La regolamentazione
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La regolamentazione
La regolazione Massimo D’Antoni Anno Accademico 2012-2013 Introduzione Vari tipi di regolazione La regolazione pubblica può riguardare: I il prezzo I l’entrata / l’introduzione nuovi prodotti I il mercato dei fattori (lavoro) I le modalità di svolgimento dell’attività produttiva (standard) Le ragioni: I “fallimenti” del mercato I finalità redistributive Modalità: I regolamentazione in senso stretto (obblighi, divieti, command & control) I autoregolamentazione (albi, associazioni di categoria) I definizione e enforcement di diritti I fallimenti del mercato I Assenza di concorrenza I I I I Esternalità I I I adozione di pratiche anticoncorrenziali condizioni “strutturali”: monopolio naturale barriere legali inquinamento rischi per la collettività Asimmetrie informative I scadimento qualitativo In tutti questi casi possiamo chiederci: I se possibile soluzione autonoma delle parti se l’intervento pubblico possa effettivamente risolvere il problema I quale la forma di intervento pubblico/regolatorio più appropriata I Spiegazione alternativa: cattura del regolatore Regolamentazione del monopolio Monopolio naturale Si distingue tra: I monopolio naturale I monopolio legale Nel caso di monopolio naturale l’esistenza di un solo produttore dipende da condizioni “strutturali” sul lato offerta o sul lato domanda I economie di scala Tali condizioni determinano un feedback positivo che porta alla concentrazione in un’unica impresa I la concentrazione è efficiente dal punto di vista produttivo (minimizzazione dei costi per l’industria) Altro caso di feedback positivo: I esternalità di rete (network externalities) Economie di scale, subadditività, ecc. Le condizioni che definiscono il monopolio naturale: I economie di scala (= costi medi decrescenti) C(y) = F + cy =⇒ CM(y) = C(y)/y = F/y + c Una condizione più generale (valida anche nel caso multiprodotto) I subadditività della funzione di costo C(y1 , y2 ) < C(y01 , y02 ) + C(y001 , y002 ) I y01 + y001 = y1 y02 + y002 = y2 la subadditività implica la presenza di economie di diversificazione C(y1 , y2 ) < C(y1 , 0) + C(0, y2 ) I ma le economie di scala non sono necessarie per la subadditività (nemmeno nel caso monoprodotto!) I costi del monopolio Quando sussistono condizioni di monopolio naturale la presenza di un’unica impresa comporta la minimizzazione dei costi di produzione a livello di industria, tuttavia: I inefficienza allocativa (prezzo superiore al livello efficiente) I inefficienza produttiva (assenza di concorrenza, scarso incentivo al management) incentivo al rent seeking in sede di assegnazione del diritto ad operare in condizioni di monopolio Risposte: I la regolamentazione del prezzo I I I prezzo pari al costo marginale (perdite e sussidio) prezzo pari al costo medio (second best) È necessaria la regolamentazione? I Demsetz (1968): la presenza di economie di scala (unica impresa nel mercato) non rende necessaria la regolamentazione se c’è concorrenza per il mercato I Configurazione di prezzo sostenibile: non c’è nessun altro prezzo inferiore a quello dato che garantisce profitti non negativi I se la configurazione di prezzo è sostenibile, non ci sarà nessun incentivo ad entrare nel mercato anche nell’ipotesi che il prezzo fissato non venga modificato I un mercato in cui l’unica configurazione prezzo di equilibrio è sostenibile si dice contendibile Esistono mercati contendibili? I I I assenza di sunk cost concorrenza “mordi e fuggi” (hit & run) I Anche se i mercati contendibili sono rari, possiamo rendere un mercato contendibile mediante il ricorso ad un’asta I ma l’asta non sostituisce la regolamentazione Barriere legali all’entrata e prezzi di accesso Se l’impresa regolata consegue profitti nulli, perché limitare l’entrata? I la configurazione di prezzo potrebbe non essere sostenibile I Esempio: bypass I Sussidi incrociati: se vi sono sussidi incrociati la configurazione di prezzo non è sostenibile. Perché sussidi incrociati: I I I esigenze equitative o altri vincoli politici N.B. può non essere possibile evitare i sussidi incrociati Il problema dell’accesso ad una essential facility Definizione del prezzo con informazione asimmetrica Il regolatore non conosce il costo di produzione I Un prezzo troppo elevato implica una rendita al monopolista Un prezzo