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Rassegna stampa 15/10/2010 : Notizie di oggi ASSINEWS.it ● Fondi pensione, anticipo ampio City ● Caos per le pensioni Francia rischia lo stop Corriere della Sera ● ● Come usare le nuove entrate La vera sfida nella lotta all'evasione Come usare le nuove entrate La vera sfida nella lotta all'evasione Gazzetta del Sud ● Pensioni parlamentari, chi gode e chi spera Guardian, The ● Pensions of high earners targeted for 4bn savings Herald Scotland Online ● Employers praise fair' changes to pensions tax relief Independent, The ● Pension tax allowances slashed for rich Italia Oggi ● Fondi pensione, anticipo ampio Libertà ● Manifesto, Il ● Pensioni e sistema previdenziale sono temi spesso dimenticati, nonostante rappresentino un'emergenza sociale crescente Studenti in movimento contro la riforma delle pensioni Monde Diplomatique (IT), Le Quotidiano del Nord.com ● ● ● Times, The ● Pensioni, un tesoro imprevisto Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 2 ) IdV porta il caso in parlamento Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 3 ) si mobilitano anche i Radicali Taxman targets gold-plated pensions Do you want your PRESSToday ? La soluzione per le tue rassegne stampa on-line: www.presstoday.com Rassegna stampa ASSINEWS.it "Fondi pensione, anticipo ampio" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa 15 ottobre 2010 Fondi pensione, anticipo ampio di Carla De Lellis L'acquisto della nuda proprietà della prima casa dà diritto all'anticipazione dal fondo pensione se il nudo proprietario risiede nell'immobile acquistato e ciò sia debitamente documentato. Lo precisa, tra l'altro, la Covip in risposta a un quesito presentato da un fondo pensione negoziale. I chiarimenti riguardano l'esercizio della facoltà, da parte di lavoratori iscritti a fondo pensione, di richiedere l'anticipazione della propria posizione contributiva maturata per l'acquisto della prima casa per sé o per i figli. La Covip ricorda, in primo luogo, che per prima casa deve intendersi la casa destinata a residenza o a dimora abituale, cioè la casa centro degli interessi del lavoratore che chiede l'anticipazione. In via di principio, precisa la Covip, l'acquisto della nuda proprietà non consente in capo al soggetto acquirente la titolarità del diritto di godere dell'immobile acquistato e, quindi, l'acquisto della nuda proprietà non può dare titolo al conseguimento dell'anticipazione da parte di un fondo pensione. Nel contempo tuttavia, aggiunge la Covip, non può escludersi che in casi particolari le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, si accordino in modo da consentire al nudo proprietario di risiedere nell'immobile acquistato (come nel caso del quesito). Ne deriva, allora, che nel caso in cui l'acquirente della nuda proprietà di un immobile abbia anche ivi stabilito la sua residenza, e tale circostanza sia debitamente documentata, risultano sussistere i requisiti di legge ai fini dell'esercizio della facoltà di chiedere l'anticipazione al fondo pensione. La Covip, ancora, spiega che diverso è, invece, il caso dell'acquisto da parte del lavoratore iscritto di diritti reali di godimento sull'immobile diversi dal diritto di proprietà. In proposito, infatti, ritiene che la nozione di «acquisto della prima casa di abitazione» comprenda solo l'ipotesi di acquisto del diritto di proprietà e non anche di diritti reali di godimento su beni altrui, quali l'usufrutto, che presentano rispetto alla proprietà carattere parziale. In tal caso, dunque, è da escludersi la facoltà per il lavoratore che sia iscritto alla previdenza integrativa di chiedere un'anticipazione al proprio fondo pensione. chiudi Rassegna stampa City "Caos per le pensioni Francia rischia lo stop" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa Caos per le pensioni Francia rischia lo stop Paese bloccato Contro la riforma delle pensione voluta da Sarkozy si mobilitano anche i lavoratori delle raffinerie. Presto potrebbe mancare la benzina. Dovevano essere i treni a bloccare la Francia e invece a guidare la protesta più dura contro la riforma delle pensioni sono i lavoratori delle raffinerie. Undici stabilimenti su 12 hanno già chiuso i rubinetti e, se continua così, fra una settimana potrebbe mancare il carburante. Per questo l’industria petrolifera francese ha chiesto lo sblocco delle riserve strategiche di carburante. Avanti con la riforma Il presidente Nicolas Sarkozy però non molla: la riforma che alza da 60 a 62 l’età per andare in pensione con il minimo è ormai in dirittura d’arrivo in Parlamento. Ma anche sindacati e lavoratori vanno avanti con le proteste. Ci sono già state cinque manifestazioni, continua lo sciopero di metro, treni regionali e porti, cresce la protesta degli studenti: ieri almeno 400 licei hanno partecipato alle mobilitazioni. Il 54% per “sciopero a oltranza” Le manifestazioni, inoltre, sembrano avere il sostegno della maggior parte dei francesi. Anzi secondo un sondaggio dell’istituto Bva (per l’emittente televisiva Canal Plus), il 54% è favorevole a uno sciopero a oltranza (come quello del 1995 che portò a 24 giorni di blocco totale) se il governo andrà avanti con la riforma previdenziale. Rassegna stampa Corriere della Sera "Come usare le nuove entrate La vera sfida nella lotta all'evasione" Indietro ● ● ● ● Data: 15/10/2010 Stampa 15 ott 2010 Corriere Della Sera di MAURO MARÈ www.crusoe.it Come usare le nuove entrate La vera sfida nella lotta all'evasione Caro direttore, nel 1994 scrissi su questo giornale un articolo sugli effetti dell'evasione sul debito pubblico. L'idea era semplice: se a partire dal 1970 l'Italia avesse avuto un livello di evasione pari a quello di un altro Paese Ocse allora scelsi gli Usa il nostro debito pubblico, a metà degli anni Novanta, sarebbe stato pari all'80% del Pil circa. Negli ultimi mesi questa idea è riapparsa, per cui ho deciso di rifare i calcoli, e indovinate un po'? I risultati sono in larga parte identici. È molto difficile stimare l'economia sommersa e l'evasione che per definizione non si fanno misurare. Esistono diversi metodi più o meno attendibili. Tutti gli studi indicano però che il sommerso in Italia sia molto elevato, pari al 20-25 per cento del Pil. Anzi sono convinto che queste stime siano errate per difetto. Pur con la cautela che appare necessaria in questi casi, ho perciò calcolato quale potesse essere un livello «normale» di evasione, prendendo a riferimento una media tra Paesi, oppure il caso specifico di un Paese ancora gli Usa (circa il 9% del Pil), oppure la Germania (il 16-18%) o il Belgio (il 21%). Ho cioè stimato un tasso di evasione normale. Naturalmente per ottenere il gettito tributario sottratto ogni anno alle casse dello Stato si deve applicare al reddito nascosto un'aliquota media d'imposizione. Date le differenze tra l'economia sommersa italiana e quella degli altri Paesi, i risultati sarebbero fenomenali e per pudore non li riportiamo. Naturalmente non è possibile recuperare tutta l'evasione fiscale, stimata ufficialmente e da studi indipendenti intorno ai 100-150 miliardi