Libro Qualità dell`energia Pagine 34-50

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Libro Qualità dell`energia Pagine 34-50
Qualità dell’energia: show it easy!
SECONDA PARTE
In questa parte della pubblicazione si introdurranno alcune
argomentazioni tecniche necessarie per comprendere
meglio gli esempi pratici riportati nella terza parte della
pubblicazione e riferiti alla rete di distribuzione pubblica e in
impianto.
Chiaramente si tratteranno questi argomenti senza
approfondirne i contenuti per non appesantirli con
innumerevoli nozioni di elettrotecnica teorica di cui
si dovrebbe dibattere. L’importante sarà cogliere la
circostanza che potrà diventare lo spunto di un ulteriore
approfondimento tecnico da parte del lettore.
Il risultato di questo secondo capitolo comprende quindi un
mix trasversale d’informazioni di base teoriche applicate a
esempi reali di fenomeni elettromagnetici.
È comunque lecito e importante rilevare che le varie
parentesi aperte, sempre relative agli argomenti trattati,
sottintendono di solito ad altrettanti argomenti discussi e
normati dai vari comitati tecnici nazionali e internazionali,
specialmente nel merito della sicurezza o contro il
pericolo della folgorazione della persona fisica. Non si
può, ad esempio, disquisire di sistemi di distribuzione
dimenticandosi le regole che vincolano tali sistemi a precise
condizioni e verifiche progettuali nel merito della protezione
dai contatti diretti o indiretti.
La scelta di semplificare gli argomenti trattati non deve
comunque far dimenticare al lettore l’esistenza di questi
legami.
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Sommario
Seconda Parte
12.La propagazione dei disturbi sulle reti di distribuzione ................................................. p 36
13.Linee elettriche: correlazioni tra tensione di arrivo e partenza..................................... p 39
14.I sistemi di distribuzione elettrica...................................................................................... p 43
14.1 La rete di mt e le correnti capacitive: approfondimento!............................................ p 47
15.Disturbi elettromagnetici condotti di bassa frequenza tipici.......................................... p 51
15.1 La variazione della tensione ........................................................................................ p 51
15.2 Variazione rapida della tensione ................................................................................. p 52
15.3 Buco di tensione .......................................................................................................... p 55
15.4 Breve e lunga interruzione elettrica ............................................................................. p 57
15.5 Sovratensioni elettriche a frequenza di rete................................................................. p 59
15.6 Sovratensioni elettriche transitorie............................................................................... p 61
15.7Armoniche.................................................................................................................... p 70
15.8 Risonanza elettrica....................................................................................................... p 79
15.9Ferrorisonanza.............................................................................................................. p 83
15.10Dissimmetria della tensione e squilibrio della corrente................................................ p 87
15.11Flicker........................................................................................................................... p 89
15.12Frequenza:................................................................................................................... p 91
15.13Fattore di potenza........................................................................................................ p 94
16.Influenze indirette alla qualità dell’energia....................................................................... p 99
17.Collegamenti equipotenziali – messa a terra.................................................................. p 103
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12. La propagazione dei disturbi
sulle reti di distribuzione
Il seguente capitolo vuole dimostrare come la capacità di una rete di distribuzione a
contenere i disturbi elettromagnetici sia legata all’impedenza e alla potenza di cortocircuito
della rete stessa.
Premettiamo che l’utenza finale, rappresentata da un singolo soggetto o da un’industria,
può beneficiare dell’utilizzo dell’energia elettrica grazie a tre basi importanti su cui si regge
l’intero mondo della fornitura elettrica. Queste tre fondamenta sono rappresentate dalla
generazione, dal trasporto e dalla distribuzione elettrica.
Utilizzando quindi una semplice schematizzazione grafica del flusso dell’energia elettrica
dalla generazione (G) all’utilizzatore finale (Ut), rappresentiamo in figura 12a quanto
appena enunciato.
Figura 12a: Flusso energia elettrica su una rete di distribuzione trifase
Dalla centrale elettrica di produzione (G) partono elettrodotti ad altissima tensione che
trasportano l’energia e che alimentano le stazioni elettriche, quindi, diminuendone il valore
numerico in kilovolt, le sottostazioni elettriche e infine le cabine elettriche di trasformazione
da media a bassa tensione. Le linee di bassa tensione, usualmente in cavo, alimentano
l’utilizzatore finale (Ut). Certamente la realtà è molto più complessa della semplice
raffigurazione. Una fornitura elettrica, ad esempio, può avvenire anche in media o alta
tensione, ma questo modello è sufficiente per proseguire nella nostra dimostrazione.
