D volut astute e in B volunt astute;
cosi del paripaulisper tace (A) e in BOD paulispertacet. — 199. consilia convoco, cfr. per Fassillabazione 10 e 941. —
200. conlra, cfr.
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 1 9 6 — 2 0 5
PE.
43
Qui illam hic uidit osculantem, id uisum ut ne uisiim
siet.
Quaere: ego hinc abscessero abs te huc interim. illuc
sis uide,
Quem ad modum adstitit seuero fronte curans, cogitans.
Pectus digitis pultat: cor credo euocatunist foras. •
Ecce auortit nisus: laeuo in femine habet laeuam manum:
205
3, 101, 188. — agam... parem, cong. deliberativi. — 201. id visum e
alterato in B in it visum e in C D in itui sum. — ut ne col Camerario,
per ne di A e ut me di B C D, cfr. 229: facta ut facta ne sient e Cas., 2,
8, 77: quoique id paratumst ut paratum ne siet. —
202. quaere
< pensaci sii », cfr. Ter., Andr., 683: quaero. Le grafie qua re ego di B
e queraego di D sembrano dovute ad un accomodamento di quereego che
si legge in C, e che rispecchia fedelmente la lezione originale. — abscessero
huc, cfr. Trin., 625: huc aliquantum abscessero. Egli si ritira in un angolo della scena ed osserva i gesti che fa Palestrione immerso nella profondita delle sue meditazioni. — illuc sis vide, con A, la seconda mano di
B e Ted. princ, per illius sis di B eilliissis di CD: illuc neutro di illic
( = Ule) e un'anticipazione di quemadmodum^ sis e rivolto agli spettatori,
cfr. Pseud., 1, 2, 19: hoc vide sis e Ter., Adel, 5, 1, 4: illud sis vide
exemplum disciplinae. —
203. adstitit con A ed Acidalio, per abstitit
di B C D e astitit dell'ed. princ. — severo « accigliato » con A, per severa
degli altri codici, cfr. Festo, p. 286: recto fronte da Catone in dissertaiione consulatus, Gell., 15, 9, 5 : aequo e hilaro fronte da Cecilio, e Nonio,
p. 149: coloratum frontem da Plauto, p. 204: fimbriatum frontem da
Titinio in Setina e fronte longo da Catone. — curans cogitans « riflettendo e pensando » con A, per curas cogitas di B C D: curare non e adoperato altrove cosi assolutamente, cfr. per6 per Tasindeto e per 1'unione
di due concetti affini 256, 1232, Truc, 884: abiit abscessit, Capt., 502:
restitando retinendo e Accio, Praetext, 29: cogitant curant. —
204. digitis. Coi due pollici infilati nelle maniche della tunica, batte sul petto
con movimento simultaneo le rimanenti dita delle mani. — cor, che era
per gli antichi la sede della intelligenza, cfr. 336, 786, 1088 ed Ennio:
egregie cordatus homo. — evocaturust con A, per evocdturus di B C D. —
205. ecce con A, per ecce autem di B C D provocato forse dal confronto
con 209 e 211. — avortit nisus con BCD, per nixus di A: « cambia
posizione ». La lezione nixus e conservata dal Bugge, dal Birt, dal Brix
e dal Goetz ed e interpretata in relazione colla frase successiva (assai
piu logica e verosimile riesce in tal caso la congettura del Guiet nisam
e perfino il rusus del Bitschl), come equivalente a pedibus firmiter innixus. Pero il Bothe riconobbe gia in nisus 1'oggetto di avortit, quantunque
sentisse il bisogno di sostituirvi visus; e tale interpretazione a me, come
in parte anche aH'Ussing, sembra la piu corretta. Si noti infatti che avortit,
adoperato cosi assolutamente, riesce sempre un po' duro, sia colPellissi di
se sia come perfetto di avortor (1074), corrispondente a revorti Men., 2,
44
M, ACCI PLAVTI
Dextera digitis rationern computat: ferit femnr
Dexterum, ita uehementer eicit: quod agat aegre siippetit.
Concrepuit digitis: laborat: crebros commutat status.
Eccere autem capite nutat: non placet quod repperit.
1 81, devorti Amph., 3, 2, 28, convorti Stich., 3, 1, 13, praevorti Merc,
2, 1, 3, vorti Merc, 2, 3, 97. — laevo in femine con A, per laeva in femina
di B C D: « sulPanca sinistra ». —
206- dexterd: cioe fa il calcolo
delle probabilita favorevoli al suo disegno, e di cio ehe gli sta contro. La
descrizione dei movimenti di chi sta sopra pensiero e presa stupendamente
dal vero. — ferit con A, per feries (feriens) di BCD, che subordina il
secondo movimento al primo, mentre invece da Plauto e descritto come
successivo, anzi dipendente da eicit, secondo che dimostra Yita da cui questo
e preceduto. La forma paratattica, affatto propria di una descrizione vivace, non esclude per6 che il ferire in s. pr. sia rappresentato come conseguenza di icere. Anche questa descrizione, perche riesca veramente efficace, ha bisogno di essere integrata coll' occhio, per mezzo cioe della
rappresentazione della mano destra chiusa col pollice teso, come in atto
di contare, che in un certo punto Palestrione batte fortemente sulla coscia, poiche si accorge che il calcolo non torna. 11 pollice proteso raffigurato al filo della spada compie mirabilmente 1'efficace pittura, cfr. Quint.,
11, 3, 123: femur ferire, quod Athenis primus fecisse creditur Gleon
(quale indizio di sdegno) ... idque in Calidio Cicero desiderat, non frons
inquit percussa non femur (Brut., 80, 278). Lo Studemund non intese
bene il valore di questa frase, e, anche per evitare il diiambo alla fine
del settenario, propose di leggere fervit « brucia » per ferit, cioe propriamente dolet sull'analogia (lelYAmph., 4, 2, 10: quem pol ego hodie ob
istaec dicta faciam ferventem flagris. — vehementer, trisillabo, cfr. 381.
— eicit, perf. di ico, cfr. 28 e Truc, 601: hoc vide, dentibus frendit, icit
femur, cioe, come interpreta acconciamente 1'Ussing: « vehementia ictus
ostendit eum sibi iratum esse necdum invenisse quod placeat ». — agat
con A, per acta di BCD, —
208. concrepuit digitis: lo scoppiettio
delle dita e indizio di gioia e al pari delFeuprjKa pitagoreo indica scoperta
di una cosa lungamente cercata, cfr. Cic, t)e Off., 3: itaque si vir bonus
habeat hanc vim ut, si digitis concrepuerit, possit in locupletium nomen
eius irrepere. — laborat « e nuovamente in imbarazzo »_, cioe resta colla
mano protesa e in atto di schioccar le dita, giacche un novello pensiero
gli ha attraversata la mente e posto freno alla sua gioia. — crebros con
A, per crebro di B C D : egli fa rapidi movimenti, cioe porta prima violentemente la mano in alto e poi la lascia cadere in giu, per squassarla
rapidamente innanzi e indietro, come indizio della sua impazienza, che
non sa sotTermarsi o esser contenta di nessuno dei piani ideati. .Questo
linguaggio mimico delle mani e qui descritto con perfezione. A tal riguardo il Brix annota: « wie er mit den Fingern die Berechnung anstellte,
konnen wir uns schwer vorstellen; der lebhafte Italiener ist aber noch
heute in der Gebarden- und Pingersprache sehr gewandt », — 209. eccere autem: « ma ecco che egli» fa colla testa quel movimento come di
sorpresa, che prelude o accompagna una scopertaj sennonche a questo primo
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 2 0 6 — 2 1 3
45
Quicquid est, incoctum non expromet, bene coctiim dabit.
210
Ecce autem aedificat: columnam mento suffigit suo.
Apage, non placet profecto mihi illaec aedificatio:
Nam 6s columnatum poetae esse indaudiui barbaro,
movimento ne succedono subito degli altri e lo squassar della testa fa
trasparire il suo scontento. Eccere e per ecce rem, cfr. postmodo e propemodo e Trin., 386. — 210. expromet con A ed Acidalio, per expromit
di B C D, cfr. 766, 1057. — dabit con A B, per ad abit di C e adbabit
di D, cfr. 195 e 1216, Pseud., 881: convivis cenam conditam dabo; Cist,
2, 3, 51: perfectum hoc dabo negotium. II v. dare « imbandire o servire
a tavola » continua la metafora delVexpromet, che vale propriamente
« trarre fuori dal forno »; e la frase intera equivale, come spiega 1'Ussing,
a « nihil tentabit nisi ab omni parte consideratum et probatum ». —
211. aedificat. Ussing: « quod servus meditandi causa manum mento
supponit, columnae similitudinem sibi invenire visus, aedificare eum dicit».
I/immagine e ricavata dalle colonne o pilastri, che si solevano collocare
innanzi alPingresso principale della casa. — suffigit con A, per suffulsit di
B C D, che ha tutta Tapparenza di una emendazione, sebbene sia la forma
preferita dal Niemeyer e dal Birt. — 212. non placet « mi fa pena, mi
desta neiranimo un penoso ricordo ». — illaec con A, per illam di B C D.
— aedificatio « figura, atteggiamento solenne, monumentale ». — 213. os
columnatum per osculumnatum di A, oscolum natum di B, osculum natum di C D ecl hoc columnatum di Donato a Ter., Phorm., 5, 6, 37. L'Ussing interpreta cdlumnatum come « columnae adstrictum, columnis circumdatum », cioe « vinctum, libertate privatum » e il Lorenz come « an einen
Pfeiler mittels eines Halseisens befestigten »; pero il raffronto con Palestrione toglie ogni verosimiglianza a .tale ipotesi. Plauto rappresenta il
collega Nevio accanto al suo tavolino da lavoro o ai cancelli del carcere
col mento appoggiato sulla palma della mano destra in preda a gravi
amarezze e profondi pensieri. — indaudivi, per audivi di A e inaudivi di
B C D, e la forma ristorata dal Botbe, per ragioni metriche, cosi qui come
in 442 (cfr. anche Trin., 224, Capt., prol. 30, Aul, 2, 2, 88, Men., 5, 2,
100, Most, 3, 1, 11, Stich., 11), suiranalogia di indipiscor, indugredi, induperator. Essa e confermata da Donato in Phorm., 5, 6, 37, dove trovasi appunto riferito il verso del Miles a commento del Terenziano: atque
ego quoque inaudivi illam fabulam. II Bergk, Opusc, I, 44, non mette a
calcolo questo riscontro e, facendo forse soverchio assegnamento sulla lezione
esse mandavi, che danno a questo punto - secondo il Ritschl - i codici di
Donato, riferisce d' accordo col Eeitzenstein, Varr. Forsch., 61 anche al
MiJes la glossa di Festo in Paul. D., 28, 15: auditavi saepe audivi, la
quale trovasi attestata da A espressamente in Stich., 167. Si aggiunga
inoltre, che il v. che qui si aspetta in Plauto non deve gia significare
« saepe audivi», ma semplicemente « ho sentito dire come per caso, incidentalmente ». — barbaro, i. e. Bomano, cfr. Asin., 11: Marcus vortit
barbare; Trin., 19, Capt., 3, 1, 32: barbarica lege; 4, 2, 104: barbaricae
urbes; Poen., 3, 2, 21: in Barbaria = in Italia. L'allusione, che qui fa
Plauto, e cosi chiarita da Festo in Paul. D., 36: barbari dicebantur an-
46
M. ACCI PLAVTI
Quoi bini custodes semper totis horis occubaiit.
tiquitus omnes gentes exceptis Graecis, unde Plautus Naevium poetam
latinum barbarum dixit, ed accenna alla prigionia del poeta, cosi espressamente attestata da Gellio in 3, 3, 15: sicuti de Naevio quoque accepimus fabulas eum in carcere duas scripsisse, Ariolum et Leontem, cum
ob assiduam maledicentiam et probra in principes civitatis, de Graecorum
poetarum more dicta, in vincula Bomae a triumviris coniectus esset.
Unde post a tribunis plebis exemptus est, cum in his quas supra dixi
fabulis delicta sua et petulantias diclorum, quibus multos ante laeserat,
diiuisset. Sebbene 1'Ussing si sia provato di tdrre fede a questa testimonianza/ pure essa non rimane per nulla infirmata dalle sue considerazioni
(« nec palinodia qualis esse potuerit intelligitur, nec video quomodo vinctus
fabulas scribere potuerit »); che anzi si aggiungono le parole di Asconio
Pediano a determinare con maggiore esattezza il delitto e le persone, di
cui e versp cui si era reso colpevole. Nevio commentando Pallusione di Cicerone in Verr., act. pr. 29: nam hoc Verrem dicere aiebant te (Q. Caecilius
Metellus) non fato, ut ceteros ex vestra familia, sed opera sua consulem
factum, egli scrive: « dictum facete et contumeliose in Metellos antiquum
Naevii est:
Fato Metelli Bomae fiunt consules,
cui tunc Metellus consul iratus responderat senario hypercatalectico, qui
et saturnius dicitur:
Dabunt malum Metelli Naevio poetae,
de quo parodia subtiliter Cicero dicit, te non fato ut ceteros ». Sebbene il
Brix, il Teuffel e il Lorenz tengano affatto distinte tra loro le due testimonianze, e riferiscano alla prima la prigionia e alla seconda Tesilio,
di cui si parlera in seguito, pure a me sembra che le due testimonianze
s' integrino a vicenda, non parendomi verosimile che alP accusa piu generica e impersonale risponda la pena piu grave, e che Nevio salvato per
miracolo dalle catene aspiri di nuovo a rientrarvi. L'oltraggio da lui
lanciato contro i Metelli non puo cadere che nelPanno 206 av. Cr., in
cui Q. Cecilio Metello fu console in compagnia di L. Veturio Filo, e il
fratello M. Cecilio Metello rivesti in Roma la carica di praetor urbanus,
di cui appunto eran ministri i tresviri capitales, innanzi ai quali, secondo
Gellio, Nevio fu costretto a comparire (il precedente consolato della famiglia dei Metelli cade nelFa. 247 in persona di L. Cecilio Metello e non
puo avere alcuna relazione con Nevio). Combinando questa congettura colle
due notizie tramandateci da Geronimo e da Cicerone, che Nevio mori in
esilio ad Utica nel 204 (cfr. Hieron. ad 553/201: Naevius comicus TJticae
moritur, pulsus Boma factione nobilium ac praecipue Metelli e Cic,
Brut., 60: his consutibus [dell'a. 204], ut in veteribus commentariis
scriptum est, Naevius est mortuus-, quamquam Varro noster, diligentissimus investigator antiquitatis, putat in hoc erratum vitamque Naevi producit longius); poiche in quesfanno appunto P. Cornelio Scipione Africano
stringeva d' assedio Y antica colonia Tiria, se ne puo con verosimiglianza
dedurre che il superbo Campano, soldato insieme e poeta della prima
guerra Punica, costretto ad esulare da Roma, pigliasse parte con lui a
questa spedizione Africana. E chi, tenendo conto del favore, con cui sul
principio dell'a. 205 la plebe Romana accolse Tardito tentativo del nuovo
console Scipione, di debellare cioe Annibale portando direttamente la guerra
contro Cartagine, entusiasmo e favore di cui e lecito sorprendere ancora
MILES GLORIOSVS, AOT. II, 2 1 4 — 2 1 5
47
Eiigae, euscheme hercle adstitit et diilice et comoedice.
215
un' eco abbastanza vivace in Plauto, volesse riconoscere nelPAfricano uno
dei protettori del poeta Campano, potrebbe utilmente ricordare a tal riguardo il luogo di Cic, De rep. presso Agostino de civ. Dei, 2, 9, il quale
dimostra apertamente come vadano lungi dal vero tutti quelli che considerano gli Scipioni tra i principes civitatis avversati da Nevio. Comunque
si giudichi di tale ipotesi, egli e certo che nel tempo in cui il Miles fu
composto e rappresentato, Nevio si trovava ancora in carcere, secondo che
e lecito dedurre dai due presenti adoperati da Plauto esse ed occubant;
e che 1'allusione comica, ma pur cosi piena d'amarezza, al suo stato infelice ebbe indirettamente lo scopo di provocare nel teatro una dimostrazione popolare in favore di questa vittima delPorgoglio nobilesco dei Metelli. E non fu senza effetto, se prestiamo fede ad una testimonianza gia
ricordata, che attribuisce la liberazione cli Nevio alFintervento politico dei
tribuni della plebe. L'allusione di Plauto e fatta con quella cautela e circospezione, che consigliava la rigida censura del tempo; ma non lascia
per questo di far trasparire sotto la veste comica il sentimento del poeta,
cosi come traspare da quelPaltra vivace dipintura del Persa, 1, 2, 23-4, in
cui, dopo di aver frustato a sangue la corruzione della vita pubblica romana,
cosi conclude il suo dire: sedsumne ego stultus qui rem curo publicam, Ubi
sunt magistratus quos curare oporteat?— 21£. bini custodes. L'Ussing
scrive: « mihi verisimilius videtur, aedilem, cui Naevius fabulam scripturus erat, oris eius licentiam veritum custodes scribenti apposuisse, ut os
eius non re vera vinctum fuerit, sed libere loqui non potuerit » ; perd egli
non si accorge che bini custodes (non semplicemente custodes e nemmeno
duo custodes) vale propriamente « un paio di custodi », e non puo riferirsi
che a catenae (cfr. anche compedes, boiae), cioe ai ceppi (vincula) che
avvincevano le mani e i piedi del condannato.
— totis per omnibus con
uno scambio affatto isolato, che prelude all1 uso delle lingue romanze e
che incomincia di fatti ad esser piu frequente nella latinita seriore, cfr.
Servio, ad Aen.y 1, 185: tota armenta; Buc, 1, 11: totis agris; Stat.,
Theb., 1, 81: 4otos nepotes e Phaedr., 1, 11, 7. — occubant collo Scutario
e lo Scioppio, per occubat di B C D, a . eip. « fanno la guardia »: a torto
il Pio e il Beroaldo gli sostituiscono accubant, che vale sempre in latino
« sedere a mensa ». —
215. eugae col Richter in Studemund, Stud.,
1, 517. Si noti che a partire dal v. 214 sino al 251 ci vien meno una
seconda volta 1'aiuto dell'Ambrosiano.— euscheme col Pio, per euge uscheme
di B C, eugeuscheme di D ed euge eus di Festo in Paul. D., p. 61. L'avv.
euscheme che vale « in atteggiamento solenne, magnifico, dignitoso, bellissimo » e derivato dal greco euax^M^^ e ricorre in forma negativa anche
in Trin., 625: haud ineuscheme; cfr. per altri avverbii greci volti a desinenza latina compsissume in 943 per KOjuipoTaTa, more « stoltamente »
in Stich., 641, prothyme in Pseud., 1268, cfr. anche prothymiam Stich.,
2, 2, 11 ed eccheumatis Poen., 3, 3, 88. — adstittt et coired. princ, per
astitiset (derivato da astititet) di C D, astitisset di B e adstetisti et di
Paul. 61, che il Ribbeck, Bhein. Mus., 12, 594, conserva, sebbene il discorso diretto non cominci che in 217 dopo age. Cfr. per la lunga finale
832, 1076, Gapt, prol. 9, Merc, 2, 3, 23 e la grafia usata nelle iscrizioni
posedeit, venieit, obieit, redieity dedeit. — dulice et comoedice con Gulielmius Verisim. 3, 24 e 1'ed. princ, per dulce et comoediae di B C D : « se-
48
M.
ACCI P L . W f l
[Niimquam hodie quiescet, prius quam id quod petit
perfecmt].
Habet, opinor. age siquid agis: uigila, ne somno stude:
Nisi quidem hic agitare mauis uarius uirgis uigilms,
condo che si conviene ad un servo soprattutto in una commedia », cioe
con quell' atteggiamento freddo e compassato di pali o di statue, che pigliano i servi nella commedia, quando in attesa degli ordini del padrone
si collocano sul fondo della scena, colla mano destra appoggiata sotto il
mento e colla palma sinistra che ne sorregge il gomito. Questo atteggiamento solenne e impettito, con cui essi accolgono perfino i rimproveri del
padrone, e descritto altrove da Plauto colle frasi conftdentia Pseud., 1, 5,
44, e confidenter astare Capt., 3, 5, 6. Quanto agli avv. dulice per 6ouXIKUJC; e comoedice, che non ricorrono altrove in Plauto, cfr. Festo Paul.,
61: comoedice ftguratum a comoedo, basilice per {SCICFIAIKUK; in Pers.,
29 e Poen., 3, 1, 74, musice in Most., 729, graphice Pers., 306, cynice
Stich., 699, patrice Cas., 3, 6, 4, pancratice atque athletice Bacch., 248,
pugilice atque athletice Epid., 20. —
216. Poiche l'a. contrappone ai
rapidi movimenti, con cui Palestrione accompagnava dianzi il proprio pensiero (cfr. 208), la calma solenne subentrata ora in lui a causa delHdea che
lo domina, e Fimmobilita perfetta, da cui Periplecomeno si sforza anche in
seguito di scuoterlo (cfr. 217-8), egli e mestieri concludere che questo verso,
che accenna tuttora alla sua irrequietezza, o sia qui fuor di posto o pur
si debba ritenere col Ribbeck, Bhein. Mus., 12, 594 come spurio. II Memeyer, Phil Wochenschr., 1, 352, tenendo conto del parallelismo anche
numerico tra i due gruppi di sei versi ciascuno, 205-210 e 211-6, che cominciano entrambi colla stessa parola e si chiudono con un pensiero identico, credeva di poterne arguire anche la genuinita delF ultimo verso. II
Brix invece sospettava una dittografia del luogo intero. Sennonche, mentre
la prima ipotesi non distrugge punto la difficolta e la contraddizione gi-a
accennata, la seconda toglie il loro giusto e vero motivo ai versi 217-220,
che con tal soppressione diventerebbero inintelligibili. L'allusione a Nevio,
al pari delFaltra che segue a Scipione, e incastrata cosi bellamente nella
commedia, che non si puo sospettare dovuta in alcun modo ad un innesto
posteriore. Quanto al v. di cui si discorre, se non b addirittura spurio,
esso o si dovra trasportare dopo il 210 o pure invertire con quello; nel
qual caso tutto sarebbe a posto, giacche il 216 suggellerebbe 1'irrequietezza
descritta dal 204 al 209, e il 210 concluderebbe assai bene il pensiero
espresso nel 215, dando una nuova tinta e interpretazione comica a quella
calma, con cui Palestrione matura il suo disegno. — perfecerit con Beroaldo, per perfecit di B C D attratto evidentemente neH'analogia di petit.
—
217. habet ~ invenit. — age si quid agis, formola esortativa che
Periplecomeno pronunzia nel punto che scuote per il braccio Palestrione,
immerso nella profondita dei suoi pensieri: « su muoviti, sbrigati, fa quel
-che hai a fare », cfr. Trin., 981, Stich., 734: bibe si bibis; Verg., Ecl, 3,
52: quin age si quid habes e Most., 1, 47,1: fac si facis. — stude colFed.
princ, per studet di B C D. —
218. agitare mavis e alterato in agitarem avis in B C D. — varius virgis, i. e. plagis lividus, cfr. Pseud.,
144: vostra latera loris faciam ut valide varia sint; 1, 2, 97: cras Phoe-
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 2 1 6 — 2 2 2
PE.
49
Tibi ego dico; an ebriatu's? heus, te adloquor, Palaestrio:
Vigila inquam, expergiscere inquam: lucet hoc inquam.
PA. Aiidio.
220
Yiden hostis tibi adesse tuoque tergo obsidium consuli?
Arripe opem auxiliiimque ad hanc rem: propere hoc,
non placide decet.
nicium phoenicio corio invises pergulam; Poen., pr. 26: ne et hic varientur
virgis et loris domi; Pseud., 544: quasi quom in libro scribuntur calamo
litterae, stilis me totum usque ulmeis conscribito; Epid., 17: quid agis?
perpetuen valuisti? — Varie. — Qui varie valent, Qaprigenum hominum
non placet mihi neque pantherinum genus e con una metafora diversa
Bud., 636: si tibi ulmeam futuram speres virgidemiam. — vigilias col
Bergk per vigilas di B C D : passar la notte in veglia, a causa del dolore
delle battiture. —
219. iibi ego dico « e a te che io parlo », cfr. 434.
— an ebriatu's: o sei u b b r i a c o e p e r c i o n o n s e n t i . La lezione dei
mscr, anherietus fu mutata dal Ritschl, d?accordo collo Sealigero, in an
heureta (cfr. Pseud. , 702), dal Brix, sull' esempio del Pylades e del
Madvig, in ah! feriatus, dal Ribbeck, sulle orme delPHaupt, in cantherie
e dal Goetz in an laruatus: non cito Van me ita tu delFUssing e Van me
hietans del Miiller, Nachtrclge, 133. La congettura ebriatus, accettata recentemente anche dal Birt, Bhein. Mus., 40, 526, e del Lambino, il quale
la conferma coll'analogia abbastanza concludente &e\VAulularia: homo
ebriatus somno sanari solet (il Lambino pero accetta in entrambi i casi
la forma ebriacus). La parola successiva, che i mscr. ci conservano sotto
la forma vestis e che il Pilade, il Lambino, il Madvig, il Brix e il Tyrrell colFed. princ. alteravano in ne sis, lo Scaligero e 1'Ussing in nescis, il
Ritschl e PHaupt in me hauscis, il Birt in men scis e il Goetz in est,
e per me nienValtro che una dittografia di heuste. Gli altri editori cancellano invece, come incompatibili nel v., o Vheus (Eitschl, Haupt, Ussing)
o pure adloqui (Madvig, Brix, Birt e Goetz). L^Hasper propone: tibi ego
dico: cantheriata's vestis, me scis te adloqui. — adhquor per adloqui, col
Beroaldo e col Pilade, cfr. 423: te adloquor. —
220. vigila « sta
desto ». — expergiscere con Aldo, per expergis di B C D. — lucet hoc « e
ancora giorno »; cfr. per 1'uso O€IKTIKO<; deWhoc, che e accompagnato da
un movimento della mano, Gurc, 182: hoc luce lucebit; Pseud.y 4, 1, 16:
ille Iuppiter; Ter., Heaut., 410: lucescit hoc iam; Ennio, Trag., 302 R.:
aspice hoc sublime candens, quem invocant omnes Iovem e Pacuvio presso
Varr., L. L., 5, 17: hoc vide circum supraque, quod complexu continet
terram, nostri caelum memorant. — audio, cioe non credere che sia sordo,
cfr. 798. —
221. viden per vident di B C D. — tergo col Pilade, per
ergo di B C D . — obsidium consuli con B C D = « parari» Brix, « consilia agitari de obsidio » Ussing. L'emendazione consule, cbe h gia neH'ed.
princ. ed e poi accettata dal Lorenz e dal Goetz, non solo interrompe
male ii verso, di cui fa parte e da cui verrebbe ad essere stralciato per il
senso, ma, quel che e peggio, contraddice affatto alle intenzioni di Periplecomeno, il quale colla frase propere insinua apertamente, che non e piu
tempo di consigliarsi, ma cli agire. —
222. arripe per arripet di
^LAUTO, Miles glorios^is,
comm. da E. COCCHIA.
i-
50
M. ACCI PLAVTI
/
Anteueni aliqua, aliquo saltu circumduce exercitum.
Coge in obsidium perduellis, nostris praesidiiim para.
Interclude commeatum inimicis, tibi moeni uiam, 225
Qua cibatus commeatusque ad te et legionis tuas
Tiito possit peruenire. hanc rem age: res subitariast.
Beperi, comminiseere, cedo calidum consiliiim cito,
BCD. — propere per properem di B C D, sc. agi o fieri, appartiene, come
ben vide TAcidalio, ad hoc e non a rem, secondo che stamparono i primi
editori, cfr. 1017, 1214 e Men., 752: ecastor pariter hoc atque dlias res
soles (il Tyrrell per mera svista attribuisce Yhoc ad una congettura delPAcidalio). — decet « e conveniente, necessario, opportuno, ragionevole »,
cfr. 739, 767. — 223. anteveni dliqua, sc. via, «sbarra, occupa, taglia
in precedenza la via ». I/Ussing distacca le due parole colPintrusione di
un et, che egli ricava dalla forma anteveniet di B di fronte ad anteveni
di C D: il Goetz invece, d'accordo col Miiller, sposta et dopo aliqua. Pero,
sia nell'un caso che nelFaltro, esso riesce estremamente languido ed interrompe senza bisogno (poiche la prep. ante puo ben valere1 come un trocheo) la successione affrettata di quegli imperativi, che s inseguono con
una foga pari a quella che Periplecomeno desidererebbe in Palestrione.
Non e meglio scelto Y antevenito del Camerario, che il Madvig accetta,
quantunque contraddica al seg. circumduce. — dliquo saltu, secondo una
congettura assai bella del Kiessling, Bhein. Mus.t 24, 115, confermata
piu tardi dal Palmer, in luogo di dliquos autu di BCD, che il Birt
sente ancora il bisogno d' abbuiare con ipotesi strane. — circumduce, girare attorno al nemico, senza farsi osservare, afnne di poterlo stringere
in mezzo (cogere in obsidium). — 224. coge in col Camerario, per cor
in di B C D, che il Pilade voleva mutato in curre in. — perduellis, i. e.
hostes: si noti che questa voce e sempre adoperata in Plauto come trisillaba, eccetto che in Amph., 246, cfr. ib. 289 duellum. — 225. interclude con l'ed. princ, per intercludite di B C D, che il Camerario emendava in intercludito. La congettura del Madvig e del Ribbeck interclude
iter, sebbene assai ingegnosa, non puo essere accettata, perche ripeterebbe
inopportunamente una circostanza gia accennata nel v. 223. Quanto alla
ripetizione della voce commeatus nel v. successivo, essa non guasta, perehe
attenuata dalPenclitica. — commeatum inimicis col Ritschl, per inimicis
commeatum di B C D, a causa della cesura, che, come si e gia visto, potrebbe aneh' essere omessa da Plauto coi quadrisillabi, soprattutto qui in
cui si troverebbe a coincidere colla prep. — moeni col Pleckeisen per muni
di B C D, cfr. 230. —
227. hanc rem age « fa quel che hai a fare,
fa presto », cfr. 1116. — subitaria — quae subitum (immediato, improvviso)
consilium postulat, cfr. milites subitarii e Gurc, 302: ita res subitast. —
228. comminiscere cedo, cfr. per 1'accentuazione n. a 27. — calidum «pronto,
subitaneo » e anche oggetto di reperi (nei codd. reperit) e comminiscere,
cfr. Most, 665: cdlidum mendacium; Epid., 1, 2, 39: opust quadraginta
minis celeriter cdlidis = celerrime comparatis; ib., 2,2,99: cdlide quicquid actunCs age; Poen., 4, 2, 92: at enim nihil est, nisi dum calet hoc
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 2 2 3 — 2 3 2
51
Quae hic sunt uisa ut uisa ne sint, facta ut facta ne
sient.
[Magnam illic homo rem incipissit, magna moenit
moenia.]
230
Tu linus si recipere hoc ad te dicis, confidentiast
Nos inimicos profligare posse. PA. Dico et recipio
agitur. —
229. sunt visa ut visa ne sint col Camerario, per sunt vis
aut tuis anesint di C D e sunt tuis aut tui sane sint di B. — facta ut
facta ne sient collo Spengel, per facta infecta ne siet di B C D. II Ritschl
col Camerario, per evitare il doppio giambo finale, preferisce f. inf. uti
sient. — 230. Questo v., come gia vide benissimo il Ribbeck, non puo
appartenere qui in alcun modo, giacche Vhoc del 231 si riporta direttamente al quae del 229, e non si puo affatto disgiungere da quello. D'altra
parte esso non sarebbe nemmeno a posto ne dopo il 203 (Brix e Lorenz),
ne dopo il 214 (Ribbeck), dove la situazione non comporta affatto quel
frasario militare a cui esso e informato. Per questo rispetto il verso potrebbe pigliare posto acconciamente dopo il 227, e servirebbe a svelare
agli spettatori il segreto di quelFallocuzione militare; se pur non si voglia
dar corso al sospetto, che mi sopraggiunge, che esso sia stato richiamato
d'altronde da qualche copista accanto al v. 225 per illustrare la forma
moeni, che anch' ivi ricorre. — magnam illic homo rem col Meursio,
JExerc. crit., 1, 154 e 1'Acidalio, per magnam illic honorem di B C D. —
incipissit col Salmasio ed il Kampmann, per incipis sed di B C D. — moenit
moenia col Salmasio, per munitis moenia di B C D, = rem molitur. II
Ritschl, d'accordo col Grutero, col Pilade e col Bothe, scrive incipissis e
moenis, e interpreta illic come un avv. e homo come un voc, in contradizione pero colPuso costante di Plauto, cfr. Amph., 313, 319, 323 e Asin.,
270, 286. —
231. tu unus col Reiz e col Miiller per tude unus di
B C D, che il Ritschl emendava in tute unus, trasportando hoc accanto a
v
si. La lezione dei mscr. deriva, secondo il Bergk, da TVOENVS. —
recipere = tuo periculo promittere. — confidentiast = confidimus, cfr.
Stich., 387: spes est = spero, — 232. inimicos. Le frequenti allusioni
militari delle commedie di Plauto emanano, come ben vide il Lorenz, da
quelF ambiente generale di guerra in mezzo a cui esse furon prodotte, e
che doveva renderle singolarmente accette ad un popolo glorioso e fortunato di guerrieri. Di qui le espressioni imperator (15), legiones (17), peditastelli (50), rogare (68), latrones (74), stipendium (ib.), conscribere (76),
contubernales (184), vineas pluteosque agere ad aliquem (266), vi pugnando hominem capere (267), deturbabo iam illum de pugnaculis (334),
eques e pedes (464), latrocinari (499) ecc. Ben cliversa da tutte le altre
allusioni, come noto pel primo il filologo americano Andrea F. West, On
a patriotic passage in the Miles gloriosus of Plautus in « Am. Journal
of Philology », Baltimore 1887, VIII, 15, 33, e il luogo teste esaminato,
in cui Periplecomeno paragona Tintrigo ordito da Palestrione ad un vero
e proprio piano di guerra. Certo anche altrove si notano allegorie simili
assai ben riuscite, come ad esempio quella della schiera di commestabili
52
M. ACCI PLA.VTI
t
Ad me. PE. Et ego impetrare dico id quod petis.
PA. At te Iiippiter
Bene amet. PE. Auden participare me quod commentii's? PA. Tace,
sotto gli ordini del parassito in Capt, 148-162, il paragone di un geniale
convito ad un campo di battaglia (Men.y 183, 989, Pers., 112) e la descrizione del furto di \ma,palla (Men.f 134), cfr. anche Truc, 1, 2, 68 segg.
Per6 in nessun altro luogo le allusioni son cosi caratteristiche e si prolungano e ripetono egualmente per tutto il corso della commedia. II piano
di battaglia svolto dal 221 al 232 si chiude con un' apostrofe, che non
doveva essere indifferente pel cuore di un popolo, che con tanti eroici
sforzi aveva sin qui inutilmente tentato di scacciare Annibale dalPItalia:
tu unus si recipere hoc ad te dicis, confidentiast Nos inimicos profligare
posse. Bssa involge un augurio ed una promessa, che va assai piu lontano
deirintrigo della commedia, ed e come 1'eco di quelPentusiasmo popolare
che accompagno Scipione, il di che svolse innanzi al Senato il suo ardito
disegno di portar la guerra in Africa e di ferire nel cuore Tonnipotenza di
Annibale (febbraio del 205, cfr. Liv. 28, 40-44). Da questo punto di vista
la figura di Palestrione brilla di nuova luce, e il suo atteggiamento circospetto e avveduto (cfr. i suoi consigli ed istruzioni in 599: ne uspiam
insidiae sient, 601: locus tutus, TJnde inimicus ne quis nostri spolia capiat consili, 815: si centuriati bene sunt manipulares mihi) giustifica
pienamente il titolo di imperator con cui Arcoteleuzio lo saluta in 1162
e 1199. — posse per possit di B C D. —
233. dico et recipio ad me
con B C D e 1'ediz. princ, cioe «lo dico e ne assumo su di me la piena
responsabilita ». Anche questa frase, che rivela una coscienza cosi chiara
e piena della propria missione, deve contenere fuor di dubbio un'allusione
storica. Quanto a ad me, che il Ritschl col Lindemann, seguito dal Lorenz,
ha il torto d'omettere contro la tradizione dei mscr. e a discapito del tono
solenne, che richiede una simile assicurazione, cfr. 231 e Ter., Heaut, 1056:
ad me recipio. — et ego impetrare dico col Guiet e Camerario, per et egam
impetrarem dicom di B C D, che gli editori antichi tormentarono variamente,
colla sostituzione di imperatorem (ed. princ.) o impetratuntm (Lambino) a
impetrarem (B impetrare), e dicam (Pio e Beroaldo) a divom. Cfr. per
1'abuso frequente nei mscr. di questa lettera ascetizia properem 222, volom C D 738, faciom C D 784, consiliam per consilia C D 236. — et ego
indica chiaramente il cambiamento deirinterlocutore e non ci consente di
riferire queste parole anche a Palestrione, secondo che fanno, suirautorita
del codice B, il Ladewig, Phil, 17, 256 (1861), il Ribbeck, Ehein. Mus.,
29, 14 (1874), TUssing e lo Schoell, Litt Gentralblatt, 1882, p. 610. Si
aggiunga che la frase id quod petis, come mostra anche il confronto con
216 e il v. impetrare di cui e oggetto, non pu5 riferirsi che a Palestrione,
e deve essere percio pronunziata necessariamente al suo indirizzo da persona da lui diversa. — impetrare = te impetraturum esse a dis, cfr. per
il pres. in 1. del fut. Asin., 439 e Most., 633. In luogo di impetrare il
Ribbeck2 proponeva di leggere imperare, e sostituiva poi, sulPes. del Pareo
e di B , ali'e#om dei codici ego me. II Ritschl e il Bothe aggiungono invece dopo ego un te, di cui il petis mostra che la frase non ha punto bisogno, per riuscire evidente. —
234:. bene amet «ti benedica, ti sia
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 2 3 3 — 2 3 8
PA.
53
Dum in regionem astutiarum mearum te induco, ut
scias
235
Iiixta mecum mea consilia. PE. Salua sumes indidem.
Erus meus elephanti corio circumtentust, non suo,
Neque habet plus sapientiae quam lapis. PE. Ego mi
istue scio.
propizio, ti ricolmi di grazia », esprime il ringraziamento per 1'augurio
fatto, cfr. per bene — multum Gas., 2, 8, 16 e anche le frasi di senso opposto male metuo AuJ., 61, mdle odisse Men., 189. — auden participare
me quod, per aut inparte micipare me quod di B C D, secondo la felicissima congettura del Bugge in TidsJcrift f Phil.y 6, 10 (1865). II Camerario, seguito dal Guiet e dal Ritschl, emendava invece: at imperti amice
me quod. Si noti che anche qui, come innanzi a at te Iuppiter, il cod. D
omette 1'indicazione del personaggio che parla. — auden per audesne corrisponde a vin per visne, cfr. anche sodes (Trin., 244) per si audes = sis
(per sivis) e Asin., 2, 4, 70: non audes mihi subvenire? II v. audere
(avidere) h connesso con avidus e indica etimologicamente « aver piacere,
potere », cfr. Poen., 1358: tuam, ut dixisti, miJii desponde filiam. Haud
aliter ausim. — participare, i. e. eo, cfr. 265, di fronte a Gist., 162: servom
sui participat consili. — 235. regio « regno, dominio », cfr. 887: regio
consili. — astutiae «intrighi» e il piano generale, astutia invece (239)
i varii momenti di esso, cfr. Gapt, 250, 530, 539, 677. —
236. iuxta
mecum = pariter, aeque, cfr. Pseud., 1161, Pers., 249, 545, Aul, 872:
iuxta cum aliquo scire e Trin., 197: iuxta eam curo cum eo. AlFinfuori
di questi luoghi, secondo il Lorenz, Plauto adopera nello stesso senso aeque,
cfr. Asin., 332: ut aeque mecum Jiaee scias e Pers., 545: iuxta tecum
aeque scio. La frase qui adoperata da Plauto ricorre una volta sola in
Gat., 58, 5: iuxta mecum omnes intelJegitis. — sdlva sumes indidem colTed. princ, per salvam sum aesindidem di B C D, cioe non tradir6 la tua
confidenza, il segreto che tu mi affidi, che io ti restituiro sano e salvo,
cosi come me 1'hai affidato, senza farne la henche menoma parte ad altri,
cfr. Trin., 145: mihi quod credideris sumes ubi posiveris. Questo verso b
distrihuito in B tra il 235 e il 237: CD omettono innanzi a salva Findicazione di Periplecomeno. —
237. circumtentust per circumtentus
sum di BCD e circumtectus est di Don. ad Hec, 2, 1, 17, la cui lezione
ii Bugge preferirehbe, d'accordo collo Scutario: egli cioe e un grosso animale, che ha la pelle dura ed insensihile come quella di un elefante. La
insensibilita e presa qui naturalmente come indizio della scarsa intelligenza, per la conversione cosi comune, soprattutto in latino, di sentire con
sapere, cfr. Bacch., 817, 820, Amph., 448, Cic, De rep., 1, 65, Gell., 19,
12, 3. — suo, cioe di uomo. Anche qui in D manca Tindicazione deH'interloctttore. —
238. sapientiae quam colFed. princ e col Eitschl, per
sapieniiam equam di B C D e sapientiai di Miiller, Seyffert, Brix e Lorenz. — lapis, cfr. 1024, Merc, 3, 4, 46: ego me credidi domino docto
rem mandare, is Japidi mando maxumo; Ter., Hec, 2, 1, 17: tuinquam
mulier, quae me omnino lapidem non hominem putas. — ego mi isluc
scio col Tyrrell (C D omettono la sigla del personaggio), secondo la lezione che risulta direttamente attestata dai mscr.: ego mi\\\\ stuc scio in B
54
PA.
M. ACCI PLAVTI
Nunc sic rationem mcipisso: hanc mstituam astutiam,
Ut Philocomasio hanc sororem geminam germanam alteram
240
Dicam Athenis aduenisse cum amatore aliquo suo,
ed aego mist uescio in CD, cfr. 282, 331, Gapt., IV, 2, 86: mi equidem
esurio non tibi, e per la lunga finale di ego Amph., 1, 1, 44 e i seguenti
luoghi citati dal Tyrrell: Gapt, 5, 4, 24; Gist, 4, 2, 80; Pseud., 1, 3, 37;
JEpid., 3, 4, 17. Si tenga anche presente l'oscillazione tra modo e modo e
la misura costante di immo. Delle congetture, messe innanzi dagli altri
editori, la meno inverosimile sarebbe quella del Ribbeck, adottata anche
dal Goetz, di aggiungere habet dopo lapis sulFanalogia del 307, 361, 803,
1263, dove si nota del pari, ma in condizioni pero affatto diverse, Fomissione del v.: il Eitschl invece emendava istuc egomet scio, il Muller, seguito dal Lorenz, idem ego istuc scio (cfr. Truc, 801), e il Kampf, De
pron. pers. usu, 23 seguito dal Seyffert: et ego istuc scio (cfr. Men., 1094).
— 239. incipisso (anche qui D omette la sigla del person.) col Bugge,
per incipissom di B C D, alterato in incipissam dal Ritschl, sulPes. del
Camerario. La differenza del tempo tra incipisso ed instituam, che lo Schoell
corregge in instituo sulle tracce di institu di B, si spiega col significato
incoativo del primo e colla differenza che vi ha tra il piano semplicemente
concertato (ratio) e Tintrigo eseguito (astutia). Ad evitar 1'iato nella cesura, dopo il primo dimetro, il Miiller aggiunge dopo incipisso un nam,
il Lambino ita, atque il Guiet e ut il Brix. Pero non vi ha bisogno di
nessuna di queste emendazioni: instituam e un' epesegesi di incipisso, ed
hanc fa a un dipresso colla seconda frase le veci e le funzioni di sic. —
240. ut, cfr. per lo stesso costrutto Bud., 4, 2, 23: nunc sic faciam, sic
consilium est, ad erum ut veniam docte atque astu e Poen., 5, 2, 139:
nunc hoc consilium capio et hanc fabricam adparo ut te adlegemus. —
Philocomasio col Pilade, per Philochomasiom di B C D. II dat. dipende
da gemina germana e fa le veci del gen., cfr. 273: il Bugge invece lo
riferisce impropriamente a advenisse, sulFanalogia delYEpid., 626: prius
venisset quam tu advenisti mihi « mi soccorresti », e crede che sia adoperato a far le veci delFacc. con ad a causa del senso traslato di « visitare »
che qui gli e annesso (Tyrrell e Lorenz). Contro il sospetto, che avevamo
avuto dapprima, che Philocomasiom fosse una forma vera e propria di
acc. e che altera di B C D si dovesse emendare in alterae piuttosto che
in alteram, sta la considerazione che la forma delPacc. di Philocomasium
ha sempre nei codici la desinenza in -um; il che ne assicura che Ym di
•om non possa essere altra cosa che una lettera ascetizia. — hanc con
B C D, i. e. huc apud te « che e stata vista in casa tua »: FUssing d'accordo colFed. princ. e col Pilade vi sostituisce huic, e il Goetz col Ritschl,
col Bugge e col Lorenz huc. — 241. advenisse col Camerario in luogo
di advenissa et di B C D, che Ya ilnale dimostra evidentemente ricavato
da una falsa lezione advenisset. Se la lezione genuina fosse advenisse et,
secondo che e data neiPed. princ, si puo esser sicuri che quella contraffazione non avrebbe avuto modo di sorgere. — amatore e amatorem in C D,
e aliquo e aliquid quot in B C D, il che c'indurrebbe a ricostruire a questo
punto una forma d'abl. arc. aliquod, donde sarebbe poi facile dedurre la
MILES GLORTOSVS, ACT. II, 2 3 9 — 2 4 5
PA.
55
Tam similem quam laete lactist: apud te eos Mc deuortier
Dicam hospitio. PE. Eugae, eiigae lepide: latido com~
mentum tuom,
Vt, si illic concriminatus sit aduorsum militem
Meus conseruos, eiim uidisse hic cum alieno osculaiw,
245
falsa lezione. Si noti che cum come monosillabo qui non si elide. —
242. tam similem quam lacte, per tum similem tam (B C D), coll'ed. princ,
cfr. Men.9 1068: neque aqua aquae, neque lactest lactis (cod. lacti, cfr.
Amph., 2, 1, 54) mihi crede usquam similius, Quam hic iui est, tuque
huius e Cic, ad Att., 4, 86, 2: CRJKUJ, JUCI Tf]v Ariur|Tpa, auKov otio£ £v
oxjrwq 6'juoiov yeyovev. — lacte per lac e la forma arcaica usata quasi
esclusivamente da Plauto, ad eccezione delVAmph., 601, cfr. Bacch., 19.
— lactist per lactis'st (lacti est B C D) secondo il Ritschl, Opusc, 2, 524,
giacche gli agg. similis e dissimilis son sempre costruiti col gen. dai poeti
comici: fa solo eccezione Ter., Eun., 468. — dpud te eos per apud eos
di BCD, coJFediz. princ. —
24:4:. ut ....arguam dipende da dicam,
giacche jPalestrione, come e chiaro, non tien conto ne si lascia distrarre
dalVinterruzione e approvazione del vecchio. — illic, cfr. 122, e alterato
in illanc dal Lorenz, d' accordo col Bothe e col Ritschl. — sit, cfr. 82,
334, 743, 1186, 1397: lo Schneider cVaccordo col Pilade e 1'Acidalio vorrebbe sostituirvi siet. — concriminatus, dtt. €ip., motivato per rassillaba»
zione con conservos, cfr. condignus 505, confuiurum 941, concastigare
Trin., 1, 1, 3, consuadet ib., 2, 4, 126, confulgeo Amph., 5, 1, 15. —
245. eum con B C: 1'alterazione in cum, che esso ha subita in D, ci assicura esser quella prima la lezione vera, e non Veam che vi sostituisce
rUssing colFed. princ, o il se eam del Ritsehl, Lorenz e Tyrrell, e peggio
ancora il se hanc del Brix; il quale pero ha avuto il merito incontestabile di notare prima di ogni altro, che in questo contrapposto Vhanc (che
tutti gli altri editori, dopo il Bothe, sostituiscono aXVeam del 246), non
potrebbe riferirsi, sull' analogia del 382, che a Pilocomasio. L' oggetto di
vidisse (nei codd. vidisset), cioe Philocomasium, come quello che era lo
scopo diretto per cui tutto 1'intrigo era ordito, e anche qui sottinteso,
come accanto a concriminatus e a similem, bastando V accenno che vi h
fatto a principio. Quanto ad eum, messo in piu libera relazione con concriminatus in luogo di se, e utile richiamare lo scambio inverso gia ricor»
dato altrove, e che concorre mediocremente a giustificarlo. Ad ogni modo
le emendazioni proposte dai critici non mi sembrano piu verosimili del
ripiego adottato da me (se non facesse difficolta il tempo, avrei adottato
senz'altro la lezione cum vidisset di D), che sana almeno in parte e col
minimo degli arbitrii possibili le alterazioni gravi che tutto il luogo ha
subito, e di cui e anche indizio la posposizione di 242-3 a 244 in D e la
fusione di 245-6 in un verso solo (\1.)y col trasporto di contra con in una
linea superiore successiva al 243 e di servum meum accanto a 242. —dlieno « estraneo », cfr. Stich., 2, 3, 21: cenant apudme alieni novem. —
56
M. ACCT PLAVTI
Eam arguam uidisse apud te contra eonseruom meum
Ciim suo amatore amplexantem atque osculantem.
PE. Immo optume.
Idem ego dicam, si.ex me exquiret miles.
PA. Sed
simillumas
Dicito esse: et Philocomasio id praecipiundumst lit sciat:
Ne titubet, si ejcquiret ex ea miles. PE. Nimis doctiim
dolum.
250
Sed si ambas uidere in uno miles concilio uolet,
Quid agimus? PA< Facilest. trecentae possunt causae
conligi:
oscularier per osculari di B C D, colFed. princ. ed il Bothe. — 246. eam
arguam col Camerario e il Brix, per eam arguum di C D e eum arguam
di B: il Lorenz, rUssing, il Tyrrell e il Goetz vi sostituiscono, d'accordo
col Bothe: arguam lianc. Cfr. per la misura eam arguam v. 186. —
24:7. amatore.... atque per amatorem (B C D) .... atquem (B). — amplexantem ... oscidantem son verbi deponenti adoperati in senso riflessivo, cfr.
per il costrutto 176, 266, 290, 322, 340, 368 e 1425. — immo optume.
Periplecomeno, il cui nome e omesso in D, continuando le riflessioni del
243, rincara il suo elogio con un optume, che, essendo un rinforzativo e
quindi una rettificazione di tepide, e fatto precedere da immo, secondo
Fuso proprio dei poeti cqmici. LW, che intramezza le due forme, fu omesso
sulFes. del Bentley e del Bothe: esso e dovuto probabilmente alFinfluenza
dei v. 240 e 244 e fu connesso falsamente al verso che segue. — 248. idem
si riferisce al contenuto del v. 240, come si deduce anche dal simiUumas,
con cui Palestrione aderisce alla sua proposta. — ex e aggiunto dal Ritschl
sulPautorita del 250. — exquiret. Si noti che cosi questo caso come Faltro
fatto in 243-4 non si verifica punto, poiche a Palestrione riesce di far
tacere Sceledro. —
249. praecipiundumst col Pio e Beroaldo, per recipiendum est di B C D. —
250. exquiret col Eitschl per quiret di
B C D (quaeret ed. princ), sulPanalogia del 248. — doctum = ingeniose
excogitatum « scaltro, abile, astuto », cfr. 147. —
2S1. miles con A,
che da questo punto ritorna in nostro aiuto, per milis di B C D. —
252. quid agimus « che facciamo »: il pres. in 1. del futuro, secondo l'uso
proprio del discorso familiare, cfr. 613 e Cic, ad Att., 16, 7, 4: nunc quid
respondemus? — trecentae causae conligi con A, per trecente cause conlici di B e trecentem causa concili di C D (concini in ed. princ). — trecentae, cfr. Trin., 964, Pers., 410, 668, Aul. 518, Hor., Carm., 3, 4, 79,
Cat. 9, 2. La forma piu comune dell'indeterminato e sexcenti, Trin., 791:
sexcentae ad eam rem causae possunt conligi; cfr. pero anche ducenti e
quingenti in Truc, 341, Aul, 553, Gurc, 587, e i seguenti indeterminati
che oita il Tyrrell: duos aliquos dies « un paio di giorni », unos sex dies
(Trin., 1, 2, 129 e Cist, 2, 1, 22) « una settimana », viginti aliquos dies
MILES GLORTOSVS, ACT. II, 2 4 6 — 2 5 6
57
4
Non domist: abit ambulatum: dorniit: ornatur: lauat:
Prandet: potat: occupatast: operae non est: non potest',
Quantumuis prolationum: dum modo hunc prima uia
255
i
Inducamus, uera ut esse credat quae mentibitur.
«tre settimane », quindecim dies (Trin., 2, 4, 1). —
253. abtt con
A, per abiit di B C D, e un perf. colPultima lunga. II Ribbeck d'accordo
col Brix considera abit come un jDresente, il Lorenz invece, seguito dal
Tyrrell, accetta abiit e da a domist impropriamente la misura di una parola giambica, mentre invece e a mio avviso piu corretto riconoscere nel
quadrisillabo ambulatum 1'omissione della posizione. — lavat, cfr. Most.,
157 e Amph., 795. — 254:. potat con A, per potest di BCD. — occupatast e sciolto in B G D in occupat ast. — operae non est, sc. ei « non
ha tempo da perdere», il che spiega la sua connessione colla forma di
significato opposto: operae pretium est, cfr. 818, Merc. 5, 2, 77: operae
ubi mihi erit; 2, 2, 15: si operae est auribus; Pseud., 1, 3, 143: si videam tibi operae (operam mscr.) esse aut oiium e Liv., 29, 17, 17: neque
ego exsequi possum neque vobis operae est audire singula « ne a voi mette
conto T> . — non potest « non puo » con un inf. sottinteso, come « venire,
favorire, uscir di casa », suiranalogia del disc. familiare: gli altri editori
sull'analogia del 602, 694, 1373 sottintendono fieri e interpretano potest
come impersonale. Pero a me non par verosimile, che qui cambi il
soggetto. — 255. quantumvis con A, per quantum is di B C D, e proy
lationum con B C D per prolationis di A (conservato dal Goetz), che e
evidentemente attratto dal vis che precede. Queste parole sono apposizione
di causae e non hanno aifatto bisogno del prolationumst suggerito dal
Eitschl e adottato dal Brix, Lorenz e Tyrrell. — hunc con A, per nunc
di B C D, si riferisce a Sceledro. — prima via «findal primo momento »_,
giacche se Sceledro riuscira a gettare un qualche sospetto nell'animo del
padrone, allora sara piu difficile menarlo pel naso. Sicche 1'altra ipotesi
che precede, come si scorge chiaramente di qui, tende solo ad ovviare le
difficolta ulteriori, nel caso che Sceledro riferisca al padrone la falsa notizia della sorella di Filocomasio, che gli ha dato a bere Palestrione. Cfr.
per la frase qui adoperata prima vespera, primulum diluculum, prima fabula, prima lingua, primus digitus. — 256. mentibitur, con A B C D,
e mutato concordemente da tutti quanti gli editori di Plauto in mentibimur, sulFes. del Eitschl e delPed. princ. II quai mutamento deriva, a
mio avviso, dal falso supposto, che il precedente hunc si riferisca al miles,
mentre accenna fuor di ogni dubbio al conservos di Palestrione, che era
il solo che potesse sollevare uno scandalo sulPincidente osservato. II soggetto di mentibitur h lo stesso che quello di credat Perche 1'incidente
non avesse seguito, conveniva indurre in Sceledro una persuasione contraria affatto alla realta, si da metterlo in condizione di portare in giro
una notizia falsa, ove mai gli fosse venuto il ticchio di riferire al proprio
padrone la piccante sorpresa, che egli aveva fatto; lo si doveva cioe mettere nella condizione di riferire il falso, pure essendo nella convinzione di
dire il vero; cfr. infatti Nigidio Figulo presso Gellio, 11, 11: aliquando
58
PE.
