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RICERCA UNIVERSITARIA AUTOFINANZIATA (Fondi Ex 60%)
Roberto Mascarucci (coordinamento scientifico generale)
Aldo Cilli (analisi e interpretazioni territoriali)
Luisa Volpi (rappresentazione e concettualizzazione grafica)
ABSTRACT
In Abruzzo, come in altre regioni italiane, sono da tempo in discussione modelli alternativi di
sviluppo della comunità locale. Nessuno di questi modelli, però, è costruito a partire da
opzioni esplicite sul possibile uso delle risorse territoriali. Con l’approccio di chi ritiene
indispensabile fondare le proposte di sviluppo sulle caratteristiche fisiche dei territori
interessati e sulle consapevoli determinazioni circa il loro uso, la ricerca vuole proporre una
nuova interpretazione della recente evoluzione dell’assetto territoriale regionale, da
intendere come “strumento di aiuto alla decisione” per le prossime scelte programmatiche
(Mascarucci, 2008).
La ricerca (con l'elaborazione di un atlante) intende fornire una rappresentazione innovativa
dell’Abruzzo “in transizione” attraverso immagini del territorio regionale elaborate con finalità
strategiche (e quindi selettive) costruite mediante una reinterpretazione in chiave spaziale di
fenomeni direttamente osservati e/o desunti da dati e studi già disponibili. Il processo di
costruzione delle immagini territoriali nasce, quindi, da una lettura e interpretazione della
realtà territoriale, effettuata sulla dimensione fisico-spaziale dei fenomeni e sulla sua recente
evoluzione. Il punto di vista con il quale si legge lo “spazio” regionale è, però, innovativo.
Non sono stati indagati solo i tradizionali aspetti dello sviluppo urbanistico, ma anche i nuovi
fenomeni che caratterizzano l’evoluzione recente del sistema territoriale (Florida, 2011).
Il risultato è una “visione” del territorio regionale, capace di cogliere i fenomeni più attuali
delle trasformazioni in atto, anche mutevoli e non sempre di agevole interpretazione.
Fenomeni nuovi e diversi rispetto a quelli solitamente indagati, spesso ancora in nuce o
palesati in forma timida e latente, che si presentano però come i possibili “germi di
innovazione” capaci di svelare le dinamiche di ristrutturazione in atto e anche di mostrare
vocazioni, tendenze e potenzialità di sistema (presenti e/o da implementare).
La narrazione attualizzata del territorio e dei relativi sistemi fisico relazionali che si
distribuiscono al suo interno (secondo mutevoli esigenze di ordine tecnico, economico,
sociale e culturale) si fonda sulla essenziale ricognizione di alcuni temi verso i quali si è
prestata maggiore attenzione e che sono considerati come “tracce rivelatrici” della
propensione di questo territorio ad assecondare una transizione verso un suo possibile
ripensamento ispirato al concetto di “territorio intelligente” (Vegara, 2004).
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Le analisi e le interpretazioni più rappresentative delle suddette mutazioni in atto sono:
• una descrizione del territorio regionale, che si articola in: (i) la rilettura della struttura molto
disomogenea del sistema insediativo; (ii) il ridisegno del quadro articolato e incompleto delle
dotazioni infrastrutturali; (iii) la presa d’atto delle peculiarità del patrimonio ambientale
tutelato;
• una riflessione essenziale sulla struttura della popolazione, indagata anche in relazione alle
sue dinamiche, ovvero con approfondimenti su: (i) densità abitativa e demografia urbana;
(ii) tendenze demografiche in atto;
• una ricognizione del sistema produttivo regionale, sostanzialmente scomposto secondo: (i) la
sua componente “primaria”, in evidente trasformazione per assecondare una domanda di
qualità sempre più importante delle connesse filiere agroalimentari; (ii) la sua componente
“secondaria”, profondamente mutata per effetto di una ristrutturazione ancora lungi dal
concludersi;
• una indagine condotta a margine della caratteristica struttura del sistema formativo di punta
e delle eccellenze del sistema dell’innovazione, inteso come somma delle seguenti
componenti essenziali: (i) il sistema dei centri di alta formazione, di produzione culturale e di
sostegno ad attività di ricerca; (ii) il sistema delle comunicazioni riferibile all’effettivo sviluppo
delle reti immateriali e le connesse opportunità legate alla nascita di attività innovative;
• un focus sulla cosiddetta “economia verde”, indagata secondo due essenziali filoni di
possibile articolazione: (i) la dotazione dei diversi sistemi della produzione energetica da
fonti rinnovabili; (ii) la capacità del territorio di gestire adeguatamente e con profitto il ciclo
dei rifiuti come opportunità economica, ambientale e culturale;
• una rappresentazione del livello complessivo di “attrattività” del territorio, essenzialmente
indagata attraverso: (i) il sistema integrato delle risorse territoriali che costituiscono mete di
interesse turistico ambientale, paesaggistico, culturale e religioso; (ii) il sistema dell’offerta
ricettiva regionale; (iii) la distribuzione della popolazione immigrata sul territorio regionale;
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• un report molto essenziale circa la diffusione, sul territorio, dei nuovi strumenti di
programmazione strategica dello sviluppo, oltre che delle nuove forme istituzionali di
governo locale.