troppo basso comporta il rischio che l’impresa non produca il bene I Possibile condizionare il prezzo al costo osservato I Due contratti: I fix price: il prezzo è indipendente dal costo osservato, si basa sul costo stimato dal regolatore I I cost plus: il prezzo è fissato sulla base del costo sostenuto dall’impresa I I massimo incentivo a contenere i costi, ma il prezzo va fissato ad un livello abbastanza elevato da non scoraggiare la partecipazione viene minimizzata la “rendita informativa” del monopolista, ma minimo incentivo a contenere i costi una via di mezzo. . . La regolazione incentivante I Sistema tradizionale (Rate of return regulation o Cost of service): il regolatore riallinea i prezzi sulla base dei costi ogni qualvolta si verificano mutazioni nei costi o nella domanda I I I I I certezza di copertura dei costi per il monopolista variazioni nei costi sono scaricate sui prezzi scarso incentivo ad aumentare la produttività incentivo a capitalizzazione Regolazione incentivante (Price cap): il prezzo si evolve seguendo una regola predeterminata e viene riallineato ad intervalli stabiliti “lunghi”; l’impresa regolata si comporta da price taker I I I incentivo a realizzare aumenti di produttività possibile l’emergere di profitti elevati o perdite necessaria flessibilità nell’articolazione tariffaria Il Price cap (tetto ai prezzi) Pt = Pt−1 (1 + π − X + Y) dove I Pt è un indice dei prezzi prodotti dal monopolista I π è l’inflazione I X è un fattore di aumento della produttività I Y incorpora fattori fuori dal controllo dell’impresa I N.B. π e X sono forward looking Inoltre flessibilità nell’articolazione tariffaria: n Pt = ∑ ai pti i=1 I “pesi” sono scelti dal regolatore oppure corrispondono alle quantità presenti o passate dei rispettivi beni La scelta di X I Il termine X erve ad assicurare che i consumatori possano beneficiare (almeno in parte) degli incrementi di produttività realizzati di anno in anno. X > 0 determina una riduzione dei prezzi reali dei beni/servizi forniti dal monopolista. I X troppo alto → rischio di bancarotta per il monopolista. I X troppo basso → eccesso di profitti, problemi di sostenibilità politica della regolamentazione. I X può essere calcolato sulla base di incrementi “storici” di produttività, oppure fissando un benchmark stimato. Per “mimare” ciò che si avrebbe in un mercato concorrenziale, dovrebbe riflettere: I il differenziale tra crescita della produttività del settore e nell’economia nel suo complesso; I il differenziale tra crescita dei prezzi degli input e inflazione π. Se entrambi questi valori sono zero, dovrebbe essere X = 0. La scelta di X: un esempio numerico I Crescita attesa di produttività nel settore regolato: 3% I Crescita media produttività nell’economia: 1% I Crescita prezzi degli input nel settore regolato: 0,5% I Inflazione (deflattore del PIL): 2,5%. X = (3% − 1%) + (2, 5% − 0, 5%) = 4% Se i valori di produttività sono calcolati su base storica, a questo valore il regolatore potrebbe voler aggiungere un ulteriore incremento di produttività che si prevede possa derivare: I dal mutato regime regolatorio I dall’aumento della concorrenza I dalla privatizzazione (?) La determinazione di Y I Y serve a tenere conto di variabili al di fuori del controllo del monopolista che possono incidere in modo sostanziale e non ex ante prevedibile sui costi. Esempio: il prezzo dell’energia, del petrolio, ecc. I Nota bene: in parte queste variazioni sono già inclusi nel tasso di inflazione, dunque l’aggiunta di Y si giustifica solo se ci aspettiamo variazioni rilevanti. I L’effetto è quello di scaricare il rischio derivante da questa categoria di costi sui consumatori (riduce il rischio di impresa per il monopolista). Deve riguardare dunque variabili che si ritiene non facciano parte del normale rischio di impresa. La frequenza delle revisioni tariffarie I Investimento I che determina riduzione permanente dei costi pari a ∆C. Il valore dell’investimento è dunque ∆C/r − I; I α = misura del trasferimento di ∆C sui prezzi; I γ = quota dell’investimento riconosciuta nella base di calcolo del rendimento; I cost of service puro implica γ = α = 1; price cap puro implica γ = α = 0; I dunque: esborso immediato I, aumento del cash flow pari a ∆C fino alla revisione, pari a γrI + (1 − α)∆C successivamente alla revisione: T ∞ rγI + (1 − α)∆C ∆C + ∑ t (1 + r) (1 + r)t