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BAMBINI AL CENTRO Newsletter di Amici dei Bambini RDC Marzo 2011 Numero 02 / 2011 Asa kudi tshibawu, kuashi kudi muanenu (Se sei dentro un problema, sii giusto verso il fratello) Carissimi Sostenitori! Ecco cosa troverete in questo numero: 1. 2. 3. 4. 5. Il bambino non amato e abbandonato Essere straniero è positivo o negativo? Di cosa sono responsabile? Una realtà L’amore che supera il rischio Il bambino non amato e abbandonato In quanto assistente sociale, sono già abituato a sentir parlare regolarmente dell’abbandono di bambini. Questo fatto è ormai diffusissimo nella Repubblica Democratica del Congo ed in particolare a Kinshasa. Fermarmi e parlare con i bambini abbandonati è quasi diventato il mio pane quotidiano. Ogni giorno sono con loro, ascolto la loro storia, dò loro dei consigli e soprattutto li incoraggio a lavorare duro ed a studiare per avere un avvenire migliore. I bambini abbandonati sono diventati i miei compagni di tutti i giorni. Penso e rifletto sui bambini abbandonati. La mia macchina fotografica è piena di loro foto : non sono molto belli da vedere, soprattutto perchè questi bambini sono per la maggior parte molto sporchi, in quanto non hanno avuto persone che si sono occupate di loro. Non conoscono l’amore e l’affetto di una madre. Sono abbandonati a loro stessi nonostante siano ancora così giovani. La domanda più importante che bisgona farsi è : Chi può dare a questi bambini la felicità? O meglio, Chi può dar loro la fiducia in loro stessi? Il caso di un bambino del centro partner « Ange Gabrielle » di nome Jean Egodo ci può essere utile e interessante per meglio capire questa situazione. Questo bambino è orfano di padre. Mi ha detto che sua madre non lo ama, lo maltrattattava regolarmente fino a cercare di rompergli le braccia. In più, è proprio sua madre che ha cercato di sbarazzarsene due volte accusandolo di essere un bambino stregone. La prima volta, è stato a l’UPN ed i poliziotti avevano interpellato la madre e l’avevano obbligata a riprendere il proprio figlio. La seconda volta la mamma è veramente riuscita a commettere il fatto. Ha gettato ed abbandonato suo figlio in un altro quartiere della capitale. Il bambino ha detto « la mamma non mi ama e minaccia di farmi del male, ecco perchè mi ha abbandonato ». Queste affermazioni sono state confermate all’epoca dell’inchiesta da conoscenti e da altri membri della famiglia. Questo bambino che non ha mai conosciuto l’amore di un padre e l’affetto di una madre, sarà ospitato al centro attraverso il canale dei servizi sociali del comune di Ngaliema. Arrivato al centro, le governanti si sono prese cura del bambino e gli hanno dato l’affetto che non aveva mai conosciuto. É allora che il bambino mi dirà che preferisce restare nel centro perchè è là dove qualcuno si occupa meglio di lui. Il bambino ha dunque ritrovato l’affetto che ha sempre cercato. E oggi, si rallegra di essere nel centro. Paul Masayidi Assistant social/AiBi-Kinshasa Pagina 2 Essere straniero è positivo o negativo? É difficile rispondere a questa domanda, la persona meglio indicata è lo straniero e l’esperienza da lui vissuta. Sì, a volte è difficile essere nuovi; noi vi andiamo a raccontare la storia di questo bambino e voi andrete a rispondere mettendovi al posto del bambino, come sarebbe la vostra risposta a questa domanda : essere stranieri è positivo o negativo? Come vi sentireste dopo aver vissuto questa situazione? Ecco la storia : siete pronti e attenti? Grazie. Si tratta di un piccolo bambino di 9 anni che si chiama Geon; questo bambino viveva in un villaggio nel fondo di una delle province della RDC ed è andato con sua madre in un quartiere di Kinshasa di cui non conosciamo il nome. Sono arrivati la sera; la mattina seguente la madre ha mandato il fratello più grande al mercato con Geon (poichè da noi quando c’è una visita di un fratello ritornato in famiglia tutti vogliono stare al suo fianco). É per questo che nè Geon nè la mamma potevano rifiutare di accompagnarlo. Cos’è