all'anno di entrate perdute; perciò abbiamo ipotizzato che solo una parte di questa cifra possa essere effettivamente e ragionevolmente recuperata, circa 2 punti di Pil; circa 30 miliardi di euro nel 2009. Ebbene, se si modificano i dati dei fabbisogni tra il 1994 e il 2009 di un importo pari a 2 punti di Pil all'anno quindi un recupero di 1/5 circa dell'evasione si ottiene appunto che il debito pubblico in rapporto al Pil nel 2009 sarebbe stato di poco superiore al 90 per cento. E se avessimo ipotizzato percentuali maggiori di recupero, il risultato si sarebbe avvicinato all'80 per cento del Pil. Un livello normale di evasione in Italia avrebbe quindi permesso una finanza pubblica più equilibrata. Naturalmente vanno specificati alcuni aspetti. Innanzitutto, l'ipotesi cruciale è che il gettito recuperato sia destinato alla riduzione del disavanzo e non finanzi nuove spese o riduzioni di imposte. Non abbiamo poi considerato gli ulteriori possibili risparmi che sarebbero derivati da una minore spesa per interessi proveniente dai disavanzi più contenuti. Siamo naturalmente consapevoli che il ragionamento è molto più articolato. Infatti, almeno nell'immediato, un recupero dell'evasione fiscale annuale di questa portata si tradurrebbe, ceteris paribus, in un aumento della pressione tributaria anche consistente. Ciò potrebbe quindi produrre una riduzione del Pil anche significativa, via ovvii effetti sull'offerta e sulla domanda. Non è facile capire quale dei due effetti risulti maggiore, quello che il recupero dell'evasione produce sulla riduzione del numeratore (debito) o quello sulla riduzione del denominatore (Pil). Qui c'è però l'elemento chiave del ragionamento: la necessità che le somme recuperate dall'evasione siano anche destinate a ridurre il livello della pressione tributaria e le aliquote, troppo elevate nel nostro Paese. Ciò per aumentare l'equità del prelievo con una riduzione delle aliquote dell'imposta personale, che è pagata sostanzialmente dai lavoratori dipendenti e pensionati ma anche la crescita. Se non la si fa ripartire, diventa difficile il percorso di riequilibrio della finanza pubblica. Pagare tutti, sì, ma per pagare meno, che è la strada obbligata per tradurre un recupero di evasione in maggiore crescita. Il vero dilemma quindi è come ripartire le entrate dalla lotta all'evasione tra abbattimento del disavanzo e riduzione della pressione tributaria; questa è la sfida della politica tributaria dei prossimi anni. Rassegna stampa Gazzetta del Sud "Pensioni parlamentari, chi gode e chi spera" Indietro > Cosenza (15/10/2010) Pensioni parlamentari, chi gode e chi spera Decisamente più folto il fortunato gruppo degli ex che il vitalizio lo ricevono già ed è pure assai più ricco Domenico Marino Il partito trasversale degli aspiranti al vitalizio. Sono numerosi i parlamentari calabresi che non hanno ancora maturato la pensione. Sono gli sfortunati eletti nelle ultime legislature, perché fino al 2007 bastavano due anni e mezzo di intenso lavoro in aula per ottenere il diritto al vitalizio. Diamo spazio a nomi e cognomi degli aspiranti cosentini e calabresi. Aurelio Misiti (Gruppo Misto) maturerà la pensione il 28 aprile 2011, quindi mancano ancora più di 190 giorni. Stesso discorso per Franco Laratta (Pd) e le compagne di partito Maria Grazia Laganà Fortugno e Rosa Villecco Calipari. Sono tutti stati eletti per la prima volta nel 2006 ma quella legislatura targata Prodi e Ulivo durò troppo poco. Così come potrebbe succedere con questa in corso. Se la generazione 2006 trema per questo, sono addirittura terrorizzati gli esordienti del 2008 che matureranno il diritto al vitalizio il 28 aprile 2013, quindi devono "lavorare" ancora per quasi 930 giorni: Santo Versace (Pdl), Ignazio Messina (IdV), Doris Lo Moro (Pd), Roberto Occhiuto (Udc), Elio Belcastro (gruppo Misto), Michele Traversa (Pdl), Giovanni Dima (Pdl). Al Senato, mancano poco più di 190 giorni al senatore del Pd e commissario regionale del partito calabrese, Adriano Musi, che maturerà il diritto alla pensione il 28 aprile 2011, così come l'ex Pd ora Api Franco Bruno. Dovranno aspettare sino al 28 aprile 2013, invece, quindi quasi 930 giorni, Vincenzo Speziali (Pdl), Luigi De Sena (Pd). Ricordiamo, a questo punto, quanti il diritto al vitalizio l'hanno già maturato in passato. E quanto ricevono mensilmente. Procediamo in rigoroso ordine alfabetico aprendo con Natino Aloi, storico esponente calabrese del Msi, che grazie a quattro legislature ha maturato il diritto a 8.455 euro di pensione della Camera dei deputati. Quindi Giuseppe Aloise, eletto nelle file del Ppi: una legislatura alla Camera, 3.108 euro. Tre legislature al Montecitorio e 6.590 euro per l'assessore comunale Franco Ambrogio. Quindi l'ex Dc Dario Antoniozzi: 31 anni di parlamento e 9.947 euro di pensione dalla Camera dei deputati. Due legislature e 4.725 euro per Sandro Bergamo. Due legislature alla Camera e 4.725 euro per l'ex Dc Pasqualino Biafora. Ha inanellato tre legislature nell'aula di Montecitorio il comunista Mario Brunetti, guadagnando il diritto a 6.590 euro. Due volte eletta al Senato l'ex sindaco di Paola Antonella Bruno Ganeri (Ds). Per lei 4.725 euro di pensione. Cinque legislature e 9.387 euro di pensione per lo storico leader democristiano Pietro Buffone. Un legislatura e 3.108 euro per l'ex Dc Geppino Camo. Due legislature a Palazzo Madama con la Democrazia cristiana e 4.725 euro di pensione per Franco Covello. Cinque legislatura tra Camera e Senato per Salvatore Frasca (Psi): 9.387 di pensione pagata da Palazzo Madama. Solo una legislatura, quindi appena 3.108 per l'antropologo Luigi Lombardi Satriani. Come lui anche l'ex sindaco di Cosenza Pietro Mancini. Tre elezioni per Antonio Mundo (Psi): 6.590 euro. Ancora, tre legislature e 6.590 euro di pensione all'ex assessore comunale Anna Maria Nucci. Quattro elezioni alla Camera dei deputati e 8.455 euro per il presidente Data: 15/10/2010 Stampa Torna Indietro dell'amministrazione provinciale Mario Oliverio. Ammonta a 4.725 euro, invece, la pensione di Giuseppe Pierino (Pci). Una sola elezione al Senato e quindi 3.108 euro per Franco Pistoia (Dc). Tre legislature e 6.590 euro ai Dc Carmelo Pujia e Pierino Rende. Una legislatura in meno per Massimo Veltri: 4.725 euro. Il vitalizio si cumula con tutti gli altri redditi. Quindi con le indennità di sindaco, assessore, presidente della Provincia e molto altro. Un regolamento approvato nel luglio '97 ha disposto che i deputati eletti dopo la XIII legislature (quella del '96) conseguano il diritto alla pensione al raggiungimento dei 65 anni d'età. Al Senato, invece, è stato deciso che gli onorevoli eletti a partire dalla XIV legislatura (quella del 2001) abbiano diritto alla pensione solo a 65 anni ma con un mandato di almeno 5 anni. Xxx Rassegna stampa Guardian, The "Pensions of high earners targeted for 4bn savings" Data: 15/10/2010 Stampa Indietro Pensions of high earners targeted for £4bn savings Government cuts high earners' tax free income that can be paid into a pension to just £50,000 ● ● ● Mark King guardian.co.uk, Thursday 14 October 2010 