M. ACCI PLAVTt
Placet ut dicis. PA. Intro abi ergo et si istist mulier,
e&m iube
Cito domum transire atque haec ei dice, monstra, praecipe,
Vt teneat consilia nostra, quemadmodum exorsi sumus,
De gemina sorore. PE. Docte tibi illam perdoctam dabo.
260
/
t
Numquid aliud?
PA. Intro ut abeas. PE. Abeo.
PA. Et quidem ego ibo domum
/
Atque hominem inuestigando operam huic dissimulabiliter dabo,
Qui fuerit conseruos, qui hodie sit sectatus simiam.
mentiri est per imprudentiam falsum dicere. —
257. abi con A, per
dbiit di BCD. — istist per isti est di A B C D , cfr. 182, 290: itti —
mulier con A, per mulierem di B e muliere di C D. — 258. transire
con A, per transiret di B C D ; atque per atquem di C D. — ei dice monstra
praecipe con A, per ei monstra praecipe di B C D, cfr. Capt, 359 per la
successione di questi stessi tre imperativi. — 259. consilia con A, per
consimilia di B C D. —
260. gemina sorore e divenuto in D geminas
orore; perdoctam con A, per perdocta di B C D.— dabo, cfr. 208; docte
perdoctam «istruita o scaltrita a fondo, a perfezione », cfr. belle bellus
Asin., 676, belle belliatula Oas., 4, 4, 28, unice unicus Bacch., 407. —
261* numquid dliud, i. e. vis, cfr. 576, 1088, 1197 e Donato a Ter., Eun.,
2, 3, 49: abituri neiddure facerent numquid vis dicebant iis quibuscum constitissent. — abeas con A, per habeas di B C D. — et quidem ego
con A, per ec quidem e. di B C D, « in verita anch^io », cfr. 2317, 1361,
Capt, 1009: et tu quidem servos es, Men., 1094: et ego quidem spero.
Palestrione, nel punto che si accinge a rientrare nella casa del miles, torna
indietro e, avanzandosi sulFestremita del proscenio verso destra, pronunzia
rivolto agli spettatori questo breve monologo, pieno di grazia e di spirito
plautino. —
262. atque... investigando con A, per atquem ... investigandos di B C D. — hominem investigando « cercando il mio uomo
»:
huic e un'antieipazione del qui successivo (cfr. 244) e si riferisce anch?esso
ad hominem. Gli interpreti non hanno penetrato Pallusione speciale che
si nasconde in questa parola e che e affatto conforme alPuso italiano, e
pereio o propongono di mutare hominem in homini (Bitschl, Ussing e
Lorenz, il quale ritiene anche guasto huic), o pure huic in hunc (Ribbeck),
ovvero anche, il che e piu strano, di riferire hominem a conservos e huic
a Periplecomeno (Brix, Tyrrell e Goetz). — dissimulabiliter ricava lo
Studemund da A, sull'analogia di perplexabiliter dello Stich., 85, pollucibiliter Most, 1, 1, 23, cruciabiliter 4, 1, 40. — dabo, secondo una congettura assai plausibile del Lorenz. La chiusa del v., che e- monca in A,
trovasi alterata in dissimulando in B C D, per influenza del primo emistichio. —
263. sit col Bothe, per siet di A B C D, che non entra nel
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 2 5 7 — 2 7 3
59
Nam ille non potuit quin sermone suo aliquem familiarium
Participauerit de amica eri, sese uidisse eam
265
Hic in proxumo osculantem cum alieno adulescentulo.
Noui morem egomet: 4tacere nequeo solus quod scio'.
Si inuenio qui dixit, ad eum uineam pluteosque agam.
Kes paratast: ui pugnandoque hominem caperest certa res.
Si ita non reperio, ibo odorans quasi canis uenaticus 270
r
Vsque donec persecutus uolpem ero uestigiis.
Sed fores crepuerunt nostrae: ego uoci moderabor meae:
Nam illic est Philocomasio custos, meus conseruos, qui
it foras.
verso, e fuerit delPed. princ, trasformato dall'Acidalio in fuit: il Ritschl
proponeva invece di cancellare hodie e conservare siet. — simiam con A,
per simia di B C D. —
264. ille ... quin sermone ... familiarium con A,
per illem ... qui ... sermoni... familiarum di B C D ; cfr. per ttte 273, per
Felisione di suo 137 e 186, e per Tellissi di facere dopo nonpotuit 1344,
605, 695. —
265> participaverit e scritto compendiosamente (nota)
particaverit in B C D. — eri sese con A, per eri\\\s evidisset di B e eriqui
vidisset di C D: il Koch, sulFes. del Ritschl, emendava invece erili se
(Brix, Tyrrell). —
266. adulescentulo « con un bel giovanotto », cfr.
369, 392. —
267. egomet con A per ego et di B C D, « io so bene a
prova », cioe per esperienza, qual'e il loro motto o la loro abitudine. —
quod, con A, e omesso invece da B C D. —
268. si invenio qui dixit
« se riesco a sapere chi e stato che Tha detto ». fi questa la lezione che
il Loewe ricava dairAmbrosiano, contro il parere dello Studemund che
conferma con esso, sebbene in modo non in tutto sicuro, la lezione degli
altri mscr. vidit. Si noti che Palestrione confida di scoprire il possessore
del segreto appunto alla sua loquacita; quanto alFemendazione del Forchhammer quoi dixit (cfr. Ussing, IV, 2, p. III), essa sciupa senza bisogno
tutta la finezza e Targuzia deTl'espressione plautina. — vineam con A, per
viheas di B C D, e piu proprio riferito ad una sola persona, cfr. per la
metafora v. 223. — plutei « crates corio crudo intentae, quae solebant
opponi militibus opus facientibus » P. Diac, p. 231. —
269. res « i
mezzi». — vi pugnandoque con A B C D : altrove il que e omesso, cfr.
Amph.y 4, 1,4, Asin., 555, Men., 1054 e Vatinio pr. Cic, Fam., 5, 10, 8:
sex oppida vi oppugnando cepi. — certa res = certum, cfr. 305, 397. —
270. ita === aperta via, cfr. per le metafore tolte dalla caccia, 610, 992,
1031. —
271. persecutus e in A persecutius. —
272. vocijnoderabor meae con A, per voce moderabo me di B C D. —
27S. ilfic,
nom. — Philocomasio, cfr. 1433: Philocomasio amator e Ter., Phorm.,
5, 6, 32: patruos tuos est pater inventus Phanio uxori tuae.
60
M. ACCI PLAVTI
SCELEDRVS. PALAESTRIO.
Sc.
PA.
Sc.
Sc.
Nisi quidem ego hodie ambulaui dormiens in tegulis,
Certo edepol scio me uidisse hic proxumae uiciniae 275
Philocomasium erilem amicam sibi malam rem quaerere.
Hic illam uidit osculantem, quantum hunc audiui loqui.
Quis hic est? PA. TUOS conseruos.
quid agis, Sceledre? Sc. Te, Palaestrio,
Volup est conuenisse. PA. Quid iam? aut quid negotist? fac sciam.
Metuo... PA. Quid metuis? Sc. Ne hercle hodie,
quantum hic familiariumst,
280
Maxumum in malum cruciatumque insuliamus.
PA. Tii sali
Act. II, Scaen. 3. — 275. certo scio = certum est quod scio, a differenza di certe scio che vale certum est me scire « io son convinto »
(Klotz, ad Gic. 8en.y 1, 2). — proxumae con A B C D , in luogo diproxume
che vi sostituisce il Ritschl, e un agg. locativo accordato con viciniae
(v. militiae, Bomae), cfr. Bacch., 2, 2, 27: proxumae viciniae habitat. La
lezione dei codici 6 confermata da Most., 5, 1, 4: foris concrepuit proxuma vicinia, affine per la funzione a Mil, 156: foris concrepuit hinc a
vicino sene. II loc. viciniae, irrigidito nella sua funzione, fa le veci ora
di in proxumo ed ora di in proxumum, secondo che si trova congiunto
con hic o con huc, cfr. Ter., Phorm., 1, 2, 45: quandam vidi virginem
hic viciniae e Andr., 1, 1, 43: commigravit huc viciniae. — 276. malam
rem, secondo una congettura del Bentley in Bhorm., 3, 3, 11, confermata
da A, in luogo di alium di BCD (emendato in alienum da Bothe), indica
la punizione degli schiavi, espressa piu comunemente altrove con malum,
cfr. 435. La frase stessa pero ricorre anche in Cas., 2, 3, 48 e Poen., 1316,
senza dire dei Gapt., 877: ire in malam rem. — 277. quantum audivi,
cfr. 473. — loqui col Camerario ed A; per loquere di B e loquentem di C D.
— 278. quis hic est, cfr. 960. — te, secondo un'antica emendazione,
con A, per ste di C D e iste di B. — 279. volup, avv. congiunto da
Plauto 12 volte con esse, 2 con facere e 1 con victitare; Donato a Phorm.,
4, 3, 5, lo confronta con faeul ed aggiunge sic enim veteres per dTroKoirriv
loquebantur (cfr. volup-tas). — quid iam, cfr. 324, 474 ed Epid., 57: quid
iam? aut quid est? — quid negotist, cfr. 319, 423: A ripete tra quid e
negotist il iam del primo KOUXOV (Studemund) al posto dellVwc che vi lesse
il Geppert, e fonde fac sciam in faseiam. — 280. metuo con A e secondo un'ant. emendazione, per me tu di B C D. — quantum hic familiariumst con B C D per quantumst fami. di A, accettato dal Eitschl. —
281. maxumum in malum cruciatumque. Ii Ritschl, seguito dal Ribbeck
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 2 7 4 — 2 8 7
Sc.
PA.
PA.
61
Solus: nam ego istam insulturam et desulturam nil
moror.
Nescis tu fortasse, apud nos facinus quod natiim hic
nouom.
t
Quod id est facinus? Sc. Impudicum. PA. Tiite scis
soli tibi:
Mihi ne dixis: scire nolo. Sc. Non enim faciam quin
scias.
285
Simiam hodie siim sectatus nostram in horum tegulis.
Edepol, Sceledre, homo sectatu's nihili nequam bestiam.
e dall' Ussing, cancella il que, suir analogia della frase in maxumam
malam crucem ire, ed ammette un iato nella cesura, « quem Sceledrus
gestu et pausa explebat » Ribbeck: il Fleckeisen invece aggiunge, per evitarlo, Yhic che ha preso falsamente posto in B D dopo il nihil del v. successivo. Perd la frase, cosi come e data dai mscr., e pienamente giustificata dal confronto con 549, dove si legge maxumum malum, cfr. anche
Pers,, 4, 4, 25: ire in malum cruciatum. — insuliamus, per incurramus,
esprime molto pittorescamente la danza che fa il servo sotto la sferza, ed
e messo in connessione con sali e coila dipintura che segue anche nel
v. successivo. Insuliamus, per insuliam di C, e intero in D, ma in B ha
richiamato accanto a se anche Vest, caduto dalla fine del v. precedente.
Si noti che da questo punto fino al 346 ci vien nuovamente meno Paiuto
delFAmbrosiano. — 282. Si noti 1'iato dopo nam. — insulturam et desulturam: 1'immagine che si contiene in queste due parole, d' esclusivo
conio plautino, e ricavata dai giuochi del circo, in cui i lottatori si provavano appunto a salire e a discendere da cavallo durante la loro corsa
vertiginosa. — nil moror « non voglio saperne, non m^impaccio », cfr. Trin.,
297 e Gapt.f 16. Si noti che in luogo di nil in C si legge nihil hil, forse
per dittografia, e in B D nihil hic, per influenza probabile del v. success.
— 283. natum hic desumiamo dal natlWWic di B, diventato natumst
in C D. — 284:. tute scis « queste son cose che tu sai per te solo ». II
Bothe ed il Bentley sostituiscono sci alla lezione dei mscr., e THaupt scias,
ma poco acconciamente per quel che a me pare; giacche la forma deirimp.
non si accorda bene col tute, e d1 altra parte verrebbe a mancare nelle
parole di Palestrione quel sentimento misto di curiosita e di risentimento,
che e proprio di colui che vuol carpire ad un altro un segreto. — soli
col Camerario, per solite di B C D. — 285. enim, asseverativo « veramente », cfr. 431. — non faciam quin = facere non potero quin, cfr. 476
e Amph.y 398: tu me vivos hodie numquam facies quin sim Sosia. —
287. sectaiu's coi codici, poiche io non scorgo affatto la necessita delFemendazione proposta dal Luchs sectatust: « vuol dire che tu che sei ecc. ». —
homo. II Lorenz, per assoggettare anche questa parola alla legge comune
delle voci bisillabe, ammette 1'iato dopo il voc. Sceledre. — 288. te
62
Sc.
Sc.
Sc.
M. ACCI PU.VTI
Di te perdant.
PA. Te isttic aequom, quoniam occepisti eloqui.
Forte fortuna per impluuium huc despexi in proxumum:
t
Atque ego illi aspicio osculantem Philocomasium cum
altero
290
Nescio quo adulescente. PA. Quod ego, Sceledre, scelus
ex te aiidio?
Profecto uidi. PA. Tiitin?
Sc. Egomet, duobus his
oculis meis.
r
PA.
Abi, non uerisimile dicis neque uidisti. Sc. Num tibi
Lippus uideor?
PA. Medicum istuc tibi melius percontarier.
Verum enim tu istam, si te di ament, temere liau tollas
fabulam.
295
istuc aequom con B C D , per aequomst proposto dal Ritsclil. II raffronto
cogli altri luoghi affini (Epid., 23: di te perdant. — Te volo percontari,
Gapt.f 868: Iuppiter te dique perdant. — Te hercle - mi aequomst gratias
agere ob nuntium, Pseud., 1, 3, 20: Iuppiter te perdat, quisquis es. —
Te volo. — At vos ego ambos, i. e. colloqui) rende sicnra la relazione di
istuc con di te perdant (i. e. deos perdere); pero, invece di riconoscervi
una TipoaboKia come in quelli, cioe una relazione ambigua — secondo che
proponeva il Lorenz — di aequom con perdere e col successivo eloqui
(cioe aequom te istuc eloqui> quoniam, occepisti), io preferisco di vedere
in quoniam occepisti eloqui coine una motivazione del ie aequom deos
perdere. I/Ussing nega anctTegli la Trpoaboiaa, ma accetta la seconda
parte delFinterpretazione del Lor., cioe aequom te eloqui. — quoniam,
secondo una felice combinazione proposta dal Camerario del qni di B col
quom di C D. — 289. forte fortuna^ cfr. Bacch., 916 e Cic, Fat.y 3, 6:
casu temere. — 290. illi = illic (C D), cfr. 257. — cum altero, diverso
dal miles e contrapposto ad esso, cfr. Cist., 4, 2, 30: in hoc iam loco cum
altero constitit. — 291. nescioquo, cfr. 175. — Bceledre scelus, paronomasia affine alle molte altre che usa altrove Plauto, e che concorre ad
accrescere la finta sorpresa di Palestrione, cfr. Bacch., 2, 3, 128: faciet
extemplo me Crucisalum eoo Crysalo, Pseud., 2, 4, 46: non Carinus mihi
hic quidem est, sed copia, ib., 712: quis istic est? XapWoc;. JEuge iam
X&piv TOIITLO TTOIUJ, Men., 2, 1, 42: ne mihi damnum in Epidamno duis.
— 292. profecto, cfr. n. 186. — tutin = tutene. — his con C D (B hic),
in luogo di hisce proposto dal Brix e accettato dal Lorenz, Tyrrell e Goetz.
— 293. abi « va via, lascia stare », cfr. 326. — 29£. lippus, i. e. ut
parum videam. — melius con B C D e Uss., per meliust proposto dal
EitschL — 295. verum enim, cfr. 286. Ecco in qual modo trovasi de-
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 2 8 8 — 3 0 2
Sc.
PA.
63
Tuis nunc cruribus capitique fraudem capitalem hinc
creas:
Nam tibi iam ut pereas paratumst dupliciter, nisi siipprimis
Tuom stultiloquium. Sc. Qui uero dupliciter? PA. Id
dicam tibi.
Primumdum, si falso insimulas Philocomasium, hoc perieris:
Iterum, si id uerumst, tu ei ciistos additus perieris. 300
Quid fuat me nescio: hoc me uidisse ego certo scio.
Pergin, infelix?
Sc. Quid tibi uis dicam, nisi quod
uiderim?
composto in B questo verso, la cui ricostruzione e dovuta al Pilade e al
Camerario: tuis tamsit\\\ edio mentem erea aut ollas. — hau tollas =
« non e possibile che tu presti fede, abbi credito, garantisca, riconosca
come vera, e divulghi come tale »; il cong. e qui richiesto dalla seconda
forma del per. ipotetico. La metafora e presa dal quod erit natum tollito delYAmph., 1, 3, 3. — 296. cruribus capitique, e detto in relazione colla
catena e coirestremo supplizio. Cosi la fraus capitalis, di cui e qui fatta
espressamente parola, come il raffronto coi luoghi paralleli, Gas., 314:
quis mihi subveniet tergo aut capiti aut cruribus? e Aul, 4, 7, 20: de
meo capite sunt comitia tolgono ogni verosimiglianza airemendazione di
capiti in scapulis, proposta dalTAcidalio e accettata dal Lorenz. —
fraudem, cfr. 1437 e Dig., 21, de aedil edict.: capitalem fraudem admittere est tale aliqnid delinquere, propter quod capite puniendus sit: veteres
enim fraudem pro poena ponere solebant. — 297. nam col Camerario,
per iam di B C D. — dupliciter = utroque modo, i. e. sive falsum sive
verum quod dicis. — 298. stultiloquium = juwpoXoYia, stultiloquentia
Trin,, 222. — id dicam colFed. princeps, per hic dictam di B C D , che
tutti gli altri editori, sulFes. del Guiet e del Bentley, emendano semplicemente in dicam. — 299. falso col Camerario, per falsom di B C D.
— primumdum, cfr. n. 226. — hoc « per questo appunto», cfr. Amph.,
1, 1, 98: hoc adeo hoc commemini magis quia illo die impransus fui. —
300. tu ei con iato, che gli editori evitano variamente, il Goetz coll'aggiunta di pro eo o simul innanzi a perieris, il Ribbeck con bis, il Brix
con diSy il Seyffert con hoc, 1'Acidalio con eo, ed altri diversamente, senza
pero che il testo richiegga, per i bisogni della grammatica o del metro,
alcuna di tali congetture. La seconda ipotesi non aveva bisogno di prova,
giacche egli era stato messo dal miles come custode a Filocomasio, appunto
per impedire qualche sua scappata o infedelta. — 301. quid fuat me
= futurum sit, colla seconda mano di B, per quia fuit me di B' e quia
fuat meat di C, cfr. Trin., 594: in ambiguost etiam nunc quid ea re
fuat. — 302. viderim, il cong. a causa deU'or. obl,: « non vuoi che io
64
M. ACCI PLAVTI
Quin etiam nunc intus hic in proxumost.
PA. Eho,
an non domist?
Sc.
Vise, abi intro tiite: nam ego mi iam nil credi postulo.
PA. - Certumst facere. Sc. Hic te opperiar: eadem illi insidias dabo,
305
Quam mox horsum ad stabulum iuuenix recipiat se e
pabulo.
Quid ego nunc faciam ? custodem me illi miles addidit:
Niinc si indicium facio, interii: interii, si taceo, tamen,
Si hoc palam fuerit. quid peius miiliere aut audacius?
Dum ego in tegulis sum, illa ex suo sese hospitio edit
foras;
310
Edepol facinus fecit audax. hocine si miles sciat,
ti dica ci6 che ho veduto?». — 303. hic con CD, per hinc di B.—
eho an, cogli imperativi e nelle interrogazioni, si adopera per esprimere
sorpresa o meraviglia, cfr. 303, 822, Trin., 334: eho an etiam Arabiast
in Ponto? 942: eho an etiam in caelum ascendisti? Epid., 3, 4, 69: eho
an libera illast? II Ritschl, cVaccordo col Bothe, sopprime Van, in contradizione colFuso costante di Plauto e senza alcuna reale necessita del
metro. — 304. mi iam nil, per mihiiam nihil di B: il Ritschl, seguito
da quasi tutti gli altri editori, scrive invece invertendo iam mihi nil. —
postuh = voh, cfr. 439. — 305. Dopo facere vi ha iato, che coincide
col cambiamento delPinterlocutore, cfr. 45, 372, 417, 419, 536, 796, 930,
1060, 1160, 1269, 1317, 1327, 1332, 1348, 1359. — opperior coired.
princ, per operiat di B e operiam di C D. — eadem, sc. opera ~ simul,
cfr. Bacch., 47: eadem dedero tibi ubi biberis savium. — 306. quam
mox horsum, secondo una felicissima congettura del Saraceno e del Camerario, per qiiam uxor di B C D, cfr. per horsum = hoc o huc versum Bud.,
175 e Ter., Eun., 219. — iuvenix, contr. iunix = iuvenca, vaccula, cfr.
per la metafora Hor., Carm., 1, 36, 13. — e aggiunto col Camerario;
a invece congettura il Bothe. — 307. addidit con Dousa, sulFanalogia
del v. 300, per tradidit di B C D. — 308. interii sirppliva gia il Camerario dopo taceo, assai meglio prima di taceo il Klotz.— 309. si fuerit:
si noti che il perf. interii delFapodosi fa propriamente le veci di un futuro.
— 310. ego per ergo di B C D. — iUa ex suo sese, secondo 1'emendazione del Lorenz accettata anche dal Goetz, la quale e pero ben lungi
dal potersi dir riuscita, in luogo di illac hec sum che si legge in BC;
cfr. quanto al costrutto Most., 698 : clanculum ex aedibus me edidi foras.
II Brix legge invece: illaec suo se ex. — 311. facinus fecit, cfr. 736.
— hocine e formato colla stessa particella enclitica, che ricorre in egone
e tune3 cfr. Ter., Andr., 478: hicine ubi. — si miles, col Beroaldo e col
MILES GLORtOSVS, ACT. II, 303—-319
PA.
PA.
Sc.
Sc.
65
Credo hercle has sustollat aedis totas tollatque in crueem.
Hercle, quidquid est, mussitabo potius quam inteream
male.
Non ego possum quae ipsa sese uenditat tutarier.
Sceledre, Sceledre, quis homo in terra te &lter est audacior?
315
Quis magis deis inimicis natus quam tu atque iratis?
Sc. Quid est?
Iuben tibi oculos exfodiri, quibus id quod nusquamst
uides?
Quid, nusquam?
PA. Non ego tuam empsim uitam
uitiosa nuce.
Quid negotist? PA. Quid negoti sit rogas? Sc. Quor
non rogem?
Pio, per simile di B C D. — 312. has sustollat aedis totas tollatque in
crucem, colle due emendazioni del Gamerario e del Niemeyer combinate
insieme, per assus tollat edis tota si tollat atquem hic in crucem di B G D .
Fra tutte le altre emendazioni proposte dai critici, ricorderemo soltanto
la piu ingegnosa, che e quella di Bergk: has sus aedis totas tolldt, colla
tmesi di sustollat. — credo, e qui adoperato in forma paratattica, al pari
che in 202, 370, 1046. — aedis totas = totam familiam, cfr. 183, 280,
410 e Truc, 638: ut ego his subfringam talos totis aedibus.—
313. hercle
quidquid est con B G D e col Ritschl; il Brix nota invece che quicquid
est e adoperato da Plauto sempre come un cretico, e percid col Lorenz inverte quicquid herclest. — mussitabo = tacebo « faro il muto », cfr. 715
e Aul., 131. — 314. quae ipsa sese, eolPed. princ, per queissasese di
B C D. — venditat « si compromette, si espone in vendita », cfr. Curc, 4,
1, 2 1 : in Tusco vico ibi sunt homines qui ipsi sese venditant.—
315. in
terra te alter est per interemat est dlter di B C D , secondo una congettura assai plausibile del Ritschl, che ha in favor suo Tanalogia &e\VAmph.,
1, 1, 1: quis me alter est audacior? — 316. deis inimicis... iratis col
Camerario, per dehis inimicis natus quantum atque irat di B C D , cfr.
Most., 3, 1, 36: scelestus natus dis inimicis omnibus. — 317. iuben tibi
col Camerario, per iubent tibi di B C D. — oculos e detto in relazione
col 292. — exfodiri, senza assimilazione della prep., come nei plautini
exfringo, exmigro, exduco, ecc, cfr. 376. — nusquamst vides, colFed.
p r i n c , per nusqudm hic vidis di B C D. — 318. quid esprime meraviglia o sorpresa, cfr. 326 e Bacch., 1, 2, 38: omitte, Lyde, ac cave malo.
Quid cave malo? — tuam empsim vitam coi Lindemann, per mutuam ea
ipsi tui tam di B C D. — empsim = emerim, cfr. Cas.y 2, 5, 39: adempsit
e 847 prompsit, cioe n o n s p e n d e r e i p e r t e u n a n o c e v u o t a . —
vitiosa nuce = cassa nuce Pseud., 371. —
319. quid negotist, divenPLAUTO, Miles gloriosus,
comm. da E. COCCHIA.
5
66
PA.
Sc.
Sc.
PA.
Sc.
PA.
Sc.
M. ACCI PLAVTI
Non tu tibi istam praetruncari llnguam largiloquam
iubes?
320
Quam ob rem iubeam?
PA. Philocomasium eccam
domi, quam in proxumo
Vidisse aibas te oseulantem atque amplexantem cum
altero.
Mirumst lolio uictitare te tam uili tritico.
Quid iam? Sc. Quia luscitiosu's. PA. Verbero, edepol
tii quidem
?
Caecus, non luscitiosu s: nam illam quidem uidi domi.
325
Quid, domi? PA. Domi hercle uero. Sc. Abi, hidis
me, Palaestrio.
Tam mihi sunt manus inquinatae?
Sc. Quidum?
PA. Quia ludo luto.
Vae capiti tuo. PA. TUO istuc, Sceledre, promitto fore,
tato in C D quid genegotust, cfr. 279. — 320. non tu tibi tstam praetruncari col Bitschl, per novi et ibi ptunc dari di B e non ivi ei ibi ptune
ari di D, cfr. 1272: praecidere linguam. — 821. iubeam, colPed. princ.
e Camerario, per iubeat di B C e iubeas di D. II Brix, per evitare l'accentuazione eccdm domi, ammette 1'iato nella cesura. — 322. aibas col
Bentley, per aiebas dell'ed. princ, fatto alevas in C. — 323. mirumst
lolio victitare te tam col Pio, per mirus olio victitaret etam di B C D, cfr.
F u l g e n t i u s , p. 561: « luscitiosos dici voluerunt in die parum videntes,
quos Graeci myopes vocant. Unde et Plautus in Mercatoris comoedia ait:
mirum lolio victitare te tam vili tritico quia luscitiosus es. Dicunt enim,
quod lolium comedentibus oculi obscurentur» e Ov., Fast., 1, 691: et
careant loliis ocuhs vitiantibus aegri. La meraviglia di Sceledro e motivata dal basso prezzo del frumento, tam vili tritico, i. e. cum triticum
tam vile sit. — 324:. quid iam, cfr. 279. — luscitiosus per lusciniosus
di B. — verbero coired. princ, per veherbero di B C D. — 325. caecus
non luscitiosu^Sy cfr. Nonio, p. 135: edepol caeeus, non lusciosus es. —
vidi colPed. princ, in luogo di illa che si legge per errore ripetuto a
questo punto in BCD; il G-oetz col confronto del 400 e 485 suggerisce
certost. — 326. hercle vero, cfr. Most, 2, 3, 79: edepol vero> Cas.9 1, 55:
quidem pol certo, Men., 2, 2, 39: quidem hercle certo. — abi, cfr. 293. —
ludis me = ludibrio me habes. — 327, tam mihi sunt: ti par dunque
che io abbia le mani cosi sporche da m e t t e r m i a scherzarc
col lutum? Si noti che anche altrove, a prescindere dalla paronomasia
con ludo, la voce lutum si trova adoperata come termine dispregiativo.
MILES GL0R10SVS, ACT. II, 3 2 0 — 3 3 3
PA.
Sc.
67
Nisi oculos orationemque alia commutas tibi.
Sed fores concrepuerunt nostrae.
Sc. At ego illas
obseruo foris:
330
Nam nihil est qua hinc huc transire ea possit nisi recto
ostio.
Quin domi eccam: nescio quae te, Sceledre, scelera sii~
scitant.
Mihi ego uideo, mihi ego sapio, mihi ego credo plurumum:
cfr. Persa, 407: lutum lenonium, Lucilio, 28, 28, 25: haud litteras doceas
lutum, Pseud., 366 caenumf Ter., Phorm. 526, sterculinum. Quanto al
tam di B C D, che il Eitschl col Guiet altera in iam e altri col Dousa
in tum, io credo di doverlo conservare intatto, sulPesempio del Lambino,
Eibbeck ed Ussing. — manus, cfr. 364. — quidum «perche mai» }
cfr. Mosty 450. —
328. tuo innanzi ad istuc aggiunse assai
felicemente il Camerario, cfr. 288, Poen., 3, 3, 31: hunc chlamydatum
quem vides ei Mars iratust. Gapiti vostro istuc quidem, ib., 3, 5, 38:
vae vostrae aetati. Id quidem in mundost tuae e Gas., 3, 5, 12: vae tibi.
Immo istuc tibi sit, interessante per la corrispondenza che mette in mostra
di tuo capiti a tibi. —
329. oculos ... alia, col Guiet, per oculus...
aliam di B C D , cfr. Gapt., 28, 201, 171. — ^ 330. fores, cfr. 327. II
Eibbeck, d'accordo col Ladewig, ritiene spurii i versi dal 330 al 332, a
causa dell'accenno fatto colla frase concrepuerunt fores alFuscita di un
nuovo personaggio, che non apparisce punto sulla scena. II Niemeyer pero
intravide assai acutamente in quelle parole un accenno a Filocomasio, la
quale, dietro accordo preso con Palestrione, apre alquanto la porta del
miles e si lascia appena osservare da quella fessura. Sennonche Sceledro,
temendo di un inganno, non distacca gli occhi dalla porta di Periplecomeno, che guardava gia da un pezzo con sospetto (cfr. 275, 289, 303, 305),
ed ha percio bisogno di un novello richiamo da parte di Palestrione, per
poter osservare quelFapparizione fugace, a cui non presta neppur ora
fede. — concrepuerunt, e comunemente emendato dagli editori in crepuerunt, per la difficolta che essi trovano a computare come breve la sillaba finale di fores, sulPanalogia delle altre parole giambiche. — illas
observo colFed. princ, per ila obseruis di C D e ilico obserui di B. —
331. nihil est qua = nulla via est qua, cfr. nihil est cur. — hinc huc
coired. princ, per hic huc di B C D , =hinc illuc, giacche bisogna immaginare che intanto si sia impostato contro la porta di Periplecomeno,
per impedire che esca di li Filocomasio. — recto ostio == recta via per
ostium,
in contrapposto delYostium posticum (Most., 931). — 332. quin,
coll1ed. princ, per quem di B C D , si avvicina nel significato ad immo e
si potrebbe rendere assai bene colla part. avversat. ' m a ' . - quae, col Camerario, per utque di B O D. — suscitant, cfr. Men., 322: quod te urget
scelus. A questo punto bisogna immaginare, che ad un cenno di Palestrione, Filocomasio scomparisca e la porta si socchiuda silenziosamente. —
833. mihi innanzi ad ego credo, fu aggiunto dal Pilade, cfr. per il va-
68
PA.
PA.
PA.
PA.
PA.
M. ACCT PLAVTI
Me homo nemo deterrebit quin ea sit in liis aedibus.
Hic obsistam, ne imprudenti huc ea se subrepsit mihi.
335
Meus illic homost: deturbabo iam ego illum de pugnaculis.
Vin iam faciam ut stultiuidum te tute fateare?
Sc. Age face.
Neque te quicquam sapere corde neque oculis uti?
Sc. Volo.
Nempe tu istic ais esse erilem concubinam ? Sc. Atque
arguo
Eam me uidisse osculantem hic intus cum alieno uiro.
340
Scin tu nullum commeatum hinc esse a nobis? Sc. Scio.
Neque solariiim neque hortum nisi per impluuium?
Sc. Scio.
lore ed il significato di questo dativo Aul.y 4, 2, 16: mihi bibam. —
334:. deterrebit con Haupt, per deteruti di B C I), che il Ritschl d'accordo col Camerario voleva emendato in deterruerit. — sit — credam eam
essey cfr. 188. — in his aedibus coi codici, per in his sit aedibus proposto dal Niemeyer e in hisce difeso dallo Schmidt. — 335. hic, i. e.
ante ostium Periplecomeni; huc, i. e. in domum militis. — surrepsit —
subterduxit 345, « mi sfugga ». — 336. meus « in mio potere », cosi
dice Palestrione seco stesso in aria di trionfo, scorgendo la fede inconcussa
che ha Sceledro nell' affermazione da questo fatta nel v. 331. — pugnaculis = propugnaculis, i. e. locis unde pugnatur. — 337. vin col Pio,
per vim di B C e vun di D. — te tute, aggiungiamo con Ussing e Miiller
in luogo delYut, che apparisce in questo punto nel solo B. — stulti-vidum
e formato sulFanalogia di stultiloquus, multibibus, ecc. — 338. sapere
corde, cfr. 204, 1030. —
339. nempe, cfr. 908. — istic ais, col Camerario, per isticas di B. Si noti che questo verso, al pari dei due successivi, manca in C D. — atque « anzi», cfr. 370. — 340. me vidisse,
col Camerario, per ne vidisset di B. — 341. hinc. Ad evitar 1'iato dopo
commeatum, il Ritschl aggiungeva huc innanzi ad hinc, e il Luchs un
isto dopo: a noi perd sembra, d'accordo col Goetz, che non vi sia bisogno
d'alcuna emendazione, poiche Palestrione aveva solo interesse di persuadere a Sceledro, che la casa del miles non avesse altre uscite. —
342. solarium, solaio, t e r r a z z o , soffitta s c o p e r t a , locus, come
dice il Lambino, in supremis aedibus sine tecto ad excipiendum solem
comparatus, cfr. Svet., Ner., 16: « ut ante insulas ac domos porticus essent
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 3 3 4 — 3 5 2
PA.
Sc.
Sc.
69
Quid nunc, si ea domist, si facio ut eam exire hinc
uideas domo?
Dignun es uerberibus multis? Sc. Dignus. PA. Serua
istas foris,
Ne tibi clam se siipterducat istinc atque huc transeat.
345
Consiliumst ita facere. PA. Pede ego iam illam huc
tibi sistam in uiam.
Agedum ergo face. uolo scire, utrum egon id quod uidi
uiderim
An illic faciat quod facturum dicit, ut ea sit domi.
Nam ego quidem meos oculos habeo nec rogo utendos
foris.
Sed hic illi subparasitatur semper, hic eae proxumust:
350
Primus ad ciburn uocatur, primo pulmentum datur
Nam illic noster est fortasse circiter trimenium:
de quarura solariis incendia arcerentur», Macrob., Sat, 2, 4, 14: « Augustus cum de Tyriae purpurae, quam emi iusserat, ohscuritate quereretur, dicente venditore erige altius et suspice, his usus est salihus, quid
ego, ut me populus Bomanus dicat bene cultiis, in solario ambulaturus
sum? ». — hortum, un giardino dietro la casa, che mettesse in comunicazione 1'abitazione dei miles con quella di Periplecomeno. — nisiper
impluvium, sc. nisi commeatum p. impl. — 34:3. quid nunc « che dirai
ora», cfr. 582, 546. — facio ut eam con B C D e col Goetz, per eam
facio ut proposto dal Ritschl. — exire hinc, coH'Acidalio per ragione del
metro, in luogo di hinc exire di B C D. — 344. dignun es, con Ritschl,
per dignun est di B e dignus es di C D. —
346. pede colFAcidalio
per pedes di B C D : essa si p r e s e n t e r a qui a te coi suoi piedi,
cfr. l'it. a piede e la voce volatu a cui questa e contrapposta, nonch^
le frasi affini ore sistere Capt, 793, capite sistere Gurc, 287, e anche
pedibus ire o proripere, che indusse il Brix a rautare anche qui pede in
pedibus, che il v. comporterebbe. — in viam, con A e l'ed. princ, per
invitam di B C D. — »349. rogo utendos con A, per roga utendi di C D
e rogat utende di B, « ho bisogno di andare in prestito », cfr. Asin., 2,
2, 53: habeo epinor familiarem tergum ne quaeram foris. — 350. subparasitatur e un derivato di irapaaiTGtv, al pari di opsonari da diyujvelv.
— eae = ei con A, per ea di B C D. — 352. noster est « e dei nostri,
appartiene a noi», cfr. 432, 434. — trimenium, per triennium di A B Q D9
70
M. ACCI PLA.VTI
Nec quoiquam quam illi in nostra meliust famulo familia.
Sed ego hoc quod ago, id me agere oportet, hoc obseruare ostium.
Sic obsistam, hac quidem pol certo uerba mihi numquam dabunt.
355
PALAESTEIO. PHILOCOMASIVM. SCELEDRVS.
PA.
PA.
Praecepta facito ut memineris.
PH. Totiens monere
mirumst.
At metuo ut satis sis subdola. PH. Cedo uel decem,
edocebo
Minume malas ut sint malae, mihi solae quod superfit.
col Guiet, essendo troppo lungo lo spazio di tempo indicato da questa
voce e non convenendo affatto allo svolgimento delVazione. La voce greca
Tpiurjviov, sebbene non stuoni nel concerto del lessico plautino, non e
pero attestata da nessuna fonte latina. — 353. quoiquam. A me non
pare che si debba aggiungere col Eitschl un alii dopo quoiquam, giacche
il v. torna sia computando come trisillabo quoiquam, sia ammettendo
1'iato dopo la prima dipodia. — in nostra, con A e Pilade, per nostra
di B C D. — meliust con A e col Guiet, per melius di B C D = melius
tractatur, cfr. Asin., 144. — 354. hoc quod ago id con A; BC hanno
quid al posto di quod e D qd, cfr. per il giro intero della frase, che alcuni
editori sentono inopportunamente il bisogno di mutare, 1125: tu modo
istuc cura quod agis e Most., 1100: quod agis id agas. — me agere
oportet, con A C D, trovasi mutato curiosamente in B in mea cerero portet.
— 355. sic con A, per Jiic di B C D e si hic che vi sostituisce, con
poca verosimiglianza, il Ritschl: cosi, in c o r r i s p o n d e n z a di questo
mio proposito, cfr. 335. —quidem, cfr. 160.
Act. II, Scaen. 4. Mentre Palestrione esce discorrendo con Filocomasio,
Sceledro colle spalle rivolte agli spettatori e colle braccia aperte si tien
stretto alla porta, per paura che la preda non gli sfugga. — 356. totiens
con A e Camerario, per tolles di B C D. — praecepta, cfr. 257 segg. —
357- ut e omesso in A. — decem edocebo con A e il Taubmann, per
dice me docebo di C D. — 358. malas = callidas 190. — solae quod
con A, per sola equo di B C D. II Ritschl, sulPesempio del Guiet, aggiungeva est dopo solae, del quale pero non vi ha punto bisogno, come mostra
il Cavallin col confronto di 693, 1079 e 1158, giacche la frase intera colPellissi di ex eo da un significato assai plausibile, anzi il solo possibile
in questo luogo, con quello cioe che s u p e r a o e d'avanzo a me
sola. Cfr. per il dat. femm. solae 1020, 804 aliae, Bud., 750 alterae;
quanto a superfieri =» superesse (Pers., 3, 1, 3; superstitare), cfr. Trin.,
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 3 5 3 — 3 6 2
PA.
PA.
71
Age nunciam insiste in dolos: ego abs te procul recedam.
Quid ais tu, Sceledre? Sc. Hanc rem gero: habeo aiiris,
loquere quiduis.
360
Credo ego istoc exemplo tibi esse pereundum extra portam,
Dispessis manibus patibulum quom habebis. Sc. Quamnam 6b rem?
510. — 359. Questo verso, sull'autorita dei mscr. e d'accordo con Ussing
Brix e Tyrrell, attribuiamo a Palestrione, laddove il Eitschl, seguito dal
Lorenz e dal Goetz, pretende di riferirlo a Eilocomasio; ma a torto,
giacche non e presumibile che essa dia consigli a chi ha ordito Pinganno.
— nunciam con A e Ted. princ, per iam nunc di B C D , b sempre calcolato da Plauto come un trisillabo, cfr. 365, 739, 932, 1378. — insiste
in dohSy sta p r o n t a a m e t t e r e subito in a t t o i t u o i i n g a n n i ,
e quindi diverso alquanto dalYingredi in sycophantiam del Poen., 654. —abs te procul recedam: mi allontano cioe un po' da te, per poter discorrere con Sceledro, immobile innanzi alla porta di Periplecomeno, che si
trovava di fronte. Si noti che Filocomasio resta sulla scena, come apparisce dal 363, e se fosse stata essa a pronunziare queste parole, mentre si
trovava sulla porta del miles, avrebbe dovuto affatto scomparire. —
36*0. quid ais tu con A, per quid astu di B e quid astas o stas di C D,
e la formola adoperata comunemente da Plauto per introdurre una domanda: che d i ' t u , cfr. Trin., 193. — hanc rem gero « faccio quel che
faccio » o pure « quel che vedi», risponde Sceledro, senza scostarsi dalla
porta e senza distaccare il viso da essa. Si noti 1'iato dopo la cesura, come
in 1217. — 361. exemplo con AB, per extemplo di G D, m a n i e r a ,
p o s t u r a , cfr. 726, 757. — pereundum extra portam con A> per eundum
actutum si extra portam est, che a me sembra una cattiva glossa o interpretazione di pereundum: Gellio ha solo eundum extra portam. La
porta, a cui qui accenna Plauto, e VEsquilina, al di fuori della quale
abitavano i camifices, vespillones e corarii, si facevano le esecuzioni capitali e si seppellivano i poveri, cfr. Gas., 2, 6, 2: ille edepol videre ardentem te extra portam mortuam (volt) e Pseud., 1, 3, 97: extraportam
mi etiam currendumst prius. Quid eo? Lanios inde arcessam duos cum
tintinnabidis (dove lanii = camifices). — 362. dispessis con l'ed. princ,
per dispersis di B GD e dispensis di A, cfr. Gell., JV". A., 15, 15, 3: « capillo quoque esse mulier passo dicitur, quasi porrecto et expanso, et passis
manibus et velis passis dicimus, quod significat diductis atque distentis.
Itaque Plautus in Milite Glorioso a littera in e mutata dispessis dicit pro
eo quod est dispassis ». Lo stesso composto ricorre in 1407 sotto la forma
dispenno (dispendo). — patibulum era la traversa della croce (crux,
palus, stipes\ la quale si apriva e si stringeva in forma di un cerchio al
collo del condannato, patibulatus, il quale colle mani legate all'estremita
delle due braccia del patibolo veniva per vias llagellato dagli attendenti
del giudice, e condotto sul luogo dell'esecuzione cruci adfigebatur, cfr.
framm. della Garbonaria di Plauto presso Nonio, p. 221: patibulum ferat
12
PA.
PH.
PH.
PA.
PH.
M. ACCI PLAVTI
Bespicedum ad laeuam: quis illaec est mulier ? Sc. Pro
di immortales,
Eri concubinast haec quidem. PA. Mihi quoque pol ita
uidetur.
Age niinciam, quando lubet
Sc. Quid agam? PA. Perire propera.
365
Vbi istest bonus seruos, qui probri me maxumi innocentem
Falso insimulauit? PA. Em tibi, hic mihi dixit, tibi
quae dixi.
Tun rae uidisse in proxumo hic, sceleste, ais osculantem?
Atque cum alieno adulescentulo dixit. Sc. Dixi hercle
uero.
Tun me uidisti ? Sc. Atque his quidem hercle oculis.
PH. Carebis crebro,
370
per urbem, deinde adfigatur cruci. — quom con B, per cum di A C D.
— habebis con CD e Gellio, per habet uis (derivato da habeuis) di B
e uidetis di A, che, se la lezione e giusta, dimostra indubbiamente, come
anche 1'Ambrosiano non sia scevro di errori. —quamnam ob rem (ABCD)
con iato, giacche non ci par presumibile in mezzo a tanta concordia di
codici un errore nella lezione. — S6S. respicedum, cfr. 957 circumspicedum. — quis femm. per quae, cfr. 437, 926. — quis illaec est con
A B C D, per illaec quis est del Bothe e del Ritschl. — S64. eri, cfr.
194, 400, 877 ecc. — S6S. age si connette col successivo propera; senonche Sceledro, prima che Palestrione compia il suo pensiero, lo interrompe per domandargli: quid agam. — perire propera con A, per peripe
(assimilaz. di perire) propero di B, trasformato inperiperpropere da CD:
1'emendazione del Ritschl peri praepropere ha il torto di fondarsi su una
lezione evidentemente guasta. — S66. bonus ha senso ironico, cfr. Gapt.,
954: bone vir. — probri con A, per prodit di C D, prodivit di B e propudii suggerito dal Camerario, = impudicitiae. — S67- em e 1'antica
forma della particella dimostrativa, usata frequentemente dai poeti comici
in luogo di en, cfr. 899, 1407. Le parole em tib% riferite erroneamente a
Filocomasio da B C D e dall'ed. princ, furono attribuite primieramente a
Palestrione, a cui veramente appartengono, come mostra A, dal Camerario.
— hic mihi dixit tibi quae dixi con A, in luogo di hic mihi id dixit
tibi quem dixit di B (dixti C D), dove Yid e evidentemente una dittogratia di mihidixit. Le emendazioni cervellotiche, tra cui errarono i critici, non meritano d'esser ricordate. — S68. tun me col Ribbeck, dal1'unione di tune di A con tuteme di B C D. — ais con A, manca affatto
in B C D. — S69. atque con A B C D, d'accordo col Ribbeck e col Brix,
in luogo di ac che vi sostituisce il Ritschl, cfr, 370. — S70. tun me
MILES GLOIUOSVS, ACT. II, 3 6 3 — 3 7 8
73
Qui plus uident quam quod uident.
Sc.
Sc." Numquam
hercle deterrebor
Qain uiderim id quod uiderim.
PH. Ego stiilta et
mora miiltum,
Quae cum hoc insano fabuler, quem pol ego capitis
perdam.
Noli minitari: scio crucem futuram mihi sepiilcrum:
Ibi mei sunt maiores siti, pater, auos, proauos, abauos.
375
Non mihi possunt minaciis tuis hisce oculi exfodiri.
Sed paiicis uerbis te uolo: Palaestrio, obsecro te,
Vnde ex.it haec? PA. Vnde nisi domo? Sc. Domo?
PA. Me uiden? Sc. Te uideo:
con BCD, per tune di A. — atque = dtque adeo « anzi di piu, anzi a
dir vero », cfr. 339. — hercle con A, e omesso in B C D. — crebro con A,
piii appropriato del credo che vi sostituiscono gli altri editori, e che anche
nel tuono ironico, che essi gli attribuiscono, non sarebbe adatto ad esprimere tutta l'ira e la minaccia di Filocomasio. — 371. deterrebor con A
e l'ed. princ, per deterebo di BCD. Si noti Piato nella cesura (viderim,
cfr. 403, 406, 416, 419) e il modo come Sceledro rifa la minaccia di Filocomasio. — 372. stulta et mora, i. e. sum (cfr. Trin., 826 e Amph., 964),
con A B per stulia moror di C D, cfr. Stich., 641: more hoc fit atque
stulte mea sententia. — 373. fabuler con A, per fabulet di B e fabulem
di C D. — quem capitis perdam e costruito sulFanalogia di damnare
aliquem capitis. — 374:. futuram sepulcrum, morro sulla croce e
quivi trovero la mia sepoltura. Si noti Pironia piena di rassegnazione di
questa frase, a cui fa riscontro il ricordo dei maiores siti, cioe del sepolcro
degli antenati, affatto comico sulla bocca di uno schiavo, il quale in conformita delle leggi romane era nullo patre (cfr. Capt., 574). — 375. sunt
maiores con A, per maiores sunt di B C D. — siti = conditi, cfr. Cic,
legg., 2, 22, 56: G. Marii sitas reliquias dissipari iussit. — 376. mihi
possunt con A C D, per possunt mihi di B. — minaciis con B C D, per
minis di A, cfr. Bud., 795, Truc, 935. — hisce, al pari di illisce, son
forme cli nom. plur., usate costantemente da Plauto innanzi a vocale e
ad h, cfr. 488, 1336. — oculi con C D, per oculis di A B, attratto da una
falsa analogia di hisce. II sospetto che oculis possa essere una forma di
nom. arcaico e semplicemente ridicolo. — exfodiri con A, per fodiri di
B C D , cfr. Ov., a. a., 1, 339: fodere alicui lumina. —
377. te voh,
sc conloqui, cfr. Trin., 516. — te con A, omesso in B C D. — 378. haec
con A e Fed. princ, per hac huc di B C D: si noti che exit e forma del
perf., cfr. 418. — unde nisi, cfr. mde Capt., 128. — me viden « e vero
che tu mi vedi? » or come cio e vero, cosi e vero che essa sia uscita di casa
74
PA.
PA.
M. ACCI PLAVTI
Nisi mirumst facinus, quomodo haec hinc hiic transire
potuit.
Nam certo neque solariumst apud nos neque hortus ullus
380
Neque fenestra nisi clatrata. nam certe ego te hic intus
uidi.
Pergin, seeleste, intendere hanc argiiere? PH. Ecastor
ergo
Mi hau falsum euenit somnium, quod noctu hac somniavi.
Quid somniauisti? PH. Eloquar: sed amabo aduortite
animum.
Hac nocte in somnis mea soror geminast germana uisa
385
Venisse Athenis in Ephesum cum siio amatore quodam.
nostra. II Brix e il Lorenz danno di questa frase un'interpretazione assai
poco plausibile, mentre invece e cosi naturale la domanda che fa Palestrione,
scorgendo che Sceledro non vuol prestar fedeai proprii occhi.—
379.nisi
mirumst « sennonehe e strano » con B C D , per nimis miserum est di A,
cfr. n. 24, 418 e Cic, B. Am., 35, 99: nescio nisi hoc video. — facinus
« cosa, fatto », cfr. Amph., 858. — haec hinc huc con A, per haec hic di
B C D. — potuit con A, per potuerit di B C D. — 380. solariumst, con A,
e trasformato in solarius in B C D. — 381. fenestra, colla penultima
breve o pur sincopata, in conformita della testimonianza di Paolo Diacono,
p. 91: festram antiqui dicebant quam nos fenestram. — nisi clatrata,
i. e. nisi clatris munita, coirAngelio e lo Scutario, per neq. clarata di A
e nisi clarata di B C D. Le finestre delle case antiche, che erano molto
rare e piccole, si trovavano al secondo piano ed erano munite, come qui,
di cancelli di legno o di ferro, ovvero anche di una pietra trasparente
(lapis specularis). Pu solo piu tardi che si comincio a far uso di vetri,
come presso noi moderni. — nam: il primo nam si riferisce a quomodo,
il secondo a transire. — nam certe con A, per n. certo di B C D, « e d'altra
parte io son sicuro ». — hic intus con B C D: A omette hic. — 382. intendere arguere con A, per intenderet hec arguerit di B e intendere et
hanc arguere di C D, « persistere neH'accusa ». — ecastor ergo con A (ego
B C D), cfr. 63. — 383. mi hau col Ritschl (cfr. 95), per mihi hau di
A e mihi aut di B. — evenit con A e ed. princ, per eveniat di B C ed
eveat di D. — noctu con B C D, per nocte di A, cfr. Trin., 869. —
384:. eloquar col Ritschl, per ego eloquar di A B C D. — advortite con A
ed Acidaiio, per advortito di BCD, cfr. 392. — 385. geminast con A,
per gemina di B e gemina et di C D. — 386. suo con A, per eo di B e
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 3 7 9 — 3 9 5
PA.
PH.
PA.
75
Et ambo liospitium huc in proxumum mihi deuortisse
uisi.
Palaestrionis somnium narratur. perge porro.
Ego laeta uisa, quia soror uenisset, propter eandem
Suspicionem maxumam sum uisa sustinere.
390
Nam argiiere in somnis me meus mihi familiaris uisust,
Me cum alieno adulescentulo, quasi nunc tu, esse ausculatam,
Quom illa ausculata mea soror gemina esset suompte
amicum.
Id me insimulatam perperam falsum esse somniaui.
Satin eadem uigilanti expetunt, quae in somnis uisa
memoras?
395
meo di C D. — 387. et... hospitium ... devortisse, secondo la lezione che
lo Studemund ricava da A, per hi... hospitio... devortis visi (o devorti sunt)
di B C D. La lezione ei, che il Eitschl ricavava dal palimpsesto, non ha
piu ragione d'esser conservata, come fa il Goetz, dopo la correzione dello
Studemund, il perf. devortisse e pienamente giustificato dalFanalogia di
venisse e 1'acc. hospitium e certo piu corretto di hospitio (abl.), quantunque anche questo si possa giustificare colFanalogia di devorti hospitio
del 240, e hospitio aliquem accipere Amph., 296. — 388. Palaestrionis
con Dousa, per Palaestrioni di A B C D. Questa prima parte del v. e per
errore attribuita nei codici a Sceledro, e fu dalPAcidalio rivendicata a
Palestrione, il quale, col duplice significato possibile di questa frase (cioe
si n a r r a il sogno i n v e n t a t o ovvero f a t t o da P a l e s t r i o n e , cfr.
il prov. gr. TOOJUOV oveipov ejuoi in Cic, Att., 6, 9, 3, mi si n a r r a ci6
che io conosco), da un lato accresce fede alle parole di Filocomasio, e
dalFaltro ridesta Tattenzione del pubblico. —
391. meus mihi familiaris con A, per familiaris meus mihi di B C D. — 392. quasi nunc
tu, i. e. argius =^ut, quemadmodum « al modo stesso come tu », cfr. Capt.,
489. — tu esse ausculatam con Hermann, per tues ausculatam di A, trasformato in est auscultatam esse di B ed est osculatam esse di C D. —
393. quom con B, per cum di A C D. — ausculata, deriva dalla fusione
di auscidta (A B) con osculata (C D). — suompte col Grutero e con A,
per sumptu di B e suum di C D. — 394. id con A, per item di B e
ita di C D. — falsum (A B C D), sostituito a torto con probri dal Ritschl,
concorda con id e dipende, al pari di questo, da insimulare, cfr. Amph.,
852: sic me insimulare falsum facinus tam malum e Trin., 96: si id
non me accuses. — 395. satin fa le veci di nonne post-plautino, « forse,
e possibile che », cfr. Trin., 925. — vigilanti con A e l'ed. princ, per vigilantis di BCD. —- expetunt = eveniunt, accidunt, cfr. Arnph., 174:
ergo in servitute expetunt multa iniqua e Liv., 1, 22, 7: ut in eum ex-
76
Sc.
PA.
M. A.CCI PLAVTI
Eu hercle praesens somnium: abi intro et comprecare.
Narrandum ego istuc militi eensebo. PH. Facere certumst:
Neque me quidem patiar probri falso impune insimulatam.
Timeo quid rerum gesserim: ita dorsus totus priirit.
