ringraziamo i lettori per l`attenzione

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ringraziamo i lettori per l`attenzione
RINGRAZIAMO I LETTORI
PER L’ATTENZIONE
Giornalino della Scuola Secondaria di 1° grado di Voghiera - Anno XIII - N. 23 - Anno Scolastico 2006-2007
Ai lettori…
GLI ALUNNI DELLA
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO
“L. ARIOSTO” DI VOGHIERA
GLI INSEGNANTI
Paola Trevisani
Laura Vecchietti
Roberta Tosi
Carmela Varriale
Renzo Boldrini
LA MIA NUOVA SCUOLA
L’anno scolastico corre veloce verso il traguardo ed i giovani campioni delle Scuola
Secondaria di I grado scrivono le pagine del
giornalino.
“Punto e a capo” numero 23 vi propone:
♦ Esperienze scolastiche, pagg. 3 " 11
♦ Attività musicali, pagg. 12 " 22
♦ Gite, pagg. 23 " 24
♦ Attualità e scuola, pagg. 25 " 26
♦ Favole, fiabe e racconti, pagg. 27 " 45
♦ Favole in rima, pagg. 46 " 47
♦ Descrizioni, pagg. 48 " 50
♦ Poesie, pagg. 51 " 57
♦ Commenti a libri letti, pagg. 58 " 59
♦ Autobiografie e biografie, pagg. 60 " 63
♦ Barzellette e colmi, pagg. 64 " 66
Buona lettura!
La redazione
Istituto di Istruzione Secondaria
“G. Falcone - P. Borsellino”
Portomaggiore (FE)
I tre anni di scuola
La scuola sta finendo molto rapidamente,
e tutti e tre gli anni mi tornano alla mente,
la prima media era eclatante
e le novità tante
era un mondo nuovo tutto da scoprire
e nessuno di noi sapeva come andava a finire.
La seconda media più faticosa,
non l’avevamo presa come una gran cosa,
tutte le novità conoscevamo adesso,
ma la fregata l’abbiamo presa lo stesso!
In terza media, non ci volevamo far fregare,
non avevamo più cose nuove da testare,
ma tra esami da fare
e scuole nuove da cercare,
il tempo è corso troppo velocemente,
la scuola sta finendo molto rapidamente.
E’ già da alcuni mesi che frequento
la scuola media, le mie prime impressioni sono state quasi tutte positive perché i professori mi sono
sembrati simpatici e sono stata contenta di conoscere dei nuovi compagni anche se mi è dispiaciuto che
molti miei compagni delle elementari fossero nell’altra classe.
L'ambiente scolastico un po’ lo conoscevo già, infatti nella palestra ci
andavo anche alle elementari, solo
che alle medie ci sarà da faticare di
più, l'aula di Arte è stata quella che
mi è piaciuta di più perché è tutta
addobbata da lavori (per farli ci vogliono alcuni giorni).
La mia aula è più piccola di quella
delle elementari è ovviamente c' è
meno spazio per muoversi perché
siamo in 25 alunni mentre alle elementari eravamo in 16.
Nell'aula di musica ci sono dei pianoforti e una batteria molto grande.
Da poco tempo hanno fatto una
nuova aula di informatica dove ci
sono 16 computer nuovi e bellissimi. In un' aula si svolgono le lezioni di chitarra, ma è anche laboratorio di scienze.
Sara Govoni
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Sto imparando anche due nuove
materie: francese e tecnologia che
mi piacciono molto, anche se mi
piacciono geografia, italiano in particolare antologia, arte e matematica. Le cose che mi mancano di più
dalle elementari sono tre: giocare
durante l’intervallo, la pausa mensa
e in particolare le mie maestre che
mi sono state molto vicine in tutti e
cinque gli anni.
Una cosa che mi è rimasta impressa
è che alle elementari avevo più
paura quando c'erano le verifiche,
mentre alle medie anche se se ne
fanno di più non ho tanta paura.
Alcune volte quando suona la campanella alle 13:20 mi viene voglia
di restare a scuola perché ero abituata a uscire nel pomeriggio.
Quando vado a casa appena finito
di mangiare faccio subito i compiti
perché ho paura che il giorno dopo
me ne diano tanti altri.
Le medie mi piacciono tanto anche
se bisognerà studiare e impegnarsi
di più.
Bucchi Rachele
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GALLO INNAMORATO
Cosa dice il gallo goloso alla moglie gallina?
Non ti lascerò mais.
Alessandro Quarella
COME FA
Che cos’è quella cosa verde che salta 30 volte in un minuto?
Una cavalletta col singhiozzo.
Alessandro Quarella
SAI IL COLMO
… per un postino? Camminare spedito!
… per una gallina? Avere tante penne e non sapere scrivere!
… per uno zero? Stringersi troppo la cintura e diventare un otto!
… per un ortolano? Dire cavolate!
… per un’insegnante d’italiano? Rimanere senza parole!
Alessandro Quarella
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VISITA AL TEATRO COMUNALE DI FERRARA
Lunedì 4 Dicembre 2006, noi alunni
delle classi 3° E e 3°F siamo andati a
vedere il Teatro Comunale di Ferrara.
Ci hanno accompagnato le Prof.sse Tosi
e Trevisani, che insegnano lettere, il
Prof. di clarinetto Domenico Urbinati e
Cinzia, l’educatrice che segue Gianluca,
il nostro compagno di classe.
Appena arrivati, ci ha accolto la responsabile dell’ufficio stampa del teatro, che
ci ha fatto accomodare nelle prime file
della platea. La responsabile ci ha fatto
da guida, ci ha spiegato molte cose: la
struttura del teatro è molto complessa,
con cinque ordini di palchi, formati da
23 palchi ciascuno; il palcoscenico e la
platea sono di forma ellittica e sono inclinati per permettere al pubblico una
buona visibilità dello spettacolo.
Il Teatro Comunale di Ferrara è un tipico esempio di teatro all’italiana. Voluto
dalla borghesia, fu costruito in 20 anni
dagli architetti Antonio Foschini e Cosimo Morelli, su progetto di Antonio
Campana, quando Ferrara era ancora
sotto la dominazione dello Stato Pontificio. Gli architetti studiarono a lungo
forma e materiali per garantire una buona visibilità ed una buona acustica.
Infatti, i materiali utilizzati ( legno, velluto, cartongesso ) sono studiati per garantire l’acustica migliore. Anche le
vernici sono studiate per non riflettere il
suono.
Sotto la platea e il palcoscenico c’è il
vuoto per garantire l’effetto di “ cassa
di risonanza”, come nella chitarra.
Il teatro nasce con lo scopo di ascoltare
concerti e opere liriche.
Venne inaugurato nel 1798, quando
Ferrara faceva parte della Repubblica
Cispadana. Fino ad allora, quasi ovunque, esistevano solo teatri privati all’interno dei palazzi dei ricchi, mentre, a
partire dal ‘700, nacquero in tutta Italia
molti teatri, primo fra tutti il teatro “ La
Fenice “ di Venezia.
Durante le rappresentazioni accompagnate da musica, vengono tolte le prime
due file di poltrone e, davanti al palcoscenico, si crea la “ buca dell’orchestra
“, molto importante per garantire la
completa pulizia del suono. La buca
dell’orchestra fu ideata dal musicista
tedesco Wagner nell’Ottocento.
Durante i concerti, invece, sul palco
viene installata una camera acustica di
pannelli di legno trattato, che garantisce
la pulizia del suono, e in questo modo si
può effettuare anche la registrazione dal
vivo; nel teatro di Ferrara è smontabile,
mentre in altri teatri è fissa.
La struttura del teatro è fatta in modo
che non ci siano pareti parallele e perfettamente lisce per impedire il riflettersi del suono.
Le immagini dipinte sulle fasce che dividono i palchi hanno significati particolari: per esempio, le immagini del secondo ordine di palchi (serpenti) rappresentano le scienze, quelle del terzo
(uccelli e libri) la poesia e quelle del
quarto (maschere) il teatro.
Fino alla fine del XX secolo la platea
era senza poltrone, il teatro veniva usato
soprattutto per le occasioni importanti e
non vi era una vera e propria stagione
teatrale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il
teatro, venne usato come deposito e presidio militare tedesco. In seguito fu utilizzato per ospitare gli sfollati di guerra.
Nel 1956 fu dichiarato inagibile e fu
iniziato il restauro, finito poi nel 1964.
Il teatro è facilmente incendiabile e nel
1989 venne messo a norma con molti
sistemi antincendio (rilevatori di fumo e
una porta frangi fiamme che lo isola
dalla platea).
Le immagini del soffitto richiamano
scene della vita di Giulio Cesare e, al
centro, c’è un rosone dal quale pendeva
un lampadario in cristallo, che è andato
perduto. Invece il sipario a caduta è in
attesa di restauro e rappresenta scene
dell’”Orlando Furioso”. Nei rosoni presenti nella volta del palcoscenico sono
rappresentate persone illustri, tra le quali Ludovico Ariosto.
Dopo una spiegazione iniziale, siamo
saliti sul palcoscenico, ed è stato davvero emozionante! Esso è molto profondo
(quasi più della platea), alto circa 5 metri e inclinato verso la sala. La parete di
fondo ha una colorazione scura e su di
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FURBIZIA CANINA
essa vengono sistemate le scenografie,
fatte calare, da tecnici esperti, dal graticcio, in legno originale ( forse di pino
svedese ), che si trova circa a quattro
metri di altezza.
Arrivati a questo punto, abbiamo visitato i camerini degli attori principali, modernissimi e con il tipico specchio con
tutte le lampadine attorno.
Siamo poi saliti al secondo piano per
vedere la struttura dei palchi; non sono
molto grandi e possono ospitare 5 o 6
persone. Un tempo i palchi venivano
acquistati dalle famiglie più ricche e
venivano arredati secondo il gusto di
ognuna di esse; spesso durante lo spettacolo si mangiava.
Dal secondo piano si può accedere ai
locali del ridotto ( foyer in francese ),
più sale dove un tempo si discuteva di
affari, si davano feste e ricevimenti e si
giocava d’azzardo durante gli intervalli.
I soffitti e un caminetto alla francese
sono originali, inoltre, la luce che si riflette sulle rifiniture crea un’atmosfera
dorata. Ancora oggi vi si svolgono piccoli concerti e convegni. Tra le tante
sale vi è la Sala dello Stemma, dove al
centro del soffitto, c’è uno stemma
bianco e nero, e il Salottino del Cardinale legato, che rappresentava il Papa.
Anche nel ridotto l’acustica è buona ed
è presente uno spazio per l’orchestra. I
lampadari sono simili agli originali, che
sono andati perduti.
Ci è stato inoltre spiegato che il piccolo
cortile ovale all’esterno del teatro era
utilizzato per il transito delle carrozze,
che poi andavano in una delle tante stazioni di posta, presenti nelle vie attorno
all’edificio.
Ci è stato anche comunicato che alla
fine degli anni ’30, a seguito delle leggi
razziali, gli ebrei potevano accedere solo alla galleria (quarto ordine).
Come ultima cosa abbiamo visto il loggione, che è molto più povero rispetto
agli altri palchi, ma si ha l’acustica migliore e, nella parte centrale, si vede abbastanza bene.
La cosa che mi ha più colpito è stato il
palcoscenico perché si vede tutto il teatro nel suo insieme.
Questa esperienza la consiglierei perché
è molto divertente e interessante e penso sia stata perfetta.
Il mio cane è così intelligente che tutte le mattine mi porta il giornale
Beh, anche il mio lo fa…
Sì,ma io non sono abbonato.
Alessandro Quarella
TEMPERATURE
Perché di tre formiche su una matita una ha caldo e le altre no?
Perché la prima è nella zona temperata.
Alessandro Quarella
INVITO
Cosa dice un millepiedi a un altro millepiedi?
Andiamo a fare duemila passi?
Alessandro Quarella
Linda Lambertini
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GIORGIO PERLASCA
In questo periodo abbiamo trattato l’argomento della giornata della memoria.
Il 19 gennaio siamo andati in biblioteca,
dove abbiamo parlato inizialmente della
legge 211, che è stata istituita proprio
per la giornata del 27 gennaio. Abbiamo
poi ragionato sui termini che si usano
per descrivere quello che è avvenne
agli ebrei all’ interno dei campi. Questi
termini sono: Olocausto, Genocidio,
Shoah. Claudia, la bibliotecaria, ci ha
illustrato anche ciò che accadeva nei
campi, mostrandoci foto aeree. Infine ci
siamo soffermati su Giorgio Perlasca,
vedendo spezzoni del film a lui dedicato. In classe poi ne abbiamo visti altri e
ci sono state consegnate fotocopie sulla
sua vita.
Giorgio Perlasca nasce a Como nel
gennaio 1910 e si trasferisce a Maserà,
nei pressi di Padova, con la sua famiglia. Da giovane aderisce al Fascismo e
partecipa come volontario alla guerra
civile in Spagna. Qui riceve un documento che gli offre la protezione da parte dell’ ambasciata spagnola, qualora ne
avesse avuto bisogno. Tornato in Italia,
si allontana dal Fascismo, per due motivi: erano state emanate le Leggi razziali
nel 1938, e l’Italia si era alleata con la
Germania. Non diventa però mai antifascista. Viene mandato in Ungheria per
vendere carni e si accorge della situazione degli ebrei. Conosce Sanz Briz,
l’ambasciatore spagnolo. Porta, insieme
a Wallemberg, l’ambasciatore svedese,
più ebrei possibili nelle case protette.
Questi ebrei vengono da lui salvati prima che essi salgano sui treni che li porteranno a morte sicura. Per fare questo
rilascia salvacondotti falsi. Il console
spagnolo decide di fuggire e di abbandonare gli ebrei al loro destino. A questo punto Perlasca si finge sostituto del
console e si attribuisce un nuovo nome:
Jorge Perlasca. Grazie a questo suo ruolo, riesce a portare in salvo, presso l’ambasciata spagnola, circa 5218 ebrei.
Torna in Italia e prova a raccontare la
sua storia, ma non viene creduto neanche dalla sua famiglia. Di lui non si parla, fino a quando due ebree ungheresi lo
cercano e spargono la voce su quello
che aveva fatto. Quelle due donne erano
state salvate da lui. Poco dopo il suo
riconoscimento di “Giusto”, muore, nell’agosto 1992.