Ridisegniamo quindi la rete considerando l’andamento arbitrario dell’impedenza e della
caduta di tensione dalla generazione elettrica (G) all’utilizzatore finale (Ut). Vedi figura 12b.
Figura 12b: Andamento impedenza e della caduta di tensione (cdt) sulla distribuzione elettrica
Analizzando il grafico si osserva che l’impedenza è crescente e raffigurata con un aumento
soft lungo i tratti di collegamento tra le varie officine di trasformazione, mentre sale
bruscamente alla presenza dei trasformatori elettrici.
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Ricordiamo che l’impedenza di rete, cui è associata una potenza complessiva (S), è
composta di una componente resistiva (R), cui è associata una potenza attiva (P), e una
componente reattiva (X) che può essere di tipo induttiva (+JXL) o capacitiva (-JXC), cui
è associata una potenza reattiva (Q). L’equazione dell’impedenza è rappresentata dalla
formula 12.1.
Formula 12.1
Le rappresentazioni vettoriali, nella modalità di sistema induttivo o capacitivo, sono riportati
nei diagrammi 12a e 12b. L’angolo (j) è detto angolo caratteristico del sistema.
Diagramma 12a: Diagramma vettoriale
dell’impedenza elettrica (sistema induttivo)
Diagramma 12b: Diagramma vettoriale
dell’impedenza elettrica (sistema capacitivo)
La resistenza elettrica degli elettrodotti dipende dai materiali costruttivi delle condutture, ma
anche dalle sezioni dei cavi e dalle distanze delle linee, mentre la componente reattiva è
dovuta prettamente a un fenomeno intrinseco nella natura della corrente elettrica alternata.
L’induttanza (L) della linea dipende, infatti, da fenomeni di auto o mutua induzione dovuti
al campo elettromagnetico generato dalla corrente elettrica che la percorre, mentre il
parametro capacità (C) è dovuto alla fisiologica presenza delle correnti di dispersione,
legate alla tensione che alimenta la linea e agli isolanti. I trasformatori sono invece
macchine elettriche che, per loro natura costruttiva, utilizzano la componente induttiva per
generare un flusso magnetico in un nucleo ferromagnetico al fine di potere trasferire la
potenza elettrica da un avvolgimento primario a un avvolgimento secondario, variandone
le caratteristiche numeriche di tensione e corrente. Anche nei trasformatori esiste una
componente resistiva legata ai materiali costruttivi degli avvolgimenti, ma l’impedenza
caratteristica prevalente dei trasformatori è di tipo induttiva (JXL).
L’impedenza dei trasformatori ha prevalenza sulle impedenze di linea, ed ecco spiegato
perché l’andamento dell’impedenza in figura 12b è più accentuato in prossimità dei
trasformatori.
Ora immaginiamo che l’utenza (Ut) sia rappresentata da un carico elettrico e che stia
assorbendo una potenza elettrica costante dalla rete, quindi una determinata corrente
elettrica (IL).
Rappresentiamo quindi l’equazione che determina il calcolo della potenza complessiva (S)
assorbita dal carico che dipende dalla tensione concatenata (Vc) e dalla corrente (IL) e che
è esprimibile nella formula 12.2:
Formula 12.2
Essendo la nostra rete di distribuzione rappresentata a vari livelli di tensione e teorizzando
una configurazione ideale, è logico osservare che a parità di potenza trasportata (S) e
partendo dal carico (Ut) risalendo sino alla generazione elettrica (G), se la tensione (Vc)
aumenta, la corrente (IL) deve necessariamente diminuire.
Considerando che anche l’impedenza di rete diminuisce nello stesso percorso, come
visibile in figura 12b, e sapendo che la tensione elettrica (Vc) è legata al prodotto tra
l’impedenza (Z) e la corrente (IL), allora si può affermare che le cadute di tensioni (ΔV),
calcolabili sulle linee a maggior potenziale elettrico, sono inferiori rispetto alle cadute
di tensioni calcolabili sulle linee a media e bassa tensione. Sia chiaro che i metodi di
calcolo delle cadute di tensioni sulle linee sono più complessi, ma la semplicità facilita la
comprensione.
