Newsletter EurodeputatiPd Ungheria

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Newsletter EurodeputatiPd Ungheria
SPECIALE UNGHERIA
PATRIZIA TOIA
capodelegazione
degli eurodeputati Pd,
vicepresidente
commissione Industria
[email protected]
É
con orgoglio che presento questo
numero speciale della newsletter
dedicato ai resoconti del “viaggio”
in Ungheria di una delegazione
di alcuni eurodeputati Pd, insieme a deputati e senatori democratici, e di un’altra
missione di una nostra eurodeputata, per
andare a verificare sul posto le condizioni
reali a cui il Governo conservatore di Viktor Orban sottopone i rifugiati.
L’emergenza migratoria di questi mesi ha
una portata storica e l’Europa è chiamata a
superare la più grande crisi della sua storia,
senza tradire i suoi valori fondanti. Scrivere trattati e dichiarazioni di principio non
basta, i diritti devono diventare scelte concrete e devono “vivere” nella vita quotidiana delle persone. Per questo è tanto importante che Silvia, Nicola e Flavio siano
andati là ai confini dell’Ungheria, e Cécile
a sua volta, per incontrare i “rifugiati” in
carne e ossa, per far sentire la nostra vicinanza a chi fugge dalle guerre e, invece di
essere accolto, si trova davanti una barriera
di filo spinato, per mobilitare l’attenzione
dei media e per far sentire la pressione e
l’attenzione del Parlamento europeo al
Governo Orban che, come tutti gli altri
Stati membri, deve sapere che far parte
dell’Unione europea non significa solo
stare nello stesso mercato unico e condividere contributi e opportunità, ma significa
molto di più: condividere valori e idee di
unità e solidarietà. I nostri colleghi hanno
anche incontrato Ong e Organizzazioni
umanitarie portando il loro sostegno e il
ringraziamento di tutti noi. Questo viaggio, a cui abbiamo idealmente partecipato
tutti, ci spronerà a continuare nello sforzo
di costruire una comune e solida politica
europea per l’asilo e l’immigrazione. Grazie ancora ai generosi colleghi!
FRONTIERE
Gli eurodeputati Silvia Costa, Nicola Danti e Flavio Zanonato, insieme ai senatori
Roberto Cociancich e Mauro Del Barba
e ai deputati Laura Garavini e Roberta
Zampa, si sono recati in Ungheria dal 26 al
28 settembre 2015. Grazie alla collaborazione dell’Ambasciata italiana in Ungheria
e del Consigliere Paolo Di Giandomenico
i parlamentari hanno potuto incontrare i
rappresentanti delle Organizzazioni Non
Governative (Croce Rossa Internazionale, Croce Rossa Ungheria, UNHCR,
Helsinki Comittee) e vistare il villaggio
ungherese alla frontiera con l’Austria di
Hegyeshalom, il posto di frontiera austria-
Qui accanto Cécile Kyenge.
In alto, da sinistra: Flavio
Zanonato, Sandra Zampa,
Roberto Conciancich, Silvia
Costa, Mauro Del Barba,
Nicola Danti e Laura Garavini
co di Nickelsdorf e il posto di confine
ungherese, alla frontiera con la Croazia, di
Beremend (nella foto). I parlamentari sono
andati anche a vedere la barriera di filo spinato tra Croazia e Ungheria sorvegliata da
polizia ed esercito ungherese, in un punto
vicino a Beremend, per esporre il cartello
“No Walls in Europe” e dire No a nuovi muri in Europa. L’eurodeputata Cécile
Kyenge, che al Parlamento europeo è corelatrice per il rapporto sulle migrazioni,
dopo essere stata a Lampedusa e alla frontiera tra Croazia e Slovacchia, si è recata in
Ungheria il 19 e 20 settembre, visitando il
campo profughi di Vámosszabadi, al confine tra Austria e Ungheria, e l’abbazia di
Pannonhalma.