Scin te perisse? niinc quidem domi certost. Sc. Certa
res est
400
petant omnes huiusce clades belli. — 396. eu con A, per heus di B C D,
p a r t i c u l a l a e t a n t i s et l a u d a n t i s , « bravo, bene », che forma iato
con hercle, cfr. 1058. — praesens somnium con A e il Camerario, per
praedent somnium di B e praesentia omnia di C D, acc. interiettivo, «il
sonno fatto realta», cfr. Stich., 544: praesens apologus. — comprecare,
i. e. ut dii omen in bonam partem vertant, cfr. Amph., 738: somnium
narrat tibi. Sed postquam experrecta's, te prodigiali Iovi aut mola salsa
hodie aut ture comprecatam oportuit, Curc, 270, Tib., 3, 4, 9. —
397. istuc, il f a t t o , il sonno cioe coll'applicazione che esso aveva ricevuto per parte di Sceledro. — censebo, futuro di discrezione pari al nostro
« penserei, crederei », cfr. 1209: sperabo, Curc, 4, 2, 7: et commeminisse
ego haec volam te, Trin., 606: non credibile dices e Or., Ep., 1, 14, 44:
quam scit uterque, libens, censebo, exerceat artem. — facere, sc. me.
— certumst per certum est di A e certum di BCD. — 398. probri
col Camerario, per probi di A, prout di B e prodi di C D. — falso impune: i due avverbii sono qui entrambi giustificati, e non si avverte il
bisogno di espungerne uno sulla scorta del Eitschl, cfr. per una situazione
diversa Amph., 887: neque me perpetiar probri falso insimulatam. Dopo
queste parole Filocomasio rientra nelle sue stanze. —, 399. quid rerum,
cfr. Capt, 376: quid rerum agitem, Men., 764: quid siet rei. —gesserim
con A, Nonio, 203, 4 e l'ed. princ, per gesserit di B C D. — dorsus totus
con BC e Nonio, per dorsum diA, cfr. Trin., 1014. —prurit, cfr. Pers.,
131: scapulae pruriunt, Amph., 295: dentes pruriunt, Poen., 5, 5, 36:
num tibi malae aut dentes pruriunt? — 400. nunc con C D e Acidalio,
per num di A e sed nunc di B, derivato forse per dittografia da perisses
(—perisse). Io attribuisco queste parole: nunc quidem domi certost a
Palestrione, suirautorita di BCD; giacche non mi par verosimile riferire,
secondo la congettura dell'Acidalio accettata comunemente da tutti gli
editori di Plauto, anche queste parole a Sceledro, a causa sopratutto di
quella ripetizione certost: certa res, che e cosi strana sulla bocca di Sceledro, mentre invece e naturalissima, se egli ripiglia in tal modo il discorso di Palestrione, per rivolgerlo ad altro senso. — certost con A, per
certo di B C D. — quidem rinforza il significato di certo: poiche or
non vi pu6 esser dubbio nemmeno per te. — certa resest, cfr. 269:
s i , ripiglia Sceledro^ non vi pu6 esser d u b b i o , cioe io son deciso
a tener d'occhio la p o r t a ; giacch5 nel suo buon senso, quantunque
non sappia rendersi conto del fatto, d'altra parte non pud persuadersi di
MILES GLORIOSVS, ACT\ IT, 3 9 6 — 4 0 6
Sc.
77
Nunc nostrum obseruare ostium, ubiubist.
PA. At,
Sceledre, quaeso,
Vt at id exemplum somnium quamsimile somniauit,
Atque ut tu suspicatus es eam uidisse osculantem!
Nescio quid credam egomet mihi iam: ita, quod uidisse
eredo,
Me id iam non uidisse arbitror. PA. Ne tu hercle sero,
opinor,
405
Resipiscis. si ad erum haec res deuenerit, peribis piilcre.
essersi ingannato la prima volta. — doml} cfr. 364. —
401. ubiubist,
secondo la congettura del Bothe (si noti pero che gia il Grutero aveva
suggerito ubi ubi sit), che lo Studemund conferma pienamente colla lezione
deirAmbrosiano, alterata in ubisset in B C D. Sceledro non sa spiegarsi
Tapparizione di Filocomasio nelle due case del miles e di Periplecomeno,
e percid, restringendosi alla sua consegna, si limita a tener eVocchio la
casa del padrone. La frase ubiubist attesta la sua diffldenza, e stuonerebbe affatto colla prima affermazione: nune quidem domi certost, se
anch'essa dovesse riferirsi a Sceledro. — 402. at. Per porre un freno ai
dubbii di Sceledro, Palestrione lo richiama sul sogno raccontato da Filocomasio. — ad id exemplum ... atque ut — aeque ... atque « alla stessa
maniera... cosi come», cfr. per il primo termine 759, Merc.y 2, 1, 41:
verum ad hoc exemplum numquam (amavi) ut nunc insanio, per la ridondanza delPespressione usata nel secondo termine 1131 e Gas., 5, 1, 7:
nec fdllaciam astutiorem ullus fecit poeia atque ut haec est fabre facta
a nobis. — quam simile con A e il Camerario, per quia simile di B e
quasi simile di C D. II quam e una particella esclamativa affine 2\Vut,
con cui si congiunge assai comunemente in Plauto, cfr. Asin., 581: ut
adsimulabat Saurea med esse quam facetel Stich., 570: ut apologum
fecit quam fabre! Vid., 2, 20: in opus ut sese conlocavit quam citol e
Cic, Br.y 10, 39: videsne igitur, ut in ea urbe in qua et nata et alta sit
eloquentia, quam ea sero prodierit in lucem? Qui ci e un avanzo deH'antica costruzione paratattica e come nn preludid al significato intensivo che
puo assumere talora il quam in latino. — 403. es con B C D, e soppresso in A. — vidisse, sc. te, cfr. 230, 343, 404, 432. —
404. Questo
verso manca in B C D, e si deve alla perizia e cura con cui lo Studemund
attese alla ricostruzione dell'Ambrosiano. — iam fu soppresso dal Fleckeisen
come una dittografia o una inserzione impropria di quello che fa parte del
v. successivo. — ita « tanto e vero che », cfr. Trin., 28, 542. — 40/>. me
id iam con A, per meam di B e meeam di C D. — arbitror con A, per
arbitri di B e arbitraris di C D. — ne tu hercle, cfr. 573. — sero opinor
secondo la lezione che lo Studemund ricava da A, per opinor obsecro di
B C D e delFed. princ. — 406. resipiscis si con A, per resipisci di B e
respicis si di C D, cfr. il prov. sero sapis} e si noti che lo Studemund e
incerto tra la lezione resipiscis da me adottata e Taltra resipisces, che il
Ritschl ricavd daU'Ambrosiano. Palestrione accetta le parole di Sceledro
78
Sc.
PA.
Sc.
PA.
M. ACCI PLAVTI
Nunc demum experior mi 6b oculos caliginem obstitisse.
Dudum edepol planumst id quidem: quae hic usque
fuerit intus.
Nihil habeo certi quid loquar: non uidi eam, etsi uidi.
Ne tu edepol stultitia tua nos paene perdidisti: 410
Dum te fidelem facere ero uoluisti, absumptu's paene.
Sed fores uicini proxumi crepuerunt: conticiscam.
nei vv. 404-5 come una ritrattazione o, meglio, una prova di tardivo rinsavimento: dunque, per dio, tu cominci a r i n s a v i r e . — haec res
devenerit, colla cesura che coincide colla prima parte del verbo composto.
NeirAmbrosiano dopo res si legge ancora un prius come glossa o esplicazione
del successivo devenerit, adoperato evidentemente in antitesi con sero; ii
qual prius e passato anche in B C D ed ha richiamato ivi stesso accanto
a se Yob oculos del verso successivo, dando a questo in ricambio un prius,
che in realta non appartiene propriamente ne alPuno ne alValtro. L'emendazione di devenerit « capitera, arrivera » delPAmbrosiano in venerit, proposta dal Ritschl e accettata da tutti i piu recenti editori di Plauto (ad
eccezione deH'Ussing), oltre che rinunzia a dare una ragione plausibile
del prius, che per opinione concorde di tutti deve esser qui soppresso,
lascia poi affatto inesplicate le grafie creverit e pervenit che B e C D
danno al posto di quello (si ricordi lo scambio frequente che avviene in
questi codici tra cl e d). — peribis, per la trafila di perivis, e diventato
pervis in B C D. — pulcre, cfr. Bacch., 783: pendebit hodie pulcre, Curc,
214: pulcre occidi, Men.y 472: me ultus pulcre fuero. — 407. mi per
mihi di A e di Servio, ad Aen.y 1, 233 (nunc scio mihi): BCD sostituiscono al posto di esso, come gia si e avvertito, prius ob oculos. —
obstitisse con A e con Servio, per optingessint di B e optigisse di C D. —
nunc demum experior, « e questa la prova a cui riconosco alfine » d'essermi ingannato, esclama Sceledro in seguito alla minaccia di Palestrione.
— 408. dudum « da un pezzo » e contrapposto a demum. — planumst
id quidem con A, per planum hic quidem di B C D. — quae = quom ea,
cfr. 984. — hic con A e Camerario, per hinc di B C D. — 409. habeo
certi = scio. Sceledro, cessata la minaccia, tentenna ancora, o meglio ritorna al suo primo convincimento. — vidi eam col Camerario, per videam
di B C D , cfr. 533: etsi east non est ea. Da questo punto sino al 468 ci
vien di nuovo meno Faiuto deirAmbrosiano. — 410. ne tuy cfr. 471 e
Trin., 433. — nos col Camerario, per nostra di B C D , i. e. familiares,
cfr. 183, 312 — perdidisti col Cainerario per perdidit di B C D. —
411. te fat^re «mostrarti», cfr. 46, 1045 e 1244. — absumptu^s col
Bentley, per absumptus es di B C D. — 412. fores, cfr. 364. — crepuerunt con B, per concrepuerunt di C D.
Act. II, Scaen. 5. « Ex aedibus Periplecomeni Philocomasium egreditur alterius sororis personam agens, et, quasi nuper advenerit diisque
adventus causa sacrificatura sit, ancillam iubet ignem in aram ante aedes
positam inferre » Ussing. Si noti il tono solenne di questa preghiera e
Ponda di religiosita che spira da essa e che converte come in un tempio
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 407—421
75
PHILOCOMASIVM. PALAESTRIO. SCELEDRVS.
PH.
Sc.
Sc.
Inde ignem in aram, ut Ephesiae Dianae latas laudes
Gratisque agam eique ut Arabico fumificem odore amoene:
Quae me in locis Neptiiniis templisque turbulentis 415
Seruauit, saeuis fluctibus ubi sum adflictata multum.
Palaestrio, eho Palaestrio. PA. EJIO Seeledre, Sceledre,
quid uis?
Haec mulier, quae hinc exit modo, estne erilis concubina
Philoc6masium an non est ea? PA. Hercle opinor, ea
uidetur.
Sed f&ciiius mirumst, quo modo haec hinc hiic transire
potuit,
420
Si quidem east. Sc. An dubiiim tibist earn esse hanc?
PA. Ea uidetur.
la scena per se stessa tanto comica. La fattura artistica perfettissima di
questi versi e degna dei piu grandi maestri delParte della parola, cfr. del
resto Trin., IV, 1, Bud., IV, 2, 1-6, Stich., 402-7, P m , 753-6. - 4:13. inde [indo B), voce frequentemente adoperata da Plauto nel significato etimologico di « metter su », cfr. Stich., 5, 4, 26: decumum a fonte
iibi tute inde> Pseud., 3, 2, 42: cicilendrum quando inpatinas indidi. —
latas con B C D, per laeta che gli altri editori vi sostituiscono sulFes.
del Pareo; essendo scampata ai flutti del mare e alla tempesta, parmi piu
adatto alla circostanza il primo (larghe, copiose, a b b o n d a n t i ) anziche il secondo aggettivo (allegra). — laudesgratisque agere, cfr. Liv.,
7, 36, 7 e Tac, Ann., 1, 69. — dlk. arabico con C D e Serv., ad Georg.,
2, 115, per arabio di B. — 4:15. quae coired. princ, per qui di B C D.
— locis Neptuniis, cfr. Trin., 823 e Bud., 907: quom ex suis locis...
expedivit templisque reducem. — templis turbulentis, cfr. Ter., Eun., 590,
dove del pari templa = loca. — 417. eho ... eho col Bothe, per o ... o
(os B) di B C D. II secondo eho colla ripetizione del nome di Sceledro e
una splendida parodia delPesclamazione, che quegli fa alla vista di Filocomasio, e lascia trasparire la gioia mal repressa di Palestrione alla vista
del trionfo che si prepara ai suoi ingatmi. — 418. exit con C D, per
evexit di B. — 419. hercle opinor, cfr. Trin., 869. — 420. hinc huc
col Ritschl, per hic nunc di B C D. — potuit col Ritschl, per potuerit di
B C D. II Ribbeck attribuisce questo verso a Sceledro; pero egli e assai
piu verosimile, che Palestrione rifaccia per suo conto Fobiezione di Sceledro
del v. 379, a fine di mostrare la sua incertezza, la quale acquista maggior
consistenza merce della prop. ipotetica: si quidem east, che si attacca direttamente a facinus mirumst. — 421. tibist con C e Ped. princ, per
80
Sc.
Sc.
Sc.
PA.
PA.
M. ACCI PL.WTX
Adeamus, appellemus.
heus, quid istiic est, Philocomasium ?
Quid tibi istic in istisce aedibus debetur? quid negotist?
Quid niinc taces? teciim loquor. PA. Immo edepol tute
tecum:
Nam haec nil respondet.
Sc. Te adloquor, uiti probrique plena,
425
Quae circum uicinos uagas. PH. Quiciim tu fabulare?
Quiciim nisi tecum? PH. Quis tu homo's? aut mecum
quid est negoti?
Me rogas homo, qui sim?
PH. Quin ego hoc rogem
quod nesciam?
Quis ego sum igitur, si hiinc ignoras ? PH. Mihi odiosu's, quisquis es,
Et tu et hic. Sc. Non nos nouisti? PH. Neiitrum.
Sc. Metuo maxume . . .
430
Quid metuis? Sc. Enim ne nos nosmet perdiderimus
lispiam:
est tibi est di D e id est di B. — eam esse hanc con CD e l'ed. princ,
per eamessa et hec di B, derivato per la trafila di eamessethanc. — ea
videiur. Si noti che questo secondo ea videtur non ha alcuna traccia di
queirincertezza, che si e aggiunta al primo e che qui Palestrione maschera
assai accortamente. — 422. adeamus col Pilade, per at eamus di B C D
e delPed. princ, che potrebbe forse essere anche giusto. — quid istuc est
« che e questo che fai ». — 423. quid debetur « che faccende hai, che
cerchi», cfr. Trin., 893: quid tibi isti homines debent? — in istisce col
Seyffert, per insce di B e in hisce di C D. — quid negotistf cfr. 279. —
425. nil per nihil e di B C D. — probrique colPed. princ, per propinque
di BCD e probarique di Nonio 467, 23, cfr. Rud., 319: mali viti probrique plena. — 426. vagas con B e Nonio, per vaga es di C D = vagaris, cfr. 172. — 428. Ad indicare la sorpresa e la concitazione di
Sceledro, Plauto cambia il metro da giambico in trocaico. — rogas homo
colPAcidalio, per rogassem di B e rogas hem di C D. — quin, perche
n o n. — quod col Camerario, per qud di B e quoe di C D. — nesciam,
cfr. per Tattrazione del cong. v. 372. — 429. hunc col Pilade, per tu
hunc di B C D. — 430. non nos, cfr. Epid., 5, 1, 22: nonme novisti?
11 Ribbeck attribuisce queste parole, come anche le altre che seguono sino
al v. 432 (quid metuis 431 e naturalmente attribuito da lui a Sceledro),
a Palestrione invece che a Sceledro, il cui intervento apparisce a noi naturalissimo in questo punto. — 431. enim « veramente », cfr. 1020. —
MILES GL0RI0SVS, ACT. II, 4 2 2 — 4 3 8
Sc.
81
Nam nec te neque me nouisse ait haec. PA. Persectari
id uolo,
Sceledre, nos nostri an alieni simus: ne dum quispiam
Nos uicinorum imprudentis aliquis immutauerit.
Certe equidem noster sum. PA. Et pol ego. Sc. Quaeris
tu, mulier, malum.
435
Tibi ego dico: heus, Philocomasium. P H . Quae te in~
temperiae tenent,
Qui me perperam perplexo nomine appelles? PA. Eho,
Quis igitur uoeare? P H . AIKCUO; nomen est. Sc. lniiiriast.
nos, aggiunto col Bothe, e l'ogg., nosmet il sogg., cfr. Truc, 1, 1, 38:
quam rem fidemque nosque nosmet perdimus. Si noti che perdere qui
non vale « rovinare », ma « smarrire, perder Pessere », cfr. Amph., 1, 1,
300: ubi ego perii? ubi immutatus sum? ubi ego formam perdidi?
an
egomet me illic reliqu% si forte oblitus fui? ib., 2, 2, 215: Amphitruo's
profecto, cave sis ne tu te usu perduis. — 4=32- te ... me con B, per tete ...
meme di C D. — novisse, sc. se. — persectari con B C D, per perscrutari
delPed. princ. e perspectari proposto dal Brix, cfr. Cist., 180: ille extemplo
servolum iubet illum eundem persequi, si qua queat reperire quae sustulerit. — id col Bugge, sulPanalogia del 408 e 960, per hic di B C D e
hoc del Bothe. Palestrione continua lo scherzo fatto da Sceledro circa la
loro identita con se stessi. — 433. nostri, se a p p a r t e n i a m o a n o i
s t e s s i , cfr. 352. — ne dum con B C D e l'ed. princ, per ne clam che vi
sostituiscono gli altri editori, suires. del Bothe, « purche, se pure, a patto
c h e n o n » . — quispiam... aliquis, con una ridondanza comune affatto allo
stile di Plauto, cfr. Asin., 779: ne quid sui membri commoveat quicquam
in tenebris. — 4=35. noster e non meus, perche il servo non pu6 parlare
se non in nome della familia a cui appartiene. — quaeris (coll'ed. princ,
per quaeres o queraes di B C D) malum attribuiamo col Eitschl a Sceledro invece che a Palestrione, cfr. per il significato di malum n. a 276.
— 4:36. intemperiae = insania, sui impotentia, cfr. Aul., 642: larvae
hunc atque intemperiae insaniaeque agitant senem. —
437.
perplexo
« alterato, falso, guasto, inintelligibile », cfr. Aul, 252: perbum perplexabile, e quanto alTavv. perperam, che vi e accoppiato, cfr. 1017: firme
fidus. — 438. quis vocare = quo nomine vocaris, cfr. per quis femm.
n. 363, 809, 927, 971. Questa interruzione ci sembra piu naturale da parte
di Palestrione anziche di Sceledro, in quanto serve a ravviare il discorso
e a preparare la desiderata soluzione. Egli e percio che noi non accettiamo
Temendazione del Ritschl, che sostituisce a questo punto al nome di Palestrione, dato dai codici, 1'altro di Sceledro. — AIKCUG: sostituiamo collo
Spengel al dicere di B C D , che ipoteticamente potrebbe benissimo far le
veci di clicere (Glycerae), se la duplice ripetizione della voce iniuria non
ci rendesse sicuri, che qui il poeta scherza appunto su una parola che implica il concetto di giustizia e il suo contrario. Preferiremmo perd, tanto
PLAUTO, Miles Gloriosus,
comm. da E. COCOEIA.
6
82
PH.
M. ACCI PLAVTI
Falsum nomen possidere, Philocomasium, postulas.
"A&IKOC; es tu non biKcria et meo ero facis iniiiriam.
440
Egone? Sc. Txrne. PH. Quae heri Athenis Ephesum
adueni uesperi
Cum meo amatore, adulescente Atheniensi? Sc. Dic mihi,
Quid hic tibi in Ephesost negoti? PH. Geminam germanam meam
Hic sororem esse indaudiui: eam ueni quaesitiim.
Sc. Mala's.
qui come nel verso successivo, di sostituire alla greca la scrittura latina
dicaeae, come quella crie per la trafila di dicee puo rendere piu facilmente
conto della lezione dicere, se altre considerazioni non ci dissuadessero dal1'adottarla. — Iniuria est, i. e. nomen tibi, coi codici e Ted. princ. in
luogo di iniuria esf proposto dal Dousa e accettato da tutti gli altri editori di Plauto. L'aggettivo iniurius ricorre ancor dieci volte in Plauto, e
qui e adoperato bellamente a sostituir l'dbiK0<; greco, cioe colui che fa
torto, cfr. Curc, 1, 1, 65: iniuritis, Aul, 4, 7, 19: iniuriumst.— 439.postulas = vis. — 4:4:0. "A6IKO<; es tu non biKaia per adice (t)estu non
dica(t) ei di B C D, secondo una felicissima congettura dello Spengel, che
e veramente deplorevole non sia stata accettata nella pregevolissima e recente edizione del Goetz, il quale sostituisce stranamente: abi picra's tu
non clucidata (inverosimile e del pari la congettura dell'Hasper dYKXuK^
es tu non Y^UKeia). Ad dbiKo^ preferiremmo di sostituire coll'Ussing adice,
secondo la lezione dei codici, se per ammettere questa forma latineggiante
non ci convenisse invocare 1'iato dopo il prirno piede. Si noti perd che
d'una forma latineggiante fa fede anche dicat ei, se deriva, come io credo,
per mezzo di un accomodamento sintattico, da dica ea (dicaea). — ero.
Dopo questa parola nei codici sMncontra un non, per influenza forse del
primo emistichio. Questa rientrata di Sceledro e naturalissima, anzi e provocata dalFinterruzione di Palestrione, il quale da questo punto si ritira
quasi dalla scena e non ritorna in azione se non al v. 449, dietro invito
del suo compagno. — 441. tune col Ritschl, per tu di B C D e tute
proposto dal Camerario, cfr. n. Trin., 634. — quae. Si noti Piato dopo il
pronome, che il Miiller credeva di evitare colla sostituzione di quaene a
quae. — Ephesum e in Plauto meno frequente di in Ephesum, come
anche Ephesi e Epheso di fronte a in Epheso e ex Epheso, cfr. pero
976-7. —
443. quid hic, cfr. 960. II Dziatzko sospettava che questa
domanda partisse da Palestrione; per6, non interessando essa affatto al1'intrigo e, d'altra parte, risultando cosi naturale dopo la dichiarazione di
Pilocomasio, a me pare di doverla conservare suH'autorita dei codici a Sceledro,
come una novella prova del suo huon senso. — geminam e trasformato in
B in age ninam. — 444. indaudivi col Bothe, per inaudivi di C D e
audivi di B, cfr. 213. — veni con 0 D e Ped. princ, per venio di B, —
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 4 3 9 — 4 5 1
83
f
PH.
PA.
PH.
Immo ecastor stulta multum, quae uobiscum fabulem.
445
Abeo. Sc. Abire non sinam te. PH. Mitte. Sc. Manufestaria's:
Non omitto. PH. At iam crepabunt mihi manus, malae
tibi,
Nisi me omittis. Sc. Quid, malum, astas? quin detines
altrinsecus ?
Nil moror negotiosum mihi esse tergum. qui scio
An ista non sit Philocomasium atque alia eius similis
sit?
450
Mittis me an non mittis? Sc. Immo ui atque muitam
ingratiis,
mala, cfr. 190, e contrapposto a stulta (445). — 445. fabulem con B CD,
cfr. 172. — 446. abire con C D e Ped. princ, per auira di B. — mitte,
i. e. manu, « lasciami». — manufestaritis col Ritschl, per manufestaria
res est di B C D , cfr. Aul, 469: furem manufestarium. — 447. mihi
manca affatto in C D ed e stato spostato da prima di iam, dove lo conserva B, innanzi a manus dal Bothe, sia per ragione del metro, sia per il
chiasmo che ne deriva con malae (male BCD), « quibus alapam minatur »
(Uss.). — 448. malum e un'imprecazione pari al nostro « mannaggia » =
« male n'aggia », cfr.Tnw., 531. — quin colFed. princ, per qui di B C D.
— detines con C D (detenes B); per retines che vi sostituisce il Pilade,
« trattieni», e detto in relazione speciale colla minaccia di Filocomasio,
ma si riferisce poi anche al proposito espresso da Sceledro nel v. 446. —
altrinsecus con D e Ped. princ, per adtrinsecus di C e alteris insecus
di B. — 449. nil moror (per nihil m. di B C D), « non m'impaccio, non
desidero, non voglio ». — negotiosum ha relazione colla frase negotia facessere o exhibere « creare impicci», e vale « non voglio che le mie spalle
abbiano a trattare o a far conoscenza colle verghe ». — qui scio e identico
nel significato a nescio ed e costruito analogamente ad esso, cfr. Most, 58:
qui scis an tibi istuc prius eveniat quam mihi? — 450. atque, i. e.
atque an « ovvero se, ma », cfr. Cas., 3, 3, 12: metuo ne non sit surda
atque haec audiverit e 2, 7, 8. Si noti Tiato dopo la cesura, che il Ritschl
cerca di evitare colPinversione similis eius e il Goetz colPaltra eius alia.
— 451. mittis coi codici, per mittin che vi sostituisce il Fleckeisen,
poiche qui 1'interrogazione fa semplicemente le veci dell'imperativo. — invitam colPed. princ, per vita di B C D, — ingratiis, con C D (ingratis B),
e sempre qnadrisillabo in Planto e vale « contro il volere », cfr. per la ridondanza delFespressione^ affatto propria del latino volgare, 708,1223,1246.
84
Sc.
Sc.
PA.
M. ACCI PIAVTI
Nisi uoluntate ibis, rapiam te domum. PH. Hosticum
hoc mihi
Est domicilium, Athenis domus est atque erus. Ego
istam domum
Neque moror neque uos qui homines sitis noui neque
scio.
Lege agito: te niisquam mittam, nisi dasfirmatamfidem,
455
Te huc, si omisero, intro ituram.
PH. Vi me cogis,
quisquis es.
D6 fidem, si omittis, isto me intro ituram quo iubes.
Ecce omitto. PH. At ego abeo missa. Sc. Muliebri
fecit fide.
Sceledre, e manibus amisisti praedam: tam east quam
potis
— 4:52. voluntate ibis col Camerario, per voluptaie ibi di B C D , cfr.
Stich., 63: nec voluntate id facere meminit. — hosticum col Lipsio, per
hostium di B C D = peregrinum, cfr. Trin., 102 e Varr., 1.1, 5, 3: «multa
verba aliud nunc ostendunt, aliud ante significabant, ut hostis; nam tum
eo verbo dicebant peregrinum, qui suis legibus uteretur, nunc dicunt eum
quem tum dicebant perduellem ». — 453. est domicilium con C D, per
domicilium est di B; cfr. per la differenza tra domus e domicilium, Lambino: « domicilium nobis esse potest etiam in alienis atque externis locis,
domus in patria tantum ». — atque erus per ac erus di C D e acherusa
di B. II Ritschl, sull'es. del Bothe, sostituisce at erus hicf riferendo tali
parole a Sceledro. Tale congettura, sebbene accettata da tutti quanti gli
editori del Miies, a noi sembra affatto inverosimile. —
454. moror
« mi curo, ho che farmi di, ho che vedere con ». — qui homines con iato,
che il Guiet evita coll'inversione sitis homines e il Ribbeck -colla sostituzione di quis o ques a qui. — neque novi neque scio, cfr. 1350: metuo et
timeo. — 455. lege agito « dicebatur ei, cuius intentio (accusa) contemptibilis adversario videbatur », Don., ad Ter. Phorm., 5, 8, 91 e Liv., 26,
15, 9. 16, 3, cioe r i c o r r i in t r i b u n a l e . —nusquam «in nessun luogo »,
cioe nemmeno innanzi al giudice, cfr. Most, 857 e Cish, 530: hinc nusquam dbiit. — firmatam, i. e. iureiurando, « la sacra promessa», cfr.
Ter., Andr., 462: firmare fidem. — 456. si omisero con C, per suo miserat di B e sic misero di D. — huc, cioe nella casa del miles. —
458. fecit col Ritschl, per feci di B e fecisti di C D, cioe essa e venuta
meno alla sua parola, affidata forse dal fatto d'aver confessato, che cedeva
alla violenza, facendo tale promessa. — 459. e aggiungiamo col Fleckeisen, in conformita delVuso cQmune latinq. -=r praedam anche altyove si
MtLES GL0RI0SVS, ACT. It, 4 5 2 — 4 6 7
Sc.
PA.
Sc.
PA.
85
Nostra erilis concubina. uin tu facere hoc strenue?
460
Quid faciam? PA. Ecfer mihi machaeram huc intus.
Sc. Quid facies ea?
Introrumpam recta in aedis: quemque hic intus uidero
Cum Philocomasio oseulantem, eum ego 6btruncabo
extempulo.
Visanest ea esse? PA. Immo edepol plane east. Sc. Sed
quomodo
Dissimulabat. PA. Abi, machaeram huc ecfer. Sc. Iam
faxo hic erit.
465
Neque eques neque pedes profectost quisquam tanta audacia,
Qui aeque faciat confidenter quicquam quam mulier
facit.
trova riferito da Plauto a persona, cfr. Pers., 4, 5, 10: praeda progreditur
foras. — tam east quam potis col Camerario, per tam ea si queam potis>
i. e. t. e. q. potis est fieri « essa e realmente per quanto e possibile esserlo »,
cio5 sicuramente. Le parole tam... concubina sono nei codici attribuite
a Sceledro, ma appartengono invece, come ben videro il Pontano e FAcidalio, a Palestrione, il quale motiva in questo modo il concetto innanzi
espresso colla voce praeda; e, mostrandosi, d'altra parte, cosi sicuro della
identita della donna vista con Filocomasio, prepara lo scioglimento delTintrigo. — 460. nostra erilis = nostri er% cfr. Trin., 602. — vin ...
strenue attribuiamo a Palestrione con B C D. — hoc (B C D), alla maniera
solita dei comici, e riferito da Plauto per prolessi al pensiero che non ha
ancora espresso: il Lorenz, d'accordo col Miiller, vi sostituisce senza bisogno
hic. — strenue « rapidamente, in tutta fretta », cfr. Poen., 1, 2, 193:
i ergo strenue, Aul, 2, 2, 86: propera strenue. — 4:61. ecfer... intus.
Queste parole sono attribuite a Sceledro in B C D, e vi si invertono poi per tal
modo successivamente le parti fra i due interlocutori, sino ai v. 465: perd,
poiche il v. 471 mostra a chiare note che e Sceledro quello che va in casa
a togliere la spada del m i l e s , necessita vuole che questo comando sia
posto sulla bocca di Palestrione, come gia acutamente pel primo osserv6
1'Acidalio. — intus « di dentro », cfr. 1171, 1199. — 462. dedis, i. e.
Periplecomeni. — quemque = quemcumque, cfr. 156. — 463. extempulo col Camerario, per extemplo di B C D, cfr. 892. — 465. abi, cfr. 364.
— iam «subito», cfr. 539 e Pseud., 561: iam hic ero. Si noti la paratassi: faxo...erit.—
466. Mentre Sceledro e dentro, Palestrione pronunzia questo monologo. — profectost col Ritschl e col Kampmann, per
profectos di B e praefectus di C D. — 467. aeque e trattato da Plauto
86
Sc.
Sc.
PA.
Sc.
M. ACCI PLA.VTI
Vt utrobique orationem docte divisit suam:
Vt sublinitur 6s custodi cauto, conseruo meo.
Nimis beat, quod commeatus transtinet trans parietem.
470
Heiis, Palaestrio, machaera nihil opust. PA. Quid iam
haiid opust?
Domi eccam erilem concubinam. PA. Quid, domi?
Sc. In lecto cubat.
Edepol ne tu tibi malam rem repperisti, ut praedicas.
Quid iam? PA. Quia hanc attingere ausu's miilierem
hinc ex proxumo.
come un agg. comparativo e costruito, in eonformita di questi, con quam
o colFabl., cfr. Stich., 217, 274, Amph., 1,1, 137: nullus hoc meticulosus
aeque. La prima costruzione e sempre usata nelle prop. di significato negativo. — confidenter e quasi sempre adoperato da Plauto nel significato
secondario di « sfacciatamente », cfr. Trin., 201. — quicquam quam mulier
facit con Luchs, ^Qvquiquam quam mulieres faciunt di B C D , dove mulieres e evidentemente una glossa del significato collettivo del sing. mulier,
conforme all'uso plautino (cfr. 309, 888, 895, 1293, 1295) e qui richiesto
dalFantitesi coi nomi coliettivi pedes e eques, cfr. anche, per una congettura affatto identica del Bothe, Most., 1, 3, 13: non vestem amator mulieris amat, sed vestis fartum. — 468. docte divisit suam con L. MtLller,
per ducta ediuit uttuam di CD e ducta duit intuam di B, oh come
ella r a p p r e s e n t o hene le due p a r t i ! L'emendazione adottata non
puo dirsi sicura e fa prova di quelle difficolta insanabili, in cui la critica
plautina si ahbatte, quando e sfornita del sussidio deH'Ambrosiano, che
ricomincia col v. successivo. — 469. sublinitur os custodi cauto con A
e l'ed. princ, per subliniturus custodiit cauto di C D e sublinitur os custodi ut cauto di B, cfr. 111, 153, Verg., Buc, 6, 22, Petron., Sat., 22.
La congettura del Bugge incauto per cauto non e invero appropriata alla
condotta di Sceledro. — 470. beat, impers. = iuvat, iucundum est, cfr.
Oapt, 1, 2, 34 e Or., Epist, 2, 2, 121. — transtinet = transversus patet,
cfr. 30 e Stich., 452: per hortum utroque commeatus continet. In questo
senso nei classici ricorre soltanto pertinet. — trans con A C D, per tam
di B. — 471. haud opust con L. Miiller, per haud quid opus est di
B C D e autquidst di A, accettato dal Ritschl. — 473. edepol ne, cfr.
410. — malam rem = malum, cfr. 276, 435. — ut praedicas « se debbo
giudicare da quel che tu dici »,cfr. Trin., 887, Eud., 138: utverbapraehibes = ut te audivi loqui, ut rem narras, ut verba audio, quantum audio.
~ 474. quid iam con A B, per qui iam di C D. — quia hanc, cfr. 324,
834, 958, 1271. — hinc ex proxumo con A, per hic in proxumo di BCD,
che e derivato dalla falsa considerazione, che questa frase si riferisse ad
attingere, mentre invece e semplicemente un attributo di mulierem. —
MILES GL0R10SVS, ACT. II, 4 6 8 — 4 8 2
Sc.
87
Magis hercle metuo.
sed numquam quisquam faeiet
quin soror
475
Istaec sit gemina hiiius. PA. Eam pol tu ausculantem
hic uideras:
Id quidem palamst eam esse ut dicis. Sc. Quid propiiis fuit
Quam lit perirem, si elocutus essera ero? PA. Ergo si
sapis,
Miissitabis. plus oportet scire seruom quam loqui.
Ego abeo a te, nequid tecum consili commisceam, 480
Atque apud hunc ero uicinum: tuae mihi turbae non
placent.
Erus si ueniet, si me quaeret, hic ero: hinc me arcessito.
475. sed...huius riferiamo a Sceledro con BCD e il Ritschl, invece che
a Palestrione col Goetz e sulPautorita di A. Egli e Sceledro, che, dopo
aver acquistato coscienza del suo fallo, cerca un attenuante ad esso nelTidentita delle due gemelle, che nessuno potra mai negare. — 476. istaec
con A, per ista di BCD, fungeda sogg., costei cioe che e in casa
di P e r i p l e c o m e n o , e si trovava quindi piu vicina a Palestrione; huius
cioe Pilocomasio, dalle cui stanze Sceledro usciva proprio in quel momento.
— gemina con A, per germana di B C D. — eam, monosillabo, si riferisce
a istaec. — ausculantem scriviamo anche qui a causa de\Voscultantem
di A (Studemund). — liic, dice anche qui Palestrione in relazione colla
casa di Periplecomeno, cfr. 474. — 477. id... dicis, con B C D, riferiamo
a Palestrione, qual complemento necessario del pensiero espresso nel precedente emistichio. — id con A, per et di B C D e deli'ed. princ. — esse
ut dicis, i. e. sororem geminam. — quid, con B C D, va riferito a Sceledro.
— 478. elocutus con A (Stud.), per locutus di B C D, « partecipato »,
cfr. 85. — essem con A B, per fuissem di C D. — 479. mussitabis « farai
il muto, starai zitto », cfr. 311 e 714. — loqui, cfr. Epid., 59:plus scire
satiust quam loqui Servum hominem: ea sapientia est. — 480. a te
con A, per te di B e aps te proposto dallo Studemund. — commisceam,
non voglio cio5 accettare la responsabilita della risoluzione che tu sarai
per prendere, cfr. Rud., 487: nam si quis cum eo quid rei commiscuit.—
481, apud hunc con A B C. — ero, con A (Stud.), manca affatto in B C.
Palestrione va in casa di Periplecomeno, sotto finta di vedere se Patto di
Sceledro ha iriesso la casa a rumore. — turbae « intrighi, guai, grattacapo, garbugli». — 482. quaeret con A, per quaerit di B C D. — hinc
con A e il Pio, per hic di B C D.
88
M. ACCI PLAVti
SCELEDKVS. P E R I P L E C O M E N Y S .
Sc.
PE.
Sc.
Satin abiit ille nee erili negotio
Plus curat quasi non seruitutem seruiat?
Gerto illa quidem hic nunc intus est in aedibus: 485
Nam egomet cubantem eam modo offendi domi.
Certiimst nunc obseruationi operam dare.
Non hercle hisce homines me marem, sed feminam
Vicini rentur esse serui militis:
Ita me ludiflcant. meamne hic in uia hospitam, 490
Quae heri hiic Athenis cum hospite aduenit meo,
Tractatam et ludificatam, ingenuam et liberam?
Perii hercle: hic ad me recta habet rectam uiam.
Act. II, Scaen. 6, v. 4:83. satin = satisne est abiisse « non basta che
egli» ecc, cfr. Most, 1. 1, 73: satin abiit neque quod dixi flocci existumat. — erili negotio col Brix, per ragione del metro, sulFanalogia
del Trin., 1057, Eud., 146 e Truc% 138: alienis rebus curas, in luogo di
erile negotium che si legge in A B C D ; cfr. anche i costrutti arcaici vitabis mdlo o infortunio e il dat. con auscultare in 498. — £84:. quasi
con A B e Acidalio, per quam si di C D e deH'ed. princ, a cui corrisponde
tanto per Torigine come per il significato, cfr. Trin., 265: peius perit
quasi saxo saliat; Aul., 231: tu me bos magis haud respicias, gnatus quasi
numquam siem; Gurc, 51: tam a me pudicast quasi soror mea sit; Cas.,
pr. 46: quasi esset ex se nata, non multo secus. — servitutem collo Scutario
e sull'analogia del Trin., 302, per servitute di A B (servite C D), che potrebbe essere anche giusto. — 485. illa quidem con A, per quidem illa
di B C D. — hic... in aedibus con A C D, per hinc ... pedibus di B. —
485. egomet cubantem eam (bisillabo) modo con A e il Bothe, per ego et
cubante mea domo di B ed ego excubantem ea domo di C D. — offendi
con C D, per offendam di A e ostendi di B. — repperi= KaTe\a$ov. —
487. Si noti la mancanza della cesura, provocata dalla lunghezza della
parola observationi. — 488. non appartiene a marem, cfr. Bacch., 845:
non me arbitratur militem sed mulierem e Capt., 578. — hisce homines ha
senso dispregiativo, cfr. 376, 428. — me marem sed con A C D, per memorem sed te di B. — 490. meamne in via col Camerario, per meamne
invitam di A e meamane ...invita di BCD. — 492. iractatam et ludificatam, i. e. esse, con A per tractata et ludificata ingenua et libera di
B C D: inf. interrogativo, come espressione dello sdegno onde e invaso
Periplecomeno. — tractatam « maltrattata », cfr. 446, 511. — ingenuam,
cfr. Arg., II, 1. — 498. habet rectam viam con A e il Camerario, per
habit (habet B) recta via di B C D , cfr. Pseud., 1137: hic quidem ad me
MlLES GL0RI0SVS, ACT. II, 483—505
PE.
Sc.
Sc.
Sc.
89
Metuo illaec mihi res ne malo magno fuat,
Quantum Mnc audiui facere uerboriim senem.
495
Accedam ad hominem. tiin Sceledre hic, sceleriim caput,
Meam liidificauisti hospitam ante aedis modo?
Vicine, ausculta quaeso. PE. Ego auscultem tibi?
Expurgare uolo me. PE. Tun te expurges mihi,
Qui facinus tantum tanique indignum feceris?
500
An quia latrocinamini, arbitramini
Quiduis licere facere uobis, uerbero?
Licetne? PE. At ita me di deaeque omnes ament,
Msi mihi supplicium uirgarum de te datur
Longiim diutiniimque a mane ad uesperum:
505
recta habet rectam viam e Trin., 868. —
494. mah magno, meno comune di magnum malum, indica la punizione dei servi, che consisteva
nella sferza e nel flagello, cfr. 533, 586, 863. — 495. quantum audivi,
cfr. 277, 473. —- 496. accedam, s'intende verso la casa del miles: col
Camerario facciamo cominciare dal principio del v. le parole di Periplecomeno. — hic va congiunto con ante aedis, cfr. Most., 6. — scelerum e
considerato da Servio ad Aen., 9, 486 come un agg. che faccia le veci di
sceleratum (cfr. Pers., 2, 2, 2: verbereum caput), sull'autorita molto dubbia
dello Pseud, 3, 2, 28: teritur sinapis scelera. Pero il confronto con Eud.,
4, 4, 55: scelerum caput Ut tute's item omnis censes esse periuri caput
ci avverte che qui scelerum e un gen. astratto adoperato in luogo del
nome concreto e corrisponde al nostro « capo dei birboni ». — 497. ludificavisti con A B, per ludificasti di C e ludifivisti di T>. — 498. auscultem tibi, cfr. 484 e Trin., 662: Sceledro intendeva dire semplicemente
ausc. me, giacche ausculto col dat. vale propriamente « obbedire ». Periplecomeno completa in questo senso le parole di Sceledro, per dar sfogo
piu forte alla sua finta ira. — 499. tun con A e Camerario, per tune
di B C D: accettiamo integralmente per il resto del v. la lezione di
A B C D , che non ci regge punto Panimo di mutare colla sostituzione di
expurigare ed expuriges e Tesclusione del mihi suggerita dal Ritschl. —
501. latrocinamini = militamini, milites mercenarii estis, cfr. Xarpeueiv,
latronem suam qui auro vitam venditat e XoVrpov = merces. — 503. Ucetne, sc. loqui, cfr. Ter., Andr., 893: licetne pauca? — 504. supplicium
virgarum con B C D e l'ed. princ. (manca dal v. 503 sino al 540 il sussidio dell'Ambrosiano), per virgeum sostituito dal Ritschl, sull'esempio del
Guiet e del Bentley, cioe la punizione piu blanda inflitta agli schiavi per
mezzo delle virgae ulmeae (ferula, fustes): una punizione piu severa o si
infliggeva coi lora (habena, scutica), o pure col flagrum o flagellum —
supplicium stimuleum 513. — de te datur, cfr. As., 481: dabitur supplicium mihi de tergo nostro. Tibi quidem de nobis detur supplicium? —
90
Sc.
M. ACCI PLAVTI
Quod meas confregisti imbrices et tegulas,
Ibi diim condignam te sectatu's simiam:
Quodque inde inspectauisti meum apud me hospitem
Amplexum amicam quom osculabatiir suam:
Quod concubinam erilem insimulare ausus es
510
Probri pudicam meque summi flagiti:
Tum quod tractauisti hospitam ante aedis meas:
Nisi mihi supplicium stimuleum de U datur,
Dedecoris pleniorem erum faciam tuom,
Quam magno uento plenumst undariim mare.
515
Ita siim coactus, Periplecomene, ut nesciam,
Ytriim me e^postulare tecum aequom siet,
An, si istaec non est haec quae prius uisast mihi,
Me expurgare haec tibi uidetur aequius:
506. imbrices, cfr. n. Arg., I, 8. — 507. condignam te — tui similem,
cfr. Amph., 537. — sectatu's con B C D, Brix cd Ussing, per sectaris
dell'ed. princ, cfr. 287. — 509. amplexum con B C D e l'ed. princ, per
amplexus del Guiet e amplexam del Bothe, e apposizione di hospitem. —
amicam suam e &TU6 KOIVOO oggetto tanto di amplexum come di osculabatur (i. e. eam). — 510. quod col C per quodque di B D. —
511. summi flagiti = summae turpitudinis, facti turpissimi. — 512. tractavisti = attrectastiy cfr. 492. -— 513. nisi ripiglia il nisi del v. 504,
minacciando, come 4 naturale, dopo V enumerazione dei torti di Sceledro,
una pena piu grave della prima. — mihi... de te datur col Lambino, per
tibi dedatur di C D e dell'ed. princ. e te datur di B. — stimuleum, i. e.
quod stimulis infligitur, cfr. ulmeus, verbereus, pugneus, ecc. — 514. dedecoris pleniorem, cioe per mezzo di pubblici improperii ed ingiurie (convicium, pipulus, cfr. 584), cfr. Aul, 2, 2, 31: te iam, nisi reddi mihi vasa
iubes, pipulo hic differam ante aedis. — 515. vento plenumst col Pilade,
per ventum plenus di B C D. — magno vento, abl. di causa « in seguito
ad un gran vento ». — 516. coactus =^ in angustias redactus, cfr. Ter.,
Heaut, 669: ita hac re in angustum oppido nunc meae coguntur copiae.
— 517. expostulare col Ritschl, perpostulare di B C D, i. e. concertare
verbis et contendere conquerendo. — tecum, e preceduto nei codici da
prius, che trasportiamo d'accordo collo Btudemund nel v. successivo. —aequom siet col Camerario, per aequom sit di B e aequomst di C D. —
518. an si col Ritschl, per nisi di B C D e delPed. princ. — istaec =»
hospita, haec == Philocomasium. — quae prius visast collo Studemund,
per neque istast di B C D. — 519. me expurgare con iato nel primo
piede, che il Bothe evita colla sostituzione di med a me (ma B) e il
Ritschl merce della forma expurigare. — videtur coi mscr., per videatur
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 5 0 6 — 5 2 9
Sc.
Sc.
91
Sicut etiam nunc nescio quid uiderim:
520
Itast ista huius similis nostrai tua,
Siquidem non eademst. PE. Vise ad me intro: iam scies.
Licetne? PE. Quin te iiibeo: ei, placide noscita.
Ita facere certumst. PE. Heiis, Philoeomasiiim, cito
Transcurre curriculo ad nos: ita negotiumst.
525
Post, quando exierit Sceledrus a nobis, cito
Transcurrito ad uos riisum curriculo domum.
Nunc pol ego metuo, ne quid infuscauerit.
Si hic non uidebit miilierem... Aperitiir foris.
che vi sostituisce il Becker, sulFes. del Camerario. L/alternarsi del raodo
indicativo col congiuntivo e provocato non meno dalla presenza di un indic.
nella prop. incidente, come dal desiderio di Sceledro di fare apparire la
seconda ipotesi come la vera, ed b conforme in ogni caso alFuso plautino,
cfr. Pers., 4, 3, 45: nescis quid te instet boni Neque quam tibi fortuna
faculam lucrifera adlucere volt; Most, 1, 3,42: rem vide quae sim et
quae fui ante; ib., 4, 2, 53: scio qua me ire oportet et quo venerim novi
locum; Cist., 1, 1, 59: eloquere et quid tibi est et quid velis. — 520. sicut,
al pari di ut, e messo in relazione coWita del v. 515, e corrisponde al
nostro « cosi per esempio », cfr. 976, Men., 4, 2, 20: sicut me hodie nimis
sollicitum cluens quidam habuit, Most., 373, Epid., 273, Pseud., 374. —
321. itast ista con C D, per istas di B. — nostrai col Ritschl, per nostrae
di B C D. — 522. siquidem « se pur », cfr. 158. — vise ad e trasformato curiosamente in qui sedeat in B. — 523. Ucetne, i. e. visere. — quin
col Lipsio, per nequin di B C D, sorto evidentemente per dittografia. —
iubeo col Camerario per iuveo di CD e viveo B. — ei col Brix, per et
di B C D, e la grafia arcaica dell'imp. di ire, spesso scambiata nei codici
colla congiunzione copulativa, cfr. 813, 1363. — placide noscita « assicuratene a tuo belFagio ». — 524:. Mentre Sceledro entra in casa di Periplecomeno, questi si accosta alla casa del m i l e s , e stando sulla porta
invita Filocomasio a compier Topera delle sue trasformazioni, cioe a cambiare momentaneamente di domicilio. — 524. transcurre... ad ...negotiumst colFed. princ, per transcurrere... at... negotiis di B C D. — curriculo vale cursu e rinforzato da cito si potrebbe tradurre « a tutta corsa,
in tutta fretta », cfr. Trin., 1103: unum curriculum face, Stich., 2, 2,13:
ita celeri curriculo fui propere a porta. — ita negotiumst « e questo quel
che devi fare », cfr. 818. —
527. rusum con D, per rursum di B C ,
cfr. 594, 775. — 528. infuscaverit, sc. ea « 8'imbrogli, s'impapini, faccia
una frittata», cfr. Gist., 19: raro enim dabat quod biberem et merum
infuscabat « annacquava ». — 529. si hic non videbit mulierem, avrebbe
voluto aggiungere Periplecomeno — secondo congettura il Ritschl —
omnis res erit palam; sennonche egli non ha nemmeno il tempo di pronunziare queste parole, che gia Sceledro e di ritorno, ad annunziare il
miracolo compiuto da Filocomasio. L^Ussing non ammette questa inter-
92
Sc.
PE.
PE.
PE.
PE.
M. ACCI P I A V f l
Pro di immortales, similiorem mulierem
530
Magisque eandem, utpote quae non sit eadem, non reor
Deos facere posse. PE. Quid nunc?
Sc. Commerui
malum.
Quid igitur? eanest? Sc. Etsi east, non est ea.
Vidistin istam? Sc. Vidi et illam et hospitem
Complexum atque osculantem. PE. Eanest? Sc. Nescio.
535
Vin scire plane? Sc. Ciipio. PE. Abi intro ad uos
domum
Continuo: uide sitne istaec uostra intiis. Sc. Licet:
Pulcre admonuisti. iam ego ad te exibo foras.
Numquam edepol hominem quemquam ludiiicarier
Magis facete uidi et magis miris modis.
540
ruzione nel corso dei pensieri di Sceledro, e immagina che il sogg. di mfuscaverit (intrans.) sia quid, e che si hic non videbit sia la protasi
di un periodo ipotetico, di cui infuscaverit sia 1'apodosi. SennonchS la relazione dei tempi (fut. sempl. e fut. anteriore) sarebbe affatto invertita e
verrebbe a mancare alla frase aperitur foris, spiegabilissima come interruzione, quel sed da cui e sempre accompagnata, dopo un pensiero compiuto. — foris colla seconda mano di B (Camerario ?), per fobis di B C D,
alterato in dolus nelFed. princ. — 531. utpote quae non sit eadem col
Camerario (identico ancor qui alla seconda mano di B), per ut potequae
nos it eadem di B CD, == quae quidem, licet ea ecc. cfr. Bud., 2, 5, 5:
satis nequam sum utpote qui hodie amare inceperim, Bacch., 3, 4, 13:
amo hercle opino, utpote quod pro certo sciam. — reor coired. princ, per
reo di B C D. — 532. quid nunc « che pensi tu ora, che puoi dire a
tuo riguardo »; cfr. 343, 546. — commerui malum colPed. princ, per commerumalum di B C D. — 533. eanest, sc. vestra. Si noti il modo come
Sceledro evita di dare una risposta precisa, e 1'incertezza in cui si chiude
da ultimo. — east coll'ed. princ, per aest di B C D. — 534. vidistin
istam colFed. princ, per vidisti inistam di C D e vidistin eam di B. Poiche
Sceledro ha elusa la prima domanda, espressa per mezzo di ea, Periplecomeno lo incalza in modo piu preciso, per mezzo dellVsta, cioe costei
che hai v e d u t a or ora. Sennonche Sceledro raccoglie anche ora il suo
pensiero in quell'equivoco illa, aifatto incerto nella sua relazione; —
535. complexum colFAcidalio, per complexam di B C D. — eanest incalza
ancora Periplecomeno, sc. vestra. — 536. vin...plane colPed. princ, per
vim ... abit di B C D. — 537. Dopo istaec (ista haec) in B C D si trova
inserito domum dal v. precedente. — licet « sta bene, volentieri », cfr.
Capt., 5,1, 29. — 538. iam col Pilade, per si iam di B C D. — ad te,
per atte di B C D. — 540. facete vidi colUed. princ, per facite vidit di
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 530—555
Sc.
93
Sed eccum egreditur. Sc. Periplecomene, te obseero
Per deos atque homines perque stultitiam meam
Perque tua genua... PE. Quid obsecras me ? Sc. In'seitiae
Meae et stultitiae ignoscas. nunc demiim scio
Me fuisse excordem, caecum, incogitabilem:
545
Nam Philocomasium eccam intus. PE. Quid nunc, fiircifer?
Vidistin ambas? Sc. Vidi. PE. Brum exhibeas uolo.
Meruisse equidem me maxumum fateor malum
Et tuae fecisse me hospitae aio iniuriam.
Sed meam esse erilem concubinam censui,
550
Quoi me custodem erus addidit miles meus.
Nam ex lino puteo similior numquam potis
Aqua aeque sumi, quam haec est atque ista hospita.
Et me despexe ad te per impluuiiim tuom
Fateor. PE. Quidni fateare et ego quod uiderim? 555
C D. — 541. Sceledro esce dalla casa e, persuaso del suo torto, si getta
supplichevole ai piedi di Periplecomeno. — 543. genua col Camerario
ed A, per gea di B C D. Si noti che Taiuto deirAmbrosiano ci accompagna
di nuovo dal 540 al 612. — 544:. demum con A e Ted. princ, per dem
di C D e idem di B. — 545. fuisse con sinizesi, cfr. 721, 1202. — in~
cogitabilem = cogitationis eocpertem, cfr. incogitatus Bacch., 4, 3, 1, incogitantia Merc, 1, 1, 27, adiutabilis 1144, voluptabilis Epid.y 1, 1, 19.
— 546. eccam, in relazione con un assente, cfr. 790. — quid con A,
per quis di B C D. — 547. vidistin con A e il Camerario, per vidisti
di B C D e delFed. princ. — exhibeas = producas ut poenam capiam de
te. — 548. equidem me ... fateor con A e l'ed. princ, per tequideme(t)...
facior di B C D. II primo t deriva evidentemente da una falsa appendice
di meruisse. — 552. ex uno con A, per exumo di B C D . — potis con
B C D, per potest di A, cfr. 966. — 553. aeque con A B, per aquae di
CD; la ridondanza delFavv. aeque accanto al comp. similior e perfettamente conforme alFuso plautino, cfr. Merc, 2, 3, 1: homo me miserior
nullus est aeque, Gapt., 3,5,42: adaeque melius: giacche non puo
essere piu p e r f e t t a m e n t e simile Tacqua a t t i n t a da un sol
pozzo di quel che ecc — sumi con A, per summis di BCD. —
554. despexe col Camerario, ed A, per despexi di C D, cfr. Hor., Sat., I,
9, 73 surrexe. — me... ad te col Camerario, per meo ad tuam di A e me
„.atte di CD; il Bugge congetturava med. — 555. fateor,: cfr. 634. —
94
PE.
Sc.
M. ACCI PLAVTI
Et ibi osculantem meum hospitem cum ista hospita
Vidisti? Sc. Vidi: cur negem quod uiderim?
Sed Philocomasium me uidisse censui.
' Ratusne istic me hominem esse omnium minumi preti,
Si ego me sciente paterer uicino meo
560
Eam fieri apud me tam insignite iniuriam?
Nunc demum a me insipienter factum esse arbitror,
Quom rem cognosco. at non malitiose tamen
Peci. PE. Immo indigne: nam hominem seruom suos
Domitos habere oportet oculos et manus
565
Orationemque. Sc. Egone si post hunc diem
Muttiuero, etiam quod egomet certo sciam,
Dato excruciandum me: egomet me dedam tibi.
Nunc hoc mi ignosce quaeso.
