L`ISPIRAZIONE In questa parte vogliamo vedere

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L`ISPIRAZIONE In questa parte vogliamo vedere
L'ISPIRAZIONE
Premessa
In questa parte vogliamo vedere, con un procedimento di tipo storico::
1. Come è nata e come si è espressa nell'antico e nuovo Israele la coscienza
che non soltanto la realtà-evento della Rivelazione è Parola di Dio ma anche
la sua notizia scritta, cioè i Libri Sacri, sono Parola di Dio normativa per la
fede e quindi, almeno implicitamente, già canonici.
2. In che modo il dato di fede: «La Bibbia è Parola di Dio», ha trovato.
progressivamente nella riflessione del popolo di Dio un fondamento sempre
più esplicito, cioè la presenza e l'azione dello Spirito di Dio ( = Ispirazione), il
cui scopo è sempre stato—e lo è tuttora—di spingere l'umano al di là di se
stesso, di promuoverlo, di trascenderlo affinché l'umano diventi segno e
strumento del divino. L'Ispirazione biblica appare come l'ultimo (o il penultimo?) stadio di un'azione carismatica dello Spirito di Dio, che attraversa e
sostiene l'intero processo storico della Rivelazione «in eventi e parole e
culmina nella messa in scritto della Rivelazione.
3. In che modo la Chiesa post-apostolica, dai Padri apostolici sino ai nostri
giorni, nella sua ininterrotta riflessione guidata e promossa dal medesimo
Spirito, ha definito il «mistero della Bibbia» e lo ha via via tradotto in
categorie sempre nuove, più aderenti alla cresciuta comprensione del mistero
e più consone alla contemporaneità dell'uomo.
4. Quali sono oggi, nella ricerca dei biblisti e dei teologi, i problemi aperti
circa la storia e la natura dell'ispirazione biblica.
Introduzione
Il cristiano che vive nella Chiesa viene invitato a un frequente contatto, non
soltanto con il Corpo di Cristo eucaristico, ma anche con i libri sacri (Dei
Verbum, n. 21). Infatti essi costituiscono la base del nutrimento ordinario che
la Chiesa porge ai suoi fedeli, e ciò che in essi si trova è considerato come
regola suprema della religione, fonda mento e anima della sacra teologia (ib.
n. 21.24) ed è oggetto di studio riverente e amoroso (ib. n. 23). Il libro sacro
stesso è oggetto di venerazione (ib. n. 21): esso contiene la « Parola di Dio »
(ib. n. 9.11.21). La Chiesa ci insegna che tale prerogativa è dovuta al fatto
della " ispirazione divina ": i libri sacri cioè, scritti per ispirazione dello Spirito
Santo, hanno Dio per autore e come tali sono consegnati alla Chiesa.
IL LIBRO SACRO NELLA STORIA DELLA SALVEZZA
ANTICO TESTAMENTO
L'ispirazione dei libri sacri fa parte dell'attività rivelante di Dio
a) Il vocabolo più vicino, dal punto di vista lessicale, al nostro termine di "
rivelare ", è rappresentato dalla radice galah (aprire gli occhi o gli orecchi di
qualcuno, istruire di una cosa ignorata, rivelare) e dal corrispondente
greco (latino revelare). Cfr. 2 Sam. 7,27: « Il Signore aveva
rivelato a Davide che gli avrebbe edificato una casa »; Gen. 35,7: « Dio si era
rivelato a Giacobbe ».
b) Ma l'idea di rivelazione è anche espressa con verbi che indicano "vedere
".
Così più volte (cfr. Gen. 12,7; 17,1) si dice che Dio « si fa vedere », o che
qualcuno « lo vide » (cfr. Es. 24,11; Sal. 10[11],7). Corrispondentemente il
profeta è chiamato " veggente " (2 Sam. 24,11; 4 Re 17,13; Is. 29,10 ecc.).
Tuttavia queste espressioni visuali non sono sempre da prendersi alla lettera
c) Ma più ancora dei vocaboli di " vedere ", per il concetto biblico di
rivelazione sono importanti quelli di " udire ". L'espressione corrente è «La
parola di Dio fu rivolta a... così... » (cfr. 2 Sam. 7,4; 3 Re 6,11; 13,20; 17,2.8 ecc.).
