Architettura d`oltre oceano. Perù

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Architettura d`oltre oceano. Perù
 UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÁ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA A CICLO UNICO DI INGEGNERIA EDILE‐
ARCHITETTURA PERÚ: STUDIO DELLA COMUNITÁ ANDINA DI CARACOTO PROGETTO DI UNA MENSA PER LA POPOLAZIONE DISAGIATA RELATORE: Prof. Enrico Corti TESI DI LAUREA DI: Panu Luisa CORRELATORE: Arch. Gianmarco Chiri Panu Marta Anno Accademico 2007‐2008 Indice INTRODUZIONE 1. Informazione (Diario di viaggio) 1.1. Il Perù 1.2. Cagliari‐Lima 1.3. Lima 1.4. Da Lima a Pisco 1.5. Pisco e le Isole Ballettas 1.6. Ica e Oasi di Huacachina 1.7. Arequipa 1.8. Canyon del Colca 1.9. Puno e il lago Titicaca 1.10. Caracoto 1.11. Cuzco, la Valle Sacra e Machu Pichu 1.12. Ritorno a Caracoto e gita a Sillustani 1.13. Lima‐Cagliari 2. Conoscenza 2.1.Assetto ambientale 2.1.1. Geomorfologia 2.1.2. Idrografia 2.1.3. Clima 2.1.4. Fenomeni naturali 2.1.5. Flora e fauna 2.1.6. Uso delle risorse 2.2.Assetto storico 2.2.1. Storia 2.2.2. Economia 2.2.3. Situazione socio‐economica attuale 2.3.Assetto insediativo 2.3.1. Territorio e antropizzazione 2.3.2. Architettura 2.4.La regione di Puno 2.4.1. Territorio 2.4.2. Stato nutrizionale 3. Interpretazione 3.1. Elementi storico ambientali e insediativi 3.2. La forma del paesaggio 3.3. Chiave del luogo 4. Fase progettuale
4.1. Inquadramento 4.1.1. Il Perù – Area di Studio 4.1.2. Area di Studio – Tessuti Urbani 4.2. Riqualificazione Caracoto 4.2.1. Divisione in lotti 4.2.2. Terreni incolti 4.2.3. Esistente 4.2.4. Riqualificazione 4.3. Canchi Grande 4.3.1. Divisione in lotti 4.3.2. Progetto Mensa 4.3.3. Analisi dei materiali INTRODUZIONE La scelta della laurea in ingegneria‐architettura è stata in gran parte dettata dall’idea che una disciplina squisitamente tecnica potesse “animarsi” di creatività e di “umanità” e che potesse meglio risaltare il vero fine di un’attività solo apparentemente circoscritta nell’ambito dell’arido calcolo matematico, il fine cioè di rispondere ai bisogni delle persone e di trovare soluzioni confacenti alle aspirazioni di benessere, di giustizia e di solidarietà delle popolazioni e delle società del mondo. In un’epoca come l’attuale si sente l’urgenza di confrontare la propria identità culturale con le altre del mondo globalizzato, e di mettere la tecnologia e la razionalità occidentale al servizio dei popoli che soffrono la condizione del sottosviluppo pur avendo immense ricchezze di storia e cultura da offrire. Ciò significa anche accogliere e mantenere in vita il principio oggi universalmente riconosciuto, ma trascurato dalla “civiltà del benessere” e del cemento, che l’homo faber possa sì sfruttare le risorse della natura ma rispettandola e conformandosi ad essa. Come il lavoro deve avere l’uomo come fine e non come mezzo, così l’abilità costruttrice dell’uomo deve utilizzare i beni della natura ma con lo scopo di salvaguardarla e di lasciarla intatta per le generazioni presenti e future. L’occasione di mettere in pratica questi intenti si è concretizzata grazie ai contatti con l’Associazione Ingegneria Senza Frontiere e, attraverso questa, con il Centro umanitario peruviano che ha indicato la regione di Caracoto come luogo particolarmente carente di risorse e di infrastrutture, indispensabili queste ultime per offrire una base di riscatto sia materiale che culturale alla popolazione, in particolar modo quella giovanile. Il seguente progetto ha ottenuto la borsa di studio messa a concorso dalla Regione Sardegna per il finanziamento di tesi di laurea su progetti legati alle problematiche dei paesi del Terzo Mondo: PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE E REALIZZAZIONE DI UNA STRUTTURA ECOSOSTENIBILE NEL TERRITORIO DI CARACOTO, IN PERU’ ARGOMENTO: Il presente lavoro ha come oggetto di studio il territorio di Caracoto, nella regione di Puno in Perù, per la creazione di masterplan contenete un piano su larga scala di riqualificazione ambientale, in particolare dell’assetto urbano, e la realizzazione, a fini umanitari, di un progetto in dettaglio di una struttura ecosostenibile (questa potrà variare a seconda delle necessità degli abitanti e dell’ambiente preso in analisi e potrà riguardare costruzioni come scuole, ospedali, centri di aggregazione sociale ecc..).Verranno reperite informazioni sull’ambiente, gli insediamenti e lo sviluppo infrastrutturale tramite controllo di campagna con l’ausilio di fotografie e video, e verrà coinvolta la comunità locale attraverso interviste agli abitanti. Tali informazioni serviranno a far risaltare i bisogni della popolazione e del territorio, dei quali si terrà conto nel successivo piano di riqualificazione e nell’elaborato grafico che riguarderà il progetto in dettaglio. L’attività prevista si svolgerà in tre fasi: ANALISI: elaborazione di un quadro conoscitivo del sistema territoriale nel suo complesso attraverso uno studio ambientale, insediativo e sociale nel contesto storico evolutivo. SINTESI: evidenziazione delle maggiori problematiche del luogo attraverso una lista delle possibili soluzioni di riqualificazione ambientale. PROGETTO: elaborazione di un progetto atto a sviluppare un’adeguata risposta alle problematiche locali (es. povertà, sanità, educazione) nel rispetto della realtà culturale e della sostenibilità ambientale. OBIETTIVI: La finalità è di evidenziare, attraverso l’esperienza diretta e l’analisi sul campo, i legami tra il mondo dell’edilizia e dell’architettura peruviana e le principali problematiche socioculturali ed ambientali che caratterizzano la nostra contemporaneità, con lo scopo di ridimensionare gli squilibri e concorrere in modo concreto allo sviluppo di un Paese come il Perù, che versa di uno stato di grande povertà, che gli consenta di usufruire dei vantaggi della modernità salvaguardando la cultura, le tradizioni e la specificità ambientale. Tale finalità potrà concretizzarsi grazie alla collaborazione tra Associazioni senza fini di lucro, da tempo impegnate in un progetto di solidarietà internazionale rivolto prevalentemente al Perù; infatti le sedi di Cagliari e di Pisa dell’Associazione Ingegneria Senza Frontiere, di cui le sottoscritte (vedi nota) sono socie, partecipano alla realizzazione di vari progetti in collaborazione con "El Comedor Estudiantil Giordano Liva"­ associazione onlus, formata da volontari uniti dal comune interesse in particolare per il sud andino dove è presente il più alto grado di povertà e denutrizione ‐ che sta realizzando "El Proyecto del Comedor Estudiantil Giordano Liva" con cui si vogliono assicurare ai giovani di Caracoto, un piccolo paese della regione di Puno, (una delle più povere del paese), un'alimentazione, un'istruzione e una sanità di buon livello; e con l’associazione “Amici del Perù” che cerca di far fronte alle esigenze più immediate con progetti che mirano alla salute, all'alimentazione e all'infanzia . Tale finalità potrà essere perseguita attraverso il raggiungimento dei seguenti obiettivi: il miglioramento della conoscenza dei problemi della cooperazione allo sviluppo e della collaborazione internazionale; la partecipazione a progetti di collaborazione internazionale e di cooperazione allo sviluppo; l’individuazione di possibili iniziative, in zone di estrema povertà, che concorrano allo sviluppo sostenibile; l'elaborazione di studi di progettazione; la costruzione di progetti di sviluppo che utilizzino le nuove tecnologie ecosostenibili; il coinvolgimento delle comunità e delle amministrazioni locali in un cammino di riscatto sociale; il miglioramento della condizione di denutrizione e di carenze igienico ‐sanitarie della popolazione locale e in particolare dell’infanzia. 1. Informazione (Diario di viaggio) 1.1. Il Perù Continente: America del Sud Capitale: Lima Area totale: 1285220 Kmq % delle acque: 8,8% Popolazione: 27947000 ab. Densità: 22 ab./kmq 1.2. Cagliari‐Roma, Roma‐Madrid, Madrid‐Lima Partenza Cagliari: 3 Ottobre 2007 h: 9,30 Arrivo Lima: 4 Ottobre 2007 h: 7,00 ora locale (h: 14,00 ora italiana!) 29 ore e 30 minuti di viaggio! Spostamenti, check‐in, terminali. Interminabili ore inutili... Siamo in viaggio o siamo sempre ferme? 1.3. Lima Caos, traffico, smog, umidità. Nuove facce, nuove strade; nuovi cibi. Siamo spaesate. La guida parlava di Lima come il fulcro della malavita. Gli unici inconvenienti, invece, sono dovuti alla impossibilità (o quasi) di spostarsi a piedi: 1000 taxisti a ogni nostro passo si accostano e suonano il claxon con la speranza di vederci fare un cenno con la mano per fermarli; le altre macchine spericolate , accalcandosi le une alle altre, saturano la strada e soprattutto l'aria, con i gas dei tubi di scappamento, tutti assai vecchi! Gli abitanti del luogo, per gli spostamenti, si ammassano dentro i mini‐bus, il cui autista non si ferma alle fermate, ma costringe le persone a salire e scendere letteralmente al volo, tanto che i “bigliettai” (oltre a recuperare i soldi della corsa e annunciare urlando l'arrivo del bus presso le fermate) impongono a chi deve scendere di farlo con l'izquierda (piede sinistro) per evitare di venir sbilanciati dalla forza centrifuga e di cadere dopo il salto. Come se ciò non bastasse per rallentare la passeggiata al centro, i passanti peruviani si rivolgono frequentemente alle turiste con frasi fuori luogo e per le strade non si trova neanche un semaforo per i pedoni, talvolta neanche le strisce. Quando invece le strisce ci sono la situazione non cambia molto, abituate al costume italiano (e alla legge stradale) abbiamo rischiato di essere investite un paio di volte: in Perù la precedenza è sempre e solo dell'automobile, non del pedone sulle strisce. La città in generale si presenta grigia, il quartiere dove alloggiamo dovrebbe essere uno dei più tranquilli, ma a casette stile liberty si affiancano e contrappongono edifici dai venti piani in su, stile moderno; il quartiere confina con l'oceano, del quale non si può ammirare il colore a causa dell'umidità che crea una nebbia intensa; l'impressione è di disordine. Dopo il taxi obbligatorio per raggiungere il centro, andiamo,passando per Plaza de Armas, verso la Biblioteca Nazionale. La piazza, chiamata anche Plaza Mayor, un tempo era anche il cuore di Lima. Degli edifici originali non rimane nulla,e la maestosa fontana in bronzo costruita nel 1650 che si erge al centro della piazza tutti i palazzi intorno alla piazza è il monumento più antico. Il primato per l’edificio più antico spetta invece alla cattedrale, ricostruita dopo il terremoto del 1746. Alla sinistra della cattedrale il Palacio Arzobispal, palazzo arcivescovile,impreziosito da balconi di squisita fattura, è una costruzione relativamente moderna che risale al 1924. Del 1937 è il Palacio de Gobierno sul lato nord‐est della piazza, attuale residenza del presidente del Perù. Vi prestano servizio tutti i giorni i militari della guardia presidenziale nelle loro eleganti uniformi. La cattedrale originale, situata sul lato nord‐est di Plaza de Armas, fu completata nel 1555. Tuttavia nel giro di una decina d’anni fu ritenuta troppo piccola per il numero di fedeli che la frequentavano e nel 1564 si diede avvio all’edificazione di una nuova cattedrale. La chiesa fu poi quasi totalmente distrutti dal terremoto del 1746. La chiesa ricostruita si basa sui progetti precedenti. L’interno è sobrio e allo stesso tempo imponente. Di particolare interesse sono il coro squisitamente scolpito e il museo religioso. Le strade, come già detto, sono caotiche, ma la giornata è bella e i ricchi palazzi spiccano, con i loro balconi in legno e i loro colori forti (rosso cupo, blu, verde e giallo), grazie alla luce del sole, che a causa dell'altissima umidità, quasi mai riesce a uscire dalla fitta coltre di nubi. Nei dintorni di Plaza de Armas si trova il complesso francescano costituito dal monastero e dalla chiesa. È famoso per le catacombe e per la pregevole biblioteca, ricca di migliaia di testi antichi, alcuni dei quali risalenti all’epoca dei primi conquistadores. Notevole è anche il museo di arte sacra. Le catacombe sono interessanti, numerosi cunicoli sotterranei con volte di pietra, cripte piene di ossa ,il numero delle persone sotterrate pare si aggiri intorno ai 70000. La chiesa, una delle costruzioni coloniali meglio conservate, fu eretta prima del terremoto del 1687 e resistette meglio di altri edifici sia a questo sisma sia a quello del 1746. Il terremoto del 1970 causò notevoli danni, ma i lavori di restauro hanno restituito all’edificio le originali linee barocche in cui è evidente l’influenza moresca. Le ricerche dei materiali iniziano e si concludono con un unico libro della Storia del Perù, recuperato e fotocopiato grazie a eccezionali favori della responsabile della Biblioteca Nazionale, ed una cartografia 1:25000 della zona che riguarda il nostro studio, comprata all'Istituto Geografico Nazionale. Gli impiegati dell'Istituto geografico hanno difficoltà a trovare qualche mappa del posto che interessa a noi (Caracoto) ma alla fine ci propongono una cartografia 1:25000 del dipartimento di Caracoto, non possiedono altri tipi di carte, paghiamo e usciamo. Con un taxi ci dirigiamo al Servizio Aerofotografico Nacional dove dovremmo trovare delle foto aeree di tutto il Perù. È lontano, una cittadella militare vera e propria, strade, scuole, palazzi ed edifici per uffici. Entriamo, dopo aver dato il passaporto, in un grande ufficio con tavolate lunghissime per le lettura delle carte. Ci fanno vedere delle foto aeree molto piccole e ci spiegano che stanno realizzando il formato digitale, in due settimane sarebbero pronte e la risoluzione sarebbe migliore. Segniamo il numero delle foto in un'agendina e andiamo via. 1.4. Da Lima a Pisco La Panamericana. Il paesaggio alla nostra destra rimane sempre uguale. Appena usciti dalla città: IL MARE, L'OCEANO, fino a quando arriviamo a Pisco. Onde che si infrangono sulla spiaggia. Distesa infinita di dune sabbiose dal colore chiaro, interrotte ogni tanto da qualche villaggio per le vacanze dei ricchi residenti limeñi. Alla nostra sinistra il paesaggio cambia rapidamente: passando attraverso la zona industriale di Lima, si arriva all'estrema periferia, dove regna la povertà: casupole di latta e mattoni sono sistemate senza alcuna cura sopra grandi dune di sabbia. Le case, quelle intonacate, sono tutte di colori allegri, verdi, celesti, gialle, ma il clima umido e nebbioso misto alla povertà del posto rende tutto alquanto lugubre... come un pagliaccio vestito di colori sgargianti ma che anche se sorride mantiene sempre un'aria inquietante. Dopo la periferia si estende silenzioso il deserto, in mezzo al nulla, per poco più di un'ora. Passiamo in mezzo a qualche paesino, ci sorprende il disordine e la povertà di questi posti (case diroccate, cumuli di polvere e mattoni in mezzo alla strada), ci chiediamo per qualche minuto il perché di tanta desolazione e dopo un po’: IL TERREMOTO DI AGOSTO! Dove stiamo andando? Ci è venuto in mente: il terremoto che ha avuto come epicentro del sisma proprio Pisco la nostra meta. Infatti man mano che ci avviciniamo alla cittadina i danni del sima sono sempre più evidenti: muri e case completamente crollati, tende di soccorso per gli sfollati, case in ricostruzione e soprattutto povera gente che con lentezza libera dalle macerie ciò che è rimasto della propria casa. Il pullman si ferma. Siamo arrivati a Pisco 1.5. Pisco e le Isole Ballettas Scese dal pullman ci dirigiamo direttamente all’albergo. Per sicurezza chiediamo ad una donna del luogo con un bambino in braccio: “Por l’hostal Los Incas Inn?”. La risposta è: “Los Incas Inn? Non existe!”. Il proprietario dell’albergo ci aveva avvertito, tramite e‐
mail, che lo stavano ricostruendo ma che la camera per noi era pronta; quindi ci facciamo spiegare ugualmente la strada. Rimaniamo in albergo tutta la sera; all’ora di cena ci rechiamo alla locanda sottostante per mangiare un buon brodo di gallina (caldo de galina) con la gente del posto; poi subito a letto perché la sveglia sarà all’alba. Il padrone dell’albergo si offre di farci da guida e portarci alle isole Ballestas, alzando un po’ il prezzo per guadagnare visto il recente disastro, per cui con un gruppo di Cechi ci rechiamo al bus per la spiaggia passando per il centro di Pisco. Le strade sono ricoperte di polvere, anche se sotto c’è l’asfalto non si vede minimamente, le case hanno crepe, quelle che sono rimaste in piedi. Del municipio è rimasto solo il portone, mentre la chiesa manca della navata centrale (dove sono morte 160 persone), rimangono solo le due torri laterali della facciata. Le isole chiamate anche le Galapagos de los pobres sembrano non essersi accorte di tutto il trambusto di agosto: i pellicani, i pinguini peruviani, le foche e i leoni marini sono tranquilli e pacifici. Importante il “Candelabra”: figura gigantesca scavata nella roccia della collina della costa, alta più di 150m e larga 50. Non si sa con esattezza da chi e quando sia stata eseguita, né tanto meno quale sia il suo significato: tra le varie teorie si pensa che fosse un riferimento per gli antichi naviganti e che si basasse sulla costellazione della Croce del Sud. Finiamo il tour attorno alle isole (di grande interesse perché gli uccelli marini che la abitano producono e lasciano sul suolo fino a 50m di guano, ricco fertilizzante che viene esportato) con un pasto al porto a base di Cebiche (pesce crudo, salsa piccante e limone). Si parte per Ica. Il senso di colpa per la povertà e la desolazione è troppo grande per permetterci di rimanere un altro giorno. 1.6. Ica e Oasi di Huacachina Partiamo da Pisco direzione Ica, per un giro veloce alle Bodegas, vere e proprie aziende dove si produce dal XVI secolo il famosissimo Pisco, bevanda alcolica della famiglia dei Brandy, appartenente ad una varietà di Acquavite (Aguardiente). Arriviamo ad Ica in un’oretta scarsa a bordo di un pullman “collectivos” economico, vecchissimo ma molto caratteristico, carico di gente locale e di pacchi. Con un pulmino noleggiato ci dirigiamo verso le Bodegas dove una guida ci spiega i vari procedimenti della vendemmia e della produzione del Pisco in uno spagnolo incomprensibile… a causa delle innumerevoli degustazioni giornaliere a cui partecipa con i turisti. Dopo la visita alle Bodegas ci dirigiamo verso l’oasi di Huacacina dove pernotteremo per una notte. In ostello assistiamo ad una scossa di terremoto. Avendo ancora impresse nella mente le immagini di Pisco ci avviciniamo terrorizzate ai proprietari dell’ostello che ci dicono ridendo di non preoccuparci perché è normale. Scopriremo dopo che in quei luoghi le scosse di terremoto hanno una frequenza di una volta ogni tre giorni. Visitiamo l’oasi, lo scenario è bellissimo: un laghetto in mezzo a enormi dune di sabbia, palme ed alberi tutto intorno alla riva, lunghi e colorati porticati costeggiano una parte del lago. C’è molto caldo. È un luogo di villeggiatura per turisti a cui piace riposarsi e divertirsi nella piscina dell’albergo. Ci riposiamo un giorno e di notte ripartiamo. 1.7. Arequipa Strada tra Ica e Arequipa. Viaggio abbastanza lungo, dieci ore, ma offrontate di notte in un pullman con poltrone comode e reclinabili. Ci addormentiamo subito. Siamo in mezzo al deserto. Non c’è nulla per chilometri, solo buio. Di mattina arriviamo ad Arequipa. Sillar, vulcani e buonumore. Arequipa è la seconda città più grande del Perù ed è situata in una vallata all’ombra del vulcano El Misti (5822 m), mentre a fianco ad esso sulla sinistra vi è l’ancora più alto Chachani (6075 m) e sulla destra il Pichu Pichu (5571 m). La città sorge infatti in una zona soggetta frequentemente a disastri naturali: terremoti ed eruzioni vulcaniche che almeno una volta per secolo la disturbano. Perciò quasi tutti gli edifici di Arequipa sono bassi, in modo da essere più stabili e, nonostante i danni passati, sopravvivono ancora molti palazzi del XVII e XVIII secolo. Arrivate la mattina presto abbiamo tutto il tempo di recarci in ostello, prendere possesso della camera, dopo aver contrattato un po’ il prezzo, e andare a fare un giro per la città. Tutte le case, templi, chiese ed edifici pubblici sono costruiti in pietra vulcanica di colore bianco, di nome Sillar; per questo la città e conosciuta come “Città Bianca”, infatti questa pietra, grazie anche al clima mite della valle, scintilla sempre sotto il sole e crea una atmosfera visibile agli occhi di tutti ma ancora di più a noi, che venivamo dal grigiore di Lima e dalla desolazione di Pisco. Gli abitanti del posto, che passeggiano allegramente per le vie della città, circondati da venditori, artisti, banchieri, studenti e suore, sembrano aver assimilato questa splendida aria e convertita in gioia di vivere. Tutte le caratteristiche di questa città si fondono chiaramente in Plaza de Armas, la piazza più importante della città, dove i cittadini più disparati (donne in abito tradizionale, banchieri e commesse in divisa da lavoro, studenti in “uniforme” e altre persone) si incontrano, si siedono sulle panchine, chiacchierano e si rilassano circondati dalla vista dei tre vulcani, dei palazzi con balconate sorrette da colonne, dallo scorcio della Iglesia de la Compañia (di sillar riccamente decorato) e dalla Cattedrale che occupa un intero lato della piazza; tra lustra‐scarpe e camerieri dei ristoranti vicini che vanno avanti e indietro tra gli innumerevoli turisti per recuperare un po’ di lavoro. Dopo un giro per una ispezione generale attraverso le strette vie di Arequipa, ci dirigiamo al Convento di Santa Catalina, edificio coloniale spettacolare, una cittadella dentro un isolato, di 20000 mq di superficie totale circondato da mura imponenti. L’atmosfera all’interno è antica: piccoli edifici che un tempo erano le abitazioni delle monache di clausura, la cucina, la mensa, la cappella, il chiostro e altri luoghi, tutto sempre in pietra vulcanica dipinta con colori pastello denso e intenso, sono separati e collegati tra loro da vicoli stretti e tortuosi, da piccole piazze, fontane, scalinate nascoste e cortili fioriti. Dedichiamo un paio d’ore al giro con la guida che ci spiega ogni cosa e successivamente andiamo a cena per assaggiare la famosa carne di Alpaca, che ancora non abbiamo visto dal vivo, ma manca poco, perché domani andiamo con un tour organizzato al Colca Canyon! 1.8. Canyon del Colca In tour tra le terrazze preinca. Il pulmino del tour operator è venuto all’alba a prenderci all’ostello; ultimi posti. Durante il viaggio il paesaggio che si estendeva davanti a noi era brullo e desolato mentre i vulcani e le montagne che prima troneggiavano all’orizzonte si avvicinavano. Grazie ad alcune soste (siamo arrivati fino a 5800m di altitudine!) programmate dalla guida abbiamo potuto osservare meglio tutto ciò che ci circondava: le alture erano modellate fino alla cima con terrazze con parapetto in pietra, sempre vulcanica, le popolazioni preinca, coltivavano patate e mais in modo che l’acqua che si scioglieva dalle montagne scendesse e irrigasse tutte le terrazze con quantità d’acqua differenti a seconda dell’altura, motivo per cui in Perù esistono 1000 tipi di patate e 5000 qualità di mais! Nei luoghi pianeggianti gli Alpaca, Lama e Vigogne pascolavano tranquilli in mezzo a pozze d’acqua e a vegetazioni particolari: tipi di muschi che ogni anno si ispessiscono di 1cm. A fianco a noi, nei vari belvedere alcune donne vendevano prodotti di artigianato: stoffe, maglioni, cuffiette, sciarpe, guanti, cinture ecc. tutto fatto a mano con lana di Alpaca. Passiamo la notte, Dopo cinque ore di tragitto e vari stop, in un paesino situato all’inizio del Canyon scavato dal fiume Colca. Qui assistiamo ad alcune danze tipiche che rappresentano i momenti più salienti della vita del contadino del luogo, i danzatori erano vestiti con variopinti abiti tradizionali finemente ricamati. Il giorno dopo, sempre molto presto ci dirigiamo verso il punto più profondo del Canyon, che si estende per 100km tra i vulcani con una profondità che varia tra i 1000 e i 3191 m. Successivamente, lungo la parte settentrionale del canyon possiamo avvistare 14 condor, che secondo la guida sono davvero troppi per questo periodo primaverile. Il clima è fresco e secco, ma grazie al bel tempo il calore del sole sulle profonde fiancate delle montagne dà luogo a frequenti correnti ascensionali che vengono sfruttate dai condor per librarsi nell’aria. Dopo altre 4 ore di pulmino ritorniamo all’ostello di Arequipa. 1.9 Puno e il lago Titicaca Partiamo con un battello dal porto di Puno la mattina presto, facciamo un viaggio di circa una ora e mezzo, durante il quale saliamo sul tettuccio per guardare il paesaggio e per prendere un po’ di sole, senza pensare al fatto che ci troviamo a 4000 m sul livello del mare e che il sole con il riflesso dell’acqua azzurra finirà con l’ustionarci completamente! Arriviamo al primo aggruppamento di isole: Isole di Uros, chiamate islas flotantes (galleggianti), la guida ci fa sedere su una “panchina” di totora e ci racconta tutto ciò che c’è di interessante su queste isole e sui suoi abitanti: le isole sono artificiali ; gli abitanti del lago, migrati in quel posto per sfuggire alle invasioni inca, utilizzavano le radici della totora (canna galleggiante che cresce in abbondanza nelle acque poco profonde del lago): le legavano tra loro dopo averle puntellate ad altre radici uguali, per creare le isolette che, ricoperte con diversi strati di canne, diventavano abitabili. Le isole necessitano una manutenzione continua, affinché il terreno risulti sempre morbido ed elastico; gli strati superficiali di tortora vanno costantemente ricoperti di canne nuove per compensare la perdita di quelli più profondi che marciscono progressivamente. Nella vita quotidiana gli Uros, impiegano questa pianta, in parte commestibile, come materiale per costruire case, barche e oggetti di artigianato per i turisti. Ancora tre ore in battello per arrivare all’isola successiva, Amantanì, dove passeremo la notte e, per il fatto che non esiste albergo nell’isola, dovremo riposare nelle case dei nativi del luogo. La casa di Serafina, la nostra ospite, è a corte su due piani, costruita in mattoni di fango (adobe) cotti al sole, intonacata di colore celeste; al piano superiore si trovano le stanze da letto, mentre in quello inferiore ci sono varie dispense, alcune stanze che non possiamo visitare e la cucina: il pavimento è in terra battuta, vi si trova un camino, due ceppi di tronco d’albero che fungono da sgabelli, due tinozze d’acqua appoggiate sul pavimento e un tavolino con due panche solamente per i turisti. Il bagno (provvisto solamente di lavandino e water) si trovava fuori dall’edificio, adiacente agli orti e a fianco ai recinti (di pietre) per le pecore e per le capre. Serafina ci prepara un pasto ( sono già le tre del pomeriggio) e poi ci accompagna nella piazza per l’incontro con la guida. Ci toccherà fare una terribile camminata di una ora in salita (molto ripida e faticosa a causa dell’altitudine) per arrivare al tempio che domina la collina più alta dell’isola. Questo tempio, dedicato a Pachamama, la Madre Terra, si trova di fronte ad un’altra collina sulla cui sommità sorge il tempio del Padre Terra, Pachatata. Il giorno dopo visitiamo l’ultima isola, in cui l’unica attrazione sono i ristoranti che cucinano trote del lago appena pescate e torniamo a Puno per passare la notte. 