PE. Vincam animum
meum,
quidni con B CD e Ted. princ, per quid nunc di A, cfr. 1121.— fateare
et con ABCD, per fateare id propostodal Muller. Si noti Tinversione et
ego quod per quod et ego. — viderim, cfr. 372 e 557. — 556~7 mancano a BCD e son perfettamente conformi allalezione, che il Loewe e lo
Studemund ricavano dalPAmbrosiano. — 5o9. ratusne con A B C D ,
sc. es, per ratun che il Goetz vi sostituisce sulFes. del Bentley. — istic
me con A, per me istic di B C D e delFed. princ. — minimi con A, per
minimum di B C D. — 560. si ego: come cioe io sarei r e a l m e n t e
se. — me seiente, forma d'abl. assoluto come stereotipata, al pari di me
vivo (Bacch., 3, 3, 15), e usata quindi anche in relazione col soggetto, in
luogo di sciens. — paterer con A, per patere di B C D. — vicino meo,
i. e. militi. — 561. eam... tam con A e Ted. princ, per em... itam di
B C D. — insignite con B C D ; per insignitam^ di A, s t r a o r d i n a r i a ,
strepitosa, sanguinosa, cfr. Men., 1008, Bud., 1097. — 562. a me
col Pilade, per ametam di A (con dittografia determinata dal v. preced.)
e me di B C D. — arbitror con A B, per arbitro di C D. — 564:. hominem servom suos col Camerario, per hominem servos suos di A e homine
servo suo di B C D (homini servo suos ed. princ), cfr. Gapt., 665, Men.,
79: homo captivos. — 565. manus e detto in relazione col 445. —
566. egone con AB C D, cfr. 311. — hunc con A, per huc di B C D. —
567. muttivero con A C D, per metuero di B, == vel mu fecero « diro
una sola parola ». — egomet certo con A, per ego me scerto di B e ego
me certo di C D e delFed. princ. — sciam con B C D, per scio di A, cong.
r e s t r i t t i v o . — 568. excruciandum me egomet me dedam con A,
Guiet e Pilade, per excruciatum me ego medidam di B C D. — dedam,
i. e. ut poenas sumas tuo arbitratu. Egli s^impegna in questo modo di
non sfuggire alla pena, che potra meritare. — 569. mi per mihi di
MILES GLORIOSVS, ACT. II, 5 5 6 — 5 8 3
PE.
Sc.
Sc.
95
Ne malitiose faetum id esse abs te arbitrer.
570
Ignoscam tibi istuc. Sc. At tibi di faciant bene.
Ne tu hercle, si te di ament, linguam comprimes:
Posthac etiam illud quod scies nesciueris,
Nec uideris quod uideris. Sc. Bene me mones:
Ita facere certumst.. Sed satine oratiVs? PE. Abi. 575
Numquid nunc aliud me uis? PE. Ne me noueris.
Dedit hic mihi uerba. quam benigne gratiam
Fecit, ne iratus esset. scio quam rem gerat:
Vt miles, quom extemplo a foro adueniat domum,
Domi comprehendar. una hic et Palaestrio
580
Me habent uenalem: sensi et iam dudiim scio.
Numquam hercle ex ista nassa ego hodie escam petam.
Nam iam aliquo aufugiam et me occultabo aliquot dies,
A B C D. — ignosce con A, per ignoscam di B C D e ignoscas ed. princ.
— vincam animum « frener6, comprimero la mia ira ». — 5 7 0 . malitiose con B C, per malitiosum di A. II ne dipende dal concetto di operam
dabo incluso in vincam. — 571. di, con A, e omesso in BCD, cfr. Gapt.,
2, 2, 105: di tibi omnes omnia optata offerant. — 572. ne con B C D,
per ni di A, cfr. 410. — hercle si te (A) e diviso in hercles ite in C D e
alterato in hercles ita in B. — ament con A B, per amant di C D e
delFed. princ, accettato dal Forchhammer, Ussing e Goetz, cfr. la nostra
Sintassi latina, p. 432, Avv.t 16. — comprimes con A e il Pio, per com<
primis di B C D. — 573. posthac con A e l'ed. princ, per post haec
di B C D. — nesciveris, con A B C D e Fed. princ, e un imp. futuro, al
pari di nec videris, e continua Tapodosi del periodo ipotetico comprimes.
— 574:. quod videris, fut. ant. — nec con A, per ne di B C D. —
575. facere con A e Ted. princ, per pacere di C D e parcere di B. —
certumst sed con A, per certum esset di BCD. — satine con A B C D
= satisne. — oratu's, sc a me. — abi, con A e Acidalio, attribuiamo a
Periplecomeno, per abit messo in B C D in seguito alle parole di Sceledro.
— 576. ne me noveris, che non abbi piu in avvenire ad incontrarti
con me, a conoscermi, a sperimentar la mia ira. — 577. gratiam fecit
— concessit, cfr. Mud., 1414: iuris iurandi volo gratiam facias. —
578. scio di A, per la trafila di sdo, e divenuto sodos in C D e quindi
socios in B. — 579. miles con A B, per mihi di C D. — extemplo con
A, per exemplo di B D. — 580. comprehendar colVAcidalio e con A,
per comprehendat di B C D. — 581. habent venalem « vogliono disfarsi
di me, vendermi, tradirmi », cfr. Bacch., 4, 7, 18. — 582. nassa con A
e Ted. princ, per massa di B C D, « est piscatorii vasi genus, quo cum
intravit piscis, exire non potest», Pesto, p. 169. — escam petam con A
Festo e Ped. princ, per capetam di C D e capiam di B. — 583. et
96
PE.
M . A C C I PLAVTI
Dum haec consilescunt tiirbae atque irae leniunt.
Nam niinc satis pipulo impio merui mali.
585
Verum tamen, de me quidquid est, ibo hinc domum.
Illic hinc abscessit. sat edepol certo scio
Occisam saepe sapere plus multo suem:
Quoi id adimatur, ne id quod uidit uiderit
Nam illius oculi atque aiires atque opinio
590
Transfugere ad nos. lisque adhuc actiimst probe:
Nimiiim festiuam miilier operam praehibuit.
Eedeo in senatum riisum. nam Palaestrio
Domi nunc apud mest, Sceledrus nunc autemst foris:
Frequens senatus poterit nunc haberier.
595
Ibo intro, ne, dum absiim, multa sortito fuat.
vien mutato in aut dal Brix, in considerazione delVaut messo impropriamente in B CI) innanzi ad aliquot. — 584:. haec con A B, per hae di
C D. — turbae « agitazioni, rumori», cfr. Ter., Ad., 5, 2, 10: nisi dum
hae silescunt turbae, interea in angulum Aliquo abeam. — leniunt, sc. se,
cfr. Gell, 18, 12. — 585. nunc con BCD, per uni di A. —pipulo con
A e col Bothe, per pph di B e populo di C D, i. e. « convicio, declinatum
a pipatu pullorum », Varr., I.I., 7, 103. — impio con AB C D = scelesto,
nefario, cfr. Most., 494: scelestae hae sunt aedes, impiast habitatio. —
586. Questo verso e in contradizione con 594, e percio a ragione fu considerato come spurio, cfr. per6 818. —• 587. iltiw, cfr. 101, 120, 817. —
588. occisam suem doveva essere un^espressione proverbiale in latino, come
si deduce dal Bud., 3, 2, 46: proripite hominem pedibus huc itidem quasi
occisam suem. — sapere e messo oVrro KOIVOU, e in relazione con sues vale
« aver sapore » e in relazione col secondo membro del comparativo sottinteso vale « aver intelligenza ». — plus, i. e. hoc homine. — 589. quoi
col Madvig e col Brix, per quin di A e quod di B C D. — 591. transfugere, sc. Sceledrus nihil videt nec audit nec opinatur nisi quod nos
volumus. — actumst probe « la parte e stata ben rappresentata ». —
592- festivam col Gruilelmo e col Dousa, per festiva di B C D. — praehibuit con A, per peribunt di B C D = praebuit ed. princ. — 593. in
senatum con A B, per insinuatum di C D, e detto scherzosamente per « consiglio, conciliabolo », cfr. Epid., 159: iam senatum convocabo in corde
consiliarium. — rusum con A, per rursus di B C D , cfr. 527. —
594. mest... autemst con A, per me... autem di B C D. — foris col Camerario e con A, per foras di B C D , cioe lungi dalla casa del miles,
in modo da consentire a Filocomasio di prender parte a questa specie di
consiglio di guerra. — 595. frequens, a causa della presenza di Palestrione e di Filocomasio, che avevano preparato ed eseguito 1'inganno. —
59$. multa con Bugge, per multae di A e multi di B C D. — sortito
MILES GLORTOSVS, AOT. III, 5 8 4 — 6 0 3
ACTVS
07
III.
PALAESTBIO. PLEYSICLES. PERIPLECOMENYS.
PA.
Cohibete intra limen etiam uos parumper, Pleiisieles.
Sinite me prius prospectare, ne lispiam insidiae sient,
Concilium quod habere uolumus. nam opus est nunc
tuto loco,
Vnde inimicus nequis nostri spolia capiat consili. 600
Nam bene consultum inconsultumst, si id inimicis usuist,
Neque potest quin, si id inimicis lisuist, obsit tibi:
Nam bene consuUum, consilium surripitur saepissume,
con B C, per sortitae di A e sortita di D. La metafora e presa a sollemni
provinciarum sortitione in senatu Romano, ed accenna, per quel che a
me pare, alla multa che poteva toccargli per la sua assenza e diserzione
dell'ufficio che gli era stato affidato, cfr. Gell., 14, 7, 17. — fuat col Lam*
bino e col Bugge, per fiat di A e fuam di B C D.
A c t u s III, s c a e n . 1. Palaestrio « primus egreditur, ut speculetur, num
vacuus locus et tutus sit, nec ante quam hoc compererit ceteros evocabit»,
Ussing. — 597. vos e di numero plur., perche sotto il nome di Pleusicle
lascia sottintendere anche quello di Periplecomeno, cfr. del resto Poen.,
603, Ter., Phorm., 545, Cic, ad fam,, 14, 5: iws, mea suavissuma Terentia, curate ut valeatis (detto in relazione a tutta quanta la famiglia),
Aen., 9, 525: vos, o Galliope, precor. — etiam si riferisce a parumper
« ancora alcun poco ». — 598. prospectare con B, per perspectare di A.
— sient con A e il Pilade, per sint di B C D. — 599. concilium quod
in 1. di concilio quod o quod concilium, con attraz. del sost. nel caso del
relativo, cfr. 140 e Trin., 137. —
600. nequis con B C D, per nequi
di A, cfr. per il valore negativo di ne le forme non = ne oenum, nemo,
neutiquam, numquam, ne multa Trin., 364, nec ullum ib. 282, nec utrum
Lucr., 5, 839, negotium, negligentia, necopinans, res nec mancipi, furtum
nec manufestum.
— spolia capiat == surripiat. — nostri con A e il
Lindemann, per nostra di B e nostris di C D. Nei codici alla voce capiat
si e aggiunta la glossa auribus, che ha dato origine in B a questo nuovo v.:
unde inimicus nequis nostra spolia capiat auribus, che manca affatto
in A. —
601. inconsultumst con A, per ineonsultum di B C D. — id
con A B, per fit di C D. •— usuist con A, per usus di B C D. —
602. potest, sc. fieri, cfr. 694. — quin si id col Camerario e con A, per
qui nisi di B C D. — usuisi con B, per usu est di C D. — tibi coii'Acidalio, per mihi di B C D e delPed. princ. — 603. consultum fu aggiunto
PLAUTO, Miles gloriosus,
comm. da E. COCCHIA.
7
98
PE.
M. ACCl PLAVTI
Si minus cum cura aiit cautela locus loquendi lectus est.
Quippe si resciuerint inimici consilium tuom,
605
Tuopte tibi consilio occludunt linguam et constringunt
manus,
Atque eadem quae illls uoluisti facere illi faciiint tibi.
Sed speculabor, nequis aut liinc aut ab laeua aut dextera
Nostro consilio uenator adsit cum auritis plagis.
Sterilis hinc prospectus usque ad ultumamst plateam
probe.
610
Euocabo. heus, Periplecomene et Pleiisicles, progredimini.
Ecce nos tibi oboedientis. PA. Facilest imperium in
bonis.
Sed uolo scire: eodem consilio, quod intus meditati sumus,
Gerimus rem? PE. Magis non potest esse dliud ad rem
utibile. PA. Immo
sulPes. del Bothe a questo verso, che non sappiamo deciderci a ritenere
come spurio, poiche ricorre anche in A, per i'l solo motivo della ripetizione
che vi si nota tanto nelle parole come nel pensiero. — 604:. cautela
locus con Bentley ed A, per catalogo di B C D. — lectus con A e il Lipsio,
per lectum di B C D. — 605. si resciverint col Camerario e con A (Loewe),
per scire sivere di B C D. — tuom con A e l'ed. princ, per suum di B C D.
— 606. tuopte tibi, cfr. 633. — 607. illi, con A e il Guiet, e omesso
in BCD; il Tyrrell congettura, al posto di illi, re « realmente ». —
608. aut hinc aut ab laeva aut dextera con A B, per aut hinc a laeva
aut a dextera di C D. — hinc, cioe dalla casa del miles che era alle
sue spalle. — 609.venator adsit — venetur. — auritis plagis: si noti
la hella metafora tratta dalla lingua dei cacciatori, cfr. 991.— 610. sterilis = vacuus. — ultumam ha sempre in Plauto significato spaziale, non
mai temporale. — probe modifica sterilis e vale «interamente, pienamente », al pari di plane, cfr. Epid., 491: senex, tibi os est sublitum plane
et probe. — 612. in bonis = inter bonos con A B C D, in luogo di in
bonos che vi sostituisce TAcidalio sull' analogia dei Men., 1030. —
613. Da questo punto fino al v. 681 manca un' altra volta 1'aiuto delFAmhrosiano. — quod mtus meditati sumus « che ahhiamo escogitato qua
dentro», si riferisce al buco praticato nella p a r e t e : sinoti anche 1'omissione della posizione. — 6li. gerimus « dobbiamo continuare a regolarci,
a trattar la cosa »; si noti la paratassi in luogo del discorso subordinato.
L'espediente di cui qui si parla, suggerito da Palestrione nel prologo
(cfr. v. 144), costituisce il centro della prima parte di qucsta azione co-
MILES GL0RX0SVS, AOT. III, 6 0 4 — 6 2 2
PA.
PL.
99
Quid tibi, Pleusicles? PL. Quod uobis placeat, displiceat mihiP615
Quis homo sit magis meus quam tu's? PE. Loquere
lepide et commode.
Pol ita decet hunc facere. PL. At hoc me facinus miserum macerat
Meiimque cor corpiisque cruciafc. PE. Quid id est quod
cruciat? eedo.
Me tibi istuc aetatis homini facinora puerilia
Obicere ac neque te decora neque tuis uirtutibus 620
A te expetere: ex opibus summis mei te honoris gratia
Mihique amanti ire opitulatum atque ea te facere facinora,
mica, che e 1' inganno in cui si lascia cadere il povero Sceledro. Gli editori non si sono accorti di cid, e riferendo ii consilium, quod intus medi*
tati sumusy a quello che annunzia Periplecomeno nella fine delF atto
precedente ed espone poi Palestrione nel v. 766, e che, come prova chiaramente tutto quanto il monologo di Palestrione, non era stato ancora escogitato, immaginano una contraddizione tra questi due luoghi e i vv. 6134
(Lorenz e Ussing), che non esiste affatto. I/intermezzo fra queste due scene
o, meglio, fra i due intrighi e una buona occasione agli spettatori, per
far conoscenza piu intima coi personaggi della commedia, e a Plauto per
far pompa della sua arte squisitissima nella dipintura dei caratteri. —
dliud abbiamo aggiunto col Brix. — immo « vediamo pero ». — 615. quid
tihi, i. e. videtur. — quod col Reiz, per quodne di B D e quodnec di C.
— 616. magis meus, a me piu intimo, affezionato, devoto. —
quam tu's colFed. princ, per quamus di C D e quamvis di B. — PE.
manca in B C D, ed e stato aggiunto sulPes. del Grutero. — commode
« acconciamente, in modo garbato e gentile ». — 617. decet hunc colPed.
princ, per hanc di B C D, i. e. nam lepidissimus est Jiomo. — miserum
con B C D e Ted. princ, per misere proposto dal Bothe e dal Ritschl sulFanalogia non molto concludente dello Pseud., 1, 1, 2: quae miseriae te
tam misere macerant. — 618. corpus e aggiunto soprattutto per allitterazione con cor, al pari che nel v. 783. — cedo col Camerario, per ced
di B, alterato curiosamente in te (per ted) in C D. — 620. ac neque
col Ribbeck, per atque di B e neque di C D. — te decora ~ te digna, cfr.
Aul, 220: haud decorum facinus tuis factis facis. — 621. a te con
Ritschl, per atate di B e ea te di C D . ~ ex opibus summis = summa ope
« con tutti i mezzi, con tutte le forze », cfr. Merc, 111: ex summis opibus
viribusque usque experire, Cic, Tusc, 3, 11, 25: omnihus viribus atque
opibus. Gli infiniti obicere, expetere, ire, ecc dipendono da cruciat. ,— mei
te col Bothe, per mihi di B C D. — honoris, come vide il Tyrrell, qui vale
« rispetto, riguardo ». — 622. mihique ... atque, cfr. Verg., Georg., 3, 434.
100
PA.
PL.
PE.
PA.
M. A.CCI PLA.VTI
Quae istaec aetas fugere facta magis quarn sectari solet.
Eam pudet ms tibi in senecta obicere sollicitudinem.
Nouo modo tu homo amas. siquidem te quicquam quod
faxis pudet,
625
Nihil amas, umbra's amantum magis quam amator,
Pleiisicles.
Hancine aetatem exercere mei me amoris gratia?
Quid ais tu? itane tibi ego uideor oppido Acheriinticus?
Tam capularis? tamne tibi diu uideor uitam uivere?
Nam equidem haud sum annos natus praeter quinquaginta et quattuor:
630
Clare oculis uideo, sum pernix pedibus, manibus mobilis.
Si albicapillus hie uidetur, ne litiquam ab ingeniost
senex:
Inest in hoc emiissitata siia sibi ingenua indoles.
— 623. facta, cfr. per quesja ridondanza affatto propria del lat. popolare
Capt, 663. — 624:. tibi m, cfr. 854. — 625. « Periplecomeno haec
editores dederunt (cum C D), cod. B recte Palaestrioni; servum decet tam
scurriliter obiurgare herum, quod in amore ullum pudori locum esse putet»,
Ussing. — faxis colPed. princ, per taxis di B C D, e cong. potenziale pari
al male faxim lubens del Poen., 1091, haud ausim Poen., 1358, hau negassim Asin., 503. — 626. nihil amas per non amas, cfr. Pseud., 1,1,
71: num ego te experiar> quid ames, quid simules. — umbrd's, secondo la
legge dei poeti comici. — amantum: meglio forse si leggerebbe amantis,
secondo la congettura del Niemeyer. — 627. mei fu aggiunto dal Came>rario. — 628. itane con B C D, per tam di Nonio, 4, 18, che e dovuto
imolto probabilmente alPanalogia del v. successivo. — oppido Acherunticus
== valde decrepitus senex et ad moriendum vieinus (Lambino). — 629. capularis, i. e. capulo vicinus Serv., ad Aen., 6, 222, cfr. Nonio, 1. c.: capulum dicitur quicquid dliam rem intra se capit, nam sarcophagum i. e.
sepulchrum capulum dici veteres volunt, quod corpora capiat. — tamne
... vitam col Camerario, per tamine ... vita di B C D. — 630. annos natus
col Camerario, per natus annos di B C D. — praeter, quantunque non
adoperato altrove da Plauto, risponde pero assai bene al concetto, che
egli qui ha intenzione di esprimere, cioe non ho ancora o l t r e p a s s a t i
i 54 anni. — 631. sum pernix pedibus, manibus col Guiet e col Bugge,
per pern. sum man. ped. di B. — 632. si = etsi. — videtur « fa mostra
di essere, si mostra ». — ab ingeniost collo Scioppio, per ingenio di B,
ibi ingenio di C D e ab ingenio di Nonio, « per lo spirito », cfr. Truc,
833: ab ingenio improbust, Ter., Phorm., 340: otiosum ab animo. —
^633. emussitata con B C D e Nonio = ad amussim facta Paul. Fest.,
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 6 2 3 — 6 4 0
PL.
PE.
PE.
101
Pol id quidem experior ita esse ut praedicas, Palaestrio:
Nam benignitas quidem huius oppido adulescentulist.
635
Immo, hospes, magis quom periclum facies, magis nosces meam
Comitatem erga te amantem. PL. Quid opust nota noscere?
Vt apud ted exemplum experiundi habeas, ne quaeras
foriSo
Nam nisi qui ipse amauit, aegre amantis ingenium inspicit.
Et ego amoris aliquantum habeo humorisque etiam in
corpore
640
p. 76, 8, « equilibrata,
ben temprata ». — ingenua indoles « un naturale,
uno spirito, un?indole ». — sibi, secondo 1'uso dei p. comici, e un rinforzativo di sua e vale p j o p r i a , cfr. Ter., Ad., 358: suo sibi gladio hunc
iugulo. — 634. pol id ed experior, cfr. 554. — 635. oppido adulescentulist col Camerario, per opp. adolescentules di B, « e proprio (interamente) quella di un giovanotto ». — 636. periclum facies « vorrai mettermi a prova ». — 637. comitatem erga te col Camerario, per comitante merced di B e comitante merce te di C D. — opust col Ritschl, per
opus est di B C D. — nota noscere, cfr. Cist, 4, 2, 36: rem actam agere. —
638. experiundi fa le veci del sost. experientia, che, come e noto, si
adopera in lat. soltanto nel senso di « esperimento », cfr. Poen., 34: sermones fabulandi, Cic, Off. 3, 2, 6: crescendi accessio, Verg., 5, 590: signa
seqiiendi, Liv., 30, 28, 8: finis debellandi. Periplecomeno vuol dire clie e
utile conoscere le persone, che all'occorrenza uno puo mettere a prova o in
cui puo fidarsi (farne Pesperienza), senza sentir la necessita di andarne
in cerca, proprio quando se ne abbia bisogno. Con questa interpretazione
semplicissima resta esclusa, come e chiaro, la lacuna, che videro in questo
punto il Ritschl ed il Lorenz. — apud ted col Bothe, per apud di B C D
e apud te del Pio = domi, cfr. Qas., 2, 3, 8: Jianc ego de me coniecturam
domi faciot magis quam ex auditis.—- ne quaeras col Luchs, perwelllas
di B e negis di C D. — 639. nam: e necessario avere una persona sicura, a cui si possa all'occorrenza ricorrere, giacche nell'amore uno non ei
puo affidare se non a chi abbia gia amato. — nisi qui ipse col Grutero,
per ipsi qnod ipse di B e qui ipse di C D. — inspicit = intellegit: il
sogg. del v. conviene supplirlo dalla prop. condizionale, cioe ogni altro.
— 64:0. et ego « anch'io ». — humoris, per paronomasia con amoris,
accenna molto efficacemente al vigore della giovinezza, a quel senso fresco di
vita, che scorre per le vene di chi e ancora giovane. — etictm coll'ed. princ,
102
PA,
M. ACCl PLAVTI
Nequedum exarui ex amoenis rebus et uoluptariis.
Vel eauillator facetus uel conuiua commodus
Idem ero: neque ego oblocutor sum alteri in conuiuio.
Incommoditate abstinere me apud conuiuas commodo
Commemini, et meae orationis iustam partem persequi
645
Et meam partem itidem tacere, quom alienast oratio.
Minume sputator, screator surn, itidem minume miiccidus.
Post Ephesi sum natus, noenum in Apulis, noenum
Aminulae.
0 lepidum semisenem, si quas memorat uirtutes habet:
Atque equidem plane educatum in mitricatu Venerio.
650
per me etiam di BCD. — 641. exarui « si e in me inaridita la sorgente» delP amore e del piacere. — amoenis con B, per amoris di C D,
che ne e probabilmente una glossa. — 642. vel...ero « se mi piace...
io posso essere », — cavillator « motteggiatore, burlone, uomo di spirito »,
cfr. Truc: dicax sum factus, iam sum cavillator probus. — facetus «spiritoso, arguto », cfr. Iuv., 9, 10: conviva ioco mordente facetus. — commodus «a modo, ben educato, piacevole, garbato, per bene », cfr. Pseud.,
1, 5, 28: quam pauci estis homines commodi e Cic., Lael, 15, 54: commodis moribus esse. — 648. idem coirUssing, per item di B C D. —
oblocutor = aduersator « contradittore ». — 644. incommoditate = drjbia
«importunita, scortesia, noia ». — commodo « a tempo giusto, opportuno »,
colFed. princ, per quomodo di B C D, cfr. Ghar.y 193, 15: commodo dictitamus. — 646. meam partem « dal canto mio, a mia volta », cfr. 94
e 764. — est « spetta, tocca, ha diritto». — 647. minime sputator,
screator... minime muccidus col Camerario e l'ed. princ, per minimis putatur scrahator ...minimem uccidus di B C D, cfr. Lambinus: « screare
est pituitam, quae in fauceis defluxit, cum valido sonitu extractam mittere; sputare vero, seu spuere, est salivam in os delapsam sive sonitu,
aut certe exili labrorum sono, emittere; muccidus cui muccus e naribus
fluit». — 648. post == postremo, denique, cfr. Most, 198. — noenum etc.
col Ribbeck, per non enim in apulis non sum inimula di B C D. —
Aminulae « urbs parvarum opum fuit in Apulia », Fest., p. 25, 2. —
649. o lepidum semisenem (cosi anche nelPed. princ) dice in modo assai
comico Palestrione, parafrasando le parole di Periplecomeno; in B si legge
propriamente o lepidum semine e in C D o lepidum semisemne, parole
queste che gli editori emendano comunemente, sulFes. del Brix, in o lepidissimum hominem, allontanando affatto da esse quel sottil velo d'ironia
che le ricopre. — memorat virtutes colio Scutario, per memoratur tuis di
B C D. — 650. educatum col Bentley e col Bothe, per eductum di
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 641 — 6 5 8
PE.
PL.
PA.
103
Pliis dabo quam praedicabo ex me uenustatis tibi.
Ego necumquam alienum scortum subigito in conuiuio,
Neque praeripio pulpamentum neque praeuorto poculum,
Neque per uinum umquam ex me exoritur discidium
in conuiuio.
Si quis ib istodiosus, abeo domum, sermonem segrego. 655
Venerem, amorem amoenitatemque accubans exerceo.
Tui quidem edepol omnes mores ad uenustatem ualent.
Cedo tris mi homines aurichalco contra cum istis moribus.
B C D. Anche in questo verso continua Pironia: chi a quelFeta sente ancor
si vivo V amore, deve essersi allevato nel seno stesso di Venere. —
651. plus quam praedicaho « piii di quel che potr5 mai dirti » con BCD,
per praedicavi che vi sostituiscono comunemente gli altri editori sull'es.
del Bugge. — venustates = amoris pignora « prove di henevolenza »;
questa espressione e messa in istretto rapporto col Venerio nutricatu. —
652-6. « Ex oratione, quam habuit, eum Veneris alumnum vel venustatis
plenum esse dixerat Palaestrio; iam promittit se plus etiam venustatis
exprompturum. Pergit autem in enumerandis virtutihus et describendis
morihus suis, si quidem eum versuum ordinem servamus qui in codd. est;
sed fortasse non iniuria R. ceterique editores vv. 652-6 post v. 647 ponunt.
Superiores editores ante v. 652 versum inserehant, quem ex Plauto affert
Servius in Aen., 1, 738: neque ego ad mensas puhlicas res clamo neque
leges crepo », Ussing. — ego nec collo Schoell, per neque ego di B C D:
il Eitschl invece proponeva di leggere cumquam per umquam, fr. 1411.—
suhigito in convivio col Camerario, per suhigito min convivium di C D e suh
digito meo convivio di B, cfr. Ter., Heaut: vidin ego te modo manum in
sinum huic meretrici inserere?... Nam istaec quidem contumeliast Hominem
amicum recipere ad se atque eius amicam suhigitare ( = subagitare), Capt.,
1025: neque in hac suhagitationes sunt neque ulla amatio. — 653. pulpamentum « porzione », cfr. Curc, 90: voltisne olivam, an pulpamentum, an
capparim? — praevorto poculum collo Scutario, per pervorto copulum
di B C D = praeripio, occupo, cfr. Pseud., 293. —
654:. per vinum
« per uhhriachezza p. — me colPed. princ, per mea di B C D. — 655. ibist
odiosus con C D, per sibi odiosus est di B. — segrego «interrompo », cfr.
Most, 517. — 656. venerem = venustatem « amahilita », cfr. Stich., 728:
amoenitates omnium venerum et venustatum adfero. — amoenitatem «maniere graziose ». — accuhans « a tavola ». — exerceo = expromo, cfr. 208.
— 657. tui...ad venustatem valent secondo la lezione non hen sicura
del Camerario, per tu...ad v. vacet (vicet) di B C D : « spirano grazia,
amahilita ». Questo verso in B C D e attribuito a Paiestrione, e fu rivendicato a Pleusicle dal Tauhmann. — 658. cedo tris con C D, per ceteris
di B = si tres mihi monstraveris homines ita moratos, aurichalco pondus
eorum aequabo. — aurichalco contra « ecl io te li pagher6 a peso oVoro »,
104
PL.
PE.
M. ACCI PLAVTI
At quidem illuc aetatis qui sit, non inuenies alterum
Lepidiorem ad omnis res nec magis qui amico amicus sit.
660
Tute me ut fateare faciam esse adulescentem moribus:
Ita apud omnis comparebo tibi res benefactis frequens.
Opusne erit tibi aduocato tristi, iracundo? ecce me.
Opusne leni? leniorem dices quam mutumst mare,
Liquidiusculiisque ero quam uentus est fauonius. 665
Vel hilarissumum conuiuam hinc indidem expromam tibi
Vel primarium parasitum atque obsonatorem optumum.
Tum ad saltandum non cinaedus malacus aequest atque
ego.
cfr. Curc.y 1, 3, 45: auro contra cedo modestum amatorem: a me aurum
accipe. Cedo mihi contra aurichalco quoi ego sano serviam; Pseud., 2,
3, 22: aurichalco contra non carum fuit meum mendacium. L'aurichalcum,
dal gr. dpeixaXKOi; « ottone », fu per falsa etimologia popolare considerato
in Roma come un metallo anche piu prezioso dell'oro, cfr. Plin., N. H.,
34, 2: « aurichalcum quod praecipuam bonitatem admirationemque diu ob»
tinuit nec reperitur, longo iam tempore effeta tellure », — cum istis moribus col Camerario, per contramtum histis di BCD, cfr. Trin., 337:
amicum cum eiusmodi virtutibus, Poen., 4, 2, 30: haud amice facis qui
cum onere ( = onusto) offers moram. — 659- alterum « un secondo ». —
660. amico amicus sit, coll' omissione del magis che i codici ripetono
nuovamente dopo sit, e un'espressione proverbiale, cfr. Ter., Phorm., 562:
solus est homo amico amicus e Curc.t 332: ut decet velle hominem amicum
amico. — 661. fateare coll'ed. princ, per fatear et di B C D: quale e
la costruzione diretta di questa frase? — moribus: invece di essere alia
maniera dei vecchi morosus et iracundus, appariro come i giovani commodus et facetus. — 662- apud omnes = ad omnes o pure in omnibus,
cfr. Asin., 3, 3, 16: argentum sumpsisse apud Thebas ab danista. II
Ritschl sulFes. del Dousa sostituisce ego ad ad apud. — benefactis coired.
princ, per bona factis di B C D. — 664. mare, s'intende quando e tranquillo, cfr. Most, 852: tam placida est quam aqua, Poen., 3, 5, 8: tranquittitas mi evenit, quasi navi in mari. — 66S. liquidiusculusque col
Camerario e con Nonio, per liquidius cuiusque di B C D, 6 una formazione
diminutiva fatta a base del comparativo, pari a tardiusculus, meliusculus,
nitidiusculus, plusculus, maiusculus, minusculus, putidiusculus, cfr. Nonio,
334, 22: liquidum significat molle et fluosum. — 666. convivam ... indidem colPed. princ. e col Camerario, per convivium ...indidam di B C D ,
indidem == ex hoc eodem homine, ex eodem me. — 667. obsonatorem
colPed. princ, per obsotorem di B e obsonat oram di C D = obsoniorum
emptorem, mestiere, come e noto, esercitato dai parassiti, cfr. Capt, 473.
•— 668* cinaedus, cfr. Nonio, 5, 17: cmaedi dicti sunt apud veteres sal-
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 6 5 9 — 6 7 7
PA.
PL.
105
Quid ad illas artis optassis, si optio eueniat tibi?
Huius pro meritis lit referri pariter possit gratia 670
Tibique, quibus nunc me esse experior siimmae sollicitiidini.
At tibi tanto siimptui esse mihi molestumst. PE. M6rus es.
Nam in mala uxore atque inimico siquid sumas, siimptus est:
In bono hospite atque amico quaestus est quod siimitur,
Et, quod in diuinis rebus siimptumst, sapienti lucrost.
675
Deiim uirtute est te linde hospitio accipiam apud me
comiter.
Es, bibe, animo obsequere mecum atque onera te hilaritiidine:
tatores vel pantomimi aito TOO Kivelv T6 au)|iia. — malaeus aequest atque
ego col Kittershusius e col Pithoeus per maiacus egestant que ego di B
e maiacus equestant que ego di C D, malacus = mollis, flexibilisy libidinosus. — 669. ad illas artis col Caraerario e 1'ed. princ, per at tillas
artis di C D e attollas artis di B — irpoc; ^Keivaic; Taic; Texvaic;. —
optassis si col Camerario, per optissi di B C D, = optaveris per optes, cfr.
163. — optio = aipeaic; «la scelta ». — 670. huiu coi codici, per huic
che vi sostituisce il Guiet. — referri, sc. ei colPed. princ, per referet di
B C D. — 671. tibique e riferito a Palestrione, laddove il tibi del v. successivo accenna nuovamente a Periplecomeno. — me esse experior summae
col Camerario, per meesset experiosum me di B C D. — 672. molestumst
con B, per moJestus di C D. — morus es col Camerario per m. est di BCD,
cfr. 370. — 673. sumas col Camerario, per sumat di B C D = impendas,
cfr. per il significato di consumere o insumere, che e proprio di questo v.,
anche Trin., 411: minus hercle in istis rebus sumptumst sex minis. —
sumptus « una spesa perduta, inutile ». — 674. quaestus « guadagno »
secondo un'antica emendazione, per quaetus di B C D, cfr. pel significato
di questa frase Or., Ep., 1, 12, 24: vilis amicorum est annona, bonis ubi
quid deesi. — 675. et = etiam. — sumpiumst ricava acconciamente il
Bitschl da sumas sumptu di B C D; il Kibbeck e il Brix espungono affatto
questo verso dal testo. — 676. virtute = auxiliOy merito, beneficio. —
te unde con Haupt, per tasenunde di B C D ed eundem di Nonio, « per
cui ». — comiter col Ritschl, per comitas di B C D. — 677. es bibe
coiFed. princ, per est bibe di C D, est bono di B e sive di Nonio. —
animo obsequere = indulge genio, exple libidinem tuam. — mecum =
domi meae. — hilaritudine col Camerario, per hilaritus me di C D e hila-
106
PL.
PE.
PA.
PE.
M. ACCI PLAUTI
Liberae sunt aedes, liberum autem ego me uolo uiuere.
Nam mihi deum uirtiite dicam propter diuitias meas
Licuit uxorem dotatam genere summo diicere:
680
Sed nolo mi oblatratricem in aedis intro mittere.
Qiir non uis? nam procreare liberos lepidiimst opus.
Hercle uero liberum esse tete, id multo lepidiust.
Tii homo et alteri sapienter potis es consulere et tibi.
Nam bona uxor, suave ductust, si sit usquam gentium,
685
Vbi ea possit inueniri. Verum egone eam ducam domum,
Quae mihi numquam hoc dicat: ' eme, mi uir, lanam,
unde tibi pallium
Malacum et calidum conficiatur tiinicaeque hibernae
bonae,
Ne algeas hac hieme '? hoc numquam uerbnm ex uxore
aiidias:
rissime di B = hilaritate Nonio, 120, 24, cfr. per il costrutto onerare
aliquem voluptatibus Stich., 532. —
678. liberae, cioe non soggette
a creditori. — autem « dal canto mio », cfr. 1149. — liberum autem ego
me volo vivere, secondo una felice congettura del Lorenz, per liber sum
autem egome tuuvolo libere di CD e l. s. a. ego metuo volo l. di B. —
679. licuit, sc. et licet, donde il nolo del v. successivo. — 681. mi per
mihi di A B C D. — oblatratricem = qaae semper mecum litiget, cfr. Gas.,
297 canis detto di donna. — mittere con B C D ; 1'Ambrosiano, che
ricomincia a questo punto, ha invece ducere per influenza del v. precedente. — 682. qur con A C D. — lepidumst opus con A, per lepidus
sonus di B C D, che il Lipsio emendava in I. onus. — 683. tete id
scrisse ii Goetz colFaiuto dell'Ambrosiano (Studemund). — lepidiust con A,
per est lepidius di B C D. — 684. La lezione del v. precedente, che noi
abbiamo adottata suli'es. del Goetz, giustifica questa interruzione di Palestrione, a cui non e d'uopo che risponda Periplecomeno. — 685. In
questa invettiva contro le donne ci e un'eco del concetto che i Greci avevano della famiglia, affatto disforme da quello che ne ebbero i Romani.
— suave ductust si sit usquam con k (Studemund e Goetz) per sua deductust situs quam di C D e sua deducta est quam di B. — 687. dicat
eme mi vir lanam, con A, trovasi cosi decomposto in B C D: dicate memi
virta nam. — tibi con B C D ed anche secondo la lezione bipallium che
lo Studemund ricava da A. — 688. malacum con A e Ped. princ, per
malamcum di B C D. — tunicaeque hibernae col Camerario ed A B, per
tunicae quem bemae di D e tunicae quae mihi bernae di C. —•
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 678—694
107
Verum prius quam galli cantent, quae me e somno
suscitet,
690
4
Dicat: da mi, uir, kalendis meam qui matrem moenerem:
Da qui faciam condimenta: da quod dem quinquatribus
Praecantrici, coniectrici, hariolae atque hariispicae:
Flagitiumst si nil mittetur, quae supercilio spicit.
690. verum, sc. audiam, che conviene sottintendere dal v. precedente,
senza che vi sia bisogno di ricorrere sAVegone eam ducam domum del
v. 686. — e con A, e omesso in BCD, cfr. pero Merc, 1,"2, 8 e per l'asindeto 137. — 691. mi e molto probabilmente il dat. del pron. personale (mihi), che si legge intero a questo punto in B C D, e contrappone
forse il semplice vir al piu affettuoso mi vir del v. 687. — Jcalendis, sc.
martiiSy in cui aveva luogo la festa detta delle matronalia, celebrata dalle
matrone in onore di Giunone per invocare da essa la protezione e il bene
delle famiglie; esse eran ricambiate dai mariti, amici e parenti con ricchi
doni, ed offrivano alla loro volta largizioni alle proprie schiave, cfr. Hor.,
Carm., 3, 8, 1: martiis caelebs quid agam Jcalendis ? Iuv., 9, 53: munera
femineis tractat secreta Imlendis, Pomponio, presso Macrob.,6,4,13: vocem
deducas oportet ut videantur mulieris verba. lube modo afferatur munus.
— moenerem con A (Loewe), per venerit di B C D (iuverit Camerario). —
692. faciam condimenta, secondo 1'emendazione non pienamente sicura
proposta dal Eitschl, per faciat conclamando di B, faciat condi atdan
di CD e facia ...mda&i A.: « p r e p a r a r e dei f r u t t i in composta »,
per stuzzicar Pappetito, cfr. Colum., 12, 8: viridia condimenta. — dem
con A e Ped. princ, per det di BCD. — quinquatribus, feste in onore
di Minerva che si celebravano cinque giorni dopo gli idi di marzo e duravano dal 19 al 23, cfr. Varr., I Z., 6, 14: ut ab Tusculanis post diem
sextum Idus similiter vocatur sexatrus et post diem septimum septimatrus,
ib.? 17: quinquatrus minusculae dictae Iuniae Idus ab similitudine maiorum, quod tibicines tum feriati vaganiur per urbem et conveniunt ad
aedem Minervae, cfr. anche Charis., 1, 62: quinquare = lustrare. Insieme
coi tibicines percorrevano la citta questi vati ed aruspici, che campavan
la vita vaticinando il futuro. — 693. praecantrici con A e lo Scaligero,
per precatrici di B e praecatatrici di C D = « mulier quae carminibus
et cantionibus profitetur se mala ab aliquo avertere atque amoliri posse »,
Lambino, cfr. Nonio, p. 194: ut faciunt pleraeque ut adhibeant praecantrices nec medico ostendant. — coniectrici col Camerario, per conlectrici
cli CD e conectrici di B = quae somnia interpretatur, cfr. Amph., 1144:
coniectorem e Cic, div.y 2: parere quaedam matrona cupiens, dubitans
essetne praegnans, visa est in quiete obsignatam habere naturam, ad coniectorem rettulit. — hariolae con iato precedente in cesura, e colei che
predice 1'avvenire. — 694:. flagitiumst == turpe est, sordidae avaritiae
culpam haberey cfr. Trin., 612: flagitium quidem hercle fiet, nisi dos dabitur virgini. — nil per nihil di A B C D e di Festo. — quae, i. e. ei
108
PA.
PL.
M. ACCI PLAVTI
Tiim plicatricem clementer non potest quin moenerem:
695
Iam pridem, qnia nihil abstulerit, siiscenset oeraria:
Tum obstetrix expostulauit meeum, parum missiimsibi:
Quid? nutrici non missuru's quicquam, quae uernas alit?'
Haec atqiie horum similia alia damna multa miilierum
Me uxore prohibent, mihi quae huius similis sermones
serat.
700
Di tibi propitii sunt: nam hercle si istam semel amiseris
Libertatem, haud facile in te eundem nisum restitues
locum.
Tii homo et alteri sapienter potis es consulere et tibi:
At illa laus est, magno in genere et in diuitiis maxumis
quae, con A B C D e Festo, p. 330 M. — supercilio spicit, colei che ricava gli auspicii dal movimento delle ciglia, cfr. Fest., 1. c: spicit quoque
sine praepositione dixerunt antiqui, Pseud., 1, 1, 105: futunmist, ita supercilium sdlit e Theocr, 3 , 3 7 : aXXexai oqpOaXjuo^ |uev 6 b&ioc,. apa
Y3 ibrjauj. Si noti che supercilium comprende tanto le c i g l i a che i sop r a c c i g l i propriamente detti: in origine pero accennava soltanto alle
prime, come e lecito dedurre dal significato del semplice cilium (rad. cel),
che vale propriamente p a l p e b r a , cfr. P. Diac, 43, 3: cilium est folliculum
qho ocidus tegitur, unde fit supercilium, Isid., orig., 11,1: cilia sunt tegmina
quibus cooperiuntur oculi, et dicta cilia quod celent ocuhs. — 695. plicatricem con A, per patricam di B C D, % propriamente colei che increspa
le vesti, cfr. vestiplica, Trin., 262; il Taubmann sull'es. del Coler sostituiva piatricem (i. e. sacerdos quae expiare erat solita, quam dlii sagam
atii expiatricem vocant, Fest., p. 213). — clementer « convenientemente »,
e contrapposto ad immoderate, cfr. Trin., 731: namque hercle honeste fieri
ferme non potest. — non potest quin col Lambino e con A, per non pota
est hinc quam di B C D (B potest esse), cfr. 252. — moenerem per munerem di A B C (D minerem). — 696- ceraria con B C D, per ceriaria
di A, e forse colei « quae ceram affert». — 697. obstetrix per opsetrix
di A e obstrex di B C D. — 698. quid nutrici col Caraerario e con A,
per qui inutrici di B C D. — vernas alit coH'ed. princ, per verna sdlit
di B C D. — 699. horum col Ritschl, per huius di A B C D, emendato
in huiusmodi dal Miiller. — 700. uxore, cfr. Pers., 41. — serat col
Lambino, per serant di A e erant di B C D, « annaspi». — 701. di tibi
propitii sunt con B C D (A omette sunt) == bonam mentem habes « t u sei
prudente », cfr. Ter., Phorm., 636: satin idi di sunt propitii? e Sen., Ep.,
110, 1: te saluto et iubeo habere mentem bonam, hoc est propitios deos
omnes. — nam hercle con A, per hercle nam di B C D. — 702. in te
con B C D, per in di A = te in. — rusum con A C D = rursum, cfr. per
MILES GLORIOSVS, A.CT. III, 6 9 5 — 7 1 4
PE.
109
Liberos hominem edueare, generi monimentum et sibi.
705
Quando habeo multos cognatos, quid opus sit mihi liberis?
Niinc bene uiuo et fortunate atque ut uolo atque animo
ut lubet.
Bona mea in morte cognatis didam, inter eos partiam:
Hi apud me aderunt, me curabunt: uisent quid agam,
quid uelim:
Priusquam lucet adsunt, rogitant noctu ut somnum
ceperim.
710
Eos pro liberis habebo, qui mihi mittunt miinera.
Sacruficant: dant inde partem mihi maiorem quam sibi,
Abducunt ad exta, me ad se ad prandium, ad cenam
uocant.
Ille miserrumiim se retur, minumum qui misit mihi.
il pleonasmo Poen., 79: revortor rursus denuo Garthaginem. — locum
con A e Ted. princ, per uocum di C D e succum di B. — 706. sit,
cong. potenziale, colPed. princ. per fit di B C D, omesso affatto in A. —
707. fortunate... atque an. con A, per fortunaio at quam di B C D. —
animo « a mio piacimento ». — 708. bona mea in morte col Lindemann,
per mea bona mea morte di A B C D , cfr. Men., 402: in morte regnum
Hieroni tradidit e per la lunga finale Tantica desinenza ei delPabl. —
didam ...partiam con A, per dicam ...partim di B C D. Si noti pero che
il Loewe, in luogo del didam dello Studemund, legge anche in A dicam.
— 709. hi con A (Geppert) per li di C D, trasformato in licet in B. —
aderunt con A, per ederunt di B C D. I tre futuri, che si contengono in
questo verso, sono giustificati dal raffronto col 711 e dalla impossibilita
in cui ci troviamo di considerare Tuno e Taltro come spurii, secondo il
sospetto deirUssing e del Brix. Essi si spiegano facilmente, coi sottintendervi daccanto ' q u a n d o sard vecchio' e col ricordare che e appunto
in questa eta che si fanno piu vive le premure dei nipoti. La sostituzione
del presente al futuro (ei apud me sunt, ei me curant, visunt), suggerita
dairHaupt, non solo non e necessaria, ma sciuperebbe affatto quel bel contrapposto che vi e fra Fipotesi e la scena della vita reale, che si descrive
in seguito con tanto umore e grazia. — 711. qui mihi con A, Bothe e
Bentley, per quam di B C D. — 712. inde, cioe da quello che si sacritlca, dalle offerte fatte. — 713. ad exta « al banchetto sacrificale », cfr.
Stich., 1, 3, 96: iamne exta cocta sunt? — ad prandiwn « a colazione »
110
PA.
PE.
PL.
M. ACCI PLAVTI
Illi inter se certant donis: egomet mecum miissito: 715
' Bona mea inhiant: me certatim mitricant et miinerant.'
Nimis bona ratione nimiumque ad te et tuam uitam
uides,
Et tibi sunt gemini et trigemini, si te bene habes, filii.
Pol si habuissem, satis cepissem miseriarum e liberis:
Continuo excruciarer animi: si ei forte fuisset febris,
720
Censerem emori: cecidissetue ebrius aut de equo lispiam,
Metuerem ne ibi diffregisset criira aut ceruices sibi.
Huic homini digmimst diuitias esse et diu uitam dari,
Qui et rem seruat et se bene habet suisque amicis
lisuist.
con A e il Pilade, per prandium di BCD. — 715. egomet mecum con A
e PAcidalio, per ego et mecum di BCD. — mussito = tacite loquor,
cfr. 311. — 716. inhiant, cfr. Trin., 169 e Caec, 147: eius mortem inhio.
— me con A (Loewe e Ribbeck), e omesso in BCD. — nutncant et munerant con A e il Beroaldo, per nutricunt et munera di BCD. —
717. nimis bona = multum b.y cfr. 468. — nimium... vides = multum
(recte, bene) sapis « ben giudichi, ti regoli bene », cfr. quanto al costrutto
Pers., 1, 3, 28: sapis multum ad genium, Truc, 4, 4, 1: nisi qui sapit
in vino ad rem suam, Ter., HeauL, 504: plus videre « avere uno sguardo
piu acuto ». — ad te et tuam vitam con A, per atte et tua multam di
BCD. — vides con BCD, per habes di A, ricavato forse dal v. successivo. — 718. BCD aggiungono innanzi a questo verso il n. di Palestrione, omesso innanzi a quello che precede. — trigemini con A e Ped.
princ, per tritigemini di B C D . — si te bene habes: se tu ti trovi bene
in questo modo, colle cure che ti prodigano i nepoti, val bene come se
avessi due o tre figli. Perche questo senso fosse piu chiaro, 1'Acidalio sostituiva, senza bisogno, ad et...habest ei...habent. — 719. habuissem
... cepissem ... e con A, per habuisset... cepisse di B C D. — 720. Questo
verso e omesso affatto da B C D, e non richiede punto, per esser compreso,
d'esser preceduto da una protasi. L'impf. excruciarer « per un nonnulla
mi sarei perduto d'animo » anticipa gli altri impf. censerem e metuerum.
— fuisset (bisillabo, cfr. 544) « gli fosse sopravvenuta». — 721. emori,
i. e. eum. — cecidissetve col Ritschl, per cecidissetne di B C D; e congiunto
liberarnente alla prop. concessiva precedente. — aut de equo uspiam con
A e l'ed. princ, per aut dequo suspiam (suscipiam B) di B C D ; i due
concetti son fra loro contrapposti per mezzo di aut. — 723. esse et...
dari con A e il Camerario, per esset... dare di B C D. — 724. usuist
con A, per vult di C D. — 725. Attribuiamo questi v. a Palestrione
con D e Ped. princ, invece che a Pleusicle, a cui li riferisce il Ritschl
MILES GLORIOSVS, ACT. III, 7 1 5 — 7 3 5
PA.
111
0 lepidum caput. ita me di deaeque ament, aequom fuit
725
Deos parauisse, uno exemplo ne 6mnes uitam uiuerent.
Sicut merci pretium statuit quist probus agoranomus:
Quae probast mers, pretium ei statuit,, pro uirtute ut
ueneat,
Quae improbast, pro mercis uitio dominum pretio paiiperet:
Itidem diuos dispertisse uitam humanam aequom fuit:
730
Qui lepide ingeniatus esset, uitam ei longinquam darent,
Qui improbi essent et scelesti, is adimerent animam cito.
Si hoc parauissent, et homines essent minus multi
mali,
Et minus audacter scelesta facerent facta: et postea,
Qui homines probi essent, esset is annona uilior. 735
con B C. — caput « uomo », cfr. Ter., Ad., 261: festivom caput, Andr.,
371: ridiculum caput, JEun., 531: o capitulum lepidissimum. — me di
deaeque ament con A e l'ed. princ, per media eaeque amet di BGD. —
726. exemplo = modo. — 727-9. Questi tre versi furono redintegrati
dal Kitschl, col fondere insieme le due lezioni di A: sicut merci pretium
statuit qui est probus agoranomos Quae proba est pro mercis vitio dominum pretio pauperet e di B: sicuti merci pretium statuit pro virtute
ut veniat, Que inproba si pro mercedis vitio dominum pretio pauperit. —
— agoranomus = aedilis, cfr. Capt, 823. — mers==merx, cfr. Poen., 324
e Nonio, 415, 21: virtus rursum meritum est et dignitas. Plautits in Mihte: quae improba est mers pretium eis statuis pro virtute ut veniant. —
pretium ei statuit, ripetizione in forma d'anacoluto, assai adatta al linguaggio familiare, che conviene sottintendere anche sotto la forma semplice statuit, innanzi a pauperet. — pro virtute « in conformita del suo valore ». — pro mercis vitio «in corrispondenza dei suoi difetti». — pauperet
dipende da statuit ut: \e merci avariate dovevano essere cedute a prezzo
assai basso, perche il possessore potesse disfarsene, cfr. per pauperet =
pauperem faciat, Pseud., 1128. — 730. dispertisse col Pio e con A, per
disperdisset di B C D. — 731. ingeniatus col Guiet e con A, per ingenuatus di B C D, parola di conio plautino imitata da Gellio e da Apuleio,
« di buona indole». — darent, coniunct. iussivus, « avrebbero dovuto
dargli ». — 732. qui improbi essent et scelesti is adimerent con A e il
Camerario, per quin probi est scaeles hisus adhimerant di B C D. — is =
eis. — 733. et manca in B C D. — 735. is, i. e. eorum, cfr. Hor.; Ep.,
112
PE.
PL.
M.
ACCI PIAVTI
Qui deorum consilia culpet, stiiltus inscitiisque sit,
Quique eos vituperet. Nunc istis rebus desisti decet:
Niinc uolo obsonare ut, hospes, tua te ex uirtute et mea
Meae domi accipiam benigne, lepide et lepidis uictibus.
Nil me paenitet iam quanto siimptui fuerim tibi. 740
Nam hospes nullus tam in amici hospitium deuorti potest,
Quin, ubi triduom continuom fiierit, iam odiosiis siet:
Verum ubi dies decem continuos sit, east odiorum llias.
1, 12, 24: vilis amicorum est annona, bonis ubi quid deest, cioe non e
r i c e r c a t a ne a m b i t a 1'amicizia di chi non ha mezzi. — annona vilior = maior ubertas, cioe vi sarebbe minor penuria di uomini
buoni. Pier Vettori scorgeva invece in queste parole una forma di quelr&Trpoao6Kr|TOV cosi comune ai poeti comici. « Ad extremum, egli scrive
in lect. variae, 12, 20, non oblita conditionis suae persona, sententiam
gravem et paene tragicam in humili re terminavit; nam tanta immutatione rerum effici ut annona vilis sit ridiculum est». Contro questo rinvilimento del prezzo dei viveri, che a me pare riconoscano nelle parole di
Plauto anche il Lorenz, il Brix, il Tyrreli e il Kopke nella traduzione
tedesca, per tanti aspetti cosi pregevole, del Miles, protestava gia a suo
tempo e con buone ragioni, per quanto a me pare, il Lambino. —
736. qui deorum consilia culpet ...inscitusque con A eil Camerario, per
quid eorum Concilia culpe ...insictusque di B C D . — 737. quique col
Camerario ed A, per quidque di B C D. II Eitschl considera la prima parte
di questo v. come un glossema di culpet. Quantunque il v. intero sia
molto languido, io non trovo pero ragione sufficiente per espungerlo dal
testo.— nunc con A e Guiet, per nunciam di B C D. — 738. nune e adoperato frequentemente in forma asindetica, per indicare il principio di una
nuova azione, cfr. 749, 1152, 1393. — obsonare, cfr. 172. — ut col Pio,
Beroaldo ed A, per velut di B, etlut di C D. — ex virtute « in conformita dei
meriti », cfr. Capt., 997, Ter., Heaut., 203: ex illius more vivere. —
739. lepidis victibus = cibis opiparis, lectis, cfr. Most, 45. — 740. nil
per nihil di A B C D. — paenitet = parum videtur, cfr. Trin., 321 e
Pseud., 293. — quanto sumptui col Camerario, per quanto sumptum di
B C D e quantum sumptum di A. — tibi con B C D, per ihibi di A. —
741. nam e congiunto liberamente al v. precedente, e si potrebbe sottintendere di mezzo « pero non e questo il maggior guaio, giacche ecc. ». —
hospes nullus con A D e Ted. princ, per hoc pis nullos di C e hoc pusillus di B = hospes nemo, cfr. Pers., 202: nuttus leno. — tam in amici
con A e lo Scutario, per tam inimici di B C D = in tam amici, cfr. 11,
901 e Pers., 533: numquam ego te tam esse matulam credidi. —
742. fuerit, i. e. ibi in hospitio. — 743. sit east
odiorum Ilias con A
e il Klotz, per ite asta dorum ittas di B C D: all1 uso di questa frase ha
contribuito cosi la presenza del decem e la parte principale che esercita
la jLifjvi<; neiriliade, come anche la frase piu comune che a questa fa riscontro ed e passata come in proverbio 'IXioic; KOIKOJV, cfr. Libanio, 1, 102:
Kai bi\ 6OTX<; POUXGTOU jueya arnufp/ai irdOoc;, IXidba irpocraYopeuei KaKOuv
MILES GLORIOSVS, ACT. III, 7 3 6 — 7 5 2
113
' Tam etsi dominus non inuitus patitur, serui murmurant.