11.58 BST larger | smaller The government plans to claw £4bn from pension tax relief. Photograph: Roger Bamber/Alamy The government has slashed the amount of tax-free income that high earners can put into a pension by 80%, from £255,000 to just £50,000, it was announced today by Mark Hoban, financial secretary to the Treasury. He said the move will affect up to 100,000 high-earning pension savers. From April 2012, the government will also reduce the lifetime pensions savings allowance that benefits from tax relief from £1.8m to £1.5m. But high earners will continue to be paid tax relief on pension savings at the highest rate at which they pay income tax. The government said the majority of those in final-salary schemes would not be hit by the cuts as people who exceed the annual allowance due to one-off spikes in pension accrual (such as a sudden salary rise) will be allowed to offset them against their unused allowance from up to the previous three years. Wealthy individuals who do face substantial tax charges from breaches of the lower annual allowance should be able to pay the charge out of their pension benefits, rather than current income. The government claims pensions tax relief was costing £19bn annually by 2008-09 and the cuts, to be introduced in April 2011, will save it £4bn a year. Under the Labour government's proposals, people earning more than £150,000 would have had the level of tax relief they received gradually tapered to 20%, even if they paid income tax at 50%. Hoban said: "We have abandoned the previous government's complex proposals and developed a solution that will help to tackle the deficit but not hit those on low and moderate incomes. We have taken a tough but fair decision. "The coalition government believes that our system is fair, will preserve incentives to save and – compared to the last government's approach – will help UK businesses to attract and retain talent." Chris Noon from Hymans Robertson said the new rules were better than expected but thought the numbers were surprising. "The government expects the £4bn savings to come from around 100,000 people, meaning each person affected is contributing at least £35,000, which is very high. I find it strange that the government can make the numbers work on that basis." He added that if the government did, as expected, allow individuals to pay any resulting tax charges from pension benefits, pension schemes will find it very difficult to administer. "It's difficult to calculate so I find it hard to see how that will work in reality. The government will be hoping most people pay any extra charge through self-assessment." John Cridland, CBI deputy director general, said: "Today's announcement is not as bad as feared as the government had considered making the annual allowance as low as £30,000. It rightly heeded warnings about the impact that restrictive regimes can have on pension saving, and these new proposals are a significant improvement on the approach proposed by the previous government, which was simply unworkable." Maggie Craig, director general of the Association of British Insurers, said: "It is right that this plan keeps the important principle of pension tax relief at the marginal rate of tax paid. This will help keep those senior decision makers, responsible for staff pension schemes, engaged and supportive of pension saving. "While we would have preferred the lifetime allowance not to be reduced, the industry understands the current fiscal pressures, and stands ready to play its part during these challenging economic times. We will urge the government to review the levels of the annual and lifetime allowances over time to ensure they stay in proportion to earnings, so that future pension savers do not lose out." However Brendan Barber, general secretary of the TUC, said: "This is a big missed opportunity. What we need is a much more serious discussion of pensions and tax relief. At present it costs a higher rate taxpayer just 60p to put £1 into their pension because they get 40p tax relief. But a standard rate taxpayer – the real middle income Britain – gets only 20p relief, so it costs them 80p to save £1. Reform of the tax treatment of pensions savings could unlock billions that could be used to improve pensions for ordinary people. Instead millions of pensioners are facing cuts in income because of the government's switch to CPI indexing." Rassegna stampa Herald Scotland Online "Employers praise fair' changes to pensions tax relief" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa Employers praise ‘fair’ changes to pensions tax relief Simon Bain Share 0 comments 15 Oct 2010 The Government’s redrawing of Labour’s hugely complicated changes to pensions tax relief has been welcomed by employers as fair and sensible, though it may not ease the pressure on final salary schemes. The annual tax-free contribution has been cut from £255,000 to £50,000 and the lifetime limit from £1.8 million to £1.5m, with the intention of yielding the same savings as the £4 billion targeted by Labour. Amid fears that the change would hit £40,000 to £50,000 earners, it emerged yesterday that it will affect only those in final salary schemes whose annual pension benefit is revalued by more than £3,125 in a year (the £50,000 annual limit divided by a new ‘multiplier’ of 16). Higher rate tax relief is preserved. John Cridland, CBI deputy director-general, said: “From the outset we have promoted the benefits of a £50,000 annual allowance. This is a much more practical way to incentivise pension saving through a simple, easy to understand system compared to the overly complicated proposals of the previous Government to gradually lose all tax relief after £150,000 of income.” Kate Smith, pensions manager at Aegon, said: “There is a new rule allowing people to carry over unused annual allowance to the next tax year. “This will be useful for people selling their businesses and wanting to invest some of the proceeds into their pension, or for people who want to put their redundancy money into their pension, as they will be able to do this over more than one tax year without being hit by a hefty pensions tax charge.” Stephen Green at consultants Towers Watson said current pension savings could grow to reach the current lifetime ceiling of £1.8m, providing no new money was invested. Dr Ros Altmann, director-general of Saga, cautioned: “The writing seems to be on the wall. “If top earners are penalised in final salary schemes, they may decide to close them for everyone. “If they move to a career average scheme, that is not as bad, but if they simply move to defined contribution, that would be a disaster for many people’s pensions.” George Bull, head of tax at Baker Tilly, said: “Once the new limit is in force, we urge the Government to refrain from future tinkering in order that people can have confidence about their own pension planning.” Rassegna stampa Independent, The "Pension tax allowances slashed for rich" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa The Government is to slash high earners' tax-free pension