Abbiamo approfondito l’argomento
mercoledì 24 gennaio, al teatro di Voghenza, parlando direttamente con il
figlio Franco Perlasca, e vedendo spezzoni di un DVD, con immagini dell’intervista a lui fatta. Delle attività mi ha
colpito particolarmente l’incontro con il
figlio. Di quell’ incontro mi ha sorpreso
il fatto che Perlasca non si vantasse per
quello che aveva fatto. In particolare mi
ha colpito un episodio: un giorno si presentarono a casa di Perlasca delle persone salvate da lui, che volevano regalargli un cucchiaio, un medaglione e una
tazzina, tutto quello che era loro rimasto
del periodo precedente la guerra, e insistettero perché lui li accettasse. E’ stato
molto significativo per me ascoltare dal
figlio questo episodio, perché rende l’idea di quanto quelle persone fossero
affezionate a lui.
Per lasca ’è stato nominato “Giusto tra
le nazioni”. Un “Giusto” è una persona
che ha fatto del bene agli altri, mettendo
in pericolo la propria vita. E’ diverso
dall’eroe, che parla di quello che ha fatto e se ne vanta. Il bello di quest’ uomo
è il fatto che a lui sembrava di aver fatto
la cosa più normale del mondo.
Valentina Bassi
LA GIORNATA DELLA MEMORIA
Il significato della giornata della memoria è quello di ricordare lo sterminio di
gran parte del popolo ebraico a causa
dei tedeschi e la liberazione del campo
di sterminio più crudele e orribile: Auschwitz.
Lunedì 22 gennaio siamo andati alla
biblioteca e, visto che si avvicinava la
giornata della memoria, la bibliotecaria
Claudia, ce ne ha parlato un po’. Innanzitutto ci ha consegnato una carta geografica, dove erano segnati alcuni campi di concentramento costruiti in Europa, poi abbiamo parlato del significato
della memoria e Claudia ci ha presentato alcuni libri che parlavano di alcune
esperienze di ragazzi ebrei vissuti all’epoca di Hitler. Uno di questi libri dal
titolo“Sotto il cielo d’Europa” racconta
la storia di otto ragazzi, tra cui quella di
Hans e Werner; il protagonista è un
ragazzo tedesco Hans deportato in un
campo di contentramento per aver espresso un’idea diversa da quella di
Hitler. Lo stesso libro racconta la storia
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di una ragazza vissuta nel ghetto di
Varsavia, che organizzava il contrabbando, questa storia è raccontata da un
suo amico ariano. Un altro libro che ci
ha presentato è stato “ Il diario di Anna
Frank”.
Il 27 gennaio la professoressa Tosi ci ha
letto poi alcune parti del libro “La valigia di Hana”.Il libro parla della storia
di Hana e George, che facevano parte di
una famiglia ebrea molto felice che
viveva in Cecoslovacchia. Nel 19381939 furono introdotte le leggi razziali
che limitavano molto le libertà degli
ebrei. Un giorno arrivò una strana lettera indirizzata alla madre dei due bambini, diceva che doveva presentarsi alla
polizia per poi essere deportata in un
campo: la madre, allora, il giorno dopo
si presentò alla stazione . Questo accadde anche al padre, qualche giorno dopo,
e i due bambini furono costretti a trasferirsi dagli zii. Poi arrivò la lettera anche
per Hana e George e così i due vennero
deportati nel campo di transito di Tere5
zin dove si separarono e, in seguito,
furono trasferiti ad Auschwitz.
All’arrivo ad Auschwitz veniva fatta
una selezione, chi non la superava veniva portato nelle camere a gas , Hana
non la superò, George sì perché sapeva
fare il lavoro d’idraulico. Mi ha colpito
il punto in cui una famiglia qualunque
viene stravolta solo perché è ebrea.
Lo stesso giorno un nostro compagno di
classe, Raffaele, ha portato delle foto
che ci facevano avere un’idea di che
cosa poteva succedere in un campo di
concentramento.
Ora so perché la giornata della memoria
viene celebrata: perché le generazioni
future non ripetano più questa tragedia.
Luca Bacilieri
LE MIE IMPRESSIONI SULL’INCONTRO CON FRANCO PERLASCA
Mercoledì 24 Gennaio 2007, in occasione della “Giornata della memoria”, noi
alunni delle classi II e III, della scuola
Media di Voghiera, ci siamo recati in
teatro a Voghenza per l’incontro con il
figlio di Giorgio Perlasca.
Questa uscita è stata molto interessante.
All’inizio ci è stato mostrato un video
per capire meglio chi era e che cosa aveva fatto Perlasca; ma la parte che a
me ha entusiasmato di più è stato quando noi studenti abbiamo rivolto al figlio
Franco alcune domande, che riguardavano soprattutto le imprese compiute
dal padre, messa in salvo di molti ebrei
ungheresi, e le sensazioni che lui aveva
provato quando gli erano state raccontate.
La notizia che più mi ha colpito è stata
questa: prima che tutto il mondo venisse
a sapere le gesta eroiche del padre,
quando Giorgio accennava in famiglia
la vicenda, veniva quasi preso in giro,
come se fosse impossibile, che un uomo, da solo, avesse potuto fare tutto
quello. Alla fine, però, si sono dovuti
ricredere.
Un altro aspetto che mi ha stupito, è stata l’umiltà del padre, perché quando è
diventato quel “Giorgio Perlasca” di cui
tutti hanno sentito parlare ed è stato riconosciuto come “Giusto”, lui voleva
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ENZO FERRARI
ancora essere considerato come un uomo qualunque, che ha reagito davanti a
quelle atrocità.
Questo incontro mi ha fatto capire l’importanza dei fatti accaduti, non milioni
di anni fa, ma se ci si pensa bene, pochi
anni fa e sono ancora vivi nei cuori della gente che li ha vissuti in prima persona.
Questi avvenimenti sono ricordati ogni
anno con la “Giornata della memoria”
perché non possano mai riaccadere.
Sabrina Balboni
Enzo Ferrari, nasce a Modena nel 1898
corridore automobilistico e industriale
italiano, fu una delle figure più importanti dell'automobilismo mondiale. Iniziò a pilotare nel 1919, alla Targa Florio; l’anno successivo gareggiò per l'Alfa Romeo, e con il marchio di Arese
lavorò per vent'anni, ricoprendo vari
incarichi: da collaudatore a pilota, da
responsabile commerciale a direttore
del settore corse. Nel 1929 fondò a Modena la Scuderia Ferrari, una società
che aveva come obiettivo quello di consentire ai soci di partecipare a corse
automobilistiche,nata grazie all’Alfa
Romeo sia sotto l'aspetto tecnico sia in
campo agonistico. Nel 1940 la Ferrari si
staccò dall'Alfa, e nel 1943, dopo aver
trasferito l'officina da Modena a Maranello, un paese della provincia, iniziò a
progettare e a produrre autonomamente
vetture da corsa. La prima Ferrari, la
"375", era una 4500 di cilindrata modello 12 cilindri a V. Quando la scuderia
Lancia si ritirò dalle corse, Ferrari fece
rientrare nella sua scuderia il modello
Lancia D50, con il quale ottenne numerosi successi nei Gran Premi del 1956 e
del 1957. Un'altra storica vettura uscita
con l'emblema del cavallino rampante,
la "Dino Ferrari", fu realizzata nel 1957
e ottenne grandi risultati fra il 1958 e il
1960. Nel 1961 primeggiò la "Tipo
156", così come la "158" nel 1964; infine, il modello a 3 litri, la "312", dominò
la scena nel 1966. Nel 1969 Ferrari
cedette il 50% della sua azienda alla
FIAT, una partecipazione diventata
maggioritaria nel 1988 dopo la scomparsa del costruttore emiliano. La casa
automobilistica modenese ha vinto, dal
1947 al 1988, sotto la direzione del suo
fondatore, oltre 5000 gare sportive e
ben 25 titoli mondiali in tutte la categorie delle corse automobilistiche. Tutti i
più grandi piloti di Formula 1, da Alberto Ascari a Juan Manuel Fangio a
Niki Lauda, da Gilles Villeneuve ad
Alain Prost fino a Michael Schumacher
( che ha vinto 7 titoli mondiali mancan-
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do per poco l’ottavo titolo), hanno gareggiato e vinto al volante di una Ferrari. Enzo Ferrari, figura di grande personalità e carisma, fu insignito di numerosi riconoscimenti per il suo genio sportivo e imprenditoriale. Nel 1960 l'Università di Bologna gli conferì la laurea
HONORIS CAUSA in ingegneria meccanica, e nel 1988 dall'Università di
Modena ebbe quella in fisica. Ricevette
il premio Hammarskjöld dell'ONU nel
1962 e la Medaglia d'oro Scuola della
cultura e dell'arte del Presidente della
Repubblica nel 1970. L’otto maggio
1982, Enzo Ferrari, perde un suo grande
pilota Gilles Vilneuve, sbalzando fuori
dall’abitacolo della sua Ferrari ( Gilles,
non muore subito, ma muore alle 21:00
di sera nell’ospedale di Zolder senza
mai uscire dal coma. Nel 1988 muore
Enzo Ferrari e nel 2002, la Ferrari, gli
dedica una macchina con il suo nome.
Luca Beccati
LA MIA AUTOBIOGRAFIA
Io sono sempre stato un bambino vivace
e i miei genitori possono confermarlo.
Al pomeriggio andavo molto frequentemente a dormire, anche se non ne avevo
sempre voglia.
Quando potevo, giocavo fuori a pallone
o andavo a fare un giro con la bici assieme agli amici.
Alle elementari, il mio rendimento scolastico era molto buono.
Come comportamento, però, non ero il
massimo: ero sempre solitario e riservato, ma i pochi amici che avevo, me li
tenevo stretti. Se avevo degli amici, avevo anche dei nemici: c’era una persona in particolare che mi dava sui nervi,
Danilo.
Danilo era un bambino di media statura,
un po’ brutto, con un carattere aggressivo e molto spesso finivamo per litigare.
Un giorno, durante l’intervallo, mi disse:
- Facciamo una bella corsa per vedere
chi è il più veloce? Mi consultai con la mia combriccola per
accordarci.
- È solo una corsa , disse un mio amico,
non può farti niente di male! -.
Ora io non ero il bambino più veloce
del mondo, ma ero sempre migliore di
Danilo nel correre!
Il percorso consisteva nel fare il giro
della scuola di corsa, chi sarebbe arrivato primo avrebbe vinto.
LE SINAGOGHE E IL MUSEO EBRAICO
Non lo avessi mai fatto! All’ultima curva Danilo mi fece lo sgambetto, io caddi e mi sbucciai un ginocchio sulla
ghiaia. Egli sostenne che ero caduto
perché avevo “inciampato in un sasso”.
Con dieci centimetri di ghiaia è molto
difficile inciampare su un sasso, non
credete anche voi?!.
C’era molta gente che seguiva la nostra
competizione, e tutti sostenevano la mia
teoria. Andai dalla maestra, ma lei non
mi credette, così ritornammo a fare lezione senza più parlare dell’accaduto.
Matteo Rossi
PANTANI “IL PIRATA”
Lunedì 12 marzo, noi ragazzi delle
classi 3E e 3F siamo andati a visitare la
sinagoga israelitica.
La comunità di ogni sinagoga deve essere formata da 10 uomini, se questo
numero non viene raggiunto non può
venire aperta la Torah, inoltre è importante che alla destra della Torah ci sia il
lume perenne, che significa che è presente la Torah e la sinagoga è ancora in
uso.
La scola o sinagoga Italiana, dopo essere stata devastata nel periodo fascista, è
stata trasformata in una sala di conferenze e riunioni, essendo molto grande.
La scola Fanese è la sinagoga più piccola presente a Ferrara; oggi è in fase di
restauro.
La scola Tedesca è stata restaurata dopo
essere stata devastata il giorno di Rosh
ha- shanà del 1941.
Uscendo dalla scola Tedesca si passa
nella prima sala del museo, dove si trova in esposizione una Torah
che ora non viene più usata, che il rabbino di Cento ha donato al museo.
La Torah è avvolta da una corona, che è
il segno della regalità della parola di
Dio, è scritta su una pergamena da persone scelte dalla comunità ebraica.
Il capodanno ebraico varia a seconda
degli anni. Ogni nuovo anno viene annunciato dal rabbino ai credenti presenti
nella sinagoga con un suono del corno
di montone. Il 2007 per gli ebrei è il 5767, perché essi hanno iniziato il conteggio dagli anni della creazione del mondo. Dal 3 al 10 Aprile viene letto l’ Esodo e vengono mangiati cibi non lievitati.
Nella religione ebraica se la madre è
ebrea anche i figli sono ebrei. Il patto
che Dio stabilisce con il popolo avviene, per i maschi, attraverso la circoncisione.
Nel museo è presente il timbro che veniva posto sulle tombe per tutto il ‘600,
in modo che gli studenti universitari
non prelevassero i defunti ebrei per studi anatomici.
Il museo in precedenza era un archivio.
Ora gli ebrei della comunità sono 80,
nel 1569 la comunità arrivò a 2.000
membri.
Sono stati deportati durante la seconda
guerra mondiale, nei campi di concentramento, 700 ebrei circa dei quali solo
150 nomi sono scritti sulle lapidi di
fronte alle sinagoghe.
Nel museo si trovano le chiavi del ghetto, che risalgono al 1598 quando i cardinali imposero il ghetto; gli ebrei potevano uscire dal ghetto solo durante la
giornata e rientrare al tramonto.
Questa visita per noi è stata molto interessante, pur essendo già stati al museo.