PE.
Seruiendae seruituti ego seruos instruxi mihi,
745
Hospes, non qui mi imperarent quibusue ego essem
obnoxius.
Si illis aegrest mihi quod uolup est, meo remigio rem
gerunt:
Tamen id quod odiost faciundumst ciim malo atque ingratiis.
Niinc quod occepi obsonatum pergam.
P L . Si certumst
tibi,
Commodulum obsona, ne magno siimptu: mihi quiduis
sat est.
PE.
750
Quin tu istanc orationem hinc ueterem atque antiquam
amoues F
Proletario sermone niinc quidem, hospes, utere,
e Cic, ad Att., 8, 11, 3: tanta malorum impendet Ilias. — dies con sinizesi. — 744. invitus con A e Ted. princ, per vitus sit di B C D. —
745. serviendae con A, per servienti di B C D. — servos, con A B, e convertito in miservos in C D. — instruxi con A, per introduxi di B C D
« ho avvezzati, educati », cfr. Bacch., 373: omnis ad perniciem instructa
domus opime e Ter., Heaut.y 450: quam ea nunc instructa pulchre ad
perniciem siet. — 74:0. mi per mihi di A B C D. — imperarent quibusve ego essem con A per impararent quibus aego aessae di B C D. —
74:7. Ulis aegrest con A, e il Camerario, per illius egressi di B C D, cfr.
Capty 701. — mihi con A e Ted. princ, e alterato in mihimeit in D,
mihi inicit B C. — meo remigio rem gerunt con A, per me horem remigiorem gero di B C D = nihiio minus ex meo animo rem gerunt} sc.
servi « eseguono i miei comandi », cfr. Bacch., 4, 4, 100: meo periclo rem
gero. — 748. odiost con A e il Grutero, per odiosae di B C D. — cum
con A B, e sostituito con ficum in C D. — malo con A e il Camerario,
per malum di B C D « col bastone », cfr. 492. — 749. certumst con A
e il Pilade, per certus di B C D . — 750. commodulum « con moderazione». — ne magno colFed. princ, per nemo agnum di B C D. L'Ambrosiano ci vien meno nuovamente da questo punto sino al v. 788. —
751. quin tu ... veterem colFed. princ, per quantu ... verem di B C D. —
veterem atque antiquam « vecchia e antiquata », trattandosi, come e noto,
di una espressione proverbiale (mihi quidvis sat est), cfr. 755 e Turpilio,
144. — 752. Tnnanzi a proletario =plebeio, vili, in BC D si legge ancora un nani, per influenza o contaminazione del v. succ — utere = uteris.
PLAUTO, Miles gloriosus,
comm. da E. COCCHIA.
$
114
PA.
PE.
M. ACCI PLAVTI
Nam i solent, quando accubuere, ubi cena adpositast,
dicere:
' Quid opus fuit istoc sumptu tanto nostra gratia ?
Insaniuisti hercle: nam idem hoc hominibus sat erat
decem.'
755
Quod eorum causa obsonatumst, ciilpant et comediint
tamen.
Fit pol illuc ad illuc exemplum: ut docte et perspecte
sapit.
S3d idem homines niimquam dicunt, quamquam adpositumst ampliter:
'Iiibe illud demi: tolle hancpatinam: remoue pernam,
nil moror:
Aiifer illam offam porcinam: probust hic conger frigidus:
760
Remoue, abi aufer': neminem eorum haec adseuerare
aiidias,
Sed procellunt sese in mensam dimidiati, dum appetunt.
— 753. i = ii, si riferisce a proletario KCXT& auveatv. — 754:. fuit istoc
col Pieckeisen, per fuit hoc dei cod., cfr. quanto alla misura del fuit 776,
1364. — 755. sat erat coll'ed. princ, per sata erant di B C D. —
756. obsonatumst, passivo, colPed. princ, per obsonatusi di B C e obsonante si di D. Questo verso e il successivo sono spostati dal Bothe dopo
il 761, ma senza bisogno, per quel che a me pare, sembrandomi naturalissima Tinterruzione di Palestrione. — 757. illuc ad iJluc col Bothe,
per illut ad illut di B C D. — perspecte colFed. princ, per perspecie di
B C D. — 758. idem con B C D = eidem. — ampliter, cfr. 260. —
759. nil moror, cfr. 280. — 760. probust hic conger frigidus per
probus hinc concer fr. di B C D, cioe questa vivanda e piu gustosa qnando
e fredda, sicche si puo conservare benissimo per un'altra occasione, cfr.
Pers., 1, 3, 25: pernam quidem meliust adponi frigidam postridie. —
762. procellunt = procumbunt, Paul., p. 225. Questa glossa trovasi riportata nel testo di B C D, e mentre a questo punto ha cacciato fuori del suo
posto in mensam, nel 779, dove il v. stesso e ripetuto, ha finito per sostituirsi completamente al v. a cui serve di glossa. — dimidiati « con mezzo
il corpo », cfr. Men., 1, 1, 27: standumst in lecto, si quid de summo petas
e Catone, presso Gellio, 3^ 14: homines defoderunt in terram dimidiatos.
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 753
PA.
PA.
PA.
PA.
PE.
774
115
Bonus bene ut malos descripsit mores. PE. Haud centensumam
Partem dixi atque, otium mihi si sit, possum expromere.
Igitur id quod agitur huic rei primum praeuorti decet.
765
Niinc huc animum aduortite ambo. mihi opus est
opera tua,
Periplecomene: nam ego inueni lepidam sucophantiam,
Qui admutiletur miles usque caesariatus, atque uti
Huic amanti ac Philocomasio hanc ecficiamus copiam,
Vt hic eam abducat abeatque. PE. Dari istanc rationem uolo.
770
At ego mi anulum dari istunc tuom uolo. PE. Quam
ad rem lisuist?
Quando habebo, igitiir rationem mearum fabricariim dabo.
Vtere, accipe. PA. Accipe a me riisum rationem doli
Quam institui. PE. Perpiirigatis damus tibi ambo operam aiiribus.
— 763-4. haud centensumam atque possum, cfr. per questa forma di
comparazione Gapt, 420: me haud centensumam partem laudat quam
ipse meriiust ut laudetur laudibus. — mihi si sit col Brix, per reisistit
di BCD. — 765. igitur, cioe poiche non abbiamo tempo. In questo
modo 1'azione ripiglia il suo corso, interrotto per dar luogo a questa scena
di carattere. — id quod agitur « al nostro compito ». — huic rei col Brix,
per hic di B C D, sulFanalogia del Trin., 1122: ut, quae cum eius filio
egi, ei rei fundus pater sit potior. — praevorti, cfr. 1093 e Capt, 460.
— 767. lepidam col Camerario, per lepidem di B C D. — 768. admutiletur usque « sia pelato, raggirato ben bene », cfr. Gapt., 266: usque admutilabit probe, Bacch., 241: quem ego faciam arietem Phrixi: ita detondebo auro usque ad vivam cutem, ib., 1125: attonsae quidem ambae
usque sunt, Pers., 829: qui me usque admutilavisti ad cutem. — miles
usque col Camerario, per milesque di B C D. — caesariatus, cfr. 64. —
uti fa seguito, in modo piu libero, al qui contenuto nel primo termine. —
769. hanc copiam == huius rei copiam, cfr. 888: ea memoria. —
770. abducat abeatque coll'ed. princ, per abduc ita beatque di B CD. —
dari col Pio, per dare di B C D; « che sia partecipata », cfr. Bacch., 366.
— 772. igitur « allora », cfr. Trin., 676. —- 773. rusum « alla tua
volta »,, cfr. 525. — 774. institui coi cocld., per institi suggerito dal
116
PA,
PA.
PE.
PA.
PE.
M. ACGl PLAVTI
Erus meus ita magnus moechus miilierumst, ut neminem
775
Fiiisse aeque neque futurum credo. PE. Credo ego istiic
idem.
Itaque Alexandri praestare praedicat formam suam:
Atque omnis se ultro sectari in Epheso memorat miilieres.
Edepol qui te de isto multi cupiunt non mentirier:
Sed ego ita esse ut dicis teneo piilcre. proin, Palaestrio,
780
Quam potis tam uerba confer maxume ad compendium.
Ecquam tu potis reperire forma lepida miilierem,
Quoi facetiarum cor corpiisque sit plenum et doli?
Ingenuamne an libertinam?
PA. Aequi istuc facio,
diim modo
Eam des quae sit quaestuosa, quae alat corpus corpore
785
Fleckeisen, sull'analogia di astutiam dolum instituere, a cui e pienamente
conforme la frase qui adoperata. — 776. fuisse, cfr. 754. — aeque col
Pio, per atque di BCD, sc. magnum moechum. — 777. itaque, i. e.
ut talem moechum decet. — Alexandri, i. e. formae Paridis. — 778. atque colFUssing, per itaque di B C D. — ultro, cioe senza essere invitate.
— 779. edepol qui, cfr. Capt., 3, 4, 21. Qui, come particella asseverativa,
ricorre nel lat. classico soltanto in unione di at e di quippe, ma e invece d'uso
assai piu comune presso i poeti comici. — de isto = de ista re, cfi\ Men.,
4, 2, 53: credit iam tibi de isto, illuc redi, Pers., 4, 4, 90: de istoc rogare
omitte. — non mentirier colFed. princ, per non mentior di B C D. Lambino: « quid sentit Periplecomenes ? an multos esse qui velint uxores suas
esse adulteras et moechos ultro appetere, scilicet ut, illis in adulterio deprehensis, dotem lucrentur? an multos esse alienarum nuptiarum insidiatores et adulteros, qui se a matronis et uxoribus alienis ultro appeti
cupiant? ». — 780. ita esse, sc. eum. — 781. potis, sc. est fieri « per
quanto e possibile », cfr. 457. — confer ad compendium = quam brevissime rem explica. — 782. ecquam colFed. princ, per et quam di B C D.
— potis, sc. es, cfr. 788. — 783. facetiarum cor col Camerario, per fatiarum di BCD, cfr. per la rima v. 617. — 784. an coired. princ, per
hanc di B C D. — aequi istuc facio dum col Lambino, per atque istuc
faciundum di B C D, « questo mUnteressa ben poco, basta che », cfr. Ter.,
Heaut., &, 5t 4:0: istuc aequi bonique facio, Cic, ad Att., 7, 7,4: tranquillissimus animus meus totum istuc aequi bonique facik — 785. quae-
MILES GLORIOSVS, ACT. III, 7 7 5 — 7 9 3
PE.
PE.
117
Quoique sapiat pectus: nam cor n6n potest, quod niilla
habet.
Laiitam uis an nondum lauta quae sit? PA. Sic consiicidam:
Quam lepidissumam potis quamque Mulescentem maxurne*
Habeo eccillam meam cluentam, meretricem adulescen*
tulanh
Sed quid ea usus est? PA. Vt ad te eam iam deducas
domum,
790
Itaque eam huc ornatam adducas, ex matronariim modo,
Capite compto, crinis uittasque habeat adsimuletque se
Tuam esse uxorem: ita praecipiundumst. PE. Erro quam
insistas uiam.
siuosa quae, colPed. princ, e decomposto da B C D in quaest vos aquae.
— 786. cor, diverso dal cor del 782 che accenna alla sede deirintelligenza, indica qui al pari del nostro cuore la sede dell'affetto, che manca
interamente alle persone di cui e parola in questo luogo, cfr. Cist.f 1, 1, 66:
at mihi cordoliumst. — Qui id? unde est tihi cor, commemora, obsecro,
Quod neque ego haheo, neque quisque alia mulier, ut perhihent viri e
per la frase pectus sapit, Epid., 289: sapit hic pleno pectore. — nam
colVed. princ, per iam di B C D. — nuTla — non. — 787. lautam e qui
contrapposto a consucidam: la metafora e tolta dalla lana che si chiamava
sucida, come ci avverte Varrone, quando era tagliata di fresco; consucidam
qui corrisponde in certo modo a Ter., Eun., 318: suci plenum et solidum
corpus. — 789. eccillam detto di persona assente come in Stich., 4, 1, 30
e Gapt., 5, 4, 78. — 790. sed quid ea usus con A, per sed qui te ausus
di B C D, — te: dopo te ci e iato nel v.; per evitario il Bothe sostituisce
ted. — 791. itaque = et ita, cfr. Amph., 763: itaque sum animatus. —
ex con A, omesso affatto in B C D = secundum, cfr. Cist., 2, 3, 20: ex
Tusco modo. — 792. crinis vittasque. Le fanciulle romane, quando passavano a marito, intrecciavano i loro capelli sulla testa in una foggia speciale, che trovasi cosi descritta da Varrone, 1. L, 1, 44: tutulus appellatur
ah eo quod matres familias crines convolutos ad verticem capitis quos
hahent vitta velatos tutulos e Fest., 339, 23: senis crinihus ornantur. Di
qui la frase capere crines = nuhere, cfr. Most., 1, 3, 67: si tibi sat ac~
ceptumst fore tibi victum sempiternum atque illurn amatorem tihi proprium
futurum in vita, soli gerundum censeo morem et capiundos crines e Prop.,
4, 11, 33: vinxit et aeceptas altera vitia comas. — 793. tuam con A e
Fed. princ, per tam di BCD, — erro = amhigo, incertus sum, dubito. —
118
PA.
PA.
PE.
M. ACCI PLA.UTI
At scietis. sed ecqua ancillulast illi? PE. Est prime
cata.
Ea quoque opus est. ita praecipito mulieri atque ancillulae,
795
Vt simulet se tiiam esse uxorem et deperire hunc militem:
Quasique hunc anulum suae faueae dederit, ea porro
mihi,
Militi ut darem: quasique ego ei rei sim interpres.
PE. Aiidio:
Ne me surdum uerberans fac auris. PA. Ego rectis meis
Ei dabo: a tua mi uxore dicam delatum et datum, 800
Vt sese ad eum conciliarem. ille - eiusmodist - cupiet
miser:
Qui nisi adulterio studiosus rei nulli aliaest improbus.
Non potuit reperire, si ipsi Soli quaerundas dares,
Lepidiores duas ad hanc rem quam ego habeo. habe
animum bonum.
794:. ecqua ancillulast col Goetz/per haec qua ancillast di A B C D. —
illi per illic = illa. —prime cata col Salmasio, per primicata di B C D, cfr.
Truc, 454 e Naev., com., 1: prime proba. — 795. ea quoque«anche di ci6».
— praecipito col Saraceno, per praecipio di B C D. — ancillulae, cfr. Trin.,
799. — 797. quasique « e come se » dipende da simulet, con mutamento
di costruzione, cfr. 992. — hunc colPed.princ, per hoc di A B e huc di C D.
— suae faveae, secondo una emendazione ingegnosissima dello Scaligero,
che cita aH'uopo la glossa favea TrouoiaKr] (cio? «la schiava favorita »), per
famaesae ancillae di B C D, dove ancillae fa evidentemente le veci di una
glossa. — ea, i. e. favea. — 798. ei fu aggiunto dal Bitschl. — interpres
« mezzano ». — 799. verberans fac auris col Ribbeck, per ververat uit
si audis di B C D, cfr. Amph., 1, 1, 77: hinc enim mihi dextra vox auris
verberat. — rectis meis, sc. manibus « direttamente nelle mani ». —
800. ei, con A (Ribbeck), e omesso affatto in B C D, sc. militi. — delatum,
cioe da parte della tua donna, per mezzo delFancilla, fu consegnato a me. —
801. ad eum per ei, giacche conciliarem qui fa in certo modo le veci di
domum adducerem. — eiusmodist « e proprio fatto cosi ». — miser = ex
cupidine, cioe «si struggera dal desiderio ». — 802. studiosus col dat.,
sulPanalogia del v. studere. — aliae rei « dixit Plautus pro eo quod est
alii rei», Festo, 27. — 803. Soli, sc. 8«; navr' ecpopot Kal TT&VT' ^TraKoiiei.
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 7 9 4 — 8 1 5
PA.
PL.
PA.
PL.
PA.
PL.
119
Ergo adcura, sed propere opus est.
nunc tu ausculta,
Pleusicles.
805
Tibi sum oboediens. PA. HOC facito: miles domum ubi
aduenerit,
Memineris ne Philocomasium nomines. PL. Quem nominem?
AiKaiav.
PL. Nempe eandem quae dudum constitutast. PA. Pax, abi.
Meminero: sed quid meminisse id refert, rogo ego te
tamen.
Ego enim dicam tiim, quando usus poscet. interea tace:
810
Vt, quom etiam hic aget, tu actutum partis defendas
tuas.
EO ego intro igitur. PA. Ei, praecepta sobrie adcures face.
PALAESTRIO. LVRCIO.
PA.
Quantas res turbo, quantas moueo machinas.
Eripiam ego hodie concubinam militi,
Si centuriati bene sunt manuplares mei.
815
— 804. habeo e stato aggiunto col Miiller. — 805. adcura sedpropere
col Brix, per adcuras et properas di B C D. Oon queste parole Periplecomeno
vien licenziato. — 806. hoc con CD e facito con B; queste istruzioni, che
Palestrione comunica a Pleusicle, come poi si vedra, non avranno punto il
bisogno di essere praticate, giacche la buona fede del miles non riesce nemmeno a sqspettare delPinganno che gli e ordito. — domum^ i. e. suam. —
807. quem con A B, per quam di C D, cfr. 436. — AtKCuav collo Spengel
per Diceam di B C D. — 808. pax « particula silentium imponentis »,
cioe b a s t a , TeXo<; ^X^- — a0^ c °l Camerario, per abis di B C D. —
809. rogo aggiunto coll'Haupt e col Luchs. — 810. enim, cfr. 429. —
poscet colFed. princ, per poscit di B C D. — 811. quom con C D, per nunc
di B. — hicf sc. JPeriplecomenus. — aget col Eitschl, per agit di B C D. - tu aggiunto collo Schmidt. — defendas « compia »; Pleusicle non piglia la
sua parte nell'azione prima del v. 1175. — 812. eo ego... adcures col
Ritschl, per ego ego ... ut cures. — ei col Gulielmius, per et di B C D = i.
Act. III, scaen. 2. — 813. quantas res, cfr. 138 e Gist, 2, 2, 5:
quot admoenivi fabricas, quot fallacias. — 815. bene centuriati — bene
120
Lv.
PA.
PA.
PA.
Lv.
Lv.
M. ACCl PLAVTt
Sed illum uocabo. hens Sceledre, nisi negotiumst,
Progredere ante aedis: te uoco, Palaestrio.
Non operaest Sceledro. PA. Quid iam? Lv. Sorbet
dormiens.
Quid, sorbet? Lv. Illud ' stertit' uolui dicere:
Sed quia consimilest, quom stertas, quasi sorbeas... 820
Eho, an dormit Sceledrus intus? Lv. Non naso quidem:
Nam eo magnum clamat. Tetigit calicem clanculum:
Deprompsit nardini amphoram cellarius.
Eho tii, sceleste, qui illi suppromii's: eho.
Quid uis? PA. Qui lubitumst illi condormiscere ? 825
Oculis, opinor. PA. Non te istuc rogito, scelus.
instrueti et parati, cfr. Ter., TPhorm., 230: nunc prior adito tu; ego hic
in insidiis ero Succenturiatus, si quid deficias. — manuplares sincopato
col Pareo, per manipulares di BCD, —
816. nisi negotiumst « se
non hai da fare ». —
817. progredere. A questa parola si fa innanzi
Lurcio, ma per la coscienza del mal fatto si tiene a debita distanza, cfr.
828. —
818. operae est, cfr. 252. — quid iam, cfr. 277. — sorbet
descrive il fenomeno del russare ed ha relazione con cio che aveva fatto
Sceledro, prima di addormentarsi. —
819. quid, cfr. 317. — stertit
coired. princ, per sterterit di B C D. — 820. sed quia etc., sottintendi
ideo sorbere dixi: Lurcio ubbriaco non compie il suo pensiero, e allora
Palestrione lo incalza con una nuova domanda. — 821. eho an, cfr. 302.
— 822. magnum, cfr. Most, 2, 2, 57: exclamat maxumum, Cic, Tusc, 2,
24, 56: qui volunt exclamare maius, yL6fa$od.v. — tetigit... cellarius, cioe
« sottrasse di nascosto ». II Ritschl, sulFes. del?Acidalio, attribuisce queste
parole a Palestrione e immagina che sieno da lui pronunziate sotto voce,
mentre e rivolto agli spettatori. — 823. deprompsit nardmi amphoram
col Lambino, per domi sitam ardimi nam amphoram di C D e dormis ita
arcliminam phoram di B, emendato neli'ed. princ. in dimisit nardini unam
amphoram. — nardmi, sc. vini, cioe vino profumato con nardo e
m i r r a , cfr. murrina o murrata potio e Plin., N. H., XIV, 92: vina murrae
odore condita apud priscos lautissima erant. — cellarius, e piu comunemente promus, e detto lo schiavo che provvede alla cella penaria e vinaria,
che fa le provviste opportune (condit, cfr. Pseud., 608: condus promus
sum procurator peni) e mette ogni giorno fuori il necessario (promit, depromit). — 824. eho, ripete due volte Palestrione, perche non sembra
che Lurcio abbia intenzione di rispondergli. — suppromus = vicarius
promi, cfr. subballio, subcustos. —
823. qui col Beroaldo, per quid
di B C D = cur; sennonche Lurcio interpreta quella domanda come equivalente a quomodo, e scherza su tale ambiguita, al modo stesso che in
Merc, 181: qui potuit videre? Oculis. Quo pacto? Hem hiantibus. —
MILES GL0RI0SVS, A.OT. III, 8 1 6 — 8 4 2
Lv.
PA.
PA.
Lv.
PA.
Lv.
121
Procede huc: iam periisti nisi uerum scio.
Prompsisti tu illi uinum ? LY. Non prompsi. PA. Negas?
Nego hercle uero: nam ille me uotuit dicere.
Neque equidem heminas octo exprompsi in urceum, 830
Neque illic calidum exbibit in prandium.
Neque tu bibisti? Lv. Di me perdant, si bibi,
Si bibere potui. PA. Quid iam? Lv. Quia enim obsorbui:
Nam nimis calebat, amburebat giitturem.
Alii ebrii sunt, alii poscam potitant:
835
Bono suppromo et promo cellam creditam.
Tu hercle itidem faceres, si tibi esset credita:
Quoniam aemulari non licet, nunc inuides.
Eho, an umquam prompsit antehac? responde, scelus.
Atque lit tu scire possis, <sdico tibi:
840
Si falsa dicis, Liircio, excruciabere.
Itan uero? ut tu ipse me dixisse delices:
826. scelus — sceleste, cfr. 840, 1434. —
827. iam periisti coi Lindemann, per periisti iam di B C D. — 829. votuit col Pareo, per vetuit di C D. —
830. heminas col Saraceno e col Pio, per feminas di
B C D = dimidia pars sextarii, cioe circa un mezzo litro. — 831. Ulic
col Bothe, per ille hic di B C D, con iato nella cesura. — cdlidum, sc. vinum: m senso piu generico potrebbe far anche le veci di calida. — exbibit col Guiet, per exvivit di B C D, cfr. 213. — in prandium « per, a colazione ». —
832. di me perdant « possa io morire », cfr. Gas.y 2, 3,
30: di me atque te infelicitent, si ego in os meum hodie vini guttam
indidi. —
833. potui coiPed. princ, per potuisti di B C D. — quia
enim « perche difatti», cfr. 1001, 1140. —
834. calebat amburebat
col Camerario, per cale vitam bure uat di C D B. —
835. alii, sc.
Sceledrus
et
Lurcio.
—
alii,
sc.
inter
quos
ipse
sum.
—
poscam
potitant
coli1 Acidalio e col Lipsio, per potcam potaitam di B C D: posca era una
bevanda mista di aceto e di acqua, di cui si servivano i poveri ed i soldati
quando erano in campagna, cfr. per potitant = potant v. 312. — 836. cellam, acc. cVesclamazione. — 837. itidem col Bergk, per diem di B C D
e idem dell'ed. princ. — 840. edico col Camerario, per dico di B C D. —
841. falsa colVed. princ, per palsa di B C D. — Lurcio col Gronovio e
coll' Haupt, ma in modo niente affatto sicuro, per uotio di B C D. —
842. itan col Eitschl, per ita di B C D, ha senso ironico, « proprio cosi ».
— detices = deliques, i. e. indices, explanes, aperias (Nonio, p. 98, 277),
122
PA.
Lv.
PA.
Lv.
M. ACCI PLAVTI
Post 6 sagina ego eiciar cellaria,
Vt tibi qui promptet alium suppromum pares.
Non edepol faciam: age eloquere audacter mihi. 845
Numquam edepol uidi promere. uerum hoc erat:
Mihi imperabat, ego promebam postea.
HOC, illi crebro capite sistebant cadi.
Non hercle tam istoc ualide cassabant cadi.
Sed in cella erat paulum nimis loculi liibrici;
850
Ibi erat bilibris aiila sic propter cados:
Ea saepe deciens complebatur in die:
sc. ero, cfr. Varr., L. L., 1, 106: turbida quae sunt deliquantur ut liquida fiant. — me dixisse « di aver io confessato, svelato ogni cosa ». —
84:3. eiciar^ trisillabo, coired. princ, per eicia di B C D ; e fu aggiunto col
Ritschl. — sagina cellaria = pingui cellarii officio. — 844. qui promptet
= q. promat col Ritschl, per si promptis di B C D. — 845. non edepol,
cfr. 486, 852. — age eloquere col Pareo, per agete loquere di B G D. —
846. vidi promere e contrapposto al promebam del v. successivo, cfr. per la
lunga finale dicere 1316. — verum = sed. — 848. hoc illi crebro col Brix
e col Lindemann, per hic illecebro di B e hic illi celebro di C D; hoc = hac
de causa, cioe in seguito a tal vostra premura, illi = illic, i. e. in cella.
— sistebant col Beroaldo, per sistebat di B (sistebas C D), che era la posizione che pigliavano i cadi e le amphorae, quando eran vuotate, cfr. Stich.,
5, 4, 39: quamvis de subito vel cadus vorti potest e Hor., Garm., 3, 29,
2: non ante verso bene merum cado. Le anfore terminavano in punta, e
quando erano piene si tenevano fisse nelFarena. —
849. tam si congiunge con valide = tanto opere. — istoc = ista de causa. — cassabant
e interpretato dal Brix e dal Lorenz come semplice riduzione fonetica di
quassabant, adoperato in senso neutrale (cfr. As., 403: quassanti capite)-,
perd a me sembra assai piu verosimile considerarlo qual nuovo esempio
di frequentativo del v. cado, cfr. Fest., p. 48: cassabundus frequenter cadens. —
850. paulum nimis, conservando intatta la lez. dei codici.
Si noti la pittoresca descrizione delle anfore che si riversano, in seguito
alPebbrezza feVCotta, e ii modo curioso come Lurcio esclude la propria partecipazione a tal fatto. — erat colPed. princ, per erit di B C D. — loculi
diminutivo di locus, cfr. per altri diminutivi speciali delP uso plautino
recula da res, specula, uxorcula, ralla per *rarula —
851. bilibris,
cioe di circa un litro. — aula sic, secondo un'emendazione assai felice del
Ritschl, per avilis hic di B C D; aula = olla, cioe una specie di coppa, e
sic adoperato 5GIKTIKUX per anticipare il fenomeno descritto nel v. successivo, che cioe quando s' inclinava 1'anfora, il vino da essa traboccava direttamente nelFolla, senza che altri avesse bisogno di avvicinargliela. —
852. in aggiunto collo Scaligero, sull'analogia dei luoghi affini, come Bacch.,
5, 2, 9: ter in anno. Dopo questo verso nei codici, compreso A, si leggono le
seguenti parole: ea plenam atque inanem fieri plena maxuma (sc. dicit),
MILES GL0R10SVS, A.CT. III, 8 4 3 — 8 6 5
PA.
Lv.
PA.
PA.
Lv.
PA.
123
Vbi bacehabatur aiila, cassabant cadi.
Abi abi intro iam: uos in cella uinaria
Bacchanal facitis: iam hercle ego erum adducam a foro.
855
Perii: excruciabit me erus, domum si uenerit,
Quom haec facta scibit, quia sibi non dixerim.
Fugiam hercle aliquo atque hoc in die extollam malum.
Ne dixeritis obseero huic uostram fldem.
QUO te agis? LY. Missus sum alio: iam huc reuenero.
860
Quis misit? Lv. Philocomasium. PA. Abi: actutum
redi.
Quaeso tamen, tu meam partem, infortunium
Si diuidetur, me absente accipito tamen.
Modo intellexi quam rem mulier gesserit:
Quia Sceledrus dormit, hiinc subcustodem suom 865
che il Ritschl ha avuto ben ragione di considerare come una glossa del
v. precedente, a causa soprattutto delVea che ne richiama il principio. —
853. ubi con A C D, alterato in vidi in B, per dare un reggimento a quelle
parole, che noi crediamo di dover espungere dal testo. — bacchabatur,
espressione assai felice adoperata per indicare una specie di danza bacchica,
a cui si abbandonava Folla ripiena di vino, procurando la caduta del
cadus. — aula col Beroaldo, per auia di B G D. — 854:. abi abi intro
coH'ed. princ. e col Ribbeck, per abi ablintro di C D.— iam « subito »,
cfr. 859. —
855. bacchanal « la festa di Bacco » assume sol qui il
significato delFit. « baccanale », espresso comunemente in lat. colla forma
del plur. bacchanalia. — iam « ora >. — adducam a foro col Pilade e
con A, per adducata fore di B C D: Palestrione pronunzia queste parole
e fa finta di recarsi verso la citta, per andare incontro al padrone, ma sente
intanto le parole che pronunzia fra se il povero Lurcio. —
858. hoc
in die coi codici « per oggi». — extollam = differam. —
859. ne
dixeritis: questa apostrofe e rivolta agli spettatori, cfr. 1130 e Men.y 880:
vosque omnis quaeso, si senex revenerit, Ne me indieetis, qua platea hinc
aufugerim e per la lunghezza della penultima sillaba potuentis in Gish,
1, 1, 4. — huic, sc. Palestrioni, cfr. per 1'inversione Amph., 1, l, 138: illic
hoc homo denuo volt pallium detexere. —
860. quo te col Pio, per
quot tu di B C D. —
862. infortunium con Sverdsio, per infortinum
di B C D, « colpa, punizione », e un sinonimo di mdlum. —
863. dividetur, cioe fra me e Sceledro. — tamen appartiene ad accipito e rinforza il concetto espresso gia precedentemente: il termine concessivo, a cui
124
H . ACCI PLAVTI
Foras ablegauit, dum ab se hue transiret. placet.
Sed Periplecomenus quam ei mandaui miilierem
Nimis lepida forma diicit. di hercle hanc rem adiuuant.
Quam digne ornata incedit, haud meretricie.
Lepide hoc succedit siib manus negotium.
870
PERIPLECOMENVS.
PE.
Ac.
ACROTELEVTIVM. (MILPHIDIPPA). PALAESTRIO.
Eem omnem tibi, Acroteleiitium, tibique lina, Milphidippa,
Domi demonstraui ordine. hanc fabricam fallaciasque
Minus si tenetis, denuo uolo percipiatis plane.
Satis si intellegitis, aliud est quod potius fabulemur.
Stultitia atque insipientia -j- falsta haec sit,
875
Me ire in opus alienum aiit tibi meam operam pollicitari,
Tuno e Faltro tamen si riferiscono, si trova naturalmente incluso nelPabl.
ass. me absente, cfr. Oapt., 404: in tantis aerumnis. Lurcione lancia
questa insolenza, cosi piena d' arguzia, nel punto di andar via. —
866. foras col Lambino, per foris di B C D. —• ab se « da casa sua »,
cfr. 160 e 456. — transiret colPed. princ, per transire di B C D . —
867. A questo punto si apre la porta di Periplecomeno, ed egli apparisce
insieme colla ragazza che ha gia promesso di condurre in sua compagnia.
— mandavi, sc. ut adduceret. —
868. adhwant col Camerario, per
adiuvat di B e at (ut) vivat di C D. —
870. sub manus. Per indicare
il risultato sicuro o facile di una faccenda qualsiasi, anche noi siam soliti
di dire che essa si fa sotto mano, cfr. 1137.
A c t u s III, scaen. 3. —- Palestrione si tira da canto sino al v. 891, c
assiste senza farsi vedere al dialogo tra Acroteleuzio e Periplecomeno, pienc
di ammirazione e di compiacimento per Pabilita di cui danno prova e il
risultato che assicurano al suo piano. Milfidippa e in questa scena un perso
naggio muto. —
871. tibi Acroteleutium, secondo 1'emendazione proposta dallo Studemund, per acretele tibi ulium (utunum B) di B C D. —
872. ordine col Pilade, per in ordine di B C D, « dal principio alla fine »
cfr. 1165. — fabricam faTlaciasque, endiadi di « intrigo ordito a scop(
d1 iuganno ». —
873. percipiatis, sc. auribus « apprendiate ». —
875.\ falsta C D, falsa B: conserviamo intatta questa lezione, cosi eviden
temente guasta, sembrandoci mal riusciti tutti i tentativi fatti sin qu
per emendarla, a cominciare dali' insulsitasque maxima delFAcidalio pei
finire al falsa haec sit Periplecomene, suggerito dalPHasper. — haec si
colVAcidalio, per haesit di B C D. —
876. ire in opus = me dare n
MILES GL0RI0SVS, ACT. III, 866—888
PE.
PE.
Ac.
PE.
125
Si ea in opificina neseiam aut mala esse aut fraudulenta.
At melius est monerier. Ac. Meretricem commoneri
Quam sane magni referat, nil clamst.
quin egomet
liltro,
Postquam adbibere aures meae tuae oram orationis, 880
Tibi dixi, miles quem ad modum potisset deasciarei.
At nemo solus satis sapit: nam ego multos saepe uidi
Kegionem fugere consili, prius quam repertam haberent.
Siquid faciundumst mulieri male atque malitiose,
Ea sibi immortalis memoriast meminisse et sempiterna:
885
Sin bene quid aut fideliter faciundumst, eadem eueniet
Obliuiosa extempulo ut fiat, meminisse nequeat.
Ergo istuc metuo quom uenit uobis faciundum utrumque:
opus. —pollicitari = polliceri, cfr. 311 e 1058. —
877. ea in col Camerario, per eam di B C D. — opificina e la forma arcaica di officina, conservata sol qui a causa del parallelismo con opus = m opere faciundo. —
878. melius est col Pilade, per meliust di C D imelius B). — 879. quam
magni=quam parvi, paulum, minime, cfr. Men.y 755, Ter., Andr., 287.
— nil clamst, per nihil clam est di B C D = non clam est, sc. apparet
omnibuSy cfr. Ter., Andr., 287: nec clam te est quam UU utraeque res
nunc inutiles sient. — quin « che anzi », cfr. 330. — egomet ultro « senza
essere interrogata o ammaestrata », colPAcidalio, per ego mfustro di C D
ed ego insustro di B. —
880. adbibere oram « toccarono la riva del
tuo discorso », cioe intravidero il fine a cui esso mirava. — tuae oram,
col Guilelmio, per tuam moram di B C D. —
882. potisset (B C D)
= posset. — deasciarei col Palmer, per de as darei di C D, assecla rei B
= mutilari « raggirare », cfr. Asin., 360 e deruncinare 1142. — 883. regionem fugere consil% cfr. 233, dimenticarsi, perder la traccia, la direzione
o la via di cio che sL era prima pensato. — prius, avverbio che modifica
repertam. — quam, pronome relativo identico per la funzione a quom eam.
— repertam haberent col Lambino, per reperta habere di B C D, cfr. 491,
564. —
88&. ca sibi coi codici, cfr. per ea = eius 769 e per sibi non
riferito al sogg. 182. — meminisse, alla maniera greca, dipende dagli agg.
immortalis e sempitema, cfr. le espressioni orazione catus iaculari, celerem sequi ecc. — 886. bene quid aut col Camerario, per bene aut quid
aut di B C D. — faciundumst eadem eveniet col Ritschl, per faciundum
si eadem veniunt di B C D. —
887. obliviosa extempulo ... fiat... nequeat col Ritschl e col Bothe, per obliviose extemplo... fiant... nequeunt
di B C D. —
888. ergo, cfr. 63. — istuc, cioe la dimenticanza, Toblio.
— metuo quom col Muller, per metuo di B( metuquo C D, quom «in una
126
Ac.
PE.
PE.
PE.
M. ACCI PLAVTI
Nam id proderit mihi, militi male quod facietis ambae.
Dum ne scientes quid bonum faciamus, ne formida. 890
Mala miilier mers est.
Ac. Ne paue, peioribus conueniunt.
Ita uos decet. consequimini. PA. Gesso ego illis obuiam ire?
Bene opportuneque obuiam es, Palaestrio. em tibi adsunt
Quas me iussisti addiicere et quo ornatu. PA. EU, noster esto:
Venire saluom gaiideo. lepide hercle ornata incedit. 895
Palaestrio Acroteleutium saliitat. Ac. Quis hic amabost,
Qui tam pro nota nominat me? PE. Hic noster architectust.
circostanza, in un caso in cui ». — venit = evenit, obtingit, cfr. Most, 1,
1, 70: nimio celerius venit quod modeste quam itlnd quod cupide petas.
— utrumque, sc. et male atque malitiose agere et bene fideliterque. —
889. militi colPAcidalio, per militia di B C. — 890. dum ne = modo
ne; scientes « consapevolmente »: ne scientes col Beroaldo per nescientis
di B C D. — quid bonum con C D, per quod bonum di B, che sarebbe
classicamente piu corretto. —
891. mala mulier mers est « e un cattivo affare » con Brix e Studemund, per mala milla merest di C D e mala
mulier est di B, cfr. Pers., 238, Truc, 409. — ne pave e detto ironicamente, e rimbecca in modo assai sarcastico Finsolenza di Periplecomeno,
senza che vi sia bisogno per questo di ammettere una lacuna. Si noti
d'altra parte come Periplecomeno pari il colpo di Acroteleuzio con un novello tratto di spirito. — peioribus conveniunt con B D, p. convenivit
C. Lambino: « cum peioribus conveniunt, congrediuntur, versantur, nempe
cum viris et cum amatoribus, significat viros esse peiores ». — 892. ita
vos decet « cosi vi tocca », cfr. Pers.} 220. — cesso ego ire « ma perche
non vado », cfr. Pers., 2, 2, 15: cesso ire ego quo missa sum? — 893. Palaestrio em col Camerario, per palestridem di B C D, cfr. 365. — 894=. me
... adducere ...quo col Camerario e 1'ed. princ, per ne ... adduceret.. aequo
di B C D. — esto colFAcidalio, per esio di B C D, « sii il benvenuto », cfr.
351 e BaccJi., 443. —
895. Questo verso fu qui spostato dal Ritschl,
laddove nei codici segue al v. 891. — venire coll'ed. princ, per venere di
B C D. — ornata col Lorenz, a causa del metro, per ornatus di B C D,
si riferisce ad Acroteleuzio che procedeva ornata ex matronarum modo.
896. quis hic amabost col Camerario, per qui sic ambo est di
B C D. —
897. nota nominat me col Guiet, per notam minat notam
e di B C D. — arcliitectus ~ totius fabricae et consilii primus auctor et
MILES GLORIOSVS, ACT. III, 8 8 9 — 9 0 9
Ac.
PA.
PE.
Ac.
Ac.
PA.
PA.
PA.
Ac.
PA.
127
Salue, architecte. PA. Salua sis. sed dic mihi, ecquid
hic te
Onerauit praeceptis? PE. Probe meditatam utramque
diico.
Audire cupio quem ad modum: nequid peccetis paueo. 900
Ad tua praecepta de meo nil his nouom adposiui.
Nempe ludiflcari militem tuom eriim uis? PA. Exlociitast!
Lepide et sapienter, commode et facete res paratast.
Atque hiiius uxorem esse te uolo adsimulare. Ac. Fiet.
Quasi militi animum adieceris simulare. Ac. Sic futiirumst.
905
Quasique ea res per me interpretem et tuam ancillam
adcoeretur.
Bonus uates poteras esse: nam quae siint futura dicis.
Quasique anulum hunc ancillula tua abs te detulerit
ad me,
Quem porrd ego militi darem tuis uerbis. Ac. Vera
dicis.
inventor. — 898. sis sed colFed. princ, per sissiet di B C D. — 899. oneravit, cfr. Epid., 2, 3, 29: dolis astutiisque onustam. — $robe> cfr. 608. —
meditatam « impratichita », e il part. deponente di meditari adoperato in
senso attivo, cfr. Epid., 1. c.: eam permeditatam ... mittam. — 900. paveo
colTed. princ, per pavevo di BCD. — 901. his, i e. midieribus, dat.
commodi. — novom adposivi colPed. princ, Camerario ed Acidalio, per
nomovat posui di B C D. —
902. exlocutast con B C D, in forma
esclamativa, per exlociMs delPed. princ, accettato da tutti gli altri editori. —
903. facete colFed. princ, per facite di B C D, cfr. 39 e 739.
— paratast col Camerario, per paratae di B C D. —
904z. esse te col
Camerario, per tu di B C D. — adsimulare col Pilade, per adsimulari di
B C D. — fiet coll'Acidalio e il Beroaldo, per fiat, cfr. Pers., 678: quod
futnrumst praedicas. — 905. animum adieceris « abbi messo gli occhi
addosso », cfr. Poen., 1174. — 906. ea res col Ritschl, per aeres est di
B C D. — adcoeretur = adcnretur col Lindemann, per eieceretur di B e
ceretur di C D. —
907. bonus vates esprime la persuasione che ha
Acroteleuzio di riuscire perfettamente nel proprio disegno, cfr. Rud.> 1323.
— nam quae col Camerario, per num qui di B C D. —
908. adme
coll'ed. princ, per ame di B C, aome di D. —
909. gorro aggiunto
128
PE.
PA.
M. ACCI PLAVTI
Quid istis nunc memoratis opust, quae commeminere?
Ac. Meliust.
910
Nam, mi patrone, hoc cogitato: ubi probus est architectus,
Bene lineatam si semel carinam conlocauit,
Facile esse nauem facere, ubi fundata constitiitast.
Nunc hic carina satis probe fundata et bene statutast:
Adsiint fabri architectique a me a te haud imperiti.
915
Si non nos materiarius remoratur, quod opust qui det,
Noui indolem nostri ingeni, cito erit parata nauis.
Nempe tii nouisti militem, meum eriim? Ac. Eogare
mirumst:
Populi odium quidni nouerim, magnidicum, cincinnatum,
Moechum unguentatum? PA. Niim ille te nam nouit?
Ac. Numquam uidit:
920
col Ritschl, cfr. 795. -— tuis verbis, cfr. 1176. —
910. commeminere
si riferisce ad entrambe le ragazze, che ha condotto seco Periplecomeno. —
912. lineatam col Camerario, per liniatam di B C D « disegnata », cfr.
Poen., 905: proba materies datast, si probum adhibes fabrum. Lambino:
« totus hic locus qui sequitur allegoria constat. Significatur autem per
navem negotium consiliumque susceptum de decipiendo milite, per carinam
commentum et fallacia totius denique fabricae ratio et fundamentum, per
fabros Periplecomenus et meretrices, per architectum Palaestrio, per materiarium miles ». — 913. fundata constitutast, sc. carina. Quantunque
queste parole si ripetano, suppergiu, nel v. successivo, a riguardo di quella
nave immaginaria, a cui Acroteleuzio rassomiglia Tintrigo ordito da Palestrione, non veggo pero in questo una ragione sufficiente per espungerle
dal testo e ritenere col Eitschl, che esse abbiano scacciato dal loro posto
un emistichio, che noi non avremmo poi modo di sostituire. — 914:. hic
con B C D, per haec che vi sostituiscono tutti gli altri editori sulPes. del
Camerario. — probe fundata et bene statutast coirAcidalio, per profundata bene et statutast di B C D. —
915. a me a te haud con iato
innanzi ad h, per ate amea ut di C D, ate amaut B. La presenza di questi
due pronomi e giustificata dal nos successivo, come il plur. architecti non
trova alcuna difficolta nel sing. del v. 910. —
916. materiarms, sc.
negotiator qui materiem praebet. — quod opust col Lambino, per quod
opus di B C D, e oggetto di qui det. —
917. indolem ingenii « le
naturali attitudini ». — 919. quidni noverim colFed. princ, per quinni
noverit di C D. —
920. iUe te nam col Bothe, per illa etaenam, di
MILES GLORIOSVS, ACT. III, 9 1 0 — 9 3 2
129
Qui nouerit me quis ego sim ?
PA.
PA.
PE.
PA. Nimis lepide fabulare:
Eo potuerit rem lepidius pol fieri. Ac. Potine ut hominem
Mihi des, quiescas cetera? ni hidificata lepide
Ero, ciilpam omnem in me imponito. PA. Age igitur
intro abite:
Insistite hoc negotium sapienter. Ac. Alia ciira. 925
Age, Periplecomene, has minciam duc intro. ego ad
forum illum
Conueniam atque hunc ei anulum dabo, atque praedicabo
A tiia esse uxore mihi datum eamque illum deperire.
Hanc ad nos, quom extemplo a foro ueniemus, mittitote,
Quasi clanculum ad eum missa sit. P E . Faciemus; alia
ciira.
930
VOS modo curate: ego illiim probe iam oneratum huc
acciebo.
Bene ambula, bene rem geras. Egone hoc si ecficiam
plane,
CD. —
921. qiii = quomodo. —
922. potuerii col Camerario,
per potiverim di B C D . — potine == poiisne est fieri ut Lambino: « da
mihi modo hominem, quod ad cetera attinet, otiosus sis ». — 924:. ludificata ero con B C = ludificavero, Nonio, 476, 29. — age col plur., cfr.
78 e si noti Piato in cesura. —
925. insistite, cfr. 793. — alia cura
= hoc ne curaveris, cfr. Pseud., 1, 8, 6: potin ut aliam rem cures? —
926. nunciam con D e il Camerario, per nuntiam di B C, cfr. 359. —
ad forum — apud forum. —
928. a tua coll'ed. princ., per attua di
B C D . — esse... datum col Ritschl, per datum esset di B C D . — eamqiie
coll'ed. princ, per eamquam di B C D. —
929. hanc colFed. princ,
per hoc di D e hec di B, accenna a Milfidippa. — quom col Camerario, per
quam di B C D. — mittitote col Bothe, per mittito di B C D : il sogg. e
Periplecomeno e Acroteleuzio. —
930. ad eum missa col Pilade, per
admissa di B C D. —
931. oneratum, sc. mendaeiis, cfr. Bacch., 2,
3, 115: ille est oneratus recte et plus iusto vehit; Most., 2, 1, 8 3 : advenienti sarcinam imponam seni; ib., 778: senex vehit cliteUas. —oneratum
huc acciebo coll'ediz. princ, per oneratur hunc acciebo di B C D. —
932.
bene ambula, cfr. Gapt., 2, 3, 92. — geras col Seyffert, per gerat di
B C D. — egone con B e il Camerario, per egonec di C D, cfr. 310. —
PLAUTO, Miles gloriosus,
comm. da E. COCCHIA.
9
130
PE.
PE.
M.
ACCI PLAVTI
"Vt concubinam militis meus hospes habeat hodie
Atque hinc Athenas auehat: si hodie hunc dolum dolamus,
Quid tibi ego mittam miineris!
Ac. Datne ab se
mulier operam?
935
Lepidissume et compsissume. Ac. Confido confuturum.
Vbi facta erit conlatio nostrarum malitiarum,
Haud uereor ne nos subdola perfidia peruincamur.
Abeamus ergo intro, haec uti meditemur cogitate,
Vt adcurate et commode hoc quod agiindumst exsequamur:
940
Nequid, ubi miles uenerit, titubetur. Ac. Tu morare.
934. avehat col Dousa, per habeat di BCD. — si, aggiunto col Grutero
e col Camerario. — dolum dolamus, falsa fig. etimologica, cfr. fabrica e
Cic, ad Att., 13, 47 a: qiwd iusseras edolavi. —
935. quid...imcneris = qiiale o quantum munus. — datne. II Ritschl ammette a questo
punto una lacuna, e gli editori tedeschi giurano senz'altro nelle sue parole,
quantunque gia TAcidalio avesse dato molto acutamente la chiave di
questo enigma, scrivendo: « non quaerit senex quid mittendum mulierculae sit muneris, aut illa respondet quidvelit; sed quasi per admirationem quantum, ait, muneris tibi mittam ». — ab se per ab si di BCD.
Lambino: « additne mulier, nempe Philocomasium, ad hanc rem pro sua
parte operam? adiuvatne hoc negotium quod gerimus Philocomasium opera
sua? ». — 936. lepidissume et compsissume con Hertz, per lepidi sum
et comissumet di BCD, dal gr. KOJUIJJUJC; « scaltramente, astutamente ».
— confido confuturum col Camerario, per conf cumfuturum di B C D =
« confido nos hoc negotium ex animi sententia confecturas » Lambino. Queste
parole attribuiamo con B C D e coll/ed. princ. ad Acroteleuzio, laddove il
Ritschl, suU'es. deH'Acidalio, le mette in continuazione colle altre di Periplecomeno; cfr. quanto a confuturum, adoperato soltanto qui per ragione
della rima iniziale, Ter., Andr., 1, 1, 140: spero confore e Ad.f 946: ego
dicam hoc qiiom confit quod volo. —
937. malitiamm coll'ed. princ,
per militiarum di B C D. —
939. abeamus col Camerario, per habemus di B C D. — cogitate, cfr. glossa: « cogitatim adverbialiter pro cogitate». —
941. morare, sc. nos, cfr. 1306. Entrano tutti e tre in
casa di Periplecomeno.
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 933—951
131
A G T V S IV.
PYKGOPOLINICES.
PY.
PA.
PY.
PA.
PALAESTRIO.
Volup est quod agas, si id procedit lepide &tque ex sententia.
Nam ego hodie ad Seleueum regem misi parasitum
meum,
Vt latrones quos conduxi hinc ad Seleucum diiceret:
Qui eius regnum tiitarentur, mihi dum fieret otium. 945
Quin tu tuam rem ciira potius quam Seleuci, quae tibi
Condicio noua et liieulenta fertur per me interpretem.
Immo omnis res posteriores pono atque operam do tibi.
Loquere: auris meas profecto dedo in dicionem tuam.
Circumspicedum, nequis nostro hic aiiceps sermoni siet:
950
Nam hoc negoti clandestino ut agerem mandatumst
mihi.
Actus IV, scaen. 1. — Pirgopolinice ritorna dal foro in compagnia
di Palestrione. —
942. volup con C D e Ted. princ, per voluptas di
B : costr. volup est si id quod agas procedit. — atque ex col Kitschl, per
at di B C D. — 943. nam, cfr. v. 72. — 944. latrones, cfr. v. 499.
— 945. qui colFed. princ, per quae di B C D. — 946. quin cura:
questo costrutto del quin si e svolto dall' altro, in cui il quin « perche
non » si trova seguito dalla seconda pers. del pres. ind., cfr. 1041, 1062.
— tu tuam colPed. princ, per tuta uam di C D, tuam B.— quae «giacche »,
e un relativo con senso causale, che si unisce Kara otiveoiv alla prop. precedente. —
947. condicio « una proposta, un invito ». — per me interpretem -« per mezzo mio », cfr. Serv., ad Aen.} 4, 608: veteres enim interpretem conscium et auctorem dicebant. — 949. dedo coli'ed. princ,
per dido di B C D. —
930. circumspicedum col Guiet, per circumspicito cum di B C D, colP enclitica dum che si trova comunemente adoperata come affisso in nondum, primumditm, vixdum ecc —- siet colPediz.
princ, per sit di BCD, cfr. Sticli., 1, 2, 45: numquis hic est alienus nostris dictis aticeps auribus ? —
951. mandatumst col Camerario, per
132
PY.
PY.
PY.
PA.
PY.
M. ACCI PLAVTI
Nemo adest.
PA. Hunc arrabonem amoris primum a
me accipe.
Quid hic? undest? PA. A liiculentast ac festiua femina,
Quae te amat tuamque expetessit piilcram pulcritiidinem.
Eius hunc mi anulum ad te ancilla porro ut deferrem
dedit.
955
Quid ea? ingenuan an festuca facta e serua liberast?
Vah: egone ut ad te ab libertina esse auderem interniintius,
Qui ingenuis satis responsare nequeas, quae cupiiint tui ?
Niiptanest an uidua? PA. Et nupta et uidua. PY. QUO
pacto potis
Niipta et uidua esse eadem ? PA. Quia adulescens nuptast ciim sene.
960
mandatus di B C D. -— 952. amoris ... aceipe colFed. princ, per moris ...
aceepi di BCD. — 953. quid hic, cfr. 167,441. — a luculentast ac = a
formosa ac, col Klotze, per a luculenta atque di BCD. — 954. tuamque
expetessit col Pio e col Ritschl, per tumque expetisset di B C D. — pulcram pulcritudinem, cfr. miserruma miseria, amoenitas amoena ecc. —
955. eius hunc colPAcidalio, per eis (eius B) nunc di B C D; eius appartiene ad ancilla, cfr. 968. — deferrem colFed. princ, per deferret di B C D.
—
956. quid ea, cfr. 952, 1016 e Oapt., 2, 2, 20: quid tu? servosne
esse an liber mavelis memora mihi. — ingenuan an colPAcidalio per
ingenua ac di B C D. — e serva col Dousa, per servare di B C D. Dousa:
« per festucam liber quis fieri potest, ingenuus non potest, nisi quis ante
fuerit. Est autem festuca idem quod vindicta, nimirum virga praetoris
manu mittentis a lictore imponi solita». —
957. ad te... auderem
coired. princ, per abste... audere di BCD « avrei osato o potuto osare »,
si riferisce al momento in cui gli fu fatta la proposta dall' ancitta. —
958. responsare col Grutero, per responsaret di C D, responderet B. —
nequeas quae cupiunt tui collo Scioppio, per neque asque cupit (as capiti B) uti di B C D, cfr. Trin., 841 e per la costruz. col gen. anche i v. fastidire, studere, vereri ecc. —
959. nuptanest an vidua col Ritschl,
per nuptan istanuida di C D e nuptanst vidua di B. — quo colFed. princ,
per quid di B C D. — 960. eadem colFed. princ, per adem di C, idem
B, asdem D. — quia ... nuptast col Camerario, per qui nupta si di B C D.
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 9 5 2 — 9 7 0
PY.
PA.
PA.
PA.
PY.
133
Etigae. PA. Lepida et liberali formast. PY. Caue mendacium.
Ad tuam formam illa lina dignast. PY. Hercie pulcram
praedicas.
Sed quis east? PA. Senis hiiius uxor Periplecomeni e
proxumo.
Ea demoritur te atque ab illo ciipit abire: odit senem.
Niinc te orare atque obsecrare iiissit ut eam copiam 965
Sibi potestatemque facias. PY. Ciipio herele equidem,
si illa uolt.
Quae cupit? PY. Quid illa faciemus concubina quae
domist?
Qain tu illam iube abs te abire quo lubet: siciit soror
Eius huc gemina uenit Ephesum et mater accersiintque
eam.
Eho tu, an uenit Ephesum mater eius?
PA. Aiunt
qui sciunt.