NEWSLETTER EurodeputatiPD - ottobre 215 - SPECIALE UNGHERIA
VIAGGIO AI CONFINI DELL’UMANITÁ
SILVIA COSTA
presidente commissione
cultura e istruzione
[email protected]
N
“
o walls in Europe” questo il
messaggio, scritto con il pennarello su un cartello bianco messo al
termine del viaggio, all’imbrunire sull’alta rete metallica con filo
spinato che ora separa l’Ungheria
dalla Croazia. Il gesto finale e simbolico di una missione compiuta in Ungheria alle frontiere con
l’Austria e la Croazia con colleghi
del PD del Parlamento europeo e
italiano voluta fortemente con la
collega Patrizia Toia. Forse lo leveranno. Ma so che ci saremo noi a
parlare e ad agire. Ce lo siamo detti
con Nicola Danti, Flavio Zanonato , Roberto Cociancich, Sandra
Zampa, Laura Garavini e Mauro
Del Barba, i parlamentari Pd europei e nazionali con cui abbiamo compiuto questa importante
missione. Alle due frontiere dove
andiamo è del tutto evidente che
In Ungheria i profughi non entrano più e che quello che Orban
chiama corridoio (senza la parola
umanitario!) è in realtà una fredda
operazione di trasferimento con
loro treni dai valichi di frontiera
interni ed esterni all’area Schengen. Dall’inizio dell’anno (dati
E’ DEL TUTTO EVIDENTE CHE IN UNGHERIA I PROFUGHI NON ENTRANO PIÙ
E CHE QUELLO CHE ORBAN CHIAMA CORRIDOIO È IN REALTÀ UNA FREDDA
OPERAZIONE DI TRASFERIMENTO CON LORO TRENI DAI VALICHI DI FRONTIERA
INTERNI ED ESTERNI ALL’AREA SCHENGEN. DALL’INIZIO DELL’ANNO CI SONO
STATE 175.404 RICHIESTE D’ASILO, MA NE SONO STATE ACCOLTE SOLO 330
ufficiali) ci sono state 175.404 richieste di asilo (ma la gran parte
dei richiedenti, secondo l’ufficio
ungherese per l’immigrazione, lascia il territorio ungherese senza
attendere l’esito); circa 330 richieste accolte; 2.000 richieste rifiutate; 111.950 i casi in corso (e
quindi circa 60.000 casi non ancora aperti per il loro esame). Con
l’entrata in vigore il 15 settembre
della nuova legge che rende reato penale entrare illegalmente o
danneggiare il filo spinato messo
ai confini con Serbia e Croazia, le
cose sono cambiate. In settembre
sono state presentate solo poco più
di 3000 richieste. Mentre sembra
che i detenuti per questi reati siano già 300, in continuo aumento.
Nessun profugo ormai vuole andare in Ungheria e la Croce rossa
riferisce che si rifiutano anche di
salire su una autoambulanza ungherese! Si è infatti operato nella direzione di una dissuasione di
massa, non si prendono in carico le
persone come richiedenti asilo ma
come “sfida militare che minaccia
la sovranità della nazione “(scrive
l’Hungarian Helsinki Commit-
tee), ci si è rifiutati di partecipare
alla ripartizione dei rifugiati decisa
dal Consiglio dei ministri europei,
si è allestito un muro di filo spinato
lungo il confine con la Serbia e
Croazia, ed ora se ne annuncia uno
con la Romania “perché non è in
zona Shenghen”. L’accordo bilaterale con l’Austria cui auspica Orban, come ha dichiarato alla stampa il 25 settembre ( “noi e l’Austria
siamo sulla stessa barca”) è in realtà
lo strumento per una massiccia
operazione di scaricabarile in cui
i magiari procurano le “navette” e
gli altri si prendono cura dei rifugiati, li ospitano e li riallocano.