successo? Sono partiti; una volta arrivati là, a causa della confusione e dell’animazione che regnano nei nostri mercati e a causa della curiosità di Geon, si è ritrovato solo. Dunque Geon si è smarrito e si è ritrovato in un istituto dove è stato accolto da amici e da un operatore del centro che dovrebbe ascoltarlo al fine si sapere la sua provenienza ed il motivo per il quale si è ritrovato al centro; ed è qui l’amore delle cose; Gèon non conosce il nome della famiglia nè il suo indirizzo nè il comune di provenienza, la via…e davanti a questa situazione possiamo dire con riserva che sia normale perchè era arrivato di sera e non ha avuto il tempo di conoscere dove fosse. Potremmo anche dire che doveva essere la mamma ad indicare al bambino il luogo durante il tragitto in barca. Ma concludiamo che questo non è Pagina 3 stato fatto e che la mamma non pensava certo a questo incidente. Oggi Gèon è al centro malgrado lui voglia tornare in famiglia ma non ha nessun riferimento e d’altra parte l’operatore non sa fare le inchieste per la mancanza di indizi importanti per cercare la famiglia. Se bisogna andare in televisone per lanciare un appello e lasciare la foto, c’è un problema di elettricità e per di più se proviene da un mezzo periferico della città non c’è proprio copertura e se i vicini o gli amici seguissero l’appello sarebbero in grado si sapere se veramente sia Gèon? Un lungo processo che richiede pazienza sia nostra che del bambino, ecco; ecco la storia e la situazione che succede ai bambini che si trovano al centro o sono in strada; mentre rispondete a queste domande mettetevi nei panni come se fosse vostro figlio. Grazie e buon esercizio. Marthe Alombe Psychologue consultante Di cosa sono responsabile? Gaylord ci racconta : ho 12 anni, sono il primogenito di una famiglia con 6 bambini. Mio padre è un militare. Mia madre è una venditrice nel mercato della stazione, non lontano dal campo militare. Tutte le mattine mia madre mi sveglia per andare a portare la sua merce al mercato. Trascorro le mie giornate alla stazione per guadagnare un pò di soldi per soddisfare il bisogno alimentare della mia famiglia. Faccio un pò di tutto : trasporto i bagagli, faccio da guida alle persone che vogliono andare al porto, e se non guadagno niente durante la giornata sono costretto a rubare. Quando la mamma è malata o incinta, e io non trovo niente, la mia piccola famiglia trascorre anche due giorni senza mangiare. Al ritorno di mio padre la sera, se non trova niente da mangiare, mi colpisce con la sua cintura. Tutto questo mi ha portato a rubare. Un giorno, quando mia mamma era incinta, lei non poteva più vendere allora ero rimasto solo io a provvedere ai bisogni della famiglia; per la paura di essere colpito da mio padre ho deciso di fuggire dal tetto paterno e di andare a vivere nella strada. Là ero felice e libero ma la mia famiglia mi mancava molto. Andavo a vedere mia mamma al mercato per darle un pò di denaro per aiutare i miei fratelli. Ho tante domande nella mia testa : perchè devo essere picchiato se non guadagno niente? Devo essere io a soddisfare i bisogni della mia famiglia? In cosa sono responsabile? La mia testa ronzava, non riuscivo più a dormire. Gli amici mi hanno offerto droga per non pensare più alla mia vita ma qualche cosa in me mi dice di non farne uso. Un bel giorno, ho reincontrato amici che mi volevano bene e che erano pronti ad aiutare la mia famiglia e a pagare la mia istruzione. Che gioia! Ciò che mi rassicurava e che mi spinse ad accettare questa offerta è stato solo l’amore che sentivo da queste persone. Grazie! Adidja KASINDI Stella Pagina 4 Una realtà Benchè mi trovi in un istituto provvisorio per la mia situazione di abbandono e sia anche protetto da tutti i tipi di abuso : stupro, rapimento, delinquenza giovanile ed altri… Ho una realtà da dire! La vita in un istituto in Congo, e più precisamente a Kinshasa è molto difficile. Per avere il cibo, gli incaricati vanno nei campi dove ci sono le verdure in vista della raccolta per accompagnarle al