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Consideriamo ora i valori della potenza di cortocircuito (Scc) esistenti sui vari rami della
linea di distribuzione. La formula 12.3 ci permette di calcolare questa grandezza elettrica,
moltiplicando la tensione concatenata tra le fasi (Vc) per la corrente di cortocircuito (Icc):
Formula 12.3
La corrente di cortocircuito (Icc), a sua volta, è ricavabile dividendo la tensione di fase
(Vf) per l’impedenza (Z). Considerando poi che , il calcolo della (Icc) diventa
esprimibile come in formula 12.4:
Formula 12.4
Sostituendo opportunamente la formula 12.4 nella formula 12.3 si giunge alla formula 12.5:
Formula 12.5
Da quest’ultima formula (12.5) si evince che minore è l’impedenza di rete, maggiore è la
potenza di cortocircuito. Le due grandezze sono, infatti, inversamente proporzionali. Con
riferimento alla figura 12b, la potenza di cortocircuito più elevata è quindi calcolabile sulle
linee a maggior potenziale elettrico, dove appunto l’impedenza di rete è anche inferiore.
Ipotizziamo ora che l’utenza (Ut) sia sostituita da un carico non lineare, quindi associabile
a un ideale forte generatore di correnti armoniche. I disturbi condotti generati, le nostre
armoniche, percorrendo tutta la linea della distribuzione elettrica, genereranno cadute di
tensione corrispondenti alle frequenze armoniche delle correnti (ricordiamo che, come
ricavabile dalla formula 12.4, la tensione elettrica è data dal prodotto dell’impedenza per la
corrente). La somma vettoriale delle tensioni armoniche con la tensione fondamentale di
rete a 50Hz, porterà a una distorsione complessiva di quest’ultima.
Le reti ad alto voltaggio essendo caratterizzate da una bassa impedenza di rete, quindi
da un’elevata potenza di cortocircuito, saranno più capaci di tollerare tali disturbi proprio
perché le correnti armoniche genereranno tensioni armoniche poco espressive. Quindi le
reti ad alto voltaggio saranno meno propense alla propagazione dei disturbi.
Pur partendo da due visuali diverse, cioè dal calcolo dimostrativo delle cdt sulle linee e
dal considerare il metodo di calcolo della potenza di cortocircuito sulla rete, si giunge
comunque allo stesso risultato.
Una considerazione comune ai nostri ragionamenti sta nel fatto che le reti sono realizzate
al fine di sopportare una determinata potenza elettrica continuativamente e che il
corretto dimensionamento della rete è la garanzia necessaria affinché i limiti termici dei
conduttori e trasformatori restino contenuti e confinati nelle loro capacità nominali. Lo
stesso ragionamento è valido anche per le cadute di tensione sulle linee che devono, per
rispettare le condizioni di fornitura, essere contenute.
Nella realtà quotidiana le reti di distribuzione, per mille motivi legati ad esigenze di
esercizio, di fornitura elettrica, di disponibilità di centrali di produzione, da esigenze di
manutenzione delle linee ecc…, sono configurate in diversi modi, con la possibilità di
creare situazioni favorevoli alla diffusione dei disturbi.
Non è comunque il caso delle reti AAT e AT (altissima e alta tensione) poiché essendo fra
loro interconnesse, sono caratterizzate da una bassa impedenza equivalente. Le reti di MT
e di BT (media e bassa tensione), essendo invece di solito configurate in modo radiale,
sono invece le più predisposte alla propagazione dei disturbi elettromagnetici poiché legate
ad impedenze di rete più elevate. Questo fatto si rileva spesso nelle zone rurali, dove può
esistere, per la morfologia del territorio, una mancanza di elettrificazione delle linee di MT
con un tasso elevato d’interruzioni della fornitura dell’energia elettrica.
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13. Linee elettriche: correlazioni
tra tensione di arrivo e partenza
La caduta di tensione (brevemente cdt) è un fenomeno elettrico dovuto al fatto che,
qualsiasi materiale conduttore utilizzi la corrente elettrica per il suo transito, possiede delle
proprietà fisiche naturali tali da offrire una resistenza elettrica al suo passaggio.
Dal capitolo §12 abbiamo appreso che nel regime alternato esistono due ulteriori
“componenti” che contribuiscono ad aumentare significativamente i valori di caduta di
tensione nei circuiti elettrici, cioè l’induttanza e la capacità, e che l’accostamento di queste
grandezze antagoniste con la semplice resistenza elettrica è definita impedenza elettrica
(Z). La formula 12.1 ne rappresenta l’espressione algebrica e i diagrammi 12a e 12b la
raffigurazione vettoriale.
Sempre dal capitolo precedente s’intuisce facilmente che la circolazione di corrente in
un circuito è possibile grazie alla presenza di un potenziale elettrico, cioè dalla presenza
di una tensione elettrica tra le fasi creata da un generatore elettrico e dalla presenza di
un utilizzatore finale (carico elettrico). Teoricamente a tanta potenza generata dovrebbe
corrispondere tanta potenza elettrica assorbita dal carico, ma nella realtà dei fatti, si assiste
a diverse perdite passive tanto più significative tanto più il rendimento del sistema è basso.