C
osì si aggirano le convenzioni
internazionali e la direttiva euro-
pea sull’asilo che prevede un obbligo di accogliere e registrare i
profughi che sono alla frontiera di
uno Stato Membro e di procedere
alla verifica del loro status. Quelli che abbiamo incontrato dopo
il confine austriaco nei tre giorni
di missione con i colleghi del Pd,
sono in massima parte siriani, afghani e -meno -irakeni e alcuni
pakistani. (contina a pagina 3)
NEWSLETTER EurodeputatiPD - ottobre 215 - SPECIALE UNGHERIA
VIAGGIO AI CONFINI DELL’UMANITÁ
Giovani e giovanissimi uomini
che parlano di famiglie decimate o
ospitate in campi profughi in Libano, Giordania o Turchia. Giovani cui la guerra ha precocemente
conferito il ruolo di capo famiglia.
La loro non è una fuga solitaria ma
benedetta e accompagnata dalle
aspettative delle loro famiglie di
potersi un giorno ricongiungere.
Ci sono mamme e bambini finalmente sorridenti e speranzose che
gli autobus allestiti dal governo
austriaco li condurranno verso il
sogno di riprendere una vita serena, lontano da guerre, persecuzioni e fame, per offrire un futuro ai
loro figli. Molto più inquietante e
livida è la situazione alla frontiera con la Croazia: minacciosi carri
armati e soldati con mitra sono
accanto a malandati bus con spauriti profughi in attesa da ore di essere avviati verso la frontiera con
l’Austria. Qui emerge ancora più
tragicamente quell’impersonale,
algida interpretazione del “ corridoio “ di Orban che non prevede
empatia, informazioni rassicuranti a chi viene da storie e percorsi
drammatici, che non rispetta gli
standard di accoglienza anche per
quanto riguarda tempi e modalità
di ascolto delle persone ma si affretta a liberarsi di questo fardello,
scaricandolo sugli altri Paesi.
lità politica, con la grande pressione su Croazia, Austria e Slovenia,
le continue chiusure di frontiere e
l’inadeguatezza delle 120mila riallocazioni approvate dal Consiglio
dei ministri europeo senza avere
quote obbligatorie e un sistema
permanente di permessi umanitari, insieme al rifiuto di accogliere i
profughi da parte di quattro grandi Paesi Ue (oltre l’Ungheria, la
Repubblica Ceca, la Slovacchia e
la Romania), è davvero complessa. Diventa assolutamente urgente,
come avevamo chiesto nella nostra risoluzione in Parlamento europeo, superare la convenzione di
Dublino per consentire un sistema
permanente di permessi umanitari,
corridoi assistiti, ampliamento di
quote obbligatorie e soprattutto la
definizione di un vero sistema europeo di Asilo, a cui sta lavorando l’
Alto Rappresentante UE Federica
Mogherini.
O
ra noi parlamentari Pd dobbiamo lanciare un appello perché
si agisca in due direzioni: sul piano
politico diplomatico, in Libia e in
Siria, e sul piano umanitario e politico per condividere responsabilità
e risorse verso questi fratelli e sorelle in fuga da guerre, persecuzioni e fame. Tornando dall’Ungheria
tutti noi della missione Pd abbiamo preso un impegno: denunciare
quello che succede in Ungheria
come violazione dei diritti umani
e come smacco dell’Europa.
L
a prospettiva che si apre, per
l’Europa e per la nostra responsabi-
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NO WALLS IN EUROPE
NICOLA DANTI
membro commissione mercato
interno e protezione consumatori
[email protected]
Ibordo
l cielo azzurro, il pulmino con a
la delegazione di parlamen-
tari del Pd attraversa le strade libere di una bella domenica mattina
di settembre. Budapest appare nel
suo splendore di città Mitteleuropea e la sua periferia come quella
di una qualsiasi città europea, con
palazzi nuovi e centri commerciali. Eppure quella domenica non sarebbe stata per noi una domenica
normale. É stata una domenica che
ha fatto scorrere immagini davanti
ai nostri occhi che non avremmo
voluto vedere nel nostro continente. La strada che porta dalla stazione di Hegyeshalom è segnata dal
passaggio di un mondo: coperte,
oggetti personali, sono la testimonianza di un esodo. Il sentiero della storia passa da queste strade e la
storia un giorno giudicherà l’Europa, i suoi politici. Percorriamo la
strada cercando il popolo errante
UN VIAGGIO LUNGO I CONFINI UNGHERESI PER CONSTATARE CHE DUE STATI
MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA, I CUI RAPPRESENTANTI SIEDONO NELLO
STESSO PARLAMENTO, SONO SEPARATI DA BARRIERE DI FILO SPINATO COME
AI TEMPI DELLA GUERRA FREDDA. LA STRADA CHE COLLEGA UNGHERIA E
CROAZIA È ANCHE OGGETTO DI UN FINANZIAMENTO COMUNITARIO PER IL
SUO MIGLIORAMENTO. APPARE TALMENTE IN CONTRASTO CHE HO DECISO
DI FARE UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE PER RICHIEDERE LA REVOCA
DI QUESTO FINANZIAMENTO.