allowances from £250,000 to just £50,000 a year, raising an extra £4bn for the Exchequer. The new cap – which is higher than the £30,000 to £45,000 level originally proposed – will affect about 100,000 people, 80 per cent of whom are earning more than £100,000 per annum, according to the Treasury. The changes will come into effect in April and individuals exceeding £50,000 due to a one-off "spike" will be able to offset it against unused allowances from previous years. Related articles ● ● Simon Read: System should still leave plenty of room to save for retirement Search the news archive for more stories Alongside the reduced annual cap, the tax-free allowance for lifetime pension contributions will also be reduced from £1.8m to £1.5m from April 2012. The moves come barely more than a week after the decision to scrap child benefit payments to higher income families, as the Coalition Government looks for political cover for savage public sector spending cuts to be unveiled next week. Yesterday's announcement from the Treasury also follows the publication of Sir Philip Green's public sector waste review and Lord Browne's recommendation of an increase in university tuition fees earlier this week. Mark Hoban, the Financial Secretary to the Treasury, yesterday stressed the fairness of the new tax rules for pension payments. "The Coalition Government believes that our system is fair, will preserve incentives to save and – compared to the last Government's approach – will help UK businesses to attract and retain talent," Mr Hoban said. But accountants warned that the number of pensions savers affected by the changes could be as many 200,000, double the Government's estimates, if allowances remain frozen and inflation pushes up salaries. And although the limits are higher than feared, the tax implications for people in final-salary schemes seeing large pay rises is still significant. An executive on a salary of £150,000 with 20 years' service in a final salary scheme will face a tax bill of £12,200 on a pay rise of £9,000, a combined tax rate of 185 per cent, Marc Hommel, a pensions partner at PricewaterhouseCoopers, warned. "Some affected employees may decide it is worth breaching the allowances and stomaching the extra tax to ensure no loss to their future retirement income," he said. "However, this will be unaffordable for many people." Business groups welcomed the new rules yesterday. John Cridland, the deputy director-general at the CBI, said the changes were "not as bad as feared" and a "significant improvement" on the previous government's "unworkable" scheme. The pensions industry also endorsed the changes, after months of campaigning against Labour's plans to taper tax relief to zero as income increased above £150,000. Maggie Craig, the director general of the Association of British Insurers, said: "This is a much-more practical way to incentivise pension saving through a simple, easy-to-understand system compared to the overly complicated proposals of the previous government." But Labour Treasury spokesman David Hanson warned the changes will hit middle-income families hardest. "Under our plans, no one earning under £130,000 would lose out," he said. "Now everyone's at risk because the Government is taxing on the basis of people's wish to save for a pension, rather than because they are high earners." And Brendan Barber, the general secretary of the Trades Union Congress, described the plan as a "missed opportunity". "What we need is a much more serious discussion of pensions and tax relief," Mr Barber said. Sponsored Links Rassegna stampa Italia Oggi "Fondi pensione, anticipo ampio" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa ItaliaOggi sezione: Lavoro e Previdenza data: 15/10/2010 - pag: 30 autore: di Carla De Lellis La Covip sull'acquisto di nuda proprietà Fondi pensione, anticipo ampio L'acquisto della nuda proprietà della prima casa dà diritto all'anticipazione dal fondo pensione se il nudo proprietario risiede nell'immobile acquistato e ciò sia debitamente documentato. Lo precisa, tra l'altro, la Covip in risposta a un quesito presentato da un fondo pensione negoziale. I chiarimenti riguardano l'esercizio della facoltà, da parte di lavoratori iscritti a fondo pensione, di richiedere l'anticipazione della propria posizione contributiva maturata per l'acquisto della prima casa per sé o per i figli. La Covip ricorda, in primo luogo, che per prima casa deve intendersi la casa destinata a residenza o a dimora abituale, cioè la casa centro degli interessi del lavoratore che chiede l'anticipazione. In via di principio, precisa la Covip, l'acquisto della nuda proprietà non consente in capo al soggetto acquirente la titolarità del diritto di godere dell'immobile acquistato e, quindi, l'acquisto della nuda proprietà non può dare titolo al conseguimento dell'anticipazione da parte di un fondo pensione. Nel contempo tuttavia, aggiunge la Covip, non può escludersi che in casi particolari le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, si accordino in modo da consentire al nudo proprietario di risiedere nell'immobile acquistato (come nel caso del quesito). Ne deriva, allora, che nel caso in cui l'acquirente della nuda proprietà di un immobile abbia anche ivi stabilito la sua residenza, e tale circostanza sia debitamente documentata, risultano sussistere i requisiti di legge ai fini dell'esercizio della facoltà di chiedere l'anticipazione al fondo pensione. La Covip, ancora, spiega che diverso è, invece, il caso dell'acquisto da parte del lavoratore iscritto di diritti reali di godimento sull'immobile diversi dal diritto di proprietà. In proposito, infatti, ritiene che la nozione di «acquisto della prima casa di abitazione» comprenda solo l'ipotesi di acquisto del diritto di proprietà e non anche di diritti reali di godimento su beni altrui, quali l'usufrutto, che presentano rispetto alla proprietà carattere parziale. In tal caso, dunque, è da escludersi la facoltà per il lavoratore che sia iscritto alla previdenza integrativa di chiedere un'anticipazione al proprio fondo pensione. Rassegna stampa Libertà "Pensioni e sistema previdenziale sono temi spesso dimenticati, nonostante rappresentino un'emergenza sociale crescente" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa Pensioni e sistema previdenziale sono temi spesso dimenticati, nonostante rappresentino un'emergenza sociale crescente Pensioni e sistema previdenziale sono temi spesso dimenticati, nonostante rappresentino un'emergenza sociale crescente. Ecco le ragioni della necessità di un conflitto sociale che continuerà a vedere Spi e Cgil protagonisti, magari con il recupero di unità con Cisl e Uil. Tra inflazione, aumento del prelievo fiscale, mancata restituzione del fiscal-drag, i lavoratori italiani hanno perso negli ultimi 10 anni oltre 5.000 euro, con forti differenze tra chi lavora in medie-grandi imprese e chi in quelle piccole, tra uomini e donne, tra contratti standard e precari. La penalizzazione fiscale sul lavoro dipendente è la prima causa della perdita di produttività in Italia. Dei 16.500.000 