Similmente l'inizio di molti libri profetici suona: « Parola di Jahvè che fu
rivolta a... » (Os. 1,1; Mi. 1,1 ecc.), che equivale a « Visione che vide... ».
d) Esaminando i passi in cui è indicato il contenuto della " parola " di Jahvè
appare, ancor più chiaramente che per i contesti di " vedere ", che l'oggetto
delle rivelazioni bibliche non è soltanto una scena da contemplare o una
nozione da ricevere. Si tratta della rivelazione di Dio stesso come di persona
vivente, come di un Creatore che governa il mondo e ne dirige gli
avvenimenti, del Santo che esige il servizio incondizionato dell'uomo. Come
afferma P. Benoit « il vertice della rivelazione, cioè il nome divino di Jahvè,
non è tanto la manifestazione della sua essenza, quanto piuttosto l'invito a
riconoscerlo nella guida — che egli attua in modo permanente ed efficace —
della storia della salute come il solo e unico vero Dio che conduce da un capo
all'altro il destino d'Israele (cfr. Os. 12,10; 13,4; 1s. 45,5) ».
In conclusione si può due che il tema di " rivelazione " nella Bibbia evoca
un contesto molto ampio e vario di comunicazione divina, che va dalle parole
o visioni propriamente dette fino ai fatti della storia che assumono anch'essi
in questo contesto un particolare significato in ordine alla sperimentazione
pratica delle vie di Dio. Come si esprime il Concilio Vaticano II « questa
economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi,
in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza,
manifestano e rafforzano la dottrina e la realtà significate dalle parole, e le
parole dichiarano le opere e il mistero in esse contenuto » (Dei Verbum, n. 2).
Tutto ciò che diremo in seguito, specificando sempre più alcuni tipi di
comunicazione divina fino a quello rappresentato dal libro sacro, va inteso
sempre in relazione a questa sfera più ampia di comunicazioni divine, che
forma un tutto unico coll'iniziativa divina di salvezza.
Rivelazione e parola di Dio
Nella varietà di aspetti che assume la rivelazione divina nell'economia
dell'Antico Testamento vi è tuttavia un termine per così dire privilegiato, a
cui la Scrittura ricorre quando vuole indicare l'aspetto fondamentale con cui
Dio si rivela, o anche in genere il manifestarsi di Dio, ossia la "parola di
Jahvè".
Anche soltanto una considerazione statistica, cioè il fatto che il termine debar
Jahvè (parola di Jahvè) appare nell'A.T. ben 242 volte, ne manifesta
l'importanza per l'economia religiosa d'Israele. Il termine nel suo senso stretto
e probabilmente originario designa un oracolo divino manifestato in una
circostanza determinata. Tuttavia esso acquista via via una estensione sempre
maggiore, che va al di là del suo primitivo significato di oracolo, e diviene
come un principio primo di esistenza da cui dipende la vita intera del popolo
di Dio.
La " parola " è quella per cui Dio ha fatto ogni cosa, fin dall'inizio (cfr. Gen.
1,3.6.9.11). Con essa Dio continua a governare l'universo (cfr. Sal. 32[33],6.9).
Con la " parola " Dio regge ogni cosa, anche i fenomeni della natura (cfr. Sal.
32[33],4), dove la « parola di Jahvè » è posta in parallelo con « tutte le sue
opere »: il salmista esprime la sua fede nel trionfo dei disegni divini, perché
essi scaturiscono tutti dalla « parola di Dio » che è sommamente « retta ». La
parola di Dio è irrevocabile e « non cade », cioè raggiunge sempre il suo
scopo (Is. 55,10-11). Per mezzo di essa Dio dirige gli avvenimenti e la storia
del suo popolo (cfr. 2 Sam. 7,4ss.: la costruzione del tempio), talora con
estremo rigore (cfr. Os. 6,5).
La rivelazione nella storia del popolo di Dio
Da quanto si è detto finora è già emerso chiaramente che l'attività di
rivelazione divina, espressa con eventi e parole, si è concentrata
particolarmente nella storia di un popolo, a cui Dio, a partire da Abramo, si è
fatto conoscere in maniera tutta speciale per preparare in esso la
manifestazione definitiva del suo disegno di salvezza.
La formazione del libro sacro nella storia del popolo ebraico
È difficile precisare le tappe secondo cui vennero formandosi, nei secoli tra
l'inizio della monarchia con Davide e Salomone e il tempo dell'esilio, le prime
raccolte di scritti, che si arricchirono poi nei secoli seguenti di nuove opere.