fino a giungere alla frontiera austriaca. Sul confine non c’è polizia
ma solo i volontari pronti ad offrire qualche genere di conforto. Al
di là del confine in Austria tra le
tende bianche una moltitudine di
persone. In fila pronte a raggiungere qualche località dell’Austria
con i pullman messi a disposizione
delle autorità. Tutto sembra abbastanza ordinato ed il clima abbastanza sereno. Incrocio gli sguardi
degli uomini e delle donne. Sui
loro volti un misto di stanchezza
e preoccupazione. Con loro tanti
bambini. Sui più piccoli é facile
scorgere un sorriso. Hanno la loro
mamma e il loro babbo vicino e
forse si sentono per questo tranquilli.
te organizzazione delle autorità
austriache. Ci attende un viaggio
lungo. Il confine croato dista 4 ore
di pulmino. Solo una breve pausa
per un panino. Il cielo si é velato e l’arrivo alla frontiera croata é
preceduto da immagini non rassicuranti. In lontananza si scorge il
movimento di mezzi blindati e uomini intenti a erigere una barriera
di filo spinato. Una fila di autobus
scalcinati é in attesa di prendere a
bordo il popolo errante per trasportarlo alla stazione più vicina e
fargli raggiungere a nel più breve
tempo possibile il confine austriaco dove eravamo la mattina. Ci
vengono incontro dei blindati con
mitragliatrice. Improvvisamente
mi sembra di tornare a quando da
bambino mi é capitato di passare la
ipartiamo dopo aver parlato frontiera tra ovest e est. Sembra di
con alcuni di loro e aver consta- essere tornati ai tempi della guerra
tato una efficiente e accoglien- fredda. (continua a pagina 5)
R
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NO WALLS IN EUROPE
Il filo spinato si perde lontano lungo il confine a destra e a sinistra del
piccolo varco che separa due stati
dell’Unione europea. 4 metri ..... 4
metri che consentono il passaggio
tra due nazioni i cui rappresentanti siedono nello stesso parlamento
..... Intorno solo filo spinato. In
questa realtà la bandiera dell’Europa appare stonata. Che Europa é
questa? Che Europa é quella che
divide due stati con una barriera di
filo spinato? Che Europa é quella che “accoglie” uomini, donne e
bambini che fuggono dalle persecuzioni politiche con militari in
assetto di guerra? In questo lembo
di terra dove sono i valori dei nostri trattati che declamiamo solennemente nelle aule parlamentari e
nelle istituzioni europee?
L
’ironia della sorte vuole che
l’Europa sia su un cartello che ri-
corda come la strada che collega
Ungheria e Croazia sia oggetto di
un finanziamento comunitario per
il suo miglioramento. Appare talmente in contrasto che ho deciso
di fare una interrogazione parlamentare per richiedere la revoca
di questo finanziamento. Fin dalla
partenza avevo in mente un gesto,
qualcosa che simboleggiasse visivamente il nostro dissenso a questa
Europa fatta di muri e filo spinato.