t=T+1 t=1 ∆C α γ = 1− − I 1 − r (1 + r)T (1 + r)T −I + ∑ La frequenza delle revisioni tariffarie/2 I Ai consumatori va: ∞ α∆C − rγI ∆C α γ = −I t T r (1 + r) (1 + r)T t=T+1 (1 + r) ∑ dunque la ripartizione dei benefici dell’investimento dipende da α e γ. I Incentivo corretto ad investire se γ = α; si noti tuttavia che con γ = α = 1 è necessario riconoscere tutti i costi dell’investimento nella rate base; I Con γ < α, l’incentivo ad investire dipende positivamente da T. I Se l’impresa può decidere quando investire, la scelta è tra investire ora e investire subito dopo la revisione; investirà subito se: ∆C 1 1 ∆C 1 − I > 1 − − I 1− (1 + r)t r (1 + r)t (1 + r)T r cioè se t> log(2 − (1 + r)−T ) . log(1 + r) La frequenza delle revisioni tariffarie/3 I Più lungo è l’intervallo tra una revisione e l’altro, maggiore è l’incentivo a ridurre i costi per il monopolista. I D’altra parte, un T più elevato aumenta l’incentivo a dilazionare l’investimento se siamo prossimi alla revisione. Inoltre: trade-off tra potenza degli incentivi e necessità di adattare i parametri alle mutate condizioni dell’economia e della tecnologia. L’intervallo ottimale dipende da quanto accurata è la determinazione di X I I I I se X è troppo basso e l’impresa fa profitti troppo elevati, pressioni dei consumatori per una revisione; se X è troppo alto, pressioni da parte del monopolista. Solitamente il periodo è di 3-5 anni. L’effetto “ratchet” I In un contesto multiperiodale, il monopolista sa che il comportamento attuale “rivela” informazione che potrà essere utilizzata dal regolatore nella fissazione del prezzo futuro. I Ciò introduce un chiaro incentivo a non realizzare tutti gli incrementi di produttività, visto che costi ridotti oggi significano prezzi bassi domani (è come se si reintroducesse una componente di cost passthrough). I Abbiamo già visto qualcosa del genere esaminando il meccanismo di Vogelsang e Finsinder, anche se qui il problema è più generale, e riguarda tutti gli schemi incentivanti che prevedono revisioni periodiche. I Si può dimostrare che risulterebbe ottimale per il monopolista impegnarsi a non utilizzare l’informazione cosı̀ rivelate, se tale impegno potesse essere reso credibile. Profit sharing Critiche al price cap: I può dar luogo a eccessivi profitti o ad eccessivo rischio per l’impresa, minando la credibilità del meccanismo regolatorio; I non realizza ottimo compromesso tra estrazione della rendita e incentivi in un contesto di informazione asimmetrica. Il profit sharing (o sliding-scale regulation) presenterebbe dei vantaggi a questo proposito. Tuttavia, osserviamo che, I nei fatti, le revisioni periodiche fanno del price cap un sistema che comporta un certo grado di profit sharing: parte dei risparmi di costo sono trasferiti sui prezzi. Yardstick regulation I Regolazione per comparazione. Consente di limitare alcuni degli svantaggi del price cap, in quanto il ricorso ad un benchmark esterno isola le variazioni di costo dell’impresa dalle variazioni dovute a variabili esogene comuni a tutte le imprese del settore. I Nel caso ideale in cui le componenti “casuali” che incidono sui costi dell’impresa e del benchmark sono perfettamente correlate, è possibile ottenere il massimo di incentivi eliminando sia il rischio che il problema della rendita informativa. I In generale, è utile utilizzare ogni informazione che consente di isolare le componenti endogene dei costi da quelle esogene (vedi fissazione del parametro Y). Articolazione tariffaria e price cap I Nella logica della regolamentazione incentivante, la decisione sull’articolazione tariffaria viene lasciata all’impresa, entro i limiti posti dal tetto. I È cruciale per quanto riguarda l’efficienza allocativa la determinazione dell’indice dei prezzi nel price-cap, cioè la fissazione dei “pesi”. I In ciascun periodo, il vincolo è dato da: ∑ αi pi ≤ P (= tetto) i Un peso αi più elevato indurrà pi più basso e viceversa. I Esiste un modo “ideale” per fissare i pesi? Tariffe alla Ramsey e Price-cap I I p2 I pesi dovrebbero idealmente corrispondere alle quantità domandate in corrispondenza di prezzi ottimali (v.