Possiamo tuttavia, partendo dalla Bibbia stessa, fissare alcuni momenti
importanti di questo processo, che mostrano come esso è avvenuto
costantemente in dipendenza dell'iniziativa divina. Tra i fattori principali
appaiono i seguenti:
1) l'azione dei profeti;
2) l'azione degli scribi e dei vari incaricati della trasmissione e
conservazione della parola;
3) le iniziative dirette per la fissazione in scritto della parola.
I libri sacri verso la fine del periodo anticotestamentario
Appare dunque come già nell'A.T. alcuni libri, in particolare quelli della
legge, sono considerati come aventi autorità assoluta e contenenti la parola di
Dio.
Conclusione
Da quanto si è esposto appare che se da una parte non si può ancora
parlare dell'esistenza nell'Antico Testamento di una dottrina già pienamente
elaborata sull'ispirazione dei libri sacri, essi ci appaiono così vitalmente
inseriti nel processo della manifestazione divina nel popolo di Dio da essere
dotati di altissime prerogative, che si possono così riassumere:
a) Israele manifesta a un certo momento della sua storia la coscienza di
possedere dei libri sacri aventi assoluta autorità, a cui ci si riferisce come a
depositari autentici della parola di Dio.
b) All'origine di parecchi di questi libri si ritiene che vi siano uomini
privilegiati, i " profeti ", che durante la loro vita hanno pronunciato oracoli
sotto l'impulso dello spirito di Jahvè, e le cui parole sono ora fissate per
iscritto. In altri casi si fa menzione di " saggi " che li hanno composti non
senza l'aiuto dello spirito e in continuità con la grande tradizione profetica di
Israele.
c) I libri sacri dell'economia religiosa dell'Antico Testamento sono dunque
dei termini dell'azione divina rivelante, di cui registrano autenticamente, per
iniziativa divina, il realizzarsi nelle vicende concrete del popolo di Dio. Essi
costituiscono il tesoro delle parole divine che il popolo porta con sé come
perenne testimonianza della divina rivelazione.
IL LIBRO SACRO NELLA ECONOMIA SALVIFICA
DEL NUOVO TESTAMENTO
Due aspetti sono perciò importanti per definire la posizione definitiva del
libro sacro nella economia permanente del Nuovo Testamento:
l'atteggiamento assunto da Gesù e dalla Chiesa apostolica verso i libri
dell'A.T. e il formarsi progressivo di una nuova raccolta di libri normativi
della fede, i libri del N.T.
L'autorità e l'origine divina dei libri sacri dell'A.T. nella predicazione di Gesù e degli
apostoli
Come si sono espressi Gesù e gli apostoli riguardo all'origine e all'autorità
dei libri sacri dell'Antico Testamento? Quale valore ha attribuito Gesù,
iniziando l'economia definitiva di salvezza, a quei libri che tramandavano
autenticamente le parole divine costitutive della economia religiosa di
Israele?
Le affermazioni di Gesù e della Chiesa apostolica a questo proposito
possono essere riassunte come segue.
a) Espressioni generali
1) La Sacra Scrittura dell'Antico Testamento viene citata spesso da Gesù e
dagli apostoli come autorità indiscutibile: cfr. Mt. 5,18: « In verità vi dico, fino a
quando il cielo e la terra non passeranno, non scomparirà dalla legge neppure
un iota o un apice, finché non sia tutto adempiuto ». L'espressione più
comune con cui un passo biblico viene introdotto come autoritativo è « dice la
Scrittura » (cfr. Gv. 19,37; Rom. 4,3; 9,17; 10,11; 11,2; Gal. 4,30; 1 Tim. 5,18; Giac.
2,23; 4,5 ecc.) oppure « sta scritto » (cfr. Mt. 4,4.ó.7; 11,10; 21,13; 26,24.31; Mc.
7,6; 9,12s.; Lc. 10,26; 24,44.46; Gv. 8,17: in tutti questi casi l'espressione è in
bocca a Gesù; e cfr. Mt. 2,5; Atti 1,20; 23,5; Rom. 1,17; 2,24; 3,10; 4,17; 8,36; 9,33;
11,26; 12,19; 1 Cor. 9,9; Gal. 3,10; 1 Pt. 1,16: in questi passi l'espressione è usata
dallo scrittore sacro e dall'Apostolo in occasione del suo insegnamento).