Siamo guardati a vista e un gesto
in questa situazione appare quanto
mai rischioso. É cosi che decidiamo di raggiungere il muro in un
altro punto per poter esprimere il
nostro dissenso. Il pulmino non ci
consente di avventurarci per strade sterrate e piene di fango. Ci
danno una mano i volontari delle
UNHCR che ci mettono a disposizione un piccolo Suv e ci guidano
su strade impantanate verso il confine. La strada ad un certo punto
non ci permette di andare avanti,
troppo fango. Non ci pensiamo un
minuto e ci incamminiamo a piedi.
Google maps ci dice che il confine
non é lontano ma la strada é un
pantano e si fatica non poco a sta-
re in piedi. In lontananza vediamo
arrivare 2 camion militari, penso
che forse ci fermeranno, invece
scorrono via senza chiederci nulla.
Corriamo verso la meta, si sta facendo buio e il silenzio attorno a
noi comincia ad essere inquietante. Finalmente dopo una curva si
materializza davanti a noi in lontananza una lunga striscia grigia.
É il muro di rete e filo spinato.
Acceleriamo. La rete é nuova perfettamente tirata, nessun segno del
tempo. Una barriera recente con
non più di qualche giorno di vita
e per questo ancora più terribile.
Non é un avanzo della storia, non
é un avanzo della cortina di ferro.
É la testimonianza contemporanea
della crisi dei nostri valori, della
nostra Europa. Avendo pensato a
qualcosa del genere avevo messo
nel mio zaino le armi necessarie:
carta da pacchi e pennarelli. Ormai é quasi buio. Miracolosamente
tiriamo fuori lo slogan “no walls
in Europe”. Appoggio il foglio sul
reticolato e Mauro scrive il nostro messaggio. Una foto .... E via
si torna indietro. Ormai é buio e il
telefonino diventa la nostra torcia.
In questo lembo di terra d’Europa, con negli occhi gli sguardi dei
bambini, delle donne e degli uomini, lo abbiamo gridato il nostro
no ai muri che é anche la nostra
promessa di lavoro quotidiano per
una Europa diversa.
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L’EUROPA NECESSARIA
FLAVIO ZANONATO
membro commissione industria
ricerca ed energia
[email protected]
SUngheria
ono tornato dalla missione in
di domenica scorsa con i
colleghi parlamentari portandomi
dentro un’emozione forte e una
convinzione profonda.
L’emozione sta nell’incontrare i
volti e la verità delle persone. Dalla cittadina di Hegyeshalom siamo
andati al confine con l’Austria: la
polizia austriaca ci ha fatto dialogare con decine di profughi, abbiamo ascoltato le loro storie, quella del giovane insegnante che si è
visto uccidere a fucilate tre fratelli
in Siria ed ora viaggia verso l’Olanda, quella del ragazzo pieno di
tensione e rabbia per essere stato
costretto a lasciare la sua terra.Tanta umanità, dolente ma tenace, che
si porta dietro una valigia e vuole solo una cosa: vivere. I bambini correvano: sorridenti, pieni di
speranza, dentro l’avventura di un
lungo viaggio, in braccio ai loro
genitori. Lo sappiamo, c’è un passaggio continuo di persone, gior-
ABBIAMO ASCOLTATO TANTE STORIE PIENE DI UMANITÀ E DI SPERANZA E
VISTO IL MURO DI ORBAN, I MILITARI E LE ARMI. LA NETTA SENSAZIONE È DI
UN’ESIBIZIONE MUSCOLARE VOLTA A PARLARE ALLA PANCIA E NON AL CUORE
E AL CERVELLO DELL’OPINIONE PUBBLICA. TORNO ANCORA PIÙ CONVINTO
CHE LE POLITICHE NAZIONALI, SPESSO APPIATTITE SUL POPULISMO, NON
SIANO IN GRADO DI AFFRONTARE LE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO E CHE CI SIA
L’URGENZA DI UN NUOVO ORDINE MONDIALE. È NECESSARIA UNA NUOVA
EUROPA, SONO NECESSARI GLI STATI UNITI D’EUROPA. .
no e notte. C’è la preoccupazione
dell’inverno. Ma negli occhi che
ho incrociato ho visto la speranza,
il senso che il peggio è passato, che
in fondo l’Europa può essere luogo di pace e una terra di possibilità
per provare a trovare - come dice
il Papa - almeno un po’ di felicità. Salutandoci, tutti, ci dicevano
«Thank You, Thank You».