970
—
961. cave mendacium, sc. dicas. — 962- ad tuam formam =
Ttp6<; TO aov K&WOC, « a paragone di », cfr. Ter., JEun., 361: nihil (est
forma iJlius) ad nostram hanc; Gic, Be Or., 2, 6, 25: quem cognovimus
virum ftonum et litteratum, sed nihil ad Persium. — dignast, sc. quae
comparetur. — pulcram col Pio, per pulcrum di BCD. — 963. qitis,
cfr. 362. — e fu aggiunto col Bach. —
964. demoritur = deperit,
cfr. 1033. — ab illo cupit colPAcidalio e col Bothe, per abilo cipit di
B C D. —
965. iussit, sc. me. — eam copiam coll'ed. princ, per eam
capiam {civpiam B) di BCD = eius rei copiam, sc abeundi a viro. —
967. quae cupit = quaen cupiat, cfr. v. 66. Lambino: « proinde quasi
dicat, non est dubium quin illa velit, cum cupiat, vel quippe quae cupit,
plus est enim cupere quam velle ». — quae domist colPed. princ, per
quando mist (misit B) di B C D. Ussing: « haec consultatio de Philocomasio dimittenda infra 1086-1120 redit, et illic quidem quin suo loco legatur dubitari nequit,hic optime abesse potuit.Verum ohstat quod v.1089 s.
Palaestrio ait se haec iam semel dixisse. Quod si gravius hanc fabulam
retractam esse statuimus, tamen non video quomodo cuiquam in mentem
venire potuerit haec addere, ut infra diceret ea iam semel dicta esse;
potius ipsum poetam inter scribendum haec occupasse credo ». — 968. quo
lubet colPed. princ, per quod iubet di B C D. — sicut « cosi ad esempio
puoi dire che »,cfr. 516. —
969. huc gemina col Grutero, per uggeminam di B C D. — venit colPediz. princ, per venite di B C D. —
970. eho ta an venit col Goetz, per eon tu advenit di B C D. —
134
PY.
PA.
PA.
PY.
PY.
PY.
M. ACCI PLAVTI
Hercle occasionem lepidam, ut mulierem excludam foras.
Immo uin tu lepide facere? PY. Loquere et consilium
cedo.
Vin tu illam actutum amouere, a&s te iit abeat per gratiam?
Cupio. PA. Tum te hoc facere oportet. tibi diuitiarum adfatimst:
Iiibe sibi aurum atque ornamenta, quae illi instruxti
miilieri,
975
Dono habere abire auferre ea abs te quo lubeat sibi.
Placet ut dicis. sed ne et istam amittam et haec mutet
fidem
Vide modo.
PA. Vah, delicatu's, quae te tamquam
oculos amet.
Venus me amat. PA. St, tace: aperitur foris: concede
huc clanculum.
Haec celox illiust quae hinc egreditur internuntia. 980
eius colPed. princ, per aevius di BCD. — aiimt: Palestrione qui sfugge
alla domanda, mentre invece in 1096 risponde in modo piu determinato
e preciso. —
971. excludam coi cod., in luogo di extrudam che vi
sostituisce il Lambino, in base al principio, non sempre rigorosamente seguito, che « extruditur qui intus est, excluditur qui volt quidem introire
sed prohibetur introitu »; pero 1' uso di prohibere anche nel primo significato (Ter., Phorm., 425: aut quidem cum uxore hac ipsum prohibebo
domo) giustifica, a nostro avviso, anche quello del suo corrispettivo excludere. —
973. abs te collo Studemund, per a te di B C D. — per gratiam — cum bona pace « di buon volere, in buoni termini ». cfr. 1194 e
Ter., Phorm., 621: cum bona potius gratia quam cum mala. — 974:. tum
« allora, in questo caso », cfr. 325. —
975. sibi si riferisce al sogg.
delPinf. successivo (illam mulierem), che a causa del dat. che lo precede
e stato ivi omesso. — instruxti col Camerario, per instruxit di B C D. —
976. abire ...ea aggiunto col Ribbeck e col Goetz. —
977. et istam
col Brix, per istam di B C D. — mutet fidem « non mantenga la sua promessa ». —
978. delicatu's — Tpuqpac;, iocaris, delicias facis « tu
scherzi», cfr. Most, 4, 2, 32: puere, nimium es delicatus. — quae « poiche
essa ». — oculos, sc. quibus nil carius, cfr. 1326 e Curc, 1, 1, 16: oculissimum — carissimum. —
979. st col Camerario, per ast di B C D,
silentii nota compntata come nn monosillabo, cfr. Most, 489, Pseud., 466.
— aperitur col Reiz e Bentley, per aperiuntur di B C D. — 980. celox
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 971 — 988
PY.
Quae celox?
PA. Ancillula illius est quae hinc egreditiir foras:
Quae anulum istunc attulit quem tibi dedi. PY. Edepol haec quidem
Bellulast. PA. Pithecium haec est prae illa et spinturnicium.
Viden tu illam oculis uenaturam facere atque aucupium
aiiribus ?
MlLPHIDIPPA.
MI.
PY.
Mi.
135
PYRC40POLINICES.
PALAESTRIO.
Iamst ante aedis circus ubi sunt liidi faciundi mihi. 985
Dissimulabo, hos quasi non uideam neque esse hic etiamdiim sciam.
Tace: subauseultemus, ecquid de me fiat mentio.
Numquisnam hic prope adest qui rem alienam potius
curet quatn suam?
*= K€\rjc;, KeXiqTiov «navicula propter eeleritatem et ad speculandum et
ad nuntios ferendos apta », cioe « battello avviso ». L'opposto di celox b
corbita (donde l'it. « corvetta »), formata da corbis, che indica una nave
pesante e lenta da trasporto, cfr. Poen., 543: obsecro hercle operam celocem hanc mihi, ne corbitam date. — hinc col Beroaldo e lo Scaligero,
per hic di B C D. —
981. quae col Bothe, per quae haec di B C D .
— hinc col Beroaldo, per hic di B C D. — 983. pithecium, i. e. simia,
cfr. Enn., Sat, v. 45: simia quam similis, turpissima bestia, nobis. —
spinturnicium da spintumix « est avis genus turpis figurae, ea graece dicitur, ut ait Santra, airivGapic; » Fest., 330 e Plin., N. H., 10, 36: « inauspicata est et incendiaria avis, propter quam saepe numero lustratam urbem in annalibus invenimus. Quae sit avis ea non reperitur nec traditur,
alii spinturnicem eam vocant, sed haec ipsa quae esset inter aves, qui se
scire diceret non inveni ». —
984. oculis venaturam con Nonio, per
oculi suae naturam di B e oculis ut naturam di C D. Si notino le due
belle ed espressive metafore prese dalla caccia.
Actus IV, scaen. 2. — 985. iamst colFed. princ, per tam est di
B C D. — ludi faciundi col Camerario, per ludificandi di B C D, cfr. per
1'uso di questa stessa metafora Cornic, fr. 6: quid cessamus ludos facere?
circus noster ecce adest. —
986. dissimulabo = simulabo, con anticipazione della negativa seguente. - - etiamdum, cfr. Pseud., 957: nihil
etiamdum; Bud.t 1381: etiam hauddum. —
987. ecquid de me col
Camerario, per haec quid deme di B^C D, cfr. Truc, 2, 6, 24: ecquid mei
similist? — 988. numquisnam hic coi codici, per numquis hic di Eeiz
136
PY.
M. ACGI PLAVTl
Qui aiicupet me quid agam ? qui de uesperi uiuat suo?
Eos nunc homines metuo mihi ne obsint, neue obstent
uspiam,
990
Domo si ibit ac dum hiic transibit, quae huius cupiens
eorporist,
Quae amat hunc hominem nimium lepidum et nimia
pulcritudine,
Militem Pyrgopolinicem. PY. Satin haec quoque me
deperit?
Meam laudat speciem. PA. Edepol huius sermo haud
cinerem quaeritat.
QUO argumento? PA. Quia enim loquitur laiite et minume sordide.
995
e Brix, forma il primo piede del settenario trocaico. Lambino: « curiosum
describit, qui aliena negotia curat, sua negligit ». —
989. aucupet
per aucupetur « est tralatio ab aucupibus ad eos qui auribus et oculis
excipere conantur quid ab aliquo geratur et dicatur » Lambino. — me
quid agam qui de col Camerario ed A, che da questo punto ritorna in
nostro aiuto, per me quid aquam quidem di B C D. — de vesperi vivat
suo = qui habeat domi unde cenet. Lambino: «per vesperum cenam
significat, quia Eomani vesperi cenabant. Quod autem ad huius loci sententiam attinet, credibilius est eos, qui de suo vivunt et qui habent domi
quod edant et cenent, neque foris quaerere coguntur, curiosos esse et aliena
curare, quam qui domi esuriunt », cfr. Rud., 181: situ de illarum cenaturus vesperi's (« se devi vivere alle loro spalle o a loro spese»), IUis curandum censeo, Scepamio; si apud med esuru's, mihi dicari operam voh
e Truc, 136: nimis otiosum te arbitror hominem esse. — Qui arbitrare?
— Quia tuo vestimento et cibo alienis rebus curas. —
990. obsint,
mentre cioe, s'intende, ho premura di compiere la missione affidatami dalla
mia signora. —
991. Prima di questo verso il Goetz, sulFes. del
Seyffert, inserisce quesfaltro ricostruito dai frammenti, che lo Studemund
ha letto sul margine del cod. Ambrosiano: mea era, quoius propter amorem cor nunc miserae contremit. — domo si ibit ac dum huc transibit
con B C D e Ted. princ. = domo si exibit era mea atque interea dum
huc transibit, « per di qua ». La forma generica quae h molto adatta a
destare maggiormente V attenzione del miles, cosi come la possibilita accennata dalle parole deWancilla non impegna affatto la parola o le intenzioni della sua padrona. — 993. saiin, cfr. 395. — 994. sermo col Grutero, per sermonis di B C D. — haud cinerem quaeritat, i. e. satis splendet,
nec iis opus est quibus clipeus aliaque aenea detergeri solent, cioe e
chiaro e non ha bisogno d'esser ripulito, per scorgerne il senso, cfr. Poen.,
969: cretast profecto haec horum hominum oratio, Ut mi absterserunt
bmnem sorditudinem. —
995. quo argumento = quo pacto, qua de
MILES GLORIOSVS, ACTo IV, 9 8 9 — 1 0 0 2
PY.
PY.
PA.
137
Quid ait istaec?
PA. De te loquitur, nihil attrectat
sordidi.
Tum aiitem illa ipsast nimium lepida nimisque nitida
femina.
Hercle uero iam adlubescit primulum, Palaestrio.
Priusne quam illam oculis uidisti? PY. Video id quod
credo tibi:
Tum haec celocula illam absentem siibigit me ut amem.
PA. Hercle hanc quidem
1000
Nil tu amassis: mi haec desponsast. tibi si illa hodie
mipserit,
Ego hanc continuo uxorem ducam. PY. Quid ergo hanc
dubitas conloqui?
causa, cfr. 1008. — quia enim, cfr. 830. — 996. quid ait istaec con
A B (q. ad i. C D): il m i 1 e s o non capisce il discorso alquanto delicato
di Palestrione, o pur finge di non capirlo, per provocare una novella adulazione del suo servo. Poiche questo verso e stato ricavato quasi integralmente anche da A (Studemund), io non veggo il bisogno di espungerlo
dal testo, sol perche riproduce qualche espressione, che fa parte anche del
v. antecedente. — nihil attrectat sordidi sc. « ista, ubicumque de te loquitur, purissimis omnia manibus tractat »: « non dice nulla di sconveniente, dice cose molto garbate ». —
997. tum autem « pero anche
essa la sua padrona »: anche questa frase, per mezzo di nitida, si attacca
al cinerem haud quaeritat. —
998. adlubescit = lubere incipit « comincia a piacermi». — primulum « fin dal primo momento », cioe a vedere le persone di cui si circonda o di cui si serve, cfr. Amph., 735: primulo dilucuh; Cas., prol. 40: primulo crepusculo. — 999. illam coll'ed.
princ, per iliam di BCD. — vidisti col Reiz, per tuis di B C D. — video
id quod credo tibi = « satis sibi videre videtur ea quae narranti servo
credit» Ussing, cioe io credo a te che essa sia assai bella, e ci6 in cui credo
val come se 1'avessi veduto, cfr. il proverbio Asin.} 1, 3, 50: semper oculatae manus sunt nostrae, credunt quod vident. — lOOO. tum colPed.
princ, per cum di B C D, aggiunge un novello motivo al precedente. —
celocula col Bugge, per elocutam di B C D, cfr. 979: il m i 1 e s effonde in
diminutivi la propria tenerezza. — illam absentem coirUssing, per illam
autem absentem di BCD, cioe la padrona. — subigit. Ussing: « quod
Br. et Ribb. illa absente scribunt, verbum amem obiecto carere non potest, nec miles dixit se era absente ancillam amare, sed ancillae pulchritudinem se adducere ut eram amet, quippe quae ancilla pulchrior esse debeat. Quae probans Palaestrio, tu vero absentem ama praesentem amare
noli». —
1001. nil...mi per nihil... mihi di B C D. — desponsast,
una felice improvvisazione di Palestrione, conforme affatto alP intreccio e
natura di simili commedie. —
100%. hcinc... ergo} cfr. 951. —
138
PA.
PA.
PA.
Mi.
Mi.
Mi.
Mi.
M. ACCI PLAVTI
Sequere hac me ergo. PY. Pedisequos tibi sum. Mi. Vtinam, quoius gratia
Foras sum egressa, conueniundi mihi potestas euenat.
Erit et tibi exoptatum obtinget: bonum habe animum,
ne formida.
1005
Homo quidamst qui scit quod quaeris ubi sit. Mr. Quem
ego hic audiui?
Sociiim tuorum conciliorum et participem eonsiliorum.
Tum pol ego id quod celo haud celo. PA. Iramo etiam,
sed non celas.
QUO argiimento? PA. Infidos celas: ego siim tibi firme
fidus.
Cedo signum, si harunc Baccharum es. PA. Amat mulier quaedam quendam.
1010
Pol istuc quidem multae. PA. At non multae de digito
donum mittunt.
1003. gratia, secondo una felicissima congettura del Mtiller, per causa
di BCD. — 1004:. evenat col Ritschl, per eveniat di B C D, cfr. Trin..,
41. —
1005*1085.
Settenarii anapestici. Palestrione e Milfidippa
conversano insieme, in modo per6 che il m i 1 e s li senta. — 1005. erit,
sc. conveniundi potestas. — exoptatum. Lambino: « haec quoque sic loquitur Palaestrio, ut spectatores soli exaudiant, quamvis ad ancillam
dirigantur: audit enim illa vocem tantum, non verba exaudit ». —
1006. homo quidam, sc. ego. — quod quaeris, sc. miles, colla syll.
anceps in dieresi e col quem che non si elide. — 1007. consiliorum
col Bothe, per consiliarium di B C D, sostituito dal Ritschl con celatorum.
—
1008. tum, cfr. 326, 973. — immo etiam « proprio cosi », sc. celas
e cfr. 1394. — sed non celas « ma cio non ostante tu non celi abbastanza», con A B C D. II Luchs, d'accordo coll'Ussing, sostituisce invece:
immo et celas et non celas. —
1009. ego « ma io ai contrario *. —
firme fidus col Ritschl e con A, per firma fides di B e firme fidelis di C D. —
1010. signum = tessera e cfr. Tac, Ann., 13, 2: signum dedit optimae
matris. — Baccharum es col Camerario, per b. est di B C D : il segno,
la parola, il motto a cui si riconoscevano tra loro gli iniziati ai misteri
di Bacco. Le societa segrete delle Baccanti, a causa delle mostruosita e
delitti che commettevano, furono denunziate al magistrato romano nel1'anno 568/186 e conseguentemente sciolte. Ad esse allude frequentemente
Plauto nelle sue commedie, cfr. Amph., 2, 2, 71, Aul., 3, 1, 3, Bacch., 1,
1, 19 e 3, 1, 4, Gas., 5, 4, 10.— amat: sePultima sillaba non fa posizione,
conviene che si consideri come lungo Ves in dieresi. —
1011. istuc,
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1003—1018
Mi.
PA.
PY.
PA.
PA.
PY.
139
Enim cognoui nunc: fecisti modo mi ex procliuo planum.
Sed hic numquis adest? PA. Vel adest uel non.
Mi. Cedo te mihi solae solum.
Breuin an longinquo sermone? Mi. Tribus uerbis.
PA. Iam ad te redeo.
Quid ego? astabo hic tantisper cum hac forma et factis
sic friistra?
1015
Patere atque asta: tibi ego hanc do operam. PY. ProipeYkdum: stan&o exerucior.
Pedetemptim tu hauscis tractari solitas hasce huiusmodi
mercis?
Age age, ut tibi maxume concinnumst. PA. Nullumst
hoc stolidius saxum.
sc. faciunt, cfr. Asin., 5, 2, 88: quod ancillas meas suspicabar, sc. facere.
— 1012. enimf cfr. 431. — planum col Guilelmio, rjer patrem di B C D,
cfr. Bud., 1132: faciam ego hanc rem planam ex procliva tibi e Asin.,
663: nam istuc proclivest quod iubes me plane conlocare. Si noti che
Pagg. proclivus (class. proclivis) e qui adoperato in contrapposto di ph,nus e con senso subordinato ad esso; mentre invece da solo prende il significato di cosa facile ad a v v e r a r s i , cfr. Capt., 336: tam hoc quidem tibi in proclivi quam imber est. —
1013. numquis adest, sc.
sermonem nostrum qui aucupet. Milfidippa finge di fare in segreto una
comunicazione della sua padrona, ma in realta vuol chiedere consiglio a
Palestrione circa quello che le converra di dire. — vel adest vel non, sc.
adest: « vi e e non vi e», cioe tu puoi parlare senza pericolo. — solae
solum col Pio, per si solue di B e solae solum esse di C D, cfr. 358. —
1014:. sermone, colla syll. a n c e p s in dieresi e con B C D, per sermoni
(dat. di scopo) che vi sostituisce il Bitschl, cfr. perd in favore deirabl. la fraso
paucis te volo, sc. colloqui, su cui la presente e modellata. — iam ad te
redeo, cosi dice al m i 1 e s, che gia cominciava a mostrarsi impaziente delTindugio. —
1015. tantisper, cioe durante il tuo colloquio. — astabo
hic col Bitschl, per hic astabo di B C D. — sic col Camerario, per sit di B
e si sic di C D, e cancellato affatto dal Guiet e dal Brix. — 1016. properadum stando col Colvius e il Siberus, per properando di B C D. —
1017. hauscis colFHaupt, per haec scis di B G D. — tractari solitas collo
Schmidt, per tractare soleats (soles B C) di B C D. — hasce huiusmodi,
con una composizione comunissima in Plauto. —
1018. concinnumst
col Camerario, per concinnus di B C D = commodumst, cfr. Or., Sat, 1,
3, 50: concinnus amicis « compiacente verso gli amici >. — age age esprime
Tadesione forzata a cosa che non si desidera punto. — saxum, cfr. 237. —
140
M. ACCI PLAVTI
Redeo ad te. quid me uoluisti?
PA.
Mi.
PY.
PA.
PY.
Mi. Quo pacto hoc
Ilium accedi
Velis, id refero ad te consilium. PA. Quasi hunc depereat... Mi. Teneo istuc.
1020
Conlaudato formam et faciem et uirtiitis commemorato.
Ad eam rem habeo omnem aciem, tibi uti dudiim iam
demonstraui.
Tu cetera cura et contempla et de meis uenator uerbis.
Aliquam mihi partem hodie operae des denique iam
tandem: ades ilico.
Adsum: impera, siquid uis.
PY. Quid illaec narrat
tibi? PA. LamentarL
1025
Ait illam miseram, crticiari et lacrumantem se adflictare,
Quia tis egeat, quia te careat: ob eam rem huc ad te
missast.
Iube adire. PA. At scin quid tii facias? face te fastidi
plenum,
1019. redeo ad te, non indica gia che egli si e mosso dal luogo, dove era
prima, ma si rivolge a Milfidippa per dirle, che e pronto a darle ascolto,
poiche alfine ha rabbonito il m i 1 e s e Tha costretto a tacere. — hoc llium
accedi col Gertz per hoccilium accepi {apeli C D) di B C D. Ussing: « vulgata immagine is qui capi debet cum arce comparatur et quidem cum
Ilio ». —
1020. velis id refero col Guiet e Gertz, per velis ut fero
di B, vaeli sit fero di C D. — hunc coired. princ, per huc di B C D. —
depereat, sc. era ttaa simulato: perd Milfidippa interrompe il compimento
di tal pensiero, trattandosi di cosa gia a lei nota. La distribuzione delle
parti in questo verso corrisponde perfettamente a quella di B C D. —
1022. omnem aciem, sc. animi intentam ad ludificandum militem, col
Camerario, per omnem matiem (faciem C D) di B C D. — uti colFHermann
per ut di B C D. — iam demonstravi si riferisce alle parole gia dette da
Milfidippa airindirizzo del m i l e s nel v. 991. — 1023. cetera, come
ad es. la descrizione delle pene d'amore a cui e in preda la tua signora,
la domanda di un abboccamento ecc. — contempla « considerane Popportunita ». — venator « togli Toccasione ». —
1021=. iam con B C D,
sembra invece omesso da A. — ilico con B C D, non sembrandoci verosimile alcune delle lezioni o emendazioni proposte dagli altri editori. —
1025. impera - con omissione della posizione. — illaec col Grutero, per
itta haec di B C D. — lamentari, per errore riferito in B C D a Pirgopolinice, fu restituito a Palestrione primieramente dal Pilade — 1027. tis
= tui, cfr. mis = mei. — caredt, colla syllaba anceps in dieresi. —
1028. facias, coniunc. iussivus = facere debeas.— facete col Came-
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1019 — 1038
PY.
PY.
PY.
Mi.
141
Quasi non lubeat: me inclamato, quia sic te uolgo uolgem.
Memini et praeceptis parebo.
PA. Vocon ergo hanc
quae te quaerit?
1030
Adeat, siquid uolt. PA. Siquid uis, adi, miilier.
Mi. Pulcer, salue.
Meum cognomentum commemorat. di tibi dent quaequomque optes.
Tecum aetatem exigere ut liceat. PY. Nimium optas.
Mi. Non me dico,
Sed eram meam quae te demoritur. PY. Aliae multae
idem istuc eupiunt,
Quibus copia non est.
Mi. Ecastor haud mirum, te
habes carum,
1035
Hominem tam pulcrum et praeclarum uirtiite et forma
et factis.
Deus dignior fuit quisquam homo qui esset? PA. Non
hercle humanust ergo,
Nam uolturio plus hiimani credost. PY. Magnum me
faciam
rario, per facito di C D, facite B, cfr. 409. — 1029. sic te col Pilade, per
sictam di B C D. —
1030. vocon col Eitschl, per voco di B C D. —
1032- commemorat con Hermann, per commemoravit di B C D. — optes,
potenziale. —
1034. te demoritur col Pio, per te demeritur di C D
e dete moritur di B, cfr. 963. — aliae multae col Brix, per multae aliae
di BCD, secondo la disposizione di queste parole adottata anche altrove
da Plauto. — 1035. habes, senza posizione, «ti tieni ». — 1036. praeclarum col Eitschl, per praeclara di B C D. — et factis col Camerario, per
factis di B C D. —
1037. Deus col Brix, per heus di B C D, compie
qui le funzioni di predicato. — dignior, colla finale abbreviata, come il
maxime del v. 1017 e, secondo alcuni, anche impera del v. 1024. — humanust ergo colPHaupt;perhumanumstergeo di BCD: in r e a l t a egli
non e p u n t o umano, cioe terreno o di questa terra, in contrapposto a
divino. — 1038. volturio e qui ricordato come uccello che desta ribrezzo.
Questo emistichio e naturalmente pronunziato a voce hassa, alP indirizzo
degli spettatori. — magnum me faciam. Lambino: « hic miles laudatione
ancillae elatus atque inflatus incessum sibi novum fingit gestumque solito
magnificentiorem assumit: et ea quae nunc loquitur secum loquitur ut
142
PY.
Mi.
PY.
PY.
M. ACCI PLAVTI
Nunc, quom illaec me sic eonlaudat.
PA. Viden tu
ignauorn, ut sese infert?
Quin tu huic responde: haec illaec est ab illac quam
dudum dixi.
1040
Quawam ab illarum? nam ita me occursant multae:
meminisse haud possum.
Ab illa quae digitos despoliat suos et tuos digitos decorat:
Nam hunc anulum ab illa tui cupienti huic detuli, hic
ad te porro.
Quid nunc tibi uis, mulier, memora. Mi. Vt quae te
cupit eam ne spernas,
Quae per tuam nunc uitam uiuit: sit nec sit spes in te
linost.
1045
Quid nunc uolt?
Mi. Te compellare et complecti et
contrectare.
Nam nisi tu illi fers siippetias, iam illa animum despondebit.
Age, mi Achilles, fiat quod te oro: serua illam pulcram,
piilcer.
spectatores tantum audiant». —
1039. illaec me sic col Ritschl, per
illic me illic di B C D. — viden tu9 dice a bassa voce a Milfidippa. —
infert col Camerario, per inferat di BCD = effert, superbe incedit « con
che boria cammina».—
1040. quin tu: poiche il miles non ha risposto ancora al complimento di Milfidippa, Palestrione gli ricorda che
egli e in debito di dire una qualche parola garbata, che Fancella possa
poi riferire alla sua padrona. — illaec col Pilade, per Ulic di B C D. —
dixi col Reiz, e omesso in B C D. —
1041. quanam ab col Camerario, per quam ab di B, qua ab di CD: Panastrofe della prep. e molto
frequente in Plauto. — occursant « mi vengono appresso, mi fanno premura ». — 1043. ab illa tui cupienti col Bugge, per ab tui cupientis
di B C D. — hic ad te col Ritschl per huic di C D. —
1044. quae
coll'ed. princ, per qui di B C D. — 1045. per tuam vitam « per te ».
— vivit col Pio, per vult di B C D. — sit nec sit colPed. princ. e collo
Schrader, per si nec sit di B e sit nec ne sit di C D. — spes est « dipende
sol da te ». —
1047. iam « subito, immediatamente ». — animum
despondebit, cfr. v. 6. —
1048. Achilles, colla penultima abbreviata
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1039—1057
PA.
PY.
Mi.
PY.
143
Exprome benignum ex te ingenium, urbicape, oceisor
regum.
EU, hercle odiosas res: quotiens hoc tibi, uerbero, ego
interdixi,
1050
Meam ne sic uolgo pollicitarere operam.
PA. Audin
tu, miilier?
Dixi hoc tibi dudum et niinc dico: nisi huic uerri adfertur merces,
Non hic suo seminio quemquam porcellam impertitiirust.
Dabitur quantum ipsus preti poscet.
PA. Talentiim
Philippei huic opus aiirist.
Minus ab nemine accipiet.
Mi. Eu, ecastor nimis
uilest tandem.
1055
Non mihi auaritia umquam innatast: satis habeo diuitiarum.
Plus mi aiiri millest modiorum Philippei. PA. Praeter
thensaiiros:
alla maniera greca, laonde il v. comincia con un proceleusmatico. — pulcer
col Pio e coi Brix, per pulchre di B C D. — urbicape col Camerario, per
ubi cape di B e iniuirbicape di C D. —
1049. SulPautorita del B G D
e sulPes. del Ribbeck, attribuiamo questo v. a Palestrione, a cui appunto si
riferisce la risposta del m i 1 e s. II p a t h o s, da cui e informato tutto questo
discorso, gli comunica come il tono solenne di una preghiera rivolta alla
divinita. Si noti Tiato e la sillaba anceps nella cesura. — 1051. pollicitarere con Miiller, dali'unione di polliciiare di B con polliciteres di C D. —
1052. nisi huic con B C D. — verri adfertur con fed. princ. e con Prisciano, per verriant fertur di C D e verreant ut tu B. Lambino: « huic
porco non castrato, cui opponitur maialis». —
1053. seminio = semine Prisciano. — quemquam femm. — porcellam col Reiz, per porculem
di B C D. —
1054. talentum Philippei col Seyffert, per tal. philippium di B C D = talentum PhiUppei auri, cfr. Trin.> 152: nummorum
aureorum Philippeorum. II nummus Philippeus era una raoneta d'oro dol
valore^di 20 dramme, battuta dal re Filippo di Macedonia. — 1055. accipiet: si noti anche Tiato dopo eu. — vilest con B C D, cfr. Most., 1, 3,
130: istuc verbum vilest viginti minis. —
1056. non...umguam si
riunisce insieme nel concetto di un'a forte negazione, senza dare alcun risalto alFidea di tempo, che in se include. —
1057. mille (sost.) modiorum regge il gen. generis auri Philippei.— thensauros col Ritschl,
per tensaurus di B C D, ripostigli cioe in cui eran conservate grandi masse
144
Mi.
Mi.
M. ACCI PLAVTl
Tum argenti montis, non massas habet; Aetina non
aeque altast.
Eu, ecastor hominem periurum. PA. Vt ludo? Mi. Quid
ego, ut sublecto os? PA. Scite.
Sed amabo mittite me actutum. PA. Quin tu huic respondes aliquid,
1060
Aut facturum aut non facturum? quid illara miseram
animi excriicias,
Quae numquam male de te meritast? PY. Iube eampse
exire huc ad nos:
Dic me omnia quae uolt facturum. Mi. Facis minc ut
te facere aequoms^,
Quow quae te uolt eandem tu uis... PA. Non insulsum
huic ingeniumst.
d'oro e d^argento e pietre preziose, cfr. Pseud., 1, 2, 55: quibus cunctis
montes maxumi frumenti acervi sunt domi. —
1058. Aetina non
aeque altast, secondo una felice congettura del Loewe e del Camerario, per
ethnanonaeque di BCD, cfr. techina = Texv?i in Trin., 425. — 1059. hominem pervurum — mendacem, « ecco un uomo che sa veramente mentire », cfr. Truc, 3, 2, 27: eu edepol hominem nihili. Le liberta metriche
che ammettiamo per questo verso non sono maggiori di quelle notate fin
qui, nelFuso che fa Plaiito di questo metro. Questo hreve dialogo tra Milfidippa e Palestrione non e, naturalmente, inteso o compreso dal m i 1 e s. —
ut sublecto os col Camerario, per ut sublectos di B C D = ut sublino os.
SubJecto e derivato evidentemente da un ipotetico sublicio (cfr. allecto,
electo, oblecto) e fa come le veci del frequentativo di sublino. — scite:
Palestrione accompagna questo complimento con una carezza, che provoca
Tilarita della servetta. —
1060. mittite me con C, per mitte me di
B D. — quin tu son parole, che Palestrione rivolge al miles. —
1061. quid ... meritast attribuiamo con B C D e col Ritschl a Palestrione,
non sembrandoci verosimile 1'intervento di Milfidippa, che invoca in questa
circostanza il Bugge. —
1062. iube eampse collo Scioppio e col Rittershusio, per iubeam ipse di C D (che omettono a questo punto il nome
di Pirgopolinice) e dixerit (per meritast) ...at iubeam ipse di B. La rispostadel miles e diretta a Milfidippa, ma cio non richiede che sia proprio
essa a fargli la domanda, onde quella risposta e preceduta, giacche 1'invito
di Palestrione era stato fatto appunto a quello scopo. —
1063. me
colTed. princ, per mi di B e mihi di C D. — te aggiunto col Ritschl. —
1064:. quom quae te col Lambino e col Bothe, per quodipte C, quodque
B, quodte D. — eandem con C D e Haupt, per eadem di B e Ritschl, cfr.
1247, 1378. — non insulsum huic ingeniumst col Ritschl, per hoc insuh
sum hinc ingenium di B C D. Queste parole espriraono il compiacimento
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1 0 5 8 — 1 0 7 4
Mi.
PA.
PA.
PA.
Mi.
145
Quomque me oratricem hau spreuisti sistique exorare
ex te.
1065
Quid est, ut ludo?
PA. Nequeo hercle equidem risu
admoderarier: Jidhahae.
Ob eam causam huc abs te auorti. PY. Non edepol tu
•scis, mulier,
Quantum ego honorem nunc illi habeo.
Mi. Scio et
istuc illi dicam.
Contra auro alii hanc uendere potuit operam. Mi. Pol
istuc tibi credo.
Meri bellatores gignuntur, quas hic praegnatis fecit, 1070
Et pueri annos octingentos uiu6nt. PY. Vae tibi, nugator.
Quin mille annorum perpetuo uiuont ab saeclo ad saeclum.
EO minus dixi, ne haec censeret me aduorsum se mentiri.
Perii, quot hic ipse annos uiuet, quoius filii tam diu
uiuont?
di Palestrione per Topera di Milfidippa e sono a torto riferite in B C D
a Pirgopolinice: pero il loro vero signifieato fu gia riconosciuto nelFed.
princ. Tanto questo emistichio, come i v. 1066-7, s'mtreceiano al dialogo
tra Mifidippa e il r n i l e s , senza interromperlo affatto, anzi senza che questi
si accorga delPilarita che egli provoca. —
1065. qiiomqiie me con
C D, per quom me di B, continua il discorso cominciato nel v. precedente.
— sisti con B C D = sivisti. — ex te coll'ed. princ, per ixste di B C D ,
fa le veci del semplice acc, adoperato comunemente in questo senso in
dipendenza da exorare, cfr. Mosh, 1175. —
1066. quidest, dice sotto
voce a Palestrione, nel mentre aspetta la risposta clel m i 1 e s. — equidem
col Bothe, per quidem di B C D. — risu admoderarier hahahae secondo
una congettura assai acuta e verosimile dello Studemund, per risum ac
moderarier di B e risu meo moderarier di C D : risu e dat. contratto,
cfr. 270. —
1067.
avorti « t' ho voltate le spalle », cfr. 205. —
1069. contra auro, cfr. 657. — potuitf cfr. 215. —
1070. men, cfr.
862. — gignuntury sc. ex iisy cfr. Poen., 3, 5, 19: ita mihi renuntiatumst
quibus credo satis. —
1071. vae tibi == abi attribuiamo con C D a
Pirgopolinice, perche dal v. 1072 risulta che Milfidippa non ha fatto osservazione di sorta. —
1072. quin coll'ed. princ, per qui di B C D.
— ab saeclo colFed. princ, per ab sacio di B C D. — 1073.
advorsum
se, cfr. Aul, 690. —
1074. perii « per Tamor di Dio»: « adrairatio
TLAUTO, Miles gloriosus,
coinm. da E. COCCHIA.
10
146
PY.
PA.
Mi.
PA.
PA.
Mi.
M. ACCI PLAVTI
Postriduo natus sum ego, mulier, quam Iuppiter ex Ope
natust.
1075
Si hic pridie natus foret quam illest, hic haberet regnum in caelo.
lam iam sat amabost: sinite abeam, si possum, uiua a
uobis.
Quin ergo abis, quando responsumst?
Mi. Ibo atque
illam huc addueam,
Propter quam operast mihi. mimquid uis?
PA. Ne
magis sim pulcer quam sum:
Ita me mea forma habet sollicitum.
PA. Quid hic
niinc stas? quin abis? Mi. Abeo.
1080
Atque adeo — audin ? — dicito docte et cordate, ut cor
ei saliat.
Philocomasio dic, sist istic, domum ut transeat: hunc
hic esse.
Hic cum mea erast: hunc clam nostrum sermonem sublegerunt.
comice erroris speciem induit » Ussing, cfr. True., 689: periil rabonem?
quam esse dieam hanc beluam? — filii bisillabo per sinizesi. —
1075. postriduo, con sinizesi o coirult. abbreviata, e un &n, eip. equivalente a postridie. — Ope = Bhea, la moglie di Saturno, cfr. Poen.,
252: Iovi opulento inchtto Ope gnato. —
1079. propter quam col
Bentley e l'ed. princ, per propter di B C D. — operast mihi « io sono in
facende, occupata ». — numquicl vis, cfr. 259: Pirgopolinice profitta anche
di questo motto di congedo, per dar nuovo sfogo alla sua vanita. —
1081. audin col Bothe e col Reiz, per audin tu di B C D. — dicito,
colFultima breve. — ut cor ei saliat. Ussing: « Palaestrio abeuntem monet, ut erae suae laetum nuntium tam scite afferat, ut cor eius gaudio
exsultet, cfr. Pers., 3, 111: si candida vicini subrisit molle puella, cor
tibi rite salit? Facetias quaerens cordate loquendum esse dicit, ut cor moveatur, cordate est autem prudenter. Camerarius verba haec Milphidippae
tribuit, eumque R. cett. sequuntur; vix opus. Haec autem magna voce dicit
Palaestrio, ut miles audiat, proxima secreto ». —
1082. sist istic col
Brix, per si est hic di C D, cioe in casa di Periplecomeno. — 1083. hic,
cioe in casa del m i 1 e s. — cum mea era col Grutero, per cumera di C D.
— hunc clam nostrum col Bach, per clam nostrum hunc di B C D. —
sublegerunt = captaverunt, venati sunt, cfr. Placido gl.: « sublegi est, te
legente, insidiando furatus sum », Aul, fr. pr. Nonio: hinc eoo occulto ser-
MILES GLORIOSVS, AOT. IV, 1075 — 1097
PA.
Mi.
PY.
PA.
PY.
147
Lepide factumst: iam ex sermone hoc gubernabunt doctius porro.
Kemorare: abeo. PA. Neque te remoror neque te tago
neque te...taeeo.
1085
Iube maturare illam exire huc: iam istic rei praeuortemur.
Quid minc mi's auctor ut faciam, Palaestrio,
De concubina? nam nullo pacto potest
Prius haec in aedis recipi, quam illam amiserim.
Quid me consultas quid agas? dixi equidem tibi, 1090
Quo pacto id fieri possit clementissume.
Aurum atque uestem muliebrem omnem habeat sibi,
Quae illi instruxisti: siimat, abeat, auferat:
Dicasque tempus maxume esse ut eat domum:
Sororem geminam adesse et matrem dicito,
1095
Quibus concomitata recte deueniat domum.
Qui tu scis eas adesse? PA. Quia oculis meis
monem eius sublegam; Bud., 3, 4, 44: liberi pareniibus sublecti; Pseutl,
413: ut horum sermonem legam. — 1084. gubernabunt doctius. Questo
v. col Pilade e attribuito a Palestrione. —
1085. remorare, sc. me>
coll'ed. princ, per rememorare di BCD. Milfidippa pronunzia a voce
alta queste due parole, per non destare sospetto in Pirgopolinice, e indurlo
piuttosto a credere, che sia Palestrione che la trattenga, per esprimerle
delle tenerezze. Nei codici sono invertite le parti che fanno in questo verso
Palestrione e Milfidippa, e si attribuisce remorare al primo, il resto invece
alla seconda. — tago con B, per tango di C D, e una forma arcaica qui
adoperata a causa della rima con taceo, cfr. attigas, attigat ecc. — neque
te, sc. osculor. — remoror colPed. princ, per remoro di B C D. —
1086. iube, sc. ancillae, illam, sc eram. — istic, cfr. v. 352 e 763 « noi
a questo volgeremo anzitutto la nostra attenzione •», cioe ci fermeremo ad
aspettarla, finche essa esca.
Actus IV, scaen. 3 . — 1087. nunc mi's col Ritschl, per mihi nunc
est di B C D. —
1089. amiserim collo Scaligero, per obmiserit di
B C D = dimiserim. — 1090. agas, coniunct. iussivus. — dixi, cfr. 973.
— 1091. clementissime «tranquillissimamente ». — 1098. quae raccoglie insieme tutti gli oggetti di habeat. — instruxisti = parasti. —
1094. dicas, cfr. 1110. — maxume collo Scaligero, per maxumum di
B C D = opportunissimmn, optimum. — ut, cfr. 72. —
1095. geminam adesse col Camerario, per geminat esse di B, geminam esse di C D. —
1096. concomitata colFAcidalio, per cum comita di B C D, cm. eip., fatto
passivo al pari del semplice comitatus. — recte « senza pericolo, felice-
148
PA.
PA.
PY.
PA.
M. ACCI PLAVTI
Vidi hic sororem esse eius. PY. Conuenitne eam?
Conuenit. PY. Ecquid fortis uisast? PA. Omnia
Vis obtinere. PY. Vbi matrem esse aiebat soror? 1100
Cubare in naui lippam atque oculis turgidis
Nauclerus dixit, qui illas aduexit, mihi.
Is ad hos nauclerus hospitio deuortitur.
Quidis? ecquidfortist? PA.Abi sis hinc: nam tu quidem
Ad equas fuisti scitus admissarius,
1105
Qui consectare qua maris qua feminas.
Hoc age nunc. PY. Istuc qtidd das consilium mihi,
Te cum illa uerba facere de ista re uolo:
Nam ciim illa sane congruost sermo tibi.
Qui potius quam tute adeas, tuam rem tute agas? 1110
mente ». —
1098. convenitne, sc. soror gemina. — eam, sc. Philocomasium.—
1099. convenit, s'intende nella casadel miles, sicche
anche a Palestrione fu data 1'occasione di vederla. — ecquid, cfr. 986. —
fortis = formosa Nonio 306, 14, « una bella donna », colFidea secondaria
di « ben piantata, robusta, un "bel tocco di donna », cfr. anche Bacch., 2,
2, 38: sed Bacchis etiam fortis tibi visast? —
1100. obtinere col
Camerario, per optinare di B, opinare CD. — aiebat, trisillabo. —
1101. lippam. Ussing: « propter nimium solem saepe navigantium oculi
laborant »s — targidis, sc. propter lippitudinem. — 1102. nauclerus:
questo cenno prepara il travestimento di Pleusicle, a cui assisteremo in
seguito. —
1103. hos col Pilade, per vos di B C D, accenna alla casa
di Periplecomeno. —
1104. ecquid fortis = numquid validus et pulcher est. — hinc col Saraceno e 1'Acidalio, per hic di B C D. — 1105. fuisti
con B C D, per fuisses (Dousa), rende anche piu grave 1'insolenza di Palestrione, di cui il miles non si adonta, o fors'anche si compiace.— admissarius « stallone » col Camerario, per at missarius di B, emissarius di
CD. Lambinus: « ad feminas fuisti lepidus et concinnus mas. Admissarius
equus est qui ad equas ineundas et subigendas paratus ac servatus est »,
cfr. Cas., 760. — 1106. maris qua col Lipsio, per marisque di B C D,
cfr. 1382. —
1107. hoc, cioe quel che ti ho detto o pure « fa quel
che hai a fare »,cfr. Gapt., 790. — quod, aggiunto dall'Acidalio, fu insieme
coWistuc che precede riferito primieramente dal Guiet al v. seguente. La
costruzione e molto libera, a causa delFattrazione deirantecedente nel caso
del relativo, e corrisponde in certo modo a quod attinet ad istud consilium quod. xAd ogni modo lat relazione di istuc con ista re e evidentissima,
quantunque in B C D istuc sia attratto accanto a nunc. — 1109. congruost col Ritschl per congruus di C, congruis D, conservo B e congruit
ed. princ.: « v'intendete bene tra voi, la sai prendere pel suo verso »,
cfr. Apul., Meh, 7, p. 518. —
1110. quipotius} sc. ego cum illa verba
MILES GL0RT0SVS, AOT. IV, 1098 — 1125
PY.
PY.
PA.
PA.
PY.
PA.
149
Dicas uxorem tibi necessus diicere:
Cognatos persuadere, amicos cogere.
Itane tu censes? PA. Quid ego ni ita censeam?
Ibo igitur intro. tu hic ante aedis interim
Speculare, ut ubi illaec prodeat me prouoces.
1115
TU modo istuc cura quod agis. PY. Curatum id quidemst.
Quin si uoluntate nolet, ui extrudam foras.
Istiic caue faxis. quin potius per gratiam
Bonam abeat abs te: atque illaec quae dixi dato.
[Aurum ornamenta quae illi instruxisti ferat].
1120
Cupio hercle. PA. Credo facile te impetrassere.
Sed abi intro: noli stare. PY. Tibi sum oboediens.
Numquid uidetur demutare atgwe liti
Dixi esse uobis diidum hunc moechum militem?
Nunc ad me ut ueniat lisust Acroteleiitium,
1125
faciam, cfr. Merc, 486: visne eam ad portum? — Qui potius quam voles?
(sc. eas, « perche non voli piuttosto? ») — Atque eximam mulierem pretio?
— Qui potius quam auro expendas. In luogo di quam (B) si legge cum in
C D e in luogo di adeas (Bothe) ades C D, sedest B. — 1111. necessus
con C D, coiromissione deWesse che segue nei codici e che fu gia cancellato dallo Scaligero e dal Guiet, cfr. Cist, 454, Gell., 5, 19; 16; 16,
8.1.—
1112. persuadere, sc. id. —
1113. itane con B C D. —
quid ego ni con iato dopo ni e con tmesi affatto abituale in Plauto, cfr.
1303. —
1115. illaec, cioe Acroteleuzio. —
1116. quod agis, sc.
ut Philocomasium dimittas. —
1117. voltintate « spontaneamente, di
"buona voglia ». — foras col Reiz, per foris di B C D. —
1118. per gratiam bonam, cfr. 972. —
1120. ornamenta quae con A B e il Reiz, per
ornamentaque quae di C D. II v., come vide FOsann, e spurio e fu modellato
sul 1092 e 1140. —
1121. cupio hercle con A e il Camerario: hercle e
invece accoppiato a credo in B C D e nelPed. princ. — credo e detto non
senza una dose abbastanza forte d'ironia. — impetrassere, inf. fut. arc. d'uso
assai frequente in Plauto, raro in Terenzio, cfr. oppugnassere, reconciliassere. — 1123. Poiche il m i l e s e rientrato nelle sue stanze, Palestrione
si rivolge agli spettatori per domandare, se quegli loro sembri diverso
dalla descrizione che egli ne aveva fatta in antecedenza (v. 90 seg.). —
numquid videtur con A e Ped. princ, per num quidetur di BCD.— demutare intrans., al pari di mutare, « esser diverso », cfr. 208, 583. — atque
uti col Bugge e con iato innanzi ad atque, per aut utique di B C D,
atque ut quidem Bothe: cfr. per la ridondanza deWut v. 401, Amph., 1,
1, 118: neque se luna quoquam mutat atque ut exortast semel. —
1124. hunc moechum col Camerario e con A; per huc mecum di B C D.
150
M.
ACCI PLAVTI
Ancillula eius ac Pleusicles. pro Iuppiter,
Satine ut Gommoditas usquequaque me adiuuat?
Nam quos uidere me exoptabam maxume,
Vna exeuntis uideo hinc e proxumo.
ACROTELEVTIVM. MlLPHIDIPPA. Pl.EVSICLES. PALAESTRIO.
Ac.
Mi.
Mi.
PA.
Ac.
Sequimini: simul circumspicite, nequis adsit arbiter. 1130
Neminem pol uideo nisi hunc quem uolumus conuentum.
PA. Et ego uos.
Quid agis, noster architecte? PA. Egone architectus?
uah. Mi. Quid est?
Qui enim non sum dignus prae te, ut figam palum in
parietem.
Heia uero. PA. Nimis facete nimisque facunde malast:
Vt lepide deruncinauit militem. Mi. At etiam parum.
1135
— 1126. ac col Ritschl, per aut di A B C D. —
1127. satine ut
= nonne. — Commoditas, la dea delPopportunita, cfr. 1375, Men., 140:
commoditatis omnis articulos scio; Pers., 255: copiam commoditatis; Poen.,
916: mihi commoditatem creas. — 1128. me exoptabam col Bothe, per
exoptabam me di B C D : il pron. e oraesso affatto in A. — 1129. video
hinc con iato, che il Ritschl evita inserendo di mezzo un iam, che manca
affatto in A B C D. — e proxumo con A e il Lindemann, per proxumo
di B C D.
Actus IV, scaen. 4. —
1130. simul, cfr. 858 procul e hunc nel
v. successivo. —
1131. neminem pol con B C D. — et ego vos col
Camerario, per est et ego vos di BCD, sc. volo conventas, cfr. per et —
etiam v. 260. —
1132. vah: egli rifiuta il titolo di architectus, in
mezzo ad artisti di tanto valore. —
1133. qui con B C D, in luogo
del quia che vi sostituiscono senza bisogno gli altri editori, sull'es, del
Dousa, si riattacca direttamente dlVegone architectus del v. che precede.
— prae « in paragone, a petto, di fronte ».— palum colPed. princ, per
pal hum di C D, accenna airimpalcatura in legno, che sollevano i muratori sulla facciata di un edifizio, per procedere innanzi nei loro lavori, a
mano mano che la costruzione s'innalza dal suolo; per il che naturalmente
non si richiede un architetto, ma basta il piu comune operaio. —
1134. heia « ehi! », espressione di sorpresa e di incredulita, non disgiunta per6 da un senso intimo di compiacimento, cfr. Epid., 262. —
facete ... facunde colFed. princ._, per facite...faciunda di B, fatite ... fecunden
di CD: Palestrione da per tal modo conto a Milfidippa della ahilita e
scaltrezza della sua ancella, cfr. v. 190. —
1135. deruncinavit = run~
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1126—1147
PA.
PA.
PL.
PA.
151
Bono animo es: negotium omne iam succedit siib manus.
Vos modo porro, ut occepistis, date operam adiutabilem.
Nam ipse miles concubinam intro abiit oratiim suam,
Ab se ut abeat ciim sorore et matre Athenas. PL. Eii,
probe.
Quin etiam aurum atque ornamenta, quae ipse instruxit
miilieri,
1140
Omnia dat dono a se ut abeat: ita ego consiliiim dedi.
Facile istuc quidemst, si et illa uolt et ille autem cupit:
Non tu scis, quom ex alto puteo siirsum ad summum
escenderis,
Maxumum periclum inde esse ab siimmo ne rusiim cadas?
Niinc haec res apud siimmum puteum geritur: si praesenserit
1145
Miles, nihil ecferri poterit huius. nunc quom maxume
Opust dolis. PL. Domi esse ad eam rem uideo siluai satis:
cina dolavit « ha piallato, ha menato pel naso », cfr. 927 e Capt, 641.
— at etiam parumf sc. praeut futurumst, cfr. Amph. 1, 1, 218. —
1136. es colFed. princ, per est di B C D. — succedit sub manusy cfr. 870.
—
1137. ut coll'ed. princ, per ne di B C D. — adiutabilem con A,
per atiuit abilem di B C D, « efficace, attiva, operosa ». — 1139. abeat
coired. princ, per abeas di B C D. —
114:0. mulieri colFed. princ e
con A, per mulier di B C D. —
1141. a se con A e il Beroaldo, per se
di B C D. — consilium dedi con A e il Bothe, per cons. tum dedi di B C D.
—
1142. istuc, sc ut abeat. — autem « dal canto suo », cfr. 678. —
cupit e piu forte di volt «lo brama », cfr. 966. —
1143. ex alto =
ex imo. — escenderis con A, per descenderis di B C D. — 1144. inde
esse col Camerario e con A, per indie esset di C D, in dono esset B,
« allora », cfr. ibi == tum, Amph., 246. —
1145. haec con A,
per hanc di B C D. — apud summum « suirorlo », cioe in una situazione
pericolosa. — praesenserit colFed. princ, per prosenserit di A B C D. —
1146. ecferri poterit con A e col Bothe, per hac ferre potuit di B C D,
= effici « portare a termine ». — huius « di cio », cioe del nostro piano,
e raro in lat. e si adopera solamente dopo un pron. neutro, cfr. Cas., 4,
1, 11: quasi nesciant fore huius quod futurumst; ib., 3, 2, 26: si quid
eius esset; Merc.,4:, 3, 37: nil hercle istius quicquamst; Cic, ad Fam.t
3, 2, 2: quod eius fieri posset. — quom maxume col Livineio, per cum
maximo di B, cum maximi C D. —
1147. opust, senza posizione. —
silvai con A e il Bothe, per silve di C D, salve B, « materia, materiale,
provvista », cfr. uXrj e Cic, Or,, 3, 26, 103: primwn silva rerum compa-
152
PA.
PA.
Ac.
PA.
Ac.
M. ACCI PLAVTI
Miilieres tres: quartus tute's, quinctus ego, sextiis senex.
Quod apud nos fallaciarum sex situmst, certo scio,
Oppidum quoduis uidetur posse expugnari. Dolis 1150
Date modo operam. Ac. Td nos ad te, siquid uelles,
uenimus.
Lepide facitis. niinc tibi hanc ego impero prouinciam.
Impetrabis, imperator, quod ego potero, quod uoles.
Militem lepide et facete et laiite ludificarier
Volo. Ac. Voluptatem mecastor mi imperas. PA. Scin
quem ad modum?
1155
Nempe ut adsimulem me amore istius differri. PA. Tenes.
randa est. —
1149. quod = eo quod, cfr. 355. — sex situmst col
Klotze, per sexitum di B, sextumst C D, « e depositato, si trova », cfr.
Curc, 355: immo apud tarpessitam situm (argentum). — certo scio e
adoperato in forma parentetica e si riferisce al situmst, piuttosto che al
successivo videtur, con cui farebbe naturalmente a cozzo: qui si contrappone la grandezza e 1'efficacia dei mezzi al successo che si spera di conseguime. — dolis e riferito col Brix a date operam, invece che ad expugnare (expugnari sostituisce il Pilade), con cui lo congiungono i codici.
—
1151. id =a ideo, cfr. Ampli., 909: et id liuc revorti, uti me purgarem tibi; Most. 3, 2, 60: nunc hoc qiwd ad te noster me misit senex;
Ter., Hec, 3, 3, 8: laetae exclamant venit, id quod me repente aspexerant.
Si noti 1'iato innanzi a id, che coincide col cambiamento delFinterlocutore. —
1152. lepide facitis coll'ed. princ. e con A, per lepidis (lapide) tacitis di B C D, « benissimo, grazie », est formida gratias agentis,
cfr. Trin.9 384. — tibihanc con A, col Grutero e col Bothe, per hoc tibi
di BCD. — provinciam « c6mpito, ufficio», cfr. Stich., 4,4, 16: fontinali praeficio provinciae. —
1153. imperator continua V immagine
del v. precedente, cfr. Men., 444: strategum te facio huic convivio. —
quod = quantum « tutto cio che», cfr. Capt 670: quod in te uno fuit;
Ter., Heaut., 416: quod potero adiutabo senem. —
1154. et laute col
Camerario, per lauie di B C D = magnifice, luculente, ampliier, cfr. per
il polisindeto 900. — 1155. voluptatem coired. princ, per voluntatem
di B C D. — scin col Bothe, per et scin tu di B C D, che corrisponderebbe
perfettamente alla nostra forma « e sai tu come ». Poiche, lasciando intatta
la lezione dei codici, il verso tornerebbe esattamente, ove si facesse cominciare da voluptatem; si potrebbe considerare, col Bentley col Niemeyer
e col Vahlen, il volo che lo precede (e che e anche in A) come una dittografia clella parola successiva, provocata dal bisogno di dare un reggimento a ludificarier, che potrebbe essere in tal caso un^epesegesi di provinciam. —
1156. differri = discruciari, cfr. Poen. 153: cupidine
diff. -— tenes col Koch, per titenis di B C D, cfr. 1165, = rem tenes che
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1 1 4 8 — 1 1 6 9
Ac.
Ac.
PA.
153
Quasique istius caiisa amoris ex hoc matrimonio
Abierim cupiens istius miptiarum. PA. Omne ordine.
Nisi modo unum hoc: hasee esse aedis dicas dotalis
tuas:
Hinc senem abs te abisse, postquam feceris diuortium:
1160
Ne ille mox uereatur intro ire in alienam domum.
Bene mones.
PA. Sed ubi ille exierit intus, istinc te
procul
Ita uolo adsimulare, prae eius forma quasi spernas tuam
Quasique eius opulentitatem reuerearis; et simul
Formam amoenitatem illius, faciem pulcritiidinem 1165
Conlaudato. satin praeceptumst? Ac. Teneo. satinest,
si tibi
Meum opus ita dabo expolitum, ut improbare non queas ?
