Cilento lento, pietra e cemento

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Cilento lento, pietra e cemento
Cilento lento, pietra
e cemento
2012
Un breve racconto di introduzione al viaggio
Cilento lento, pietra e cemento
Cilento lento, pietra e cemento
INTRODUZIONE NARRATI VA
Ad un certo punto del sentiero, Filippo si fermò. La salita nel bosco lo aveva distrutto e fischiò verso
Gianluca, dal passo deciso e regolare, per ottenere una breve sosta. Era il quarto giorno di viaggio a
piedi e i polpacci erano tirati come la corda in un arco. Nonostante l’affanno, quella
stanchezza gli appariva piacevole e ripensava a tutti gli incontri
e le conoscenze che aveva fatto durante quel tragitto: il faggio,
il re del bosco, u pagliaru, il rifugio dei pastori,
l’arenaria, la storia di una roccia con migliaia di anni di sedimenti,
il profumo di lavanda, la grotta del brigante e la sua vita,
il paesaggio della periferia rurale e quel capraro, schivo e solitario,
eterno guaglione, che gli aveva offerto un pezzo di formaggio.
Filippo aveva voglia di raccontare quelle sensazioni,
descrivere quel momento, affinchè il tempo non riuscisse
a cancellare i ricordi, ma Gianluca sembrava distratto,
sempre indaffarato com’era a fissare l’orizzonte.
Improvvisamente, Gianluca esclamò, indicando
la montagna più alta: “riconosci quella vetta?”.
Filippo fece cenno di no.
“Eppure, la vedi quasi ogni
mattina secondo una diversa prospettiva,
attraversando in auto la superstrada, dall’altro versante di quella montagna. Immagina cosa
significava questo paesaggio per gli abitanti dell’antico villaggio lucano che vivevano questo
crinale nel VI secolo a.C. a difesa della carovaniera dove sostiamo ora, immagina cosa significa
questa cima per il pastore che abbiamo incontrato o per i contadini che tornando a casa scorgono
fissa la stessa sagoma, per gli abitanti di quel paese che lì adorano la loro madonna protettrice, la
propria madre. Per tutte quelle persone, la montagna assume significati particolari: il luogo di potere
in cui si realizza l’unione di terra e cielo, il centro del mondo, il luogo di ritiro ed isolamento, di
eremitaggio, di meditazione, ma è anche la dimora delle divinità. Il rifugio dell’anima. Per quelle
persone, la cima smette di essere un posto geografico e diviene un luogo semantico. Il gusto della
bellezza si amplia quando un luogo lo riconosci per le storie e i significati che cela all’occhio
indifferente o ignorante”. Filippo era rimasto ad ascoltare attentamente e rimacinava i discorsi fatti
durante il mattino: la crisi economica e le sue opportunità evolutive, il sogno di coltivare, le
economie solidali, la questione meridionale, i mali della loro terra, l’emigrazione, la disoccupazione
intellettuale, la depressione e l’uomo ad una sola dimensione. Tutte le domande che gli frullavano
per il capo iniziavano ad avere un senso e Filippo sbottò come dinanzi ad una scoperta: “Gianlù, la
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Cilento lento, pietra e cemento
rivoluzione che andiamo cercando è proprio questa! Una rivoluzione culturale che alimenta le
coscienze e le conoscenze, che dona ai nostri occhi nuovi occhiali per riconoscere e rispettare i
luoghi. Una rivoluzione che trasforma le nostre periferie rurali nel centro del mondo. Una
rivoluzione che parla di viaggio, di bellezza e lentezza”. “Più che rivoluzione - ribatté Gianluca – io
parlerei del sentiero futuro, da percorrere a piedi come noi oggi stiamo facendo, perché il viaggio è
la più bella forma di conoscenza, ma deve esser lento per attivare i nostri sensi e sedimentare i
saperi”. Dopo una pausa, Filippo disse ridendo “Un viaggio lento nel Cilento?”. “Esatto!” disse
Gianluca, iniziando di nuovo a camminare per una salita ripida. Filippo aveva il vizio di mettere un
sottotitolo ad ogni cosa e ripetè due volte “viaggio lento nel Cilento, finalmente vivo ciò che
penso!”. Cercando di attirare l’attenzione, disse d’un sol fiato:“Capisci che questo movimento invita
l’unione tra i sensi, ciò che la lentezza del viaggio mi ha permesso di percepire, e il pensiero, i
significati che lego a queste esperienze, quell’azione simbolica carica di significato che mostra a noi
viaggiatori, alle prese con questo cammino, le nostre aspirazioni. Il sentiero aiuta ad orientarsi, ad
acquistare fermezza e coscienza di sé”. Gianluca e Filippo continuarono a parlare molto perché
quanto più salivano la montagna, tanto più vicine apparivano le risposte alle loro domande: erano
a portata di sguardo, e bastava scorgere l’orizzonte per rendersene conto, bastava guardare con
occhi diversi quel paesaggio e trarre forza da quella bellezza. Bisognava odorare, ascoltare, vedere,
vivere e sentire il sentiero. Arrivarono finalmente sulla vetta di una montagna del Casaletto e quel
silenzio era una musica. Entrambi si resero conto che vi era più bisogno di parlare e solo in quel
momento aveva inizio il vero viaggio…
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