Avevo dentro – forte – questa
emozione quando siamo arrivati a
Beremend, al confine tra Ungheria e Croazia. Qui abbiamo visto
il muro di Orban, il filo spinato, i
cingolati, i carri armati, i militari,
le armi. I profughi venivano accompagnati a dei pullman, l’Ungheria non accoglie, consente solo
un “corridoio”, perché donne, uomini e bambini possano procedere
velocemente verso la Germania,
verso il Nord. Diciamoci la verità: più che il senso del campo di
concentramento ho avuto la percezione di un’esibizione muscola-
re, di un tentativo di affermare il
principio della non-accoglienza, il
“non li vogliamo”. Le armi servono per affermare lo scaricabarile,
il rifiuto di affrontare i problemi,
l’ossessione di parlare alla pancia e
non al cuore e al cervello dell’opinione pubblica. Torno, quindi,
ancor più convinto che la politica
nazionale (e i media raccontano
solo la politica nazionale) non sia
in grado di affrontare le sfide del
nostro tempo: la politica nazionale – in un cortocircuito vizioso tenderà a rifugiarsi nel populismo,
nella paura. La globalizzazione – e
questi esodi biblici – ci presentano
invece l’urgenza di un nuovo ordine mondiale, ci mostrano processi
inediti e dalle dimensioni enormi,
che possiamo decidere se subire
o governa. Ma sono eventi impossibili da governare per gli stati
nazionali. È necessaria una nuova
Europa, sono necessari gli Stati
Uniti d’Europa.
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L’ESODO EPOCALE
CECILE KASHETU KYENGE
membro commissione libertà civili
giustizia e affari interni
[email protected]
Sblicotiamoepocale.
assistendo a un esodo biÈ la convinzione
che ho consolidato andando dieci
giorni fa prima a Lampedusa sulle navi di Triton, Eunavfor Med
e dell’operazione italiana Mare
Sicuro con una delegazione del
Parlamento Europeo, e poi, rientrata, andando a distanza di poche
ore in automobile fino in Ungheria, ai confini con Austria, Slovenia
e Croazia. Tra Austria e Ungheria
ho osservato un inarrestabile fiume di persone che continuava ad
arrivare. Davanti a me sono passate
oltre 3 mila persone in un lasso di
tempo brevissimo, nella speranza
di arrivare in Austria. Mi ha colpito molto vedere donne, bambini e
uomini debilitati da un lungo e difficile viaggio, in balia degli eventi,
ma con la dignità di chi sa che sta
camminando per conquistarsi un
futuro possibile davanti a sé. Assistendo a questo scenario di migliaia di persone in attesa degli eventi,
IN MISSIONE A LAMPEDUSA SULLE NAVI DI TRITON, EUNAVFOR MED E
DELL’OPERAZIONE ITALIANA MARE SICURO, FINO POI IN UNGHERIA DOVE
MUOVENDOMI IN AUTOMOBILE HO MONITORATO I FLUSSI MIGRATORI E I
CAMPI PROFUGHI AI CONFINI CON AUSTRIA, SLOVENIA E CROAZIA. MI HA
COLPITO MOLTO VEDERE GENTE DEBILITATA DA UN DIFFICILE VIAGGIO, MA
CON LA DIGNITÀ DI CHI SA CHE STA CAMMINANDO PER CONQUISTARSI
UN FUTURO POSSIBILE DAVANTI A SÉ. DIFFICILE PENSARE DI TROVARSI AI
CONFINI FRA STATI MEMBRI DELLA STESSA UNIONE..