Da questa prima articolazione delle nuove “figure interpretative” emerge una fotografia
originale (e tendenziosa) del territorio regionale, utile per comprendere i nuovi fenomeni
spaziali connessi alla mutata dinamica economica (Moretti, 2013), per cogliere i nuovi “germi
di sviluppo” che caratterizzano la comunità regionale, per guardare con occhio diverso le
configurazioni spaziali ancora troppo legate a ripartizioni amministrative ormai obsolete e
quindi per orientare di conseguenza le scelte innovative dei programmi di sviluppo.
Sul piano delle proposte, la ricerca parte dai seguenti assunti:
- per rilanciare l’Abruzzo non bastano le “economie immateriali” (turismo, cultura, terziario),
che pur devono essere sviluppate, ma c’è bisogno di rivalutare i settori legati alla produzione
materiale di beni (eventualmente ad esse collegati);
- il nuovo modello di sviluppo abruzzese deve puntare su produzioni materiali direttamente
connesse ai settori innovativi, compatibili con le suscettività endemiche dei territori
interessati, ma capaci di alimentare processi virtuosi di creazione del “valore aggiunto
territoriale”, in sinergia con l’attività di R&S;
- gli investimenti pubblici devono essere indirizzati verso la creazione delle condizioni di
contesto che favoriscano l’attrazione di investimenti privati, che non sono più connesse solo
ai servizi alla produzione (aree industriali), ma anche e soprattutto ai servizi integrati alla
persona (sistemi urbani), visto che a dispetto della globalizzazione delle relazioni virtuali
sono ancora le città ad attrarre i cervelli e favorire l’innesco dei processi innovativi (Glaeser,
2013);
- le (scarse) risorse finanziarie pubbliche non possono più essere utilizzate per “riequilibrare”,
ma devono essere indirizzate verso quei territori dove è già presente capitale fisso sociale e
“massa critica” per l’innesco favorevole di nuovi processi di sviluppo.
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Le nuove figure interpretative elaborate dalla ricerca, quindi, sulla base di questi assunti,
sono state utilizzate per riconoscere i grandi sistemi urbani rappresentati dalle città principali
e dalle relative aree di gravitazione. Il sistema delle “città forti”, articolato sia sulla costa
(Teramo-Roseto-Giulianova, Pineto-Montesilvano, Pescara-Chieti-Ortona, Lanciano-Atessa,
Vasto-San Salvo), che nell’Abruzzo interno (L’Aquila, Avezzano-Celano, Sulmona), costituisce
l’armatura sulla quale fondare il nuovo modello di sviluppo, collegando ad essa sia il “sistema
insediativo intermedio”, sia il territorio interno della “regione dei parchi”.
La scommessa per l’immediato futuro si gioca sull’investimento (strutturale e organizzativo)
nei cosiddetti “territori in ascesa”, ovvero quei territori posti nelle immediate adiacenze
dell’armatura urbana consolidata e che presentano le più forti potenzialità di sviluppo
(“germi di innovazione”) e può concretamente tradursi in alcune azioni strategiche prioritarie
tra le quali le seguenti:
- nei territori in ascesa si deve concentrare il nuovo investimento per lo sviluppo, ma non
attraverso l’ulteriore crescita urbana con conseguente ulteriore consumo di suolo, bensì
attraverso la ristrutturazione strategica dell’esistente e la rigenerazione dei sistemi insediativi
e produttivi, in chiave competitiva;
- l’Abruzzo dei parchi deve essere oggetto di politiche per il presidio (conservazione di
biodiversità e difesa idrogeologica) e per la valorizzazione a fini turistici, salvaguardando le
risorse ambientali e garantendo alle comunità locali uno specifico “sostegno” mediante
formule innovative di perequazione territoriale, in coerenza con la rinnovata attenzione alle
aree interne;
- lo strumento operativo di questa “manovra strategica” può essere fondato sulla nuova
dimensione della “unione di comuni”, e quindi su “piani strutturali” di livello intercomunale
(ai quali affidare le strategie territoriali) e su nuovi “programmi d’azione a carattere tattico”
(ai quali affidare il disegno delle soluzioni spaziali).