Giulia Brini
Buzzoni Ambra
Gavagna Davide
VISITA AL GHETTO E AL CIMITERO EBRAICO DI FERRARA
Pantani Marco nato a Cesena nel 1970,
ciclista italiano. Grande scalatore, erede
di specialisti del calibro del lussemburghese Charly Gaul ( soprannominato
l’”angelo della montagna” per le doti di
scalatore) e dello spagnolo Federico
Bahamontes (uno dei migliori scalatori
di tutti i tempi).Pantani si era già segnalato come corridore di corse a tappe
vincendo nel 1992 un Giro d'Italia da
dilettante. Passato professionista l'anno
seguente, dovette però aspettare il 1994
per mettersi in luce al Giro: in quell’edizione vinse due tappe di montagna, a
Merano e all’Aprica. Formidabile fu
l’impresa di quest’ultima, dove con un
irresistibile scatto si lasciò alle spalle
sulla ripidissima salita del Mortirolo lo
spagnolo Miguel Indurain (il dominatore delle tappe e delle corse negli anni
’90) e il russo Evgenij Berzin.La sua
carriera fu costellata di numerosi incidenti. Il primo, provocato da una caduta
durante un allenamento nel maggio del
1995, gli impedì di prendere parte al
Giro. Ripresosi, a luglio partecipò al
suo primo Tour de France, dove dimostrò le sue grandi doti di scalatore vincendo la storica tappa dell'Alpe d'Huez
e, sui Pirenei, all'arrivo di Guizet Neige.
Nell'ottobre dello stesso anno, dopo
esser giunto terzo ai Campionati mondiali in Colombia, subì un gravissimo
incidente: venne investito da un’auto
che sopraggiungeva in senso contrario
negli ultimi chilometri della MilanoTorino e riportò la frattura di tibia e
perone della gamba sinistra. Rimasto
lontano dalle gare per quasi un anno,
ritornò a livelli competitivi solo nel
1997, quando però ancora una caduta
nelle prime tappe del Giro lo costrinse
al ritiro. Ristabilitosi a luglio per il
Tour, vinse due tappe alpine, di nuovo
all'Alpe d'Huez .La definitiva consacrazione del suo talento si notò nella stagione del 1998. Pur partendo senza i
favori del pronostico, Pantani si impose
nella classifica finale sia al Giro sia al
Tour, facendo delle tappe di montagna
il suo trampolino di lancio per fughe e
vittorie entusiasmanti. Realizzando la
storica doppietta, nel passato riuscita
solo a grandi campioni come Coppi,
Anquetil, Merckx, Hinault, Roche e
Indurain, entrò di diritto nell’Olimpo
del ciclismo mondiale. Dominatore
incontrastato anche dell’edizione 1999
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del Giro d’Italia (aveva vinto quattro
tappe ed era in testa alla classifica con
un ampio vantaggio sul secondo), il
campione romagnolo venne clamorosamente sospeso dalla corsa alla vigilia
della penultima tappa in seguito a un
controllo medico da parte dell’UCI
(Unione ciclistica internazionale), che
riscontrò nel suo ematocrito valori percentuali superiori al livello tollerato.
Rimasto a lungo lontano dalle corse, al
punto che molti ritennero che volesse
lasciare definitivamente il ciclismo,
tornò a gareggiare in occasione del Giro
d’Italia 2000, aggiudicandosi nello stesso anno la tappa di Courchevel al Tour
de France. Fu l’ultimo importante successo della sua straordinaria carriera:
incapace di superare la crisi agonistica e
personale in cui era precipitato in seguito alle accuse di doping, Marco Pantani
abbandonò le gare e il 14 febbraio 2004
rimase vittima di un arresto cardiaco
causato da intossicazione acuta da cocaina, con conseguente edema cerebrale
e polmonare.
Luca Beccati
Lunedì 12/03 ci siamo recati a Ferrara
per visitare il cimitero e il ghetto ebraico. Ci hanno accompagnato le prof.
Tosi e Alberti. Per prima cosa abbiamo
visitato il cimitero ebraico. All’ entrata,
sopra il cancello, progettato da Ciro
Contini, è presente la scritta in ebraico
“Questa è la casa di tutti i viventi”. Il
primo cimitero si trovava in via Savonarola, ma nel 1400 fu spostato nell’attuale Via delle Vigne. Anticamente era
chiamato “Orto dove seppelliscono gli
ebrei”. Essi venivano portati nel cimitero quasi di nascosto, durante la notte.
Sulle tombe si mettono sassi o si piantano piante verdi in segno di rispetto.
All’interno, il cimitero è diviso in 4
sezioni: Nella prima si trovano le tombe
più recenti (‘800 - ‘900); la seconda
sezione non contiene tombe: è però
presente quella di Bassani, che nelle sue
opere cita molteplici volte la città di
Ferrara. Nella terza sezione sono localizzate le tombe più antiche; nella quarta sezione è presente la camera mortuaria, progettata anch’essa da Ciro Contini
e si può osservare la tomba a baldacchino di due sposi.
La tradizione ebraica vuole che il corpo
sia seppellito a 24 ore dalla morte. L’inumazione avviene sempre in terra, ed è
vietata la cremazione. In segno di lutto
ci si fa uno strappo nelle vesti; il lutto
può durare dai 7 ai 30 giorni.
Nel cimitero vengono seppelliti i rotoli
della Torah non più utilizzabili.
Successivamente abbiamo visitato a
piedi l’antico ghetto. Esso fu istituito da
Papa Paolo IV nel 1627, dopo che gli
Estensi ebbero abbandonato Ferrara. Il
ghetto era chiuso da 5 cancelli, le cui
chiavi sono esposte nel Museo ebraico.
Il ghetto comprendeva 3 strade: via
Mazzini (Sabbioni), via Vittoria
7
(Gattamarcia), via Vignatagliata.
Il ghetto fu abolito con l’unità d’Italia. I
cancelli si trovavano: in Via Mazzini
(ad entrambi i lati); gli altri 3 cancelli si
trovavano al termine di Via Vittoria e
Via Vignatagliata, all’incrocio con San
Romano, l’ultimo all’angolo di Via
Contrari.
In Via Vittoria, al N. 41 sorgeva la Scola Spagnola, distrutta dai fascisti nel
1944. Infine, in Via Vignatagliata al N.
79, avevano sede l’asilo e la scuola ebraica.
Questa uscita è stata molto interessante
perché abbiamo avuto modo di conoscere le tradizioni di una comunità diversa, che un tuttora vive nella nostra
città di Ferrara.
Valentina Bassi
Alice Ferri
Linda Lambertini
RELAZIONE SULLA VISITA AL CIMITERO EBRAICO
Lunedì 12 marzo 2007 abbiamo visitato
il cimitero ebraico di Ferrara. Siamo
partiti da Voghiera alle ore 8 e 40 con la
classe terza E e le professoresse Tosi
Roberta e Alberti Claudia. Arrivati a
destinazione siamo entrati all’interno
del cimitero; gli uomini dovevano avere
il capo coperto. Nella storia della comunità di Ferrara ci sono
stati vari luoghi di sepoltura. I
più antichi, sorti nel cuore della
città – nei pressi di San Girolamo e in contrada di Santa Maria
Nuova – scomparvero nel XVI
secolo. In contrada Santa Caterina da Siena, si trovava un cimitero di ebrei di rito spagnolo
e levantino. Altre antiche lapidi,
furono impegnate, nel 1719, per
erigere la colonna che sostiene
ancora oggi la statua del duca
Borso d’Este. Negli spazi verdi
della rinascimentale Addizione
Erculea, a ridosso delle possenti
mura estensi, si stende l’Orto dove seppelliscono gl’Ebrei, il grande cimitero
di via delle Vigne. Luogo satanico, frequentato dai diavoli, nel pregiudizio popolare stuzzicato dall’Inquisizione; luogo di pace e di luce mediterranea per gli
ebrei che potevano recarvi i loro morti
dal lontano ghetto murato soltanto a
certe ore consentite, quasi in segreto. La
comunità ebraica ferrarese era protetta
dai duchi d’Este. Dal 1911 un maestoso
portale dell’architetto Ciro Contini ne
orna l’ingresso. Gli eventi portano ad
una progressiva diminuzione degli ebrei
a Ferrara. Nel 1938 emigrano in gran
parte con le leggi razziali; nel 1943 novantasei degli ebrei rimasti furono deportati senza ritorno. Oggi, a Ferrara,
vivono meno di cento ebrei. Il cimitero
di via delle Vigne è ormai troppo ampio
per la piccola comunità che, tuttavia, lo
mantiene con amorevole cura con l’aiuto del Comune, sicché ha potuto divenire luogo di pace e di riflessione tra i più
affascinanti del nostro Paese, meta privilegiata di visitatori da tutto il mondo.
È delimitato da un vecchio muro alto
circa tre metri ed è ricoperto da una vasta superficie erbosa. Dal lato est, il muro di cinta corre a ridosso dei bastioni
cittadini, fitti ancora oggi di grossi alberi, tigli, olmi, castagni, perfino quercie,
allineati in duplice schiera lungo le
sommità del terrapieno. Oggi si possono
trovare fiori sulle tombe ebraiche, ma
questa non è un’usanza tipica, ma un’
assimilazione dell’uso cristiano. Di solito si mettono sassi sulle tombe. Il cimitero non è un luogo di culto, ma impuro,
perché impuro è il cadavere. Il primo
campo del cimitero custodisce le tombe
più recenti (fine 1800 e 1900), nella
parte sotto le mura ci sono lapidi che
fortunosamente si sono conservate, anche se non è possibile ricostruirne la
collocazione, in quanto nel 1775 il cardinale Legato emanò un editto che ordinava lo smantellamento delle lapidi ebraiche e la proibizione di elevarne altre. Sulle lapidi le scritte in ebraico sono
spesso degli acronimi (ovvero nomi formati dalle lettere iniziali di altre parole).
Nel settore quattro si trova una tomba
con un baldacchino: qui sono stati sepolti una coppia di sposi che ha voluto
riprodurre il baldacchino matrimoniale,
in segno della loro ininterrotta unione.
Le usanze funebri sono diverse dalle
nostre. Il defunto va seppellito il più
presto possibile. Deve essere purificato
8
TUTTO NICHOLAS… DA 0 A 10 ANNI!
con l’acqua. Se il corpo presenta delle
ferite aperte non può essere lavato, perché c’è il rischio che l’acqua porti via
sangue e parti che non verrebbero seppellite. L’inumazione avviene sempre in
terra, in una semplice bara di legno (è
vietato il metallo); se la cassa deve essere trasportata lontano è consensito un
rivestimento in plastica. È vietata la cremazione, in quanto si ritiene che la resurrezione cominci da un osso particolare (il lutz, che forse è il coccige). Per
un ebreo è preferibile essere seppellito
in Israele, in quanto si ritiene che la resurrezione comincerà da là, dunque per
assicurarsi un posto “in prima fila”. Dopo l’inumazione, occorre aspettare che
il terreno si assesti prima di poter collocare la lapide. Così che a Ferrara e a
Cento pare si usasse imprimere una sorta di timbro sulla terra (con su scritto
,‫שלוי‬che significa “È SUO”), coperto
poi da una tegola, per verificare
se qualcuno, magari a scopo
scientifico, avesse rubato la salma; dopo una settimana i cadaveri non sarebbero più stati utilizzabili, dunque la tegola poteva essere rimossa.
In segno di lutto ci si fa uno
strappo nelle vesti, a sinistra se
si è perso un genitore, a destra
nel caso di perdita di qualsiasi
altra persona. Il lutto stretto dura 7 giorni. Il primo pasto dopo
il funerale è costituito da pane e
uova. Dopo i 7 giorni di lutto
stretto ce ne sono altri 30, durante i quali gli uomini non si
possono radere, non si può partecipare a
cerimonie liete, si usa cambiare posto in
sinagoga.
«Secondo me, è stata una visita guidata
molto interessante, in un percorso altamente rilassante e molto bello. » (G.
Battocchio)
«Secondo me, era molto bello come posto, silenzioso, rilassante.» (F. Bortolotti)
« Il cimitero ebraico mi sembrava un
posto rilassante dove si poteva pensare
senza ostacoli, sia di tipo sonoro che
visivo.» (A. Bonora)
Gabriele Battocchio
Alessandro Bonora
Federico Bortolotti
Dove non arriva la mia memoria di
quando ero molto piccolo ci sono i ricordi della mamma e della mia famiglia.
Da quando sono nato fino a due anni la
mia famiglia era composta da me, dalla
mamma, dai nonni e da mio zio Fabrizio.
Ad un certo punto, nella nostra vita è
arrivato Dani. A dir il vero è arrivato
prima per me che per gli altri, perché
l’ho conosciuto al campetto vicino al
bar che frequentava mio zio: erano amici da tempo. Al bar mi compravano il
gelato e anche se di quel periodo ho dei
ricordi un po’ confusi perché ero piccolo, non ho dimenticato che mi facevano
anche giocare.
Dopo alcuni mesi lo ha conosciuto anche la mamma. Per un po’ ci siamo frequentati solo nei fine settimana perché
Dani lavorava lontano da casa. Io allora
frequentavo l’asilo e loro venivano
sempre a vedere le recite di Natale e
quelle d’estate.
Per un po’ di tempo, quando siamo andati ad abitare insieme, siamo stati nella
casa di Dani, a Ferrara. La mamma mi
diceva sempre di mettere in ordine i
giocattoli perché la casa era molto piccola e sembrava un puzzle: ogni cosa
incastrata al suo posto; ma alla fine, la
maggior parte delle volte erano loro a
riordinare.
Ricordo che all’asilo, quasi ogni giorno,
quando mi venivano a prendere mi trovavano seduto vicino alla maestra perché ero stato un po’ troppo turbolento!
Per me non è mai stato facile stare seduto fermo e concentrato, e già allora sia a
casa sia le maestre hanno iniziato a sudare per controllarmi.
Alle elementari non è andata molto meglio, almeno per i primi due anni. Ricordo la faccia della mamma quando
andava ai colloqui e soprattutto l’espressione che aveva quando tornava:
ero bravino ma vivace, troppo vivace.
Quando io e lei parliamo mi dice che
forse sono agitato per tutta la caffeina
che ha bevuto con la Coca-Cola quando
mi aspettava, e la nonna dice che ne ha
bevuta TAAANTAAA!!!
In terza elementare ho iniziato a praticare il tiro con l’arco, sport che pratico
ancora adesso; sono tornato ad abitare
nella casa di S. Nicolò e …la mamma e
il papà si sono sposati.