˜Ramsey). Se i pesi sono αi = q̂i dove q̂i sono le quantità prodotte in corrispondenza dei prezzi alla Ramsey, e se P = C(q̂1 , . . . , q̂n ), allora otteniamo l’ottimo. B π ≥0 p̄2 A p̄1 I C S(p1 , p2 ) = S0 p1 Ma se il regolatore ha tutte queste informazioni, a che serve lasciare flessibilità all’impresa? Non c’è il rischio che tale flessibilità si traduca Diverse modalità di fissazione dei tetti Average Revenue Regulation (ARR). Il vincolo è espresso con riferimento al ricavo medio (p̄ è un vettore di prezzi uniformi) ∑i pi qi (p) ≤ p̄ ∑i qi (p) cioè: ∑ pi qi (p) ≤ p̄ ∑ qi (p) i i Tariff Basket Regulation (TBR). Fissati dei prezzi di riferimenti, i pesi sono dati dalle quantità corrispondenti a quei prezzi, e il tetto è dato dal ricavo corrispondente. ∑ pi qi (p̂) ≤ ∑ p̂i qi (p̂) i i La convergenza ai prezzi alla Ramsey Una possibilità è quella di prendere come prezzi e quantità di riferimento quelli del periodo precedente. In questo caso, prevedendo che X t rappresenti il fattore di riduzione da t − 1 a t previsto dal price cap, i due schemi diventano rispettivamente I ARR t−1 Rt t R ≤ (1 − X ) ∑i qti ∑i qt−1 i Questa è la soluzione adottata nel Regno Unito per aeroporti, compagnie elettriche regionali e British Gas. I TBR t−1 ≤ (1 − X t ) ∑ pt−1 ∑ pti qt−1 i i qi i i Nell’ipotesi che sia X t = (Rt−1 − Ct−1 /Ct−1 si dimostra che la struttura dei prezzi converge nel tempo a quella ottimale (alla Ramsey). L’equità delle tariffe I Fino a questo punto abbiamo considerato come criterio guida la sola efficienza. I Implicitamente, abbiamo pesato allo stesso modo costi e benefici in capo ai diversi soggetti, prescindendo dunque da considerazioni di ordine equitativo/redistributivo. I È ragionevole allontanarsi dall’efficienza (intesa qui in senso generale), per perseguire obiettivi redistributivi o sociali? I In generale, sı̀. Ma la questione è se i prezzi dei servizi di pubblica utilità siano lo strumento più appropriato per garantire tali obiettivi. I La teoria economica non fornisce un chiaro argomento a favore dell’uso delle tariffe come strumento redistributivo, visto che vi sono strumenti diretti che possono essere ritenuti in generale “meno costosi” per ottenere un’equa distribuzione. L’equità delle tariffe I Altro argomento: il bene erogato è “meritorio”, nel senso che la collettività desidera garantire un livello adeguato di consumo da parte di tutti, anche dei meno abbienti. I Il concetto di meritorietà non è del tutto definito. È implicito l’assunto che il livello scelto consumatori non sia quello “corretto”. I Conclusione La incentive regulation è orientata all’efficienza. L’equità non gioca un ruolo rilevante nell’attività regolatoria. Viene rimandata ad un altro livello dell’intervento pubblico. Tariffe e tutela dell’ambiente I Da un punto di vista economico, il problema ambientale è un problema di esternalità. La presenza di esternalità determina un uso inefficiente delle risorse (uso eccessivo di risorse naturali). I Il correttivo suggerito è quello di far internalizzare gli effetti sull’ambiente, includendoli nella tariffa. Oltre che i costi di produzione, la tariffa deve includere il costo di una certa attività sull’ambiente. I L’esternalità è nulla se l’acqua in uscita dal ciclo è della stessa qualità di quella in entrata (o comunque di qualità tale da non compromettere l’uso della risorsa “a valle”). I Dal punto di vista degli incentivi all’uso dell’acqua, è dunque corretto che si preveda di caricare il costo di depurazione sulla tariffa anche se la depurazione non ha luogo. Prezzi di accesso Negli ultimi decenni: I dis-integrazione verticale dei settori precedentemente integrati I apertura alla concorrenza dei segmenti potenzialmente concorrenziali I resta la necessità di regolare l’accesso alla risorsa gestita in monopolio (bottleneck o essential facility) Due soluzioni: Separazione strutturale: la rete viene gestita separatamente dagli operatori a valle che operano in regime di concorrenza Integrazione verticale il gestore della rete compete anche nel mercato a valle, creando un problema di distorsione della concorrenza Cruciale nel secondo caso la fissazione dei prezzi di accesso I se troppo elevati, limitazione della concorrenza I se troppo bassi, insostenibilità del monopolio Un esempio (senza infrastruttura) Esempio: I I Tre linee di trasporto (a, b, c) collegano tre città Costi I I I C(a) = C(b) = C(c) = 10 C(ab) = C(bc) = C(ac) = 18 C(abc) = 24 I la funzione di costo è subadditiva (conviene gestione monopolistica) I Ipotesi sui passeggeri: a = 10, b = 10, c = 4 I Con un euro a passeggero si coprono i costi I ma