pensionati censiti, 7 milioni percepiscono un importo lordo mensile inferiore a 750 e 2 milioni tra i 750 e i 999 . Però il gettito fiscale Irpef complessivo dei pensionati è di 44 miliardi, pari al 30% del totale nazionale del quale, con i lavoratori dipendenti, contribuiscono per oltre l'80%. E' un'ingiustizia ancor più intollerabile se si pensa che l'Istat ancora nel 2008 definì la soglia di povertà a 599 disponibili mensilmente e che l'evasione fiscale viene stimata in 125 miliardi, recentemente confermato dalla Presidentessa della Confindustria. Una cifra 5 volte superiore alla manovra economica del Governo. Il carico fiscale, il meccanismo della perequazione automatica come unico fattore di adeguamento delle pensioni in essere (e che di fatto le impoverisce), i mancati interventi sulla non autosufficienza stanno portando altri milioni di pensionati all'indigenza. Per i giovani le pensioni basate su sistema contributivo e previdenza complementare costituiscono fin d'ora una condizione di assolutà povertà nella vecchiaia. Le proposte per le "nuove pensioni" ci sono: modulare le aliquote Irpef riducendo quelle che insistono sui redditi bassi e medio-bassi (92% entro i 28.000 lordi l'anno); abolizione del drenaggio fiscale perequando i fattori di calcolo nella stessa misura in cui viene perequato il reddito da assoggettare a imposta; unificazione delle detrazioni tra lavoro dipendente e pensioni (attualmente 8.000 per il lavoro dipendente, 7.750 per i pensionati con almeno 75 anni d'età, 7.500 per gli altri) e rettifica della loro curva decrescente; un diverso rapporto tra aumento della ricchezza e redditi da pensione e incremento delle detrazioni connesso all'anzianità anagrafica, risolvendo così sia il problema della perdita di potere d'acquisto delle pensioni nate più di 15 anni fa, sia la questione degli incapienti, ovvero i pensionati con un reddito troppo basso per l'Irpef e che non beneficiano delle detrazioni fiscali riconosciute ai contribuenti (ora 80 milioni in detrazioni non godute); l'estensione e il consolidamento della 14° mensilità dei pensionati fino a pensioni tre volte il minimo. Il vantaggio sarebbe un aumento medio di circa 100 netti mensili. Queste proposte, con la piattaforma che la Cgil ha inviato al Governo con le proposte per "un fisco giusto" saranno al centro delle lotte e delle iniziative che dopo la manifestazione di sabato 16 ottobre culmineranno con una grande manifestazione a Roma, già decisa per sabato 27 novembre. 15/10/2010 Rassegna stampa Manifesto, Il "Studenti in movimento contro la riforma delle pensioni" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa FRANCIA Più di 500 istituti occupati. E una nuova mobilitazione generale è stata indetta per oggi Studenti in movimento contro la riforma delle pensioni Anna Maria Merlo PARIGI In attesa di due nuove giornate di manifestazioni in tutta la Francia, sabato 16 e martedi' 19 ottobre, la protesta continua. Non tanto con gli scioperi, in calo - fatta eccezione per la petrochimica, con quasi tutte le raffinerie francesi bloccate - ma soprattutto nei licei. Ieri, circa 500 licei (su poco più di 4mila) erano in agitazione in tutto il paese, in netta crescita rispetto alla vigilia. Ci sono stati scontri. Nella banlieue parigina, a Montreuil, Saint-Denis e Argenteuil, dei giovani hanno affrontato la polizia, che ha risposto con lacrimogeni e manganelli. Un giovane di 16 anni a Montreuil è stato gravemente ferito all'occhio da un tiro di flash ball. La sindaca di Montreuil, la verde Dominique Voynet, ha denunciato «le violenze della polizia contro i liceali». L'ispettorato teme che «alcuni blocchi di licei rischino di degenerare in un inizio di rivolta urbana». A Parigi, una manifestazione di giovani ha avuto luogo nel pomeriggio. Proteste di liceali anche a Bordeaux, Lille, Montpellier. Una decina di fermi sia a Lione che a Lens. L'università Rennes II è stata chiusa. Sarkozy continua a ripetere che «la riforma si farà», senza modifiche. I sindacati, che si fanno poche illusioni sulla possibilità di far cedere il governo, intendono comunque continuare a fare pressione, dopo il successo dell'ultima giornata, con 3,5 milioni di persone in piazza: «La nostra strategia è di continuare, i tre quarti della popolazione dice che questa riforma è cattiva» afferma Bernard Thibault della Cgt. Una maggioranza di francesi pensa a una riedizione del grande sciopero del '95. La discesa in campo dei liceali sta cambiando la situazione. I giovanissimi esprimono un malessere più generale, la paura del futuro in un periodo di forte disoccupazione, e il rifiuto di un governo che difende solo i ricchi. Il governo, dopo aver denunciato «l'irresponsabilità» di Ségolène Royal, che ha consigliato ai giovani di «manifestare, ma tranquillamente», suggerisce alle famiglie di tenere a bada i figli. Il Movimento dei giovani socialisti accusa il ministro dell'interno, Brice Hortefeux, di aver deciso di «reprimere violentemente» i manifestanti con lo scopo di «suscitare delle derive». La segretaria dei Verdi, Cécile Duflot, ha chiesto al governo di «mettere fine a ogni tentativo di provocazione e di ricorso alla violenza contro i liceali». Per Duflot, il governo gioca la carta della «strategia della tensione». Per Olivier Besancenot dell'Npa, «il governo ha paura della mobilitazione della gioventù» e non fa che ripetere che questa riforma «non li riguarda. Ma i liceali e gli studenti hanno capito benissimo che l'innalzamento dell'età della pensione quando ci sono 4-5 milioni di disoccupati significa bloccare l'accesso al lavoro e preparare loro una pensione da fame». Oltre ai liceali, il governo teme la penuria di carburanti: ieri ha deciso di ricorrere alle riserve strategiche , per alimentare le pompe di benzina. Rassegna stampa Monde Diplomatique (IT), Le "Pensioni, un tesoro imprevisto" Data: 15/10/2010 Indietro Stampa DOSSIER Pensioni, un tesoro imprevisto Il sistema pensionistico finanziato dai contributi, attaccato da ogni parte, non è semplicemente una sfida sociale: esso porta in sé un progetto di civiltà. di BERNARD FRIOT* Dal 2008, quasi quotidianamente si è avuta conferma di un dato di fatto: il mercato del lavoro e quello dei capitali rappresentano un ostacolo all'occupazione e agli investimenti. Tuttavia, queste istituzioni godono di una fiducia tale che il loro fallimento aumenta la propensione a sottomettersi al loro dettato. I salariati si sforzano di migliorare sul mercato del lavoro una «impiegabilità» che gli imprenditori non giudicheranno mai sufficiente. I responsabili politici impongono ai popoli i sacrifici più dolorosi per cercare di soddisfare dei mercati finanziari insaziabili. L'osservatore resta stupefatto di fronte a questo culto pagano che trova in ogni dimostrazione della dannosità degli dei che adora l'occasione per invocarli con maggiore fede. Mercato e Impiego sono le divinità di una religione mai riconosciuta come tale. Le preghiere indirizzate ad essi si confondono con il gergo giornalistico: «La sfida dell'Europa per rassicurare i mercati», «Per tranquillizzare i mercati, la Spagna si rassegna