sarebbe stato difficile a un osservatore anche solo pensare di trovarsi
ai confini fra Stati Membri della
stessa Unione. Mi ha riempito il
cuore la solidarietà di tanti giovani
volontari ungheresi, austriaci, sloveni e croati. Ho parlato con loro,
ascoltato i racconti dei profughi,
ho parlato con la Croce Rossa e
l’UNHCR. Che fare? La chiave di
accesso a una soluzione, pur complessa, c’è: dare piena attuazione
al principio di solidarietà nell’accoglienza fra gli Stati Membri. In
caso contrario, la prima “minaccia”
finisce per essere proprio lo stato
confinante, anche se membro della
stessa Unione Europea, paradossalmente invertendo il principio di
solidarietà. Chi sfrutta la situazione soffiando
sul fuoco e alimentando le paure
dinanzi a questa crisi epocale fa
un gioco meschino perché scommette sulla miscela potenzialmente
esplosiva fra le proporzioni inedite
di questo esodo e una crisi economica che continua a mordere nella
quotidianità, con l’obiettivo di lucrarne elettoralmente.
Il fenomeno migratorio non si gestisce con slogan, ma investendo
tutto su un piano europeo articolato in un mix di azioni concrete
e una visione globale. È un nostro
dovere morale che risponde agli
ideali di pace e giustizia su cui si
fonda l’Unione europea: salvare le
vite umane è la nostra pietra angolare. Non a caso la foto di Aylan
ha scosso la coscienza europea. La
via maestra è lavorare per un’effettiva applicazione dei principi
di solidarietà ed equa ripartizione
delle responsabilità, e implementare politiche che consentano vie
legali d’immigrazione verso l’Europa e di un nuovo piano d’azione
europea verso l’Africa. Insomma
lavorare per un’Europa solidale,
Europa Nostra.
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L’UNITÁ 28/09 “UNGHERIA, VIAGGIO LUNGO IL CONFINE”
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AVVENIRE 29/09 “CARRI ARMATI ALLE FRONTIERE”
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SOLE24ORE 30/09 “PROFUGHI, UNGHERIA FUORI DALL’EUROPA”
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BRANDO BENIFEI
membro commissione
occupazione e affari sociali
GOFFREDO MARIA BETTINI
SIMONA BONAFE’
MERCEDES BRESSO
membro commissione
membrocommissioneambiente,coordinatricecommissionesviluppo
affari esteri
sanità e sicurezza alimentare regionale e affari costituzionali
NICOLA CAPUTO
CATERINA CHINNICI
membro commissione
membrocommissionelibertàcivili,
agricoltura e sviluppo regionale
giustizia e affari interni
PAOLO DE CASTRO
coordinatore commissione
agricoltura e sviluppo rurale
ISABELLA DE MONTE
membro commissione
trasporti e turismo
ROBERTO GUALTIERI
CECILE KASHETU KYENGE
presidente commissione membrocommissionelibertàcivili,
affari economici e monetari
giustizia e affari interni
MASSIMO PAOLUCCI
membrocommissioneambiente,
sanità e sicurezza alimentare
PINA PICIERNO
membro
commissione bilanci
SILVIA COSTA
presidente commissione
cultura e istruzione
RENATA BRIANO
vicepresidente
commissione pesca
ANDREA COZZOLINO
NICOLA DANTI
vicepresidente commissione membro commissione mercato
sviluppo regionale
internoeprotezioneconsumatori
ENRICO GASBARRA
membro
commissione giuridica
ELENA GENTILE
membro commissione
occupazione e affari sociali
MICHELA GIUFFRIDA
membro commissione
sviluppo regionale
LUIGI MORGANO
membro commissione
cultura e istruzione
ALESSIA MOSCA
membro commissione
commercio internazionale
PIER ANTONIO PANZERI
membro commissione
affari esteri
GIANNI PITTELLA
presidente
Gruppo S&D
DAVID SASSOLI
vicepresidente
Parlamento europeo
RENATO SORU
membro commissione
affari economici e monetari
eurodeputatipd.eu
PATRIZIA TOIA
vicepresidente commissione
industria, ricerca ed energia
DANIELE VIOTTI
membro
commissione bilanci
FLAVIO ZANONATO
DAMIANO ZOFFOLI
membro commissione
membrocommissioneambiente,
industria, ricerca ed energia sanità e sicurezza alimentare