Una di queste passività è legata alla caduta di tensioni sulle linee o cavi di trasporto
dell’energia per via dell’impedenza elettrica.
La formula semplificata per il calcolo della caduta di tensione per una linea contraddistinta
da una resistenza RL, una reattanza XL, percorsa da una corrente elettrica (I), e alimentante
un carico caratterizzato da un angolo di carico (j) è indicata nell’espressione della formula
13.1:
Formula 13.1
La formula deriva dalle dimostrazioni grafiche di figura 13a e diagramma 13a. Infatti, in
caso di piccoli angoli di perdita (d) dovuti a parametri caratteristici della linea contenuti, è
possibile considerare un calcolo della caduta di tensione utilizzando le sole proiezioni dei
vettori rappresentativi delle perdite ohmiche e reattive della linea.
Figura 13a: Schematizzazione di una linea elettrica
Diagramma 13a: Diagramma vettoriale della linea elettrica
In virtù di ciò la tensione di arrivo (VA) di un sistema è sempre al netto della caduta di
tensione (ΔV) ed è possibile calcolarla semplicemente come indicato nella formula 13.2.
Formula 13.2
La formula 13.1 dimostra che la caduta di tensione (cdt) è direttamente proporzionale alla
corrente elettrica (I) quindi, un qualsiasi brusco aumento di quest’ultima grandezza è indice
di un conseguente brusco aumento della caduta di tensione (DV) sulla linea considerata.
Le norme d’impianto trattano l’argomento della caduta di tensione, fornendo tabelle con
valori percentuali limite da rispettare durante il normale esercizio della rete. Tuttavia le
variabili che entrano in campo, quando ci si riferisce agli istanti di determinati eventi quali,
ad esempio, l’avviamento di un motore o l’inserzione di un carico elettrico, sono attimi che
determinano elevate cadute di tensione dovute alle alte correnti transitorie in gioco.
La dinamica di questi fenomeni elettromagnetici (EMC) è associabile alla nascita di eventi
tipici, classificati dalle normative come variazioni lente o rapide di tensione.
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Esiste però un paradosso, facilmente spiegabile, per cui la tensione di arrivo (VA) può
essere superiore alla tensione di partenza (VP). Questo fenomeno si denota sulle linee
elettriche alimentanti carichi capacitivi. Una spiegazione grafica, vedi figura 13b, ne potrà
evidenziare il perché.
Figura 13b: Schematizzazione di una linea elettrica alimentante un carico capacitivo
Diagramma 13b: RL · I · cosϕ > XL · I · senϕ
(VA<VP)
Diagramma 13c: RL · I · cosϕ = XL · I · senϕ
(VA=VP)
Diagramma 13d: RL · I · cosϕ < XL · I · senϕ
(VA>VP)
La figura 13b schematizza una linea elettrica che alimenta un carico capacitivo (-JXC) ed è
caratterizzata da una resistenza (RL) e un’induttanza di linea (JXL).
I diagrammi vettoriali delle figure 13b, 13c e 13d rappresentano invece le possibili
combinazioni che si possono presentare a proposito dei parametri di linea. Nel caso del
diagramma 13d la tensione in arrivo è più elevata della tensione in partenza.
Queste situazioni potrebbero generare problemi in presenza di linee di trasmissione lunghe,
dove è la linea stessa a comportarsi da carico elettrico reattivo capacitico.
È il caso, ad esempio, verificatosi negli anni 20 alla messa in tensione a vuoto della linea
‘transiberiana’, la più lunga al mondo per l’epoca (circa 1200km), dove si assistette a un
guasto ai trasformatori di potenza.
La risposta a tutto ciò è sempre dovuta ai parametri longitudinali e trasversali delle linee,
quindi induttanze e capacità parassite che sulle linee aeree possono entrare fra loro in
risonanza.
Per la cronaca dell’epoca, il problema russo fu risolto grazie alla collaborazione con un
ingegnere elettrotecnico d’origine italiana e il fenomeno osservato prese il suo nome ed è
oggi conosciuto come ‘effetto Ferranti’.
Per spiegare il fenomeno aiutiamoci con la radiotecnica la quale afferma che, ove le
lunghezze dei conduttori siano trascurabili rispetto alla lunghezza d’onda (l) del segnale
trasportato, i circuiti R-L-C localizzano la loro energia elettromagnetica nell’ambito degli
stessi elementi. Il ragionamento non vale quando le lunghezze dei conduttori diventano
paragonabili alla lunghezza d’onda del segnale applicato.