1.10. Caracoto Da Puno un pulmino economico ci porta in mezz’ora a Caracoto. Finalmente siamo arrivate al pueblo in cui dobbiamo attuare i nostri studi; ciò ci rallegra , anche se siamo un po’ tristi perché il nostro viaggio turistico si è appena interrotto. Ci rimangono ancora da visitare la città di Cusco e le rovine del Machu Picchu., ma prima di organizzare questo nuovo viaggio ci sistemeremo qui a Caracoto per fare le prime osservazioni sul luogo. Veniamo ospitati dall’associazione onlus “ EL COMEDOR estudiantil Giordano Liva”, formata da volontari uniti dall’interesse per il sud andino dove è presente il più alto grado di povertà e denutrizione del paese; questa associazione dirige una mensa per gli abitanti del posto ed un asilo per bambini dai due ai cinque anni, e fornisce anche una foresteria per i volontari provenienti dall’Italia. La sede principale si trova a Pisa e si occupa di reperire fondi e materiale per il sostentamento della sede Peruviana. La nostra prima impressione è: “Mamma mia! Cosa si può fare qua per migliorare la situazione?”; in mezzo a una pianura quasi infinita a 4000m d’altezza (pampa), con all’orizzonte una catena montuosa, si trova il piccolissimo paese (150 famiglie per una popolazione di circa 1000 abitanti), di una trentina di isolati, costituiti da muretti di adobe, la maggior parte non intonacati, che racchiudono giardini per il pascolo, o casette sempre in adobe con cortile interno. Le strade sono di terra battuta, due sole vie sono “asfaltate” con colate di cemento. A un lato del paese su una collina circondata da alberi, con campi da gioco, parco giochi, strutture per negozi e bancarelle, troneggia una struttura di quattro piani, chiamata Mirador, di colore verde; al suo interno dovrebbe ospitare al piano terra uno snack bar, al primo piano una sala da biliardo, al secondo una sala con vari giochi da tavola, giochi elettronici e ping pong, al terzo un auditorium e sul tetto un belvedere. Attualmente nel palazzo vi sono gli uffici comunali, il municipio e’ in fase di costruzione, ma quasi ultimato. Al centro del paese si trova una piazza e la chiesa del parroco che, già prima di partire dall’Italia, ci ha dato il contatto e la disponibilità per ospitarci, perciò entriamo nella chiesa, ci presentiamo, salutiamo tutti e veniamo accompagnate all’edificio che funge da mensa, asilo e foresteria. Un ragazzo di circa 30 anni ci accoglie e ci mostra la struttura, tutta di colore azzurro. Al piano terra c’è un cortile, dove si trovano un ampio tappeto verde, dei giochi per bambini e una gabbia per uccelli in cui cinguettano pappagallini e quaglie; esso è il fulcro della struttura, poiché su di esso si aprono i locali dove hanno luogo le attività: la dispensa, la cucina della mensa, la segreteria, la mensa stessa, l’asilo e i bagni. La foresteria si trova al secondo piano, proprio sopra le due aule dell’asilo; vi si accede grazie a una ripida scala in cemento armato che porta anche alla piccola biblioteca e sala informatica, posta a sbalzo sopra i bagni.. La foresteria è accogliente, si tratta di una cucina con angolo cottura, un bagno e tre stanze, una col bagno è occupata dal ragazzo, Daniel, nipote del parroco e volontario dell’associazione; le altre due hanno un’ampia vetrata (senza infissi!) tre letti e una cassettiera. Le stanze sono molto accoglienti, in confronto ad alcuni ostelli dove abbiamo passato le notti precedentemente! Esse si aprono sulla cucina accessoriata solamente di un tavolo, quattro sedie e un paio di mensole. Su un lato della stanza vi è una scala in legno che porta sul tetto: proprio da poco altri volontari italiani vi hanno installato un panello solare per riscaldare l’acqua della foresteria e della cucina, ma ancora non funziona bene. La parte avente solo un piano è stata costruita in adobe, mentre asilo, foresteria, biblioteca e bagni sono in cemento armato. L’atmosfera è tranquilla e l’ambiente pulito. La sera stessa incontriamo il direttore della mensa: Juan che essendo l’ex sindaco ci esprime molto interesse per il nostro progetto e ci espone alcune sue idee per il “desarollo”, sviluppo, del paese che avrebbe una economia in miglioramento che viene però rallentata dalla grande città di nome Juliaca, che dista 9Km, città prevalentemente dedita al commercio ( e al contrabbando). Secondo Juan, Caracoto avrebbe bisogno di qualche centro di aggregazione e attrazione, in modo che sia la popolazione di Juliaca a recarsi a Caracoto e non viceversa! Per esempio: un parco, una piscina, un auditorium e un centro commerciale con discoteca, nel paese principale; mentre nel distretto di Canchi Grande sarebbe necessario l’ampliamento del centro di salute (che per ora è una piccolissima struttura di 20mq a un piano, divisa in due ambulatori) e la costruzione di una mensa simile a quella già esistente e ben funzionante di Caracoto. Il comune di Caracoto comprende, infatti, altri due distretti con circa 5000 abitanti che vivono in fattorie, sparse per la pampa, e in due piccolissimi agglomerati urbani, Suchis e Canchi Grande, aventi entrambi una ventina di case. Nei giorni successivi cerchiamo di incontrare l’amministrazione locale per capire meglio cosa serve veramente al paese per il suo sviluppo. Il sindaco non è mai reperibile. Juan ci accompagna in macchina a visitare il distretto di Canchi Grande. Facciamo molti chilometri su strada sterrata in mezzo alla pampa; il panorama è sempre uguale, tutto giallo, vegetazione bassa e quasi inesistente, totale mancanza di alberi. Non c’è nulla. Ogni tanto incontriamo qualche fattoria isolata, campi che vengono arati proprio in questo periodo aspettando la stagione delle piogge, contadini che costruiscono casette in adobe e che per l’occasione raggruppano tutti i familiari e uniscono il lavoro alla festa. Incontriamo alcuni contadini e le proprie mogli mentre percorrono molti chilometri a piedi con enormi sacchi sulle spalle per raggiungere Canchi Grande: è giovedì e c’è il mercato. Superiamo il fiume Coata e dopo qualche chilometro raggiungiamo il piccolo aggregato urbano; saranno appunto una ventina di case, compreso il municipio e il collegio primario. Nella piazza si trovano delle contadine che vendono i loro prodotti. Facciamo un giro, entriamo nel centro salute, compreso di due ambulatori: uno di ostetricia e uno di base. Ci sono molte madri in fila con i propri bambini molto piccoli, perciò rinunciamo a parlare con i medici visto che sono molto occupati. Ci spostiamo nel municipio e incontriamo qualche persona del posto: Juan dice loro della possibilità di progettare una mensa nel loro distretto e questi rispondono che sarebbe davvero una cosa importante da fare. Gli abitanti del paese e delle fattorie intorno sono principalmente contadini che coltivano patate e carote, sono molto poveri e i loro bambini non ricevono la giusta alimentazione, sono denutriti e vengono lasciati soli in casa o per le vie del paese o nei campi. Juan e Daniel ci spiegano che è praticamente impossibile parlare con la gente del posto poiché essa è molto chiusa, riservata e davanti a una faccia sconosciuta (e per giunta bianca) che gli fa domande in uno spagnolo alquanto imperfetto, non risponderebbero sicuramente. Ci fidiamo delle loro parole, sono persone molto gentili, disponibili e cordiali e ci documentiamo usando loro come intermediari. Daniel ci racconta che al principio, quando la mensa aveva aperto da poco, i genitori dei bambini del paese che portavano i propri figli all’asilo dell’associazione, non sapevano neppure il giorno del compleanno dei figli, infatti per loro era importante solamente che crescessero abbastanza per dare una mano nei campi; inoltre li vestivano con stracci ( vestiti di seconda o terza mano che erano passati da figlio in figlio, e da famiglia a famiglia, diventando immettibili). Grazie all’aiuto dell’associazione di Pisa, che spedisce a Caracoto vestiti di seconda mano ( i vestiti di seconda mano italiani sono molto più nuovi dei vestiti di seconda mano peruviani poiché in Italia li usa un bambino solo e non tre o quattro di seguito) e facendo iscrivere all’asilo bambini provenienti sia da famiglie povere che da quelle benestanti della città vicina, si è riusciti a renderli tutti più puliti ed ordinati. Qualche giorno dopo Juan riesce a parlare col sindaco che gli dà una lista di possibili progetti per migliorare il paese:… ‐ Un parco, situato di fronte al centro di salute (in costruzione); ‐ La pavimentazione di tre strade del paese; ‐ Un campo da gioco al chiuso; ‐ L’ampliamento della scuola superiore (aula di calcolo e laboratori di meccanica e carpenteria) ‐ Cerchio perimetrico della scuola primaria; ‐ Ampliamento del ponte che porta al distretto di Suchis; ‐ La costruzione di qualche struttura nel parco del Mirador Ci dice che il giorno dopo avrebbe fissato un colloquio con gli ingegneri del comune. Ma il colloquio viene spostato di giorno in giorno ed è chiaro che non avrebbe mai avuto luogo. Ci convinciamo sempre più che progettare la mensa nel distretto di Canchi Grande sia davvero più importante per il paese rispetto a un campo da gioco al chiuso o di una discoteca. Ci rimangono da reperire le cartografie del posto e del distretto di Canchi grande; di questo si sta occupando Juan, che si reca ogni giorno al comune per sentirsi poi dire di tornare il giorno dopo. Decidiamo di partire per Cusco sperando che al nostro ritorno ci siano le cartografie. 1.11. Cuzco, la Valle Sacra e Machu Pichu Dal bus che si ferma alla stazione, abbastanza lontana dal centro, ci rechiamo con un taxi ad un ostello indicato dalla guida che portiamo sempre con noi. Lasciamo i pochi bagagli (quelli più grossi li abbiamo lasciati a Caracoto) e andiamo immediatamente in Plaza de Armas. Ai tempi degli inca questa piazza si chiamava Huacaypata o Aucaypata ed era il cuore della Cuzco inca. Ancora oggi è il fulcro della città moderna. Tutto intorno alla piazza sorgono dei portici di epoca coloniale, sul lato nord‐est sorge l’imponente cattedrale; sulla facciata presenta una grande scalinata che fu costruita usando blocchi di pietra sottratti dal vicino sito inca di Saqsaywamàn; ai suoi lati possiamo vedere le chiese di Jesús Maria e El Trionfo. Sul lato sud‐est c’è la chiesa riccamente decorata de La Compañia de Jesús. Da Plaza de Armas camminiamo verso sud‐est, lungo lo stretto vicolo di Loreto, dove ammiriamo su entrambi i lati le mura di epoca incaica. Il muro a destra appartiene ad Amaruqancha, ovvero il “cortile dei serpenti”, nome che forse deriva dalla coppia di serpenti scolpita sull’architrave della porta, situata verso la fine del muro di cinta. Qui sorgeva l’abitazione dell’undicesimo inca, Huayna Capac. La chiesa della Compagnia de Jesús fu costruita in questo luogo dopo la conquista e ora dietro questa chiesa notiamo un mercato turistico. Sul lato opposto di Loreto c’è un altro muro inca: il più antico, nonché uno dei più belli di Cuzco. Apparteneva all’Acllahuasi (casa delle donne elette). Dopo la conquista, l’edificio divenne parte del convento di clausura di Santa Catalina e al posto delle Vergini del Sole prese a ospitare le pie suore cattoliche. Continuiamo dritte dopo calle Loreto, in avenida Pampa del Castello per arrivare all’Iglesia de Santo Domingo che sorge sul luogo dove un tempo si trovava Qorikancha, che in lingua quechua significa “cortile d’oro” e in passato era il più ricco tempio dell’impero inca La chiesa è stata distrutta due volte, prima nel 1650 e poi nel 1950, ed è stata danneggiata anche dal sisma del 1986. all’ingresso ci sono alcune fotografie che mostrano i danni provocati dal terremoto del 1950: è interessante confrontare le condizioni dell’edificio coloniale con quelle delle mura di epoca incaica, che sono state danneggiate in misura molto modesta. All’ingresso c’è anche una porta in stile arabo, retaggio della dominazione moresca in Spagna. I resti del tempio inca sono nel chiostro, i dipinti coloniali disposti sul muro del cortile raffigurano Santo Domingo. Ci dirigiamo verso nord‐est e, lungo Calle Trionfo, arriviamo in poco tempo sulla strada di Hatunrumiyoc, che deve il suo nome alla famosa pietra con dodici lati, attorno alla quale si trovano molti turisti che scattano foto. La pietra è perfettamente incastrata in un muro che faceva parte del palazzo del sesto sovrano inca, Inca Roca. Esiste una grande differenza tra il muro di Hatunrumiyoc e quello dell’Acllahuasi: il primo è formato da blocchi poligonali di varie forme, mentre il secondo è composto da blocchi rettangolari, accuratamente modellati e disposti a strati, come si fa oggi con i mattoni. In genere le pietre poligonali erano ritenute più resistenti e quindi venivano utilizzate per i muri di contenimento delle terrazze; le pietre di forma regolare e disposte a strati erano considerate migliori dal punto di vista estetico e venivano invece usate per la costruzione dei templi e i palazzi inca. Dopo il giro di ispezione del centro storico visitiamo i mercatini che si trovano in una delle vie principali della piazza e andiamo in un tour operator per prenotare la visita a Machu Picchu: il giorno dopo ci saremmo recati verso le nove del mattino presso l’agenzia, dove un pullman ci avrebbe portato, tramite una visita guidata alla scoperta della valle Sacra e successivamente al Machu Picchu. La bella valle del Rio Urubamba, comunemente chiamata El Valle Sagrato (valle sacra) degli incas, si trova a 15 km a nord di Cuzco in linea d’aria. I luoghi più interessanti sono costituiti dalle cittadelle di Pisac e Hollantaytambo, che visitiamo con la guida e che, dall’alto della loro posizione, presidiano fieramente la valle dall’andamento ondulato e tortuoso. Pisac è il punto di partenza per visitare la valle. La località si caratterizza per due parti distinte di Pisac (che si può scrivere anche Pisaq): il villaggio coloniale situato accanto al fiume e la fortezza inca aggrappata, in bilico, a uno sperone di roccia. Del paese vediamo solo il mercato, mentre arrivati alle rovine passiamo in un sentiero che costeggia il dirupo, proprio sopra a delle terrazze coltivate che si estendono sulle pendici meridionale e orientali della montagna, descrivendo ampie e graziose linee curve. Arriviamo al centro cerimoniale del sito dove si trovano l’Intihuatana (ovvero “palo in cui si impiglia, o che cattura, il sole”) , diverse canalizzazioni d’acqua ancora in funzione e alcuni tratti della muratura dei templi, incredibilmente ben conservati. Da qui un sentiero conduce, in alto sulla collina, a una serie di vasche cerimoniali e si snoda poi fino all’area militare. La guida ci fa notare che la parete del dirupo è perforata da centinaia di buchi: si tratta di tombe inca che sono state depredate dai huaqueros (tombaroli) prima che gli archeologi potessero esaminarle e che oggi sono totalmente inaccessibili ai turisti e quindi anche a noi. Ci aspetta Hollantaytambo, con spettacolari terrazze ripidissime, poste a difesa delle rovine inca che dobbiamo salire fino ad arrivare alla sommità per visitare la zona del tempio. Esso è finemente lavorato, costruito con pietre estratte da una cava posta sul fianco della montagna, a 6 km di distanza. La guida racconta che il trasporto dei massicci blocchi di pietra dalla cava al sito fu una impresa notevole che richiese il duro lavoro e il sacrificio di migliaia di nativi; per attraversare il fiume gli incas collocavano i blocchi su una sponda del fiume , poi deviavano il corso dell’acqua e la facevano passare al di qua dei blocchi stessi. La guida col pullman degli altri turisti ci lascia nel pueblo dove si sta svolgendo proprio in quel momento la festa del paese. Rimaniamo un’oretta per sentire le musiche tradizionali, cantate da un gruppo su un palco abbastanza grande e a gustare dei magnifici spiedini di carne con salsa verde piccantissima; dopo di che andiamo alla stazione per prendere il treno per Aguas Calientes, annidata nella profonda valle sottostante le antiche rovine inca di Machu Picchu e circondata da alte mura di pietra e dalla foresta nebulare. La descrizione della sua posizione la farebbe sembrare un posto bellissimo, ma in realtà non lo è affatto: lo sviluppo turistico, privo di qualsiasi pianificazione, e la perenne attività edilizia non la rendono affatto accogliente. Arriviamo anche qua al nostro ostello, dormiamo e aspettiamo il giorno seguente. La guida ci aveva consigliato di raggiungere Machu Picchu a piedi: un’ora e mezzo di passeggiata, di cui l’ultimo tratto sarebbe stato in salita, invece appena sveglie, con una frugale colazione in corpo, ci accorgiamo dopo solo dieci minuti di tragitto che arrivare al sito sarebbe stata una vera impresa! La strada in pianura ed asfaltata si è già conclusa ed ha lasciato il posto a una infinita serie di scalini di roccia! Basta immaginare di salire per un’ora e mezza i gradini del proprio condominio, solo un po’ più ripidi e a 2400 m di altitudine! Per la strada troviamo un ragazzo peruviano che annaspa non meno di noi; tutto intorno c’è la vegetazione fittissima della giungla, piante con foglie grandissime, tutto verde, più che verde, si sentono versi di uccelli, rumore di torrenti d’acqua; stancante ma attraente! Arriviamo e ci fiondiamo in bagno per darci una rinfrescatina: eravamo partite dal paese con maglione e giacca, mentre all’arrivo avevamo addosso solo una canottiera! Macchu Picchu sprigiona qualcosa di incontrollabile, un'energia che rende tutto magico e forse indimenticabile. Il tempio del sole, la casa delle Vergini, il muro dei desideri, la tavola astronomica, i mille sentieri; il tutto tra il verde cupo delle gigantesche montagne che lo sovrastano, il verde chiaro del prato e le vertigini degli strapiombi. Nonostante studi recenti, su questo sito, gli archeologi sono costretti ad affidarsi a supposizioni e a ipotesi più o meno attendibili su quale fosse la vera funzione di Machu Picchu. Alcuni ritengono che la cittadella sia stata fondata negli ultimi anni di decadenza degli incas nel tentativo di preservare la loro cultura o di riconsolidare il loro potere, mentre altri sono dell’opinione che ai tempi della conquista fosse già stata abbandonata e dimenticata. Secondo una ipotesi più recente si trattava di un luogo di ritiro o di una residenza reale di campagna abbandonata quando Cuzco fu invasa dagli spagnoli; ma l’eccezionale qualità delle costruzioni in pietra e l’abbondanza di edifici ornamentali fanno presumere che fosse un importante centro cerimoniale. Rimaniamo circa tre ore, poi con un pulmino ritorniamo ad Aguas Calientes dove aspettiamo il treno per ritornare a Cuzco. 1.12. Ritorno a Caracoto e gita a Sillustani Arriviamo dopo cinque ora di pullman e veniamo informate del fatto che le “mapas” non sono state ancora consegnate a Juan! Agitate passiamo a Caracoto altri quattro giorni durante i quali non abbiamo niente da fare; perlustriamo meglio la zona, scattiamo qualche foto in più e visitiamo il sito archeologico di Sillustani. Infatti il sabato Daniel si offre di farci da guida e portarci a vedere un nuovo luogo: Sillustani è parzialmente circondato dallo scintillante Lago Umayo in cui vivono diverse specie di piante e di uccelli acquatici delle Ande, c’è inoltre un isolotto abitato da vicuñas (vigogne) ed è un sito archeologico perché vi sono in questo territorio delle torri funerarie. I Colla, antica tribù guerriera, usavano seppellire i nobili nelle torri funerarie cilindriche chiamate chullpas, che si vedono sparpagliate sulla sommità delle colline di questa regione. A Sillustani esse raggiungono fino a dodici metri di altezza e custodivano le spoglie di interi gruppi familiari, insieme a grandi quantità di cibo e oggetti personali destinati ad accompagnare i defunti durante il viaggio nell’aldilà. Le pareti esterne delle torri sono realizzate in massicci blocchi di pietra che ricordano le tecniche architettoniche inca, ma sono considerate ancora più complesse. Passiamo un pomeriggio tranquillo e rilassante, il tempo è ottimo, peccato che non abbiamo portato il pranzo al sacco e siamo costretti a tornare a Caracoto. Finalmente il lunedì seguente riceviamo una carta 1:100 del paese di Caracoto, manca ancora quella di Canchi Grande, ma il tempo a noi concesso per il viaggio sta per scadere: dobbiamo partire per Lima un paio di giorni prima rispetto alla partenza dell’aereo, per poter tornare al Servicio Aerofotografico Nacional e comprare le fotografie aeree digitali. Juan e Daniel ci promettono di spedirci la cartografia il più presto possibile, gli diamo l’indirizzo italiano e prepariamo i bagagli per la partenza! La mattina prima del lunghissimo viaggio per Lima (24 ore in pullman) decidiamo a fare una piccola festicciola con i bambini dell’asilo: compriamo due torte nella città vicina e le mangiamo tutti insieme dopo il pranzo della mensa. Non ci resta che prendere i bagagli e partire! Grazie di tutto a tutti! Davvero! 1.13. Lima‐Madrid Madrid‐Cagliari Lima Bis. Il nuovo alloggio è una casa privata di una vecchia signora limeña, accogliente e in un quartiere residenziale. Passeggiamo in lungo e in largo e ci sembra di essere in un altro luogo rispetto a quello del nostro arrivo in Perù: o ci siamo gradualmente abituate all’atmosfera Peruviana, o la zona è molto più tranquilla del resto della città. Centri commerciali, grandi supermercati, ampi viali con negozi di abbigliamento, fast food, librerie, ottici ecc. Questi ultimi due giorni vengono dedicati allo shopping: libri turistici delle città più importanti del Perù, borsette peruviane e tante spilline raffiguranti due omini vestiti in abito tipico per i nostri amici! Al Servicio Aerofotografico Nacional non solo ci dicono di non aver ancora a disposizione le fotografie aeree digitali, ma hanno addirittura perso le fotografie che ci avevano fatto vedere un mese e mezzo prima! Ci rassegniamo e decidiamo di pensare al fatto che ci manchi gran parte del materiale cartografico previsto, una volta tornate in Italia. Il ritorno. Per il ritorno abbiamo trovato un volo diretto per Cagliari senza passare per Roma! L’unico inconveniente è che dobbiamo stare una giornata intera all’aeroporto di Madrid per aspettare l’ultimo volo. La prima tratta è di giorno, rinunciamo a dormire in aereo, anche se il viaggio dura 13 ore a causa di un gruppo di venti romani e romane sessantenni che non fa altro che alzarsi per chiacchierare e chiamare gli assistenti di volo per domandare qualcosa da mangiare o da bere. Guardiamo i film in spagnolo che ci propinano le hostess, leggiamo i nuovi libri di narrativa scritti in italiano, comprati nelle librerie turistiche a Lima (“Il paradiso è altrove” e “Pantaleon e le visitatrici” tutti e due di Mario Vargas Illosa, famoso scrittore peruviano) e finalmente arriviamo a Madrid dove ci sistemiamo in delle non comode panchine per riposare. Dopo aver dormito almeno sei ore, facciamo colazione e cerchiamo il terminal del nostro ultimo aereo. Al check‐in incontriamo un ragazzo di Cagliari, chiacchierando col quale arriviamo a Cagliari. Il viaggio purtroppo è giunto al termine. 2.Conoscenza 2.1. Assetto ambientale L’assetto ambientale è l’insieme di svariati fattori morfologici, climatici, botanici, che caratterizzano il territorio e l’uso che gli abitanti fanno del suolo e delle risorse, tra cui le risorse del sottosuolo e idrologiche, che nel loro insieme determinano un sistema di interconnessioni tra la vita e la cultura delle popolazioni ed il loro spazio ambientale 2.1.1. Geomorfologia Il territorio peruviano è il risultato di processi di sollevamento e modellamento delle placche terrestri. Un modo semplice per comprendere la conformazione della superficie della terra è immaginarla come il punto di incontro ed equilibrio di poderose forze che si muovono in senso opposto. Da una parte intervengono le forze che agiscono dall’interno del pianeta, chiamate anche forze costruttrici perchè hanno come effetto la formazione di un nuovo rilievo; dall’altra parte, sulla superficie della terra intervengono le forze che levigano ed erodono il paesaggio, e che per questo vengono chiamate forze modellatrici. Quando le forze modellatrici operano con maggior forza o tempo delle forze costruttrici, il paesaggio levigandosi tende a ritornare piano o di scarsa elevazione, come può essere il nord dell’Europa; quando invece sono le forze costruttrici ad operare con maggior forza e tempo di quelle modellatrici, il paesaggio assume una conformazione accidentata, corrugata e con maggior elevazione come nel caso del territorio peruviano. Le forze costruttrici hanno diverse manifestazioni, ma in ogni caso è sempre la fusione interna del pianeta che genera tutto il meccanismo di costruzione. Questa fusione sviluppa correnti convettive che si muovono lentamente a centinaia di chilometri sotto i nostri piedi, trascinando massa ignea e viscosa insieme alla parte inferiore della corteccia terrestre. Oggi sappiamo che a causa di questo movimento sotterraneo la corteccia terrestre non è una massa continua di roccia, ma spezzettata – come il guscio di un uovo che si frammenta sotto una lieve pressione‐ in differenti placche o placche tettoniche le quali si scontrano fluttuando sopra la massa ignea. Sotto la forza delle correnti convettive sotterranee, queste placche si muovono, separandosi o urtandosi tra di loro, sovrapponendosi o sfiorandosi l’una con l’altra. Nel mondo esistono una dozzina di grandi placche e un numero maggiore di placche piccole. Il Perù fluttua sopra la placca chiamata Americana. Sopra la superficie delle terra tutto è eternamente esposto ad una lenta, impercettibile corrosione: case, palazzi, monumenti, colli e catene montuose sono esposti alle forze modellatrici dei fenomeni meteorologici ed erosivi, che operano in maniera simultanea. Gli agenti che costituiscono le forze atmosferiche sono: le variazioni di temperatura, l'umidità e la salinità. Gli agenti che costituiscono l’erosione sono: i venti, le piogge, la pendenza o inclinazione del terreno, la gravità, le correnti d’acqua superficiale (fiumi), le correnti marine, le onde, le maree, le piante, gli animali e l'azione dell’essere umano. Il Perù è situato sulla placca Americana, che si sposta lentamente verso ovest dai 3 ai 5 cm ogni anno. Di fronte alle sue coste si trova la placca di Nazca, più densa, che conforma il fondo dell'oceano. Quest’ultima si muove verso est (in senso contrario alla placca Americana). Queste placche si urtano tra loro da milioni di anni con risultati spettacolari. Il primo effetto è il fenomeno chiamato subduzione, quando ambedue le placche si scontrano per poi introdursi nuovamente nel manto del pianeta liquefacendosi lentamente. Questo processo tuttavia non avviene pacatamente, infatti quando le placche si incontrano sulla superficie, si trovano in stato solido e urtano e sfregano ripetutamente l’una con l’altra, producendo tensioni che danno luogo alla rottura della corteccia e ad una spettacolare liberazione di energia. L’energia liberata dà luogo ai movimenti sismici molto frequenti in alcune zone del globo e di cui i peruviani sono testimoni. Un’altra manifestazione dello scontro delle placche è la formazione di catene montuose molto elevate. La catena delle Ande è la manifestazione evidente dello scontro delle placche di Nazca ed Americana che ha “ammaccato” il settore occidentale del continente americano. Allo scontro delle placche ed alla formazione di catene montuose si associa la ricorrente presenza di vulcani. Infatti gran parte dell'energia interna del pianeta cerca una via di sfogo, sospinta dalla pressione interna e dal calore generato. Così quando la massa ignea trova spaccature, fratture o fessure nel rilievo, immediatamente si infiltra e arriva fino alla superficie, formando coni vulcanici ed eruzioni che sgorgano in modo più o meno spettacolare. Tutto il territorio peruviano attuale potrebbe essere stato in origine una vasta pianura che a causa di processi geologici si conformò in quel grande complesso montuoso che oggi conosciamo come Catena delle Ande. Questo massiccio, che come una spina dorsale percorre tutto il Perú da nord a sud, costituisce tanto l'identità di questi luoghi quanto la sfida dei suoi abitanti a vivere in un territorio estremamente complesso e vario. Il Perù si localizza nell’emisfero sud, nel settore centro occidentale dell’America del sud; le sue coste sono bagnate dall’Oceano Pacifico. Questo territorio è compreso nella zona intertropicale dell’emisfero sud, tra i due principali paralleli quali: la linea equatoriale e il tropico del Capricorno. Con un’estensione di 1.285.215,60 kmq che corrisponde a 0,87% della superficie continentale del pianeta, il Perù (in verde) costituisce il diciannovesimo paese più grande del mondo, il sesto nel continente americano e il terzo paese più grande dell’America del sud. 31 volte più grande della Svizzera (in rosso) 4,3 volte più grande dell’Italia (in giallo) 3,5 volte più grande del Giappone (in arancione) 7,5 volte più piccolo degli Stati Uniti (in blu) il 99% di questo vasto spazio corrisponde al territorio continentale 0,39% corrisponde alla superficie lacustre 0,01% alla superficie insulare La catena di montagne andina definisce le tre macro regioni della nazione: la costa, la sierra e la selva. Sebbene questa classificazione sia abbastanza semplice, offre una chiara idea del territorio peruviano. La distribuzione del territorio è la seguente: Superficie kmq % del territorio PERU’ 1.285.215,60 100 Territorio della Costa 136,768 10,64 Territorio della Sierra 404,929 31,51 Territorio della Selva 743,581 57,85 Il punto più alto del Perù è la cima del Nevado Huascarán in Ancash con 6768 m.s.l.m. Il punto più basso è la depressione di Boyobar a Piura con 18 m.b.l.m. La Costa. E’ una grande fascia desertica dalle caratteristiche linee piane‐ondulate che corre parallela al litorale peruviano da Tumbes fino a Tacna. La sua larghezza è variabile, raggiunge la sua maggiore penetrazione all'altezza del dipartimento di Piura, nel pieno deserto di Sechura, raggiungendo 180 km. La minore larghezza si trova nel sud del Perú, nel dipartimento di Arequipa, dove la costa praticamente si frantuma in una scogliera rocciosa che non è altro che ciò che resta dell'antica catena di montagne della costa. Nella città di Lima la costa presenta una larghezza in media di 15 km. La Sierra. Questa conformazione dovuta alle altitudini del massiccio andino è un complesso di alture che si estendono allineate in catene parallele: tre nel nord, tre nel centro, due nel sud. Le Ande del centro confluiscono con quelle del nord nel Nodo di Pasco e con quelle del sud nel Nodo di Vilcanota. Nelle Ande si trovano le valli interandine dove sono situati antichi centri popolati, testimoni dello sviluppo delle culture peruviane: Ayacucho, Cusco, Cajamarca. ecc. Non tutta la Sierra ha le stesse caratteristiche. Le Ande del nord sono più basse e più umide della media. Ciò ha permesso che parte dell'umidità e della vegetazione della selva del nord si spostasse sino alla costa. Inoltre nelle Ande del nord si trova il punto più basso di tutta la catena: l'Abra di Porculla che con 2145 metri permette di passare all'altro versante. Le Ande del centro sono più alte e rendono il centro un luogo di difficile accesso. Le Ande del sud hanno uno spessore maggiore delle altre. La linea trasversale che va da Arequipa fino alla frontiera con la Bolivia, ha un’estensione di più di 500 km di lunghezza ed una altitudine che sorpassa il 4.000 m. La Selva. Anche questa regione è molto varia: è famosa la differenza tra la selva alta e la selva bassa. La selva alta si trova nel versante orientale delle Ande, dai 1000 metri, dove il clima caldo conferisce al territorio il suo aspetto caratteristico: molto umido, piovoso, nuvoloso e con una temperatura media tra i 25 e i 30°C. La selva bassa al contrario è piana, quasi al livello del mare e costituisce la zona più calda di tutto il Perú con temperature massime che non vanno sotto i 35°C. Gran parte della selva è soggetta a inondazioni in tutte le zone vicine alle confluenze dei grandi fiumi. Ciò favorisce la comparsa di attività relazionate alla pesca ed all'estrazione di frutti silvestri. Nomi delle regioni Costa o Chala ( costa o pianure ) Descrizione Territorio sotto il 500 m.s.l.m ( metri sul livello del mare ) al lato occidentale delle Ande. Soprattutto desertico. Da ambedue i lati delle Ande si estende tra il 500 e 2,300 Yunga ( zona calda ) m.s.l.m. (al lato occidentale ) e tra il 1,000 e 2,300 m.s.l.m. (al lato orientale). Formato da valli.
Quechua ( zona temperata ) Da ambedue i lati delle Ande, situata tra il 3,500 e 4,000 m.s.l.m. Formato da terre emarginate. Suni Da ambedue i lati delle Ande, territorio situato tra il Jalca ( terre fredde ) Puna 3,500 e 4,000 m.s.l.n.m. Formato da terre emarginate.
( altopiano molto freddo ) Da ambedue i lati delle Ande, situato tra il 4,000 e 4,800 Janca m.s.l.m. Cime coperte di neve. Nella cima delle Ande, territorio situato tra il 4,800 e catena di montagne 6,768 m.s.l.m. Non è un'area continua. Non è usuale trovare popolazioni in quest’area, (solo una capitale del distretto tra 1879 distretti nel Perú).