In questi anni, oltre alla mia famiglia, ci
sono state altre persone che mi hanno
affiancato: i miei amici, che sono stati
con me all’asilo, alle elementari e sono
ancora con me alle medie; le mie maestre dell’asilo e delle elementari che ricordo con piacere perché oltre ad insegnarmi mi hanno dato anche tanto affetto.
Ho tralasciato un particolare, che mi
hanno fatto e mi fanno compagnia tutti
gli animali che ho perché la mia casa è
come uno zoo!!!
Nicholas Albieri
ECCOMI
Io ricordo poco di quando ero molto
piccolo.
Quando sono arrivato in Italia avevo
sette anni e dovevo andare alla scuola
elementare, ma avevo molta paura perché non conoscevo la lingua e le maestre.
Il primo giorno di scuola mi ha accompagnato a scuola il mio papà, mi ha
portato dentro e ha parlato con le mae-
stre; la prima maestra che ho visto si
chiamava Angela e mi è piaciuta molto
perchè mi sorrideva. Io allora ho capito
che quella scuola mi piaceva.
Quando sono entrato in classe c’era una
ragazza che piangeva: anche lei era
arrivata da poco a Voghiera, ma lei
veniva da un’altra città italiana.
Un po’ alla volta mi sono abituato alla
nuova vita, ma c’era un compagno che
non mi piaceva e quando lo vedevo lui
mi guardava con una espressione come
se volesse dirmi: «Io non ti voglio».
Le prime volte l’ho lasciato fare ma a
un certo punto mi sono arrabbiato e gli
ho dato dei calci; poi piano piano siamo
diventati amici e lo siamo ancora.
Ecco, questa è la mia storia.
Dekar A. Muhedin
NASCE UN BAMBINO UN PO’ BIRICHINO
Mia mamma racconta che ero un bambino simpatico ma soprattutto birichino.
Un giorno mentre ero fuori a giocare a
palla con mia sorella sentii uno strano
rumore provenire dal cielo, alzai gli
occhi e vidi una cosa molto grande con
due ali che le spuntavano dal corpo,
qualche secondo dopo ero in casa gridando che avevo visto un mostro, in
realtà era solo un aero, ma per tutta la
serata mia sorella mi fece spaventare
dicendomi che c’era il mostro che mi
voleva catturare.
Passarono alcuni anni e noi ci trasferimmo in un’altra casa.
Ricordo che il primo giorno della scuo-
la materna fu un incubo per me perché
non volevo lasciare mia madre e appena
fu uscita mi misi in un angolo tutto solo; dopo un po’ mi vidi venire incontro
un ragazzo, Francesco, con cui entrai
presto in confidenza; giocammo insieme per circa mezz’ora, poi arrivò un
suo amico, Alessandro, che, come Francesco, era molto simpatico e generoso.
Io, Alessandro e Francesco siamo diventati ottimi amici ed insieme siamo
arrivati alla recita di fine anno della
scuola materna, l’anno successivo avremmo frequentato la scuola elementare.
Eccomi quindi arrivato alla scuola ele61
mentare: qui ho conosciuto delle maestre molto simpatiche ma ricordo soprattutto un maestro un po’ “pazzo” di
nome Giuseppe.
In terza elementare ho incominciato ad
entrare veramente nel mondo della
scuola, la quarta e la quinta poi sono
state abbastanza difficili.
Ora frequento la scuola media dove ho
capito che bisogna “darci veramente
sotto”, cioè lavorare sodamente.
Ecco, questa è stata finora la mia vita. Il
resto ve lo racconterò tra qualche anno!
Mohammed Senfari
VISITA AL GHETTO DI FERRARA
Il 12 marzo la classe III E e noi di III F,
siamo andati ad una visita guidata al
cimitero e al ghetto ebraico.
La prima tappa è stato il cimitero ebraico, successivamente abbiamo percorso
le vie del ghetto.
Il nostro percorso è cominciato da via
Mazzini (via dei Sabbioni) dove molto è
cambiato: ad esempio invece delle antiche botteghe degli ebrei, famose per le
specialità gastronomiche, ci sono negozi, ma la struttura urbanistica è la stessa.
Qui si trova il primo cancello: la libreria
oggi chiamata "Melbook" a quel tempo
era l'oratorio dove si svolgevano le prediche "coatte".
Percorrendo via Mazzini, sulla sinistra
si trova via Contrari; all'angolo si trova
il secondo cancello, all'incrocio di via
Mazzini con via Terranova si trova il
terzo cancello; percorrendo questo tratto
s'incontra la sinagoga dove si possono
vedere due lapidi che riportano i nomi
delle 96 vittime deportate da Ferraraal
tempo della II guerra mondiale.
Le altre due strade del ghetto, via Vittoria (via Gattamarcia) e via Vignatagliata, confluiscono nella piazzetta dedicata
ad Isacco Lampronti (medico e rabbino).
In via Vittoria nel numero 41 sorgeva la
sinagoga spagnola distrutta dai fascisti
nel 1944; in fondo a via Vittoria si trovava il quarto cancello.
60
In via Vignatagliata al numero 77 avevano sede l'asilo e la scuola ebraica, e
verso la fine della via si trova l'ultimo
cancello del ghetto. Queste vie sono
dette le strade del silenzio perché gli
ebrei subivano senza contestare, ed erano prigionieri delle proprie case.
In seguito ci siamo recati alla sinagoga
e al museo.
Appena arrivati siamo stati accolti da
una signora che gentilmente ci ha fatto
compagnia nel cortile mentre aspettavamo la guida. Arrivata questa abbiamo
salito le scale per arrivare alla scola tedesca creata nel 1603 da un gruppo di
ebrei provenienti dall'est.
Entrati nella sinagoga si ha una sensazione di grande luminosità, la parte sinistra è ornata da stucchi. La scola tedesca è stata messa a punto dopo essere
stata restaurata dai fascisti.
Uscendo da questa la guida ci ha condotti al museo che è costituito da quattro sale fondamentali: le prime due rappresentano la vita ebraica in generale,
sia dal punto di vista religioso che famigliare, le altre due sale sono molto importanti perché hanno contribuito alla
storia di Ferrara ebraica e in queste sono custodite le cinque chiavi che un
tempo chiudevano i cancelli del ghetto.
La scola italiana, meravigliosa, distrutta dai nazi-fascisti e in seguito restaurata, senza alcun abbellimento di mobili;
9
è tuttora usata come sala conferenze.
Qui al tempo dei nazi-fascisti venivano
raccolti gruppi di ebrei in procinto di
essere deportati.
Si passa infine alla scola danese dove il
sabato dovevano esserci almeno dieci
uomini (ognuno dei quali deve avere il
capo coperto) per effettuare la lettura
della Torah. In questa sala è presente il
lume perenne, una luce bianca (a destra)
simbolo della presenza della Torah, e di
conseguenza dell'attuale funzionamento
della sinagoga. Il rito viene celebrato
tutto in lingua ebraica e gli uomini e le
donne devono essere separati rispettivamente a destra e a sinistra. Nella sinagoga non può essere rappresentata la figura di Dio, perciò troviamo numerosi
stucchi (al posto delle finestre chiuse
nel 1820); questo è un luogo solenne e
anche raccolto.
Secondo noi quest'attività non è stata
solo bella ed interessante, ma ci ha anche "riportato" al tempo in cui gli ebrei
subivano queste inutili persecuzioni,
facendoci vivere le loro tensioni e paure.
Chiara Chiozzi
Federica Sivieri
Giulia Valenzano
VISITA ALLA FERRARA MEDIEVALE E RINASCIMENTALE
IL PICCOLO PRINCIPE
Il libro che ho letto durante le vacanze
natalizie è “Il piccolo Principe”.
L’autore è Antoine de Saint Exupery.
I personaggi principali sono l’aviatore e
il piccolo Principe.
L’Aviatore (che è l’autore) effettua un
atterraggio di fortuna nel deserto del
Sahara, qui incontra il protagonista, che
è un piccolo Principe, proveniente da un
altro pianeta.
Il piccolo principe gli racconta la sua
storia; lui vive su un asteroide, un po’
più grande di una casa, chiamato B612,
che ha tre vulcani e una rosa con molte
La mattina del 27/03/2007 io, assieme
alla mia classe e alla II E, accompagnati
dalle professoresse Fidora, Lunghini,
Varriale e Vecchietti, con la prof. di arte come nostra guida, andammo a Ferrara per visitarla.
Alle 8:30 il pulmino partì per Ferrara e
alle 8:50 arrivammo davanti alla Chiesa
di San Giorgio, iniziando così la visita
alla parte medievale della città.
All’esterno della chiesa la prof. Fidora
ci disse che il campanile, rifatto da Biagio Rossetti, contiene la cella di Cosmè
Tura. Poi passammo a visitare l’interno
della chiesa costruita all’incirca nel 1600 e dove è stata posta la tomba interamente in marmo del vescovo Roverella.
Dopo andammo a visitare il chiostro
dove, nel mezzo, è stato posto un pozzo
in marmo jugoslavo, adornato con fiori
e lì sul pozzo la prof. Varriale ci scattò
una foto. Mentre uscivamo dalla chiesa
la prof. Fidora ci fece notare che il pavimento è molto pregiato.
Usciti proseguimmo per andare a visitare la chieda e il convento di Sant’Antonio in Polesine; durante il tragitto incontrammo in Palazzo di Ludovico il
Moro dove imparammo che al suo interno, nel giardino, c’è un labirinto di siepi. Un po’ più avanti abbiamo notato
che negli incroci ci sono delle lastre di
marmo sugli spigoli delle case, che variano di grandezza a seconda dell’importanza dell’incrocio.
Poco dopo arrivammo nel piazzale di
Sant’Antonio in Polesine, dove c’è un
bellissimo ciliegio. Per visitare la chiesa, però, dovemmo aspettare alcuni minuti, finchè una suora di clausura benedettina, addetta alle visite, perché, con il
permesso del vescovo, può parlare, ci
venne ad aprire. La suora, prima di iniziare la visita, ci fece posare gli zaini,
perché non rovinassimo le opere d’arte;
poi cominciò col dirci che nella vita bisogna fare il proprio dovere e che bisognerebbe imitare l’esempio di Domenico Savio, il più giovane santo d’Italia,
sepolto a Torino.
Dopo questa breve introduzione, ci portò a vedere la tomba di Beatrice D’Este,
con sopra una lastra d’argento, tele e
dipinti stupendi. Sui dipinti ci disse che
i pittori bizantini, come notammo, disegnavano Gesù alla sinistra di Maria,
mentre i “nostri pittori” disegnano Gesù
alla sua destra.
Usciti dal convento ci dirigemmo al
“Mc Donalds” per fare merenda. Durante il tragitto incontrammo delle case a
cassero che sporgono sulla strada, per
10
ottimizzare al massimo lo spazio della
strada. Arrivati al Mc Donalds, ci rifocillammo. Successivamente proseguimmo l’uscita con la visita alla facciata del
Duomo, dove la prof. Fidora ci disse
che la parte inferiore della facciata è in
stile romanico, mentre la parte superiore
è in stile gotico.
Dopo andammo a visitare il Castello
dall’esterno e poi ammirammo la chiesetta di San Giuliano, dove, nella parte
superiore della facciata, è raffigurato
S.Giuliano che in una notte tempestosa,
tornato a casa, trova sua moglie a letto
con due persone e dopo che ha accoltellato tutti e tre, scopre che le due persone
erano i suoi genitori, da qui la sua vocazione e redenzione.
Dopo la chiesa di San Giuliano passammo alla visita della ferrara rinascimentale. In questa parte visitammo il Palazzo dei Diamanti, il quadrivio degli Angeli e alcune costruzioni di Biagio Rossetti, aventi tutte le finestre a bifore binate, per avere una visuale migliore.
Infine salimmo sul pulmino che ci portò
a visitare la Casa del Boia, per poi tornare esausti a scuola.
Andrea Trotta
pretese, che lui cura con molto amore.
Un giorno decide di partire per vedere
com’è il resto dell’Universo e visita altri pianeti abitati da uomini strani e soli.
Dopo aver viaggiato attraverso i vari
pianeti, il piccolo Principe arriva sulla
Terra e comincia ad esplorarla. Qui trova molte rose e di questo se ne meraviglia perché pensava che la sua rosa fosse l’unica di tutto l’Universo. Poi incontra e addomestica una volpe, che gli
spiega che la sua rosa è speciale perché
è l’unica che lui ama. Nel deserto incontra quindi l’aviatore che sta cercan-
do di riparare il suo aereo.
Il piccolo Principe sembra felice, ma il
pensiero di aver lasciato sola e indifesa
la sua rosa gli fa decidere di tornare sul
suo pianeta. Abbandona così il suo amico aviatore lasciandolo molto triste.
Mi ha colpito in particolare quando il
Piccolo Principe decide di tornare sul
suo pianeta e, per fare questo, si lascia
mordere dal suo amico serpente.
Il libro mi è piaciuto ma non saprei a
chi consigliarlo … magari a tutti!
Matteo Moretti
IO NON HO PAURA
“Io non ho paura” è il titolo di un libro
di Niccolò Ammaniti, letto durante le
vacanze natalizie.
La vicenda si svolge ad Acqua Traversa, una frazione di Lucignano, un piccolo paese collinare del sud, con grandi
campi coltivati a grano.
I fatti si svolgono nella torrida estate
del 1978. Il protagonista, Michele Amitrano, è un bambino di 9 anni che è
costretto a portare sempre con sé la
sorellina. Non è descritto fisicamente,
ma l’autore evidenzia soprattutto gli
aspetti del suo carattere che sono : altruismo e generosità. Inoltre Michele si
dimostra molto coraggioso perché, pur
di salvare un suo coetaneo, mette a
rischio la propria vita.