Sat habeo. nunc tibi uicissim quae imperabo ea discito.
Quom extemplo hoc erit factum, ubi intro haec abierit,
ibi tii ilico
e la frase adoperata piu frequentemente altrove (v. AuJ., 682). — 1157. causa
coH'ed. princ, per causam di B e cavam di C D. — istius, gen. oggettivo
dipendente da amoris, e ad esso preposto per maggiore efficacia. — ex
hoc matrimonio abierim, i. e. ex viro discesserim vel divortium fecerim.
—
1158. omne ordine col Bentley e col Bothe, per omne ordinis che
in B C D e anteposto a nuptiarum, sc. tenes « ricordi ogni cosa per filo
e per segno ». —
1159. nisi modo, sc. addas velim, cfr. n. 24. —
hasce esse... dicas con A, col Grutero e coll'ed. princ, per asce esset... dicat
di B C D, cfr. 1093. — dotalis « portate in dote ». —
1161. domam
colFed. princ, per damnum di B C D. — vereatur, cfr. 1268. Si noti Tiato
in cesura. —
1162. intics = evboGev, sc domo sua. — istinc con A,
per istic di B C D, sc ubi nunc stas. — procul « pur essendo lontana
dal miles», quando egli non ti si e ancora avvicinato, fingendo di non vederlo. —
1163. tuam con A e Fed. princ, per tuas di B C D: illius
forma naturalmente un dattilo ovvero anche un tribraco. — 1164:. opulentitatem =a opulentiam. — reverearis et colFed. princ e con A, per revearis ret di B C D. — 1165. formam amoenitatem con A e TAcidalio,
per forma moenitatis di C D, formam bonitatis B. —
1166. conlaudato satin praeceptumst col Camerario, per conlaudatos atinpraeceptust
di B C D. —
1168. tibi, cioe Pleusicle. — ea discito con A, per non
discitos di BCD. — 1169. quom extemplo col Lindemann, per quam
154
M. ACCI PLAVTI
Facito uti uenias ornatu hiic ad nos nauclerico. 1170
Causiam habeas ferrugineam et sciitulam ob oculos laneam:
Palliolum habeas ferrugineum, namiscolos thalassicust:
Id conexum in hiimero laeuo, exfafillato bracchio;
ext. di B C D, cfr. 576 e Trm., 242. — ibi tu ilico con A e col Ritschl,
per tibi uilico di B, tibi tuilico C = tum t. i., cfr. 62. —
1170. uti
col Bothe, per ut di B C D. — ornatu huc ad nos con A, per ornatus huc
di B C D, ornatus ornatu huc del Bothe. — nauclerico col Camerario, per
nauclerioco di B C D = in morem navicularii, cfr. Asin., 69: nauclerico
ipse ornatu per fallaciam Quam amabam abduxit ab lenone mulierem.
—
1171. causiam col Pio e lo Scutario, per causae hanc di B C D,
cappello macedonico a larghe falde, di cui gli antichi si servivano per
proteggersi contro il sole e la pioggia. — ferrugineam collo Scutario, per
ferrugenas di B, ferrugenes C D, cfr. Nonio, p. 549, 3: « ferrugineum colorem ferri similem esse volunt, vere autem ferrugineus color caeruleus
est». •— et seutulam ob collo Studemund e con A, per cultura ab di B C D,
pezzo o benda di lana di forma quadrata o romboidale, di cui si servivano
i naviganti, per proteggersi contro il mal d'occhi, e che adoprera anche
Pleusicle, per non essere riconosciuto dal miles, cfr. Censorino, p. 84:
« GKUTdXri est rhombos, latera paria habet nec angulos rectos », Fest.,
p. 118, 9: lanoculus qui lana tegit oculi vitium e Plin., N.H., 8, 196, il
quale ricorda i vestimenta scutulata o scutulis divisa cioe « vestiti a
scacchi». Dal v. 1422: qui ob oculum habebat lanam si potrebbe inferire
che la benda era portata da Pleusicle innanzi ad un occhio solo, cioe innanzi a quello che fingeva ammalato, cfr. 1100.— 1172. palliolum, mantello corto che si portava suiromero sinistro e che lasciava affatto libero il
destro e una parte del petto fino alla papilla, affinche i lavoratori che lo
indossavano avessero libero Fuso e i movimenti di quel braccio. Esso corrisponde all' £SU)JUI<; dei Greci, XITUJV ^T6po|udax^o<;, che trovasi appunto
definito ^pyaTiKoq o TUJV epYdTUJv XITUJV. — 2S colos thalassicust col Camerario e con Nonio, per isiscolost (siccolost B) alassicus di B C D, sc. maris
similitudinem referens. — 1173. id con A B e Nonio. — conexum con
Nonio, per conixum di B, comixum C D, sc. habeas: « allacciato, annodato,
raccolto, riversato ». — exfafillato con B C D e con iato nella cesura
principale (cfr. 1305, 1389, 1393, 1402 ecc.) = « exserto, extra amictus
vincula prolato » Bticheler, Umbrica, p. 27, cfr. Festo P., p. 83: « effafilatum exsertum, scilicet omnes exserto sint exfilati, id est extra vestimentum filo contextum», Plac, p. 40, 21: « effafilatus exserto umero id est
extra filum manum exserens, i. e. proferens», id. 41,16: « exfabillabero
exseruero ». Non essendosi intuita la connessione di questo participio (la
cui rad. verbale esiste neH'umbro) col lat. favilla, a cui io credo che esso
si debba riportare, Nonio e Festo vi sostituirono expapillato e interpretarono Puno 103, 3: expapillato bracchio quasi usque ad papillam renudato e Faltro, p. 79: expapillato bracchio exserto, quod cum fit,papilla
nudatur. Cfr., quanto alla formazione, expaUiaius in Cas., 5, 3, 6 (« col
braccio fuori del mantello ») e Festo, p..81: exinfulabat exserebat, infulas
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1170—1182
PL.
PA.
PL.
155
Praecinctus aliqui adsimulato quasi gubernator sies.
Atque apud hunc senem omnia haec sunt: nam is pi~
scatores habet.
1175
Quid ? ubi ero exornatus, quin tu dicis quid facturus sum ?
Huc uenito et matris uerbis Philocomasium arcessito,
Vt, si itura sit Athenas, eat tecum ad portuin cito
Atque ut iubeat ferri in nauim, siquid imponi uelit:
Nisi eat, te soliiturum esse nauim: uentum operam dare.
1180
Satis placet pictiira: perge.
PA. Ille extemplo illam
hortabitur,
Vt eat, ut properet ne matri mora sit. PL. Multimodis
sapis.
enim sacerdotum filamenta vocabant. —
1174:. praecinctus. I lavoratori oltre al palliolum portavano ancora un grembiule (subligaculum
Cic, Ojf., \, 35, 129) legato intorno ai lombi, e del quale naturalmente
sollevavano uno dei lembi nel fianco, quando dovevano camminare. In corrispondenza di tal concetto il Ritschl suppliva, senza alcun bisogno, innanzi a questo verso: coniciens in collum, tum autem lumbis subligacido
JPraecinctis. II Lambino interpreta praecinctus in modo piu semplice, cioe
« col pallio stretto nei fianchi, per mezzo di una cintura»: « praecincti,
egli scrive, dicuntur qui vestem sustulerunt eamque sublatam praecinxerunt, ut sint ad iter faciendum aut ambulandum expeditiores ». — aliqui
= aliquo modo, itwq « in qualche modo », cfr. Aul., prol. 24, Most. 170.
— 1175. omnia haec, cioe questi vestimenti. — piscatores, sc. servos.
— 1176. sum con A, per sim di B C D. —
1178. ut « coirinvito
da parte di lei di». — si itura sit Athenas eat tecum con A e Ped. princ,
per si itura est et thena se teeum di B, sutumpsia ethena se atecum C,
situra esiamaethenase atecum D. —
1179. ut iubeat col Camerario
e con A, per adiubent di B, adiuvet C D. — imponi velit con A, il codice
iiorentino e Pilade, per imponunt di B, impono C D. —
1180. eat
te con A, per eate di B C D. — soluturum esse, sc. dic. — operam dare,
sc. tibi « esserti favorevole, propizio ». — 1181. pictura con ABCD, per
fictura « invenzione, trovata » che vi sostituiscono gli altri editori, sull'es.
del Goeller a Trin., 364, « dipintura, xpacpn »* < nam totius rei quae
agenda est imaginem proponit Palaestrio. Talia, si lepida sunt, graphica
Plautus, Epid., 410, Stich., 271, appellare solet » Ussing. — ille, sc miles.
— illam con A B, per nihil iam di C D. —
1182. ne matri mora sity
sc in ea, col Bvix^ernescit matri morae di BCD, cfr. Curc, 461: cave
in te sii mora mihi; Pseud., 168: ne mora quae sit. — multtmodis con B,
156
PA.
PA.
PL.
PA.
M. ACCI PLAVTI
Ego illi dicam ut me adiutorem qui onus feram ad
portiim roget:
Ille iubebit me ire cum illa ad portum: ego„ adeo, ut
tii scias,
Prorsum Athenas protinam abibo teeum. PL. Atque ubi
illo ueneris,
1185
Triduom seruire numquam te, quin liber sis, sinam.
Abi cito atque orna te. PL. Numquid aliud ? PA. Haec
ut memineris.
Abeo. PA. Et uos abite hinc intro actiitum: nam illum
huc sat scio
Iam exiturum esse intus. Ac. Celebrest apud nos imperjiim tuom.
Agite abscedite ergo. ecce autem commodum aperitiir
foris.
1190
Hilarus exit, impetrauit: inhiat quod nusquamst, miser.
PYRGOPOLINICES. PALAESTRIO.
PY.
Quod uolui, ut uolui, impetraui, per amicitiam et gratiam,
cfr. Trin., 931. — 1183. illi, sc. Philocomasio. — onus «il bagaglio ».
—
1184:. adeo « allora ». —
1185. prorsurn « direttamente per,
verso », cfr. Pseud., 955: non prorsus, verum transvorsus cedity quasi
cancer solet. — protinam col Bentley, per protinus di B G D, cfr. BaccJi.,
374: continuo protinaniQ Varr., L. £., 7, 107, Cas., 5, 3, 16: dare se (pedibus) protinam. —
1187. orna te coH'ed. princ., per orare di B C D.
— numquid aliud, cfr. 259. —
1188. illum, cioe militem. — huc col
Luchs, per hinc di B C. —
1189. iam colPed. princ, per nam di B,
non C D. — intus « di dentro ». — celebrest col Camerario, per celedre
est di B, sceledre C D = magno honore habitum, sedulo fit, cfr. Pseud.,
1, 2, 35: intro abite atque haec celebrate. — imperium, cfr. 1152. —
1190. commodum « opportunamente ». — aperitur coll'ed. princ, per
peritur di B C D. —
1191. hilarus coll'ed. princ, per hilarius di
B C D. — impetravit, sc a Philocomasio ut abeat. — inhiat, sc id =
expetit « va dietro, ama, desidera cio che non esiste ».
A c t u s IV, scaen. 5.—
1192> ut volui col Guiet, per ut volo di
B C D. —
1193. quid tam intus fuisse te coli1 Ussing, per quidnam
MILES GL0R10SVS, ACT. IV, 1 1 8 3 — 1 2 0 3
PY.
PA.
PA.
157
A Philocomasio. PA. Quid tam intus fuisse te dicam
diu?
Numquam ego me tam sensi amari quam nunc ab illa
muliere,
Quid iam? PY. Vt multa uerba feci, ut lenta materies fuit.
1195
Verum postremo impetraui ut uolui: donaui dedi
Quae uoluit, quae postulauit. te quoque ei dono dedi.
Etiam me? quo modo ego uiuam sine te?
PY. Age,
animo bono es:
Et quidem ego te liberabo. nam si possem ullo modo
Impetrare ut abiret nec te abdiiceret, operam dedi: 1200
Verum oppressit. PA. Deos sperabo teque. postremo,
tamen
Etsi istuc mihi acerbumst, quia ero te carendumst
optumo,
Saltem id uolup est, quod ex uirtute formae euenit tibi
tam intus fuisse (fuisset et B) di B C D, cfr. 847. —
1194. me
tam col Camerario, per mittam di B, quid tam (tuam B) C D. —
1195. quid iam, cfr. 277. — feci col Muller, per fecit « quante cose
io dovetti dirle», cfr. Stich., 91: multa scio facienda verba. — lenta
« tarda, dura, tenace » ad accendere, cfr. Asin., 575: virgae lentae;
Truc.,2Q6: truncum lenium; Cic, ad Att., 1, 13, 6: lentum negotium.
—
1196. impetraui colFed. princ, per impetravit di B C D. — donavi dedi col Ribbeck e Brix, per donavi dere di B C D. —
1197. te
quoque ei col Pilade, per quoque di B C D. —
1198. sine te colPed.
princ. e con iato, per sinite di BD. Queste parole, mentre apparentemente
suonano rimpianto, fanno trapelare d' altra parte la gioia vivissima onde
e invaso V animo di Palestrione. — es fu aggiunto coll'ediz. princ. —
1199. et quidem ego col Brix, per et idem ago di B C D. — Uberabo
« ti riscattero ». — si « per vedere se », cfr. Capl, 26, 100. — possem
coirAcidalio, per posset di B C D . —
1200.abiret col Camerario, per
Uaberet di B. — nec coll'Acidalio e col Salmasio, per ne di B C D. —
1201. oppressit « fu pertinace, insistette», cfr. Merc, 593: si opprimit
pater quod dixit; Cic, Verr., 3, 58, 135: institit, oppressit, non remisit.
— deos sperabo, cfr. Cist, 424: deos teque spero. —
1202. tamenetsi, cfr. Most., 1147. — quia « per il fatto che ». —
1203. quod
sostituiamo al quom di B C D, in corrispondenza deWid precedente che ne
anticipa il significato. — ex virtute formae con B C D = merito formae
158
PY.
M. ACCI PLAVTI
Mea opera super hac uicina, quara ego nunc concilio tibi,
Quid opust uerbis ? libertatem tibi ego et diuitias dabo,
1205
Si impetras. PA. Keddam impetratum. Py. At gestio.
PA. At modice decet.
Moderare animo: ne sis cupidus. sed eccam, ipsa egreditiir foras.
ACROTELEVTIVM. MlLPHIDIPPA. PYRGOPOLINICES. PALAESTRIO.
MI.
Mit
Ac.
Mi.
Era, eccum praesto militem. Ac. Vbist? Mi. Ad laeuam.
Ac. Video.
Aspicito lirnis, ne ille nos se sentiat uidere.
-f Video. edepol nunc nos tempus est malas peiores
fieri.
1210
Tuomst principium. Ac. Obsecro, tute ipsum conuenisti ?
« per effetto della tua bellezza», cfr. Most., 173. II Seyffert sostituisce
per ragione del metro ex virtute formaque: noi invece preferiamo di considerare evenit, secondo che e anche piu naturale, come un perf. —
1204. super « ponitur etiam pro de graeca consuetudine, ut illi dicunt
tiirep » Festo, p. 305. — tibi coll'ed. princ. e con Festo, per mihi di B C D.
—
1205. opust col Lambino, per opus di B C D. 1206. si impetras = perficis ut mea sit.— impetratum colFed. princ, per imperatum
di B C D = transactum reddam, Capt., 345. — modice col Camerario per
modico di C D, modo B. — decet con B, per dice di C D, sc. gestire o hoc
agi « conviene aver pazienza, aspettare », cfr. 220. —
1207. eccam
ipsa col Brix, cfr. Bud., 3, 2, 49: sed eccas ipsae huc egrediuntur timidae
e fano mulieres; Pers., 4, 3, 73: secl eccum ipse optume advenit.
Actus IV, scaen. 6. — 1208. militem con iato nella cesura principale del settenario. —
1209. aspicito col Camerario, per aspicite di
B C D. — limis col Guiet, per limis oculis di B C D, cfr. Ter., Eun., 321:
limis specto; Bacch., 1130: viden limulis ut iniuentur; Ov., Met., 6, 34:
adspicit hunc torvis. — sentiat videre col Reiz, per videre sentiat di B C D.
—
1210. video, con B C D, e certamente guasto, a meno che non si
voglia ammettere, secondo la congettura assai plausibile dell' Ussing, che
questa sia la risposta di Acroteleuzio al primo emistichio con cui comincia
la nuova scena, e che gli intermezzi sieno spurii. — 1211. principium
col Camerario, per pa incipium di B, initium C D, « spetta a te il cominciare ». Si noti 1'iato dopo la prima dipodia, cioe in coincidenza col cambia-
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1204—1224
PY.
Ac.
Ac.
Mi.
PA.
Ac.
Mi.
159
Ne parce uoei, ut aiidiat. Mi. Cum ipso pol sum lociita
Placide ipsa, dum lubitiimst mihi, otiose, meo arbitratu.
Audin quae loquitur ? PA. Aiidio. quam laetast, quia
ted adiit.
0 fortunata mtilier es. PY. Vt amari uideor. PA. Dignu's.
1215
Permirum ecastor praedicas, te adisse atque exorasse:
Per epistulam aut per niintium quasi regem adiri eum
aiunt.
Namque edepol uix fuit copia adeiindi atque impetrandi.
Vt tu inclutu's apud miilieres. PY. Patiar, quando ita
Veniis uolt.
Veneri pol habeo gratiam eandemque et oro et quaeso,
1220
Vt eius mihi sit copia quem amo quemque expetesso,
Benignusque erga me ut siet: quod ciipiam ne grauetur.
Spero ita futurum. quamquam illum multae sibi expetessunt,
111 e illas spernit, segregat ab se omnis extra te linam.
mento delPinterlocutore. — obsecro: di qui comincia la rappresentazione della
finzione, « e proprio vero cbe tu ». Si noti che in tutta questa scena Acroteleuzio non parla altrimenti del miles che con ipse* lui ».— 1212- ne
parce, biascica sotto voce queste parole a Milfidippa. — locuta col Saraceno e il Lambino, per secuta di B C D. —
1213. ipsa col Reiz, per
ipse di B C D: questa ripetizione (ielVipse, come anche 1'accavallarsi di tanti
sinonimi, torna assai acconcia ad esprimere la gioia onde il suo animo e
ancora compreso. Le parole ut vdlui, che seguono nei codici, le abbiamo
espunte insieme col Reiz, come una glossa di meo arbitratu. — 1214:. ted
adiit col Bothe, per adte1 di B, adit C D: il Dziatzko sostituirebbe te adivit.
— 1215. dignu's coll Acidalio, per dignus est di B C D. — 1216. adisse
colPed. princ, per audisse di B C D. —
1218. namque: tu hai ben
ragione di dir cid, giacche io a stento ecc, cfr. Gapt., 592. — 1219. in~
clutus = clarus, nobilist nominatus. — Venus «quae reddit amabiles,
facitque in amore fortunatos» Lambino. — 1220. gratiam eandemque
colPAcidalio, per gratiae andemque di B, gratiam tandemque C D. — et
oro con B e Beroaldo, per exoro di C D. — 1222. ut aggiunto innanzi
a siet coll'ed. princ. — ne gravetur, sc. illi facere. — 1224. segregat
ab se colPed. princ, per segregat hasce (hec B) di B C D, cfr. Capt,, 517;
160
Ac.
Mi.
Ac.
Mi.
Ac.
PY.
M. ACOI PLAVTI
Ergo iste metus me macerat, quod illic fastidiosust, 1225
Ne oculi eius sententiam mutent, ubi uiderit me,
Atque eius elegantia meam extemplo speciem spernat.
Non faciet: habe animiim bonum. PY. Vt ipsa se contemnit.
Metuo ne praedicatio tua niinc meam formam exsiiperet.
Istiic curaui ut opinione illius pulcrior sis.
1230
Si pol me nolet diicere uxorem, genua amplectar
Atque obsecrabo. alio modo, si non quibo impetrare,
Consciscam letum: uiuere sine illo scio me non posse.
Prohibendam mortem miilieri esse uideo. adibon?
PA. Minume.
Nam tii te uilem feceris, si te liltro largiere:
1235
Sine ultro ueniat, quaeritet, desideret, exspectet.
Nisi perdere istam gloriam uis quam habes, caue sis
faxis.
Nam niilli mortali scio obtigisse hoc nisi duobus,
Tibi et- Phaoni Lesbio, tam mulieres ut amarent.
nunc spes opes auxiUaque a me segregant spernuntque se e Ter. Eun.:
ias atque aequom se a malis spernit procul. —
1225. ergo iste con
B, per istus di C 1), « veramente e questa », cfr. 63. —
1226. ne,
con iato dopo il monosillabo. —
1227. elegantia « gusto raffinato,
squisito », cfr. Ter., Eun., 408: regem elegantem narras. — 1228. habe
animum bonum col Bothe e con iato nella cesura, per bonum animum
habe di B C D. — contemnit, sc. parvi facit prae me. — 1230. opinione « di quel che egli puo aspettarsi o supporre ». —
1231. si
pol, cfr. 156. —
1232. alio modo « altrimenti», si riferisce a ci6 che
vien dopo. —
1234:. esse col Ritschl, per mulieri che a questo punto
ripetono i codici e che il Ribbeck vorrebbe sostituire per mezzo di iam:
rifiutando ogni supplemento,
bisognerebbe ammettere un iato dopo video.
—
1235. vilem coll1 ed. princ, per velim di B C B, « ti avvilirai, ti
abbasserai, perderai ogni valore ». — largiere con D, per Jargiri di B e
larguere di C. —
1236. ultro « da se », cioe senza andar tu prima
da lei. — desideret, exspectet « aspetti ansiosamente, si strugga nel desiderio », cfr. 1377. —
1237. nisi coll'Acidalio, per sinon di C D. —
sis = si vis « bene, io te ne prego ». — 1239. Phaoni Lesbio accenna
alla poetessa di Lesbo, le cui avventure amorose furono spesso portate
sulla scena dalla nuova commedia attica. — mulieres col Bugge, per muvete di C D e vivere di B. — amarent col Bugge, per amaret dei codici.
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1 2 2 5 — 1 2 5 0
161
Ac.
Eo intro an tu illum huc euocas foras, mea Milphidippa?
Mi.
Immo opperiamur, dum exeat aliquis.
1240
Ac. Durare nequeo,
Quin eam intro.
Mi. Occlusae siint fores.
gam.
Ac.
Ac. Exfrin-
Mi. Sana non es.
Si amauit umquam aut si parem hic sapientiam habet
ac formam,
Per amorem siquid fecero, clementi animo ignoseet.
PA.
Vt quaeso amore perditast haec misera.
PY. Mutudm
fit.
PA
Tace, ne aiidiat.
1245
Mi. Quid astitisti obstiipida? cur non
pultas?
Ac.
Quia non est intus quem ego volo.
PA. Qui scis?
Ac. Scio edepol facile:
Nam odore nasum sentiat, si intiis sit.
PY. Ariolatur.
Quia me amat, propterea Venus fecit eam ut diuinaret.
Ac.
Nescio ubi hic prope adest quem expeto uidere: olet
profecto. -
1250
—
124:0. an tu illum huc evoeas col Eibbeck, per antu illuc evocatum di B C D. —
1242. eam intro, secondo una felice, congettura
del Saraceno, per etiam intro di B C D. — es col Pilade, per est di B C D.—
1243. si amavit col Camerario, per simulavit di B C D. — 1244. clementi con iato. —
1245. perditast haec col Camerario, per perdita
site di B e perdita est di C D, che per esser corretto dovrebbe computarsi
colla syllaba ancepse con iato nella cesura: « si strugge, consuma dV
more », cfr. Gist., 1, 2, 13. — mutuom fit, sc. a me « e corrisposta, trova
corrispondenza in me », cfr. Trin., 438: bene volt tibi. Edepol mutuom
mecum facit; Gurc, 1, 1, 47: ea me deperit, Ego autem cum illa facere
nolo mutuom. Quid ita ? — Quia proprium facio. — 1246. ne audiat:
le donne si sono avvicinate a mano a mano nel mezzo della scena, e Acroteleuzio s'e gia spinta fin presso alla porta del miles, fingendo sempre di
non essersi ancora accorta della sua presenza. — obstupida = amenst
mente turbata, Loewe, Gl —
1247. facile col Bothe, per facio di
C D. —
1248. odore « alFodore », quasi fosse un dio che spargesse
intorno a se fragranza d'ambrosia, cfr. Virg., 1, 402; Ovid., Fast., 5, 375.
Molto probabilmente queste parole hanno senso ironico e ricordano Yolens
maritus oraziano. — nasum e sempre adoperato da Plauto come neutro,
cfr. Amph.j A44:. — ariolatur = divinat. —
1249. fecit eam, con anPLAUTO, MUes Glorzosus,
comm. da E. COCCHLA.
11
162
PY.
Ac.
Mi.
PA.
PY.
Ac.
PA.
Py.
M. ACCI PLAVTI
Naso pol iam haec quidem uidet plus quam oculis.
PA. Caeca amorest.
Tene me? obsecro. Mi. Cur? Ac. Ne cadam. Mi. Quid
ita? Ac. Quia stare nequeo:
Ita animus per oculos meus mihi defit. Mi. Militem pol
Tu aspexisti? Ac. Ita. Mi. Non uideo, ubist? Ac. Videres pol, si amares.
Non edepol tu illum magis amas quam ego amem, si
per te liceat.
1255
Omnes profecto miilieres te amant, ut quaeque aspexit.
Nescio tu ex me hoc audiueris an non: nepos sum Veneris.
Mea Milphidippa, adi obsecro et congredere.
PY. Vt
me ueretur.
Illa ad nos pergit.
Mi. Vos uolo.
PY. Et nos te.
Mi. Vt iussisti,
Eram meam eduxi foras. PY. Video. Mi. Iube ergo
adire.
1260
Indiixi in animum ne oderim item ut alias, quando
orasti.
ticipazione del soggetto, cfr. 341. —
1250. hic prope, avv. — olet,
personale: « si sente dal profumo che egli effonde », cfr. Amph., 321: olet
homo quidam. —
1251. videt plus col Camerario, per plus videt di
B C D. — caeca amorest col Grutero, per ceca ore est di B C D . —
1253. mihi aggiunto col Ritschl: meus invece sostituisce THaupt. —
defit = deficit. — per oculos « per il mezzo, per il veicolo dei miei occhi ».
—
1254:. ita «si», per itast piu comunemente usato altrove. —
1255. ego amem, si per te liceat col Brix e col Camerario, per ego mea
si te perliceat di B, ego mesi aperte liceat C D. —
1257. ex me hoc
coirHermann, per me ex hoe di B C D. — nepos Veneris tocca 1'estremo
limite della vanita e deirimpudenza, cfr. 1404: Venerius nepotulus, che
era, come e noto, in Roma il nome di colni che profondeva in amorazzi
tutto il suo avere. —
1258. adi: Acroteleuzio si e riavuta alquanto,
e piena di stupore e di vergogna parla sotto voce a Milfidippa. —
1259. Questo verso ha un doppio iato, nella cesnra e dopo te (Eitschl
ted), cioe in entrambi i casi nel cambiamento delPinterlocutore. — et nos
te diamo coi codici a Pirgopolinice, la cui impazienza nel v. 1233 a stento
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1251—1271
Mi.
PY.
ML
PY,
Mi.
Mi.
163
Verbum edepol facere non potis, si accesserit prope ad te:
Dum te obtuetur, interim linguam oculi praeciderunt.
Leuandum morbum mulieri uideo. Mi. Vt tremit atque
extimuit,
Postquam te aspexit.
PY. Viri quoque armati idem
istuc faciunt:
1265
Ne tii mirere melius mulierem. sed quid ista me uolt?
Ad se ut eas: tecum uiuere uolt atque aetatem exigere.
Egone ad illam eam quae niipta sit? uirum eius metuere
aequomst.
Quin tua causa exegit uirum ab se.
PY. Qui id facere potuit?
Aedes dotales Iniius sunt. PY. Itane? Mi. Ita pol.
PY. Iube domum ire:
1270
lam ego illi ero. Mi. Vide ne sies in exspectatione:
era riuscito a frenare Palestrione. — 1262. potis, sc. erit, cfr. 876. —
1263. obtuetur con D. — interim « subito ». —
1264. ut tremit
(azione che dura) e preceduto in B C D da un viden, che il Bothe giu.dica rettamente come una fallace ripetizione del video che precede. —
1265. viri quoque,icon iato e syllaba anceps nella cesura. — faciunt,
sc. postquam me adspexerunt In B C D in coda a questo verso trovasi
aggiunto iube domum ire, per falsa contaminazione del verso 1270. —
1266. mirere melius con B C D, a causa dell' allitterazione, per mirere
plus « piu oltre », a cui infatti pensava VAcidalio. Gli altri editori espungono comunemente il melius sull'es. del Guiet. — sed quid ista me volt
scriviamo noi, per sed quid volt me taeerit (met agere C D) di B C D, dove
il facere o Yagere a noi sembra aggiunto semplicemente come glossa di
volt. II Bitsehl conserva facere e aggiunge illa innanzi a volt, il Brix sostituisce invece rogare ad agere. —
1268. virum eius metuere aequomst colFed. princ, per virum eius metuere hendast di C D e vir eius
metuendus est di B, con cui anche tornerebbe il v., ove si anteponesse est
a metuendus. — 1269. ab se, per dittografia del qui successivo, e trasformato in assequi in B C D. Per evitar la syllaba anceps e Tiato in
cesura, il Camerario scriveva quid? qui id. — 1270. aedes col Beiz, per
quia aedis di B C D. — itane « realmente », cfr. Merc., 918. — iube
col Weise, per iubam di B C D, cfr. v. 1264. — 1271. iam col Bothe,
per itam di B, ita C D. — illi = illic, cfr. 255. — sies col Bothe, per sis
di B C D. — in exspectatione collo Scutario, per inspectatione di C D,
exspectatione di B: « farsi aspettare », cfr. Gapt., 252: esse in quaestione;
Trin., 278: in mora esse alicui-, Cic., ad Att., 8, 11, 13: cum res in summa
164
PY.
M. AGCI PLAVTI
Ne illam animi excrucies. PY. Non ero profecto. abite.
Mi. Abimus.
Sed quid ego nideo? PA. Quid uides? PY. Nescio quis
eccum incedit,
Ornatu quidem thalassico. PA. It ad nos: uolt te profecto:
Nauclerus hic quidemst. PY. Videlicet areessit hanc
iam hic. PA. Credo.
1275
PLE VSICLES.
PL.
P AL AESTRIO.
P YRGOPOLINICES.
Alium alio pacto propter amorem ni sciam
Feeisse multa nequiter, uerear magis
Me amoris causa hoc ornatu incedere.
Verum quom multos multa admisse acceperim
exspectatione esset; 3, 18, 1: an est aliquid in spe? •— 1273. Mentre
Aeroteleuzio e Milfidippa entrano nella casa di Peripleeomeno, arriva dal
porto, nel costume gia descritto, Pleusicle, il quale parla seco stesso sino
al v. 1281, senza accorgersi della presenza dei personaggi, che gia si trovano sulla scena. —
1274=. tJialassico « marinaresco », cfr. 1172. —
it ad nos col Brix, per iam non di B C D, che il Camerario emendava
in iam nos, cfr. Most., 3, 1, 39: hic ad me it. — te con B, per est di C D
e is che vi sostituiva il Ritschl. —
1275. hic quidemst videlicet o
anche hic quidemst vtdelicet. — hanc iam hic col Seyffert, per hac itam
hic
di B C D. La distribuzione delle parti in quest' ultimo verso e fatta
d?accordo col Bergk.
Actus IV, scaen. 7. —
1276. ni sciam col Grutero, per nesciam
di B, nescium C D. —
1277. verear = pudeat me, cfr. Bacch.,
156: hie vereri perdidit; Ter., Phorm., 971: neque huius sis veritus
feminae primariae e quanto alFacc. coirinf. Cic, l*eg.y 2, 22, 57: quod
timens suo corpori posse accidere. — magis « assai piu di quel che ora
faccio ». —
127'8. causa, con iato nella cesura. —
1279. admisse = admisisse. — quom .... acceperim. Ussing: « coniunctivus post
quom apud Plautum insolitus v. Liibhert, Gramm. Studien, II, p. 137,
qui nisi ex oratione aliqua obiiqua oriri posse negat. Itaque cum Scaligero
E. aliisque excidisse aliquid ratus post v. 1281 talem fere versum extitisse putat: Me quoque istuc facinus facere audacter decet. Sed vel sic
nimis contorte haec sententia illius orationis ohliquae pars esse dicitur.
Accedit quod saltem tribus aliis Plauti locis similis coniunctivus invenitur,
infra v. 1319: quom lacrumem, Pseud., 183: quom sim siccus, Capt, 886:
sancte quom iurem, quos coniunctivos quomodo potentiales aut iussivos
appellare possit, non intellego. His addunturduo Terentii loci, Hec, 705:
praesertim in ea re quom sit mihi adiutrix socrus, Ad., 166: indignis
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1272—1292
165
Inhonesta propter amorem atque aliena a bonis — 1280
Mitto iam ut occidi Achilles ciuis passus est. . .
Sed ecciim Palaestrionem, stat cum milite:
Oratio alio mihi demutandast mea.
Mulier profecto natast ex ipsa mora:
Nam quaeuis alia, quae morast aeque, mora
1285
Minor ea uidetur quam quae propter mulieremst.
Hoc adeo fieri credo consuetiidine.
Nam ego hanc arcessam Philocomasium. sed foris
Pultabo. heus, ecquis hic est? PA. Adulescens, quid est?
Quid uis? quid pultas? PL. Philocomasium quaerito:
1290
A matre illius uenio. si iturast, eat.
Omnis moratur: nauim cupimus soluere.
quom egomet sim acceptus modis, et apparebit Plauti aetate, quamvis
quom indicativum sibi adiungere soleat, tamen eum loquendi usum, qui
postea constans fuit, ut quom causale et concessivum cum coniunctivo
iungatur, iam initium cepisse. Quod autem h. 1. censent post v. 1279
versum excidisse, illud quidem apparet, apodosin desiderari; sed huius proprius locus post parenthesin erat v. 1280 inceptam. Abrumpitur autem
et ipsa parenthesis, non librariorum aut temporis culpa, sed Pleusicles
viso Palaestrione se ipse interrumpit, cfr. 818 ». Si aggiunga che Pleusicle stesso accenna all' interruzione col demutandast del v. 1283. —
1280. irihonesta, cfr. 449 e Capt., 99: quaestttm inhonestum, maxime
alienum ingenio suo. —
1281. II v. torna, computando come breve
o la prima sillaba froccidi o quella intermedia di Acliilles. — 1282. sed
eccum, cfr. per la costruzione 1301. —
1283. alio col Camerario, per
allo di B, illo C D. Pleusicle pronunzia le parole successive a voce alta,
affinche i due che son presenti lo possano sentire. —
1286. ea ripiglia, per maggiore efficacia, il concetto gia espresso da quaevis alia moraf
cfr, Ter., Heaut, 239: nosti mores mulierum: dum moliuntur, dum conantury annus est. —
1287. consuetudine « per abitudine, abitualmente », cioe senza eccezione di sorta, cfr. Cic, Mil, 20, 28: paullisper,
dum se uxor, ut fit, comparat, commoratus est. —
1288. nam con
A B C D: ed e per questa ragione, cioe perche io conosco che le donne si
fanno sempre attendere, che io son venuto a chiamare Pilocomasio, cfr.
Trin.y 23. — sed dice Pleusicle, interrompendo le sue riflessioni, durante
le quali ha fatto le viste di non essersi punto accorto della presenza dei
due forestieri. — 1290. quid vis col Ritschl, per quid tu es C D, quid
tu ais B, « quae e quit uis nata sunt» (Ritschl). — quaerito = quaero. —
1291. si iturast eat, cfr. 215, 1178, Cist, fr.: quin is si itura?s? Men.,
246: propere quicquid facturu's face; Epid., 284: quin tu me ducis, si
166
PY.
PA.
PL.
M. AGCI PLAVTI
Iam diidum res paratast: i, Palaestrio,
Aurum, ornamenta, uestem, pretiosa omnia
Due adiutores tecum ad nauim qui ferant.
1295
Omnia composita sunt quae donaui: aiiferat.
E6. PL. Quaeso hercle propera. PY. Non morabitur.
Quid istiic quaeso? quid oculo factumst tuo?
Habeo equidem hercle oculum. PY. At laeuom dico.
PL. Eloquar.
Amoris causa hercle hoc ego oculo utor minus: 1300
Nam si abstinuissem amorem, tamquam hoc uterer.
Sed nimis morantur me diu. PY. Eccos exeunt.
PALAESTRIO.
PHILOCOMASIVM.
PLEVSICLES. PYRGOPOLINICES.
(SERVI).
PA.
Quid modi flendo quaeso hodie faeies?
Vbi pulcerrume egi aetatem, abeo.
PH. Quid ego
ni fleam?
PA. Em hominem
tibi
quo ducturu's, pater ? — 1293. paratast i col Seyffert, per paratas si
di B, paratast C D. —
1294:. pretiosa omnia col Botlie, per preciose
(preciosum C D) omne ut ferat di B C D. — 1295. duc con A e l'ed.
princ, per dum di B C D. —
1296. auferat con A B e Haupt, per
ut ferat di 0 D, cfr. v. 1293. — 1297. non morabitur, sc. te Palaestrio « non ti fara attendere ». — 1298. istuc, sc. est. — quid oculo,
che h capitato al tuo oechio (intendendo il sinistro, che si trovava ricoperto), poiche sembra che tu 1'ahbi perduto. —
1299. haoeo dice
Pleusicle, mostrando 1'occhio destro, che non era ricoperto da alcuna henda.
E strano che gli editori abhiano veduto anche qui un guasto nella lezione,
mentre pur ne torna cosi semplice e piano il significato. — 1300. amoris
causa col Bitschl, per moris causa di B C D, e maris causa delPed. princ.:
Pleusicle con questa espressione ambigua accenna insieme alla causa del
suo travestimento e alla causa pretesa della sua malattia. — ego coH'ed.
princ, per ago di C D. — minus b scelto a bella posta per continuare
l1 equivoco, giacch^ in un caso vale « non » e nelValtro « men bene ». —
1300. abstiniiissem coirediz. princ, per abstinuisset di C D, e costruito
colUacc, cfr. 187. — tamquam coH'ed. princ, per quem tamquam di B C D.
—
1302. eccos si adopera ad indicare tanto i presenti quanto gli assenti, a differenza di eccillum o ellum che si riferisce soltanto a questi
ultimi, e puo ricevere dopo di se tanto l'acc. come il nom.
Actus IV, scaen. 8. —
1303. flendo coll'ed. princ., per fendo di
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1293-—1314
PA.
PL.
PL.
PH.
PY.
PH.
167
Qui a rnatre et sorore uenit. PH. Video. PY. Audin,
Palaestrio?
1305
Quid uis? PY. Quin tu iiibes ecferri omnia isti quae
dedi?
Philocomasium, salue. PH. Et tu salue. PL. Materque
et soror
Tibi salutem me iusserunt dicere. PH. Saluae sient.
Orant te ut eas: uentus operam diim dat, ut uelum
explicent.
Nam matri oculi si ualerent, mecum uenissent simul.
1310
Ibo. quamquam inuita facio, omni pietas f sciochant.
PL. Sapis.
Si non mecum aetatem egisset, hodie stulta uiueret.
Istuc crucior, a uiro me tali abalienarier:
Nam tu quemuis potis es facere ut afluat facetiis,
BCD. — 1304. abeo con C D, per video di B e inde abeo sostituito
dal Luchs, per evitar 1'iato nella cesura: si noti clie in questo verso ricorre un secondo iato dopo abeo. —• em col Leo, per mum di C D e ab
eo di B, eccillum Goetz, viden Bugge. -— 1305. audin col Guiet, per
audistisin di B, audisiin C D. —
1806. isti quae col Lorenz, per
quae isti di B C D, che richiederebbe un secondo iato, oltre qaello che gia
si nota nella cesura. Ussing: « Palaestrio hoc aliis servis imperat ut faciant, quos paulo post cum vasis et sarcinis exeuntes videmus ». —
1307. et tu con iato precedente « anche tu, da parte tua », cfr. 1130. —
1308. tibi colFed. princ, per sibi di B C D. — dicere, colla syllaba
anceps nel cambiamento dell'interlocutore. — 1309. eas ventus coll'ed.
princ, per adventus di B, eant ventus C D, cfr. 1179. — velum colPed.
princ, per vallem di B, vallam C D. —
1810. venissent, sc mater ei
soror, la quale ultima sarebbe stata trattenuta anch' essa nel porto, a
causa della malattia della madrc- —
1311. omni pietas scio (sit eo
CD) cliant con BCD, lezione guasta e non ancora risanata: l'ed. princ
vi sostituiva omnia pietas sic cohibet, il Lambino pieias sic cogit, il Pareo
omnia pietas suadet ecc —1312. stulta ha relazione col precedente
sapis « sei saggia, pmdente», lode di cui il miles rivendica a se il merito. — viveret = essei. —
1314. quemvis feram., sc feminam, con
Nonio per quamvis di B C D, cfr. per la costruz. 341,, 1247. — afluai
con A e Brix, per fluat di B C D, cfr. Pseud., 1, 2, 57: ut frumento afluam
(ABC). — facetiis « spirito », contrappone la persona arguta o faceta
168
PA.
PH.
M. ACCI PLAVTI
Et quia tecum eram, propterea animo eram ferocior.
1315
Eam nobilitatem amittundam uideo. PY. Ah, ne fle.
PH. N6n queo,
Quom te uideo. PY. Habe bonum animum. PH. Scio
ego quid doleat mihi.
Nam nil miror, si lubenter, Philocomasium, hic eras,
Forma^e huius, mores, uirtus animum attinuere hic
tuom,
Quom ego seruos, quando aspicio hunc, lacrumem quia
diiiingimur.
1320
Obsecro, licet complecti prius quam proficisco ? PY. Licet.
r
PH.
f
0 mi ocule, 6 mi anime. PA. Obsecro, tene miilierem,
Ne adfligatur. PY. Quid istuc, quaesost? PA. Quia
abs te abit, animo male
alFinsulsa o stolta. -—
1315- animo colFed. princ. e con Nonio, per
animum di B C D, e preceduto da iato nella dieresi. — ferocior, cfr. Nonio,
305, 12: ferox significat cordatus vel facetus, e propriamente « di animo
piu forte, audace, sicuro, orgoglioso ». — 1316. nobilitatem « orgoglio ».
— video. ah ne fle col Seyffert, per vide omnia haecfle di B C D. — non
queo, sc. quin fleam, con D, per nequeo di B C. — 1317. quid « qual
dolore io provi », coU'ed. princ. e col confronto del 1334, per inquit di
B C D. — 1318. nam « a dire il vero », giustifica il profondo dolore,
in cui e immerso il cuore di Filocomasio. — hic, preceduto da iato dopo
il voc. (cfr. 286), con B C D, per cum Jioc che vi sostituisce il Brix, allo
scopo di evitarlo. —
1319. formaque huius mores virtus coll'Ussing,
per formam huius morem virtus hic. — attinuere col Camerario, per atiinere di B C D : « fecero prigioniero, incatenarono», cfr. Bacch., 178: me
vadatum amore vinctumque attines. —
1320. quom per quem di C D,
cum B. — lacrumem col Pio, per lacrumum di B C D, lacrumo Brix,
cfr. 1278. — quia diiungimur col Camerario, per qui adiungitur B O D :
si noti che il quia dopo i verbi che esprimono un affetto delP animo e
comune in Plauto in luogo di quod, cfr. 466. —
1321. proficisco,
cfr. Nonio, p. 470, che riferisce proficisceret da Turpilio. —
1322. o
mi ocule con Lorenz, per o milii oculi di B C D, o mei oculi delPed. princ,
cfr. Curc, 203: ocule mi. Si noti il quadruplice iato di questo verso, determinato evidentemente dai singhiozzi che interrompono ogni parola di
Pilocomasio. — tene col Grutero, per te di B C D. Filocomasio vien meno
nel punto che si accosta a dar 1'ultimo bacio al miles, e Palestrione, che
e alquanto da lei lontano, grida a Pleusicle di sostenerla. — 1323. ne
adfligatur «perche non caschi », cfr. Most, 324: cedo manum, nolo
MILES GL0RI0SVS, ACT. IV, 1 3 1 5 — 1 3 3 1
PL.
PL.
PL.
PY.
PA.
169
Factumst huic repente miserae. PY. Ciirrite intro, adferte aquam.
Nihil aquam moror: quiescat malo: ne interueneris, 1325
Quaeso, dum resipiscit. PY. Capita inter se nimis nexa
hisce habent.
Nonplacet: labra ab labellis aufer, nauta; caue malum.
Temptabam spiraret an non.
PY. Aiirem admotam
oportuit.
Si magis uis, eam omittam. PY. Nolo: retine. PA. At
fio miser.
Exite atque ecferte huc intus omnia isti quae dedi. 1330
Etiam nunc saliito te, Lar familiaris, prius quam eo.
equidem te adfligi. — quaesost quiay secondo un' acuta congettura del
Seyffert, per quaepostqui di B C D. — abs te abit e realmente un presente,
« si divide », cfr. Truc, 5, 29 : ad te ibam «volevo venire ». — animo
(dat.) male factumst « si e sentita male », cfr. Amph., 5, 1, 6: animo
malest, aquam velim; Cas., 2, 2, 10: quid est quod tuo nunc animo
aegrest? —
1324:. miserae currite intro adferte col Bitschl, per
miserat currit et intro (introm C, intrem B) atq. (atque B) certo di B C D,
che il Seyffert emenda in miserae (Saraceno) curre intro atque ecferto. —
1325. Questo v. in B C D e attribuito a Filocomasio, e nelFed. princ. a
Palestrione: noi crediamo invece colTOssing di doverlo riferire a Pleusicle,
come la persona che ha raccolto Filocomasio, nel punto in cui essa accennava a venir meno. — quieseat col Luchs, per quot di B C D. Pleusicle
consiglia il miles di tenersi lontano, perche non rinnovi nelFanimo di Mlocomasio il dolore della dipartita, e intanto avvicina il suo volto al volto
di lei e la bacia. —
1326. resipiscit colFed. princ, per respicit di
B C D. — nexa hisce habent col Lambino, il Camerario e il Pleckeisen,
per nexam hinc habet di B C D, cfr. 40, 372. —
1327. aufer, nauta,
caue col Lorenz e col Brix, per ferinant ace di C D, ferruminavit acre
ed. princ, cfr. Pseud., 5, 1, 14: labra ad labella adiungit; Bacch., 3, 3,
76: labra a labris numquam auferat. — malum, sc ne facias: si noti
pero che Femendazione non e punto sicura. —
1328. spiraret col Camerario, per spirarent di B C D. — admotam col Grutero, per ai nostam
di B C D. —
1329. magis, cioe se tu vuoi non solo che io scosti il
viso, ma che 1'abbandoni del tutto. — eam omittam col Ritschl, per amo
mittam di B C D. — retine at « tientela pure » col Bothe, per riteneat
di BCD. — fio col Seyffert, per flo di B C D , fleo del Camerario:
THasper sostituisce adsto a at fio. —
1330. ecferte col Pareo, per
haec ferte di B C D. — isti quae col Bothe, per que isti di B C D, che
richiederebbe un iato. Poiche la situazione diventa insostenibile, e il
miles comincia a temere che, continuando in tal modo, Pilocomasio non
andra piu via, egli si affretta a far venir fuori i servi col bagaglio,
170
Py.
PH.
M. AOCI PLAVTI
Conserui conseruaeque omnes, bene ualete et uiuite:
Bene quaeso inter uos dicatis et mihi absenti tamen.
Age, Palaestrio, bono animo es. PA. Eheu, nequeo quin
fleam,
Quom abs te abeam. PY. Fer animo aequo. PA. Scio
ego quid doleat mihi.
1335
Sed quid hoc? quae res? quid video? Liix, saluefo.
PL. Sdluos sum.
lam resipisti, PMlocomasium ?
PH. Obsecro, quem
amplexa sum
Hominem? perii. siimne ego apud me? PL. Ne time,
uoluptas mea.
—
1331. etiam nunc « ancora una volta », cfr. Aul., 55: abscede
etiam nunc, etiam nunc, etiam ohe. — Lar e aggiunto col Bothe, poiche
il Lare doraestico si invocava cosi alla partenza come alParrivo, cfr. Merc,
834; .TYm.,39. — eo colFed. princ, per ero di B C D. — 1332. bene appartiene anche a vivite, cfr. Trin., 50. — 1333. et mihi col Gamerario, per
et me di B C D, et mi cod. fior. e ed. princ. — absenti tamen, cfr. Amph.,
542: numquid vis? Ut quom absim me ames, me tuam absentem tamen.
— 1334. eheu col Grutero, per heu di B C D che richiederebbe 1'iato
nella dieresi. — nequeo... fleam coired. princ, per neque ... fleat di BCD.
— 1335. te con B C D e con iato, per ted che sostituisce il Guiet. —
animo aequo col Guiet, per aequo animo di B C D. — scio ego quid doleat
mihi contiene una parodia delle parole pronunziate da Filocomasio nel
v. 1317, dove del pari esse servono di risposta
ad un incoraggiamento dato
dal miles. La frase ha naturalmente un? intonazione ironica, volta ad
accrescere il ridicolo di tutta questa scena. —
1336. quae res col
Camerario e col Seyffert, per quaeris di B C D. — salveto salvos sum col
Goetz, per salve di B C D. Poiche e tutto pronto per la partenza e i servi
son venuti gia fuori col bagaglio, Filocomasio si accorge che e ormai
tempo di riaversi dal suo finto abbandono e simula questa scena in modo
cosi vivace, mezzo tra lo stordimento e la sorpresa di trovarsi tra le
braccia di un estraneo, che il povero Pleusicle, come mosso da pieta, si
abbandona ad una espressione di afietto, la quale rischia di perdere ali'ultimo istante il successo gia ormai conseguito. —
1337. iam « gia interamente». — resipisti = resijpivisti, cfr. Bud., 899: sapisset = sapivisset. — Philocomasium e aggiunto, assai opportunamente, dal Kitschl e
dallo Schenkl. Si noti come e ben rappresentato il carattere del giovane
inesperto e innamorato, che nuoce ai suoi interessi colla soverchia premura. — amplexa sum. Filocomasio, venendo meno, era stata sostenuta
da Pleusicle, e mentre si ridesta finge orrore di ritrovarsi fra le sue braccia.
~
1338. apud me «in me, nella pienezza dei miei sensi». — volilpias. Pleusicie tradisce la propria passione e dimeutica la parte che e
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1332—1348
PY.
PY.
PA.
PA.
171
Quid istuc est negoti? PA. Animus hanc modo hic reliquerat
Metuoque et timeo, ne hoc tandem propalam fiat, nimis.
1340
Quid id est? PA. NOS secundum ferri niinc per urbem
haec omnia,
Nequis hoc tibi uitio uortat. PY. Mea, non illorum dedi:
Parui ego illos facio. age, ite ciim dis beneuolentibus.
Tiia ego hoc causa dico. PY. Credo. PA. Iam uale.
PY. Et tu bene uale.
Ite cito: iam ego adsequar uos: cum ero pauca udlo
loqui.
1345
Quamquam alios fideliores semper habuisti tibi
Quam me, tamen tibi habeo magnam gratiam rerum
omnium:
Etsi ita sententia esset, tibi seruire malui
stato chiamato a rappresentare. II che provoca la resipiscenza del miles,
frenata opportunamente daU'intervento di Palestrione. —
1839. Palestrione, invece di giustificare 1' espressione usata da Pleusicle, ricorda
fugacemente la causa che l'ha provocata; e quindi con un'espressione ambigua raccomanda la prudenza agli amanti. —
134=0. hoc tandem:
Palestrione mentre accenna a Pleusicle, che la sua imprudenza e pericolosa, lascia d'altra parte intendere al miles che potrebbe nuocere al suo
buon nome, ove si diffondesse la notizia, che egli ha scacciato in tal modo
dalia propria casa un' amante, senza farsi intenerire dalle sue lacrime e
dalFaffetto che essa nutriva per lui. Sennonche, quando Pirgopolinicc gli
domanda una spiegazione di queste sue parole, per paura che esse non
abbiano presa nel suo cuore, si lirnita a dire che la sua apprensione e
provocata da quel lungo seguito che li accompagna; il che naturalmente
Pirgopolinice interpreta come un encomio alla sua liberalita, laonde lascia
cadere senz'altro questo discorso. — propalam col Camerario, per pro alla
di C D. — nimis appartiene a metuoque et timeo. — 1341. nos secundum --= post nos, una nobiscum. — 1342. hoc tibi coH'Acidalio, per tibi
hoc di B C D. — illorum, sc. bona. — 1343. illos con B C D, per alios
del Bothe. — age col Kitschl e il Weise, per agite di B C D, cfr. 920, Pleusicle e Filocomasio si allontanano frettolosamente in direzione del porto.—
1345. Palestrione parla ai due che si allontanano. — ero coll'ed. princ,
per ego di B C D. — volo loqui col Bitschl, per eloqui di B C D, eloquar
ed. princ. —
1346. fideliores: percio tu li trattasti con maggiore
benevolenza ed affetto. —
1347. habeo gratiam « ti ringrazio di
tutto cuore del bene che mi hai fatto ». —
1348. etsi ita con iato.
172
PA.
PY.
PY.
PA.
PA.
PY.
PA.
M. ACOI PLAVTI
Mtilto quam alii libertus esse. PY. Habe animum bonum.
Heii me, quom uenit mi in mentem, ut mores mutandi
sient,
1350
Miiliebres mores diseendi, obliuiscendi stratiotici.
Fac sis frugi. PA. Iam non possum: amisi omnem lubidinem.
I, sequere illos: ne morere. PA. Bene uale. PY. Et
tu bene uale.
Quaeso ut memineris: si forte liber fieri oceeperim,
Mittam nuntium ad te: ne me deseras. PY. Non est
meum.
1355
Cogitato identidem, tibi quam fidelis fiierim.
Si id facies, tum demum scibis, tibi qui bonus sit, qui
malus.
Scio et perspexi saepeuero, quom antehac tum hodie maxume.
Scis? immo hodie uerum factum faxo post dices magis.
— sententia esset, sc. tibi, si riferisce nlYJiabuisti che precede: sebbene
tu avessi di me tale opinione, pur io preferii sempre. Gli altri
editori accettano anche la lezione et si ita o, meglio, invertendo et ita si, ma
veggono in queste parole un anacoluto, di cui non vi ha punto bisogno. —
1349. animum bonum col Bothe, per bonum animum di B C D. — esse
habe colFed. princ, per esset habeo di B C D. —
1350. heu me col1'Haupt, per haeum di BCD, hei mihi Bothe. —
1351. obliviscendi
si contrae in obliscendi, cfr. Accio obliscar = obliviscar. — stratiotici
collo Scutario, per stratiosi di B C D.—
1352. iam non possum:ho
perduto la voglia di essere un buon servo, dacche non posso servire piu
te. Si noti per6 che la frase amisi libidinem ha nel pensiero di iui relazione colla promessa di liberta, che gli e stata fatta da Pleusicle. —
1353. ne morere, sc. eos, cfr. 1297. —
1354. occeperim coll'ed.
princ, per occeperit di B C D. — memineris, sc. mei. —
1355. ne
me deseras « non negarmi il tuo aiuto, il tuo soccorso ». — non est meum
« non e permesso o possibile nella mia persona », cfr. Trin., 123. —
1356. identidem coll'ed. princ, per dentidem d i B C D ; fuerim, cfr. 752.
—
1358. saepevero == saepenumero, e modellato sopra enimvero: nei
codici si legge propriamente saepe verum. Si noti che et non fa posizione.
-— tum aggiunto coll'ed. princ e col cod. fior. —
1359. scis col Sal-
MILES GLORIOSVS, ACT. IV, 1349—1369
PY.
PA.
PY.
173
Vfx reprimor quin te manere iiibeam. PA. Caue istuc
feceris.
1360
Dicant te mendacem nec uerum esse, fide nulla esse te:
Dicant seruorum praeter me esse fidelem neminem.