a dare un giro di vite alle politiche sociali» (1), ecc. Certo, il Moloch ha perso il suo lustro. Ma, la sinistra, di fronte agli «investitori», propone nel migliore dei casi una nazionalizzazione parziale del credito che conforterebbe la proprietà lucrativa** (gli asterischi rinviano a glossario a lato). Non sarebbe necessario cercare di abolire quest'ultima? Il posto di lavoro riveste un carattere sacro che nessuno si azzarda a mettere in discussione. In cambio della promessa di conservare il loro posto, i lavoratori francesi, tedeschi e americani sacrificano una parte del loro salario. Partiti e sindacati rivendicano il pieno impiego. Ma tale espressione ha un duplice significato: gli imprenditori vi scorgono la subordinazione di una quantità e di una qualità ottimali di manodopera; i lavoratori vi cercano la garanzia di un reddito. Non è forse giunto il tempo di disgiungere salario e subordinazione, oggi confusi nel concetto di lavoro? Non è semplice uscire dalla rete di una religione pagana. Ma si può sperare di rompere le catene della superstizione (e del fatalismo che l'accompagna) appoggiandosi a una doppia grande esperienza positiva, condotta su larga scala qui e ora: la soddisfazione propria dei pensionati - di essere retribuiti pur essendo liberi dal mercato dell'impiego, e l'efficacia di un investimento liberato dai mercati finanziari - il sistema contributivo**. E bisogna individuare quanto vi sia di anticapitalista nella condizione dei pensionati, che continuano a percepire un salario per decenni e in modo irrevocabile; e che cosa ha di anticapitalista il finanziamento di quest'ultimo attraverso un sistema di contributi sociali, ossia mediante un prelievo sul valore aggiunto ** che assume impegni a lungo termine senza alcuna accumulazione finanziaria. Sia che lo si esamini dal punto di vista del finanziamento - i contributi previdenziali - o da quello della spesa - la pensione come salario a vita - il pensionamento è portatore di cambiamenti rivoluzionari. Il termine non ha qui il significato metaforico prediletto dai pubblicitari. Al contrario dell'utopia, che costruisce un sistema simmetrico al mondo reale interpretato in modo univoco e negativo, il cambiamento rivoluzionario si fonda sulla percezione chiara della sovversione già presente in una realtà analizzata come una contraddizione operante. Il dibattito sul sistema pensionistico offre l'opportunità di lavorare per la rivoluzione rendendo popolare la sostituzione del mercato del lavoro e della proprietà lucrativa, queste due istituzioni fondamentali del capitalismo, con l'«oltre» del salario a vita e della contribuzione. Iniziamo dalla questione dei contributi. Tale volto misconosciuto del salario, contestato dai padroni in quanto «onere sociale», è una delle grandi invenzioni del XX secolo (2). Ogni impiego dà luogo al prelievo di una parte del valore aggiunto, oltre al salario netto, destinato al finanziamento delle prestazioni sociali. Si tratta della parte socializzata del salario. Essa è considerevole; su 100 euro di salario, si stimano 73 euro di contributi dei lavoratori e degli imprenditori (3) e 10 euro di contribuzione sociale generalizzata (Csg), imposta destinata alla Sicurezza sociale. Più del 45% del salario totale si trova così socializzata dal sistema di protezioni collettive, e i contributi rappresentano l'essenziale di esso: il 40%. Tale appropriazione collettiva del valore aggiunto presenta numerosi meriti. Come la tassa trasformata in servizio pubblico, la contribuzione non genera alcuna accumulazione finanziaria prima della sua metamorfosi in prestazione sociale. Essa si contrappone al profitto che alimenta i portafogli finanziari. Questi ultimi, si dice, sono indispensabili agli investimenti; la contribuzione sociale prova il contrario, assumendo con successo,da cinquant'anni nei paesi più sviluppati, investimenti massicci (il 13 % del Prodotto interno lordo) e di lunga durata (diversi decenni): le pensioni. La contribuzione sociale, sistema unico di appropriazione collettiva della ricchezza Il meccanismo contributivo evidenzia una regola spesso ignorata: in economia esiste solo il presente. Solo una parte del valore aggiunto in corso di formazione viene speso, malgrado la convinzione e la necessità di un'accumulazione preliminare necessaria alle grandi spese. In termini precisi, un «investitore» non apporta nulla: i suoi titoli finanziari gli danno diritti sul valore aggiunto in corso di creazione. Se egli investe un milione di euro per rilanciare un'impresa, ottiene questa somma utilizzando i diritti di proprietà lucrativa legati ai suoi titoli, che lo autorizzano a prelevare la moneta in circolazione, essa stessa espressione del valore aggiunto in fase di formazione. Tale prelievo sul frutto del lavoro collettivo sarebbe molto più proficuo se fosse fatto non dai detentori privati di un patrimonio (come diritto di proprietà lucrativa, da abolire), ma direttamente dalla collettività (come diritto del lavoro, da arricchire esso stesso della dimensione essenziale dell'investimento). Perché non creare, sul modello di quella sociale, una contribuzione economica, che detrarrebbe, ad esempio, il 25% del valore aggiunto, oggi devoluto ai profitti? Elemento socializzato del salario, esso si aggiungerebbe sia al salario netto che ai contributi sociali; il suo prodotto andrebbe in casse che finanzierebbero l'investimento senza tassi d'interesse. Sviluppando il principio del finanziamento della pensione attraverso la contribuzione sociale, si scuote in maniera decisa il rapporto tra capitale e lavoro in riferimento alla ripartizione del valore aggiunto. La contribuzione economica (espressione della collettività esattamente come la tassazione che finanzia i bisogni comuni) afferma una concezione estesa della cittadinanza: noi siamo i creatori ed i soli produttori della ricchezza, e dunque gli unici in diritto di decidere cosa deve essere prodotto. Qui subentra la seconda rivoluzione: quella del salario a vita. Si tratta in questo caso di ampliare l'elemento sovversivo contenuto nella pensione in quanto salario continuato. Gli oppositori alla riforma, rivendicano una pensione corrispondente al 75% del salario netto di riferimento per una carriera conclusa all'età di 60 anni. Essi si dimenticano che la prima pensione netta corrispondeva, per una carriera conclusa, all'84% del salario netto dei lavoratori nati nel 1930 e ritiratisi dal lavoro tra il 1990 e il 1995 - ovvero prima degli effetti devastanti della riforma promossa dal Libro bianco di Michel Rocard (4). All'epoca, la Confederazione generale del lavoro (Cgt) rivendicava, per una carriera conclusa, il pensionamento all'età di 55 anni e una pensione corrispondente al 75% del salario lordo, ossia il 97% di quello netto (5). Il movimento tendeva allora a un tasso di sostituzione del 100% e implicava un tasso di contribuzione crescente. La riforma inverte questa dinamica, bloccando il tasso di contribuzione, ovvero riducendolo nel caso dei bassi salari. Tale blocco produce un duplice risultato: modifica il senso della ripartizione, del salario continuato