Come ogni giorno, un gruppo di ragazzi
si trova a scorrazzare su e giù per una
collina, facendo a gara con le proprie
biciclette. Barbara, l’unica ragazza del
gruppo, arriva ultima ed è obbligata a
fare penitenza. Michele decide di prendere il suo posto, salvandola dalla pena
inflitta dagli altri del gruppo, cioè salire
al piano superiore di una casa diroccata,
senza usare scale o altro. Con notevole
difficoltà inizia l’arrampicata ma, nel
momento in cui sta per arrivare in cima,
il bambino perde la presa e cade pesantemente a terra, rimanendo stordito per
qualche secondo poi, riaprendo gli occhi intravede, di fianco a lui, un buco
profondo nel terreno, una sorta di pozzo
e, guardandoci dentro tra sporcizia e
rifiuti, riesce a scorgere un bambino
raggomitolato su se stesso.
Michele è scosso dalla scoperta fatta, e
a casa cerca di confidarsi con il padre,
ma capisce in un istante che si tratta di
un rapimento e che anche il padre ne è
coinvolto. Da quel giorno, Michele,
all’insaputa del padre, cerca di aiutare
per quanto gli è possibile il prigioniero,
portandogli cibo e acqua e concedendogli qualche minuto d’aria fuori dalla
botola; nasce una sottile complicità fra i
due bambini, poi una vera amicizia.
Intanto la casa di Michele è diventata
anche il luogo d’incontro dei rapitori, i
quali, sentendosi ormai braccati, decidono di uccidere il prigioniero.
Ma Michele decide di anticiparli andan59
do a liberarlo e, con l’aiuto dei carabinieri, l’ostaggio sarà salvo.
Questo romanzo mi ha colpito perché
l’ho trovato attuale per gli eventi che
tratta, come la giustizia e la criminalità,
parla anche della delinquenza, favorita
dalla scarsa occupazione che al sud è
sempre all’ordine del giorno. Ammiro
molto il protagonista per il coraggio
dimostrato ed in particolare mi ha colpito quando Michele fa uscire dalla
“prigione” il bambino rapito; caricandoselo sulle spalle per portarlo in mezzo
al campo di grano, usando mille premure per via della debolezza fisica del
prigioniero, dimostrando così una personalità adulta, non propria di un bambino di nove anni. Consiglierei questo
libro a tutti, innanzitutto perché è scritto
con un linguaggio semplice, e quindi di
facile comprensione, e per i temi trattati
come la giustizia, l’amicizia, il coraggio.
Davide Artioli
USCITA AL SUPERMERCATO COOP DI PORTOMAGGIORE
Martedì 13 febbraio 2007, le classi II E
e F sono partite alle 8:40 dalla Scuola
Media di Voghiera per andare alla COOP di Portomaggiore.
La signora, che ci ha accolto, ci ha fatto
accomodare e, dopo esserci presentati,
abbiamo iniziato le nostre attività; ci ha
dato un foglietto ciascuno con scritto:
“merende in” e “merende out”.
Parecchi hanno messo nelle merendine
“in” le merende preferite: patatine, pizza, panini … e pochi compagni la frutta.
Nelle merende “out”, quelle poco amate, sono state indicate: frutta, yogurt e
alcuni compagni i panini.
L’animatrice ci ha spiegato che, di quello che avevamo scritto, fa bene tutto,
però in giuste dosi.
Dopo questo, ci siamo divisi in sei
gruppi ed ad ognuno ha dato un foglio
con scritto cosa dovevamo mettere nel
cestino. Dovevamo andare nel super-
58
mercato per “comprare” quello scritto
nei fogli.
Nei fogli c’era scritto per ognuno dei
sei:
− bevanda e alimento dolce;
− bevanda e alimento non pubblicizzato;
− bevanda e alimento molto pubblicizzato;
− bevanda e alimento da abbinare con
il pane;
− bevanda e alimento salato;
− bevanda con alimento dietetico.
Abbiamo avuto dieci minuti di tempo,
nel foglio dovevamo scrivere:
− tipo di confezione;
− valore energetico;
− tipo di prodotto;
− prezzo al chilo o al litro;
− i primi tre ingredienti;
− marca.
11
Siamo tornati nella stanza e abbiamo
guardato tutti gli alimenti che avevamo
preso; ne abbiamo esaminati tre, poi abbiamo fatto merenda, ce l’hanno offerta
loro: cracker e succo di frutta alla pesca; poi abbiamo continuato le nostre
attività.
Finito questo lavoro la signora ci ha
detto, ed è la verità, che se prendiamo
qualche alimento, scegliamo sempre
quello che pubblicizzano per televisione
e mai quello non pubblicizzato.
A quel punto la nostra attività era finita
e siamo ritornati a scuola alle 12:00.
L’uscita alla COOP di Portomaggiore
mi è piaciuta molto ed è stata molto interessante. Mi sono divertita e ho imparato cose nuove!
Ambra Fornasari
LA CAMPAGNA
LA LUNA
La campagna al mattino
è svegliata dal gallo o da un uccello canterino.
L’odore dei fiori profumati
LA PARTITA
mette tutti più allegri e rilassati
con le facce degli animaletti
Quante corse nel campo
vivaci e furbetti.
quanti calci al pallone
La vita continua
quante urla…
fino al pranzo rilassato
buono e profumato
All’improvviso un batticuore…
che con calma vien gustato.
pareggio e ultimo rigore
Verso il pomeriggio
GOL!
c’è ancora un clima da meriggio
e un abbraccio di tutti i giocatori.
e quel sole intenso
m’illumina d’immenso.
Ruggero Bonechi
La sera arriva
dopo aver parlato
giocato
LA NEVE
e pensato
il giorno è ormai passato.
Ho visto cadere la neve
Arriva il vespero di sera
l’ho vista scendere lieve
che precede la notte tutta nera ad un tratto con la mente
e qui finisce la giornata
ho pensato
tranquilla e rilassata.
ad un campo da sci
tutto innevato…
Marco Faccini
peccato che poi
mi sono svegliato!
Che cos’è la luna piena?
Un buco di gruviera.
Che cos’è la luna piena?
Un’astronave aliena.
Che cos’è la luna piena?
Un’anima in pena.
Che cos’è la luna piena?
Una luce nella sera.
E la luna vuota?
Una ruota
Un ufo senza pilota.
Giuseppe Bianco
Jari Zanellato
INCANTO E MISTERO
Nascosta dagli alberi,
al di là del cancello,
protetta dai rami spogli,
la grigia torre conserva
tutta la sua intimità;
anche se, d’altra maniera,
sembra attenta a spiare
con i suoi svettanti merli
il mio piccolo paese
oltre la foschia leggera.
Dolce la rugiada si adagia
sugli arrugginiti ferri
dove un operoso ragno
ha filato i suoi merletti.
«Fermi! Di qui non si passa!»
sembra che vogliano dire
le statue a braccia conserte;
12
accanto, un viale alberato
invita invece il passante
a introdursi dopo aver
percorso il piccolo ponte.
Nell’angusto letto
lento e calmo scorre
il placido Sandalo
e il suo canto sparisce
sotto ogni ponticello
per un magico incanto.
Dagli argini i cespugli
riflettonsi nell’acqua
e sussurrano mille storie
che poi lei racconterà
a campi, paesi e strade.
In un’immobile attesa
il muto pozzo trattiene
i segreti a lui donati
da chi ne attingeva acqua.
57
Sul lavatoio di pietra
le donne al duro lavoro
sfregavan panni a fatica
accanto all’annerito
e fumoso caminetto.
Sboccia con semplicità
una bianca magnolia;
e mostra la sua volontà,
questo fiore delicato,
ricordando all’umanità
la forza della natura.
Due giganti sempre all’erta
sorvegliano intorno a sé,
e i lunghi rami crean
cento e più dialoghi
che fine non avranno.
Classe 2^E
EVVIVA LA MUSICA
COMUNICARE
La musica è
pensieri, parole,
testi e melodie,
solo quando l’ascolti
senti che ti vuol dire.
Comunicare tra amici,
tra genitori,
tra parenti…
Con la musica
piangi, ridi,
scherzi e balli,
ma soprattutto
ricordi i momenti più belli.
Elena Coletti
IL GIORNALE
Comunicare uguale esprimere,
trasmettere emozioni,
reazioni, canzoni…
Comunicare è come la nutella
che mondo sarebbe
senza?
LA MUSICA
Ascoltare musica
per ballare,
Emanuele Ganzaroli
per cantare e
per sognare.
Con la musica riesco
ad esprimere i miei sentimenti,
LA LETTERA È…
le mie sensazioni e le mie paure.
La lettera è un foglio
Eleonora Casoni
che contiene pensieri,
opinioni ed informazioni.
Il giornale è importantissimo
perché trasmette delle informazioni
che accadono nelle giornate
in posti lontani.
La lettera è un riassunto
che racconta della propria
vita,
senza dimenticare niente.
Il giornale è bello
a chi piace leggere,
si trova nelle edicole
di ogni paese.
Il giornale è un insieme di pagine,
che scrivono i giornalisti
per farle avere a noi
ed aprirci la mente.
Sofia Maestri
LA TELEVISIONE
ROMA... SCUOLA MUSICAFESTIVAL
La lettera è un ritrovarsi
tra amici cari e parenti,
per potersi ridire: ciao!
IL CELLULARE
Beatrice Zanella
C’è un oggetto, il cellulare,
che tutti i ragazzi fa sbavare,
è tondo, quadrato, piccolo e grande,
insomma per i ragazzi è speciale.
Con esso si parla del futuro
e del passato rimane solo un gran buio.
Oggi i ragazzi perdono
ore e ore con quell’oggetto,
che per loro ha un gran valore.
La televisione
è un vero tormentone
Marcello Pirani
con la pubblicità
ride tutta la città.
A colori o non colori
guardiamo sempre degli orrori.
Erica Sovrani
56
Giovedì 3 Maggio è una data che rimarrà sempre impressa nella mia mente.
Ora la ricordo, a distanza di pochi giorni, come una giornata bellissima. E’ stato il giorno della partenza per Roma.
Era mattino presto, circa le sei e un
quarto ed eravamo tutti esaltati perché
avremmo passato insieme i tre giorni
successivi.
Eravamo 21 ragazzi tra 3°E e 3°F, selezionati dal professor Boldrini perché il
viaggio è avvenuto in occasione dello
spettacolo “Scuola Musicafestival” che
si sarebbe tenuto la sera di sabato 5
Maggio al “Gran teatro” di Roma.
Ma andiamo con calma. Siamo sul pullman, noi 21 ragazzi e i tre professori
accompagnatori: Patrizia Fidora, Paola
Trevisani e naturalmente Renzo Boldrini; purtroppo era assente un nostro compagno, Federico Bortolotti, per problemi di salute. Ci è dispiaciuto molto per
lui, ma lo abbiamo sentito spesso per
telefono. Il viaggio in pullman è stato
lungo e stancante ma molto divertente;
era caldo perché il tempo (per fortuna!)
è stato a nostro favore quasi sempre.
Siamo arrivati, dopo varie soste, nella
fantastica città di Roma all’una e mezza
e abbiamo raggiunto la zia di una nostra
compagna, che ci ha fatto da guida, a
piazza San Pietro. Nel corso del pomeriggio abbiamo visitato i Musei vaticani, la Cappella Sistina e S. Pietro. Alle
17 circa l’autobus ci ha portati all’hotel
dove avremmo alloggiato i giorni seguenti e ci siamo divisi nelle rispettive
camere per disfare le valigie, lavarci e
prepararci per la cena.
Io ero in camera con Giulia Valenzano
ed è stato molto divertente stare con lei.
Dopo aver sistemato tutto, siamo scesi
per la cena all’hotel. Eravamo al 3° piano e, per scendere, spesso dovevamo
aspettare per parecchio tempo l’ascensore perché non eravamo i soli ragazzi
all’hotel.
Dopo cena siamo tornati tutti in camera
e io e Giulia siamo andate nella camera
di Jessica ed Elena, con Chiara e Federica. La sera stavamo sempre insieme
noi sei e guardavamo la TV, parlavamo,
ridevamo e telefonavamo agli amici a
casa raccontando loro tutto quello che ci
stava accadendo. Verso le 10 e mezza11 siamo tornate ognuna nelle proprie
camere ma io e Giulia abbiamo continuato a parlare e soprattutto a ridere, e
così è accaduto anche le sere seguenti.
Il giorno dopo, venerdì 4 maggio, quando ci siamo svegliate ci aspettava una
brutta sorpresa: fuori diluviava e noi
dovevamo visitare la città, almeno in
parte. Questo purtroppo non è stato possibile anche a causa del traffico, quindi
la mattina l’abbiamo trascorsa in gran
parte in pullman, sotto la pioggia. Verso
le 11 siamo arrivati al Gran Teatro dove
ci aspettavano per le prove della giornata. Non dimenticherò mai il momento in
cui sono entrata al teatro: era immenso
e sul palco una scuola di Lecco suonava
un pezzo che ci fece emozionare tutti.
Ero felice ed eccitata all’idea di suonare
in un posto così grande e presto ne ebbi
la possibilità. Tutto il pomeriggio lo
passammo ad ascoltare le altre scuole e
a provare i nostri pezzi per il
“Concertone finale”. Suonavamo
“Amarcord”, “C’era una volta il West”
e “La vita è bella”, tutte colonne sonore
che avevamo provato e riprovato durante le lezioni di scuola nell’aula di musica, assieme ai nostri compagni. Ma lì
era ben diverso: eravamo 400 ragazzi
provenienti da tutte le scuole d’Italia e
gli strumenti erano tantissimi.
Il giorno dopo le prove sono continuate
e sono state ancora più intense. A pranzo mangiavamo nei camerini del teatro
con panini e bibite che ci fornivano loro.
13
La giornata di Sabato è stata molto faticosa, ma ne è valsa la pena perché il
concerto, la sera, è stato fantastico.
Noi abbiamo suonato per ultimi e ci
hanno chiesto il bis. La presentatrice era
Maria Teresa Ruta ed è intervenuto come ospite speciale della serata Pino Insegno.
Tutti 400 indossavano le magliette di
Scuola Musicafestival e dei cappellini
arancioni. E’ stato molto bello, un’esperienza indimenticabile. Quando siamo
tornati all’hotel era circa mezzanotte e
in pullman abbiamo fatto “dannare” l’autista cantando cori da stadio perché
eravamo troppo felici della serata passata.