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In questo caso il conduttore diventa una sorte di antenna tale da irradiare nello spazio
circostante parte notevole dell’energia elettromagnetica. Tale evenienza coincide con il
fenomeno della risonanza elettrica tra i componenti reattivi induttanza e capacità del conduttore.
La lunghezza del conduttore (l) per cui si otterrà il massimo della corrente elettrica nel
circuito alla data frequenza (f) è ricavabile dalla formula 13.3:
Formula 13.3
Dove C è la velocità della luce, pari a 300.000Km/s. Per una frequenza di 50Hz la
lunghezza (l) è di 3000Km cioè la metà esatta della propria lunghezza d’onda (l).
Di seguito, in figura 13c, è raffigurato l’andamento della corrente in un conduttore di lunghezza
(l) al variare della frequenza (f). Alla presenza della risonanza elettrica (fr) si assiste alla
massima corrente assorbita dal conduttore. L’andamento è tipico del circuito risonante L-C serie.
Figura 13c: Andamento della corrente di un conduttore
di lunghezza (l) al variare della frequenza (f)
Misurando la corrente e tensione elettrica sul conduttore di lunghezza (l) alla frequenza di
risonanza (fr), l’andamento delle due grandezze segue il profilo di figura 13d:
Figura 13d: Andamento della tensione e corrente in un conduttore
di lunghezza (l) in condizioni di risonanza elettrica
Il centro del conduttore è il punto dove si ha il minimo d’impedenza elettrica cioè valori
massimi di corrente e minimi di tensione. Teniamo presente che nel grafico ideale si è
trascurato volutamente l’effetto della resistenza elettrica (R), comunque presente nella realtà.
In radiotecnica questa situazione rappresenta il principio di funzionamento di un’antenna a
mezz’onda, ossia una condizione di risonanza elettrica perfetta per irradiare tutta l’energia
nello spazio.
Al fine di ottenere il massimo rendimento dal sistema, l’accoppiamento circuitale
generatore-antenna dovrà soddisfare il criterio per il quale l’impedenza interna del
generatore deve coincidere con l’impedenza dell’antenna nel punto di connessione.
La radiotecnica spiega anche come un’antenna a mezz’onda possa trasformarsi
in un’antenna a un quarto d’onda semplicemente vincolando al potenziale di terra
un’estremità del conduttore. Quel che ne nasce è rappresentato in figura 13e:
Figura 13e: Andamento della tensione e corrente
in un’antenna ad ¼ d’onda
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La condizione di risonanza in questo caso comporta una corrente massima alla sua base
con valore decrescente man mano che ci si allontana dal potenziale di terra, mentre la
tensione ha l’andamento opposto.
Ora, ritornando in ambito elettrotecnico e facendo tesoro della radiotecnica, è palese che
ogni condizione di risonanza elettrica vada assolutamente evitata, poiché coinciderebbe
con un vero cortocircuito elettrico.
Questa situazione è però quello che è accaduto sulla linea transiberiana a causa della sua
lunghezza equiparabile alla condizione di antenna a ¼ d’onda.
Ci vollero poi dei grossi induttori per spostare la frequenza di risonanza e riuscire ad
alimentare la linea.
La lunghezza critica per una linea di distribuzione con un segnale di 50Hz è proprio
quella di un quarto d’onda, senza considerare che eventuali armoniche di rango superiore
possono ridurre notevolmente tale distanza.
È anche per questo che le linee di trasporto più lunghe sono costruite utilizzando la
conversione in DC. Un esempio è rappresentato dalla linea HVDC a 500kV costruita tra
Inga e Shaba in Congo di 1700km.
Due caratteristiche importanti delle linee di trasmissione sono rappresentate dall’impedenza
caratteristica (Z0), la cui espressione è data dalla formula 13.4, e la naturale frequenza di
risonanza (f0) espressa nella formula 13.5:
Formula 13.4
Formula 13.5
Questi due parametri sono importanti per conoscere la risposta della rete alla formazione
e propagazione dei transitori elettrici di corrente e tensione. L’impedenza caratteristica è di
circa 400Ω per le linee aree mentre è dieci volte inferiori per le linee in cavo, cioè 40Ω.
Un altro principio che insegna la radiotecnica e inerente al trasporto della potenza elettrica
dalla sorgente al carico, cioè dal generatore all’antenna, è rappresentato dal fatto che tale
trasferimento è massimo, quando il carico ha la medesima impedenza della linea (Z0). Nel
caso questo non avvenga solo parte della potenza sarà trasferita al carico, mentre l’altra
sarà riflessa sulla linea. Tensione e corrente riflessa si troveranno a sommarsi o a sottrarsi
sulla tensione e corrente ‘incidente’ originando onde stazionarie. Ambedue le grandezze,
variando in modo ondulatorio sulla linea origineranno valori minimi e massimi a ogni ¼
d’onda.