Nam si hQneste censeam te facere posse, suadeam.
Verum non potest: caue faxis. PY. Abi iam; patiar,
quicquid est.
Bene uale igitur. PY. Ire meliust strenue. PA. Etiam
minc uale.
1365
Ante hoc factum hunc sum arbitratus semper seruom
pessumum:
Eiim fidelem mihi esse inuenio. quom egomet mecum
cogito,
Stiilte feci, qui hiinc amisi. ibo hinc intro niinciam
Ad amores meos. Sed sensi, hinc sonitum feceriint fores.
masio, per scies di B C D. —- hodie verum col Camerario, per hodiem eorum
di B C D : oggi si e a v v e r a t o , verificato, cfr. Cic, Lael, 18, 65:
ita fit verum, quod initio dixi. —
1861. dicant col Ritschl, per dicent di B C D. — esse fide coll'ed. princ, per esset fidele di B C D. —
verum = veracem, cfr. Ter., Andr., 423. —
1362. praeter me con
iato nella cesura. Fra le tante ragioni, con cui Palestrione dissuade il
m i 1 e s dal volerlo trattenere, egli aggiunge anche questa, la vergogna che
gliene verrebbe ove con simile provvedimento di mala fede lasciasse insinuare il dubbio, che non gli restava altro che un sol servo fedele. —
1363- censeam colFed. princ, per censeat di BCD. —
1364. non
potest, sc fieri. — abi iam con B, per abilam di C D, cfr. 849. — quicquid est « tutto cio che sara per avvenire »: a causa dei bisogni del v.
si e adoperato est in luogo di erit. — 1365. bene vale igitur: queste
parole, che in B C D continuano le altre precedenti di Pirgopolinice, riferiamo col Camerario a Palestrione. — strenue colFed. princ, per trenue
di B C D. La distribuzione adottata e quella del Camerario. — etiam nunc
« ancora una volta, per Fultima volta », cfr. 1330.— 1366. hunc colPed.
princ, per huc di B C D. Questa dichiarazione dimostra che le parole dette
nel v. 1358 contenevano un semplice complimento d' occasione, e non rispecchiavano il pensiero vero del padrone. —
1367. invenio col Pio,
per invento di B C D. — egomet col Camerario, per ego et di B C D. —
quom cogito, cfr. Gapt., 51. —
1368. feci ...amisi coli'ed. princ, per
fecit... amisit. — nunciam, cfr. 363 e Trin., 3. —
1369.adamores
colPed. princ, per at (ac C) mores di B C D. — sed sensi eolPAcidalio s
col Grutero, per et sensit di B C D, con esempio evidente di lipografia. E
strano soltanto 1'uso del perf., cfr. infatti Truc, 2, 3, 29: sed aestuosas
sentio aperiri foris. — hinc, sc. a Periplecomeno.
174
M. ACCI PLAVTI
PTER. PYRGOPOLINICES.
Pv.
PY.
Pv.
PY.
Pv.
Ne me moneatis: memini ego officiiim meum.
1370
Ego iam conueniam illunc: ubiubist gentium,
Inuestigabo: operae non parcam meae.
Me quaerit: ilico hinc ibo huic puero obuiam.
Ehem, te quaero: salue, uir lepidissume,
Cumulate commoditate, praeter ceteros
1375
Duo di quem curant. PY. Qui duo ? Pv. Mars et Venus.
Facetum puerum. Pv. Era intro te ut eas obsecrat:
Te uolt, te quaerit teque exspectans e^petit.
Amanti fer opem. quid stas? quin intro is? PY. EO.
Ipsiis illic sese iam impediuit in plagas.
1380
Paratae insidiae siint: in statu stat senex,
Vt adoriatur moechum, qui formast ferox,
Qui omnis se amare credit, quaeqe aspexerit
Mulier, quem oderunt qua uiri qua miilieres.
Nunc in tumultum ibo: intus clamorem audio. 1385
Actus IV, scaen. 9. — Vuer, sul limitare della porta, si volge a dir
1'ultiraa parola a quei che sono di dentro. —
1371. iam col Camerario, per nam di B C D. — conveniam illunc, per illum di B C D, con
iato dopo la cesura. — ubiubist gentium, cfr. Epid., 492: ego illam requiram iam, ubiubi est. —
1372. investigabo con iato nella cesura,
che il Muller evita colla emendazione investigavero. — parcam col Camerario, per parco di B C D. — 1373. ilico liinc ibo huic coirAbraham
e col Leo, fondendo insieme ilico hinc di B e ilico ibo huic di C D. —
1374:. ehem, cfr. 36. —
137'&. cumulate commoditate, espressione
estremamente comica, con cui si accenna alFonnipresenza o ali'opportuna
apparizione del miles in tutti i luoghi dove e cercato, cfr. Men., 1, 2,
31: non potuisti magis per tempus mi advenire quam advenis. Ita ego
soleo, commoditatis omnis articulos scio; ib., 1, 2, 28: o mea commoditas,
o mea opportunitas, salve. — 1377. facetum « grazioso, garbato, gentile ». — era aggiunto col Miiller. —
1378. expetit col Pareo, per
petit di B C D, deperit Pilade. —
1379. quin coll'ed. princ, per quid
di B C D. —
1380. sese col Pilade, per se di B C D. II garzoncello
pronunzia queste parole, quando gia Pirgopolinice ha sorpassato 1'uscio. —
1381. in statu = in insidiis « in guardia ». —
1382. moechum coll'ed. princ, per mecum di B C D. — formast coll'ed. princ. e con Nonio,
per forma si di B C D. —
1383. quaeque con R, per quemque di
C D ~ quaecumque, cfr. 156. —
1384. mulier quem col Seyffert,
per mulierem di B, mulieres eum C D. — qua...qua, cfr. 1106.
MILES GL0RI0SVS, ACT. V, 1370—1391
175
A C T V S V.
PERIPLECOMENYS.
PE.
PY.
CA..
PrRGOPOLiNicEs.
CARIO.
LORAPJI. SCELEDRVS.
Ducite istum: si non sequitur, rapite sublimem foras.
Facite inter terram atque caelum ut siet: discindite.
Obsecro hercle, Periplecomene, te.
PE. Nequiquam
hercle obsecras.
Vide ut istic tibi sit acutus, Cario, culter probe.
Quin iam dudum gestit moecho hoc abdomen adimere,
1390
f
Vt faciam quasi puero in collo pendeant crepundia.
Actus V. —
1386. Lo schiamazzo, udito sulla fine della scena precedente, aveva gia annunziato la sorpresa del miles e la punizione di cui
era stato minacciato, affatto conforme a quella, che pare realmente usata
a Eoma in simili delitti (cfr. 1411, 1417, Poen., 866 : facio quod manifesti moechi haucl ferme solent, refero uasa salva; Merc, 269, Cic, Leg.,
3, 20, 46: noxiae poena par esto, ut in suo vitio quisque plectatur, vis
capite, avaritia mnlta, honoris cupiditas ignominia sanciaiur; Hor., SaL,
1, 2, 37: flagellis caedi usqite ad mortem, castrari, dare nummos pro cor<pore; Val. Max., 6, 1, 13; Gell., 10, 23). Ed ora egli e condotto o trascinato
a forza in processione per la citta, seminudo e colle mani legate, mentre
che i lorarii lo tempestano con i loro flagelli. — rapite sublimem, cioe sollevate da terra e trascinate, cfr. Ter., Ad., 316: sublimem medium primum arriperem et capite in terram statuerem. —
1387. siet col Bothe,
per sit di B C D, con iato nella cesura, che il Bothe stesso evita colla
sostituzione di uti ad ut. — discindite con C D, a cui il Goetz sulPes.
del Palmer premette vestem, per non essersi accorto che la frase e una
legittima conseguenza di facite inter terram atque caelum ut siet ed equivale a dilacerate verberibus, cfr. 1389, 1397-8. —
1389. sit acutus
col Saraceno e con A, per sit actus di B C D. Come di qui si scorge, il sacrifizio non e ancora compiuto, ma soltanto preparata la vittima con
questa processione trionfale, pari a quella con cui gli schiavi eran condotti
al supplizio della croce. — 1390. hoc abdomen, preceduto da iato nella
cesura = scrotum, testes, cfr. corpus Hor., Sah, 1, 2, 43 e Phaedr., 3, 11,
3, ile Cat., 63, 5. —
1391. ut con ABCD, per vin sostituito da
tutti gli altri editori sulPes. del Seyffert. — crepundia. Lambino: « sunt
ludibria quaedam puerorum e crepando dicta, e collo eorum pendentia,
176
PY.
PE.
PE.
PY.
PY.
PE.
PY.
PE.
PY.
PE.
M. ACCI PLAVTI
Perii. PE. Haud etiam: mimero hoc dieis. CA. Iamne
in hominem inuolo?
Immo etiam prius uerberetur fustibus.
CA. Multiim
quidem.
Ciir es ausus siibigitare alienam uxorem, impudens?
Ita me di ament, ultro uentumst ad me. PE. Mentitiir: feri.
1395
Mane, dum narro. PE. Quid cessatis? PY. Non licet
mihi dicere?
Dic. PY. Oratus sum ad eam ut irem. PE. QUO ire
ausus? em tibi.
Oiei, satis sum uerberatus: obsecro.
CA. Quam mox
seco?
Vbi lubet: dispennite hominem diuorsum et distennite.
Obsecro hercle te, lit mea uerba aiidias prius quam
secat.
1400
Loquere, nondum nihili factus.
PY. Viduam hercle
esse censui:
quorum crepitu a lacrimis et ploratu prohibentur ». —1392. haud
coll'ed. princ, per aut di B C D. — haud etiam « non ancora », numero
«troppo presto J> . — involo, preceduto da iato, col Pio per invoco di B C D:
lo scopo e quello gia indicato nei v. precedenti. —
1393. verberetur
coll'ed. princ^, per veretur di B C, feretur D. Tra questo e il v. successivo
nelFAmbrosiano si scorgono tracce di lettere, da cui pero non e stato possibile ricostruire una parola sola, e tanto meno un verso. — 1397. ad eam
ut irem, secondo una congettura assai felice del Eibbeck, per ad te amuttire
di C D, ad te venirem B. — quor ire col Seyffert, per quirere di C D,
quare B. — em tibi: son le parole con cui si accompagnano i colpi della
frusta, che va a cadere sulle spalle del disgraziato, cfr. Men., 1018: em
tibi etiam. —
1398. oiei con A e il Bentley, per olei di B C D, grido
di dolore, cfr. Ter., Phorm., 633. — mox seco col Camerario ed A, per
mox (ex B) ego di B C D, cfr. 304. —
1399. dispennite ... distennite
col Meursio, coll'ed. princ. e con Nonio, per distendite... dispendite C D, cfr.
Nonio, 9, 22: dispennere est expandere tractum a pennis et volatu avium
(cfr. 360 dispessis) e Donato a Ter., Phorm., 2, 1, 16: rete apcipitri tenditur: legitur et tennitur, habet enim n littera cum d communionem. —
l&Ol. nondum nihili factus = n. castratus, col Camerario per nondum
niliblo (donec C D) factus (factum est C D) di B C D. — hercle con A
(Studemund), trovasi invece omesso in B C D, secondo cui sarebbe neces-
MILES GLORIOSVS, ACT. V, 1 3 9 2 — 1 4 1 2
PE.
PY.
PE.
CA.
PY.
CA.
177
Itaque ancilla, conciliatrix quae erat, dicebat mihi.
Iiira te non nociturum esse homini de hac re nemini,
Quod tu hodie hic uerberatu's aiit quod uerberabere,
Si te saluom hinc amittemus Venerium nepotulum. 1405
Iiiro per Iouem et Mauortem me nociturum nemini,
Quod ego hic hodie uapularim: iiireque id factum arbitror:
Et si intestatus non abeo hinc, bene agitur pro noxia.
Quid, si id non faxis? PY. Vt uiuam semper intestabilis,
Verberetur etiam: postibi amittundum censeo.
1410
Di tibi bene faciant semper, quom aduocatus mihi bene es.
Ergo des minam aiiri nobis. PY. Quam 6b rem?
CA. Saluis testibus
sario ammettere un iato. — 1402. itaque — et ita, cfr. 108. — conciliatrix « mezzana », « dicitur quae viris conciliat uxores et uxoribus viros »
Paul. Fest., 62, 13, cfr. 1203 e 798. —
14:03. non nociturum con
B C D e con ia.to nella cesura: si noti che il non e omesso da A. — liomini... nemini con A e il Bothe, per hominem ...neminem (nemini B) di
B C D ; quanto alla prima negazione generica che, invece di distruggere,
rinforza la seconda, cfr. Epid., 532: neque ubi ea nunc sit nescio; Men.,
1027: nec meus servos tale numquam fecit; Curc, 579: neque iuas minas
non pluris facio. — de hac re = propier hanc rem. —
1404.
tu
hodie liic con A B C D e con iato dopo tu. — verberabere col Camerario
e con A, per verberare di B C D. —
1405. amittemus col Bothe, per
mittemus A, mittimus B C D, amittimus Prisciano, 3, 27, cfr. 1413, dove
del pari amittere apparisce identico a dimittere. — nepotitlus, diminutivo
dispregiativo, cfr. 1256 e canicula Gurc, 598, praedonulus,
aquariolus,
scurrula, lupula, muliercula, vocula. —
1406. per lovem et Mavortem con A e lo Studemund, in luogo di per Idam et Martem di B C D,
p. Venerem et M. ed. princ.,j3. Dianam et M. Camerario. —
1407. vapularim con A B, per vapulo di C D. — iureque id col Camerario, per
iurequi B, sed miJii id aeque C D. —
1408. intestatus ha senso ambiguo, in quanto puo valere sine testibus o anche colui qui pro teste citari
non potest, cui fides non habetur, infamis. — bene agitur, ben clata e
la punizione che io ricevo per la mia colpa. —
1409. id, sc. quod
iuratus es. — quid, sc. agetur. — ut, sc. agite. — intestabilis riproduce
la stessa ambiguita di intestatus, in quanto indica colui che non trovasi
piu in grado di compiere Vufficio di testis. —
1410. amittundum con
A e Fed. princ, per amitte dum di B C D. — postibi = postea, cfr. Bud.,
600. —
1411. mihi bene es con A e Ped. princ, per bene miJii es
PLAUTO, Miles gloriosus,
comm. cla E. COCCHIA.
12
178
Lo.
PE.
PY.
Sc.
PY.
M. ACCI PLAVTI
Vt te hodie hinc amittamus Venerium nepotulum,
Aliter hinc non eibis: ne sis frustra. PY. Dabitur.
CA. Magis sapis.
De tunica et chlamyde et machaera nequid speres: non
feres.
1415
Verberon etiam an iam amittis? PY. Mitis sum equidem
fiistibus:
Obsecro uos. PE. Soluite istunc. PY. Gratiam habeo
tibi,
Si posthac prehendero ego te hic, carebis testibus.
Causam hau dico. PE. Eamus intro, Cario. PY. Seruos
meos
Eccos uideo. Philocomasium iam profectast? dic mihi.
1420
Iamdudum. PY. Ei mihi. Sc. Magis dicas, si scias
quod ego scio:
Nam illic, qui lanam ob oculum habebat, naata non erat.
Quis erat igitur? Sc. Philocomasio amator. PY. Qui
tu scis? Sc. Scio:
di B C D. —
1413. te con A B C D e con iato, per ted che sostituisce
il Guiet. — 1414. Mnc non eibis con A e il Eitsehl, per hine a nobis
di B: il v. fino a dabitur e omesso da C D. — ne sis frustra « perche
tu non ti faccia illusione, perche non t' inganni nelle tue aspettazioni»,
cfr. 1414: ne quid speres; Most, 567: frustrast homo e Sall., Iugn 85,
6: uti illi frusira sint. — 1415. machaera ne quid col Camerario, per
macrane gmddiBCD. — feres, sc. tecum domum. — 14J6. an iam
amittis col Brix, per animam (anim) amittis di B C D. — mitis fustibus
= ireTtova jaaOTiYUJv, moJlis fustibus Aul, 442, cfr. Nonio, 343, 11: mitis
est maturus: si noti la paronomasia con mittis. —
1417. istunc con
A, istuc B, istum C D. — gratiam habeo con iato. —
1418. te hic
con A B e con iato. — carebis testibus con A e Studemund, per arebo
cestibus B C D. —
1419. causam hau dico « non mi oppongo, non
elevo alcuna opposizione, accetto », cfr. Capt, 625. In questo mentre Periplecomeno coi lorarii rientra in casa e ritornano dal porto i servi che
hanno accompagnata Filocomasio. —
1421. mihi coll' ultima lnnga,
cfr. 1410 tibi: il Eitschl sull'es. del Bentley aggiunge id dopo magis. —
1422. nam iUic con iato e con A, per nam ille di B C D. — lanam ob
oc. hab. con B C D e Ted. princ, per ob oculum habebat lanam di A. —
MILES GLORIOSVS, ACT. V, 1 4 1 3 — 1 4 2 9
179
Nam postquam porta exierunt, nil eessarunt ilico
Oseulari atque amplexari inter se. PY. Yae misero mihi:
1425
Verba mihi data esse uicleo. scelus uiri Palaestrio,
Is me in hanc inlexit frauclem. liire factum iiiclico:
Si sic aliis moechis flat, minus hic moechorum siet:
Magis metuant, minus has res studeant. Eamus ad me.
CANTOB. PlaMte.
1423. Philocomasio, cfr. 271. —
14:24. porta con B C D, per portam
di A. —
1425. inter se = dXXnXouc;. —
1426. scelus viri con
A e Dousa, per scekts vir di B C D « briceone di un uomo »> cfr. Curc,
614; Pers., 192: deliciae pueri; Poen., 273: monstrum muiieris; Men.,
4c89: flagitium hominis; Poen., 1310: haliex viri; Aul., 4, 83: hominum
mendicabitla. —
1427. in hanc inlexit fraitdem col Camerario e con
A, per hinc illexit fraude C D, inlexit fraitde in B, cfr. 294 dove fraits
= damnum, malum. — iure. Ussing: « Haec Bothe R. cett. servo dant,
ego cum codd. militi continuavi; nec enim id fabula spectat, ut servus
vitia intelligat, sed ut herus propter flagitia puniatur. Eodem pertinet,
quod hoc facto ipse fatetur iustas se poenas dedisse, id quod iam v. 1407
metu adductus fecit; neque hoc ab antiquae comoediae more abhorret,
quae non id utique spectat, ut omnia ad veri speciem exigantur, nec spectatores oblivisci vult fabulam agi ». Si noti pero che la morale della
comedia nel Merc, 4, 6, 10, e messa in bocca cTuna schiava e in Pers., 1,
2, 21 e preannunziata dal parassito. —
1428. si sic... moechis fiat
con A e l'ed. princ, per sic sic ... moechus fuit di B C D. — 1429. magis
metiiant, cfr. per il proceleusmatico v. 452. — has res stitdeant, cfr. per
ii costrutto Tntc, 336: itlum stitdent; Titinio, 85: Ferentinatis popitlus
res graecas stitdet. — Cantor e aggiunto dal Ritschl sull' autorita di
Qrazio, A. P., 155: donec cantor vos ptaudiie dicat. In Terenzio e nel
T r i n u m m o di Plauto a plaudite e premesso Q, forse per indicare che
quella parola e pronunziata dall' ultimo attore che resta sulla scena. Si
noti infatti che in B i diversi personaggi sono indicati con le iettere del1'alfabeto greco A, B ecc, secondo il posto che essi occupano neirindice.
PiiAu*i'o, Miles gloriosus,
comin. cla E. COCCHIA.
12*
IN DICE
DELLE PRINCTPALI OSSERVAZIONI CONTENUTE NELLE NOTE
abdomen 1390.
abstineo colFacc. 1300.
Achilles 61.
acies 1022.
ad = up6<; « in paragone » 962, =
apud 926.
adlubescere 998.
admissarius 1105.
admutilare 767.
-«g, des. del dat. (solae, aliae, ecc)
per -i, 358, 862.
-aec, des. pronominale: sno valore
ed origine 31.
aeque quam 467.
aequi facio 784.
Aetina 1058.
age col plurale 78, 924.
-«£, des. del gen. e dat. della l a decl.
84, 103, 236, 1147.
aliqui
=
A 11 i in cui era distribuita Fantica commedia latina e soppressione dei cori, p. 8-9.
Atticus Arg. II, 4, 100.
A 11 o r i delle commedie antiche,
p. 8.
atque ut = atque 402, 764, 1123.
A t t r a z i o n e del pronome dimostrativo e relativo 83, 769, 888,
965, 1107; — del sostantivo nel
caso del relativo 140, 599.
aucupare 989.
auden, audeo 234.
auditare 213.
aula 851.
aurichalcum 658.
ausculor 392.
ausculto e sua costruz. 498.
avortor e suo perf. 205, 1024.
TTUJC, 1174.
Aminula 648.
amitto = omitto, dimitto Arg. II,
15, 457, 1096, 1405.
Amphorae e loro posizione 848.
A n a c o l u t o 142, 598.
A n a s t r o f e della prep. 1041.
a nofos = a domo noslra 154, 160,
339, 524.
apud = aa1, m 662.
architectus 897.
A r g o m e n t i delle commedie plautine, loro forma e provenienza
Arg. I, 1.
Artotrogus, p. 6, v. 20.
A s i n d e t o 137,177,203,258,1232.
A s s i l l a b a z i o n e 10,199,244,505,
941.
-asso, desinenza arcaica fut. anteriore 163, 1121.
Bacchae 1010.
Bacchanal 855.
Barbarus = Romanus
beare impers. 470.
benignitas 80.
bracchium 25.
Bumbomachides
14.
213.
caesaries, p. 8, v. 768, 923.
calidus 228.
Cantor 1429.
capularis 629.
Cario, p. 7.
cassare 849.
causam hau dico 1419.
causia 1171.
cavillator 642.
celebris 1189.
cellarius 823.
INDICE
celox 980.
centuriatus 815.
certo e certe 275.
cesso 892.
G e s u r a omessa nei settenarii trocaici e senarii giambici 191, 225,
406, 487.
chlamys, p. 8.
cinaedus 668.
cinerem quaerere 994.
clam e sua costruzione 112.
Clutomestoridysarchides
14.
G o d i c i d i P l a u t o : palimpsesto
Ambrosiano e sue rivelazioni 54,
68-9, 171,404; — codici del Gamerario e Orsiniano: alterazioni
che in essi ha subita la lezione
genuina di Plauto Arg. 1, 5; —
relazione che esiste tra di essi
186-8.
columnatus 243.
Commoditas 1127.
commodus 642.
communico e sua costruz. 51.
comoedice 215.
compsissume 936.
conciliatrix 1402.
concinnus 1018.
concomitatus pass. 1096.
concriminatus 244.
confidentia 215.
confirmitas 191.
confuturus 936.
G o n g i u n t i v o nelle assicurazioni
causali 66.
coniectrix 693.
consucidus 787.
contra 3, 101, 123, 198, 244.
cor e suo significato 204, 336, 786,
1088; — cor salit 1081.
corbita 980.
crepundia 1391.
crines capere = nubere 792.
crurifragium
156.
cwm coi verbi che cominciano per
-n 29.
cupere eo! gen. 958.
curare col dat. 483.
Curculionius 13.
D a t i v o in luogo del genitivo 240,
273, 1425.
defringere 156.
delenificus 194.
delicare 842.
181
delicatus 978.
demoriri 964.
demutare intrans. 1123.
dentire 34.
deperire 964.
deportare Arg. II, 4.
deridiculus 92.
deruncinare 927, 1135.
despondere animum 5.
desultura 282.
<ic vesperi vivere, cenare 989.
D i d a s c a l i e p l a u t i n e , p. 1.
D i e r e s i nel trimetro giambico
Arg. I, 5, 6, 8.
difflare 17.
dimidiatus 762.
D i m i n u t i v i 54,665; — d i m i n u t i v i d i s p r e g i a t i v i 54, 1405.
dispennite 1399.
disperire 163.
dispessus 362.
distennite 1399.
doctus 250.
cfo?m = apw<2 56 193.
domicilium e domus, 453.
domu 126.
D o n n e e loro astuzie 187 segg.;
— lor carattere lento 1286-7; —
invettiva contro di esse 107, 685.
dwcfo 93.
dulice 215.
-e£wm enclitica cogli imperativi
950.
eddem = simul 305.
ebriatus 219.
eccere 209.
eccillum, riferito ad assenti, 789.
cccwm col nom. 1207, 1282, 1301.
ecferre = efficere 1146.
edepol 63.
c#o 238.
c/^cm 36.
c/io an 303.
ei = i imperat. 523, 813, 1355.
ei, eidem e loro quantita Arg. I, 4,
1081.
-ew, desinenza di nom. plur. dei t.
in -o, 44, 374.
E 11 i s s i di facere dopo non potuit 264, 605, 695, 1337.
em 367.
empsim 318.
emussitatus 633.
E n d i a d i 872.
182
INDICE
Ephesus o Epesum 88; — donne
di Efeso 94.
epityrum 24.
ergo = merito 63, 380, 476, 891.
Espressioni e motivi comici
13, 62, 165, 168, 1001, 1248, 1375.
Esquilina porla 361.
esse in exspectatione, in mora 1271.
etiam nunc 1331.
eu 396.
euscheme 215.
evenat = eveniat 1004.
ex =• secundum 791.
excludere 971.
exfafillato 1173.
exobsecro 69.
exorare e sua costruz. 1065.
expetere = accidere 395.
extempulo 463, 892.
extollere = differre 858.
falsiurius 193.
fartum 8.
/«vea = imibiaKr) 797.
faxim 625.
fenestra clatrata 381.
feriatus 8.
ferire femur 206.
/eroa? 1315.
ferrugineus 1171.
festivus 83.
festuca 956.
F i g u r a e t y m o l o g i c a 95, 311,
482, 736, 745, 934, 954.
F i n a l i l u n g h e 78, 82, 215, 238,
242, 253, 287, 334, 555, 634, 700,
743, 832, 846, 991, 1055, 1069,
1076, 1186, 1236, 1275, 1316,
1389,1410,1421; — a b b r e v i a t e
101, 120, 131, 167, 194, 273, 278,
326, 330, 361, 364, 400, 412, 443,
587, 817, 877, 953, 960, 1017,
1030,1037,1052,1070,1075,1081,
1265, 1275.
forem 53.
foris concrepuit 154.
fortis = formosus 10, 1099.
fraus 292, 1429.
frustra esse 1414.
frons e suo genere 203.
F u t u r o di discrezione 397.
fui 752, 1356.
galear, p. 8.
gemini = &am Arg. I, 6.
G e n i t i v o e p e s e g e t i c o in luogo
deirattributo 1426.
Genitivo pronominale neutro
adoperato assolutamente 1146.
G e r u n d i o in luoeo del sostantivo
638.
Gr e c i s m i volti a desinenza latina
215.
glaucuma 148.
hasce e has, 33.
here 59.
hercle, sua posizione 156, 1239.
hic
0€IKTIK6C; 220.
hisce, nom. phu\, 376, 488, 1328.
holitor 195.
horsum 306.
hosticus 452.
I a t o : Arg. I, 2, 3, 4, 5; v. 4,45,
49, 52, 58, 93, 135, 142, 197, 239,
241, 282, 300, 303, 308, 341, 353,
360, 362, 372, 402, 417, 419, 441,
450, 454, 519, 536, 790, 796, 915,
930, 1055, 1060, 1123,1129, 1151,
1160,1173,1198,1211,1226,1228,
1234,1244,1259,1265,1268,1269,
1304,1306,1315,1318, 1322,1330,
1334,1335,1348,1362, 1371,1372,
1387,1390,1392,1401,1403,1404,
1413,1417,1422.
ibi = tum 62, 1144, 1176.
-ibo, desin. fut. 4 a coniug. 35.
-ibus, dat. plnr. di -is 74.
I c t u s sull'uitima siliaba delTanapesto 6, 29, 31, 72, 563, 586,1094,
1306.
id = ideo 1151.
Ilias 743.
ilico 1024.
llium 1019.
illac 67.
ille in funzione delTarticolo italiano
122, 127, 168, 242.
itli = illic 257, 290.
illic = ille, alternato con hic 21;
— con is 133.
imbrices 156, 504.
imrno 247.
impluvium
159.
incogitabilis 545.
indaudire 213, 442.
inde = tunc 62, 1144, 1176.
indere 413.
I n d i c a t i v o nell'interrogazione in-
tNDICE
diretta 36, 64, 201, 281; — i n d i ca t i v o in luogo del cong.53,519.
inferre = efferre 1039.
I n f i n i t o in dipendenza da aggettivi 885.
infuscare 528.
ingeniatus 731.
ingratiis 451.
inhiare 1191.
insanum avv. 24.
inscendo 116.
insulio 281.
insultura 282.
interibi 103.
interpres = conscius 947.
I n t e r p r e t a z i o n i n u o v e che si
propongono nel commento: Arg. I,
6, 24, 36, 37, 38-41, 50, 62-4, 6566, 82, 93-4. 95, 117, 134, 167,
185, 205-8, 213-4, 215, 233, 254,
256, 262, 284, 288, 378, 529,
613-4, 638, 709-10, 720, 735, ecc.
intestatus, intestabilis 1408-9.
intus = evboGev 1162.
ipse in luogo del nome 1211.
ipsus Arg. I, 3.
istaec 31.
-itis, desinenza della 2 a pers. plur.
del perf. cong. 859.
-iunt, desin. della 3 a pers. plur.
pres. ind. 4 a coniug. 69.
-ius, gen. pronominale 1163.
iunix 306.
iuxta = pariter
236.
labea 93.
lacte = lac 242.
L a m b i n o e sue interpretazioni
piu notevoli del M i l e s ricordate
nelle note: 26, 28, 92, 93, 193,
221, 342, 453, 628, 647, 693, 735,
779, 891, 912, 922, 935-6, 967,
971, 988, 989, 1005, 1038, 1052,
1105, 1174, 1219, 1311, 1391.
Lar 1331.
latro 76, 499.
latrocinari 501.
lautus 787.
lege agito 455.
lentus 1195.
lex alearia 164.
Lezioni nuove o r i n n o v a t e ,
60, 100, 182, 219, 225, 312, 649,
1155, 1203, 1266 ecc.
183
liberahs 64.
limi, sc. oculi 1209.
lineatus 912.
lippus 1101.
lolium 323.
lorarii, p. 7.
loreus 157.
Lurcio, p. 7.
luscitiosus 323.
lutum^ dispregiativo 327.
-m, aggiunta frequentemente fuor
di posto nei mscr. 233.
-ma, suffisso greco latinizzato 148.
magnum avv. 822.
malacus 668.
malitia 190.
malum 276, 435.
materiarius 916.
matronalia 691.
maxumo opere 75.
mecastor 63.
meditatus 40, 899.
melius = plus 1286.
mentiri 256.
mers — merx 891.
M e t a f o r e o i m m a g i n i prese
dalla c a c c i a 41, 609,984, 989;
— dalla c u c i n a 195-6; — m e t .
c o m i c h e 26; — m e t . m i l i t a r i
138, 232, 268, 813.
Miles gloriosus, titolo della commedia 87; — allusioni politiche e
tempo in cui fu composta 15, 213,
232; — sua perfezione artistica
206 sgg., 413 sgg.; — scena che
rappresenta, p. 9; — acconciatura
del persona^gio principale, p. 8,
v. 78.
Milphidippa, p. 7.
mitis fustibus 1416.
M i t o l o g i a volta a fine comico
13, 62.
mutuo Arg. II, 1.
mutuom fit 1245.
Moechi e loro punizione 1386,1411,
1417.
nam, p a r t i c u l a i n c e p t i v a
145.
nardinum 823.
nassa 582.
nasum 1248.
nauclericus 1170.
ne = non 600.
5,
184
1NDICE
Negazione doppia
rinforzata
1403.
Neptuni nepos 15.
ne ... quidem 31.
N e v i o, sua prigionia e morte 213.
msi, e l l i t t i c o 23, 377.
nisi quid vis, formola di ritrattazione, 185.
N o m i p r o p r i i di c i t t a e loro
costruzione 113, 334, 441, 975.
non facio quin 285, 476.
nullus = non 48.
N u m e r a l i i n d e t e r m i n a t i usati
da Plauto 252.
numero 1392.
nunciam 359, 365, 739.
obstupidus = amens 1246.
obtineo coirinfin. 187.
occubare 214.
O c c u p a t i o 95.
offa 49.
olere di 3 a coniug. 41.
olim 2.
omnis 55.
oneratus 931.
opera est 254, 818, 1079.
opificina 877.
opprimere = insistere 1201.
Ops 1075.
os e osculum 94, 190.
osculari e sua costruz. 175, 247,
266, 290, 322, 368, 1417.
Palaestrio 20.
palliolum 1172.
paniculum
tectorium 18.
P a r a s s i t i e loro costume, p. 8.
J P a r o l e b a c c h i a c h e colla terzultima abbreviata Arg. I, 8, 69,
158, 186, 246, 290, 381, 1084,
1117.
P a r o n o m a s i a 34, 291, 640.
patibulum 362.
pede « a piede » 346.
peditastellus 54.
perdere 431.
perduellis 224.
peregre Arg. I, 3, 116.
P e r f e t t o in luogo del f u t u r o
309.
per gratiam 973.
perii, esclamativo 1070.
Periplecomenus 20.
periurius 21.
Personae e nomi comici iriventati
da Plauto, p. 6, v. 43.
Phao Lesbius 1239.
Philippeum aureum 1054.
Philocomasium, p. 7.
piatrix 695.
pictura 1181.
pipulum 585.
pithecium 983.
P 1 a u t o e suo nome, p. 1; — suo
spirito 94; — sue pretese contradizioni 185, 613-4; — sua arte,
p. 24, v. 613 segg., 1337.
Pleusicles, p. 7.
plicatrix 695.
plutei 268.
pompa 67.
posca 835.
poenas luere Arg. I, 14.
P o s i z i o n e omessa: 17, 28, 54,
108, 135, 158, 160, 189, 224, 243,
253, 264, 273, 313, 317, 320, 327,
339, 355, 358, 359, 364, 369, 378,
522, 554, 613, 614, 624, 634, 670,
717, 908, 988, 1005, 1020, 1025,
1035, 1048, 1054, 1055, 1059,
1065, 1066, 1084, 1130, 1131,
1147, 1207, 1266, 1281, 1323,
1338, 1358, 1429.
postibi 1410.
potius quam 1110.
praebere se 50.
praecantrix 693.
praecinctus 1174.
praestringo 4.
praevorto 653.
P r e p o s i z i o n e i n t a t t a coi verbi
composti 317, 376, 902.
P r e s e n t e in luogo del f u t u r o
233, 252, 613.
prime avv. 794.
primulus 998.
primus con un sost. 255.
probe 610.
P r o c e l e u s m a t i c o 452, 1429.
procellere = procumbere 762.
proclivus 1012.
prbfecto 186, 292.
prohibeo 971.
P r o l e s s i del s o g g e t t o 341,
1247, 1249, 1314.
P r o 1 o g o p o s p o s t o, p. 24; prol.
del M i 1 e s e prove della sua
autenticita 82, 87, 89.
promus 823.
185
INDICE
P r o n o m e d i m o s t r a t i v o omesso
358, 693, 1079, 1149.
prorsum 1185.
P r o t a c t i c a p r o s o p a 9.
protinam 1185.
T. P u b l i l i o P e l l i o , attore delle
commedie plautine, p. 8.
pugnaculum
336.
pulpamentum
653.
proxumum
134.
Pyrgopolinices, p. 6.
qua ... qua 1106, 1384.
quaen 66.
quam esclamativo = ut 402.
quanium possum 182.
quasi 484.
qui asseverativo779; = ut 139.
quia per quod 7, 466, 1320.
quin coll1 imperativo 946.
quis femminile 363. 438, 809, 927,
971, 1314.
quinquatrus 692.
quisque = quicumque 460, 1383.
quisquis = quicumque 156, i 60.
quom col cong. 1279.
quoniam 129.
ridiculum Arg. I, 9.
R i d o n d a n z a d'espressione propria del latino popolare Arg. I,
7, 108, 113, 134, 138, 161, 183,
451, 553, 623, 663,708,723,735,
1223, 1246, 1258.
R i p e t i z i o n e della stessa parola
142, 217, 260, 598, 1178, 1291.
rogare 38.
saepevero 1358.
Sardi 44.
savium 94.
Sceledrus, p. 7, v. 291, 330, 494.
scelerum e sua funzione 496.
screare 647,
scutula 1171.
Scytholatronia 43.
secundum prep. 1341.
S e d i e nei teatri e SG. che ne impedi Fuso 82.
S e 1 e u c o 75.
S i l l e s s i 81.
silva « materia » 1147.
simia paragonata airuomo 180, 285,
983.
similis e sua costruz. 242.
S i n c o p e o contrazione 207, 554,
1279, 1337, 1351.
S i n g o l a r e per p 1 u r a 1 e 65.
S i n i z e s i 66, 91, 124, 178, 184,
187, 224, 320, 337, 545, 721,1074,
1075, 1193, 1202.
siquidem 28.
solarium 342.
spicio 694.
spinturnicium
983.
-5, -st enclit. per es, est Arg. 1, 3.
st, s i l e n t i i n o t a 979.
stercoreus 90.
stimuleus 513.
studeo colPacc. 1429.
studiosus col dat. 802.
stultividus 337.
subigito 652.
subitarius 227.
sublecto 1059.
sublego 1083.
subligaculum
1174.
sublimis 1386.
sublino 108.
sub manus 870, 1136.
subparasitari 350.
S u c c e s s o r i d ' A l e s s a n d r o 75.
sudum 2.
sumo = insumo 673.
sicper = de 1204.
supercilium e cilium 694.
suppromus 824.
S y l l a b a a n c e p s in dieresi 1010,
1014,1021,1049,1244,1265,1269,
1308.
tabella 38.
ta^o 1085.
talem facere = <se facere, praebere
50.
T a l i e modo come si giocavano
165.
tantum, numerale generico 47.
tegula 156, 160, 173.
templum = locus 415.
T e m p i e cambiamenti che infce-rvengono nel loro uso, per ragione
del metro Arg. I, 5, 7, 53, 131,
134, 239, 1382.
tempus ut 72, 1101.
thalassicus 1172, 1274.
tibiae pares 165.
tis, gen. del pron. personale 1026.
totus per omnis 214.
Tradizione
dei
manoscritti
186
INDICE
giustificaia e interpretata Arg. I,
6, 8, v. 4, 11, 24, 38-41, 61, 65,
82, 87, 91, 115, 125, 126, 132,
134, 136, 149, 156, 186, 188-96,
205,216,223, 233, 238, 240,245,
255, 256, 262, 268, 281, 287, 327,
354, 367, 370, 387, 398, 400, 406,
413, 438-40, 453, 499, 596, 612,
684, 756-7, 850, 858, 891, 913,
935, 996, 1008, 1020, 1024, 1049,
1062, 1071, 1121, 1173, 1203,
1259, 1266, 1279, 1299, 1348,
1387, 1391.
transminere 30.
transtinere 470.
trecenti, indeterminato 252.
trimenium 352.
tutin 292.
-u, des. dat. 4 a decl. 1066.
tibi, temporale 115.
-um = orum, des. gen. plur. 174.
unus, identico nella funzione alFart. indefinito ital. 140; — coi
superlat. 57.
ut in dipend. da un pronome 240;
— ut consecutivo iii dipendenza
da quemadmodum
188; — ut
non e ne 149, 229.
U s s i n g e sue interpretazioni ri-
cordate nelle note: 65, 164, 184,
207, 210-1, 215, 221, 413, 529,
597, 625, 643, 652, 967, 999,
1000,1019,1074,1081,1101,1181,
1193,1210,1279,1306,1319,1325,
1427.
valgus 94.
varius 218.
vel = vehct 25, 59.
Venerius nepotulus 1257, 1404.
venit = evenit 888.
Y e r b i f r e q u e n t a t i v i in luogo
di v. semplici 61, 709, 827; —
v. a t t i v i adoperati nella prosa
classica come d e p o n e n t i 172,
1326.
vereor coll' inf. 1277.
Y e r s i s p u r i i 144, 216, 230, 586,
1126; — v e r s i g u a s t i o non
sicuramente e m e n d a t i 310,468,
692, 1311, 1327, 1336.
vicem = invicem 150.
viciniae 275.
virgarum supplicium 501.
virtus = meritum 1203.
vivos possum 114.
volup 279, 942.
-vo = -vu Arg. I, 2.
GIUNTE E CORREZIONI.
Y.
»
71 in nota cancella « del tribraco o ».
13 n. « Seyfert » corr. « Seyffert ».
ib. hic in proxumo corr. in proxumo hic.
ib. « corrispondenza » corr. « contradizione ».
» 213 n. in fine Varr. corr. Verr.
» 806 Ofr. per 1'mterpretazione di questo v. 1'lntroduzione.
Si avverte che nelle note 1'indicazione dei versi di richiamo e talvolta
errata; ma si puo quasi sempre utilmente correggere col raffronto del-
Tlndice.
Pubblicmoni dello stesso Editore.
ORESTE NAZARI
ELEMENTI DI GRAMMATICA SANSCRITA
seguiti da Esercizi graduali, Antologia e Lessico
Un vol. in-8° di pag. YI1M76 - L. 5.
Kopera, dettata in forma chiara ed insieme concisa, e destinata ai priticipianti
ed a tutti coloro, che in sussidio ai loro studi Linguistici, intendono di apprendere
in breve tempo le forme grammaticali di questa importantissima favella.
C. 0. ZURETTI
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Un vol. in-8° di pagg. XII-195 — L. 2,50.
Tenendo conto delle esigenze della filologia e della scuola, Fautore, gia
2onosciuto per altri lavori di letteratura greca, ha preparato questo volume, che
in numero adeguato di pagine rappresenta le vicende letterarie delPantico mondo
ellenico. La narrazione termina col periodo romano, e accompagnata da brevi note
bibliografiche (per questa si veda la prefazione) e fregiata daireffigie de' principali
scrittori. L'autore mostra di conoscere gli studi compiuti nel campo da lui preso
a studiare, sicche da, come si dice, gli ultimi risultati della scienza, ma non senza
esporre vedute e pensieri suoi proprii. In conseguenza il libro tornera utile non solo
agli studenti, ma altresi a chiunque voglia estendere la propria coltura letteraria.
ENRICO COCCHIA
TITO LIVIO E POLIBIO
INNAKZI ALLA CRITICA STORICA
Pagg. 79 in 8° — Prezzo Lire 1,50.
TORINO - ERMANNO L0ESCHER, EDITORE - ROMA-FIRENZE
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Di prossima pubblicazione:
ORESTE NAZARI
IL DIALETTO OMEBIOO
I. Grammatiahetta Omerica.
PAETE II. Dizionario Omerico.
PARTE
La prima parte, brevissima, seguendo per comodita degli studiosi la disposizione
della materia data nella Grammatica Greca di GIORGIO CURTIUS, espone le peculiarita grammaticali del linguaggio omerico. La seconda, adorna di 27 incisioni,
regisfcra e traduce tutfci i vocaboli contenuti nella lliade e neir Odissea, reca
spiegati e tradotti i passi piu difficili e porge le opportune spiegazioni mitologiche,
geografiche ed archeologiche. Quesfopera, intesa a rendere facile e proficua la
lettura delle epopee omeriche agli studiosi dei nostri licei, riempira davvero una
lacuna nei libri di testo per le nostre scuole secondarie.
SENOPOFTE
VMconomico
riveduto sopra due manoscritti Amlbrosiani inesplorati e commentato da ERMENEGILDO BOLLA.
Fara parte clella Collezione dei classici greci e latini con note italiane, nella
quale questo dialogo fu accolto perche merita assai d'essere letto nelle nostre
scuole, perche e condotto con grande vivacita e leggiadria e perclie contiene
splendide pitture della vita clomestica dei tempi antichi e precetti d'una cosi
sana morale che non vi potrebbe essere lettura piu gradevole ne piu proficua.
SENOFONTJE
LE
£LL£gi§0§IE
comment. da VITTORIO PUNTONI
vol. II, libri 8-5.
TORINO - ERMANNO LOESCHER, EDITORE — ROMA-FIRENZE
M. ACCI PLAUTI
MILES GLORIOSUS
EDIZIONE
GRITICA
CON INTRODUZIONE E COMMENTO
DI
ErJEIOO COCCHIA
TORINO
C a- s ix E cii t r i c e
ERMANNO
LOESCHER
COLLEZIONE DI CLASSICI GRECI E LATINl
CON NOTE ITALIANE E VOCABOLARI
con note di
A u a c r e o u t e , Odi s e e l t e . ..C.O.Znretti..L.
1 20 I
JLntologia d. Melica greca.. A. Taccone
4 50
B a c e l u l i d e , Odi.
A. Taccone
3 50
Cesare, De Bello Grallico.. F.Ramorino...
8 50
— De Bello oivili
. »
... 8 —
(—) Dizionario C e s a r i a n o — Chicco e Ferrari 3 — ;
Ciceroue, Pro L. A r c h i a . . R. Comali
0 90 i
— Bruto.....
....P.Ercole
8— |
— Catilinarie
A. Pasdera....
2 — j
— Catone Maggiore
F. Ramorino...
1 20 j
— Pro Deiotaro
R. Comali.....
0 50
— Defin.bon.efcmal.,v,I,i-inC Giavibelli...
150
—
»
»
»
II, iv-v
»
. . . 1 50 I
— Or. Filippica seeonda ... .G.B. Bonino .. 1 50 \
— De imperio Cn. Pompei... C. Tincani
1— |
— Lelio, delPamicizia
F. Ramorino...
1 50 j
— Lettere scelte
A. Corradi... *. 2 50 j
— Pro Ligario
R. Cornali — . 0 50 j
-ProMarcello
>
,0 50 j
— Pro Milone
...V. Menghini...
1 20 j
— Pro Murena
A. Pasdera
1 — ;
— De N a t u r a Deorum lib. i. C. Giambelli...
2 — '
—
>
>
Hb.n-ni
»
. . . 2 50 i
— De Officiis, i t r e l i b r i . . . R. Saobadini.,'.. 2 40 !
— Oratore
A. De-Marchi.. 1 50 ';
— DelPOratore, lib. i . . . . . . . A. Cima . . . . . . . . 1 50 j
—
»
> II
»
1 50 !
» III
»
i - :
— Pro Cn. Planoio
G.B. Bonino .. 1 —— Pro Roscio Amerino
C. Pascal
1—
— Sogno di Scipione
^4. Pasdera
0 60 ;
— Pro P . S u l l a . .
»
.... 1 - ;
— Tusculane, P. I, lib. i e n. F. Gnesotto
2 — j
> II, » m-v..
>
. . . . 1 50 '
— In G. Verrem actio I . . . . V. Bruqnola . . . 0 50 ;
— '
»
, » II. iv.
»•
... 1 »
> V.
>
... 1 (—) Dizionario delPuso Cic. C. Pascat
4—
Coruelio N i p o t e , Vite
G. Cortese
2—
(—) Vocab. per le Vite, d a . .
»
2 — i
Curzio K u f o , Stor., vol. I . . E. Cocchia
1— i
—
»
»11.
.>
1 50 j
Demo&teue, Per la Corona. D. Bassi
2 — i
— Or. Olintiache
»
. . . . . . . 1 50 j
— Contro Filippo
Bertolotto e Bassi 2 — |
— Per la pace
A. Cinquini
0 50 !
Kniiio, F r a m m e n t i
L. Valmaggi...
1 80 ;
E r o d o t o , Lib. i d. I s t o r i e . . . V. Costanzi
2 — !
—
> ii _ »
...
»
.... 2 - i
Escuilo, Persiani
V. Inama
1 50 \
— Sette a Tebe
»
1 20 j
Euri]>i«3e, Alcesti
V. Brugnola...
1 50 j
Fedrp, Favole
F. Ramorino.... 1 20 !
(—••) Vocab. per le Favole, da P. Pettoello
1 —- i
Isocis-ate, Panegirico
G. Setti
1 — j
—
» senza note. G. Muller
1 — ;
— Per la pace
C. Tincani
1 50 j
Licurgo, Contro Leocrate. A. Oima . . . . . . . 1 — |
JLisia, Orazioni scelte. I. Ferrai e Fraccaroli 1 80 j
—
>
»
I I . . . E. Ferrai
1 20
—
v
senza note. G. Mutler......
0 80 ;
t i v i o T i t o , Lib. i d. Storie. E. Cocchia
1 80 !
—
> ii
»
1 80 |
—
> XXI '
>
: 1 50 i
—
, » xxn
»
1 80 j
l
—
» xxiv
G. B. Bonino .. 1 50
X u c i a u o , Scritfci s c e l t i . . . . ( ? . Setti
2—
Lucrezio, De r e r u m nafc., 1. C. Giussani
2 — i
—
» II, lib. i-n...
»
.... 2 — ;
—
'
» III, » in-iv.
»
;... 2 — i
—
» IV, > v-vi..
»
.... 2 — !
SPECIALI
con note di
O m e r o , Tliade, lib. i
C.O. Zuretti.. L.
—
»
» v-vm...
»
...
—
»
» ix-xn...
»
—
»
» xm-xvi.
»
—
»
» xvn-xx.
»
—
»
» xxi-xxiv
»
— Odissea, lib. i
»
—
»
» v-vin
A. Corradi ....
(—) 11 dialefcto di,Yocabol.da 0. Nazari . . . . .
O r a z i o , Arte poetica
G.B. Bonino ..
— Epistole
R. Sabbadini...
— Satire
.'
»
— Liriche, vol. I
V. Ussani
—
»
» II
»
O v i d i o , Metamorf.,v. I, i-vn. A. Novara
—
•
»
II, vui-xv.
>
.....
— Elegie scelte
A. Corradi
— Fasti, lib. I-II
R. Qornali
—
»
»
III-IV
>
— Tristia, lib. I-II
G. Ferrara
P e r s i o , Le Satire
F. Ramorinp...
P l a t o u e , Fedone.
E.
Ferrai......
— Protagora
>
— L'apologia di Socrate
> e Zuretti
— Critone
» e Fraccaroli
P l a u t o , Trinummus
E. CoceJiia
— Miles Grloriosus
>
.....
< | u i u t i l i a u o , Inst., lib. X...D. Bassi
S a l l u s t i o , Oatilinaria
F. Ramorino...
— Griugurtina..
»
(—) Vocabol. Sallustiano, da F. Natta
S e u o f o u t e , Agesilao
. . . A. Levi
— Spediz. diCiro, lib. I-II
A. Bersi
—
»
»
III-IV . .
»
-r»
» v-vi...
»
—
»
» vii e indice
» ,
(—) Vocab. per 1'Anabasi, da F. Brunetti
— Ciropedia, lib. i
C.O. Zuretti...
—
»
»
II-III
»
— Storie elleniche, lib. i-n.. V.
Puntoni....
—
»
lib.ni-v....
»
....
—
»
» yi-vn..
»
....
— Economico
E. Bolla ..
.
— Mem. Socratiche, lib. i-n.. A.
CorradL....
—
»
» in-iv. » e C. Landi
Sotocle, Elettra
D. Bassi
— Antigone
P. Cesareo
T a c i t o , Vita di G. Agricola. G. Decia.
— Annali, p. I, lib. i-n
V. Menghini...
—
»
II, » in.
— Istorie, lib. i
L. Valmaggi...
—
»
> III.
— Dialogo degli Oratpri
T e r e n z i o , Adelphoe
T i b u l l o , Elegie scelte
V i r g i l i o , Georgiohe, lib. I-II.
— Bucoliche, p . I , Ecl. i-v..
— Eneide, lib. I-III . . . . . . . . . .
—
>
» iv-vi
»
»
E. Stampini ...
C.
Pascal......
E. Stampini ...
»
B. Sabbaditii...
»
—
»
>
VII-IX
»
—
»
>
X-XII
»
(—) Diz. Eneide,lib. i.ii.in.iv.v.vi, Ferrari e Ma
caduno L,
Pabbliomoni delte stessa Casa Editrice,
E. GUHL e W. KONER
LA VITA DEI GKECI E DEI ROMANI
MANUALE
S E C O N D O
I
TIESTI
Dl
E D
I
PartePrima: I GRECI
-
ARCHEOLOGIA
HA. O 3ST TJ HVI E 3ST T I
F I G U R A T I
Parte Seconda: I ROMANI
Architettura pubblica e privata, A r m i , Costumi, Usanze, Arredi,
Monete ed Utensili.
Secoiula edizione sulla quinta origiuale riveduta ed ampliata da CARLO GIUSSANI
Due graiuli volumi in-8 con.657 illustrazioni L. 8 — caduno
Legati elegantemente
. . . L. 10 —
„
Ponte cli barche sul Danubio.
Quesfopera ha p.pr iscopo di illustrare la vifca dei popoli ckssici, in quanto qtiesta ha trovato uua esterna
espressione in determinate forme e manifestazioni. Le ricerche scientifiche di questi ultiini tempi hanno
fatto, tanto spesso ed in modi cosi moltepiici, oggetto dei proprii studi la vifca dei Greci e dei Romani, e
sono arrivate a cosi splendidi risultarnenti nel loro proposito di riconoscere i fondamenti naturali, morali
3 intellettuali su cui era basata la grandezza di quei popoli, che parve cosa desiderabile ed opportuna il
raccogliere i frutti anche di quegli altri studi, che mirano airintelligenza delPantichita sotto Taspetto delle
aue manifestazioni esteriori, e metterll in cerfco modo accanto a questi risultati che hanno un carattere,
se e lecito dir cosi, piu decisamente psicologico. — I principii, che dovevano regolare la trattazione della
materia e sopratutto la misura dei matcriali da accogliersi in quesfopera, si trovano naturalmente determinati dalla natura e daU'intento delLopera stessa, quale fu sopra accennato: siccome nel concetto degii
autori sta in cima a tutto lo scopo di dare una idea viva e chiara della vita classica, cosi si cerco che la
esposizione fosse, per quanto si poteva, semplice e naturale; si lasciarono da parte i minuti dettagli delle
aingole ricerche particolari, e non si feee che raccoglierne i risultati in forma facilmente intelligibile. —
La sceita delle illustrazioni non era disginnta da gravi difflcolta, trattandosi di prendere dalla copia dei
monumenti ed esempi conservati, che occorrono talvolta a centinaia, quelli che meglio rispondessero allo
scopo dei libro: mentre d'altra parte i limiti del lavoro non permettevano, nella maggior parte dei casi,
ne di trattare, anche di volo, la ben nofca differenza che esiste fra essi ed altri monumenti, ne di esporre
i motivi che hanno determinato la scelta. Che se ben potevasi aumentare a piacere la mole dei materiali,
cio sarebbe tornato di danno a quella facile e scorrevole esposizione che si giudic6 indispehsabile in un
lavoro come quello che qui si annunzia agli studiosi. — In questa seconda edizione furono ampliate alcune
parti, in seguito alle recenti scoperte, il numero delle fisrure venne aumentato e la scelta ne fu assai migliorata, per modo che ora puo dirsi un libro affatto nuovo e qnale potevano desiderare quanti amano conoscere
9 studiare la vita degli antichi Greci e Romam.
Pubblicazioni delh stessa Gasa Editriee.
ORAZIO
LARTE
POETICA
COMMENTATA
G. B. B O N I N O
Seconda edizione in gran parte rifatta.
Fn voluine in-8° di pagine XXVIII-75 — Lire 1,50.
LE EPISTOLE
COMMENTATE
DA
R E M I G I O
S A B B A D I N I
Seconda edizione migliorata.
Un vol. in-8° di pp. XlX-138 -
L. 2.
LE L I R I C H E
COMMENTATE
DA
V I N C E N Z O
VOL. I: Gli Epodi -
U S S A N I
II libro 1° delle Odi.
Un vol. in-8° di pp. XLVIlI-144 -
L. 1,50.
VOL. II: II 2° e 3° libro delle Odi — II Carrnen saecuiare
II 4° libro delle Odi.
Un vol, in-8° di pp. 204 - L. 1,50.
TORINO -
CASA EDITRICE ERMANNO LOESCHER -
TORINO