La domenica è stata una giornata
“libera”, nel senso che abbiamo potuto
visitare Roma. Dopo aver liberato le
stanze e fatto le valigie, siamo andati
alla Fontana di Trevi, al Colosseo, al
ponte dei lucchetti del film “Ho voglia
di te” con Scamarcio, e nelle vie più
belle e movimentate di Roma. Qui abbiamo incontrato il direttore del grande
concerto della sera prima: Paolo de Lorenzi e abbiamo fatto le foto insieme a
lui, che ci ha fatto gli autografi. Quando
a mezzogiorno siamo andati a mangiare
ha iniziato a piovere e allora siamo corsi al pullman e, saliti, abbiamo salutato
Roma e tutte le belle esperienze passate
in questa meravigliosa città. Siamo arrivati nel piazzale della scuola la sera di
Domenica 6 Maggio alle 8 e mezza circa.
Questa esperienza la ricorderò come la
più bella gita scolastica che io abbia
mai fatto; e tra foto, cartoline, regali e
altri ricordi è scesa una lacrima che stava a significare la paura di non rivivere
mai più un momento così bello con i
miei amici delle medie… Grazie!
Rita Belletti
ROMA… SCUOLA MUSICAFESTIVAL
Giovedì 3 maggio noi alunni delle classi
terze siamo andati a Roma, per partecipare alla settima edizione del progetto
Scuola Musicafestival. Ci siamo ritrovati alle ore sei davanti alla scuola media di Voghiera, dopo sei ore di viaggio,
anche abbastanza noiose, siamo arrivati
a Roma, dove abbiamo pranzato. Nel
pomeriggio abbiamo visitato San Pietro
e i Musei Vaticani: ci ha fatto da guida
la cugina della nostra compagna Chiara.
Trovarci in mezzo alla piazza di San
Pietro ci ha fatto un effetto molto strano, perché vederla in televisione si presenta in modo diverso. Nei musei vaticani, ci è parso di provare un’insolita
sensazione; abbiamo visto anche stanze
con le pareti tutte dipinte, tra cui c’erano anche famosi dipinti di Raffaello e
altri famosi pittori. Nel tardo pomeriggio, ci siamo sistemati in albergo, dove
abbiamo poi cenato. Il giorno quattro la
sveglia è suonata alle sette e trenta, dopo aver fatto colazione siamo saliti sul
pullman che ci doveva portare al Gran
teatro per le prove, ma prima l’autista ci
ha portato a fare un giro per la città e ci
siamo fermati anche a ponte Milvio dove ci sono i famosi “lucchetti”.
Alle ore dodici ci siamo radunati al
Gran Teatro, che era grandissimo e conteneva più di cinquemila posti; non solo
la platea era enorme, ma anche il palco
non era da meno. Insieme agli altri “
rappresentanti” delle regioni italiane,
dopo la pausa pranzo, abbiamo provato
i nostri brani diretti dal direttore Paolo
De Lorenzi. Alle ore diciannove siamo
rientrati in albergo per la cena. Il giorno
cinque maggio dopo la colazione in albergo, ci siamo radunati al Gran Teatro
per le prove del concertone serale. Durante le prove pomeridiane, i responsabili avevano organizzato una specie di
lotteria: venivano estratti i nomi di alcune scuole a cui sarebbero andati i rispettivi premi sorteggiati (strumenti
musicali, amplificatori, microfoni
ecc…). Dopo l’estrazione è arrivata
quella che sarebbe stata la presentatrice:
Maria Teresa Ruta (è la settima volta
consecutiva che presenta questa manifestazione). L’emozione era fortissima e
tutti i nostri compagni parlavano di come si sarebbe svolta la serata, alcuni
provavano i pezzi e altri cercavano di
ingannare il tempo e di scaricare la tensione. Alle ore 20 è iniziato lo spettacolo, tutti eravamo molto agitati, ma per
fortuna eravamo gli ultimi perché prima
dell’esibizione alcune scuole si esibivano singolarmente. Arrivato il nostro
momento ci siamo recati sul palco con
ordine; quando eravamo già tutti seduti
ognuno al proprio posto è arrivato l’ospite d’onore… Pino Insegno, che du-
rante la sua apparizione ha intervistato
cinque ragazzi che partecipavano allo
spettacolo. Come ospiti d’onore oltre a
Pino Insegno, avrebbero dovuto esserci
gli autori dei nostri brani: Ennio Morricone e Nicola Piovani. Dopo il discorso
fatto da un attore che commentava alcuni spezzoni dei film, abbiamo incominciato a suonare i nostri brani. Appena
finito di suonare il pubblico ci ha acclamato con un forte applauso e subito dopo ci ha chiesto il bis. Finalmente dopo
avere concluso la serata, molto stanchi
ma molto contenti dei risultati, siamo
ritornati in albergo e ci siamo riposati
per il giorno dopo, che sarebbe stato
l’ultimo della nostra permanenza a Roma. La mattina dopo siamo andati a
piazza del Popolo e poi a vedere la
Fontana di Trevi, il Parlamento e Palazzo Chigi. Dopo la visita alla fontana di
Trevi siamo andati a comprare qualche
souvenirs, poi siamo andati a pranzare.
Una volta usciti dal ristorante ha iniziato a piovere, così siamo corsi al pullman
e siamo partiti per il viaggio di ritorno a
Voghiera, che al contrario dell’andata, è
stato molto divertente.
Alexa Ghedini
Elena Locatalli
RICORDI
Ombra del passato
tenera sussurri
dolci note del silenzio.
LIBERTÀ
Sono stesa su un prato
il cielo è pieno di stelle
una siepe
ostacola il mio sguardo.
Sento voci di persone
mi giunge odore di rugiada
e profumo di rose.
Sono sola
mi sento libera
corro all’aperto.
Mi sento triste
ma anche felice.
RICORDI
Sono in una stanza buia
sola
sono triste
penso a quando ero piccola
ed ero felice.
Marta Scanavini
Le lacrime scendono
vorrei tornare alla felicità di un tempo
ma non posso.
Terrò i ricordi dentro il mio cuore
per non dimenticarli mai.
Jessica Marini
Giada Vassalli
IL MILITARE
Sono un ragazzo giovane,
il mio lavoro è il militare;
ora sono pronto e
in guerra devo andare,
ma spero di non mai sparare.
AUSCHWITZ
In gran parte del mondo
non regna la pace
e a gran parte dei bambini
è una cosa che non piace.
Qui
ad Auschitz
c’è tanto dolore
tanti bambini
tanti adulti
un silenzio…
Non riuscirò a portare la felicità
e pace in tutto il mondo;
ma io ce la metterò tutta
e arriverò fino in fondo.
Manuele Mimosa
Nicolas Mantovani
14
55
CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI”
L’AMICIZIA
L’amicizia è una vita di giochi
L’amicizia è confidarsi con le amiche
L’amicizia è essere sempre nei cuori altrui
L’amicizia è l’amore che provi per le persone
L’amicizia è tutto a patto sia un pensiero positivo.
Giulia Righetti
A UNA PERSONA SEMPLICE
(Giorgio Perlasca)
GRAZIE!
a un padre
che non è stato solo un padre.
GRAZIE!
a un Giusto
che ha aiutato
con determinazione
migliaia di persone.
GRAZIE!
a un uomo
la cui storia è così incredibile
da non sembrare reale.
Giovedì 10 maggio 2007, noi musicisti
della Scuola media di Voghiera abbiamo partecipato al concorso “A. Zangarelli” di Città di Castello.
Siamo partiti con il pullman alle ore
6:30 del mattino dal piazzale della scuola, accompagnati dai professori di musica: Urbinati Massimiliano, Urbinati Domenico e Rosini Paolo più la prof. Varriale. C’era anche un pullman con i genitori.
Abbiamo caricato i nostri strumenti e
siamo partiti. Il viaggio è stato lungo e
per passarci il tempo abbiamo ascoltato
la musica e abbiamo parlato.
Eravamo tutti molto emozionati.
Siamo arrivati in perfetto orario e appena entrati nella scuola ci hanno divisi in
gruppi in base allo strumento.
Anche quest’anno c’erano ragazzi che
provenivano da tutta Italia.
Dopo un po’ di tempo ci hanno chiamato per esibirci come solisti; siamo entrati in una stanza dove c’erano quattro
giudici. Il primo a suonare della nostra
categoria è stato Potti, poi Mohammed,
dopo la Sabri, la Cate, io, Nicholas e
Francesco.
Quando mi hanno chiamato, mi hanno
fatto accomodare su una sedia; davanti
a me avevo un leggio e un poggia piede,
intorno a me c’erano i genitori; appena
me la sono sentita ho cominciato a suonare.
Finito di esibirmi sono andata nel giardino della scuola dove c’erano tutti i
miei compagni. Abbiamo mangiato insieme e fatto una partita a carte.
Dopo un po’ i prof. ci hanno chiamato e
ci siamo divisi ancora. io, Sabrina e Caterina siamo andate a fare le prove per il
gruppo d’insieme, perché in quella cate-
goria ci dovevamo ancora esibire.
Finalmente alle ore 16:00 siamo state
ascoltate dalla giuria. Ci siamo esibite
in due pezzi e abbiamo suonato molto
bene.
Era già pomeriggio inoltrato e tutte le
categorie dei vari strumenti avevano
finito. Era il momento delle premiazioni, siamo ritornati nel giardino che si
stava riempiendo di persone. I giudici
hanno elencato i vincitori delle varie
categorie.
Anche quest’anno noi ragazzi della
scuola media di Voghiera ci siamo classificati molto bene e dopo la cerimonia
abbiamo festeggiato e successivamente
siamo saliti in pullman e siamo ripartiti.
Il 10 maggio ’07 sono partita per Città
di Castello con i miei compagni di strumento per partecipare ad un concorso
musicale.
Ci siamo trovati alle 6.30 nel piazzale
della scuola, alle 6.45 siamo partiti.
Il viaggio è stato molto divertente.
Alle 10.30 siamo arrivati a Città di Castello e subito siamo entrati nell’aula
per esibirci davanti alla commissione:
io ero molto emozionata ed ho pensato
che non mi sarei classificata perché ave-
vo sbagliato.
Io ho suonato due pezzi che avevo in
precedenza studiato.
Alle 11.30 circa la nostra categoria aveva finito perciò siamo scesi al piano terra per il pezzo d’insieme.
I miei compagni si sono esibiti al meglio e quando hanno finito di suonare
abbiamo mangiato.
Al pomeriggio io e la mia compagna
siamo andate a sentire i gruppi d’insieme e abbiamo “girato” per la scuola.
Alle 19.00 le commissioni hanno effettuato le premiazioni: eravamo tutti molto emozionati ed io quando ho sentito
pronunciare il mio nome mi sono molto
agitata.
Finite la premiazione verso le 20.00 siamo saliti in pullman e siamo ritornati a
Voghiera.
E’ stata una bella esperienza e mi sono
anche molto divertita.
Ludovica Ganzaroli
Giulia Brini
UN AMICO
“Chi trova un amico
trova un tesoro”,
può essere senza ricchezza,
ma con tanta dolcezza.
Un amico di gioco
non è poco;
un’amicizia lunga sarà
con un po’ di impegno si manterrà.
AMICO
Amico…
che cos’è un amico?
un amico è l’altra tua metà.
È un frammento del tuo cuore.
È chi ti ascolta
e ti capisce.
Aspetta…
forse tu non sei un amico.
Ilaria Gallerani
Alessia Ferrari
54
15
Sara Pacella
CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI”
LA PRIMAVERA
In primavera volano gli aquiloni
E nel cielo non ci sono nuvoloni;
qualcuno è addormentato,
ma il sole l’ha svegliato.
Là nel prato giocano i bambini
dove nascono i fiorellini;
un grande campo di margherite,
rose e viole tutte unite
per formare la compagnia
di un’allegra prateria.
La primavera è un fiore,
tutto pieno di colore
e si gioca a tutte le ore.
C’è chi ride ed è contento
la primavera
Il 10 maggio, noi ragazzi della scuola
media di Voghiera, siamo andati a Città
di Castello per partecipare al concorso
musicale che si svolge abitualmente ogni anno.
Siamo partiti la mattina presto con i nostri insegnanti e anche genitori e il viaggio è andato benissimo, non abbiamo
incontrato nessun “ostacolo” per la
strada a differenza degli anni scorsi e
siamo così arrivati molto prima del previsto.
La scuola in cui siamo andati è grandissima e anche molto accogliente; appena
entrati noi ragazzi ci siamo divisi per
strumenti e le chitarre hanno seguito il
prof Rosini, che ci ha diretto verso la
nostra sezione.
Avevo una forte agitazione e appena
arrivata ho iniziato a ripassare i miei
pezzi solistici che avrei suonato dopo
qualche minuto; vedo entrare i giudici
nell’aula e tre miei compagni li seguono
per iniziare a suonare. Io, nel frattempo,
continuo a ripassare mentre in me sale
sempre di più la paura; i tre miei amici
escono, e mi dicono che è andato tutto
bene. Cerco di tranquilizzarmi perché
sapevo bene i miei pezzi e agitarmi non
andava per niente bene; i giudici chiamano dentro altri tre dei miei amici, ma
fra quelli, io non ci sono, allora decido
di andare a prendere una boccata d’aria
e smettere di pensare un attimo ai brani
e alla paura.
Dopo 15 minuti circa escono e anche
loro mi dicono che è andato tutto bene.
Adesso tocca a me; entro, mi siedo e
penso ai miei pezzi mentre una mia amica suona: ok, ha finito, è il mio turno… inizio a suonare, ho il cuore a mille e mi tremano le mani, e suonare la
chitarra mentre ti tremano le mani, non
è un vantaggio.
Ad un certo punto mi sento più tranquilla e tutto va bene… ho finito e mi lascio
andare un lunghissimo sospiro; adesso
sono molto più rilassata e mi torno a
sedere aspettando che l’altro mio compagno suoni; appena finito i giudici,
gentilissimi e molto simpatici, ci ringraziano ed usciamo.
A questo punto, insieme ai miei genitori
e a due mie amiche, vado nel giardino
della scuola per pranzare e li incontro
delle mie amiche, di altre categorie, che
mi dicono che non hanno ancora suonato; dalle 12 alle 16 circa ci siamo tutti
rilassati perché poi, io e altre 5 mie
compagne, dovevamo andare a suonare
nella categoria d’insieme due pezzi
composti da cinque chitarre.