Per terminare dobbiamo ricordare che le linee di trasmissione possono essere realizzate
anche in cavo. Ma in questo caso, a causa dell’elevata corrente capacitiva, espressa in mF/
Km, le lunghezze sono sempre contenute.
Proprio nel merito della corrente capacitiva in ampere di un cavo a media tensione, la
formula 13.6 ne esprime un calcolo semplificato.
Formula 13.6
dove:
L: lunghezza della linea in Km
Vn: tensione nominale di rete in kV
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14.I sistemi di distribuzione elettrica
Osservando la formula 12.4, è facile intuire come la corrente di fase Icc possa amplificarsi a
dismisura se, a tensione costante Vf , il valore dell’impedenza Z dovesse tendere a zero.
Questo è quel che accade se, ad esempio, due conduttori di un sistema trifase vengono
accidentalmente in contatto fra loro, causando un repentino azzeramento dell’impedenza
con la conseguente insorgenza di un’elevata corrente, detta di cortocircuito, limitata dalla
sola impedenza di guasto (Zg). Questa corrente è pericolosa per i circuiti elettrici e deve
essere necessariamente interrotta dai dispositivi di protezione (interruttori elettrici, fusibili
ecc...).
Ricordiamo che il cortocircuito è la manifestazione evidente di un guasto ed è spesso
correlabile al fenomeno elettromagnetico EMC del buco di tensione.
Come per la cdt (caduta di tensione), conoscendo i parametri R-L-C (resistenza, induttanza
e capacità) della rete interessata e le condizioni nominali di esercizio del sistema di
distribuzione, i cortocircuiti elettrici assumono valori numerici definiti e calcolabili. Ed
è proprio in riferimento ai sistemi di distribuzione che si aprirà una parentesi utile per
spiegare la dinamica dei guasti sulle reti elettriche.
Tralasciando di descrivere il sistema di distribuzione di tipo TT, cioè quello utilizzato in
ambiente civile e residenziale, focalizziamo l’attenzione sui sistemi di distribuzione TNS,
prettamente utilizzati per la distribuzione elettrica industriale in bassa tensione e sui sistemi
di tipo IT che sono tipici degli impianti di distribuzione a media tensione, spesso anche
utilizzati in bassa tensione ove si voglia ottenere, per esempio, un sistema di distribuzione
‘isolato’ dalla rete principale.
Cosa significhi TNS o IT è svelato dalle figure 14a e 14c.
Figura 14a: Sistema di distribuzione elettrica di tipo TNS
Il sistema TNS, rappresentato in figura 14a insieme al diagramma vettoriale delle tensioni
elettriche, prevede la messa a terra del centro stella del trasformatore e la distribuzione
separata del conduttore di neutro (N) e di protezione (PE) dai conduttori di fase (R-S-T).
Il centro del diagramma vettoriale (O) è vincolato a terra quindi ad un potenziale elettrico
nullo.
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Un cortocircuito tra un conduttore di fase ed il conduttore di neutro (N) o di protezione (PE)
equivale ad un’elevata circolazione di una corrente di cortocircuito, limitata dall’impedenza
dell’anello di guasto Zg come indicato graficamente in figura 14b e/o numericamente nella
formula 14.1.
Figura 14b: Percorso corrente di guasto Ig in una distribuzione elettrica di tipo TNS
Formula 14.1
Una corretta e semplice protezione magnetotermica può quindi intercettare il guasto e
provvedere alla sua estinzione aprendo il circuito elettrico. Anche un guasto ‘impedente’,
cioè con alti valori d’impedenza (Z), può essere rilevato quando il sistema è abbinato ad un
interruttore differenziale.
Il sistema IT prevede invece una modalità di esercizio con l’assenza della messa a terra del
centro stella del trasformatore (neutro isolato) che è libero di fluttuare sul piano vettoriale.
Figura 14c: Sistema di distribuzione elettrica di tipo IT
Il sistema a neutro isolato è efficace per ottenere un’efficiente continuità di esercizio, poiché
un contatto verso massa di un conduttore di fase non chiude rigidamente nessun circuito
elettrico, impedendo la circolazione di una qualsiasi corrente di cortocircuito.
Il contatto elettrico verso massa, che potrebbe essere dovuto ad un’eventuale perdita di
isolamento di un conduttore elettrico, deve essere segnalato nei sistemi di bassa tensione,
al fine di permettere la localizzazione del guasto e il ripristino delle condizioni di isolamento;
deve invece provocare l’intervento dei dispositivi di protezione in un tempo definito, quando
la distribuzione è a media tensione.