Situata al lato orientale delle Ande, tra il 400 e 1,000 Selva alta m.s.l.m. E’ un bosco montagnoso con numerose valli. Situata al lato orientale delle Ande, sotto i 400 m.s.l.m.
Selva bassa Vari studiosi hanno dimostrato che questa classificazione non è sufficiente per abbracciare la diversità geografica del Perú. Come si può vedere nella figura 1, l'eterogeneità geografica del Perú è molto grande ed il paesaggio può variare molto in rapporto alla sezione trasversale che si sceglie. Basandosi su ciò, Pulgar Vidal ( 1946 ) divise il territorio peruviano in 8 regioni naturali diverse. Il modello geografico di queste zone sono rappresentate nella carta geografica 5. Esistono, inoltre, altre forme di classificazione del territorio secondo le sue caratteristiche fisiche ed ecologiche, come la temperatura e le precipitazioni pluviali medie, la qualità dei suoli, le formazioni vegetali e la distribuzione della fauna. Ognuna di queste classificazioni è abbastanza complessa e le sue categorie a volte si sovrappongono. Alcune di queste si basano sull'impiego economico e sulla divisione amministrativa del territorio. 2.1.2. Idrografia Il Perù consta di un territorio che abbraccia solo lo 0, 87% della superficie continentale del pianeta, cui però corrisponde quasi il 5% delle acque dolci del pianeta. Le acque superficiali però si distribuiscono in modo diseguale. Il rilievo del Perù è come un grande spartiacque dal quale qualsiasi goccia d’acqua drenata si convoglia unicamente in tre possibili direzioni: verso l'Oceano Pacifico, verso l'Oceano Atlantico o verso il lago Titicaca. È per questa ragione che parliamo di tre grandi aggregati idrografici: il versante del Pacifico, la conca delle Amazzoni e la fossa del Titicaca. Ognuna di loro con caratteristiche diverse. Le cime della catena occidentale delle Ande determinano se le acque dei fiumi andranno a finire nell'oceano Pacifico o nell'oceano Atlantico. Nel sud del paese le Ande si dividono in due grandi rami che obbligano le acque a versarsi nel lago Titicaca, che ha la forma di conca chiusa o fossa, da cui il nome di fossa del Titicaca. Versante del Pacifico. I corsi d’acqua che confluisco nel Pacifico hanno due caratteristiche: nascono a grandi altitudini tra 5.000 e 6.000 metri e hanno un percorso estremamente corto, da 100 a 200 km. Ciò a causa di una forte inclinazione o pendenza del terreno che li rende torrentizi e non navigabili. Inoltre la portata d'acqua è molto irregolare con notevoli aumenti nei mesi estivi, quando le piogge e i disgeli incrementano. D'altra parte nei mesi di magra questi fiumi arrivano quasi a seccarsi. Sono 52 i fiumi che sboccano nel pacifico sulla costa peruviana; i più rappresentativi sono i fiumi: Tumbes, Chira, Chancay, Jequetepeque, Santa, Rimac, Cañete, Ica, Mejes, Tambo. Di tutti i fiumi del versante del pacifico solo uno è navigabile in una parte del suo percorso: il fiume Tumbes, grazie alle scarsa elevazione della sua sorgente. Il fiume più lungo è il sistema Coica‐Camaná ‐Majes con un percorso di 388 km. La conca delle Amazzoni. Sono più noti i fiumi che appartengono alla Conca delle Amazzoni per la loro notevole lunghezza se paragonati ai fiumi del versante del Pacifico. Per esempio l'Ucayali è il fiume più lungo del Perú con un percorso di 1.771 km. I 21 fiumi di una certa lunghezza nel Perú appartengono alla conca delle Amazzoni, mentre il Coica‐Camaná‐Majes, con i suoi 388 km, occupa recentemente il 22esimo posto. Dobbiamo aggiungere che il Rio delle Amazzoni in territorio peruviano ha una lunghezza di 713km, ma il suo percorso totale, dalla sorgente fino allo sbocco, è di circa 6.872 km, il che lo fa diventare, se lo dovessimo considerare come un fiume unico, il fiume più lungo del mondo. A causa dell’enorme distanza che percorrono ed alla grande quantità di affluenti, un’altra caratteristica di questi fiumi è una grande portata d'acqua. Di fatto il Rio delle Amazzoni all'altezza della città di Iquitos ha una quantità d'acqua di 80.000 m3 per secondo (80 milioni di litri di acqua ogni secondo) che non ha paragone con il modesto fiume Rimac che in media porta 20 m3 ogni secondo (e che calma la sete di grande parte del capitale del Perú ). Questi fiumi diventano navigabili quando attraversano terreni piani. Infatti nel Perù i porti di Imaza, Iquitos, Pucallpa,Yurimaguas e Puerto Maldonado sono solo alcuni dei porti da dove le persone si possono imbarcare per percorrere la selva. Con i suoi 50.000 km di percorso navigabile la rete idrica dell'oriente peruviano è un efficace metodo di trasporto se paragonato con i circa 10.000 km di strade asfaltate. La Fossa del Titicaca. Delimitata dalla catena montuosa occidentale ed orientale delle Ande del sud, nella sua conca chiusa sfociano le acque di molti fiumi, tra i più importanti Suches, Huancané, Ramis, Coata e Ilave, che, portando le loro acque nello specchio d’acqua del lago Titicaca, lo rendono il più grande del Sud America, con i suoi 8.380 Km2 di superficie. Come accade nella costa, questi fiumi scendono da grandi altitudini con un corto percorso, perciò anche essi hanno carattere torrentizio e non sono navigabili a causa della forte pendenza. Così anch’essi assumono un regime irregolare con piene nei mesi di pioggia. Dato che la superficie sulla riva del lago è piana, essa è molto sensibile all'incremento e diminuzione della portata d'acqua dei fiumi, mettendo in pericolo le popolazioni limitrofe quando la quantità d'acqua aumenta, come accadde nell'estate del 2004, quando il lago stette per straripare. Laghi e lagune. Oggi giorno esistono in tutto lo spazio peruviano più di 12.000 laghi e lagune di diverso formato, che si distribuiscono nel seguente modo: versante del Pacifico: 3.896 lagune conca delle Amazzoni: 7.441 lagune fossa del Titicaca: 864 lagune Le lagune del versante del Pacifico sono piccole e disseminate e molte di loro servono come riserva d’acqua nelle stagioni secche. La più rappresentativa è la laguna Ramón nel dipartimento di Piura. La Sierra contiene un numero elevato di lagune, la maggioranza situate sopra il 4.000 m.s.l.m; tra queste spicca la grande laguna di Junín (anche nota come laguna dei Re o Chinchaycocha) situata nella pampa di Junín. In Ayacucho c’è la laguna di Parinacochas. Nella pianura Amazzonica esiste un'ampia varietà di lagune di origine fluviale chiamate cochas che hanno forma di ferro di cavallo. Queste sono il prodotto del repentino cambiamento del corso dei fiumi che lascia delle pozze d’acqua a forma di ferro di cavallo che tendono a scomparire col tempo se non sono alimentate da corsi d’acqua. Tra le più importanti abbiamo la laguna di Yarinacochas a Ucayali, la laguna El Sauce a san Martín e la laguna di Quistococha a Loreto. 2.1.3. Clima Per la sua ubicazione tra la linea equatoriale e i 18 gradi di latitudine sud, al paese dovrebbe corrispondere un clima caldo tropicale: alte temperature, elevata umidità, continue ed abbondanti precipitazioni durante tutto l'anno. Tuttavia queste caratteristiche si manifestano solamente nella parte orientale del Perù (la Selva), mentre le correnti oceaniche di acque fredde, l'elevazione della catena delle Ande dal livello del mare, l’influenza di quest’ultimo sulle masse d’aria dell'alta atmosfera e le differenze di altitudine negli assi nord‐sud ed est‐ovest delle Ande fanno sì che nel resto del paese esista una grande varietà di zone climatiche che vanno dal clima tropicale fino al desertico, passando per climi freddi in alta montagna e temperati nelle valli interandine. In primo luogo la presenza della catena andina costituisce una barriera fisica insormontabile per i venti alisei provenienti dall'oceano atlantico. Con i suoi 6.000 metri in media, questa catena montuosa impedisce che l'umidità atmosferica e le nuvole cariche di pioggia, che alimentano le foreste ed i boschi del Brasile e dell'oriente peruviano, arrivino alle valli occidentali delle Ande e ancor meno alla costa. Questo fatto causa una grande aridità del versante occidentale delle Ande. Basta dire che nella Selva piove all'anno quasi 100 volte più che nella Costa. Per esempio nella città di Pucallpa in tre giorni del mese di gennaio può piovere tanto quanto in tutto un anno nella città di Lima. A ciò si somma un altro fattore che causa la desertificazione delle coste: la corrente fredda di Humboldt raffredda l'atmosfera costiera e impedisce che l’umidità a livello del mare si innalzi al livello soprastante e si condensi; ciò provoca l’assenza di precipitazioni (vedi carta 3). Tutta l'area costiera peruviana ( vicino all’ 11% del suo territorio ma dove vive il 49% del totale della sua popolazione) rappresenta una delle regioni più aride della terra; l'unico luogo della costa che ha caratteristiche di selva è l'estremo nord di Tumbes, luogo che per la sua vicinanza con l'equatore è interessato da alte temperature e dalla presenza di un mare caldo per la corrente El Niño. Tutto ciò porta alla formazione di una zona nota come la foresta tropicale del Pacifico. In termini generali possiamo affermare che ad ogni regione corrispondono le seguenti caratteristiche climatiche: ‐ Costa centrale e sud arida, senza precipitazioni, con temperature miti, molto umida e con elevata nuvolosità dagli 8 ai 12 mesi all'anno. ‐ Costa nord con levate precipitazioni estive, con alte temperature e sole intenso per la maggiore parte dell'anno. ‐ Sierra con precipitazioni stagionali da dicembre a marzo, con clima da temperato a freddo a seconda dell'altitudine e con maggiore secchezza atmosferica. La sierra sud è il territorio con temperature più basse nei mesi di giugno e agosto. ­ Selva alta molto piovosa, con alte temperature, elevata nuvolosità ed umidità. ­ Selva bassa piovosa e con temperature molto alte. 2.1.4. Fenomeni naturali Per la sua localizzazione geografica il Perù costituisce uno scenario propizio per lo sviluppo di fenomeni naturali, molti dei quali possono provocare catastrofi quando si verificano in località abitate e coinvolgono la popolazione in modo diretto. I più importanti sono: Terremoti. Dacché i conquistatori spagnoli approdarono in questo territorio si hanno documenti scritti che registrano la violenza dei movimenti sismici. In quell’epoca è evidente che la costa era la zona affetta dai sismi più intensi. Forse uno dei fatti più drammatici della storia peruviana accadde la notte del 28 di ottobre del 1746, quando un violento terremoto, di magnitudo 7,5 scala Richter ma di intensità da X a XI nella scala modificata di Mercalli, scosse la città di Lima. In questa città morirono più di 1100 persone e restarono in piedi solo 25 delle sue 3.000 abitazioni. L'evento che tuttavia molte persone adulte ancora ricordano è il terremoto del 31 di maggio di 1970, il cui epicentro era situato nell'Oceano Pacifico di fronte alle coste di Chimbote. Il terremoto fu avvertito in tutta la costa e la Sierra Centrale del Perú, ma gli effetti più devastanti si ebbero nel Callejon di Huaylas, nel dipartimento di Ancash. A causa del movimento sismico, un pezzo della cornice nord della coltre di neve di Huascarán si staccò ed immediatamente 400 milioni di metri cubi di gelo ed acqua si incanalarono nella gola di Yungay formando una gigantesca alluvione che spazzò via la città di Yungay. In questa disgrazia morirono 67.000 persone, furono stimati 250.000 dispersi e si ebbe un totale di 180.000 feriti. L’ultimo terremoto fu registrato il 15 di agosto del 2007 alle 18:40:57 ora locale (le 0.40 italiane) con una durata vicino a 210 secondi (3 min 30 s). L'epicentro è stato individuato in mare, a 39 chilometri di profondità, difronte alla città di Pisco, a circa 150 chilometri a sud di Lima. E’ stato uno dei terremoti più violenti accaduti in Perú negli ultimi anni; il più poderoso (per intensità e durata), ma non il più catastrofico. Di magnitudo 8 scala Richter e intensità VIII scala Mercalli, lasciò 595 morti, 1.800 di feriti, 76.000 case totalmente distrutte o inabitabili e migliaia di disastrati. Le zone più colpite sono le province di Pisco, Ica, Chincha e Cañete. Tsunami. Tsunami è una parola giapponese che significa “onda di porto” ed è associata ai movimenti sismici. Quando avviene un sisma di intensità elevata è possibile che si verifichino spaccature, cioè rotture della roccia con spostamento di massa. Se questo accade sotto gli oceani la conseguenza è lo spostamento repentino di grandi masse di acqua che possono percorrere migliaia di chilometri in poche ore. Un'onda sismica o tsunami si può spostare a velocità maggiore di 500 km all’ora. Quando quest’onda arriva sulle coste, a causa dell'energia trasportata, si alza raggiungendo spaventose altitudini e inondando le coste. Le cronache narrano che trenta minuti dopo il terremoto di Lima, il 28 di ottobre del 1746, un'impressionante onda o tsunami si formò al largo delle coste del Callao. Gli abitanti del posto non ebbero tempo di reagire. L'onda che raggiunse i 21 metri di altezza, spianò il porto e dei 4.000 abitanti restarono solo 200. L'ultimo tsunami di proporzioni elevate si verificò il 23 di giugno del 2001, quando un violento sisma interessò le coste di Arequipa, Moquegua e Tacna. Qualche minuto dopo il sisma un'onda di più di 7 metri si abbattè sui dintorni di Camaná e penetrò per più di un chilometro all’interno. Inondazioni e Huaycos. Quando arriva l'estate nell'emisfero sud, nei mesi da dicembre a marzo, le alte temperature permettono disgeli nelle alture ed un incremento delle piogge; tutto ciò incide sull’incremento della portata d'acqua dei fiumi. Questo incremento non ha gravi conseguenze nei fiumi che appartengono alla conca dell’Amazzonia, a causa del loro lungo percorso e dei loro letti larghi e profondi, ma i fiumi della costa che hanno un percorso breve, scorrono con grande pendenza ed hanno un letto molto stretto, risentono immediatamente degli effetti dell'incremento delle quantità d'acqua. Questa situazione è aggravata da due fattori provocati dall’azione dell’uomo: la deforestazione delle zone elevate, dove nascono i fiumi, e la sovrappopolazione delle zone pianeggianti. Quando si disboscano i terreni di altura, la copertura vegetale e le radici muoiono ed il terreno non può assorbire e trattenere le acque piovane, dando luogo alle valanghe di fango, huaycos. Le conseguenze di questi fenomeni diventano drammatiche quando in pianura i centri popolati cominciano ad estendersi con costruzioni fin sui letti naturali dei fiumi. Per avere un'idea della gravità del processo vediamo l’evoluzione della popolazione e l’estensione della copertura vegetale in una conca della costa: Conca del fiume Rimac 1940 2000 Popolazione della città di Lima 600,000 abitanti 7,500,000 abitanti Bosco naturale 35,000 ettari 1,500 ettari A causa dei processi di incremento della popolazione e di diminuzione della copertura vegetale, le città della costa subiscono sempre più ondate di huaycos. Il fenomeno di EL NIÑO. Da tempi ancestrali gli antichi peruviani sapevano che periodicamente le acque che bagnano la costa nord del Perú si scaldano in modo stagionale. Con l'arrivo della cultura spagnola e il consolidamento del calendario cristiano, la stagione delle piogge coincideva con la fine del mese di dicembre. Così questo fenomeno si denominò la “corrente del bambino Gesù” (con allusione al Natale) o semplicemente la corrente di El niño (bambino). La corrente di El niño è ricorrente e la sua presenza è considerata normale da sempre: in questo periodo dell’anno l’attività della pesca subisce un calo e di conseguenza i pescatori si dedicano a riparare le reti e le imbarcazioni. Tuttavia, ogni certo numero di anni (tra sette e dieci) accade quello che viene denominato il fenomeno di El niño, un’anomalia climatica oceanica che ha come conseguenza un maggiore riscaldamento della normale corrente ed insieme un maggiore spostamento della stessa verso sud. L’aumento della temperatura delle acque e dell'atmosfera porta con sè non solo la sparizione di specie di consumo artigianale ed industriale, ma anche la presenza di precipitazioni fluviali nella costa nord e nel centro del Perú. Il fenomeno diventa ancora più drammatico quando, ogni certo numero di decenni, appare quello che si denomina un Meganiño: questo evento è tanto grande che genera inondazioni con centinaia o migliaia di morti. I Meganiños sono noti da anni e si crede che ad essi si possano far risalire la sparizione della cultura Mochica e le stragi della cittadella di Chan Chan. Le registrazioni ufficiali più moderne di Meganiños sono degli anni 1891,1925,1982 e 1998. Tuttavia con le apparizioni del Niño si ricuperano le acque del nord peruviano, grazie alle quali le terre desertiche del nord mutano generalmente in steppe e le piante del luogo hanno assicurata la loro crescita negli anni successivi, fornendo così l’alimento per il bestiame caprino allevato localmente. Siccità. A differenza di altri tipi di fenomeni che originano effetti violenti, le siccità sono fenomeni le cui manifestazioni sono lente ma egualmente drammatiche. Studi recenti associano la carenza di acqua in alcune zone del pianeta all'eccesso di acqua in altre. Per esempio, durante il fenomeno del Niño del 1998 che causò l'inondazione di alcuni territori, si verificarono episodi di siccità in Sumatra, Borneo, Malesia e in Brasile, causa di incendi che spianarono 50.000 Kmq di boschi tropicali. Nell'anno 2004 il periodo delle piogge è stato estremamente breve e con precipitazioni di scarsa intensità che hanno originato una diminuzione della principale coltivazione alimentare del Perú: il riso. Ricerche scientifiche affermano che se non si amministra adeguatamente la risorsa dell'acqua nel Perú, le principali città della costa resteranno sfornite di questa ricchezza entro l’anno 2025. Gelate e freddo. Le gelate si originano per una combinazione tra venti, altitudine e rilievo. I venti trascinano dalla sommità delle cime le masse d’aria, che ascendendo si raffreddano e aumentano di peso; così, masse d’aria molto fredda, discendendo lungo il pendio collinare con grande velocità, distruggono tutte le coltivazioni. I centri urbani situati al di sopra dei 3500 m sono di solito esposti a queste cosiddette gelate. Gli abitanti si dedicano principalmente alla coltivazione di patate e quinua (cereale di grande apporto proteinico, prodotto tipico delle Ande) che sono i più esposti a questi fenomeni. A differenza della gelata, il freddo è una situazione prolungata che riguarda dipartimenti come Ayacucho, Huancavelica, Apurimac, Cusco, Arequipa e Castigo. A causa della forma piana del rilievo, in quest’ultimo dipartimento i periodi di freddo durano svariate settimane, con temperature che per giorni interi rimangono sotto lo zero. Il problema è che questi fenomeni riguardano principalmente le popolazioni più povere del Perú, che in grande maggioranza utilizzano indumenti non adatti a sopportare temperature che arrivano fino ai 20°C sotto lo zero e vivono in abitazioni prive di elettricità. 2.1.5. Flora e fauna Una gran parte del territorio peruviano (intorno al 58%) fa parte della conca amazzonica, e la maggior parte di quest’area è coperta da un fitto bosco. In alcune di queste aree, vi sono inondazioni annuali che elevano il livello dell'acqua di 15 metri o più ed inondano migliaia di chilometri quadrati di terre. La distribuzione della vegetazione ed i suoli nel Perú sono strettamente relazionati con la geomorfologia ed il clima. Infatti i tipi di vegetazione e le foreste tropicali si trovano principalmente nella conca amazzonica, mentre i tipi desertici si trovano principalmente lungo la costa. Per la sua localizzazione geografica, al Perù corrisponde un clima tropicale umido in tutto il suo territorio. Tuttavia a causa della presenza delle Ande si sono originati degli ecosistemi veri e propri: La Costa. Come già detto, la costa centrale a sud del Perú ha come caratteristica fondamentale l'assenza di precipitazioni così come alti livelli di umidità e nuvolosità. Queste condizioni hanno fatto sì che nei diversi territori si formassero gramadales (vegetazione composta di varie graminacee), colline di tillandsiales (piante epifite), cactacee e vegetazione che cresce sulle sponde dei corsi d’acqua. Tutti questi tipi di vegetazione hanno avuto la capacità di adattarsi alla carenza di precipitazioni. Il Tillandsia ad esempio approfitta della rugiada della mattina che si condensa sulle sue foglie e cade nel suo centro. Le colline si avvantaggiano delle nebbie cariche di umidità che nei mesi da maggio ad agosto si rompono contro i pendii di alcune zone della costa. Perciò all'inizio della primavera in questi luoghi avviene un'esplosione di colore e vita. Le colline più note sono quelle di Atiquita ad Arequipa e quelle di Lachay a Lima. Nella costa nord si hanno precipitazioni all’inizio dell’anno ed un’elevata luce solare. Queste condizioni hanno permesso la formazione di vari tipi di vegetazione come: mangrovie, garrighe, fabaceae, carrubi e sapotaceae. Tutte queste piante raggiungono la fase arborea grazie alle strategie che sviluppano per accedere all'acqua. Così la mangrovia si sviluppa negli estuari in contatto con l’acqua di mare, mentre i carrubi sviluppano radici profonde che raggiungono la falda freatica vari metri sotto il suolo. La Sierra. Nella sierra le specie di flora più rappresentative sono arbusti come la tola e i pascoli come il chilihuial ed l’ichu, graminaceo molto resistente e con grande capacità di adattamento alle condizioni fredde dell'altopiano, con foglie a forma di tubi radiali per captare l'umidità e con punte molto dure. A 4.000 m troviamo la formazione arborea più alta del paese: i quinuales che crescono incollati alle rocce e che sono un buon rifugio per gli animali. Il loro legno è molto apprezzato dagli abitanti del luogo. Le piante rampicanti abbondano soprattutto nella Sierra Centrale, mentre nella Sierra del nord abbiamo altre specie favorite dalla latitudine e dalle innumerevoli precipitazioni; tra loro possiamo menzionare: il pasayo, il molle, il ceibo, il cabuya, il mito, il guaiaco, etc. La Selva. I versanti orientali delle Ande nella parte scoscesa determinano una variazione continua della vegetazione: la cosiddetta Selva Alta e la Selva Bassa, ognuna di loro con caratteristiche proprie. La Selva Alta possiede un clima caldo‐umido con abbondanti precipitazioni ed una pendenza pronunciata e perciò ostenta una vegetazione arborea abbondante rappresentata da: ishpingo, sapota, palme come l'acquaje e la pala di olio e varietà di piante di foraggio come toro, urco, gramalote ed orecchio di elefante. La Selva Bassa occupa la pianura amazzonica e presenta una varietà di piante che devono sopportare le condizioni più calde della conca amazzonica. Incontriamo specie arboree rappresentative come per esempio: il mogano, il cedro, il lupuna e la vite. All'ombra di queste formazioni si trovano specie rampicanti come il ayahuasca ed il sebo vegetale e specie acquatiche come la vittoria regia ed il jatunsisa. Come la flora, la fauna del Perù si caratterizza per un'abbondanza relativa ma soprattutto per la sua grande varietà. La distribuzione risponde alla varietà dell'ambiente fisico La Costa. Se consideriamo il mare peruviano come parte della costa, allora possiamo affermare che in essa si ha una fauna costiera abbondante e svariata. Questa fauna marina è composta di pesci (anchoveta, bonito, cojinova, etc), mammiferi marini (balene, delfini, etc.), molluschi (choros, conchiglie, machas, etc.), volatili di guaneras (piquero, pellicano, guanay, etc.). Ma la costa ha anche un'abbondante fauna terrestre come i volatili di terra (colomba, airone bianco, passero, etc.), rettili (iguana, lucertola, etc.) e mammiferi terrestri (volpe, muca, taruca, etc.). La Sierra. Negli ecosistemi più bassi e in prossimità dell'arida costa, troviamo solo la presenza di volatili tra i quali le tortore o i colibrì. Salendo per il versante occidentale delle Ande possiamo notare la presenza di mammiferi come la moffetta o il taruca (cervo andino). La zona montagnosa, dove ancora esiste copertura vegetale ospita ancora l’orso de binocol ed i puma, sebbene sempre in minor numero. Nelle alture e pianure andine è nota l'abbondanza di auquénidos addomesticati, come il lama e l'alpaca, e specie semiselvatiche come la vigogna e il guanaco. In ogni modo, è anche la terra dei roditori come il cincillà e la viscaccia che stavano per scomparire agli inizi del secolo XX. Infine le alture andine costituiscono il territorio dei predatori come lo sparviero, il falcone e il condor. La Selva. Discendendo per i fianchi orientali delle Ande troviamo una grande varietà di volatili tra i quali si trova il volatile nazionale del Perù: il tunquí o galletto delle rocce. Le correnti che discendono dalle parti alte ci offrono varietà di fauna fluviale come il boquichico e l’alosa. Si trova anche il re della shushupe, specie di vipera, molto temuta dagli abitanti. Nella pianura amazzonica c'è una maggiore abbondanza di specie dovuta ai differenti ecosistemi esistenti. Nei suoi fiumi per esempio, troviamo il pesce d’acqua dolce più grande: il paiche molto gradito per la sua carne. Grande quantità di mammiferi popolano l'intricata vegetazione della pianura, tra loro: l'orso formicaio, il maquisapa, il sachavaca, il ronsoco, le lontre, etc. Nello stesso modo questa porzione di selva è il regno delle are, pappagalli, tucani e uccelli di falegname. Qui i rettili acquistano grandezze maggiori e li troviamo sia sulla superficie che sotto le acque, i più conosciuti sono i lucertoloni, il yacumama, l'anaconda e l'anguilla elettrica. 2.1.6. Uso delle risorse Le principali forme di sfruttamento delle risorse sono costituite da agricoltura, allevamento, pesca e attività mineraria. Solo il 3,3% della superficie territoriale viene coltivato e la percentuale della popolazione attiva impiegata nel settore agricolo è pari all’5% (1998). Il raccolto prodotto nelle aree costiere è prevalentemente destinato all'esportazione, mentre nell'interno si pratica sostanzialmente un'agricoltura di sussistenza. Le coltivazioni principali includono canna da zucchero, mais, patate, riso, cotone, caffè, orzo, agrumi e frutta tropicale. Il Perù è inoltre il maggiore produttore di coca. Molto importante è l'allevamento, soprattutto bovino, ovino e caprino. Lama, pecore e alpaca forniscono, oltre alla lana, cuoio e pellami. Le foreste, che coprono il 51% (2000) della superficie del paese, sono suscettibili di maggior sfruttamento. I principali prodotti forestali, oltre al cedro, al mogano, al palissandro e al caucciù, annoverano una notevole varietà di piante medicinali tra le quali la più nota è sicuramente la chinchona, da cui si ricava il chinino. Il settore ittico rappresenta una delle maggiori ricchezze del paese e costituisce una delle voci più significative dell'esportazione peruviana. Le risorse estrattive hanno un grande rilievo nel quadro economico peruviano e in particolar modo il settore minerario è uno dei pilastri dell’economia nazionale e rappresenta normalmente più del 50% delle esportazioni peruviane. I principali minerali che vengono esportati sono: rame, oro, ferro, argento, zinco, piombo. Attualmente vengono tutti utilizzati per processi industriali di alto livello tecnologico. Tutt’altro che trascurabile l’estrazione dal sottosuolo di molibdeno, bismuto, mercurio, antimonio e stagno. Il territorio peruviano ha un elevato potenziale energetico, infatti per la sua localizzazione nel settore centro‐occidentale del Sudamerica, si trova sottoposto a forti processi di tensione e vulcanismo, i quali producono differenti manifestazioni di energia. Queste formazioni di energia sono principalmente: idroenergia, idrocarburi (gas) ed in minor misura il petrolio ed il carbone. Idroenergia. Il Perù conta un potenziale teorico di 56.000 Mw di energia. Per cercare di quantificare in modo semplice tale potenziale idroenergetico, possiamo affermare che la capacità di energia del Perú è tale che può accendere le luci di tutti i paesi del Sudamerica escluso il Brasile. Di questi 56.000 Mw sono utilizzati solo 2.000 Mw. Nonostante il Perù conti su un così alto potenziale, non tutti i paesi della nazione hanno l’elettricità; ciò è dovuto al fatto che l'energia è un bene che si vende e così le imprese stimano una capacità di pagamento dei propri utenti che molte comunità non possiedono. Più contraddittorio ancora è il fatto che il dipartimento di Huancavelica, che fornisce al paese più energia elettrica, è quello che possiede in proporzione il minor numero di persone con connessione elettrica. Gas naturale. I giacimenti di gas di San Martín e Cashiriari, nel dipartimento di Cusco, noti come il blocco 88 Camisea, ospitano una delle più importanti riserve di gas naturale dell’America Latina. Il volume di gas prodotto è di 8,7 trilioni di piedi cubi (TPC). Queste riserve sono dieci volte più grandi di qualsiasi altra riserva di gas naturale nel Perú. Dal mese di agosto del 2004 il gas di Camisea è stato portato alla città di Lima per la sua liquefazione (conversione allo stato liquido). Questo gas è destinato al mercato dell’America del Nord. Petrolio. Il petrolio costituisce attualmente il principale prodotto estrattivo del paese tanto per il suo potenziale energetico come per i derivati che si ottengono (combustibili, lubrificanti, prodotti industriali, solidi e gas). Con il fine di amministrare meglio il suo potenziale, il Perú ha generato tre aree petrolifere: una si trova nella costa del nord, un altro nella selva nord orientale e l’ultimo nella selva del sud. Mediamente nel Perú si producono 100 mila barili giornalieri di petrolio di cui due terzi estratti nella selva ed un terzo nella costa, quantità che non sempre soddisfa i bisogni dell'industria per la fabbricazione di derivati, ragione per cui si ricorre ad importazioni provenienti dell'Ecuador. 2.2. Assetto storico La lunga e travagliata storia del territorio, a partire dalle antiche civiltà incaiche e dalla colonizzazione spagnola fino ai giorni nostri, ha determinato una complessa situazione socio economica e una mescolanza di culture in cui situazioni estremamente arretrate esistono a stretto contatto con aree di modernizzazione ed in cui l’instabilità politica dei governi locali si accompagna all’ingerenza straniera. 2.2.1. Storia Le tracce di insediamenti umani in Perù risalgono a migliaia di anni or sono, ma di questi primitivi stanziamenti, testimoniati da poche rovine, si conosce assai poco. Intorno al 1250 a.C. gruppi di chavín, nazca, tiahuanaco e chimú migrarono dal nord verso la regione. Verso l'anno 1000 i chimú edificarono la città di Chanchan, i cui ruderi sono tuttora conservati. Gli inca, stanziati inizialmente in una regione semiarida della sierra meridionale, tra il 1100 e il 1300 si spostarono verso nord, nella fertile valle di Cuzco, e da lì estesero il loro dominio alle regioni confinanti. Costruita intorno al 1450, la città di Machu Picchu si trova a 2280 m di altezza. Si tratta di una delle più splendide testimonianze dell'impero inca, che arrivò a estendersi per 3.500.000 km2 e contava circa 12 milioni di sudditi. Nel 1532 lo spagnolo Francisco Pizarro sbarcò in Perù e riuscì, con la forza delle armi, a sottomettere l'impero incaico. Nel 1535, Pizarro fondò la capitale peruviana di Ciudad de los Reyes ("Città dei re", odierna Lima). Nel 1542, un editto imperiale spagnolo promulgò le cosiddette Leyes nuevas ("Leggi nuove"), destinate a porre fine alla trasmissione ereditaria dell'encomienda (il territorio concesso dalla Corona spagnola a conquistadores o a coloni); nello stesso anno la Spagna costituì il vicereame del Perù, che comprendeva tutto il Sud America spagnolo e Panamá, a eccezione dell'attuale Venezuela. Nel 1569 giunse in Perù l'amministratore coloniale spagnolo, Francisco de Toledo il quale impose un sistema politico‐amministrativo che prevedeva la figura del cacique (un capo indigeno che aveva il compito di fare da tramite tra governo centrale e indios e di raccogliere i loro tributi) e che durò per quasi due secoli. Già nei primi decenni della conquista la popolazione degli indios fu falcidiata dalle violenze, dalle malattie portate dai colonizzatori e dalle condizioni di schiavitù alle quali fu costretta. Nel 1780 José Gabriel Condorcanqui – che adottò il nome di un antenato, l'inca Túpac Amaru – alla testa di una forza composta da 60.000 indios, si ribellò alla dominazione spagnola; nonostante qualche successo iniziale, nel 1781 gli indios vennero definitivamente sconfitti e Condorcanqui fu giustiziato. Una nuova rivolta degli indios fu soffocata nel sangue nel 1814, quando un forte movimento di indipendenza dalla Spagna si stava diffondendo in tutta l'America meridionale. Tuttavia, a questo movimento non presero parte le classi dirigenti peruviane, interessate più a riformare il sistema coloniale, per conservare l'egemonia, che ad affrancarsi dalla madrepatria. Quindi, in Perù, non fu un movimento nazionale a conquistare l'indipendenza, bensì gli eserciti dei libertadores José de San Martín (che nel 1820, dopo aver sconfitto le forze spagnole in Cile, sbarcò presso il porto di Pisco e nel 1821, raggiunta Lima, proclamò l'indipendenza peruviana) e Simón Bolívar (che nel 1824, con la battaglia di Junín e quella di Ayacucho, sconfisse definitivamente gli spagnoli). I primi anni dell'indipendenza peruviana furono caratterizzati da un caotico susseguirsi di governi. Nel 1836, il generale Andrés Santa Cruz, presidente della Bolivia, invase il paese e lo unì a una confederazione peruviano‐boliviana di cui si proclamò presidente. L'indipendenza del Perù venne ristabilita grazie all'intervento militare del Cile nel 1839. L'instabilità politica perdurò tuttavia fino al 1845, quando il potere fu assunto da Ramón Castilla, che si rivelò governante abile e avveduto; durante i due suoi mandati (1845‐