Il prof ci chiama e noi, molto meno agitate, ci dirigiamo per andare a suonare
nell’aula dove altri giudici ci aspettavano; subito entriamo e ci posizioniamo
16
per suonare, mentre il prof ci accorda le
chitarre; siamo tutte pronte e iniziamo a
suonare… finiti i pezzi il prof ci guarda
e ci sorride come se dicesse che siamo
state brave; in effetti siamo andate benissimo e siamo molto contente.
Subito dopo usciamo dall’aula e andiamo in giardino perché le premiazioni
stavano per iniziare; esse iniziano con le
categorie dei violini fino e che non
chiamano la categoria G3 cioè quelle di
musica d’insieme; tutte noi ci prendiamo per mano e… ci siamo classificate
prime con 98 punti su 100!!! Siamo
contentissime e molto fiere di noi stesse.
Subito dopo iniziano le categorie H3
cioè quelle solistiche; sono in piedi e ho
le dita incrociate, quando chiamano il
mio nome e dicono che mi sono classificata prima con 98 punto su 100!!! Sono contentissima perché così in alto non
c’ero mai arrivata!
Quando siamo in pullman tutti i professori ci fanno i complimenti e noi li contraccambiamo con un: “grazie di essere
stati così disponibili e pazienti!”
Mi sono divertita tanto quest’anno a
Città di Castello e sono sicura che questa meravigliosa esperienza non la dimenticherò mai!!!
Federica Scanavini
LA PRIMAVERA
La primavera riappare,
tutto si trasforma:
gli alberi diventano verdi,
i fiori cominciano a colorarsi;
c’è sempre quel bel venticello,
gli insetti inziano a ronzare
sopra i fiori,
prendono il polline,
lo portano all’alveare
e producono la pappa reale
Simone Battocchio
GLI UCCELLINI
Mi affaccio alla finestra
stupito
vedo molti uccellini
una sensazione di felicità
per il loro cinguettio.
Ogni uccellino è pronto per il pasto serale
mentre il vespro cala.
IL SOLE
Il sole
è una grande palla
rossa o arancione.
Invece quel bel sole
ci riscalda:
è una stella infuocata
che rende la vita bella:
Senza il sole saremmo tutti tristi,
invece il nostro sole
ci dà la forza di vivere.
Giacomo Sovrani
Antonio Stracuzzi
Elena Fioresi
53
VORREI…
CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI”
Vorrei poter cantare e ballare
Vorrei poter sognare per ricordare
Vorrei poter amare per sperare
Vorrei poter aiutare per rallegrare
Vorrei potermi innamorare per baciare
Vorrei pensieri sinceri
In modo che si esaudiscano i miei desideri
Giulia Ardondi
VORREI
Vorrei la vita eterna
vorrei un amore e una gioia infinita,
vorrei che non ci fossero guerre,
vivere una vita serena senza litigi.
Alle volte vorrei essere come un uccello,
sempre impaurito, ma a caccia della verità,
volare talmente in alto, da veder tutto il mondo.
Questa è la vita che vorrei.
Ivan Bucchi
VORREI ESSERE…
Vorrei essere una farfalla
per volare libera nel cielo.
Vorrei essere un delfino
Per tuffarmi nel mare
e nuotare fino a stancarmi.
I MIEI VORREI
Vorrei un mondo perfetto
Vorrei tutta la gente sotto un tetto
Vorrei essere una volpe
per correre in mezzo ai campi. Vorrei un mondo senza guerra
Vorrei la pace su tutta la terra
Vorrei un mondo incantato
Vorrei tanti amici
Vorrei un dolce canto fatato
per raccontare i miei
sogni felici.
Martina Benasciutti
DESIDERI
Caterina Cervellati
Vorrei volare nel cielo
come gli uccelli,
VORREI ESSERE UNA FARFALLA
sentire come il vento
solleva verso l’alto.
Vorrei essere una farfalla
per volare sui fiori,
Vorrei essere una farfalla
per vedere il mondo.
volare di fiore in fiore
ed essere tutta colorata,
Vorrei essere una farfalla
vivere nel prato,
per volare dove c’è la guerra
essere sempre libera.
e portare la pace.
Vorrei essere il sole,
Vorrei essere una farfalla
brillare nel cielo
per portare il mangiare
il più forte possibile
ai bambini poveri.
per scaldare la terra.
Vorrei fare questo dono
per vivere bene nel mondo.
…sol, la, si, do, fa… pausa… la, si…
fa… fa… e ancora pausa… ero già sveglia da un po’ e continuavo a ripetermi
a memoria tutte le note dei pezzi,fino a
quando non ho visto la porta della mia
camera aprirsi e ho sentito la voce della
mamma che mi diceva: <<Buon giorno
Ieia! E’ ora di alzarsi!>> (“Ieia”è il mio
soprannome e la mamma e tutti gli amici che mi conoscono,da quando ero piccola,mi chiamano così!).
Avevo i vestiti già tutti pronti e perfettamente abbinati:maglietta rossa che si
abbinava con la cintura rossa brillantata,e i pantaloncini marroni abbinati con
le scarpe nuove (Converse, basse, marroni).
Sembravo arrabbiata con qualcuno, infatti la nonna mi chiedeva ogni due secondi cosa avessi fatto e io le rispondevo semplicemente: <<Niente, sono solo
un po’ agitata!>>.
Mi ha accompagnata il nonno che,oltre
a essere venuto per sentirmi,aveva come
scopo i prosciutti e i formaggi,che anche l’anno scorso aveva acquistato nello
stesso negozietto,poco distante dalla
scuola di Città di Castello!
Siamo partiti intorno alle 7:00,in pullman;alcuni erano un po’ “spenti”,forse
per la stanchezza e per l’agitazione,altri,come me, Rita, Chiara, Elisa,
Federica erano euforiche! Cantavamo
come “matte”. Tra Vasco, Zero Assoluto, Ligabue, Tiziano Ferro ed Evanescence è passata la prima parte del viaggio! Abbiamo fatto sosta in autogril per
sgranchirci un po’ e fare uno spuntino,
poi siamo ripartiti alla volta di Città di
Castello.
Quest’anno miracolosamente non è successo nessun imprevisto. La prof.ssa
Varriale, che ci ha accompagnato assieme ai tre professori di musica, diceva
che non era capitato niente perché c’era
lei. In effetti, aveva ragione, ha portato
fortuna! Per le 10.30 siamo arrivati a
destinazione.
L’autista ci ha aiutato a scaricare gli
strumenti e ogni professore ha chiamato
i suoi alunni. Rosini ha chiamato gli al-
lievi di chitarra, Urbinati Massimiliano
gli allievi di pianoforte e Urbinati Domenico (detto “Dommy”) gli allievi di
clarinetto. Ci siamo divisi e ogni gruppo
ha iniziato a provare in aule diverse. Io,
Chiara, Alessandro e Gabriele, prima di
suonare, abbiamo ascoltato le esibizioni
degli altri (Giulio, Nico, Manuele) e di
un ex alunno di clarinetto; devo dire che
sono stati tutti molto bravi! Poi abbiamo
fatto tutti una pausa pranzo, dopo la
quale alcuni papà hanno anche offerto il
gelato, che ci stava proprio , visto il caldo che faceva! Poi la classe di clarinetto, assieme alla prof.ssa Varriale, è andata in visita alla città. Dopo aver percorso un lungo viale alberato, siamo arrivati in piazza. Questa era piena di palazzi bellissimi. Ci siamo fermati nel
solito bar e il professore ha offerto il
gelato a tutti, alcuni che lo avevano già
mangiato hanno fatto il bis (golosi!).Poi
siamo andati a visitare il palazzo civico
e il duomo della città, dove abbiamo
fatto anche delle foto seduti sulla scalinata. Al ritorno della visita, il quartetto
(formato da me, Chiara, Alessandro e
Gabriele) ha iniziato a provare. Ero agitatissima; stavo iniziando a sudare freddo. Poco dopo siamo entrati nella sala
delle torture! Ci siamo disposti come al
solito, cioè a ferro di cavallo. Incrociati
gli sguardi con Gabriele (il primo clarinetto che dava il via) siamo partiti …
sol, la, si, do, fa… pausa… la, si… e
ancora pausa… Alessandro non ha fatto
la nota che serviva a Gabriele, Chiara
non ha sentito Gabriele e si ferma, io
non ho sentito Chiara e… insomma siamo tutti fermi! I giudici ci rassicurano e
dicono di ricominciare come se non fosse successo nulla…. E allora via!! Ripartiamo con entusiasmo e riusciamo a
fare tutti e quattro i pezzi… ce l’abbiamo fatta! La tortura è finita e anche la
paura!
Appena uscita sono scoppiata a piangere… ero felice,dopo aver finito tutto e
dopo quell’ errore, ero contenta e piangevo! Che stupida!
Abbiamo smontato gli strumenti e, fi-
Magda Adinowska
Federica Volinia
52
17
nalmente, eravamo liberi! Intorno alle
19.00 hanno iniziato le premiazioni.
Tutti noi di terza aspettavamo la categoria “H3”… eccola... finalmente: “terzi,
con 85 punti su 100, dalla scuola media
di Voghiera-Portomaggiore secondaria
G. Falcone-P.Borsellino, il quartetto
formato da Guaraldi, Chiozzi, Bonora,
Batocchio.”
Tutti esultavamo e urlavamo per la
gioia; anche se non siamo arrivati primi
è come se lo fossimo! Dopo tanti sforzi
e fatiche avevamo vinto! Mi batteva il
cuore a 2000, ero felice!
Il ritorno è stato completamente diverso: urla, cori,risate,di tutto! Noi di terza
abbiamo pensato di scrivere una lettera
ai professori di musica…
Cari profe,
vogliamo ringraziarvi per questi tre meravigliosi anni passati insieme e per tutte le meravigliose esperienze ed emozioni che ci avete regalato… dal primo
istante che ci avete portato nel mondo
della musica, ci avete fatto sentire importanti e uniti nel momento del bisogno, nonostante le nostre diversità,
….sappiamo già ora che ci mancherete
tantissimo… siete i migliori… non vi
dimenticheremo mai!!
I ragazzi di terza
Dopo aver letto la lettera, c’e stato un
grande applauso. I professori erano contenti di quelle poche, ma significative
parole che gli avevamo dedicato. Le
meritavano come nessun altro.
Siamo arrivati a casa alle 23.30…. stanchi del viaggio ma contenti! Contenti di
noi!
E' stata una giornata a di poco stupenda
e indimenticabile, non ci sono parole
per descrivere quanto ho provato in quel
momento! Un grosso grazie ai professori di musica che ci hanno fatto vivere
così tante emozioni in tre anni. I tre anni più belli della mia vita!!
Valentina Guaraldi
CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI”
Me l’aveva detto il prof. Rosini, era stato molto chiaro fin dall’inizio dell’anno
scolastico: solo con impegno costante
avrei ottenuto quella tranquillità e preparazione per poter eseguire i miei brani
davanti alla commissione senza commettere nessun errore, per poter vincere
la borsa di studio.
Comunque anche quest’anno sono arrivato primo, ed è il terzo anno consecutivo che raggiungo questo risultato.
Ma ora partiamo dall’inizio.
L’appuntamento, come tutte le volte
precedenti, era alle 6,30 davanti alla
scuola.
IL pullman è stato puntuale; al seguito
avevamo un’altro pullman di genitori ed
ex alunni e due macchine di genitori tra
le quali mio padre e mia madre, che anche quest’anno non si volevano perdere
questa occasione.
Finalmente abbiamo raggiunto Città di
Castello senza nessun incidente.
Noi chitarristi, capitanati dal Prof. Rosini, abbiamo eseguito il rito antisfortuna
con le fatidiche parole “ bip... bip...
bip...” (è meglio se non le scrivo); dopodiché ci siamo addentrati nella scuola
labirinto alla ricerca dei nostri orari per
le esecuzioni dei brani.
Io dovevo suonare alle ore 12, ero il terzo del mio gruppo. Per fortuna suonavo
presto così non ho accumulato molta
tensione che mi avrebbe agitato ancora
di più.
Ci siamo riscaldati le dita per un po’ e
poi l’ora fatidica è arrivata.
Sono entrato accompagnato solo dal
prof., Tosatti e mia madre; non ho voluto nessun altro spettatore.
Dopo aver accordato la chitarra, la commissione composta da tre professori di
musica, mi ha dato il permesso di iniziare.
Io avevo due brani molto lunghi e di
difficile esecuzione: il primo l’ho fatto
perfettamente, sul secondo la tensione è
aumentata e ho fatto un paio di imperfezioni che mi hanno impedito di raggiungere il primo assoluto.
Comunque sono stato soddisfatto del
risultato perché rispetto agli anni scorsi
sono arrivato più preparato.
Dopo avere fatto la pausa pranzo, gelato
compreso, nel giardino della scuola, insieme ai miei compagni e genitori, abbiamo ripreso le prove per i pezzi d’insieme che erano previsti per le ore 16.
Il gruppo era composto da: Ardondi,
Morelli, Tosatti ed io. Purtroppo mancava Bortolotti che doveva fare una parte importante nei nostri pezzi musicali,
e questo ci ha sicuramente penalizzati,
infatti siamo arrivati secondi.
Qui rispetto ai pezzi solistici ero meno
teso, forse suonare in compagnia mi ha
fatto sentire più sicuro.
L’ora delle premiazioni è arrivata velocemente, le nostre aspettative erano
molto alte, purtroppo qualcuno è rimasto deluso.
Io sono stato comunque molto contento
sia dei risultati che della giornata trascorsa.
Dopo le premiazioni abbiamo ripreso
velocemente il pullman per il viaggio di
ritorno.
Sapevamo che l’orario d’arrivo sarebbe
stato verso mezzanotte e il giorno dopo
ci sarebbe stata scuola, perciò non abbiamo perso tempo e siamo partiti, fermandoci solo una volta per una breve
cena.