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Nei sistemi IT di bassa tensione, vedi figura14d, il compito di ravvisare le perdite di
isolamento è svolto da particolari dispositivi quali i controllori permanenti di isolamento
(CPI) che, sovrapponendo alla tensione fondamentale un valore predefinito di tensione
a bassa frequenza, predispongono la circolazione di una prefissata corrente elettrica.
Quest’ultima presenza causerà la segnalazione del guasto.
Figura 14d: Percorso corrente di guasto ICPI in una distribuzione elettrica IT di Bassa Tensione con dispositivo CPI
Nei sistemi IT a media tensione lo stesso effetto è ottenibile ‘sfruttando’ la naturale
presenza delle correnti capacitive di dispersione. Questo accade perché le reti di
distribuzione a bassa, media ed alta tensione, a prescindere dal tipo di sistema di
distribuzione TT, TN o IT, sono caratterizzate dall’intrinseca presenza di correnti parassite
legate alla capacità elettrica e all’induttanza dei conduttori. L’effetto di questi due dipoli
è dipendente dai valori di tensione e corrente di carico, ma l’origine è determinata dai
materiali fisici, dal tipo di posa, dalle distanze di isolamento ed altro, che compongono
l’intero apparato di trasporto. Una sostanziale differenza è data anche dal tipo di linea
utilizzata: aerea o in cavo.
Sulle reti di bassa tensione i fenomeni capacitivi sono trascurabili per via delle basse
tensioni, quindi anche la corrente di guasto per fase a terra è insensibile. Ecco perché è
importante l’utilizzo dei CPI in bassa tensione.
Nei sistemi di MT a neutro isolato, i valori delle correnti capacitive, durante un guasto per
perdita d’isolamento di un conduttore di fase, sono invece rilevati da un apposito relè di
protezione, che impartisce al dispositivo di manovra il comando di apertura del circuito.
La figura 14e rappresenta un sistema di distribuzione di tipo IT caratterizzato da un guasto
per perdita d’isolamento di un conduttore di fase di un utilizzatore e il percorso di richiusura
della corrente di guasto (IG) mediante le capacità verso terra delle fasi sane.
Figura 14e: Percorso corrente di guasto Ig in una distribuzione elettrica IT di Media Tensione
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Qualità dell’energia: show it easy!
Il diagramma vettoriale assume la configurazione indicata in figura 14f.
La circolazione di un valore relativamente piccolo di queste correnti capacitive determina
piccole cadute di tensione nel circuito elettrico, soprattutto legate all’impedenza del
trasformatore. Questo equivale a dire che le tensioni concatenate resteranno pressoché
inalterate, mentre le tensioni stellate dovranno necessariamente modificarsi sino a
coincidere con il vertice di interesse della fase guasta (1), nel triangolo delle tensioni.
Il centro del diagramma (O) trasla di conseguenza al vertice (N), determinando l’insorgenza
della tensione omopolare VNO .
Figura 14f: Trasformazione del triangolo delle tensioni in conseguenza ad un guasto franco a terra sulla fase-1
Un ingegnoso artifizio per compensare la presenza delle correnti capacitive durante un
guasto a terra di un conduttore elettrico, si realizza mediante la messa a terra del centro
stella del trasformatore ottenuto attraverso un’impedenza composta da una resistenza
elettrica e un’induttanza. In sintesi, come mostra la figura 14g, l’effetto reattivo induttivo
dell’induttanza elettrica (JXL) compensando l’effetto reattivo capacitivo della capacitiva
elettrica (-JXC), permette una riduzione della corrente di guasto che, nel caso di esatta
compensazione, sarà determinata dal solo valore della resistenza elettrica (R).
Figura 14g: Sistema di distribuzione elettrica di tipo IT con neutro compensato (metodo di Petersen)
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14.1 La rete di MT e le correnti capacitive:
approfondimento!
Per approfondire la dinamica della circolazione delle correnti capacitive durante un guasto
su una rete isolata di MT, si riporta l’esempio di figura 14.1a, dove il distributore (D)
alimenta due distinte utenze (A, B). In questa condizione le tensioni concatenate e stellate
sono perfettamente simmetriche e la somma vettoriale è nulla, come indicato in figura. Sulla
rete dell’utente-A si simula poi un guasto franco a terra, cioè con resistenza di guasto nulla,
per la perdita d’isolamento della fase-1.
La situazione che si crea è quella di figura 14.1b, con una circolazione di correnti capacitive
nel modo rappresentato. Nelle figure 14.1c, 14.1d e 14.1e si rappresentano le configurazioni
vettoriali delle due utenze e del distributore, ricostruite ai secondari dei trasformatori di misura.