1851 e 1855‐1862), oltre a promulgare una Costituzione democratica (1860) egli avviò alcune importanti riforme, abolì la tratta degli schiavi, avviò la costruzione delle prime ferrovie e lo sfruttamento dei ricchi depositi di guano. Proprio a causa dei depositi di guano nel 1864 il paese mosse guerra alla Spagna, che aveva occupato le isole Chincha, assai ricche di questo materiale. L'Ecuador, la Bolivia e il Cile vennero in aiuto del Perù e sconfissero le forze spagnole nel 1866. In seguito alla guerra del Pacifico (1879‐1883), in cui venne duramente sconfitto dalle forze cilene, il paese si trovò a dover fronteggiare una gravissima crisi economica che favorì l'ascesa di una serie di regimi militari – appoggiati dall'oligarchia dominante – che si succedettero per circa 25 anni, stabilizzando tuttavia la vita economica e politica del paese. Nel 1919 Augusto Leguía y Salcedo, che era già stato presidente dal 1908 al 1912, si insediò con l'appoggio dei militari alla guida del paese, instaurando una dittatura. Nel 1924, alcuni intellettuali in esilio fondarono l'Alleanza popolare rivoluzionaria americana (APRA), un movimento nazionalista e populista. L'APRA – che chiedeva la nazionalizzazione delle risorse e una riforma agraria che favorisse la popolazione indigena – pur essendo stata bandita nel 1932 divenne uno dei movimenti politici più influenti del paese. Nel corso degli anni Trenta il Perù fu soggetto all'alternarsi di dittature militari e colpi di stato fino a quando, nel 1939, divenne presidente il banchiere Manuel Prado y Ugarteche. Durante il secondo conflitto mondiale il paese ruppe i rapporti diplomatici con le potenze dell'Asse nel 1942 ed entrò nel 1945 ufficialmente in guerra. Nello stesso anno, una coalizione di partiti liberali e di sinistra, inclusa l'APRA, elesse presidente José Luís Bustamante y Rivero. Il nuovo presidente inaugurò una stagione di timide riforme, che tuttavia provocarono la reazione dell'oligarchia e dei militari; questi ultimi, nel 1948, rovesciarono Bustamante con un colpo di stato, insediarono alla presidenza Manuel Arturo Odría e misero fuorilegge i partiti politici. Durante le elezioni del 1956, l'ex presidente Prado y Ugarteche ottenne la maggioranza. In seguito, dittature militari si alternarono a governi liberali. Nel 1968 il caos politico ed economico in cui versava il paese portò a far emergere, sempre attraverso un colpo di stato, il generale Juan Velasco Alvarado, che promosse una rifoma agraria tra le più avanzate del Sud America e nazionalizzò le principali risorse del paese, togliendo il controllo del petrolio alle compagnie statunitensi. Nel 1975 Velasco Alvarado fu sostituito dal generale Francisco Morales Bermúdez. Dopo la revoca di tutte le misure di riforma promosse da Velasco Alvarado, nel 1980 i militari consentirono allo svolgimento di elezioni presidenziali, che furono vinte da Fernando Belaúnde Terry, già presidente nel 1963. Il programma di austerità portato avanti da Belaúnde Terry gli alienò presto il sostegno popolare. Contemporaneamente prendeva piede l'azione guerrigliera e terroristica di Sendero Luminoso nelle regioni andine e del Movimiento Revolucionario Túpac Amaru (MRTA) nelle aree urbane. Nel 1985 il candidato dell'APRA Alan García Pérez succedette a Belaúnde Terry. García Pérez cercò di affrontare la disperata situazione economica del paese con misure drastiche, arrivando persino a sospendere il pagamento del debito estero, tranne che per una quota del 10% delle esportazioni del paese. Alberto Fujimori, figlio di immigrati giapponesi, è stato eletto alla presidenza del Perù nel 1990 battendo lo scrittore Mario Vargas Llosa. Soprannominato "el chino" (il cinese) per i suoi tratti orientali, ha affrontato la grave situazione economica e sociale del paese con una politica marcatamente neoliberista e autoritaria, non esitando a ricorrere nel 1992 a un colpo di stato per sbarazzarsi dell'opposizione e cambiare a suo favore la Costituzione del paese. Conquistatasi una forte popolarità anche grazie all'efficace offensiva lanciata contro i movimenti guerriglieri e in particolare contro l'organizzazione maoista Sendero Luminoso, è stato rieletto nel 1995 e, per la terza volta consecutiva, nel 2000, in una prova elettorale inficiata da gravi brogli. Travolto da gravi scandali, pochi mesi dopo rassegnò le dimissioni e si rifugiò in Giappone per sottrasi alla giustizia peruviana. Nel 1992 Fujimori sospese la Costituzione e sciolse il Parlamento. Nello stesso anno il massiccio impegno contro le formazioni guerrigliere consentì la cattura di molti alti esponenti di Sendero Luminoso, tra i quali il principale ideologo Abimael Guzmán. Nel 1993 venne approvata una nuova Costituzione che estendeva i poteri presidenziali – consentendo a Fujimori di ricandidarsi nelle successive elezioni – e limitava le libertà civili. Nel gennaio del 1995 un'antica disputa territoriale tra il Perù e l'Ecuador sfociò in scontro militare. Uscito dal conflitto con una popolarità rafforzata, Fujimori vinse le elezioni del 1995 sconfiggendo Pérez de Cuellar, ex segretario generale dell'ONU. Negli ultimi anni, sia la situazione economica che quella politica del paese sono sensibilmente peggiorate. La scelta incostituzionale di Fujimori di imporre una sua terza candidatura ha causato una forte pressione sul sistema politico e dell’informazione da parte del regime. Pur rieletto alla presidenza, Fujimori diventò il bersaglio di una serie di rivelazioni scandalistiche, una delle quali ha avuto per protagonista il suo stretto collaboratore Vladimiro Montesinos, capo dei servizi segreti ed eminenza grigia del regime, sorpreso a corrompere un membro dell’opposizione. Abbandonato anche dai militari, Fujimori infine si dimise rifugiandosi in Giappone senza far ritorno in Perù fino alle elezioni successive, ma appena tornato nel paese venne arrestato. Il presidente che lo aveva sostituito, Valentin Paniagua, nominò Javier Pérez de Cuellar, ex segretario delle Nazioni Unite, a capo del governo di transizione. A pochi mesi dalla fuga di Fujimori e dall’improvviso crollo del suo sistema di potere il Perù appare decisamente avviato sulla strada della normalizzazione e della democrazia. L’attività del passato regime è attualmente al setaccio della magistratura e sono molte le inchieste avviate sul conto dell’ex presidente e di alcuni tra i suoi più fedeli collaboratori. 2.2.2. Economia L'agricoltura è stata l'attività economica tradizionale del Perú preispanico, dove si ebbe una coltivazione intensiva di mais e patate. I colonizzatori preispanici si adattarono alle condizioni dell'ambiente e in mancanza di vasti spazi aperti crearono sistemi di terrazze invertendo i limiti delle pendenze in vantaggi nell'uso dello spazio. Inoltre addomesticarono animali come l'alpaca, il lama ed il cuy (il porcellino d’India). Queste attività corrisposero ad una visione del lavoro collettivo realizzato dalle famiglie (ayllu) che permise lo sviluppo delle attività agropastorali che divennero base dell'economia andina. L'arrivo dei conquistatores spagnoli nel secolo XVI significò lo spostamento delle attività dall’agricoltura al settore minerario, poiché in Europa i metalli come l'oro e l'argento erano la base della ricchezza degli stati. Gli europei introdussero il bestiame bovino ed ovino, il telaio a pedale che rimpiazzò in molte regioni il “telaio alla vita” e misero in secondo piano la produzione di alimenti tradizionali. L'inizio della repubblica non significò grandi cambiamenti nelle attività economiche del Perù, ma, al contrario, si intensificò l’estrazione con fini di esportazione. A metà del 1830 si scoprì il valore del guano delle isole come fertilizzante indispensabile per incrementare la produzione agricola necessaria per le popolazioni delle nuove città, risultato della rivoluzione industriale. L'apparizione del salnitro attrasse le invasioni straniere che furono una delle cause della guerra del Pacifico che legò il Perù al Cile e alla Bolivia. Nel XX secolo non si sono avuti cambiamenti nell’economia che continua a basarsi sui settori minerari ed energetici. Si è avuto un incremento del settore terziario, dovuto soprattutto all'urgente bisogno di auto‐impiego nel Perù. Il Perù è un paese di tradizione mineraria: durante l'epoca del colonialismo si sfruttarono le miniere di argento di Potosí (oggi Bolivia) e le miniere di argento vivo di Santa Barbara ( Huancavelica ). L'argento vivo è noto oggi come il mercurio e fu a quel tempo indispensabile per la separazione dell'argento. Diverse fonti concordano che i minerali provenienti da queste miniere permisero la sopravvivenza e lo sviluppo dell’Europa. Nel Perù, lo sfruttamento nel Cerro di Pasco ( Colle di Pasco ) cominciò nel 1905 e nel 1922 si inaugurò il complesso metallurgico di La Oroya ( Junín ). Negli anni ‘90 si fecero numerose concessioni minerarie dovute alla politica di apertura dei mercati del governo di Alberto Fujimori. Attualmente il Perù possiede il 16% delle riserve di minerali noti, di questi il 15% sono di rame, il 7% di zinco. Si stima che fino a oggi il Perù ha estratto il 12% delle sue risorse minerarie e che con la tecnologia adeguata può triplicare la sua attuale produzione, specialmente di metalli basici. La principale domanda di oro viene dagli Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito. Dal 1990 le estrazioni nel Perù sono incrementate del 500%. La privatizzazione del grande settore minerario nazionale, voluta dal governo peruviano nel 1991, ha attratto più di cento imprese straniere delle quali il 40% sono Canadesi, ed il resto Australiane, Statunitensi, Messicane, Sudafricane, Cinesi, Svizzere, Inglesi, Lussemburghesi e Italiane. Le imprese statali come Centromín e Minerario Perù furono praticamente neutralizzate ed i loro guadagni azzerati. Le esportazioni, assai diversificate rispetto alla maggior parte di quelle degli altri paesi dell’America del Sud, includono caffè, cotone, farina di pesce, zucchero, petrolio grezzo, rame, zinco, argento e minerali ferrosi. Tra le importazioni prevalgono apparecchiature elettriche ed elettroniche, componenti meccanici, nonché prodotti chimici e alimentari. I principali partner commerciali sono Stati Uniti, Giappone, Germania, Belgio, Argentina e Brasile 2.2.3. Situazione socio‐economica attuale Molte sono le condizioni che rendono precaria la vita delle popolazioni peruviane. Situazione geografica. Una gran parte del territorio peruviano (intorno al 58%) fa parte della conca amazzonica, e la maggior parte di quest’area è coperta da un fitto bosco; ciò ha ritardato lo sviluppo della regione, considerato che i suoli della maggiore parte delle foreste tropicali sono poco fertili, tranne che in alcune aree in cui le inondazioni annuali coprono migliaia di chilometri quadrati di terre depositando sedimenti alluvionali che arricchiscono i suoli (carta geografica 3). Lungo la costa invece i suoli fertili si alternano a suoli principalmente di tipo desertico. Le Ande infine rappresentano il 31% del territorio peruviano e sono costituite da molte catene montuose che contornano varie zone di altopiano. I passi sono generalmente alti e difficili, specialmente nelle Ande del sud, ciò si può considerare come una barriera per il commercio ed il trasporto. Le condizioni climatiche fanno sì che estese aree delle Ande Peruviane siano relativamente inospitali (vedi carta geografica 3 e 4) Settore agricolo. Nel Perú esiste una propensione della popolazione verso l'agricoltura, tanto per ragioni storiche quanto per aver ereditato una cultura che addomestica il suo spazio. Infatti fin dai tempi del Perú precolombiano si ebbe una capacità di trasformare lo spazio per adattarlo alle richieste della società: acquedotti, canali sotterranei, centri di sperimentazione e molte opere di ingegneria. Le condizioni del mercato attuale esigono l'uso intensivo dei migliori suoli per soddisfare l'alta domanda dei mercati mondiali. Il Perú è limitato perché utilizza i suoli più fertili della costa i quali sono in proporzione i meno vasti; inoltre comparato agli altri paesi, il Perù è quello che ha minore quantità di suoli di tipo A (i migliori suoli per coltivazioni intensive), perché ne possiede solo il 3, 7% in confronto all’8% del Brasile, all’11 % dell’Argentina ed al 21 % degli Stati Uniti. Settore minerario. Il territorio è invece ricco di risorse minerarie. Il Perú possiede la seconda riserva più grande di argento, la terza più grande di stagno, la quarta di piombo, la settima di rame e l’ottava d’oro. Come si può vedere nella carta geografica 2, una forte percentuale della composizione minerale della superficie del paese è roccia sedimentaria, dove generalmente si trovano depositi di petrolio, e roccia metamorfica, dove si trovano depositi di oro, argento e rame. Il settore minerario è diventato particolarmente importante dall'anno 1993 in cui il Perù ha duplicato la sua produzione di minerali. Questo settore genera grandi movimenti di capitali, ma non di manodopera, per esempio nel 2003 si ebbe il 4.7% del PBI, ma solo lo 0.7% del PEA. Nel settore minerario è evidente la dipendenza del Perú dal capitale straniero. Attualmente esiste un mercato di prodotti di alta tecnologia che richiede tutti i minerali che ha il paese: rame per le telecomunicazioni, oro ed argento per l'industria fotografica, elettrica, dentale e dei gioielli, zinco per la lega dei metalli resistenti, piombo per l'industria di pitture e saldature. La domanda è dei paesi industrializzati come Stati Uniti, Svizzera, Inghilterra, etc. Il Perú non può approfittare di questa opportunità perché non ha il capitale sufficiente per investire ed è costretto a chiedere prestiti. L'attività estrattiva implica processi di forte impatto ambientale dovuti alla perforazione della crosta terrestre e alla separazione dei minerali. Per quanto lo stato peruviano promuova gli studi di impatto ambientale prima di iniziare le operazioni, le leggi non sono adeguate alla tutela dell’ambiente. Nei pressi di Lima, a Oroya, si trovano vere lagune di rifiuti tossici dove non c'è vita alcuna. I rumori prodotti delle esplosioni mettono in fuga la fauna del luogo ed al termine delle operazioni il suolo non può essere utilizzato per l'agricoltura. La contaminazione riguarda anche la salute degli abitanti della regione. Le conseguenze sociali non sono meno allarmanti. I progetti di estrazione mineraria non aumentano lo sviluppo delle città vicine, e molti degli impieghi offerti sono assorbiti dal personale estraneo alla regione. L’attività mineraria impiega un piccolo numero di lavoratori, i quali devono avere un elevato livello di capacità. Le città non hanno uno sviluppo in relazione al settore minerario. In Cajamarca dove si trova la miniera Yanacocha che sfrutta i giacimenti d’oro, gli indici di sviluppo sono diminuiti. Molti dei lavoratori non rimangono al di fuori delle ore lavorative nei paesi vicini alla miniera, ma si spostano nelle grandi città: da Huaraz vanno a Lima e da Pasco vanno a Huancayo. Settore terziario. Una delle critiche che vengono fatte a questo paese è che il valore aggiunto delle attività terziarie è lontano dall’essere elevato. La mancanza di serietà o di puntualità è una delle caratteristiche degli abitanti del Perù e ciò si fa palese nelle attività economiche: il 75% dei peruviani lavora in condizioni di precarietà e la sottoccupazione supera il 50%. Potenzialità attuali. Tuttavia potenzialità si crescita del Perù esistono e ciò è dimostrato dall’indicatore economico (PBI) che comprende la somma di tutte le attività produttive e dei servizi di un paese ed è un referente della vita economica di una nazione. Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica e Informatica (INEI), nel Perú, l'evoluzione del PBI negli ultimi 10 anni mostra uno spiccato dinamismo ed in alcuni momenti sorpassa i 60 mila milioni di dollari con una crescita nell'anno 2003 del 4% rispetto all'anno precedente. Questo dato positivo mostra un forte contrasto con la povertà diffusa nella popolazione e fa presumere che le ricchezze del paese siano concentrate in mano di pochi e sia inefficienti e non eque le politiche sociali ed il meccanismo di ridistribuzione. La povertà. La povertà può essere definita come la circostanza economica in cui una persona non dispone di entrate sufficienti per consentire i livelli minimi di salute, alimentazione, abbigliamento ed educazione. Nel Perú la povertà si misura con l'Indice di Sviluppo Umano ( IDH ) che contempla le necessità di base per una vita dignitosa. Con un IDH medio nazionale di 0.69, le regioni più povere sono Huancavelica, Ayacucho, Apurimac e Huánuco (meno del 0.5 di IDH ), mentre Lima, la capitale, è l'unica regione del Perú con uno 0.8 di IDH. Secondo cifre dell'INEI, il 54% della popolazione del paese è povera ed il 14% di peruviani vive in condizioni di estrema povertà. La lotta contro la povertà è stata il principale slogan dei candidati alla presidenza ed è menzionato costantemente dai governi per dimostrare il loro impegno sociale. Grazie all'OPD (organizzazioni pubbliche decentralizzate), il governo sviluppa i programmi di appoggio sociale che consistono nel fornire assistenza alimentare alla popolazione più povera circoscritta principalmente nelle comunità contadine della sierra e nella popolazione giovane delle città. Tuttavia questi programmi sono stati duramente criticati essendo considerati una misura assistenzialista che crea una dipendenza tra il beneficiario e lo Stato. Questo politicizzazione di programmi di sostegno sociale subordina lo sviluppo agli interessi particolari dei governanti. Nonostante conti su un potenziale economico importante in settori come quello minerario, della pesca, dell’agroesportazione, forestale e turistico, le attività economiche nel Perú sono fondamentalmente estrattive, il che non permette di creare valore aggiunto alla produzione e nuovi posti di lavoro. In questo senso i salari sono bassi con una Remunerazione Minima della Vita di S/.460 ($170 approssimativamente) al mese ed un alto tasso annuale di disoccupazione del 9%. Del 40% della Popolazione Economicamente Attiva (PEA) solo un 15% ha impiego stabile, il resto della popolazione deve cercare impieghi mal remunerati. Il livello di educazione del PEA che ha studi secondari o superiori è del 59.2% in media. Solo le regioni di Lima, Ica, Arequipa, Moquegua e Tacna superano questo indice; tutti localizzati nel costa del sud peruviano. Le altre regioni del paese non superano l'indice, arrivando a livelli inferiori del 40% : Amazzonia, Huanuco, Huancavelica, Ayaucho, Apurimac e Puno. Su 1,3 milioni di abitanti maggiori di 15 anni che non sanno nè leggere né scrivere, la maggioranza sono donne. Otto su ogni cento lavoratori sono bambini tra 6 e 14 anni, che devono interrompere gli studi per procacciarsi i mezzi di sussistenza. Il lavoro infantile degenera in uno sfruttamento che lo Stato non può controllare, come la prostituzione nelle città e la schiavitù nella selva. A livello nazionale solo una su due case ha la fognatura e una su tre manca di acqua potabile. L'esplosiva crescita delle città e l'inadeguato sfruttamento delle acque non permette che si possa rifornire tutta la popolazione, soprattuto la più povera, di questo bene primario, esponendola a malattie ed a infezioni permanenti. Nonostante le cifre menzionate l’intervento straniero nell'ultimo decennio è stato diretto principalmente nei settori primari come il settore minerario estrattivo. Nelle città, detto intervento si è verificato nei settori terziari di consumo massiccio come le catene di negozi commerciali e telecomunicazioni. Nel Perú le cifre macroeconomiche mostrano una crescita annuale del PBI del 4%, uno dei più alti della regione e il bilancio commerciale è positivo dopo decenni. Questa grande contraddizione in cui il paese si arricchisce ma la sua popolazione si impoverisce è il riflesso di un sistema economico mondiale imperante che non riconosce la vita come fine ma come un mezzo per generare ricchezza e potere. Nonostante si siano fatti molti sforzi per mettere in relazione le diversità geografiche peruviane con temi importanti come l’ubicazione dell'insediamento o l’istituzione di regioni amministrative o politiche, molto poco si è fatto per analizzare la relazione tra queste diversità geografiche e lo sviluppo, la crescita economica o la povertà nel paese. L'unica eccezione è l'elaborazione della "carta geografica di povertà" compiuta per il Governo al fine di dirigere meglio i programmi sociali. In questo senso, uno degli sforzi più recenti è l'elaborazione di indicatori di povertà a livello provinciale e distrettuale per FONCODES, l'agenzia governativa incaricata dei programmi di alleviamento della povertà. Sebbene queste carte siano di natura "geografica", non si è fatto nessuno sforzo per associarle a variabili geografiche e per esempio, per trovare se esiste qualche tipo di “trappola di povertà” dovuta agl influssi negativi di alcune caratteristiche geografiche. La domanda che ne consegue è, allora, se esiste concentrazione geografica della povertà nel Perú. La carta 6, carta geografica della povertà in Perú, risponde graficamente a questa domanda, mostrando indicatori di povertà a livello provinciale e distrettuale basati su un "indice di povertà" elaborato per FONCODES.5 Come si mostra nella carta, esistono enormi disuguaglianze per quanto riguarda il benessere da un lato all’altro del paese, ed è raffigurata un'alta concentrazione di popolazione molto povera per le regioni geografiche più avverse, come la sierra e la selva. Tavola 1 Geografia e benessere economico (percentuale di famiglie povere ) 1985 1994 1997 Altitudine ( m.s.n.m )
0-500
41.4 37.5 46.1
500-1000
43.5 38.2 48.6
1000-2300
51.9 37.0 53.8
2300-3500
57.7 43.7 59.7
350052.1 62.5 63.3
Precipitazione ( mm
annuali )
0-100
35.3 33.2 40.7
100-200
54.0 33.4 42.8
200-400
46.0 65.3 58.7
400-600
59.4 69.8 61.9
600-1000
51.5 49.2 63.1
1000-1400
67.0 42.8 59.4
1400-2000
63.4 43.4 58.4
2000-2800
60.3 70.4 55.8
280042.7 34.4 54.7
Temperatura ( gradi
di cº)
0-5
52.7 67.6 65.4
5-10
49.1 44.2 57.8
10-15
40.6 34.4 43.1
15-20
55.1 43.0 53.1
2061.7 46.8 55.9
Fonti: stime degli autori basati in ENNIV 1985‐86,1994 e 1997 La tavola1 mostra anche che esiste una relazione negativa tra le principali variabili geografiche (altitudine, precipitazioni e temperatura) ed il benessere economico delle famiglie. Infatti maggiore è l'altitudine, maggiore è il numero di famiglie povere in una regione specifica (distretto). La temperatura mostra una relazione non lineare: la povertà aumenta in aree con livelli molto bassi di temperatura o con temperature estremamente elevate. Le precipitazioni, tuttavia, non hanno una chiara relazione con la povertà. D'altronde, queste disuguaglianze possono attribuirsi, almeno in parte, ad una dispersione significativa dei beni e servizi o dell’accesso a questi. Come si può vedere nella seguente tavola, la maggior parte dell'accesso a beni e servizi pubblici è per lo meno 2 o 3 volte maggiore in aree urbane che in aree rurali. Nel caso di accesso a reti sanitarie, le differenze sono ancora maggiori (vedi tavola 3). Nonostante che durante gli ultimi 4 anni l'accesso ai beni e servizi pubblici sia aumentato nelle zone rurali, l’inserimento di nuovi servizi è a favore delle zone urbane. Due terzi di nuovi servizi di elettricità, di risanamento e di salute sono stati impiantati in zone urbane. Solamente nell’educazione si può vedere un cambiamento: i beni pubblici nuovi sono situati in zone rurali e sorpassano in numero quelli delle zone urbane. Tavola 2 Differenze regionali di accesso a servizi: Perú 1997 ZONE ZONE RATIO
URBANE RURALI Formato di famiglia 1.0 6.3 6.1 Anni di educazione ( capo di famiglia ) 8.6 1.9 4.5 Anni di educazione ( adulti) 8.1 1.6 5.0 Tassa di diserzione scolastica ( secondario ) 12% 0.8 15% Accesso ad elettricità ( % ) 97% 3.2 30% Accesso a rete pubblica di acqua potabile 89% 2.1 43% Accesso a servizi sanitari ( % ) 84% 7.3 12% Accesso a credito ( % ) 37% 1.6 23% Nota: Tassa di povertà 40%
65%
Fonte: ENNIV 1997 Tavola 3 Distribuzione di accesso recente a servizi base per la salute Perú: 1994 – 1997 ZONE URBANI
ZONE RURALI COEFICIENTE
Acqua, rete pubblica 1.3 57% 43% Elettricità 2.6 72% 28% Connessione sanitaria 3.5 78%
22%
Attenzione ambulatoria di salute 2.8 74% 26% Matricola scolastica 0.5 33% 67% Fonte: ENNIV 1994 e 1997 La principale domanda è: quali carte hanno la variabile geografica che spiega le differenze tra le diverse regioni del Perú? Come sono cambiate queste influenze nel tempo, quanto importanti saranno nel futuro, attraverso che mezzi sono state trasmesse queste influenze e se l'accesso a beni e servizi privati e pubblici ha un’importanza fondamentale nella riduzione degli effetti negativi di una geografia avversa. La sezione seguente descrive come rispondere formalmente a tali domande. Ci sono casi come nella carta geografica 7 che mostrano una drastica riduzione del tasso di analfabetismo nelle donne ma, allo stesso tempo, il tasso è concentrato in alcune zone (come nella sierra del sud ed altre zone alto‐andine). Carta geografica 7 Tasso di analfabetismo di donne Ci sono altre variabili, come la percentuale di case senza acqua potabile, senza servizi di risanamento o senza elettricità, che durante il periodo 1972‐1981 subisce una riduzione significativa nelle zone della costa e successivamente una piccola concentrazione di valori alti, specialmente nella sierra del sud e nelle zone di selva e nessun modello definito nel resto del paese (nella carta geografica 8 si mostra come esempio la variabile mancanza di acqua potabile Carta geografica 8 Case senza accesso all’acqua potabile Forme di fame. La fame che patisce la popolazione più vulnerabile e quella che si incontra in situazioni di estrema povertà ha diverse espressioni. Fame cronica e povertà.Questa forma di fame viene chiamata anche “insicurezza alimentare e nutrizionale cronica”, specialmente vincolata alla povertà cronica. Gli introiti giornalieri di queste persone fluttuano tra i 5 e i 15 nuevos soles (1 nuevo sol = 0,25 euro), dei quali destinano in alimenti dal 70% al 90% e vivono nel piùgrave stato di miseria in cui la fame è quasi sempre presente. Nella regione Puno, le famiglie che vivono in estrema povertà sono esposte ad un deficit permanente di uno o più nutrienti; di queste la maggior parte si incontra nella zona rurale. In questo gruppo si incontrano le famiglie di piccoli agricoltori, contadini senza terra, pastori, piccoli pescatori, inoltre lavoratori non qualificati, disoccupati, sottoimpiegati, operai e altri del settore urbano. Queste famiglie patiscono la fame in modo permanente nel tempo, il consumo di alimenti è inferiore al “livello minimo ottimo”, vivono in una costante sotto‐nutrizione. Fame in momenti critici della vita. Un altro gruppo di persone che si trova in uno stato di insicurezza alimentare comprende gli individui più vulnerabili di una famiglia in momenti critici della vita. Si includono in questo gruppo i bambini appena nati, i bambini con meno di 6 anni, le donne incinte, madri che allattano e anziani soli. Forme di fame
Calorie
LIVELLO 3500
MINIMO
3000
FAME ACUTA
2500
FAME 2000
CRONICA
1500
FAME STAGIONALE
1000
FAME 500