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RIDISEGNO DELLE RIPARTIZIONI AMMINISTRATIVE
La spending review e la riforma degli enti locali impongono un processo di accorpamento dei
comuni, che non può limitarsi alla mera organizzazione intercomunale dei servizi. In accordo
con il principio della “coalescenza territoriale” (Calafati, 2008), il sistema insediativo deve
essere guidato verso una razionalizzazione basata su unità amministrative di più efficace
dimensione funzionale. E ciò in tutti e tre gli ambiti territoriali riconosciuti dalla ricerca,
attraverso le nuove provincie (progetto Del Rio), la riformulazione delle città metropolitane
(di cui al Titolo V della Costituzione), le fusioni/incorporazioni/unioni di Comuni (di cui al
TUEL 267/2000), le unioni municipali obbligatorie (di cui al DL 138/2011).
L’abolizione delle Provincie come fin qui intese aprirà la strada a funzioni più specifiche per il
nuovo “ente territoriale intermedio di secondo livello”, che potrà essere finalizzato alla
gestione ottimale di alcuni servizi e alla programmazione concertata di area vasta.
Il nuovo ruolo da affidare alle Città Metropolitane sarà collegato alla pianificazione spaziale
delle conurbazioni in ascesa, ma per essere utilizzabile in Abruzzo dovrà prescindere dalle
soglie dimensionali fin qui individuate dalla legge (provincie con popolazione già pari ad
almeno 1.000.000 di abitanti e/o comuni con popolazione maggiore di 500.000 abitanti).
Fondamentale importanza deve, invece, essere attribuita alla istituzione di nuove Unioni di
Comuni o di altre forme di aggregazione tra enti locali, comprese forme di incentivazione al
ricorso dell’istituto della fusione tra vari municipi preesistenti funzionali alla creazione di
nuove realtà amministrative la cui gestione comporti contenimento della spesa corrente e
maggiore aderenza alle realtà territoriali interessate.
La riorganizzazione dell’architettura istituzionale-amministrativa degli enti locali, almeno in
Abruzzo e almeno secondo la presente visione, dovrebbe essere compiuta attraverso un
attento studio delle suscettività del territorio e, perciò, con innovativi approcci e metodiche
di natura tecnica che privilegiano l’interpretazione degli aspetti aventi chiare implicazioni di
natura spaziale, in grado di riconoscere e interpretare criticamente le complesse influenze
reciproche che si stabiliscono tra diverse porzioni di territorio.
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NUOVI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE SPAZIALE
Alla scala delle nuove aggregazioni amministrative possono (finalmente) essere applicati in
modo sistematico i nuovi strumenti di pianificazione urbanistica (spatial planning), che
devono essere articolati in “piani strutturali” di livello intercomunale (ai quali affidare le
strategie territoriali) e “programmi d’azione a carattere tattico” (ai quali affidare il disegno
delle soluzioni spaziali). Per i primi, si tratta di far convergere nello stesso strumento i
contenuti più efficaci scaturiti dalla recente sperimentazione sulla pianificazione strategica a
carattere spaziale con il più volte auspicato contenuto strutturale della pianificazione
urbanistica. Per i secondi, invece, l’ipotesi è quella di un inedito strumento di concezione
innovativa capace di farsi carico del controllo spaziale alle varie scale in relazione critica con
le norme urbanistiche e in coerenza con le strategie di sviluppo socio-economico.
In Italia, infatti, la pianificazione urbanistica si limita a definire le norme d’uso del suolo,
avendo ormai rinunciato (consapevolmente o meno) a governare le trasformazioni dello
spazio urbano verso obiettivi di qualità (alle diverse scale).
Di fatto, le politiche di sviluppo economico sono ancora scollegate dalle politiche di governo
delle trasformazioni dello spazio territoriale e urbano. La relazione funzionale tra il disegno
dello spazio insediativo e le strategie di sviluppo del contesto è invece forte e biunivoco: le
scelte spaziali a scala territoriale e urbana possono influire sulle dinamiche economiche di
contesto, così come le scelte strategiche di sistema possono determinare nuove occasioni di
sviluppo urbanistico.
Un nuovo “strumento di pianificazione spaziale a livello intercomunale”, quindi, dovrebbe
assumersi il compito di governare i processi di pianificazione alla scala opportuna, mentre un
innovativo “programma d’azione a carattere tattico” dovrebbe consentire l’incontro virtuoso
tra progetto di assetto fisico e territorializzazione delle risorse pubbliche.