Figura 14.1a: Distribuzione elettrica di tipo IT di Media Tensione in condizioni normali (distributore e utenze)
Figura 14.1b: Dinamica di un guasto franco a terra (fase-1, utente-A) in un sistema IT di Media Tensione
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La tensione residua Vr, misurata ai secondari dei trasformatori di tensione a triangolo
aperto, è di 100V ed è identica per tutto il sistema. La formula 14.1.1 ne determina il
calcolo.
Formula 14.1.1
La corrente di guasto IG nell’utenza-A, sfasata sulla tensione residua VR di novanta gradi in
anticipo (figura 14.1c), è la somma vettoriale di tutte le correnti capacitive delle fasi sane
del sistema, che si richiudono attraverso il punto di guasto.
Figura 14.1c: Utente-A (diagramma secondario)
Figura 14.1d: Utente-B (diagramma secondario)
Figura 14.1e: Distributore-D (diagramma secondario)
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Il riduttore di corrente T0(A) rileva la corrente residua Ir(A), annullando il contributo capacitivo
della propria rete di distribuzione. Le correnti residue Ir(B) e Ir(D), rilevate dai riduttori di
corrente T0(B) e T0(D), rappresentano i contributi al punto di guasto delle capacità elettriche
dei cavi sani delle proprie reti di distribuzione. La direzione della correnti residue Ir(B) e Ir(D),
nei sistemi utente-B e distributore-D, sono invece opposte a quanto descritto per l’utente-A
perché è opposto il senso della circolazione delle correnti nei secondari dei TA. Le figure
14.1d e 14.1e mostrano quanto affermato. Per questi motivi è facile intuire che in un
sistema IT i dispositivi di protezione elettronica possono discriminare il guasto!
Si ricorda che corrente e tensione secondaria Ir e Vr, misurate ai secondari dei rilevatori
omopolari, sono definite ‘residue’. I valori di corrente e tensione omopolare primaria I0 e V0
sono calcolati dalle formule 14.1.2 ÷ 14.1.4 .
La tensione omopolare rappresenta la differenza di tensione tra il centro stella reale (N)
rispetto a quello ideale (O), mentre la corrente omopolare è la corrente di guasto che
interessa ciascuno dei tre sistemi di distribuzione (figura 14f).
Utilizzando la regola della scomposizione delle terne di vettori, i valori numerici di corrente
e di tensione omopolare primaria equivalgono a 1/3 della somma vettoriale dei moduli di
tensione e corrente. In un sistema simmetrico, equilibrato e privo di guasti, il risultato è
nullo.
Formula 14.1.2
Formula 14.1.2
Formula 14.1.3
Formula 14.1.4
Ipotizzando che la rete sia gestita dal distributore in regime di neutro compensato, la
corrente di guasto IG sarà influenzata anche da una corrente ohmica (IR) e da una corrente
induttiva (IL), dovute all’impedenza di messa a terra (vedi figura 14.g). La compensazione
tra la corrente capacitiva di guasto e la corrente induttiva della bobina di Petersen, con la
presenza di una corrente resistiva, potrà originare configurazioni vettoriali rappresentate
dalla figura 14.1f .
In sintesi, la prevalenza della reattanza induttiva su quella capacitiva originerà sistemi
sovracompensati o sottocompensati. Essendo poi l’esercizio della rete dinamico e
riconfigurabile, il distributore avrà la possibilità di variare l’impedenza di messa a terra
al fine di ridurre le correnti di guasto. La gestione del sistema IT a neutro compensato
riduce notevolmente le correnti di guasto monofase a terra, permettendo anche una rapida
estinzione dell’arco elettrico e limitando l’insorgenza di tensioni pericolose di ‘passo e
contatto’ nella zona del guasto che può durare, per norma e nelle reti utenti, sino a otto ore
con esclusione del PCC (punto della fornitura elettrica) dove il distributore determina le
temporizzazioni massime.
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Figura 14.1f: Rappresentazione vettoriale (utente-A) in ipotesi di esercizio a neutro compensato
L’esperienza però dimostra che il guasto spesso non è franco a terra, causando ripetute
scariche elettriche.
Ne consegue una serie di pericolosi fenomeni tra cui il degrado degli isolanti, la
ionizzazione dell’aria e la possibilità non remota di innescare un guasto bifase a terra.
Nella figura 14.1g si osserva un guasto non franco a terra che ha interessato la fase V30 di
una rete.
Figura 14.1g: Esempio di guasto non franco a terra
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