CRONICA STAGIONALE
…
…
0
t
r
t
ra rp g u
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I bambini che stanno per nascere soffrono di carenze alimentari se la madre è a sua volta mal nutrita, inoltre si sa che l’infermità cronica degli adulti inizia con la malnutrizione della donna durante la gravidanza; ciò rappresenta il pericolo di una nascita prematura, un basso peso alla nascita e un ritardo della crescita dovuto alla carenza di nutrienti o a problemi di salute e rappresenta un ostacolo importante per lo sviluppo normale durante l’infanzia.. Fame stagionale. Un gruppo importante che patisce la fame comprende gli individui o le famiglie che soffrono fame stagionale, cioè in relazione con i cicli di semina e raccolta dei prodotti alimentari. La maggior parte della popolazione del settore rurale della regione è esposta a questo tipo di insicurezza alimentare. Si stima che quasi due terzi della popolazione rurale ha scarsa disponibilità di alimenti, durante una parte dell’anno. Nelle case rurali povere si presenta spesso la coincidenza del massimo grado di necessità di lavoro associata con il massimo incremento dei prezzi degli alimenti, e ciò comporta anche la separazione familiare e la migrazione. Questa situazione si presenta durante uno o più mesi prima del raccolto, poiché la regione di Puno ha un regime pluviometrico unimodale. Questo fenomeno periodico non è solo climatico ma anche di carattere economico e chi possiede di più è in condizioni di trarre più profitto da questa condizione. Le conseguenze dell’insicurezza alimentare stagionale si manifesta chiaramente nelle città dove l’offerta di lavoro aumenta significativamente e la migrazione cresce. Fame acuta. Il quarto gruppo è composto da persone con insicurezza alimentare acuta; esso include chi si imbatte in una fame repentina dovuta a crisi umanitarie provocate specialmente da improvvisi catastrofi e calamità naturali. Nella regione di Puno questa situazione è ricorrente, con il verificarsi per esempio di siccità, gelate, inondazioni, malattie che generalmente creano la perdita di tutti i raccolti nei luoghi interessati. Questo contesto coinvolge maggiormente i mercati locali con il conseguente problema dei prezzi. È necessario tenere il conto delle misure che vengono adottate per apportare assistenza alle persone nelle zone rifornite col fine di proteggere i loro mezzi di sussistenza. Senza questa risposta rapida le perdite di vite e beni produttivi, come conseguenza delle vendite di terre e greggi, e il consumo di semi per garantire la sopravvivenza, possono determinare un’erosione a largo raggio del potenziale di sviluppo della regione. Fame cronica stagionale. La Fame cronica‐stagionale è frequente nel settore rurale della regione, dove il 60% della popolazione è composto da unità familiari povere la cui produzione non copre le loro necessità alimentari. In più queste famiglie soffrono la miseria provocata dal razionamento stagionale degli alimenti. Così si presentano nella regione delle forme miste di insicurezza alimentare: fame cronica‐acuta, fame cronica‐stagionale‐acuta e fame stagionale‐acuta. Di conseguenza la fame o insicurezza alimentare ha differenti espressioni, cause e conseguenze; e così come non ha caratteristiche uniformi, anche le soluzioni devono essere diverse. 2.3. Assetto insediativo L’antropizzazione del territorio è stata influenzata dalle vicende storico politiche del paese, dalla conformazione del suolo e la sua fertilità e dai fattori climatici , che hanno ostacolato una diffusione omogenea degli insediamenti. Anticamente concentrata sulle alture dove gli indigeni, sterminati dai conquistatori e dalle nuove malattie, cercavano riparo ed in seguito, dopo l’indipendenza, sviluppatasi nei centri costieri, in parte mescolata ai coloni europei prevalentemente nella selva, là dove vennero attuate politiche di insediamento, la popolazione vive un forte contrasto città‐campagna con fenomeni migratori verso i centri urbani per sfuggire alla povertà, all’oppressione dei proprietari terrieri ed infine alle continue violenze . Le città della costa nell’ultimo secolo sono state teatro di una caotica esplosione demografica e solo negli ultimi vent’anni si assiste ad un’inversione di tendenza. 2.3.1. Territorio e antropizzazione Diversa crescita demografica. All'arrivo degli eserciti spagnoli, la popolazione inca oscillava tra i 12 e i 16 milioni di persone. Questa cultura sviluppò attraverso millenni una tecnologia di addomesticamento di animali e piante che permise insieme all’organizzazione socioeconomica la crescita della popolazione fino a queste cifre. La conquista della società incaica da parte degli spagnoli significò una riduzione sistematica della popolazione nativa, a causa, tra le altre ragioni, delle guerre civili tra i conquistatori, dei lavori forzati nelle miniere e delle nuove malattie dovute alle invasioni. Di fatto si sa che l'influenza ed il vaiolo causarono tanta mortalità quanta ne causò la guerra per la conquista. Si stima che nel 1570, cioè dopo meno di 40 anni dall'approdo spagnolo, la popolazione indigena era diminuita di 3 milioni di persone. Molte popolazioni si rifugiarono sulle alture dove poterono conservare le loro tradizioni e credenze, lontane inizialmente dall'influenza della Corona Spagnola e posteriormente dell'emergente Stato Repubblicano. Altri impararono il difficile compito di convivere con i governanti. Questa è l'origine delle attuali comunità rurali che al momento costituiscono più di tre milioni di persone. Con l'indipendenza la popolazione indigena ricomincia un nuovo e lento periodo di crescita che va al passo con un lento ma inevitabile spostamento della popolazione nella costa. Le principali classi economiche si accentravano con maggior frequenza nelle città costiere e ciò differenziò la campagna dalla città. Per metà secolo e prima dell’interesse brasiliano verso i territori peruviani, il governo di Ramón Castilla (1864) promosse la colonizzazione della selva da parte degli stranieri (principalmente tedeschi) i quali si mischiarono e incrociarono con le comunità native. Per il censimento del 1876 la popolazione del Perú costituì 2 milioni e 700 mila persone. Furono necessari più di tre secoli per riacquisire una crescita demografica. È l'inizio del secolo XX quello che segna l'esplosione demografica nel Perú. All'inizio del ‘900 la popolazione peruviana arrivava alla cifra di 3,8 milioni di abitanti ed al termine dello stesso secolo, nell'anno 2000, fino a 25,7 milioni. In 100 anni la popolazione si moltiplicò per sette. Le buone notizie sono che negli ultimi 20 anni la popolazione peruviana ha iniziato un deciso calo della velocità di crescita, ha ridotto il tasso di fecondità e in accordo con l'INEI la popolazione peruviana dovrà arrestare la sua crescita tra gli anni 2035‐2040, quando raggiungerà una popolazione che andrà dai 40 ai 45 milioni di abitanti. Attualmente il Perú è il quarto paese più abitato del Sudamerica; il numero di figli per donna è di 2.7, superiore alle medie continentali e mondiali. La crescita demografica però è molto disuguale, perché esistono dipartimenti come Loreto, Amazonas e Huánuco nella selva, Huancavelica, Ayacucho e Apurimac nella sierra, dove il numero di figli per donna è maggiore di 4. Al contrario i dipartimenti con minore tasso di fecondità sono Lima, Arequipa, Moquegua e Tacna con meno di 2.5 figli per coppia, e sono tutti situati nella costa. Uno spazio di difficile interconnessione. A differenza della cultura andina, che stabilì le sue città in base alla geografia del territorio e mediante la creazione di una rete di comunicazione, gli spagnoli ebbero criteri diversi per la fondazione delle città come per esempio l’insediamento nelle zone circostanti alle miniere. La repubblica ereditò la divisione politica della colonia spagnola ed organizzò il territorio nazionale in regioni (prima dipartimenti). In questo periodo lo sviluppo delle vie di comunicazione ha risposto più a criteri economici e congiunturali invece che sociali o ambientali, il che ha portato all'esistenza di popolazioni con difficile accesso. Sebbene il difficile accesso abbia permesso che molte culture mantenessero la loro tradizione fino ad ora e che l’ecosistema in alcuni luoghi sia stato meno modificato, l'isolamento dei popoli ha portato a situazioni negative come la perdita di diritti umani, la devastazione dell’ambiente, l’incremento del narcotraffico, l’aumento delle malattie, la carenza di educazione, etc. Inoltre la legislazione non contempla la realtà ambientale e culturale del paese nel suo complesso. I mezzi di trasporto trovano serie difficoltà per percorrere il territorio nei luoghi dove non vi sono strade asfaltate e l’altitudine e i cambiamenti climatici influiscono sul tempo di arrivo e sull'incremento del costo. I huaycos o valanghe di fango isolano i popoli tra loro, rallentando o impedendo l'accesso immediato di merci importanti come alimenti e medicine. Questo è palese nei casi di emergenze per inondazioni, gelate, malattie, incidenti, feriti o sommovimenti sociali. Migrazioni. Dagli inizi del decennio del ‘40, a causa dell'influenza dei mezzi di comunicazione e della ricerca di migliori opportunità di vita, il flusso migratorio dalla campagna alla città incrementò in modo palese. Ora la popolazione è concentrata maggiormente nella costa (il 53% della popolazione) e specialmente nella capitale, Lima, dove vive il 30%. La riforma agraria degli anni settanta permise che i “Campesinos” si trasformassero in proprietari delle terre che coltivavano, tuttavia in poco tempo questi si impoverirono per la mancanza di capacità ed esperienza nell'organizzazione della produzione e commercializzazione dei prodotti. La sparizione del grande latifondo e di conseguenza di una classe aristocratica modificò le relazioni sociali tra il peruviano proveniente della campagna, specialmente dalla sierra, e gli imprenditori. Fino ad allora era molto difficile accedere ad un'educazione superiore, non solo per le limitazioni economiche ma anche per la discriminazione sociale imperante che costringeva il popolo a lavorare in attività di scarso sviluppo intellettuale. L'educazione universitaria era ben sfruttata in maggioranza dagli abitanti delle città. La possibilità di accedere, nelle città, al ciclo di educazione–impiego‐migliori condizioni di vita, o semplicemente a migliori impieghi, contribuì alla crescita delle migrazioni verso i centri urbani. Successivamente, la violenza politica delle decadi ’80 e ‘90 causò un abbandono della campagna, poiché era il principale scenario degli abusi contro i diritti umani: gli abitanti dei campi assistettero ad assassinii, violazioni, torture, ricatti, minacce, etc. Tra due fuochi (i movimenti sovversivi e le forze armate) la popolazione rurale, indifesa, fuggì verso le città in cerca di protezione, sicurezza e mezzi di sussistenza. Le città come Huancayo, Trujillo, Cusco, Ica, Arequipa stanno sperimentando problemi simili a quelli di Lima, come la crescita a spese delle aree agricole, la tugurizzazione, la violenza e delinquenza, il commercio “informal” (mercato nero), la contaminazione ambientale, la provvista insufficiente di acqua e di energia elettrica, le deficienze nei trasporti pubblici e nella distribuzione e commercializzazione di alimenti ed altri prodotti. Attualmente, nonostante i programmi statali di ricollocazione degli spopolati e l'assenza di violenza, le zone rurali non sfruttano ancora le opportunità che gli abitanti sperano di raggiungere per svilupparsi e così le città della costa, principalmente Lima, continuano ad essere un’attrazione. Negli ultimi anni si è verificato tuttavia un piccolo flusso di emigranti che hanno cominciato a popolare la selva. Questi emigranti lasciano la sierra per cercare nuove terre da seminare, ma vi sono anche persone che cercano di sviluppare attività economiche estrattive in questa regione che attualmente comprende il 13% della popolazione. La relazione città campagna. Il Perú antico fu sostentato da un'economia basata sull’agricoltura come tutti gli stati premoderni. Questa attività fu trascurata durante il colonialismo per avviare il settore minerario e, con la repubblica, il posteriore sviluppo delle città portò ad una ridistribuzione della popolazione; ciò fu il motivo che portò il Perù a essere un paese preminentemente rurale prima del decennio del 50 e ad essere un paese urbanizzato agli inizi del secolo XXI. Nel 2002, un 28,8% della popolazione era rurale ed il 72% urbano. Tuttavia, questa distribuzione è molto differente tra le regioni. Nella costa si hanno indici di urbanizzazione superiori all’80%, solo Lima ha 98%. Nella sierra e nella selva si hanno livelli inferiori al 40% come Cajamarca (28.1 %) e Huancavelica (30.4%). Nonostante i problemi tipici urbani come la violenza, le città continuano ad attrarre gli abitanti della campagna che la stimano come uno spazio ideale per lo sviluppo. Quest’onda di migrazioni si è stabilita principalmente nei dintorni delle città, occupando terreni con la forza e costituendo popolazioni marginali chiamate “popoli giovani”. I più antichi si sono convertiti con il tempo in distretti organizzati con una dinamica economica propria, attraverso aree industriali e sviluppo delle microimprese. Nella campagna, l'impoverimento del settore agropastorale, la carenza di servizi sociali di base, la chiusura di imprese minerarie, hanno generato oltre alle migrazioni, anche altri tipi di problemi come l’“agricoltura migratoria”, a causa della quale ettari interi di bosco amazzonico vengono bruciati per essere trasformati in terreni per la coltivazione e che dopo poco tempo cessano di essere produttivi e sono abbandonati per sfruttare altri boschi. La contrapposizione tra la città e la campagna è improntata ad una netta superiorità della prima. Le denominazioni: provinciale, montanaro, indio, contadino, hanno una forte connotazione negativa relazionata all'ignoranza e alla povertà. Questo fatto non solo accade nelle principali città o capitali, ma anche nei piccoli paesi circoscritti in zone rurali, dove i cittadini si considerano superiori ai contadini. Il 18% della popolazione parla il quechua, e specialmente la parlata rurale, che non ha la pronuncia castigliana (chiamata “mote”) e ciò è percepito come sinonimo di mancanza di educazione. Esiste anche una discriminazione razziale, in alcuni casi più evidente che in altri, verso le peculiarità andine (pelle scura, zigomi pronunciati, naso aquilino, etc.) e sono ritenute migliori le persone di pelle o occhi chiari. Nelle manifestazioni culturali si può notare particolarmente questa relazione urbana‐ rurale. Molti emigranti provenienti dalla sierra ed i loro discendenti stabilitisi da molto tempo nelle città continuano a conservare le danze e le musiche dei loro paesi come il huayno. Si organizzano in club e associazioni e realizzano attività ricreative commemorative alle feste padronali o in occasione di eventi importanti. Altra espressione tipicamente urbana è la musicale chicha, una fusione di ritmi e melodie tropicali della tradizione andina, con l’utilizzo di strumenti musicali contemporanei come la batteria e la chitarra elettrica. É sorta anche la musica “andina” o “latinoamericana” in cui si reinterpreta la musica tradizionale andina con nuovi strumenti dando origine a nuovi stili e sfumature. La prova più evidente della relazione di superiorità della città verso la campagna, si ebbe durante il conflitto politico dei decenni ottanta e novanta. La dimenticanza e l'indifferenza verso la popolazione andina fu una delle principali ragioni per le quali iniziò e si sviluppò la violenza politica. Migliaia di contadini si trovarono tra due fuochi, da una parte i movimenti sovversivi e dall’altra le forze armate, e furono oggetto di abuso, mentre i diritti umani furono totalmente dimenticati. Solo quando la capitale Lima fu teatro di attentati, ci fu una reazione che portò alla cattura dei principali leaders dei movimenti sovversivi. La Commissione della Verità e Riconciliazione nel suo rapporto sottolinea l’indifferenza della popolazione urbana, specialmente della capitale, verso i problemi sociali della popolazione rurale come una delle principali cause della violenza. Urbanizzazione e centralismo. Durante il colonialismo si fondarono diverse città sia nell’interno, col fine di controllare le attività economiche come il settore minerario, sia nella costa per l’invio delle risorse estratte in Spagna ed il mantenimento dei contatti e delle comunicazioni. Perciò il porto di Callao acquistò una grande importanza perché era il luogo da dove si esportavano l'oro e l'argento destinati alla Spagna. Come in altri paesi del mondo, la rivoluzione industriale portò un rallentamento nella crescita dei centri rurali dell’interno mentre le attività agricole più importanti si affermarono nelle valli della costa dove fu possibile un migliore sviluppo che nelle altre regioni naturali (sierra e selva). Negli ultimi 60 anni del secolo XX, la distribuzione urbano‐rurale si invertì radicalmente. Nel 1940 la popolazione rurale era il 65% e l'urbana il 35%; ma nell'anno 2002 la popolazione rurale era solo il 28% e la popolazione urbana raggiunse il 72%. Lima si consolidò come la città più importante del Perú. Nella città non si concentrò solo un gran numero di abitanti, ma anche tutto il potere: vi si trovano infatti il palazzo del governo e tutti i ministeri, il palazzo di giustizia ed il congresso della repubblica, oltre a tutte le ambasciate dei paesi che hanno vincoli con il Perú. Più tardi si crearono i Consigli Transitori di Amministrazione Regionale (CTAR) per dipartimenti con l’intento di avviare un processo di decentramento mediante una regionalizzazione. Attualmente operano i governi regionali con un Presidente della Regione ed un'assemblea di Consiglieri rappresentanti di ogni provincia del dipartimento. La principale sfida che i nuovi governi regionali devono affrontare è il raggiungimento di un’adeguata coordinazione tra le regioni ed il governo centrale per l'amministrazione delle proprie risorse naturali. Conflitti nell’uso dello spazio. Le attività produttive ‐agricoltura, attività mineraria, industria, pesca, turismo‐ utilizzano tecniche specifiche per l’uso dello spazio, hanno differenti impatti negli ecosistemi naturali ed interagiscono con diverse modalità in un territorio determinato. Esiste una grande confusione tra i limiti stabiliti secondo criteri di sviluppo agropastorale, sfruttamento di minerali ed idrocarburi, conservazione di resti archeologici, protezione di aree naturali, abilitazione di terreni urbani, costruzione di opere stradali, sicurezza nazionale, etc. Senza una cornice di riferimento che definisca criteri di ordinamento territoriale, è molto probabile che aumentino i conflitti per l'uso dello spazio e dei mezzi. La superficie disponibile per l'agricoltura è relativamente scarsa nel Perú. Si contano circa 7.6 milioni di ettari di terre atte per l'agricoltura (un 6% del territorio nazionale), dei quali si utilizza solo la terza parte. Spesso, le poche terre disponibili per l’agricoltura competono per lo spazio con altre attività economiche, come l’edilizia, il settore minerario e l'industria. Per esempio, la "semina di cemento" nelle poche terre di coltivazione delle valli costiere, in particolare nella zona metropolitana di Lima, ha rimpiazzato le attività agricole. Paradossalmente, questo fatto ha favorito iniziative per trasformare le zone desertiche vicine alle città in zone di coltivazione, utilizzando e trattando le acque reflue. Sarebbe stato più logico urbanizzare il deserto e preservare le terre agricole. Ugualmente, le aree utlizzate per lo sfruttamento, concentrazione e raffinazione di minerali molte volte si sovrappongono o confinano con aree per l’agricoltura e la pastorizia, che costituiscono il sostegno delle comunità e sono molto importanti per le economie locali. Per evitare che queste attività vengano colpite, bisogna eliminare o ridurre al minimo la contaminazione dei suoli, dell'acqua e dell’aria associata con le attività minerarie. Qualcosa di simile succede con lo sfruttamento degli idrocarburi, l'estrazione forestale indiscriminata, le attività industriali nella selva e la lavorazione di prodotti pescherecci. 2.3.2. Architettura Periodo Preincaico. Nell'antico Perú, che si estese molto più in là delle sue attuali frontiere, esisterono popoli organizzi, stati dominatori e città delle quali l’origine ed antichità non sono ancora noti con esattezza, essendo straordinaria la varietà e ricchezza dei loro resti archeologici. Tra questi resti appaiono dettagli ed aggregati di architetture diverse, sorprendenti e monumentali. Sono sempre grandi composizioni di tempi, tombe, fortezze o palazzi e sempre, nonostante le accentuate differenze dovute alla distanza dei luoghi e del tempo che esistono tra i diversi centri culturali, si trova un denominatore comune di ritmo e di formazione che dà unità a codeste espressioni architettoniche. Il processo delle culture peruviane inizia con Chavin, che ha circa tre mila. Nella costa si trovano case di 9000 anni. Partendo dalle espressioni superiori si ha Chavín. Si possono considerare tre tappe generali nello sviluppo del Perú preincaico: 1) La fase Formativa, la cui durata si stima in più di mille anni, dal secolo X A.C. al IV D.C. approssimativamente. È la tappa in cui fiorisce Chavín e le culture imparentate che si sviluppano nella costa che crearono l’architettura monumentale di Casma e Sechín. Dopo uno sviluppo iniziale, questi centri piramidali cominciano a acquisire caratteri regionali. 2) La fase "classica", comprende le culture Nazca e Mochica: degli ultimi si conoscono tempi monumentali, come il Tempio del Sole e della Luna, in Trujillo ed opere gigantesche di ingegneria idraulica. La fase si estende dal IV D.C. fino alla venuta dell'espansione Tiahuanaco ‐Huari, nel secolo IX D.C. 3) La fase "Post‐classica", che include anche l'epoca inca, si relaziona con le culture Tiahuanaco‐Huari e Chimú‐Chincha. Dopo questa epoca si hanno città pianificate di grande estensione, come Chanchán (Trujillo) e costruzioni militari e religiose come Tambo Colorato, in Huancayelíca, e la Centinela, in Chincha. Periodo Incaico. L'architettura incaica fu l'espressione più eloquente dell'unità e della grandezza dell'impero che fu innanzi tutto teocratico. L'inca era una divinità onnipotente, dispotico e paterno insieme; l’ubbidienza assoluta e il benessere generale furono la base della sua perfetta ed ammirevole organizzazione sociale. Il potere ufficiale e centrale, situato a Cuzco, ebbe straordinaria forza di penetrazione e di organizzazione, che si rifletté in un’architettura di grandezza uniforme, accademica, abbondante e di perfezione tecnica assoluta. Il sigillo imperiale venne stampato nei monumenti più lontani da Cuzco. La pietra lavorata in blocchi ammirevolmente incisi e lucidi fu il carattere di questa architettura che sintetizzò e uguagliò in una fredda e austera geometria le forme svariate e libere di tutta l'architettura preincaica. Gli Inca migliorarono le tecniche arrivando all’unità e alla nobiltà di stile, ma persero indipendenza e freschezza. Le policromie del fango e i muri di cinta di pietra lavorata furono rimpiazzate da spoglie pietre mentre l'ornamento fu sostituito da metalli preziosi o stoffe pendenti. Con una legislazione semplice e determinata da un immenso potere materiale e divino, l'ordine si fece astratto, naturale e disciplinato, lento e rigoroso. Si uniformarono le forme, creando urbanismo nei villaggi come conseguenza delle leggi e delle regole e si realizzarono operate gigantesche. Nella valle di Cuzco, precedentemente all'impero, vivevano piccoli e pacifici raggruppamenti di agricoltori di razza quechua, tribù composte da uno stesso lignaggio che provenivano sicuramente della regione del Tiahuanaco; essi, poco a poco, furono campeggiati dagli Inca. Gli inca conquistarono la valle, una delle più ricche del Perú per la sua fertilità, e stabilirono lì il centro della loro straordinaria civiltà e del loro grande impero. La città si estese in due livelli: il quartiere alto, dove probabilmente abitavano i nativi del luogo, ed il quartiere basso, occupato dai conquistatori. Si pensa che i differenti raggruppamenti Indios si formarono situandosi ed orientandosi secondo la posizione geografica delle province natali, perciò Cuzco rappresentava in miniatura tutto l'impero. Cinque piazze costituivano gli spazi aperti; la piazza maggiore era il luogo destinato alle cerimonie civiche, religiose e militari. Tra vie lunghe e strette, ponti, scale e rampe, piazze e muraglie, si aggruppavano i tempi e palazzi della città, i suoi conventi ed oratori, caserme, officine e case, in un ordine statico e profondo. Il pro‐
fondo urbanismo fu una fusione tra le possibilità geometriche di simmetria e uniformità e l’accidentata topografia, così come la geografia politica di tutto l'impero. Nel corso del 400 anni durante i quali Cuzco fu capitale dell'impero, si arricchì notevolemente e si estese fino ad arrivare ad avere una popolazione totale di 200 mila abitanti. Escuse le costruzioni umili delle piccole case, le cui pareti erano di adobe, quasi tutta la città era edificata in pietra ammirevolmente lavorata e lucida. Cuzco, a 3355 metri di altezza, a 813 chilometri del mare, era il centro strategico e preciso per dominare tutto l'impero. Da lì irradiano i grandi ed ammirevoli cammini che come a rete raggiungevano tutti i domini dell'Impero. Genio organizzatore, disciplina ed ordine silenzioso, valore e pazienza illimitata, furono le caratteristiche spirituali del popolo che visse quattro secoli durante i quali si sviluppò l'impero in quattro grandi epoche: l’Inizio, l’Espansione, l’Apogeo e la Decadenza. Le opere architettoniche si moltiplicarono fuori da Cuzco e si eressero imponenti tempi e grandi palazzi nelle regioni più distanti. A Cuzco, escluso il suo aspetto generale, si trovano le rovine della fortezza di Sacsahuaman, il tempio del sole o Coricancha, la casa dei Vírgenes del sole o Ajllahuasi ed i palazzi degli inca Huayna Capac e Tupac Inca Yupanqui. Fine dell'architettura Incaica. L'impero era diviso ed in piena guerra civile quando nel 1532 iniziò la conquista del Perú da parte degli spagnoli. I fratelli Huáscar e Atahualpa, figli dell'inca Huayna Capac, si disputavano il dominio dell'impero in battaglie sanguinose che ruppero l'unità fisica e spirituale del paese e lo portarono alla dissoluzione e decadenza. Gli spagnoli apparirono nel momento propizio per approfittare di questo stato di cose e dare fine, con violenza e sorpresa, al leggendario impero che durò quattro secoli. Esclusa questa coincidenza ciò che facilitò il dominio dei conquistatori fu il loro slancio ed eroismo, il loro attacco con armi da fuoco e con cavalli, completamente sconosciuti per gli indi; tutto ciò permise loro di conquistare l’impero degli inca in un anno fino ad arrivare a Cuzco, la capitale, per poi impadronirsi si di tutti i loro domini. Se si paragona l'architettura incaica all’architettura spagnola di questa epoca si riscontra che non c'è termine di comparazione possibile; sono espressioni di uomini che abitavano in pianeti diferenti, in cui la vita e la morte non solo avevano un senso diverso, ma contrario. Non si possono concepire espressioni di cultura più estranee l’una dall’altra. Non si trattò dello sviluppo di uno stesso tipo di civilizzazione, come succede con le culture occidentali più distanti tra loro, di origine più o meno comune, come si può osservare nello studio di tutta l'architettura europea, dall’epoca egea fino a Le Corbusier. Qui la discontinuità è completa: si passa di colpo dalla totale staticità incaica alla totale dinamicità spagnola, cioè dal riposo e quiete estrema di una formazione profonda, caratteristica e dominante, all'esaltazione e movimento di altra forma completamente differente e di intensità massima. Il primo servì da base, ricevette lo scontro violento del secondo, che si gli sovrappose, la penetrò e trasformò in mille forme piene di originalità, di ricchezza e di incanto. La stessa opposizione di queste due architetture difinisce e stabilisce il dramma di questo incontro come in Cuzco, la voluttà del meticcio come in Arequipa e la grazia del criollismo come in Lima. Le due architetture erano totalmente differenti come lo erano anche gli stili di vita dei due popoli: gli uomini spagnoli davano la vita per la brama e l’orgoglio mentre gli indios peruviani erano ordinati e pensierosi. I primi avevano la forza che dà l'individualismo, l'amore per la vita e le sue ricchezze e l'ansia di dominio. Gli altri vivevano in un collettivismo perfetto, armonioso e unico, in cui nessuno era povero né ricco, la brama non esisteva perché la proprietà era sconosciuta, la libertà era solo dell'inca, la vita era dedicata al sole ed alla terra e l'avventura era inconcepibile. Era un'immensa forza materiale e culturale condannato ad essere sottomessa, ma tanto profonda come la stessa natura le cui leggi continuano il loro ritmo invariabile nonostante tutte le sue trasfigurazioni. Per gli spagnoli gli indi erano esseri selvaggi che dovevano essere sottomessi al re e convertiti al cristianesimo. Con codesto proposito distrussero città, devastarono. Gli indi credevano che questi fossero forze distruttrici della natura alle quali non si poteva resistere. Così si spiega, come una città dell'importanza e solidità come Cuzco fu facilmente distrutta sulle cui basi incaiche, furono innalzati rapidamente templi e palazzi. Monumenti spagnoli, ma che cantano la musica taciturna ed immensa delle pietre incaiche che ancora sembrano vivere. I successivi tumulti degli indigeni nel corso della stabilizzazione della colonia non ebbero influenza nell'evoluzione lenta e sicura dell'architettura virreinale. Architettura Coloniale. Le influenze generali e comuni dell’architettura coloniale furono in primo luogo le epoche architettoniche spagnole che arrivarono in Perù con l’invasione spagnola e secondariamente i materiali base utilizzati per le costruzioni; per il resto, ogni regione e ogni città ha dei particolari differenti; dipende, soprattutto, dai fattori culturali preispanici di ogni luogo, la posizione, il clima le influenze storiche, sociali e religiose. Le epoche principali dell’architettura in Spagna, in relazione con l’architettura coloniale in Perù sono le seguenti: 1 Rinascimentale: il Plateresco, con le sue reminescenze Gotiche, Arabe e Classiche, comprende il periodo della conquista (1532‐1543) e i primi anni del Virreinato. 