possibile entrata e scrematura Soluzioni: I impedire l’entrata I sussidiare chi serve la linea poco remunerativa I caricare il costo dei sussidi su chi entra Un esempio Continuiamo con l’esempio precedente I I I ICm (a) = C(abc) − C(bc) = 6 (costo incrementale per il monopolista) Ra > IC(a), cioè 10 > 6 Qual è il minimo costo per l’entrate che determina entrata efficiente? I Ce (a) < ICm (a) I Come fare per incentivare entrata efficiente? I Una “tassa” sull’entrante pari a Ra − ICm (a) = 4 Con essential facility I Come prima, ma per chi gestisce la rete fornire l’accesso costa CA (a) I entrata efficiente se Ce (a) + CA (a) < ICm (a), cioè se Ce (a) < (ICm (a) − CA (a)) I l’entrata efficiente è garantita da un prezzo di accesso A = Ra − ICm (a) + CA (a) Regolazione delle esternalità Esternalità I Esternalità negative: I I I I inquinamento attività pericolose (rischio incidenti) danni alla salute Esternalità positive: I I I innovazione esternalità “marshalliane” qualità urbana Esternalità e mercato I Gli effetti sui lavoratori sono esternalità? I I I Non dovrebbero esserlo se il salario tenesse effettivamente conto di tutti gli effetti (esempio: premio per il rischio) Negli USA: la stima è che maggiore rischio di morte di 1/10.000 comporta premio di $3-500 ma il mercato potrebbe non tenere conto adeguatamente del rischio I danni derivanti dall’uso di un prodotto sono esternalità? I anche in questo caso il prezzo di mercato dovrebbe tenere conto del rischio Se il mercato funzionasse correttamente, non ci sarebbe bisogno di regolare o intervenire: i prezzi rifletterebbero tutti i costi per le parti contraenti. Tuttavia: I richiede piena informazione I possono entrare in gioco fattori di sovrastima o sottostima I può essere rilevante le forza contrattuale Livello ottimale di sicurezza I Il livello ottimale di sicurezza non è zero. Il costo di ridurre a zero il rischio potrebbe essere proibitivo. Più in generale, dobbiamo confrontare “benefici” e “costi” della sicurezza, in termini di mancata produzione di certi beni e/o loro costo eccessivo I Le esternalità hanno per lo più una natura “bilaterale” I Possono essere considerate un problema di “assenza di mercato” I Il “teorema di Coase” I Se i costi di transazione sono trascurabili, le parti si accorderanno per l’adozione di una soluzione efficiente indipendentemente dall’attribuzione dei diritti di proprietà I Non serve sempre un intervento pubblico I Importante l’attribuire diritti, non a chi si attribuiscono I In negativo: la presenza dei costi di transazione “spiega” la preferibilità di certe soluzioni giuridiche (allocazione di diritti) rispetto ad altre Modalità di tutela dei diritti Consideriamo un’azione di A che lede un diritto di B Regola di proprietà A non può compiere l’azione senza il permesso preventivo di B Regola di responsabilità se A compie un’azione che lede il diritto di B, deve risarcirlo per il danno cagionato Senza costi di transazione (negoziazione possibile), le prime due soluzioni sono equivalenti. Ma la negoziazione può non essere possibile per problemi di azione collettiva o altro. Regola di inalienabilità la lesione del diritto di B non è consentita nemmeno con il consenso di questi. Si applica: I nel caso siano coinvolti terzi I ragioni “morali” che si oppongono alla negoziabilità del diritto I forte asimmetria contrattuale La regola di responsabilità È generalmente superiore I Equivalente se possibilità di negoziare I I Esempio: danno di 150 e vantaggio di 120, ma il giudice fissa il risarcimento a 100 Superiore se incertezza sui benefici I Esempio: danno pari a 100 e beneficio di 120 oppure 70 Ma può essere insufficiente I se il danneggiato non sa chi ha cagionato il danno I costi di intraprendere azione legale Possibile integrarla con sanzioni pubbliche Regolazione e tassazione Regolazione imposizione di obblighi accompagnati da sanzioni Tassazione si interviene sugli incentivi finanziari La differenza può essere rappresentata come una differenza tra fissazione I della quantità → regolamentazione I dei prezzi → tassazione La regolamentazione è preferibile: I se esiste una soglia chiara oltre il quale l’azione diventa dannosa La tassazione è preferibile I se costi di evitare l’azione dannosa differenziati tra soggetti I se effetto marginale dell’azione non varia al variare dell’intensità dell’attività (no effetti soglia)