TERRITORIALIZZAZIONE DELLE RISORSE PUBBLICHE
La nuova logica di allocazione delle risorse pubbliche aggiuntive (fondi strutturali comunitari
e fondi statali per la coesione e lo sviluppo) deve essere re-impostata su criteri selettivi di
scelta: nelle “città forti” interventi per la rigenerazione urbana, nei “territori in ascesa”
interventi per lo sviluppo strategico innovativo, nei “sistemi minori marginali” interventi per
la salvaguardia della biodiversità, la difesa dal degrado idrogeologico e il sostegno alle
comunità locali. Ciò in coerenza con un nuovo atteggiamento di perequazione territoriale che
riconosca ai territori marginali un sostegno economico a compensazione del ruolo ineludibile
che sono chiamati a svolgere per esigenze di presidio del territorio.
Secondo questa logica, nelle “città forti” le risorse pubbliche aggiuntive dovrebbero:
- sostenere processi di innovazione d’impresa, riqualificare i processi produttivi di tipo
manifatturiero verso nuovi obiettivi incentivando l’insediamento di fablab e di altre strutture
produttive direttamente generate dall’applicazione all’industria delle attività di R&S;
- incrementare il patrimonio delle dotazioni pubbliche, sviluppare l’infrastrutturazione delle
città in direzione dello sviluppo di sistemi integrati di mobilità sostenibile, riqualificare gli
spazi pubblici, il verde urbano e ogni altro presidio essenziale in grado di garantire
aggregazione e vita sociale qualificata in ambito urbano;
- attuare interventi di rigenerazione/riqualificazione/ristrutturazione di natura urbanistica delle
porzioni centrali o delle periferie storiche degradate delle principali polarità urbane,
promuovere e incrementare la costituzione di un patrimonio immobiliare pubblico funzionale
alla realizzazione di programmi di social housing.
Nei “territori in ascesa” l’incentivazione finanziaria pubblica dovrebbe essere finalizzata a:
- potenziare il patrimonio delle dotazioni infrastrutturali di rilievo sovra-locale e di servizio alle
stesse comunità, realizzando in particolare connessioni più efficienti con il sistema delle reti
lunghe tali da consentire un potenziamento dei servizi di mobilità sostenibile specie a servizio
delle comunità dei pendolari;
- implementare la cosiddetta green economy, sviluppare gli interventi finalizzati alla
produzione di energia da fonti rinnovabili, modernizzare il ciclo di trattamento dei rifiuti;
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- sviluppare la rete digitale e la copertura delle comunicazioni a banda larga, sostenere
interventi di insediamento di attività di R&S, determinare una ingente innovazione e
internazionalizzazione del sistema della piccola e media impresa, migliorare la qualità dei
servizi erogati nei centri di media dimensione;
- elevare l’offerta ricettiva e la capacità di accoglienza delle cittadine che costituiscono il
backbone di tali territori in ascesa, considerando le particolari potenzialità specifiche di alcuni
distretti turistici balneari, collinari e coincidenti con centri d’arte e di cultura.
Nei “sistemi minori marginali” le risorse pubbliche dovrebbero essere destinate a:
- consentire la salvaguardia della biodiversità locale e la ristrutturazione ambientale del
territorio anche con politiche di riforestazione, rilascio dei minimi vitali idrici, promozione di
lotte integrate biologiche, nonché determinare una costante azione di contrasto al degrado
idrogeologico dei suoli anche combattendo l’abbandono del territorio;
- promuovere nuove forme di agricoltura biologica di qualità o tali, comunque, da costituire un
presidio in termini di contrasto al degrado dei suoli oltre che una valida forma di
sostentamento economico per piccole comunità e giovani imprenditori da incentivare a
restare sul territorio;
- creare un prodotto turistico competitivo, ma integrato con quelli delle regioni contermini o
delle regioni caratterizzate da composizione similare delle risorse, ristrutturando
profondamente l’offerta ricettiva anche nel senso di maggiore qualità diffusa e di
differenziazione funzionale e qualitativa delle strutture e delle forme di ricettività turistica.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CALAFATI A. G., MAZZONI F., Città in nuce nelle Marche. Coalescenza territoriale e sviluppo economico, FrancoAngeli, Milano 2008
FLORIDA R., The Great Reset, HarperCollins, New York 2010
GLAESER E., Il trionfo della città, Bompiani, Milano 2013
MASCARUCCI R., Goal Congruence. Il ruolo del territorio nelle visioni strategiche, Meltemi, Roma 2008
MORETTI E., La nuova geografia del lavoro, Mondadori, Milano 2013
VEGARA A., DE LAS RIVAS J.L., Territorios Inteligentes, Fundacion Metropoli, Madrid 2004