Si può affermare che la citazione di passi dell'Antico Testamento con
autorità indiscutibile avviene nel N.T. molto sovente (oltre 150 volte con la
sola formula « dice la Scrittura »), in riferimento ai passi più disparati
dell'A.T., e senza alcuna distinzione di valore tra i diversi libri. Ciò equivale a
dire che il complesso dei libri sacri appare a Gesù e agli apostoli come dotato
di una prerogativa di divina autorità.
2) Tale prerogativa generale viene specificata in alcune espressioni che
sottolineano come nella Scrittura si ha la parola di Dio espressa per bocca d'uomo,
indicando talora anche la mozione dello Spirito che è alla base di questo
parlare umano. Ecco alcuni testi indicativi:
— Mc. 12,36s.: Gesù afferma che le parole del Salmo 109[110],1 sono state
dette da Davide « nello Spirito Santo ».
— Mt. 1,22s.: la profezia di Is. 7,14 viene qualificata dall'evangelista come «
ciò che fu detto dal Signore per mezzo del profeta ». Lo stesso si ha in Mt.
2,14 per la citazione di Os. 11,1. (
— Atti 1,16: alcuni versetti dei Salmi (68[69],26 e 108[109],8) sono citati
come « quel passo della Scrittura che lo Spirito Santo preannunciò per bocca
di Davide a riguardo di Giuda ».
— Rom. 1,ls.: san Paolo parla del « Vangelo » che Dio « aveva promesso
nelle Sacre Scritture per mezzo dei suoi profeti ».
— Ebr. 10,15: una citazione del libro di Geremia (31,33-34) viene introdotta
con le parole « ce lo testifica lo Spirito Santo ».
b) Alcuni testi particolari
Nel contesto generale di queste affermazioni possono essere meglio
compresi due passi del N.T. in cui viene espressa più esplicita la persuasione
della Chiesa apostolica riguardo alla origine divina e alla nozione dello
Spirito che sono alla base dell'autorità riconosciuta ai libri sacri.
1) 2 Tim. 3,16: « Ogni Scrittura è divinamente ispirata e utile per istruire,
per convincere, per correggere, per formare alla giustizia ». Il contesto è
esortativo. Timoteo è ammonito a rimanere fedele a ciò che ha appreso, non
solo per la fiducia dovuta ai suoi maestri (3,14) ma anche perché egli stesso
fin da fanciullo ha conosciuto le Sacre Scritture, « le quali possono darti la
sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù » (3,15). E
dunque del complesso delle Scritture dell'Antico Testamento che qui si
intende parlare. Per esse vale l'affermazione generale del versetto seguente: «
Ogni Scrittura è divinamente ispirata e utile per istruire, per convincere, per
correggere, per formare alla giustizia » (3,16).
— « Ogni Scrittura » (). Il nome  nel N.T. si applica
certamente agli scritti sacri. L'espressione greca richiede piuttosto la versione
data « ogni Scrittura », in senso distributivo. Tuttavia nella grecità del N.T.
l'espressione potrebbe anche avere il senso collettivo « tutta la Scrittura »;
— « divinamente ispirata ». L'aggettivo può essere inteso come predicato
o anche come semplice attributo. In questo caso il predicato è dato
dall'aggettivo " utile ". Per ciò che qui ci interessa, tale differenza non è
decisiva. Più importante è determinare il senso dell'aggettivo. Esso occorre
solo qui nel N.T. La traduzione data « ispirata da Dio » (a differenza di
quella, teoricamente possibile, «spirante il divino ») si fonda sulle seguenti
considerazioni:
) Vi sono nella grecità altri aggettivi composti in simile maniera che
hanno certamente senso passivo: cfr 1 Tess. 4,9 « istruiti da Dio ».
) Il nostro vocabolo occorre altre volte nella grecità, e, dove è possibile
determinare con certezza il senso, esso è parimenti passivo (« ispirato da Dio
»).
) Tale è la traduzione data dalle versioni antiche, come ad es. la Vetus
latina, seguita dalla Volgata, che traduce « divinitus inspirata ». Tale è pure il
senso inteso dai Padri greci quando si riferiscono a questa prerogativa della
Bibbia.