in reddito differito, e apre le porte alla capitalizzazione. La pensione come salario continuo e irrevocabile dai 60 anni fino alla morte, costituisce un tesoro impensato. È possibile misurarne la portata nel momento in cui, paradossalmente, l'impiego rappresenta il principale ostacolo al lavoro. Cos'è l'impiego? Non semplicemente un'«occupazione» (così come viene definita dal senso comune), ma innanzitutto una forma di messa al lavoro che attribuisce dei diritti salariali (una qualifica e una retribuzione) a quella precisa mansione, e non alla persona che la svolge. L'individuo, negato in quanto portatore di qualifiche, nel momento in cui perde la sua posizione si vede ridotto allo statuto di richiedente impiego. Il lavoro si ritrova così nelle mani di imprenditori e investitori, che decidono tutto quanto attiene agli impieghi, alla loro localizzazione, al loro contenuto, e ai loro titolari. Tale situazione è propria del settore privato, dato che la funzione pubblica è caratterizzata dalla logica del livello: la qualifica qui viene infatti attribuita alla persona. I «riformatori» cercano infatti di distruggere ciò che essi considerano un'anomalia. La pensione è un antidoto all'impiego. Cosa succede nel momento in cui un lavoratore percepisce la sua pensione? Se è un funzionario statale, egli continua ad essere pagato perché è il suo grado, e non il suo impiego, che determina i suoi diritti (e questa è la ragione per cui la pensione dei funzionari si calcola sulla base del loro ultimo stipendio). Se invece proviene dal settore privato, egli accede infine al riconoscimento della qualifica legata ai suoi ruoli, che diventa così personale, in maniera tale che il suo salario è irrevocabile. Il pensionato non deve più di presentarsi sul mercato del lavoro. Egli può ostentare liberamente il suo titolo professionale, avendo comunque la certezza di un salario. In questo modo si può spiegare la fortuna di quei milioni di pensionati che, disponendo di un reddito corrispondente al loro miglior salario, di una professionalità riconosciuta e della potenziale mobilitazione di una rete di pari (6), dicono di non avere «mai lavorato così tanto». Incentriamo il ragionamento sul significato del termine «lavoro». Questi pensionati tesorieri della squadra di calcio del loro quartiere, questi consiglieri comunali, questi produttori di pomodori biologici, presenti al fianco dei loro nipoti, non esercitano «attività utili»: essi lavorano, le loro attività producono valore. Non un valore simbolico, ma economico, espresso nella pensione che percepiscono. Se definiamo la «attività» come produzione di ricchezza (in beni e servizi), la quota di attività che noi chiamiamo «lavoro» (ovvero la parte di ricchezza a cui noi attribuiamo un valore) dipende strettamente dai rapporti di potere. La logica capitalista vorrebbe che soltanto l'attività tesa a valorizzare il capitale (attraverso la produzione di merci) sia riconosciuta come lavoro: che solo l'impiego, quindi, costituisca la matrice del lavoro. Ma il conflitto salariale ha determinato la nascita di un'altra istituzione, capace di trasformare l'attività in lavoro: il salario a vita dei pensionati. Una trasformazione della società radicale e differentedalla statalizzazione Ciò che va bene dopo i 60 anni, va ancora meglio prima di quell'età. Perché, sul modello della pensione, non attribuire a ciascuno, dal momento della sua prima entrata nel mondo del lavoro fino alla sua morte, una qualifica (in una gerarchia organizzata in quattro livelli) e un salario (in una tabella che vada dai 2.000 agli 8.000 euro mensili)? Qualifica e salario sarebbero allo stesso tempo irrevocabili (non sottomessi alle incognite del mercato del lavoro) e dinamici, decisi in funzione di esami relativi alla qualificazione - in riferimento ai quali la convalida delle acquisizioni dell'esperienza (Vae) costituisce un esempio da generalizzare e diversificare. In questo modo, i salari netti non saranno più pagati dagli imprenditori, ma dalle casse di mutualizzazione sorrette dalla contribuzione. Si tratta semplicemente di sviluppare un meccanismo già esistente: come si è visto, il 45% del nostro salario è già versato in casse. Questa generalizzazione della contribuzione segnerebbe il punto di partenza di una trasformazione sociale radicale e, allo stesso tempo, differente dalla statalizzazione. Essa non colpirebbe la totalità del valore aggiunto. Una quota di esso rimarrebbe alle imprese, e le casse non sarebbero statali, ma si fonderebbero sulla democrazia sociale, così come è stata sperimentata nel dopoguerra dagli organismi della sicurezza sociale. E se alcuni lavoratori, come certi pensionati, non facessero nulla della loro qualifica? Nella peggiore delle ipotesi, essi sarebbero meno inutili e pericolosi di tanti titolari di un impiego ridotti a «produrre valore per gli azionisti» attraverso mansioni aberranti; nella migliore delle ipotesi, la loro supposta oziosità aprirebbe nuove strade al lavoro. note: * Sociologo. Autore di L'Enjeu des retraites, La Dispute, Parigi, 2010. (1) Le Monde, 12 febbraio e14 maggio 2010. (2) Su tale argomento, si potrà leggere L'Enjeu du salaire, che verrà pubblicato nel 2011 (La Dispute, Parigi). (3) Per i salari lordi superiori a 1,6 volte lo Smic, poiché, purtroppo, le retribuzioni inferiori sono ridotte a causa dell'esenzione dei contributi padronali. (4) Commissariat général du Plan, Livre blanc sur les retraites. Garantir dans l'équité les retraites de demain, La Documentation française, Parigi, 1991, 237 pagine. (5) Nicolas Castel, La Retraite des syndicats, La Dispute, Parigi, 2009. (6) Si tratta in questo caso di una significativa minoranza dei 14,5 milioni di pensionati, in quanto gli altri si trovano vincolati da una pensione decisamente esigua. (Traduzione di Al. Ma.) Rassegna stampa Quotidiano del Nord.com "Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 2 ) IdV porta il caso in parlamento" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 2 ) IdV porta il caso in parlamento Giovedì 14 Ottobre 2010 15:48 Notizie - Politica (Sesto Potere) Roma - 14 ottobre 2010 - «Oltre al danno, la beffa. Forse non ci arriveranno mai, alla pensione, ma francamente è incredibile che i lavoratori atipici non possano nemmeno conoscere la propria situazione contributiva ai fini previdenziali". Lo afferma il Presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario, primo firmatario dell'interrogazione urgente che tutto il Gruppo ha presentato ai ministri Sacconi e Tremonti perché vengano a spiegare in Parlamento la "battuta" fatta recentemente dal presidente dell'Inps Mastropasqua ( "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale" ) già pubblicata dalla nostra agenzia. Nell'interrogazione Belisario fa notare che l'Inps, contrariamente a quanto previsto dal Governo, entro quest'anno, in violazione delle più elementari norme sulla trasparenza, non riuscirà a far avere a tutti i lavoratori l'estratto conto aggiornato dei versamenti previdenziali accantonati e la proiezione sull'ammontare finale dell'assegno di pensione. L'interrogazione