2 Barocca: dall’inizio del secolo XVII alla fine del XVIII, nella quale si avverte l’influenze Rococcò, e successivamente quella Neoclassica. 3 Neoclassica : primo quarto del secolo XIX. Per quanto riguarda i materiali che si impiegavano nell’architettura coloniale, essi rimangono in generale gli stessi che, secondo la regione, si impiegavano nell’epoca preispanica. Pietra nella sierra e adobe nella costa. Questi materiali vennero utilizzati in grandi proporzioni rispetto ad altri e accostati a nuovi procedimenti e tecniche per la costruzione. Cuzco. La città dove l’architettura Spagnola ebbe espressione più diretta, intensa e dominatrice fu Cuzco. Simbolizzò la vittoria dei conquistatori anche nel cuore dell’Impero Incaico. La città ispanica venne costruita interamente sulla città india, sopra ogni via, su ogni muro, perciò la parte bassa delle costruzioni è generalmente Incaica mentre la parte alta è Spagnola. La città di Cuzco è formata da un solo corpo unico, diviso in due ritmi che si scontrano o si mescolano con dignità e silenzio. L’influenza dell’Arte Spagnola nei primi anni della conquista fu l’Arte Rinascimentale, florida nel sud della penisola, da cui partivano i galeoni per il nuovo mondo; era diffusa un’arte che era un misto di plateresco, arabico e classicismo. Miscela sconcertante, prodotto imprevisto, se si aggiunge l’incaico. Apparsero tra i trapezi e i pendii di granito gioielli plateresco e di ferro; i patii incaici si trasformarono in andalusi, gli ingressi indigeni e le cancellate venivano adornate con il legno, le ariose finestre, bifore e le sporgenti grondaie del tetto e le arcate chiare con fini colle e larghi capitelli allacciarono le loro forme e il loro ritmo moresco alla città incaica. All’inizio del XVII secolo stavano già a Cuzco maestri costruttori di talento, artigiani, carpentieri, tagliatori abili che ricordavano i modelli spagnoli e ripetevano la ruotine del loro lavoro e le forme familiari. Si istruivano grazie alle pubblicazioni di architettura classica che arrivavano in America e insegnavano alle officine indie, artifici e opere già millenarie con nuovo ordine e nuovi modi di costruire. Al principio, alcune opere, in particolare i portoni e gli ingressi dei palazzi dei conquistatori, risentirono di un certo “barbarismo”; successivamente, si depurò l’architettura nei templi, divenne più sapiente ma meno fresca, più ferma e più cuzqueña nel sentimento spagnolo della sua intensa espressione architettonica. Tra la fine del XVII secolo e il principio del XVIII i maestri e artigiani meticci e gli indios fanno si che l’arte diventi più indigena, meno monumentale e più allegra. e come una abbondante fioritura americana che germoglia e rinfresca i stanchi ordini rinascimentali e le forme barocche. Prima dell’apice dell’architettura coloniale a Cuzco, che inizia dopo il terremoto del 1650, e che comprende tutta l’ultima metà del secolo XVII, è indispensabile analizzare le caratteristiche fondamentali dei più staccati esempi di architettura dalla fine del secolo XVI fino alla tragica data della rovina della città. La maggior parte dei templi e conventi furono da ricostruire, si salvarono la Catedral, Santa Clara, parte di Santo Domingo. L’epoca rinascimentale propriamente detta termina i suoi ultimi esempi in quest’ultima data, dopo la quale domina un lussuoso e solido barocco Puno. In questo dipartimento del sud del Perù appaiono, in piccoli paesini isolati, sinceri monumenti di architettura coloniale religiosa. Tutti questi paesi formano una unità: sono come una catena aperta il cui centro è la città stessa di Puno con al nord Vilque, Juliaca, Lampa, Santiago de Pupuja, Asillo, Ayaviri; e al sud, tra le sponde del lago Titicaca, Chucuito, Acora, Julì, Pomata, Zepita. I templi alcuni dei quali magnifici, come fantasmi di pietra al centro dell’altipiano silenzioso. La costruzione di queste numerose chiese si dovete alla necessità di catechizzare la densa popolazione indigena che abitava la regione del lago, e alla pietà dei ricchi minatori che sfruttavano tutta questa regione ricca di minerali. Quasi tutti i templi furono inziati a metà del secolo XVII. Come l’ambiente e la mano delle opere erano genuinamente indigene, questi templi barocchi sono come avvolti da una densa atmosfera tellurica che li converte in edifici unici. La composizione della navata, la disposizione degli elementi architettonici e i dettagli scultorei degli ornamenti, dove si vedono pappagalli, scimmie e papaie della selva amazzonica mescolati con stilizzazioni di conchiglie, sirene, acanto e uva mediterranea. I corpi lisci e sobri dei muri e delle torri sembrano quelli di Cuzco, e le cornici basamentali,che adornano i piedi dei templi, sono come irradiazioni della luminosa Arequipa. Arequipa. Se l'architettura di Cuzco fu dominante e forte, di conquista, e quella di Lima ampollosa, colorata e blanda, architettura cortigiana, espressione politica del virreinato, l'architettura “arequipeña” fu il matrimonio tra il conquistatore ed il conquistato, fusione vera, architettura coloniale perfetta, forse la più completa delle architetture meticce americane. Arequipa, a 2300 metri sul livello del mare, situata esattamente tra il litorale e l'altipiano, a metà tra costa e selva, è un luogo privilegiato, ai piedi del Misti, monte bello e coperto di neve, circondata da una fresca e ricca campagna, fu fondata due volte: da uno dei primi inca con il nome di Are‐que‐pay, che vuole dire "star bene, rimanere" perché alcuni indi che accompagnavano al monarca vollero restare in questo luogo tanto bello, e, poi, dagli spagnoli nel 1540, che trovarono eccellente questo luogo soprattutto per la salute. Fu popolata dagli indiani laboriosi e dagli spagnoli avventurieri che, poco a poco, formarono una famiglia forte., unita e piena di vita, dove l'allegria malinconica e panteista dell'indigeno si mescolò con il gagliardo e robusto gesto castigliano: dove la pazienza e la passione erano unite. Terra con equilibrio geografico ed etnico, un equilibrio di estremi che si compenetravano con felicità rendendola solida, bella e feconda. L’architettura di Arequipa espresse eloquentemente questo equilibrio e questa fusione, li espresse in accordo con la natura del suolo, ciò formò un sistema strutturale la cui originalità e purezza lediedero un’importanza massima tra le architetture del nuovo mondo. La città fu dissestata varie volte dai terremoti e si ricostruì interamente dopo il 1687. A partire dalla fine del secolo XVII e durante il XVIII la città progredí con prontitudine. Arequipa era il passo d'obbligo del ricco minatore che penetrava nella selva del Perú e Bolivia e tornava alla costa; in Arequipa si installavano e facevano costruire amplie case e eleganti tempi. La città, formata praticamente in cento anni, acquistò un'assoluta genere ed unità di stile che contribuí molto al suo incanto. I fattori che formarono la sua architettura, esclusa la geografia, e l'influenza etnica, furono la luce risplendente del cielo, il freddo e secchezza della sua atmosfera, la pioggia, la scarsità di legno, l'abbondanza della mareravilgliosa pietra da costruzione, il concio, la morbidezza della pietra, il giustificato timore dei terremoti, la mancanza di tegole e forse qualche contributo orientale. Questi fattori fecero cristallizzare l’architettura in una vera formula strutturale di genuina espressione americana. Osservando il muro di qualsiasi casa di Arequipa dove appare una finestra tipica si può comprendere tutta la sua formula; la casa è generalmente di un piano ed il muro di facciata è alto, liscio, di pietra lavorata, coronato da forti divisioni e da doccioni sporgenti con teste di puma stilizzati. Il vano della finestra, piccolo, molto basso in relazione all'altezza del muro, tanto in basso che si potrebbe pensare alla possibilità di un secondo piano, è formato da due larghi stipiti sporgenti ed una serie di alti architravi sovrapposti, l'ultimo dei quali è una fascia profondamente ornata con grandi ricami di carattere indigeno. Tutta la finestra così composta ha un ritmo verticale, dando al muro regalità, ornato da drappeggi bianchi, lunghi e massicci. Tutta questa originalissima composizione esterna, che potrebbe sembrare un capriccio o ubbidire solo ad un senso ornamentale, non è che l'espressione assoluta della costruzione stessa della casa. Se si penetra nel suo interno, si osserva che il muro di facciata, uno dei muri laterali, supporta una larga volta di canne che copre la sala dove sta la finestra. A metà della volta inizia la libera altezza, e più le spinte sono forti e continue, il vano della finestra deve essere piccolo, collocando il primo architrave ad un livello inferiore. Gli sforzi della volta hanno bisogno di essere bene contrastati, il muro di facciata si alza come un solido contrappeso verticale. La notevole sproporzione tra l'altezza del vano della finestra e quella del muro viene così spiegato. Nella parte alta c'è bisogno di riempire lo spazio tra il muro e la superficie superiore della volta; lo spazio è il quello indicato dalla parte che corona la parete di facciata. Infine, le acque piovane seguono le pendenze laterali della volta e si canalizzano verso il paramento interiore di questa parete; all'altezza della canalizzazione appare il gargoille per evacuare l’acqua verso la via. Per quanto riguarda la sovrapposizione degli architravi nelle finestre, questi hanno un senso plastico perfettamente espressivo e ritmico in relazione con le differenti fasi costruttive, dallo stacco della volta fino alla struttura il superiore del vano. Il sistema architettonico è perfetto e conseguenza, da una parte, dell'abbondanza di una pietra vulcanica leggera, ammirevole per la costruzione, chiamata "sillar" e, per altro, della scarsità di legno. La struttura dove essere interamente di pietra. Il grande spessore dei muri non solo è dovuto al sillar poroso, meno solido e, di conseguenza, più voluminoso, ma anche agli stacchi delle volte, una garanzia contro i tremori ed un isolante indispensabile contro il freddo. Il carattere massiccio dell'architettura di Arequipa è uno dei suoi lussi naturali; la pietra "sillar" di grana fine si impiega nelle finestre e portali. I vani delle finestre sono piccoli e profondi a causa delle esigenze costruttive; ma la luce di Arequipa è tanto brillante, tanto intensa, che se le finestre non fossero ridotte, costituirebbero un errore architettonico. Si deve aggiungere inoltre, che il clima è freddo e molto secco; così, nella casa arequipeña tutto è verità, equilibrio e bellezza. I portali residenziali sono straordinari; la composizione del vano rettangolare di entrata è trattato in forma simile alle finestre. Ha lo stesso spirito architettonico, ma qui, una volta intelaiata la porta con un largo intelaiamento, si corona in genere con un bell frontone circolare a forma di pettinino, che sporge superficialmente dalla linea superiore del muro della facciata. Lima. Così come l'architettura coloniale di Cuzco fu il sigillo della conquista, forte e ferma, l’architettura di Lima fu cortigiana, facile e lussuosa. Lima fu fondata con il nome di Città dei Re nel 1535, un anno dopo che Francisco Pizarro prese possesso della "molto nobile e grande città di Cuzco". Il luogo scelto per la futura capitale del Virreinato fu descritto nel termini seguenti: "quasi si tocca con le valli di Lurín e Chillon, comunica facilmente con il sud fino a Nazca e con il nord fino a Santa, va a perderesi fino alle alture ricche di pascoli e minerali, facilita per la sua posizione centrale il movimento dell'amministrazione pubblica, ha potenzialità per il commercio universale grazie alla vicina baia del Callao, e possiede l'inestimabile privilegi della costa peruviana. Il cielo senza uragani, né piogge, né fulmini; la dolcezza di una primavera inalterabile; il mite oceano che sovrabbonda di pesci di sapore delicato; un fiume in cui i gamberetti sono una manna gradevole; la campagna è fertilizzata dall’acqua e ogni ora si aprono bei fiori e maturano squisiti frutti". Se a tutti questi piaceri per la vita e grandi vantaggi per il promettente centro politico e amministrativo della colonia si unisce che il materiale da costruzione fu l'adobe ed il quincha, materiali duttile, di nessun rigore costruttivo e che, poco dopo, arrivò un buono numero di belle more per popolare la città, si comprende senza difficoltà perché l'architettura coloniale di Lima fu, dal principio, gracile, delicata ed ampollosa. Fu una delle architetture più caratteristiche in America perché i fattori furono eccezionali: le vie, tracciate intorno alla piazza maggiore, acquisirono una fisionomia speciale dal primo momento; con le influenze estetiche dei secoli XVI, XVII e XVIII variò molto la forma ed il dettaglio decorativo delle prime case, ma il fondo della sua composizione e pianta rimase inalterabile fino ai principi del secolo XIX. La città con i suoi primi settanta abitanti e trenta case crebbe poco a poco, nella Plaza Mayor sorse la bella Cattedrale, il Palacio del Virrey ed il Cabildo, poi le innumerevoli chiese, i sontuosi conventi, le case dei conquistatori nobili venuti dalla Spagna e dei ricchi marinai. Alla fine del secolo XVI la colonia era politicamente consolidata ed il commercio si occupava dell’abbondante e lento traffico di oro, argento e prodotti naturali che si esportavano in Spagnaa e delle più svariate e lussuose merci che si importavano dall’Europa, dal Centro América e dall’Asia. Praticamente si importava quasi tutto il materiale per la costruzione di templi, conventi e palazzi: legni della Costa Rica, pietra di Panama, ferro, piastrelle e broccati dalla Spagna. La terra dei mattoni, la canna dei quinchas e la mano d’opera, cioè il corpo di base delle costruzioni, era quello del suolo e quello che mantenne il suo ritmo tellurico. Lima, alla fine del secolo XVI, era la capitale del vicereame del Perú, la città più importante e bella del Pacifico. Alla fine del secolo XVII, la Ciudad de los Reyes (la città dei re) arrivò al suo apogeo: si calcolò una popolazione di 40000 persone, si contavano 6000 calessi, le strade si pavimentavano con lamine d’argento affinché passassero le processioni, un dieci per cento della popolazione era composta da frati dotti e soddisfatti, la nobiltà rivaleggiò in splendore ed una sapiente e naturale convivenza uní organicamente e cordialmente creoli e mulatti. Il signore, l'artigiano, l'inserviente e lo schiavo formavano una densa, soave e pittoresca armonia sociale. La vita era facile e lenta e l'architettura espresse queste vita, società, ricchezza e geggerezza, con tutta sincerità ed eloquenza. Ci fu il periodo degli edifici più lussuosi. È curioso osservare che i tempi e le case particolari costituiscono la ricchezza architettonica della Lima coloniale: gli edifici ufficiali, il palazzo del governatore, il Cabildo, furono costruzioni povere, in antitesi assoluta con l'importanza dei domini e classe della capitale. Questo è facilemente spiegabile; i primil attecchirono profondi nella terra feconda del Perú perché fu l'espressione della fede cattolica e dello spirito delle famiglie di spagnoli e creoli che amarono con orgoglio e fecero propria questa terra generosa. Gli altri, l'ufficiale, miscela di lontane autorità e di cupidigia immediata, lasciarono molto poco in architettura. Il secolo XVIII fu di decadenza nella seconda metà. Si fecero cose molto belle in architettura con influenze austriache e francesi, le forme decorative acquistarono un'originalità straordinaria diventando più fini e più di Lima, passarono dal rococò al neoclassicismo di Luis XVI con ampollosità e grazia, ma la fortuna diminuì e l’inquietudine aumentò fino ad arrivare il periodo dell'Independenza, quando l'architettura principiò e soffrire il silenzio del romanticismo. Non si deve dimenticare che a Lima, come a Cuzco, Arequipa e in quasi tutte le città del Perú, i terremoti sono stato causa di molte trasformazioni e rinnovamenti architettonici. I terremoti del 1687 e, soprattutto, del 1746, per citare due dei più terrificanti, obbli‐
garono a lenti e complete ricostruzioni di templi, conventi e case. Ma queste ferite fatte alla città si cicatrizzarono molto senza che perdesse niente delle sue forme fondamentali né delle caratteristiche principali di ogni epoca. Solo apparirono alcune innovazioni costruttive per quanto riguarda la sicurezza, nuovi sistemi di sostegni, di ormeggi e di tetti, la mancanza di qualche torre o la presenza di qualche nuovo corpo di facciata. Caratteri generali dell'architettura Repubblicana. Ci riferiamo soprattutto a Lima dove l'evoluzione della colonia fu modello per città come Trujillo, Arequia, Cuzco, etc. Senza perdere i suoi aspetti locali di plasticità, ritmo e proporzione, l'architettura di provincia del secolo XIX presenta motivi simili al neonclassicismo affermato nella capitale. La cassa coloniale, da un blocco plastico, pastoso, modellato, colorato, con ampolloso portale barocco regnante tra intagli e fitti balconi e finestre con ringhiere in ferro voluminose e con grosse sbarre, si trasforma e converte nella casa repubblicana, neon‐
classica, pulita e snella. Il pararmento di facciata si divide in parti lisce e terse, il portale appare discreto, retto o in arco acuto, le finestre hanno fini sbarre rotonde, i balconi ritornano invetriati, che alle volte comprendono tutto il secondo piano come un grande mobile lungo e ritmato da eleganti e minuti pilastrini. La compattezza dell'architettura coloniale diede posto al disegno preciso e contorni nitidi di muri ed elementi; cornici, fregi, capitelli, basamenti e modanature, sono di grande delicatezza nei profili, correttezza nell'ornato e giustezza nelle proporzioni. Nell'interno, la differenza è ugualmente notevole, c'è maggiore rigore e snellezza dello spazio. I grandi patii coloniali, con i loro magri capitelli e colonne e lussuose mensole, acquistano una diafana nobiltà, che sorge della perfetta applicazione degli ordini classici dell'architettura. Questa è la transizione, nelle linee generali, che si osserva dal principio a metà del secolo XIX. La Lima tradizionale molto forte nel suo ordine e ritmo è in grande parte repubblicana. La sua architettura è andata costruendosi, in varie unità ed ambienti, su pianificazioni e fondazioni coloniali. Ma vediamo i principali di aspetti stilistici di questa prima tappa evolutiva. In Francia si arrivò allo stile impero in forma continua fino al suo rapido coronamento ed autorità assoluta. Dal rococò Luis XV si passò in pochi anni al neo‐classicismo Luis XVI, di sapiente poesia e finezza ellenica e di questo classicismo, allo stile della rivoluzione, tra gli anni 1795 e 1802. Le formate tornano fredde, piane, lineari, austere e molto cittadine. Non si cessò di avere eleganza anche con Napoleone I e dal sobrio repubblicano della Roma patrizia, si passò, grazie a Bonaparte, alla Roma imperiale. Se bene il regno del grande Corso durò di 1804 a 1815 l'influenza del suo stile si prolungò lunghi anni in opere e trattati. I famosi architetti di Napoleone Mercier, Fontaine, Chalgrin, seguirono creando "impero", prolungando per molto tempo. Fon‐
taine muore disegnando, con la stessa finezza di stile, nell'anno 1853. A Lima, si seguì questa evoluzione: senza maggiori nozioni architettoniche, incollati solidamente alla tradizione coloniale e, allo stesso tempo, desiderosi di libertà e sovranità democratica, mescolavano le vecchie forme virreinali con il nuovo neo‐classico che arrivava dalla Francia attraverso una Spagna zelante ma borbonica. Fué il momento del Presbitero Mathías Maestro di accuratezza e furore di bramantino. Successivamente entrando nelle liriche e turbolenti epoche dell'emancipazione, ricevettero modelli neo‐classici dalla Francia, dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti, ma con tinte rivoluzionarie. Si osservano alcuni segnali sovversivi su basi virreinali di transizione come per esempio nella magnifica casa di Oquendo, del 1805, con stile Luis XVI Limegno, con le sue incoronazioni di finestre triangolari, lineari, con sfondi lisci. Ugualmente, nella preziosa casa di Negreiros, appare lo stesso motivo più rigoroso e secco. L'ordine architettonico vicereale persiste nella repubblica ma va acquistando poco a poco altro spirito. Continua ripetendo, con pulita sobrietà, l'arco ribassato del secolo XVIII, sia nei balconi che nei portali. Appaiono allo stesso tempo i balconcini aperti con istoriati corrimani di ferro fuso ed un piccolo tetto di protezione sostenuto da fini colonne metalliche d’angolo, le finestre con ringhiere si schiacciano e si allungano, le facciate sfoggiano le cornici di coronamento in cima ai balconi e, con frequenza, il muro del pianterreno presenta il bugnato orizzontale alla francese. I balconi abbandonano gli archetti ribassati, molti tornano in minuti vani rettangolari, molto sobri, senza abbellimento,, apparendo spesso in lunghe gallerie. Questo senso si va accentuando dagli anni 1840, il balcone è continuo, percorre tutta la pianta, la sua cornice serve allo stesso tempo come fine e coronazione della facciata occupando tutta l'altezza del secondo piano. Questa architettura, di disegno molto delicato, acquista un'estensione accurata ed eleganza piena di incanto e di carattere puramente di Lima. L’architettura repubblicana resta risoluta. In genere il balcone è una galleria invetriata composta di ritmiche, anguste e slanciate arcate separate da magri pilastrini classici e coronati da trabeazioni del più fine disegno. Da metà alla fine del secolo XIX. Tra l'epoca di Castilla (1855‐1863) e la guerra con il Cile abbiamo il periodo di maggior eclettismo architettonico in Europa. Passato il romanticismo, che fu innanzi tutto una nostalgia del medioevo, arrivò in Perú, soprattutto a Lima e sempre in ritardo, la più svariata miscela di stili che alterarono sensibilemente la struttura distributiva e la chiarezza plastica repubblicana. Le facciate divennero sontuose, acquistarono maggiore altezza, generalmente di due piani, furono adornate con motivi fioriti e scultorei, con ritmi ampi, e con il più curato artigianato di falegnami e artigiani che utilizzavano gesso. Gli interni spaziosi dei saloni e dei cortili trattati con capriccio, generalmente con scale decorative, danno un'impressione di fantasia ed anche, in alcuni casi "surrealista" ma mantengono sempre disciplina accade‐
mica. La guerra francoprusiana (1870) fece diminuire l'influenza francese in questi anni e lasciarono la loro impronta estrosa soprattutto i maestri italiani. Restano ancora a Lima notevoli esempi di questa interessante epoca di ricerche e di novità costruttive, come si può vedere nel Palazzo dell'Esposizione (1869) di prezioso stile rinascimentale veneziano con ampi saloni e nuovi spazi dovuti a snelli sostegni di ferro fuso, uno dei primi in America; l'Ospedale 2 di Maggio finito nel 1875, modello radiale avanzato per la sua epoca, di purezza ed eleganza palladiana; l'antico Penitenziario (ora demolito), ugualmente radiale, disposizione carceraria fiammante, che fece ricordare i severi palazzi fiorentini del 400 con un magnifico bugnato di blocchi di granito; residenze uniche come quella della famiglia Asín in san Agustín o quella che fu dimora del Maresciallo di Castilla all'angolo del Jiron de la Union e dell’Avenida de la Emancipacion. Queste prime svariate influenze che furono abbastanza serie, durarono poco; la guerra con il Cile fu la pausa tragica che si prolungò nella vita architettonica fino agli ultimi anni del secolo XIX. Con Piérola assistiamo ad una entusiastica rinascita costruttiva. Comparì l'urbanismo; lo stile francese, il "petit hotel", tanto in voga allora a Parigi; fu il modello preferito. L'antico Senato (1896) restò un esempio di dignità classicista: il corpo architettonico, un poco orfano delle sue radici naturali e malconcio per tante esperienze, ricevette la nuova e concentrata iniezione di questa moda. La disciplina accademica riacquistò importanza. Si proiettò l'unità e l’armonia di un aggregato della Plaza dos de Mayo, in tutto un viale, creando così il primo "boulevard" di Lima: La Colmena. Dall’inizio alla metà del secolo XX. Nel 1900 ci fu il momento della " belle epoque", che dava un senso triste, mellifluo e liberale alla vita; niente di più proprio per il flessibile tessuto di canna ricoperto di fango, tipico del Perù, ed il gesso malleabile già molto utilizzato: materiali poveri dalle eterne e belle forme naturali ben plasmate dalla mano indigena, dall’artigiano spagnolo e dal creolo degli anni repubblicani. In Europa la crisi estetica arrivò all’apice: l'architettura classica era di una solennità scandalosa e l’"Art Nouveau" fu la reazione eroica e finale. La docilità dell'architettura di Lima ebbe successo: il fango ed il gesso ebbero, per esempio, una grande ed eloquente opportunità nella casa Courret (1906). Nei primi anni del 1900, un architetto francese, Emile Robert, lasciò la Cripta de los Heroes (1908) e l'italiano Giulio Lattini, il Teatro Segura (1910), opere corrette come quelle del 70. Erano nobili rappresentazioni di architettura, anche se quello che sarebbe dovuto essere di pietra per significato, forma e ornamento, non poté esserlo perché in Perù si usava il mattone. Furono buoni esempi e l’innocente e debole organismo architettonico continuò nutrendosi di tutta classe di alimenti estranei fin allora e acquistando le forme più curiose ed artificiali. L'architettura non era vista come tecnica e conseguenza strutturale perché la costruzione era molto facile e veloce grazie ai materiali impiegati e al clima benevole. La gente agiata e colta faceva costruire le proprietà e i villini ispirandosi alle illustrazioni e cartoline che venivano dall’estero e i sapienti e raffinati capricci imposti dai proprietari che dirigevano i cantieri delle proprie case determinarono il tono generale dell’architettura. Così, con i suoi alti ed i suoi bassi, si visse l’architettura come atto romantico. Così si arrivò alla prima guerra europea e alla grande epoca costruttiva di Lima iniziata nel 1920. Lima acquistò il suo primo impulso di grande città con l'apertura dell’Avenida Leguía; si stabilì la strada della capitale moderna e futura. Le tenui e diverse assimilazioni del passato, in profonda contraddizione con la realtà tradizionale latente; il disaccordo con il rapido progresso materiale, con i dominanti problemi artistici e tecnici che si presentavano nella costruzione di edifici importanti; la simulazione di ciò che si vedeva nelle riviste e nel cinema; la mancanza di architetti, crearono uno stato caotico di case, casette e villini dei più insospettati aspetti. L'esposizione di arte decorativa di Parigi del 1925 fu responsabile di molte fantasie moderniste. In questi anni ed a partire dal 1932 si inaugurò la Sezione Speciale di Architettura della Scuola Nazionale di Ingegneria e, poco dopo, si fondò la Società di Architetti del Perú. Era di tutta urgenza che le radici architettoniche, affinché non morissero definitivamente, si incrociassero con prodotti tradizionali, sebbene fossero arcaici. La tradizione reagì contro questa influenza e resisteva anche all’architettura moderna trionfante. I primi prodotti di espressione "ereditaria" coloniale li impose anni prima l'architetto Rafael Marquina. Marquina all'arrivo si interessò di ciò che si era dimentica‐
to da trecento anni di autentica architettura. Il barocco spagnolo, ammirevolmente adattato al mezzo, cioè, all’innocenza dell'adobe, al clima, alla visione plastica e di fondo, passò per molto come inesistente. D'altra parte, subito dopo la prima guerra europea, l'architetto Ricardo Malachowsky portò la formazione e il tono della Scuola delle Belle Arti di Parigi, determinando la disciplina. La personalità di Claudio Sahut fu pochi anni dopo di molta importanza. Sahut diede una nota essenzialmente pittoresca in numerose costruzioni piene di colorito locale e di forma molto personale. Per gli anni 1925 Marquina progettò l'albergo Bolívar e, in collaborazione con Piqueras Cotolí, la Plaza San Martin in stile neo‐coloniale; poco dopo, Malachowsky, disegnò il Palacio Arzobispal e Sahut l’ala sinistra del Palacio de Gobierno. Successivamente, dal 1935 al 1945, architetti come Rafael Marquina, Manuel Piqueras Cotolí, Augusto Benavides, José Alvarez Calderon, Emilio Harth‐Terré ed altri, realizzarono il tipo di residenza di espressione coloniale con elementi costieri o andini e modalità di distribuzione e comfort moderni. La Plaza de Armas fu rimodellata nel 1945 dagli architetti Emilio Harth‐Terré e José Alvarez Calderón. Fino al ‘35 questo movimento fu parallelo e spinto dalla scuola "indigenista" di José Sabogal. La risposta fu che l’arte tradizionale, coloniale ed indigena, si convertí in una corrente ricca. Architetti giovani e preparati contribuirono efficacemente ad elevare il livello archi‐