) Un tale senso è richiesto dalla continuità con le concezioni
anticotestamentarie, secondo cui lo Spirito è dato in particolar modo ai
profeti e ai loro continuatori, e li muove nell'esercizio della loro missione.
Perciò è ovvio che in questo ambiente di idee il libro che contiene gli oracoli
profetici e gli scritti dei saggi venga detto « ispirato da Dio », perché frutto di
un'attività carismatica mossa dallo spirito di Dio. Lo stesso si ricava dalle
persuasioni affioranti nella predicazione di Gesù e degli apostoli e dal testo di
2 Pt. in cui i profeti sono detti « mossi dallo Spirito Santo ».
) Anche le persuasioni degli scrittori giudei del I secolo vanno in questo
senso.
In conclusione, quando san Paolo chiama la Scrittura 
(divinamente ispirata) non fa che riassumere e applicare al libro sacro,
servendosi di un concetto ben noto all'ellenismo, la dottrine della rivelazione
dell'Antico e del Nuovo Testamento riguardo alla " ispirazione " dei profeti e
degli scrittori sacri.
2) 2 Pt. 1,20-21: « Sappiate questo innanzitutto, che nessuna profezia di
Scrittura è oggetto d'indagine privata. Infatti una profezia non fu mai
emanata per volontà d'uomo, ma degli uomini parlarono da parte di Dio,
mossi dallo Spirito Santo ».
La lettera da cui è tratta questa citazione è un documento assai importante
della primitiva predicazione, anche prescindendo dalla sua attribuzione
precisa all'apostolo Pietro. Le idee ivi contenute e i temi che essa sviluppa
sono rappresentativi della fede delle più antiche comunità.
c) Valore permanente dell'A.T. e sua posizione nell'economia cristiana
Dall'esame delle testimonianze addotte sin qui si può ricavare che Gesù e
gli apostoli nella loro predicazione, manifestano apertamente la loro
persuasione sulla assoluta autorità e sull'origine divina delle sacre Scritture.
Ne citano le parole come tali da esigere un assenso incondizionato,
specificano che in esse Dio ha parlato per bocca di uomini, ovvero che gli
uomini hanno parlato a nome di Dio e mossi dallo Spirito.
In questa dottrina sono già contenuti gli elementi essenziali di ciò che si
indicherà più tardi col nome di « ispirazione dei libri sacri ».
L'origine degli scritti neotestamentari nella predicazione del Nuovo Testamento
Gesù ha comunicato il suo messaggio servendosi della predicazione orale,
inserita in tutta la sua attività (cfr. Atti 1,1) e lo stesso ha insegnato a fare ai
suoi apostoli mandandoli a predicare (cfr. Mc. 3,14; 6,30; Mt. 28,19 ecc.).
All'origine del messaggio cristiano non c'è dunque un libro, ma la
proclamazione orale della " parola di Dio " (cfr. Atti 4,29.31; 8,25 ecc.), come
già era avvenuto nell'Antico Testamento. Le prime comunità, assidue
nell'ascoltare l'insegnamento apostolico (cfr. Atti 2,42), ripetevano oralmente,
specialmente durante le assemblee cultuali (cfr. 1 Cor. 11,17-27), i racconti dei
fatti principali della vita di Gesù e i detti da lui pronunciati, che servivano ad
orientare la vita cristiana dei primi fedeli e venivano proclamati come parte
essenziale della " buona novella " o " vangelo ".
È normale che abbastanza presto si sia sentito il bisogno di mettere per
iscritto alcune di queste cose.
I libri del Nuovo Testamento come momento definitivo della economia divina
Abbiamo visto così come anche nel Nuovo Testamento non si può parlare,
come già nell'A.T., dell'esistenza di una dottrina elaborata sul carisma
dell'ispirazione dei libri sacri. Si hanno però tutti i dati oggettivi su cui si basa
una tale dottrina.
Da una parte Gesù e gli apostoli ci parlano espressamente dell'autorità
dell'origine divina dei libri dell'A.T., e accennano anche al modo con cui essi
sono stati prodotti da uomini sotto la mozione divina. Dall'altra la
predicazione di Gesù e degli apostoli riproduce, con il carattere della
rivelazione definitiva, il fenomeno della " parola di Dio " già presente
nell'Antico Testamento.