dell'Italia dei valori chiede di sapere come e quando il Governo intenda "informare tutti i lavoratori sulle proprie situazioni contributive, assicurare l'estensione degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori titolari di contratto atipico e parasubordinato e proporre meccanismi di solidarietà e di garanzia che possano portare i trattamenti pensionistici per questi lavoratori a un livello non inferiore al 60% della media della retribuzione, al netto della fiscalità". Rassegna stampa Quotidiano del Nord.com "Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 3 ) si mobilitano anche i Radicali" Indietro Data: 15/10/2010 Stampa Inps: niente soldi per le pensioni dei lavoratori atipici ( 3 ) si mobilitano anche i Radicali Giovedì 14 Ottobre 2010 18:50 Notizie - Politica (Sesto Potere) - Roma - 14 ottobre 2010 "Necessario calendarizzare la proposta di legge radicale presentata già nel 2008. Il governo da due anni e mezzo rifiuta di rispondere all’interrogazione dei parlamentari radicali che chiede di rendere pubblici i dati. Le parole pronunciate dal Presidente dell’Inps (nonché Commissario straordinario dello stesso ente previdenziale, alla terza proroga) Antonio Mastrapasqua, secondo il quale “se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”, sono di inaudita gravità. L’Ente previdenziale ha il dovere di fornire a tutti i cittadini e al Parlamento quei dati. Il governo ha il dovere di acquisirli, d’urgenza, a meno di voler abbandonare a loro destino di povertà milioni di cittadini italiani. Il problema dei contributi silenti, ovvero di quei contributi previdenziali che il cittadino versa, magari per anni, senza che gli stessi diano luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico, costituisce una vera e propria emergenza sociale. Milioni di lavoratori – precari, parasubordinati, appartenenti a professioni non ordinistiche – avranno, se l’avranno, una pensione da fame, mentre i loro contributi verranno utilizzati per pagare le pensioni ad altri. Già nel 2008 i deputati radicali hanno presentato, con la prima firma dell’on. Maurizio Turco (Atto Camera n. 1611), una proposta di legge per introdurre il principio per cui sia riconosciuto, ai lavoratori – dipendenti o autonomi – o ai loro superstiti, il diritto, su domanda, alla restituzione dei contributi previdenziali versati che non abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico. Dal 2008 il Governo si rifiuta di rispondere all’interrogazione a risposta scritta (n. 4/00083) presentata dai deputati radicali, sempre a prima firma Maurizio Turco, che chiede di acquisire e rendere disponibili tutti i dati. Gli stessi che Mastrapasqua oggi ritiene inopportuno diffondere. Da sabato prossimo Radicali italiani inizierà una campagna di raccolta firme affinché la proposta di legge radicale sui contributi “silenti” venga calendarizzata e discussa entro la fine del 2010". Ha dichiarato in una nota Michele De Lucia, tesoriere di Radicali italiani Rassegna stampa Times, The "Taxman targets gold-plated pensions" Indietro ● ● ● Data: 15/10/2010 Stampa 15 Oct 2010 The Times Financial Editor Nest eggs raided Taxman targets gold-plated pensions High earners hit but concessions are welcomed Patrick Hosking About 100,000 high earners and long servers will be hit with increases in their tax bills averaging 40,000 a year in the wake of a crackdown on pension relief. Business leaders and the pensions industry welcomed new rules from the Treasury yesterday as less draconian than feared and a better alternative to the complex proposals tabled by the previous Government. However, some expressed doubts that the crackdown would raise the targeted 4 billion after the threshold at which the rules bite was raised and other concessions were made. At the heart of the reforms is a reduction in the amount of pension saving an individual can make each year that is tax-free from 255,000 to 50,000. The level at which pension pots cease to qualify for tax relief the so-called lifetime allowance has also been cut, from 1.8 million to 1.5 million. While these changes sound as though they would affect only the very wealthy, they can hit relatively moderate earners in defined-benefit pension schemes because of the way their pensions are valued. Under a revised formula set by the Government Actuary's Department, every 1,000 increase in accrued annual pension is deemed to have cost 16,000. Hundreds of thousands of higherpaid people in final-salary schemes, or longer servers given pay rises, were threatened with being caught in the tax net. The Treasury estimated that of the 100,000 people hit, about 20,000 would be on salaries of less than 100,000. However, the Treasury announced an important concession to make that less likely, allowing employees to "carry forward" the unused portion of their annual allowance from three prior years. It also announced plans to Annual allowance cut from 255,000 to 50,000 Lifetime allowance cut from 1.8 million to 1.5 million Allowances frozen for five years Taxpayers to be allowed to "carry forward" unused allowances from prior years Plan to allow taxpayers to pay tax bills out of pension funds Safeguards for savers already over 1.5 million lifetime allowance New regime starts to bite from April 2011 hold a consultation to see whether those still caught out could pay the tax out of their accrued pension funds rather than stump up hard cash. But there was a warning from the Treasury that it would not tolerate higher earners sidestepping the crackdown by using unregistered vehicles known as employer-financed retirement benefit schemes. Deloitte estimated that earners in final-salary schemes on pay levels as comparatively low as 70,000 could be confronted with a surprise tax bill. The Treasury said that the lower lifetime limit would raise an additional 500 million in tax, implying that the lower annual allowance would raise 3.5 billion. But pension experts expressed doubts. Roger Breeden, principal at Mercer, said: "Given the relaxation on many of the original elements of the proposals, the question remains how the Government 4 billion." While the CBI, Institute of Directors, National Association of Pension Funds and Association of British Insurers gave a cautious welcome to the reforms, others were more circumspect. Raj Mody, a pensions partner at PricewaterhouseCoopers, said: "The Treasury have done a fantastic job in managing expectations. They slash the annual allowance and everyone says how marvellous it is." Ros Altmann, pensions expert with Saga Group, said that the crackdown will raise its target would hit some final-salary schemes in particular. She said: "Is this the Government's way of craftily trying to move pension schemes away from final salary towards career average?" In his June Budget, George Osborne had suggested that the annual allowance could be cut to somewhere in the 30,000 to 45,000 range. Mark Hoban, Financial Secretary to the Treasury, said yesterday that the new system was an improvement on Labour's plans, maintaining generous incentives and flexibility for the vast majority of savers.