tettonico circa l'espressione della forma, qualità dei piani e miglioramento delle tecniche costruttive. Ricordiamo Enrique Seone Ross che progettò edifici con motivi neo‐coloniali e neo‐indigeni, Carlos Morales Machiavello, Fernando Belaúnde, Guillermo Payet, etc. Il mattone ed il calcestruzzo armato cominciarono a prendere dovuto posto nelle opere e negli edifici, la struttura residenziale apparí solida e di qualità plastica. Il neo‐coloniale, che comprende le tradizioni costiere ed andine, ebbe esempi belli e positivi ma diede luogo a una vera sfrenatezza decorativa nei portali, volute e pinnacoli, fu un eccesso dovuto a questo momento fecondo di produzione architettonica. È da annotare che l'attività costruttiva, all'inizio di questa epoca ebbe ampi limiti, e che fu ugualmente un'ondata eclettica prima di dissolversi nelle forme contemporanee; essa ha un’importanza particolare, perché espresse un'inquietudine colta di stili che, se bene erano arcaici, non cessavano di corrispondere ai bisogni l’ambiente ed alla mancanza di rigore di un clima benevolo. Si ebbero architetti che si specializzarono con correttezza accademica e gusto in determinate architetture aventi stile inglese, francese, plateresco, californiano, classico... Circa lo stile "nave", in opposizione modernista, quasi tutti i professionisti lo praticarono con più o meno abilità. La ricca diversità di architetture ebbe come conseguenza che i proprietari e i maestri di opera si lanciarono ad imitarle in grande scala, senza nozioni né criterio, copiando sfacciatamente le facciate, i motivi, etc. Unitamente a questi movimenti di fondo e trascendenti di modalità plastica e decorativa, si presentò incontenibile, l'architettura temporanea che arrivò alla sua vera autenticità molto tardivamente. Dalla metà del secolo XX ad oggi. In questo periodo si unirono la tradizione di secoli di architettura realizzata con la facile plasticità dell'adobe, la flessibilità della quincha (parete fatta di canne) ed la malleabilità del mattone, con la tecnica rigorosa, il calcolo, la rigidità del calcestruzzo armato. Fu più che mai il momento degli ingegneri civili, dei tecnici costruttori e specialisti; si credette che questa architettura non fosse per architetti poiché essi si intendevano solo di facciate. . . Siamo negli anni intorno al 1945. I proprietari che volevano case solide, i maestri che maneggiavano misteriosamente il nuovo materiale e gli affezionati alla resistenza dei materiali, senza contare un buon numero di architetti, si consegnarono all'architettura moderna. Sorsero alcune costruzioni geometriche, pulite, con volumi cubici. Si credette che la nuova architettura, per il suo essere sobria e nitida, fosse cosa facile e di imprescindibile adorno. L’assimilazione del moderno alterò il tradizionale e rassegnato corpo architettonico ma, d'altra parte, lo tonificò con strutture forti e cristalline, il moderno pulì, purgò, attenuò in grande parte le troppe decorazioni. La tendenza neo‐coloniale e moderna si urtavano e integravano contemporaneamente fino a giungere a gradevoli adattamenti plastici, producendo soluzioni che ostentano alcuni edifici e case residenziali. Dal 1945, approssimativamente, si affermò con autorità dottrinaria l'architettura funzionalista. Intellettuali e giovani architetti la diffusero e lottarono per esercitarla in forma esclusiva e polemica. Successivamente l'Università Nazionale di Ingegneria accolse il suo insegnamento. In questo ordine purista di idee si fecero alcune costruzioni di interesse in cui continua ad apparire certo barocchismo. Altro aspetto, soprattutto nell’architettura residenziale, il funzionalismo perde il suo rigore per entrare poco a poco nella cornice tradizionale che, a sua volta, cede più alle esigenze moderne. Il movimento tradizionale si esprime e si crea di proposito, plasmandosi sopra la funzionalità; il suo plasticismo rinchiude volontariamente la funzionalità e la strutturale dell’opera. Questo è il caso generale. Non era una conseguenza pura di funzioni ma un processo di armonia delle forme. Esistono molte case influenzate ampiamente da questo nuovo spirito. In tutti i casi, l’espressione esteriore, che è l'obiettivo per il pubblico, alcuni hanno un grande ritmo, volume e colore peruviano. Appaiono altri personaggi che, di proposito, impiegano artificiali forme funzionaliste isolate sovrapponendo motivi o sfondi tradizionali ad archetti, volute, portali e pareti, cioè ad elementi del passato, producendo un estraneo e non sempre gradevole arcaismo. Ma siamo già oltre il 1950 ed è difficile giudicare senza una vista più ampia del tempo e dello spazio. In ogni caso l'architettura, come la vita, non si arresta né alla semplicità funzionalista né all’emulazione del passato, soprattutto nel Perù, terra profonda e colorata, che richiama soavità ed incanto. Ammirando la recente architettura residenziale di Lima nei quartieri di San Felipe, Orrantia, san Isidro, Santa Cruz, San Antonio, o in alcuni aggregati sociali si nota la gradevole originalità di questa architettura con profonde radici plastiche, colore locale, eleganza delle proporzioni, cura del dettaglio, equilibrio tra affreschi, stile floreale e civetterie barocche. Per quanto riguarda l'edificio pubblico, commerciale o istituzionale, si ebbero realizzazioni varie e libere dell'architettura internazionale contemporanea, alcuni carichi di unità se pur dinamici ma che non presentano la plasticità tradizionale. Nello stesso modo si sono costruiti zone residenziali in armonia col resto dell’ambiente per proporzioni e colore come il Palomino. 2.4. La regione di Puno La regione di Puno si trova nel sud Est del Perù, ha una popolazione di 1.245.508 che rappresentano il 4,8% della popolazione del paese ha una superficie di 71.999 kmq, il 5,6% del territorio nazionale questa superficie include 145 kmq di area insulare lacustre di circa 32 isole 4996,28 kmq del lago Titicaca (parte peruviana). Le province con maggior estensione territoriale sono Carabaya con 12266,40 kmq e Sandia con 11862,41 kmq ambedue con parte di territorio nella regione della Selva. La provincia più piccola è Yunguyo con 288,31 kmq, che presenta la maggiore densità di popolazione con 188,7 abitanti per kmq. 2.4.1. Territorio Lo spazio regionale. La regione di Puno è composta da due spazi territoriali ben definiti che sono l’altipiano e la selva; ciò la rende particolare rispetto alle altre regioni del paese. L’altipiano è una zona piana e gran parte di esso è definito da una grande prateria dentro la cordigliera di Carabaya al nord, e Volcanica verso occidente che attraversa il dipartimento da est a ovest, formando un anello che si chiude nel Nudo de Vilcanota. Al centro di questo anello che forma la Hoya del Titicaca (foglia del Titicaca) si estende la Meseta del Collao, estesa pianura a forma di cono, il cui vertice è occupato dal lago Titicaca. L’altipiano, delimitato dai rami occidentali e orientali della Cordigliera delle Ande, con altitudine che parte dai 3812 metri sul livello del mare del lago, fino a 5500 metri delle alture, rappresenta il 68,1 % del totale della superficie dipartimentale ed è caratterizzato da un clima freddo con marcate oscillazioni. Il giorno è caldo e piovoso in estate e soleggiato e freddo in inverno. Le notti sono generalmente fredde e stellate. In determinati periodi dell’anno, in tarda serata si verificano le gelate. Nella regione dell’altipiano, chiamata generalmente sierra, si distingue: l’Altipiano propriamente detto, ubicato nell’area di influenza del lago Titicaca, con una superficie di 12300 kmq (17% del totale dipartimentale) è costituito da un 60% di pampa, pianura o prateria e per un 40% di collina e rocce. Il clima ha una media annuale di precipitazioni di 722 ml, con una temperatura media di 7° C. Le gelate, in questa zona, generalmente si presentano tra i mesi di aprile e agosto, incidendo negativamente nella attività agricola. Nell’altipiano si differenziano due zone: la zona intorno al lago, il quale ha una funzione termoregolatrice: presenta condizioni climatiche speciali e suolo favorevole alla coltivazione di papa, quinua, cebada, avena ecc, nei terreni piani o con poca pendenza. La grande prateria dell’altipiano comprende grandi estensioni di terra come le pampe di Ilave, Acora, Caracoto, Paucarcolla, Moho e Huancanè; in Azangaro Parpuma e Huito; in Lampa Santa Lucia e nel Melgar le estese praterie di Umachiri, Llalli, Cupi. Queste aree sono ricche di pascoli naturali che incentivano lo sviluppo delle attività agropastorali. Alle regioni dell’altipiano si aggiungono i pendii e i deserti con un’estensione che arriva a 4999,30 kmq, il 6,9 % della superficie regionale. La topografia presenta pietre altissime, gole e rocce che non raggiungono i 4200 m.s.l.m.. Quest’area è formata da steppa e tundra dove si sviluppa principalmente l’allevamento di ovini e di camelidi sudamericani, per il cui pascolo gli allevatori bruciano gli arbusti causando un lento e costante impoverimento del suolo. La Cordigliera arriva ad una superficie di 26990,50 kmq e rappresenta il 37,3 % della regione. Le alture in quest’area sono generalmente più alte di 4200 m.s.l.m. e in alcuni casi arrivano fino a 6000m; di conseguenza il suo clima è freddo e secco. La Selva inizia a 2000 m.s.l.m. fino ad arrivare al Piano Amazzonico. Presenta una superficie territoriale di 23101,86 kmq, che rappresentano il 31,9% dell’estensione dipartimentale. Tutta la estensione della serra corrisponde solo alle provincie di Sandia e Carabaya. La topografia della regione origina due valli tropicali formatesi dalle conche dei fiumi Inambari e Tambopata, affluenti del Madre de Dios che attraversa le provincie di Sandia e Carabaya da est a ovest e da sud a nord. Il territorio di questa regione comprende due zone: La Ceja de Selva, si trva nella cordigliera orientale, dai 2000 ai 500 metri. La sua topografia è molto accidentata, con gole profonde dando origine a spettacolari cascate o salti d’acqua. L’attività economica principale è il disboscamento e in secondo luogo la coltivazione di caffè e frutta. La Selva Bassa si caratterizza per le sue alture inferiori ai 500 m.s.l.m. ed è un luogo adeguato per l’insediamento abitativo. Clima e temperatura. Nelle rive del Lago Titicaca e nelle valli formate dai suoi affluenti fino a 4000 m di altezza, il clima è freddo, anche se temperato dal lago. Più in alto è più freddo, quasi glaciale nell’ingresso delle valli della costa occidentale o verso la selva orientale dove il clima è umido e caldo, specialmente nei numerosi affluenti dei fiumi Inambari e Tambopata che sono i più ricchi d’acqua del dipartimento di Puno. La temperatura massima è di 22° C e la minima diminuisce fino a ‐14° C in inverno e nelle parti più alte della cordigliera. Le precipitazioni si verificano tra dicembre e marzo. Nonostante questa situazione sia propizia per l’agricoltura nella campagna, è irregolare e varia a causa dei fenomeni naturali, come Il Niño nel nord del paese che porta siccità nel sud o gli anticicloni dell’Atlantico che allontanano le nubi e fanno diminuire le precipitazioni o l’avanzamento delle calotte sub polari che aumentano il freddo e la nuvolosità. Questi fenomeni originano periodicamente inondazioni o siccità e alterano la normalità climatica, la programmazione agricola, causano inondazioni prima o dopo la siccità. Per esempio nel mese di gennaio dell’anno 2001 si registrarono 2487 mm di pioggia che rappresentarono la più abbondante precipitazione degli ultimi 12 anni. Le conseguenze furono perdite e danni nell’agricoltura e nell’allevamento che causarono soprattutto insicurezza alimentare per la popolazione. Nella regione Andina si hanno molte varietà di climi come nelle alte montagne tropicali; dal caldo del fondo delle valli Quechuas, fino al freddo glaciale dei ghiacciai passando per il caldo temperato e il freddo temperato. L’idrografia. Una delle risorse naturali importanti nella regione di Puno è l’acqua . La configurazione territoriale dei suoli dell’altipiano ha generato la formazione di una grande conca endoreica nel cui centro si trova il lago Titicaca senza alcuno sbocco al mare. Questa conca ha l’unico sfogo nel fiume Desaguadero, nel sud dell’altipiano, che termina nel lago Poopò o Pampa Aullagas. I fiumi che si formano nella cordigliera di Carabaya, che incrocia il dipartimento del nord, nascono nei ghiacciai di questo settore andino. Formano i fiumi di Tambopata e Inambari che sfociano nel fiume Madre de Dios. I fiumi più importanti di questa conca sono: El Ramis, che nasce nella menzionata cordigliera di Carabaya; il Coata che si forma nelle zone di pioggia tra Arequipa, Cusco e Puno e il Ilave, che si forma nella parte nord della Catena Vulcanica del Sud. Inoltre la regione ha un importante numero di laghi e lagune; molto vicino al lago Titicaca si trovano le lagune di Arapa, Umayo, dove si trova la rovina di Sillustani, i laghi e le lagune di Asillo, Azangaro, Ocuviri, Ollachea Ocompati di Juliaca e un sistema di 36 laghi e lagune, e di numerose fonti termali, con quelle di Putina e Fraylima fra le più grandi della provincia di Sant’Antonio de Putina e Azangaro. Il lago Titicaca occupa una superficie di 8559 kmq e si trova ad una altitudine di 3810 m.s.l.m., comprendendo territori del Perù e della Bolivia, i golfi di Puno, Vilquechico, Juli e Taraco; le penisole di Papachica, Chucuito, Socca, Jansani e Huata; le baie di Vilquechico, Coata, Paucarcolla, Puno, Chiuquito, Juli, Yunguyo e Zepita; le isole di Amantani, Taquile, Quipatahua, Chilatahua, Anapia, Soto, Chirata, Ustute. Esistono anche isole galleggianti dove abitano le popolazioni delle isole Uros, che vivono sopra una savana di Totoras; le pricipale attività di queste popolazioni è la pesca. I porti più importanti si incontrano a Puno, Juli, Pomata, Yunguyo, Zepita, Desaguadero e Chuchito. 2.4.2. Stato nutrizionale La regione di Puno è particolarmente interessata al problema della insicurezza alimentare e della malnutrizione, soprattutto infantile, cioè della parte più vulnerabile della popolazione. Malnutrizione infantile. Un fenomeno importante che ha incidenza nello stato nutrizionale è la malnutrizione, la quale si riferisce allo stato patologico dovuto alla mancanza, all’eccesso o alla cattiva assimilazione degli alimenti. Nel caso della mancanza si verifica la denutrizione (acuta,cronica,globale) e nel caso del decesso la obesità o sovrappeso. Evoluzione della denutrizione Cronica (1984‐2000) Nazionale e della Regione di Puno
60 %
50 %
40 %
URBANO
NAZIONALE
30 %
RURALE
PUNO
20 %
10 %
0 %
1986
1991
1996
2000
a) Denutrizione infantile Denutrizione cronica nei bambini. Nella regione di Puno il principale problema della malnutrizione è la denutrizione infantile, specialmente la denutrizione cronica, come prodotto di una insufficiente e inadeguata dieta di alimenti e un mancato utilizzo da parte dell’organismo quando è in uno stato di malattia. Nel Perù e più specificatamente nella regione di Puno le tendenze della nutrizione mostrano che non si è avuto un miglioramento significativo durante gli ultimi 30 anni; nonostante si siano realizzati dei programmi di appoggio alimentare attraverso gli organismi pubblici e gli organismi non governativi. La prevalenza della denutrizione cronica nei bambini minori di 5 anni è alta e fa sì che la regione sia quella con i tassi più alti di denutrizione del Paese. La denutrizione cronica nei bambini minori di 5 anni è causata della situazione economica sociale precaria; si denota che l’aspetto educativo è uno dei fattori che incidono sul livello alimentare e nutrizionale soprattutto nei primi tre anni di vita. Nel Perù nel 1984 si è avuto il 38% di denutrizione cronica nei bambini con meno di cinque anni. Nel 1992 si è mantenuto al 37%; mentre tra il 1996 2000 si è ridotto significativamente sino al 26 %. Come si può vedere da queste cifre, in più di 20 anni la denutrizione cronica si è ridotta del 12 %, circa lo 0,5 % all’anno. Al contrario nello stesso periodo la regione di Puno ha registrato un incremento di 6,7 %, situazione che esprime l’aumento dell’insicurezza alimentare. PREVALENZA DI DENUTRIZIONE CRONICA SECONDO LA PROVINCIA ANNO PROVINCIA AZANGARO CARABAYA CHUCUITO COLLAO HUANCANE LAMPA MELGAR MOHO PUNO S.A.PUTINA SAN ROMAN SANDIA YUNGUTO TOTAL DIRESA 1 2004 2005 23.0 22 34.0 39 24.3 25 21.0 24 25.1 25 24.3 26
34 27 20.8 29 25 20.2 24 20.2 26 21.8 20 24.2 26.6 CARE PERU’ 2
2003 2004 30.06 26.07 26.17 22.79 MONIN 3
2002 2003 27.37 27.37 32.86 32.8 29.47 27.38 33.58 (a) 31.8 1. bambini sotto i 5 anni 2. bambini sotto i 3 anni 3. bambini sotto i 5 anni 4. bambini di 6 anni (a) informazione del Distretto di Pedro Vilcapaza‐ San Antonio de Putina RJCM 4
1992 55.92 70.39 44.17 52.19 53.18
51.89 37.89 58,50 35.85 67.84 47.12 52.31 In questa regione, la denutrizione cronica è del 30 % nei bambini minori di 5 anni e la denutrizione acuta oscilla dall’1 al 3 %. la popolazione infantile più affetta si incontra nei distretti lontani dai centri economici e specialmente nelle comunità della zona di Puno. Esiste un’altra relazione tra denutrizione cronica e zona di residenza(altitudine), zone agro ecologiche (diversità della produzione), proprietà di terra della famiglia, livello di redditi (stato socio economico), numero di membri per famiglia ; questa situazione si riassume nella relazione denutrizione‐povertà. D’altra parte, in accordo con l’informazione di DIRESA e altre fonti, la prevalenza della denutrizione cronica in base alle province può variare. Infatti, la maggior prevalenza si presenta nella provincia di Carabaya; le province con minor prevalenza di denutrizione cronica sono San Roman e Yunguyo. Nel 2005 la denutrizione cronica dei bambini è aumentata rispetto all’anno prima arrivando al 26,6 %. E’ necessario segnalare che il sistema di informazione della DIRESA non include i bambini delle zone più lontane non raggiunte dalla copertura delle REDES di salute; questa situazione potrebbe spiegare i relativi bassi livelli di denutrizione che si incontrano nelle province. Le informazioni di CARE PERU’, per alcune province, riporta che nella maggior parte dei casi la denutrizione cronica è sopra il 26 % , arrivando ad un 33% nel distretto di Pedro Vilcapaza della Provincia di Putina. Il Monitoreo Nacional de Informacion Nutricional (MONIN) riporta che a Puno la denutrizione cronica è del 32,8 % nel 2002, 31,8% nel 2003 e del 30,8 % nel 2004. REGIONE PUNO: PREVALENZA DI DENUTRIZIONE CRONICA NEI BAMBINI SOTTO I 5 ANNI. GRUPPO GEN FEB MAR APR MAG GIU TOT ETAREO Mesi 0­05 14.8
15.7 11
15
17.5
17.2 16.2
06­11 20 22.4 22.9 21.5 22.2 20.9 21.7 12­35 34 36.3 36.4 36.2 35.2 34.4 35.4 36­59 32 33.7 35.4 35.5 35.4 31.5 33.9 TOTAL 25.2 27 28 27 27.6 26 26.8 (DIRESA I SEMESTRE 2005) Ugualmente, considerando gruppi di età, si vede che la denutrizione cronica aumenta a poco a poco con chiarezza dal primo anno di età sino all’età scolare. Da 0 a 6 mesi la DC raggiunge il 16,2 % poiché i bambini non ricevono un adeguato allattamento materno per varie ragioni; una è che la madre non ha latte sufficiente per alimentare il neonato e ricorre ad altro latte, che non è idoneo alle richieste nutrizionali, o che viene molto diluito per ragioni economiche della famiglia; un’altra ragione è che la madre ha problemi di salute e non può allattare; un’altra ragione importante, soprattutto nelle zone urbane periferiche e zone urbane, è che la madre lavora e di conseguenza trascura il bambino lasciandolo alle cure di qualche membro della famiglia. Questi casi a questa età possono generare gravi problemi di denutrizione del bambino. Il punto critico della DC è circa a 6 mesi, quando si inizia un’alimentazione complementare al latte materno , poiché questo risulta insufficiente; le madri per diversi fattori non alimentano adeguatamente i propri figli, iniziando un processo di deficit alimentare, che si complica a causa dei processi di infezione propri di questa età. La DC in questo gruppo di età è del 21,7 %. I bambini dai 12 ai 36 mesi sono dipendenti dal processo alimentare, pertanto la loro sicurezza alimentare è in mano di terzi (madre o altro membro della famiglia); in questa fase è molto importante offrire la migliore alimentazione possibile: si deve aggiungere al pasto familiare una maggiore quantità di proteine e calorie (latte, carne, uova, legumi e cereali) perché il tasso di crescita è accelerato in questa fase della vita. È importante segnalare che si deve tenere conto della necessita di calcio, ferro e altre vitamine che svolgono una funzione importante per la crescita. La DC arriva al 35,4 %. I bambini a partire dai tre anni sono relativamente indipendenti e possono manifestare le loro necessità alimentari; è necessario seguire le raccomandazioni prima segnalate ed aumentare le quantità della razione alimentare, poiché in questo periodo della crescita il loro utilizzo energetico è molto alto. Il comportamento della DC in relazione all’età presenta diverse tendenze: si presenta dal primo mese di vita, con un aumento graduale della proporzione, arrivando alla maggiore proporzione di DC nei bambini di 18 mesi. Alla fine dei 6 mesi la DC è del 15 %; dai 18 ai 36 mesi è del 34 %. Denutrizione nei bambini minori di 36 mesi
35,00%
30,00%
25,00%
20,00%
MASCHI
15,00%
FEMMINE
10,00%
5,00%
0,00%
Puno
REGIONE PUNO: PREVALENZA DI DENUTRIZIONE CRONICA NEI BAMBINI SOTTO I 5 ANNI, SESSO 2003 2004 TOTALE URBANO RURALE TOTALE URBANO RURALE % % % % % % 37.0 32.5
15.1
35.2
25.15
BAMNINI 27.9 BAMBINE 25.4 32.5 29.0 24.1 36.4 30.25 TOTALE 26.7 34.8 30.8 19.6 35.8 27.70 PER AREA E PER SESSO. (DIRESA 2003­2004) Denutrizione cronica per sesso. In accordo con i dati del Monitoreo dell’anno 2004, realizzato da CARE PERU’ su un totale di 10.529 bambini minori di 36 mesi si osserva che la DC riguarda più i maschi che le femmine (26,64 % nei maschi e 24,09 % nelle femmine). La prevalenza della DC nei bambini minori di 5 anni è significativamente maggiore nelle aree rurali a causa delle condizioni di povertà che affliggono questo settore. Nel 2004 nella zona urbana si è avuto il 19,6% di DC e nella zona rurale il 35,8%. Nei bambini in età scolare (dai 6 agli 11 anni) il deficit di taglia fluttua tra il 30‐70 %. A partire da questa età, allo stesso modo, incrementa significativamente la presenza di sovrappeso che raggiunge una percentuale tra il 10 % e il 20%, motivo per cui i bambini tendono ad essere piccoli ma alle volte in sovrappeso o obesi. Basso peso alla nascita. Nella regione di Puno il 3,5 % delle recenti nascite è a basso peso, minore di 2500 g. Quello che preoccupa è che i casi di basso peso alla nascita sono aumentati significativamente da 315 casi nell’anno 2000 a 508 casi nel 2004. b) Sovrappeso nei bambini. L’informazione rispetto all’obesità è abbastanza limitata, l’inchiesta ENSA del 1984 dell’ambito nazionale riporta che nei bambini minori di 6 anni la prevalenza è del 3,8 %, dato che indicava che il problema era limitato ed era circoscritto nelle aree urbane più sviluppate del Paese: 4,9 % nell’area urbana, 6% a Lima e il 4 % nel resto della costa. Nel 1996 il tasso di sovrappeso (25,0<IMC<30,0 Kg/mq) e obesità (IMC>=30,0 Kg/mq) nelle donne in età fertile furono 35,4% e 9,4 % rispettivamente; quest’ultimo valore fu minore di quello registrato nel 1992 (13,2 %). Senza dubbio questi dati devono essere analizzati con prudenza sia per le limitazioni dell’interpretazione dell’IMC medio quanto per il fatto che la popolazione presa in esame è composta unicamente da madri che ebbero un bambino nei cinque anni prima dell’inchiesta. Nelle inchieste antropometriche che si realizzarono nelle province di Azangaro, Huancanè e Melgar, nei mesi da giugno ad agosto del 2005 si incontrarono dati di sovrappeso nei bambini minori di 3 anni: per le femmine il 5% per i maschi il 4,6% . Sotto peso alla nascita
Serie 1
600
500
400
300
200
100
0
2000
2001
2002
2003
2004
Sovrappeso
100,00%
90,00%
80,00%
70,00%
60,00%
50,00%
FEMMINE
40,00%
MASCH I
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
sotto peso
normale
sovrappeso
Situazione nutrizionale delle gestanti. Lo stato fisiologico della gestazione costituisce una fase importante nella vita della donna, nella sua dimensione biologica, sociologica e sociale. Si considera parte di una delle categorie vulnerabili che richiedono un’attenzione adeguata per quanto riguarda la salute, la nutrizione e la maternità. Nella regione di Puno, soprattutto nel settore rurale, poco più di un decennio fa non si prestava molta attenzione alla salute ed alla nutrizione delle gestanti, non solo perché i programmi di salute erano deboli e poco seguiti, ma anche a causa di una resistenza socioculturale da parte delle gestanti ai sistemi di salute stabiliti. Si osserva che delle donne gestanti il 13,3% ebbero un deficit nutrizionale nel 2004 e il 13,8 % nel 2005 . Il sovrappeso è incrementato dal 22,4% nel 2004 al 30,8% nel 2005. Questa tendenza implica che le gestanti, soprattutto giovani, consumano più calorie di quello che necessitano, per cui sviluppano una forma di tessuto adiposo. D’altra parte questa tendenza negativa per la salute delle gestanti è dovuta ai drastici cambiamenti delle abitudini di vita, che hanno come caratteristica la diminuzione dell’attività fisica nella vita quotidiana. Nelle donne gestanti della regione si presenta un deficit di peso in relazione alle taglie in media del 41%. Viceversa, il sovrappeso è significativamente alto nella zona urbana (22,2%) e nella zona rurale è del 6,22%. A partire dai 12 anni di età, considerata la fase dell’adolescenza, la corporatura arriva al suo massimo sviluppo. La media delle taglie nelle donne adulte è di 150 cm e presenta un Indice di Massa Corporea (IMC) del 25,1 che si riferisce a una taglia piccola e in sovrappeso. Il 43% delle madri presentano un IMC superiore a 25. Allo stesso modo la DC nei bambini è più frequente nel secondo nato e aumenta quando l’intervallo tra due parti è minore di 24 mesi. Questo dato è in relazione alle condizioni di gestazione della donna; quando il periodo tra i parti è minore di 24 mesi, tanto la madre quanto il bambino subiscono con maggior frequenza lo stato di deficit nutrizionale. REGIONE PUNO: STATO NUTRIZIONALE DELLE GESTANTI SECONDO PROVINCIE. 2004 2005 PROVINCIE DEFICIT SOVRAPES NORMAL DEFICIT SOVRAPES NORMAL
% O % E % O % E % % AZANGARO 16 16 68 22 14 64 CARABAYA 12
18 70
10
22
68
CHUCUITO 14 20 66 17 19 64 COLLAO 12 25 63 4 69 27 HUANCANE 12
24 64
9
37
54
LAMPA 13 22 65 16 26 58 MELGAR 18 17 65 24 16 60 MOHO ‐
‐ ‐
11
31
58
PUNO 13 27 60 19 22 59 S.A.PUTINA ‐ ‐ ‐ 9 45 46 16
25 59
16
23
61
SAN ROMAN SANDIA 10
28 62
11
29
60
YUNGUTO 13 23 64 12 47 41 TOTAL 13,3 22,4 64,1 13,8 30,8 55,4 (DIRESA 2004­2005) REGIONE PUNO: STATO NUTRIZIONALE PER AREA SECONDO DEFICIT E SOVRAPESO NELLE GESTANTI. URBANO RURALE TOTALE STATO % % NUTRIZIONALE DEFICIT 44,4 37,5 40,95 NORMALE 33,3 56,2 44,75 SOVRAPESO 22,2 6,2 14,20 (DIRESA Moitoreo 2004) L’anemia nei bambini e nelle donne gestanti. La prevalenza di anemia nei bambini minori di 5 anni. Esistono differenti tipi di anemia, ma quello che più interessa analizzare è l’anemia sideropenica, che significa privazione o deficit significativo di ferro nell’alimentazione; ciò provoca danni irreversibili per la salute dei bambini. La prevalenza di anemia si distribuisce indistintamente nei minori di 5 anni e non vi è differenza significativa tra sesso né aree di residenza. L’anemia nel 2004 è arrivata al 56,8%. REGIONE PUNO: PREVALENZA DI ANEMIA NEI BAMBINI MINORI DI 5 ANNI PER AREA, SECONDO IL SESSO. SESSO 2003 2004 URBANO RURALE TOTALE URBANO RURALE TOTALE % % % % % % BAMBINI 76,8 75,9 76,4 69,676 50,9 60,3 BAMBINE 73,2 74,2 73,7 51,2 55,4 53,3 TOTALE 75,0 75,1 75,1 60,4 53,2 56,8 (DIRESA Monitoreo 2003­2004) La prevalenza di anemia nelle donne gestanti. La prevalenza di anemia nelle donne gestanti, per quanto riguarda il deficit nel consumo del micronutriente ferro, è molto alta nella regione: nel primo semestre dell’anno 2005 si ebbe il 53,62 %. Le province più affette da anemia sono Yunguyo, Puno, Chucuito, Collao: 7 gestaniti su 10 presentano anemia; ad Azangaro, Moho, Putina, Huancanè e San Roman (Yuliaca) sono 5 gestanti su 10. Facendo un’analisi per gruppi di età delle gestanti, è noto che quelle minori di 15 anni presentano un’alta prevalenza di anemia (7 su 10); in quelle maggiori di 40 anni, 6 o più gestanti presentano l’anemia. Questa situazione si ripercuote sulla salute sia delle madri che dei bambini e probabilmente è uno dei fattori che determina l’elevata mortalità materna e dei bambini. Infine analizzando l’anemia delle donne per zone di residenza, secondo il MONIN, si denota che la prevalenza di anemia nelle donne in età fertile è più alta nelle zane rurali rispetto a quelle urbane (quasi il 10% ). REGIONE PUNO: PREVALENZA DI ANEMIA NELLE GESTANTI, SECONDO PROVINCIE. 2004 2005 PROVINCIE (%) (%) AZANGARO 45,5 50
CARABAYA 63,5 57
CHUCUITO 56,6 66
COLLAO 53,7 63
HUANCANE 43,1 48
LAMPA 35,7 39
MELGAR 61 60
MOHO ‐ 50
PUNO 66,5 68
S.A.PUTINA ‐ 50
SAN ROMAN 35,3 46
SANDIA 19,8 31
YUNGUTO 59,1 69
TOTAL 49,1 53,62 (DIRESA 2004­2005) REGIONE PUNO: PREVALENZA DI ANEMIA NELLE GESTANTI SECONDO GRUPPI DI ETA’. GRUPPI GEN FEBR MAR APR MAG GIU TOT DI ETA’ 15­19 54 63 49 60 47 45 67 20­24 58 57 57 57 60 44 55,5 25­29 53 58 48 56 50 40 50,8 30­34 51 59 51 51 41 38 49,8 35­40 54 45 54 61 45 51 51,7 40­44 50 73 65 66 67 60 63,5 TOT 53,3 59,2 57 58,5 51,7 46,3 55,9 (DIRESA I SEMESTRE 2005) REGIONE PUNO: PREVALENZA DI ANEMIA PER AREA, NELLE FERTILE. 2003 2004 URBANO RURALE TOTALE URBANO % % % % DONNE 51,4 62,2 56,8 46,2 GESTANTI 69,6 DONNE CHE 56,1 ALLATTANO TOTALE 53,2 (DIRESA Monitoreo) DONNE IN ETA’ RURALE % 55,5 TOTALE % 50,9 50
72,2 60,5
67,4 63,6
53,4 30,8 65,2 47,2
62,9 64 59 47,8 56 53,7 3. Interpretazione Interpretare significa creare delle relazioni logiche tra gli elementi ambientale, storico e insediativo che descrivano e spieghino le ragioni della forma del paesaggio, il quale si conforma in rapporto alla sua realtà fisico geografica e a quella storica ed antropologica dando luogo al paesaggio culturale. Questa forma del paesaggio, punto di incontro tra le forze modellatrici del tempo, della natura e dell’azione umana, frutto di un lungo processo di compromessi ed equilibri creatisi nei secoli, deve essere studiato nelle sue linee di dinamicità, là dove esprime aspetti positivi per la vita umana, da assecondare e rispettare nel momento in cui ci si accinge ad intervenire su di esso, e nel definire il campo di opportunità di azione per migliorarne le prestazioni e svilupparne le potenzialità nei limiti dell’equilibrio e della sostenibilità ambientale esistente. 3.1. Elementi storico ambientali e insediativi Ruralità e sviluppo. Il distretto di Caracoto si trova nella provincia di Puno città capoluogo della regione omonima; dista 20 km da questa città, e 9km da Juliaca, città che ha avuto una brusca espansione negli ultimi anni per via del suo carattere prettamente commerciale. Il distretto si trova sulle Ande, al centro della pampa peruviana, in una delle rare zone pianeggianti della Sierra, isolata tra le montagne. Caracoto è un modesto centro rurale collegato a piccole fattorie disperse ed è interessato dalle problematiche tipiche delle zone rurali peruviane. In contrapposizione con i centri urbani, le zone rurali si caratterizzano per avere una densità di popolazione distribuita in modo molto disperso. Nell'ambito rurale si svolgono varie attività che possono includere la produzione agropastorale, il settore minerario, la piccola industria che si occupa della trasformazione dei prodotti locali, il commercio e altri servizi pubblici e privati., ma ciò non comporta una situazione economica soddisfacente, bensì è proprio nelle zone rurali che si concentra la maggioranza dei poveri endemici. Le economie locali sono poco sviluppate e isolate in quanto è scarsa o quasi inesistente l’integrazione con i mercati regionali, nazionali ed internazionali. Per questo l'agricoltura e l’allevamento del bestiame in piccola scala sono spesso orientati verso la sussistenza e l'autoconsumo. È difficile attuare programmi di estensione agricola e di sviluppo produttivo senza l’integrazione nei mercati locali e regionali e un’adeguata infrastruttura stradale, energetica e delle telecomunicazioni che fornisca un efficace collegamento delle zone rurali con le città situate nello stesso spazio economico regionale. Considerato che alcune città intermedie, come Arequipa, Cusco, Juliaca e Trujillo, hanno avuto una crescita superiore alla crescita media delle zone urbane e si sono convertite in dinamici centri economici per le loro rispettive regioni, il potenziamento delle infrastrutture potrebbe essere determinante per lo sviluppo delle zone rurali. È comunque difficile pensare ad un ripopolamento massiccio delle zone rurali più lontane in quanto la terra è un bene limitato nel Perú e le attività di agropastorizia non sono capaci di assorbire una grande quantità di lavoratori. Tuttavia è fondamentale ricordare che le comunità rurali hanno antiche origini e perciò rivestono un ruolo importante nella storia del Perú: hanno una propria organizzazione sociale, politica, economica e culturale, rimasta invariata nonostante gli intenti di diversi governi di modificarla. È quindi auspicabile che le politiche di sviluppo rurale e di modernizzazione, pur necessarie per soddisfare i bisogni e sopperire alle carenze della popolazione e per salvaguardare i diritti umani, operino nel rispetto di questa cultura. Tutto ciò implica stabilire un dialogo con i rappresentanti locali per definire il program‐