riso o con la farina di manioca; il coordinatore ci da una razione di fagioli e del riso senza tenere conto dei nomi dei bambini che vanno a mangiare. In tutto ciò, l’obiettivo è di mettere qualcosa nella pancia, ci racconta Sheila, un piccolo bambino di 8 anni vittima di malnutrizione che vive al centro MHEED. É alla sera che vanno a preparare il cibo. Al centro mangiamo una sola volta al giorno la notte prima di dormire. Da noi, la modesta colazione, la cena e la modesta merenda non esistono, esiste la morte improvvisa (significa mangiare una volta al giorno). Attenzione, quando piove, non mangiamo perchè prepariamo il cibo fuori e la legna è bagnata. La cucina non esiste, il refettorio non ne parla perchè mangiamo fuori per terra, al suolo. Non appena finito di mangiare, ciascuno di noi si dirige verso il dormitorio e va a dormire. Quale vita? Chi al mondo può accettare di vivere una vota così? Ah! É una realtà è vissuta da me. Christine MAHANA Aibi -Kinshasa Pagina 5 Oggi vado a parlarvi di un argomento delicato che può diventare tragico, cioè di un caso che ha subito una famiglia accogliente, in seguito all’abbandono di un bambino. L’esempio di un bambino di cui ho visto il reportage qualche mese fa. Una donna ha abbandonato il proprio figlio di due mesi nel comune di Kisenso, poichè non si sentiva mamma. Il comune gli ha trovato una famiglia d’accoglienza. Il bambino è adottato, coccolato, ed è felice con la sua nuova famiglia durante gli anni. É una felicità totale per questa famiglia che non poteva avere figli. Tutto andava bene fino a quando un giorno arriva una terribile notizia, la vera madre del piccolo riappare e decide di riavere il bambino. Il piccolo ora ha 12 anni ed è evidente il dramma per lui e per i suoi nuovi genitori a causa dei legami che si sono creati durante tutti questi anni e non è questione che loro non vogliano il bambino infatti lo considerano loro figlio, e viceversa. Lacrime, battaglie giuridiche, la famiglia di accoglienza ha deciso di combattere. Il giorno del processo la decisione del giudice è come una pugnalata per questa famiglia, devono ridare il bambino alla madre biologica. Che sia beninteso, il bambino non capisce che di colpo deve andare a vivere con una sconosciuta, poichè per lui la vera madre è quella che lo ha accolto. Dunque rifiuta, ma la legge è la legge, e ci si deve attenere. La famiglia accogliente ha fatto appello, e dopo lunghi mesi d’attesa ha finalmente vinto e recuperato il bambino, poichè è stato dimostrato che la mamma biologica non avrebbe potuto occuparsi di lui. Inutile dire che è stato un momento di grande gioia. Ecco la storia. Doudou Gabriel DJUMASUMBU L’amore che supera il rischio Kalonji Muamba Qualche settimana fa tutte le formalità amministrative e giudiziarie erano quasi alla fine, la preparazione del bambino ad incontrare i suoi genitori era già stata fatta. Eravamo in attesa di una coppia che doveva arrivare enl paese in vista di riprendere il loro bambino che aveva già trascorso molte settimane al di fuori dell’ambiente familiare. Nel giorno in cui la coppia doveva arrivare, un annuncio dice che nel paese alcuni uomini armati non identificati hanno attaccato il capo dello stato congoloese. Il panico si era sparso a tal punto che gli agenti di sicurezza dell’aeroporto hanno bloccato gli atterraggi dei voli in arrivo e li hanno fatti tornare indietro. LA REDAZIONE DI QUESTO NUMERO: Pagina 6 Francesca Pieralli Volontaria Espatriata Ai.Bi RDC Paola Castiati Volontaria Espatriata in formazione Ai.Bi. RDC La newsletter “Bambini al centro” è un servizio che abbiamo denominato SOL (Sostegno On-Line). L’idea è quella di trasmettere via e-mail la newsletter contenente notizie contenente estratti dei report settimanali redatti dai volontari espatriati e notizie sui progetti e le iniziative di Ai.Bi. RdC. Abbiamo pensato di utilizzare la posta elettronica, poiché è uno strumento che consente di raggiungere un grande numero di utenti ad un costo minimo. 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