ma prioritario di sviluppo ed inversione. 3.2. La forma del paesaggio I piccoli agglomerati e le fattorie del distretto di Caracoto sono dispersi nella vasta e desolata pampa, termine che in lingua quechua significa “superficie piana” o “pianura”, caratterizzata da un vasto territorio brullo, circondato da colline e alture, a 4000 m. di altitudine, cosicchè l’immensità delle dimensioni spaziali mozza il fiato, non solo in senso metaforico. Il paesaggio nella sua linearità è piatto e monotono, ma nello stesso tempo si apre su ampi e grandiosi orizzonti, di fronte ai quali acquista un senso simbolico la piccolezza e l’umiltà delle genti che lo abitano, isolate tra le montagne, nell’antico e misterioso silenzio dell’altipiano. Lo spazio è apparentemente deserto, anche se all’interno del territorio abitano circa 6500 persone, divise tra il centro urbano e le singole fattorie. Il panorama è tutto giallo, qua e là una bassa e rada vegetazione, nessun albero, ogni tanto qualche fattoria isolata, anch’essa persa e appiattita nella vastità del paesaggio e come scavata nella terra. A movimentare la scena spuntano alcuni contadini che terminano l’aratura dei campi, anch’essi spogli in attesa della stagione delle piogge; altri contadini costruiscono casette in adobe e per l’occasione si concedono un momento di festa. Non tutto il paesaggio peruviano è così: per contrasto riemergono dalla memoria del viaggiatore le alture intagliate dalle popolazioni preinca con le terrazze dai parapetti in pietra lavica, nelle quali le coltivazioni di patate e mais venivano irrigate dalla neve disciolta, che scorreva in basso dalle cime delle montagne; o le pianure muschiose punteggiate di pozze d’acqua tra cui pascolano tranquilli Alpaca, Lama e Vigogne; o il profondo Canyon scavato tra i vulcani le cui correnti ascensionali vengono sfruttate dai condor per librarsi nell’aria. Quei paesaggi sovrapposti a queste desolate distese semi desertiche danno un quadro emblematico del degrado delle antiche civiltà a contatto con una modernizzazione poco oculata che spesso trasforma le comunità di villaggio in squallidi sobborghi ai margini delle caotiche metropoli. Caracoto è collegato alle città di Juliaca e Puno tramite una strada a scorrimento veloce, prevalentemente commerciale, e una ferrovia, le quali si affiancano per tutto il tragitto e dividono in due il piccolo pueblo; la loro “modernità” stride con i luoghi elementari e primitivi, pur sottolineandone la linearità spaziale e l’apertura su un incombente cielo, testimonianza della dipendenza dalla città di una campagna sempre più spogliata della sua peculiare identità.. Il centro abitato le cui attività economiche sono prevalentemente agropastorali, con l’eccezione di qualche attività commerciale (alcuni negozi di beni alimentari) è composto da una trentina di isolati costruiti con muretti di adobe, i mattoni di fango fabbricati artigianalmente nel luogo, per la maggior parte non intonacati, che racchiudono giardini per il pascolo e qualche orto, o casette sempre in adobe. Le abitazioni sono costruite dagli stessi abitanti, senza fondamenta, basse, quadrate, col tetto in lamiera o tegole, le pareti interrotte da qualche finestrella e la porta che dà sul cortile interno, chiuso da alti muri. Nel cortile si riversa la famiglia nelle attività giornaliere in stretta compagnia dei suoi animali ‐pecore, capre, maiali, galline– rari i cani e i gatti, evidentemente non integrati in un ambiente limitato all’essenziale. Le strade sono di terra battuta, due sole vie sono “asfaltate” con colate di cemento. A un lato del paese su una collina circondata da alberi (pini‐ frutto di un forzato rimboschimento con piante non autoctone) con campi sportivi, parco giochi, strutture per negozi e bancarelle, si staglia un edificio di quattro piani, chiamato Mirador, di colore verde, una specie di luogo di ristoro, che ospita un bar ed alcune sale con biliardo, ping pong e giochi elettronici, un auditorium ed un belvedere. Nell’isolato adiacente sorge un altro edificio, di colore azzurro, che funge da mensa, asilo e foresteria. Nelle strutture urbane e negli edifici pubblici (il municipio ancora in costruzione, la piazza, il pittoresco parco giochi, che troneggia al centro della collina con il suo ingresso da luna park) si può notare un velleitario tentativo di modernizzazione accompagnato dal tradizionale gusto per i vivaci colori pastello. La chiesa, l’ambulatorio medico – ancora in costruzione‐ chiamato “centro di salute” e una fermata per i bus economici che portano a Juliaca completano il paese. Ognuno di questi elementi sembra fuori posto, forse perchè la vita frugale ed il lavoro, di sola sussistenza, si svolgono nel ristretto ambito familiare e non richiedono che una scarsa organizzazione sociale. Il paese è privo di unità, slegato dalle antiche tradizioni tipiche di una comunità di villaggio con usi e costumi caratteristici, svuotato dalla vicinanza della città che lo trasforma in una specie di periferia. Niente di più differente dalle danze tipiche cui si può assistere in altre località del Perù, eseguite da danzatori vestiti con variopinti abiti tradizionali finemente ricamati, e che rappresentano i momenti più salienti della vita del contadino, accompagnate dagli antichi ritmi musicali di zufoli e chitarre. Unici richiami alla tradizione rimangono gli intonaci colorati, qualche rara festa, il mercato in piazza, ed alcuni indumenti indossati dalle donne: i curiosi copricapo, simili a “bombette”, ed i grandi scialli tessuti al telaio con lane di svariati colori, utilizzati come abbigliamento o ripiegati a mo’ di sporte o sacche per trasportare in spalla oggetti o i bambini piccoli. All’interno del distretto vi sono altri piccolissimi agglomerati, ancora molto lontani da essere dei paesi veri e propri, nati per fornire agli abitanti delle infinite fattorie sparse nella pampa un luogo di incontro nel quale poter scambiare le merci prodotte nelle viviendas (fattorie). Non vi sono strade asfaltate che li colleghino con il paese di Caracoto, nè tanto meno con la vicina Juliaca, ma soltanto dei sentieri percorribili anche con l’auto, ma che gli abitanti del luogo attraversano o a piedi o in bicicletta mentre portano le greggi a pascolare. Uno di questi centri è Canchi Grande, costituito di una piazza centrale, dove le contadine vendono i loro prodotti, circondata da una sola fila di edifici a uno o due piani, tra cui si trova il municipio, la scuola e il “centro salute”affollato da una lunga coda di madri con i loro bambini. Gli abitanti del luogo sono schivi, molto timidi e chiusi, e a contatto con gli stranieri “bianchi”si trincerano dietro un assoluto mutismo. Sono contadini che coltivano patate e carote, con un’agricoltura arretrata e povera, di mera sussistenza, i cui scambi si riducono quasi esclusivamente al baratto; essi sono molto poveri ed il loro cibo è scarso e poco variato, i loro bambini, che vengono lasciati tutto il giorno soli, in casa, per le vie del paese o nei campi, non ricevono la giusta alimentazione, sono denutriti o malnutriti e per questo colpiti da anemia, obesità ed altre gravi malattie. Questi luoghi hanno necessità di tante cose per favorire la crescita economica ed il benessere della comunità, ma certo una mensa per i bambini a Calchi Grande sembrerebbe il provvedimento più urgente e prioritario. 3.3. Chiave del luogo La riflessione sui luoghi visitati si complica e si perde dietro gli innumerevoli problemi che opprimono la popolazione locale, le tante carenze di un’attività economica e sociale ridotta al limite della pura sopravvivenza, in un ambiente fisico e sociale che offre meno dell’essenziale. Per mettere ordine e fare chiarezza in un quadro il più possibile sintetico della situazione, l’attenzione si concentra su tre “parole chiave” che riassumono le caratteristiche del luogo: IL CONTRASTO: tra la monotonia di un paesaggio brullo e piatto e la grandiosità delle montagne, delle forti altitudini, dei cieli aperti; il grigiore della terra, spento dall’arsura e i colori brillanti e allegri, i costumi ricamati delle tradizioni popolari, l’esuberanza della lussureggiante vegetazione amazzonica, come le penne multicolori di quei papagallini in gabbia nella foresteria di Caracoto; la semplicità e povertà di una natura primitiva e la modernità rumorosa e caotica di Lima, che a Caracoto si sintetizza nella convivenza delle povere case di fango con gli edifici di rappresentanza, vistosi e colorati. Una nuova costruzione su questo suolo potrebbe nascere dall’incontro dei materiali poveri locali con le nuove tecnologie di risparmio energetico e di ingegneria biologica in un armonico equilibrio tra modernità e sostenibilità, nel rispetto della natura; potrebbe adattarsi all’esistente ma contrastare l’uniformità cromatica dei luoghi con l’allegria dei colori tradizionali delle lane e delle terracotte peruviane. LA TERRA: l’attaccamento della gente contadina alla terra, dalla quale ricava tutto ciò che ha. I mattoni di fango di cui sono fatte le case, le forme essenziali, cubiche, delle abitazioni, sono come gli elementi del gioco delle costruzioni dei bambini. Le linee nette delle cose, la semplicità infantile degli abitanti creano un’atmosfera “naif”, di infantile e ingenua spontaneità. La Terra fa da madre e da padre agli indigeni peruviani: Pachamama, La Madre Terra, fa giungere fin qui il suo soffio sacro, dal tempio sulla sommità della collina dell’isola Amatanì, nel lago Titicaca; a lei risponde dalla collina di fronte il Padre Terra, Pachatata. Il materiale per costruire dovrà essere la terra, la forma semplice e stilizzata riprodurrà le geometrie delle abitazioni locali. I BISOGNI della popolazione: sono una serie infinita i bisogni di queste popolazioni che vivono quasi esclusivamente degli scarsi prodotti dei propri campi, e che, pur subendo la vicinanza della città che toglie loro un’autonomia e una propria cultura, non possono goderne il benessere e la ricchezza. Per questo i rappresentanti locali puntano sulla necessità di acquisire un’indipendeza economica e di promuovere un’inversione di tendenza nei rapporti con la vicina città di Juliaca, con la creazione di un centro di aggregazione e di attrazione: essi parlano di un parco, una piscina, un auditorium, un centro commerciale con discoteca, nel paese principale che rimpiazzi il Mirador; mentre nel distretto di Canchi Grande sarebbe necessario l’ampliamento del centro di salute. Questa è la lista di possibili progetti per migliorare il paese, stilata dal sindaco di Caracoto: Un parco, da situare di fronte al centro di salute; La pavimentazione di tre strade del paese; Un campo da gioco al chiuso; L’ampliamento della scuola superiore con un’aula di calcolo e laboratori di meccanica e carpenteria; Le mura perimetrali della scuola primaria; L’ampliamento del ponte che porta al distretto di Suchis; La costruzione di qualche nuova struttura nel parco giochi del Mirador. Queste richieste stupiscono un po’di fronte al ben più grave problema della popolazione di tutta la provincia di Puno, ed in particolare del distretto di Caracoto: la fame. La pur timida e taciturna popolazione di Canchi Grande, alla richiesta se fosse auspicabile la progettazione di una mensa nel loro distretto, non hanno esitato a rispondere con manifestazioni di grande interesse. A Canchi Grande potrà sorgere una mensa per i bambini, per combattere la malnutrizione e la fame, sarà costruita con muretti di adobe alla cui fabbricazione parteciperanno gli abitanti stessi del luogo, avrà una forma semplice e lineare (simile ai cubi delle costruzioni dei bambini)e le pareti intonacate ed affrescate con i gioiosi colori peruviani, possibilmente sarà costituita da più locali, perché possa ospitare anche altre attività di svago e culturali in modo che i bambini non stiano più abbandonati per strada in attesa che siano abbastanza grandi per lavorare nei campi. 4. Fase Progettuale 4.3.3 Analisi dei materiali PRINCIPALI CAUSE DI SPACCATURE NELLE COSTRUZIONI DI ADOBE Le cause principali per cui si producono le crepe negli edifici di adobe sono le seguenti: figura 5 Costruzione di edifici di adobe su terreni morbidi. Costruzioni con più di un piano, non sono capaci di sopportare sismi. Cattiva qualità dell'adobe sia per la materia prima utilizzata che alla tecnica di produzione. Dimensionamento inadeguato dell'adobe, specialmente l’altezza nella maggioranza dei casi è troppo grande. Legante orizzontale insufficiente tra i mattoni, principalmente quando questo sono posizionati in cima, causato quasi sempre dal cattivo dimensionamento dei mattoni. Legante insufficiente e inadeguato nel raccordo tra muri, ciò produce spaccature verticali continue. Insufficiente mano d’opera nella collocazione dei mattoni. Dimensionamento scorretto dei muri, con poco spessore ed eccessivamente lunghi ed alti.( Fig 1 e 4 ) Finestre molto larghe e insufficiente incassatura degli architravi. Molti vani e pochi pieni in una piccola porzione di muro. Poca o nessuna protezione dei muri contro la loro l'erosione. Uso esagerato di muri di fune Mancanza di rigidità orizzontale dei tetti. Inadeguata lunghezza delle grondaie per proteggere i muri dalle piogge. Tetti molto pesanti e soluzioni costruttive insufficienti nell’innesto con i muri. SELEZIONE DELLE TERRE SUOLI APPROPRIATI La terra per fabbricare i mattoni di adobe deve essere formata da 25 a 45% di limo ed argilla ed il resto di arena. La proporzione massima di argilla sarà dal 15 al 17%. La terra che deve essere utilizzata non è terra per coltivazioni ma quella che si trova al di sotto di questa. Si possono identificare facilmente le terre inadeguate dal colore o sapore. Terra con materia organica: color nerastro. Terra salnitrosa: colore biancastro e sapore salato. PROVE DI SELEZIONE Sono prove il cui risultato porterà a conoscere la qualità della terra analizzata e se è appropriata alla fabbricazione di adobe. È raccomandabile, prima di procedere alla produzione massiccia di adobe, fabbricare adobe di prova ed effettuare il controllo di qualità corrispondente. PROVA GRANULOMETRICA ( prova della bottiglia ) Serve per determinare la proporzione dei componenti principali ( arena, limo ed argilla ) della terra. Riempiendo con terra setacciata ( utilizzare setaccio numero 4 ) una bottiglia con bocca larga da un litro di capacità sino alla metà della sua altezza, riempire il resto con acqua. Agitare vigorosamente la bottiglia finché tutte le particelle di terra stanno in sospensione. Mettere la bottiglia su una tavola ed aspettare che tutte le particelle di arena vadano al fondo. Le particelle di arena riposeranno immediatamente. Le particelle di limo ed argilla dopo alcune ore. Alla fine controllare la proporzione di arena e limo con argilla. La quantità di arena dovrà essere tra 1.5 a 3 volte la quantità di limo ed argilla. Per esempio, se abbiamo un'altezza di 3 cm con limo ed argilla, l'altezza dell’arena dovrà essere compresa tra 4,5 a 9 cm. PROVA DI PLASTICITÀ ( prova del cilindro} Serve per determinare la qualità della terra e ci permette sapere se questa è argillosa, sabbiosa o argillo‐sabbiosa. Formare con terra inumidita un cilindro di 1.5 cm di diametro, sospenderlo in aria e misurare la lunghezza dell'estremo che si rompe. Si presentano 3 casi. TERRA SABBIOSA ( INADEGUATO ) Quando il cilindro si rompe prima di raggiungere il 5 cm. TERRA ARGILLO‐SABBIOSA ( ADEGUATA ) Quando il cilindro si rompe raggiungendo una lunghezza tra 5 e 15 cm. TERRA ARGILLOSA ( INADEGUATO ) Quando il cilindro raggiunge una lunghezza maggiore di 15 cm. PROVA DI RESISTENZA ( prova del disco ) Consiste nel prelevare della terra umida ed elaborare 5 dischi di 3 cm di diametro per 1.5 cm di spessore; lasciarli seccare 48 ore e poi cercare di romperli. Si presentano due casi: RESISTENZA INADEGUATA Quando il disco si schiaccia facilmente RESISTENZA ADEGUATA Quando il disco si schiaccia con difficoltà o si rompe con un suono STABILIZZAZIONE DEI SUOLI L'argilla in presenza dell'umidità può cambiare volume perciò bisogna controllare se aumenta quando assorbe acqua e se diminuisce quando si secca; questo fenomeno origina l'erosione dell'adobe e dunque, la perdita di stabilità e resistenza dei muri. Si utilizzano come stabilizzatori per impermeabilizzare l'adobe i seguenti prodotti industriali: asfalto ( in una proporzione di 1 a 3% ), cemento ( 10 a 12% ) o calce ( 15 a 20% ); questi prodotti migliorano la qualità dell'adobe ma elevano il suo costo da 3 a 5 volte, un'alternativa è utilizzare stabilizzatori, unicamente nella terra dove si deve costruire il muro. Un’altra alternativa per diminuire il costo è utilizzare stabilizzatori di provenienza vegetale che si trovino facilmente nelle zone in cui si stanno fabbricando i mattoni. FABBRICAZIONE DELL'ADOBE DIMENSIONAMIENTO DELL'ADOBE Poiché le dimensioni dell'adobe sono varie è conveniente precisare alcune raccomandazioni di carattere generale. La lunghezza non deve essere maggiore del doppio della sua larghezza più lo spessore di un giunto di colla. Tanto la lunghezza quanto la larghezza avrà una dimensione massima di 40 cm. L'altezza non deve essere maggiore di 10 cm. La relazione tra la lunghezza e l'altezza deve essere approssimativamente di 4 a 1 per permettere una traslazione orizzontale in proporzione 2 a 1. Ciò offre sicurezza rispetto all'effetto di taglio prodotto dai sismi Per facilitare la costruzione e avere dei mattoni con comportamento meccanico migliore si raccomanda la forma quadrata dell'adobe con dimensioni di 38x38x8 cm. Mentre all'aggiungere della colla con spessore di circa 2 cm le dimensionate finali sono 40x40x10 cm. PREPARAZIONE DEL FANGO Inzuppare il suolo e ritirare le pietre maggiori di 5 mm o altri elementi strani. Mantenere il suolo umido in riposo per 24 ore. IMPASTO Aggiungere al fango la quantità di acqua necessaria e realizzare l’impasto con zappe e rastrelli o con i piedi, pestando e camminando energicamente. Aggiungere all’impasto materie inerti composte di fibre di paglia o pascolo secco con una proporzione del 20% in volume. Nel caso si utilizzasse asfalto come stabilizzatore, incorporarlo all’impasto prima della paglia e mescolarlo adeguatamente finché scompaiano le macchie di asfalto. Prima di realizzare il getto, si raccomanda di verificare l'umidità corretta della miscelazione mediante la seguente prova: Prendere un pugno di terra e formare una palla. Lasciare la cadere al suolo da un'altezza di un metro. Se si rompe in pochi pezzi grandi, c'è sufficiente acqua; se si schiaccia senza rompersi, c'è troppa acqua; e se si polverizza in molti pezzi piccoli, manca acqua. GETTO Il getto può avvenire tradizionalmente, utilizzando stampi senza fondo e vuotando l’impasto dello stampo direttamente sul terreno, o anche utilizzando stampi con fondo, che permettono di produrre adobe più uniformi e più resistenti. Il fondo dello stampo deve essere fatto con una rifinitura rugosa e con scanalature di circa 2 mm negli estremi. Gli stampi saranno di legno di buona qualità; la loro vita utile può prolungarsi proteggendo i bordi con della ghiera metallica. Per la fabbricazione degli stampi si deve considerare il restringimento dell'adobe durante l'essicazione, il quale può determinarsi con adobe di prova, in modo che l'adobe secco corrisponda alle dimensioni previste nel disegno. Il getto si effettua nella seguente maniera: Lavare lo stampo e spargere arena fine nelle sue facce interiori prima di ogni uso. Formare una palla con il fango e gettarla con forza nello stampo. Questa deve essere sufficientemente grande per riempire tutta la capacità dello stampo. Per tagliare gli eccessi di impasto ed appiattire la superficie si utilizza una regola di legno. Agitare con leggere scosse verticali. Se subito dopo aver ritirato lo stampo l'adobe si deforma o si incurva è perché il fango ha molta acqua. Se l'adobe si fessura o si rompe è perché il fango è molto secco. ESSICAZIONE ED IMMAGAZZINAMENTO Per l’essicazione dell'adobe, utilizzare una superficie orizzontale, pulita e libera di impurità organiche o sali. Questo telone dovrà tenere la produzione per una settimana, dovrà essere coperto se vi sarà tempo molto caldo o piovoso. Spolverando arena fine su tutta la superficie del telone si evita che si attacchi ai mattoni. Dopo 3 giorni i mattoni si potranno mettere su di un lato e dopo una settimana si dovranno impilare. CONTROLLO DI QUALITÀ Se alla quarta settimana il mattone di prova presenta crepe o deformazioni, bisogna aggregare paglia al fango. E se, sempre alla quarta settimana, non resiste sotto il peso di un uomo si deve aggregare argilla al fango. ASPETTI COSTRUTTIVI UBICAZIONE E PREPARAZIONE DEL TERRENO UBICAZIONE DEL TERRENO Il terreno di fondazioni deve corrispondere il più possibile a suolo fermo ( suolo di Tipo I delle norme basi del disegno sismo‐residenziale ), non si costruiranno in suoli morbidi (suolo di Tipo lll ) né in terreni la cui capacità portante è minore di 1.5 Kg/cm2. Si deve evitare si costruire in zone prossime ai pantani, fiumi, mare, in zone di ripieni e zone di contatto; nemmeno si costruiranno in zone basse, né in terreni con molta pendenza. PREPARAZIONE DEL TERRENO Le attività preliminari di una costruzione di adobe sono le comuni opere di pulizia, livellazione e tracciamento. FONDAZIONE Le fondazioni e sovra fondazioni per i muri di adobe seguono lo stesso processo di esecuzione costruttiva che si realizza per una fondazione convenzionale. Lo scavo per le fondazioni deve avere una profondità minima di 40 cm ed essere per lo meno 20 cm più largo che il muro che si deve costruire. Le proporzioni del volume dei materiali che si devono utilizzare sono: 1 di cemento per 10 di inerti, cioè 1 borsa di cemento per 5 carriole di inerti. Si deve aggiungere la maggiore quantità possibile di pietra grande, che normalmente costituisce un terzo del volume del fondamento. Le sovrafondazioni avranno un'altezza minima di 25 cm. Sopra il livello del suolo per proteggere i primi filati di adobe dell'erosione provocata dalle piogge. Le proporzioni in volume dei materiali che si devono utilizzare sono: 1 di cemento per 8 di inerti, cioè 1 borsa di cemento per 4 carriole di inerti. Per il rinforzo dei muri si possono usare materiali locali ( legno, canna o altri); questi dovranno ancorarsi nella fondazione. In zone piovose si raccomanda la costruzione di un piccolo canale di 15 cm. di profondità per 20 cm. di larghezza per prosciugare l'acqua di pioggia che cade dai tetti. MURI NORME BASE A) CRITERI PER IL DIMENSIONAMIENTO DEI MURI L'altezza massima del muro non deve essere maggiore di 8 volte il suo spessore. La lunghezza di un muro compreso tra due contrafforti o la distanza tra due muri perpendicolari a lui, non deve essere maggiore di 10 volte il suo spessore. Tutti le aperture dovranno essere centrate. La larghezza non deve essere maggiore che 1.20 m. La distanzia tra un angolo ed una apertura non deve essere inferiore a 3 volte e lo spessore del muro e come minimo 0.90 m. La somma delle larghezze delle aperture in una parete non deve essere maggiore di un terzo della sua lunghezza. L'incassatura di un architrave isolato non deve essere inferiore a 40 cm. Non è raccomandabile fare angoli maggiori di 90°. B) RINFORZI in caso di costruzione in zone sismiche. Le costruzioni di adobe saranno rinforzate per sopportare adeguatamente le sollecitazioni sismiche. Il rinforzo nei muri sarà orizzontale e/o verticale. Come rinforzi orizzontali dei muri si può utilizzare: canna o simili posizionate orizzontale ogni 4 file di mattoni come massimo, cotte negli incontri. Si rinforzerà il giunto che coincide con il livello superiore ed inferiore di tutti le aperture. Dovranno coincidere i livelli superiori ed inferiori delle aperture ( porte e finestre ). Come rinforzo verticale, si dovranno collocare canne in foro di minimo 5 cm di diametro lasciato nei blocchi. Si assicurerà l'aderenza riempiendo i vuoti con malta. Il rinforzo verticale di canna dovrà stare ancorato alla fondazione e fissato alla trave superiore. Si userà canna matura e secca. Nella superiore dei muri si collocherà necessariamente una trave che possibilmente deve coincidere con gli architravi di porte e finestre. In tutti gli incroci le travi in uno stesso livello staranno saldamente legate per evitare che si aprano. Nei timpani nella sua parte più alta si collocherà un’altra trave. La trave si ancorerà al muro. Nel caso si usino rinforzi verticali, si potrà realizzare l'ancoraggio della trave, cosi come si mostra nella seguente figura Secondo i materiali che si trovano nella regione, questo trave può essere come mostra la seguente tavola. TIPI DI ORMEGGIO Secondo la formazione dell’adobe, rettangolare o quadrato, avremo diversi tipi di ormeggi. I mattoni devono restare perfettamente uniti in tutte le situazioni di raccordo tra muri. a) L'ormeggio a capofitto si utilizza con addobbi rettangolari. b) Con l’adobe quadrato si utilizza un solo tipo di ormeggio. MURATURA Il posizionamento dell'adobe segue procedimenti simili alle altre murature. Gli adobe dovranno avere completato il proprio processo di essicazione, essere puliti e bagnati prima dell'insediamento affinché non assorbano l'acqua del mortaio e abbiano una buona aderenza ad esso. La malta si prepara con fanghi e paglia in forma simile all’impasto che si utilizza per la fabbricazione degli adobe. Le proporzioni in volume dei materiali sono 1 di fango per 1 di paglia o pascolo secco. I giungi orizzontali e verticali non dovranno superare i 2 cm e dovranno essere riempiti completamente. Evitare la continuità dei giunti verticali nei vani. Per collocare il rinforzo orizzontale di canna si distribuisce la metà della miscelazione sull'adobe, si collocano le canne divise in strisce, si copre con il resto della miscelazione e si procede a posizionare gli adobe della fila seguente. Negli incontri i rinforzi si legano tra loro, con corde o fil di ferro. TETTI È importante studiare la pendenza dei letti e la lunghezza del tetto che fuoriesce dalla linea della muratura in relazione alle condizioni climatiche di ogni luogo; la pendenza può variare dal 15 al 30% e le estremità perimetrali avranno una lunghezza minima di 50 cm. per impedire che i muri si inumidiscano per l'acqua delle piogge. I tetti dovranno essere leggeri. Il sistema tradizionale della struttura del tetto consiste in longherine di tronchi di legno appoggiato sulla trave principale. Per luci comprese tra 3.00 e 3.50 m si raccomandano tronchi di eucalipto di 4" di diametro con una spaziatura da 60 a 80 cm. Sulle longherine si inchiodano canne di bambù divise e schiacciate; si colloca la parte polposa verso il basso per una migliore aderenza dell’intonaco interiore. Sulle canne si getta del fango di 1,5" di spessore. Il 50% del volume del fango deve contenere paglia o pascolo secco per alleggerire il peso e diminuire le screpolature. In zone piovose, al fango si deve aggiungere asfalto nella proporzione del 2% del peso, se non si utilizza asfalto si dovrà collocare una copertura di lamina di amianto, cemento o tegole. RIVESTIMENTI Si raccomanda il rivestimento dei muri per proteggerli dall'umidità. Esistono differenti modi per rivestire il muro, dipende dal materiale che si usa e da come si fissa al muro, per esempio, la terra o il gesso aderiscono facilmente, mentre il cemento ha bisogno di una metodologia diffetente. Il materiale di rivestimento deve essere somigliante al materiale del muro affinché aderisca e non si stacchi. Si raccomandano le seguenti alternative: RIVESTIMENTO DI TERRA Si utilizza lo stesso fango del muro, con un 50% in più di arena ed il 2% del peso di paglia o pascolo Secco; questo fango può consolidarsi con asfalto in una proporzione del 2% RIVESTIMENTO DI GESSO CON CALCE Primo strato: rivestire con terra. Secondo strato: 1 parte di gesso, 1 parte di arena e 1/10 parte di calce. RIVESTIMENTO DI TERRA CON CALCE Utilizzare una miscela composta di 5 parti di terra e 1 parte di calce spenta. RIVESTIMENTO DI TERRA CON CEMENTO Utilizzare terra sabbiosa e mescolare 10 parti di terra con 1 parte di cemento; impiegare un sistema di messa in opera utilizzando giungi infossati nei muri o una maglia metallica (alto costo). RIVESTIMENTO DI ARENA, CEMENTO E CALCE Utilizzare una miscela composta da 1 parte di cemento, 1 parte di calce e da 6 a 8 parti di arena. Impiegare una rete di filo di ferro o maglia inchiodata per la messa in opera. RACCOMANDAZIONI Di preferenza si devono utilizzare adobe quadrati perché permettono una soluzione semplice di ancoraggio dei muri e permettono l'incorporazione di contrafforti che seguono i muri interni (soluzione che consegue una maggiore lunghezza di ancoraggio del rinforzo orizzontale) e di singoli contrafforti lungo la muratura perimetrale (soluzione per controventature di muri lunghi). La lunghezza minima del contrafforte sarà uguale allo spessore del muro. Questi contrafforti facilitano il futuro ampliamento della casa Si ottiene un buon ancoraggio con i muri nuovi, senza indebolire l’unione o l’angolatura dei muri già esistenti.