Il 18 maggio 2006 io e gli altri alunni
delle classi prime, seconde, terze abbiamo partecipato al concorso musicale di
Città di Castello. Ci siamo trovati tutti
alle sei e trenta davanti al piazzale della
scuola, qui ci aspettavano due grandissimi pullman: il più grande, per gli alunni, era a due piani, quello normale per i
genitori.
Io ero accompagnata dal mio papà. Con
noi c’erano anche alcuni insegnanti: la
professoressa Trevisani, la professoressa Malacarne, il professore Bellettini, e
naturalmente non potevano mancare i
nostri stimati professori di musica che
ci insegnano a suonare il pianoforte, la
chitarra, il clarinetto e il violino: il professore Urbinati Massimiliano, il professore Urbinati Domenico, il professor Rosini e il professore Mantovani.
Quando il pullman partì tutti gridammo,
eravamo molto eccitati, io poi non avevo mai visto dei giudici prima di quel
momento.
Durante il viaggio ci divertimmo un
mondo a parlare, a raccontare barzellet-
te e storie di paura ogni volta che passavamo sotto le gallerie.
Erano già trascorse quattro ore di viaggio quando sulla strada più avanti di noi
un camion ribaltato ci bloccò per più di
due ore, per di più in curva e in tratto
con una forte pendenza. Io ero addirittura terrorizzata perché pensavo che fosse
accaduto qualcosa al pullman, come ad
esempio una ruota bucata, o rimasti a
“secco”. Nel frattempo abbiamo trovato
un cucciolino di cane non di razza, di
colore panna e più impaurito di noi.
Quando finalmente ripartimmo eravamo
ancora più ansiosi perché ci avvicinavamo sempre più alla nostra meta. Arrivati mi sono resa conto che oltre alla mia
scuola ce n’erano almeno altre otto in
gara. Mi sono tranquillizzata un po’ durante il pranzo, ma poi… .
Alle quattro e mezzo venne il mio turno
per suonare da solista. Quando finii il
pezzo andai fuori dall’aula per
“prendere un po’ d’aria”, mi sembrava
di non riuscire a respirare tanto avevo il
cuore in gola!
Nel frattempo incontrai un mio compagno di classe che mi disse che era andato tutto bene. Intanto toccava di nuovo a
me: dovevo suonare a sei mani con Giulia e Caterina.
Alle cinque circa ci diedero i risultati.
Da solista ero arrivata quarta e per il
pezzo a sei mani ero arrivata seconda
insieme alle mie amiche con le quali ho
festeggiato anche sul pullman mentre
ritornavamo a casa.
Arrivata a casa non pensavo più a niente, sono saltata sotto le coperte e ho dormito fino a mezzogiorno del giorno dopo.
Qualche settimana dopo siamo andati
alla Sala Estense di Ferrara dove il nostro trio è stato premiato con una targa
che adesso fa bella mostra nell’atrio
della scuola, e tutte le volte che passo di
lì mi soffermo per guardarla perché ancora adesso mi dà un tremito ricordare
il bellissimo concorso di Città di Castello.
18
Andrea Bramuzzo
Alessia Bevilacqua
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LA CAMPAGNA
IL MIO STRUMENTO MUSICALE: LA CHITARRA
Il paesaggio è maestoso e ricco di colori
dove il verde prevale; le chiome degli
alberi squarciano il cielo. Tra le chiome
si ode il pigolìo di molti uccellini. Dietro si vede un canale con acqua limpida
che scorre lentamente. Il mio sguardo si
perde poi, in una enorme distesa di
campi coltivati dove le spighe ondeggiano, formando strani effetti, al venticello di primavera.
Nico Marzocchi
Dalla mia finestra vedo la campagna: in
primo piano c’e un enorme campo di
granoturco con spighe grandi di colore
verde che sembra un grande prato. Finito l’enorme campo di granoturco ci sono viti con foglie verde chiaro e verde
scuro che sembrano formare un muro
basso, ma resistente. In lontananza vedo
la strada e oltre a questa una casa recintata da un muretto con un piccolo giardino, un’altra casa si intravede tra gli
alberi che le stanno davanti.
Martina Piazzi
50
Io e la mia chitarra abbiamo
una lunga storia alle nostre
spalle. Tutto cominciò tre
anni fa quando alla scuola
Elementare ci venne chiesto
quale strumento avremmo
scelto e io risposi subito “la
chitarra”; per assegnarci gli
strumenti, dovevamo fare
prima una specie di esame
perché non si poteva accontentare tutti. Alla fine, fortunatamente, mi fu assegnata
la chitarra ed io ero molto
contento.
In seguito, con l’entrata nella
Scuola media, passai dal desiderio di suonare la chitarra
alla pratica dello strumento.
Alla mia prima lezione di
chitarra, ero molto teso, ma
non vedevo l’ora di suonare
lo strumento e nei miei pensieri mi immaginavo già di
suonare la chitarra a tutto
volume sul palco, anche se
era un po’ azzardato.
Col passare del tempo io e la
mia chitarra siamo maturati,
passando dall’imparare le
note, a pezzi facili e infine a
pezzi difficili. La prima volta che ho suonato davanti ad
un pubblico fu al mio primo
saggio di Natale, durante il
quale ero un po’ preoccupato, perché il mio pezzo non
era perfetto e, a volte, lo sbagliavo; il mio timore più
grande era quello di sbagliare davanti al pubblico, fermarmi e fare una brutta figura. Quando, però, mi misi a
suonare, la paura che avevo
passò e mi tranquillizzai; alla fine, suonai bene e fu una
bella esperienza.
Dopo cinque mesi, arrivai a
Città di Castello, io avevo un
po’ di paura, perché era una
esperienza nuova e non potevo sapere come sarebbe andata. Ma, in fondo, sapevo
Ciao a tutti, mi presento sono Ilaria Piazzi e frequento
la 1^F della scuola “Falcone
– Borsellino” di Voghiera,
che è una scuola ad indirizzo
musicale, qui insieme a quattro professori di musica impariamo a suonare: la chitarra, il clarinetto, il pianoforte
e il violino. Io suono, o almeno ci provo, la chitarra.
Questo strumento mi piace
perché riesco pian piano a
suonarlo e il professore mi
dà dei pezzi molto belli e
non tanto difficili. Il professor Rosini dice che ho delle
ottime qualità che però non
sfrutto o, al massimo, solo
quando mi va.
A me piace molto suonare e
anche provare i pezzi di mia
sorella Martina che suona il
clarinetto. Io non sono potuta andare a Città di Castello,
dove ogni anno si svolgono
dei campionati tra le varie
che dovevo stare tranquillo
perché,nell’arco di tempo
che andava dal saggio al
concorso, io ero maturato
dentro e in più i pezzi li sapevo, ma la paura era tanta
lo stesso. Alla fine, quando
suonai, andò tutto bene e in
più arrivai 1° con novantasei
punti su cento, e la felicità
era tanta.
Da quel momento in poi, io
suonai in altri saggi e andai
ancora a Città di Castello,
senza nessun problema o
preoccupazione.
Arrivò l’ultimo anno, la terza media, l’anno in cui ho
avuto più emozioni, oltre al
saggio ho suonato anche alla
manifestazione dell’ Utef, a
Portomaggiore, e qualche
mese prima
al concorso
“Agostini” e infine mi sono
messo a studiare “Canarios”,
il mio ultimo pezzo. Visto
che sapevo che era molto
difficile , ho finito di studiarlo la sera alle 23,30 prima
del concorso di Città di Castello, perché, se volevo
puntare in alto, dovevo impegnarmi fino all’ultimo. La
mattina successiva, siamo
partiti per Città di Castello,
alle 11,05 ho suonato ed è
andato tutto liscio, alla fine,
sono arrivato 1°, con novantotto punti su cento e,per un
soffio, non portavo a casa il
premio assoluto, ma va bene
così.
Questo è tutto ciò che mi è
accaduto fino ad ora grazie
alla chitarra, in futuro penso
che continuerò a suonare,
perché la musica mi dà delle
forti sensazioni che in tutta
la vita non ho mai provato e
mi fa sentire importante.
Massimiliano Tosatti
19
scuole d’Italia, però mi sarebbe piaciuto moltissimo,
perché mi sarei potuta confrontare con degli altri ragazzi che suonano il mio
stesso strumento.
Alla mia chitarra, che ho
chiamato “Camilla”, ho
cambiato le corde da poco e
quindi fa dei suoni un po’
stonati. Il mio profe è simpaticissimo e mi fa ridere moltissimo, ma ogni tanto le lezioni sono un po’ noiose ugualmente; in questo periodo
mi ha un po’ trascurata, perché doveva seguire chi andava a Città di Castello, ma ora
che ci avviciniamo ai saggi
di fine anno mi aiuterà più
degli altri. Spero così di fare
una bella figura durante questo ultimo appuntamento con
tutti i genitori e i professori.
Ilaria Piazzi
IL MIO STRUMENTO MUSICALE: IL PIANOFORTE
Il pianoforte è uno strumento musicale
bellissimo, che ho potuto imparare a
conoscere in questi tre anni di scuole
media. Fin dalla prima ho instaurato un
rapporto speciale col professor Urbinati
Massimiliano e da subito ci siamo intesi
“alla grande”. Nel corso degli anni sono
cresciuto fisicamente, ma soprattutto
emotivamente grazie ai tanti concorsi a
cui ho partecipato. In seconda è scattata
una scintilla e mi sono innamorato del
pianoforte. Ho ricevuto tanti riconoscimenti e attestati nei concorsi di “Città di
Castello” e “Il Verginese”, dove ho suonato “L’Antica Canzone Napoletana” di
Petr Il’ič Ciajkovskij e la “Sonatina n°
2” di Beethoween .
Al ritorno a scuola, dopo le vacanze estive, non so perché il pianoforte non mi
dava più emozioni, quando suonavo ero
svogliato, a casa studiavo poco gli esercizi, non ero più io. Così è intervenuto il
professore che mi ha sgridato duramente, a tal punto da farmi piangere. Durante il mese di ottobre, non facevo altro
che dire a me stesso “Io mollo!” . Ogni
volta che c’era la lezione settimanale di
pianoforte cercavo delle scuse, perché
non studiavo, allora ci fu un’altra sgridata che fu quella decisiva, che mi fece
precipitare in un momento di crisi profonda. Il brano che dovevo studiare e
che avevo scelto io, era assai difficile :
“Forrest Gump” di Alan Silvestri, colonna sonora del film omonimo, interpretato da Tom Hanks.
Eravamo sotto Natale e il professore mi
diede un brano a quattro mani da suonare con Giada: “Là ci darem la mano” di
Beethoween. Col passare dei giorni uno
spiraglio si è aperto dentro di me; durante la lezione, studiando assieme al
professore, mi sentivo felice, libero da
ogni preoccupazione, mi sentivo leggero come una piuma, ero rinato.
Al saggio natalizio io e Giada abbiamo
suonato benissimo, con leggerezza e
determinazione allo stesso tempo. Durante le vacanze natalizie mi sono dato
da fare duramente per recuperare; stavo
ore e ore in camera a studiare continuamente: storia, geografia, matematica…
ma soprattutto pianoforte. Alla notte
dormivo poco, di giorno andavo avanti
a caffè, mi sentivo fiacco.
Il ritorno a scuola è stato un elisir perché di stare a casa ne avevo fin sopra i
capelli e avevo voglia di rivedere i miei
amici e il prof. Urbinati.
Le lezioni della mattina passavano veloci e veniva subito pomeriggio che passavo in classe a studiare con determinazione la prima parte del brano composto
da due pagine. Il professore era contento dei risultati ottenuti, però era questo
il momento in cui dovevo avere più fiducia in me stesso. La seconda parte del
brano, composta anche quella da due
pagine, ( per un totale di quattro) era la
più importante, ma anche la più difficile
ed impegnativa. I mesi da febbraio ad
aprile sono stati difficili ed intensi ma il
mio sforzo ha dato i suoi frutti, con la
partecipazione al concorso” Ludovico
Agostini “, svoltosi al Teatro Concordia
a Portomaggiore. La depressione di inizio anno si è tramutata in una passione
per il pianoforte ancora più intensa, che
mi ha dato la forza e la tenacia di continuare a provare e riprovare all’infinito
DALLA MIA FINESTRA VEDO
in vista del concorso di Città di Castello
che mi ha dato l’opportunità di dimostrare a me stesso e agli altri ciò che avevo imparato.
Giovedì 10 Maggio, una volta arrivati a
Città di Castello presso la scuola “Dante
Alighieri“ abbiamo preso d’assalto le
aule di pianoforte per provare, mentre la
tensione saliva a dismisura.
Ormai era il mio turno: vado a presentare alla giuria il brano, mi siedo al pianoforte: il brano d’obbligo lo suono perfettamente, con qualche imperfezione,
poi è il turno dell’altro brano, che molti
dei miei compagni sono venuti ad ascoltare:… l’inizio è dolce e calmo,…. nessun errore… sto pensando già alla seconda parte, però è meglio non distrarsi…, va tutto bene… devo stare calmo….oh no ho fatto un errore, ma non
importa… manca poco… ce la posso
fare… sì, sì ce l’ho fatta! Tutti applaudono e mi fanno i complimenti, sono al
settimo cielo!
Ho provato soddisfazione e molta stima
di me stesso, non stavo né in cielo né in
terra, ero super contento del mio risultato.
Questo è stato il momento più bello di
tutto il mio percorso di studi alle medie.
Ho scelto di continuare a suonare anche
il prossimo anno, quando frequenterò le
scuole superiori, perché dà tante soddisfazione a me e ai miei genitori e poi
per un mio interesse personale per il
mondo della musica.
Dalla finestra della mia stanza vedo una
casa con un grande giardino pieno di
giochi. In lontananza un grande campo
arato che sembra un deserto. Oltre questo campo si intravedono due case che
sembrano due oasi perché sono pieni di
alberi, di fianco una strada che sembra
un fiume di catrame perché è nera e lucente.
Alessio Veronesi
IL MIO CORTILE
Attorno alla mia casa c’e il cortile, sul
davanti c’e un prato con dei fiori tra cui
una rosa molto bella, di color rosa sfumato con il bianco; un tavolino con sopra un cactus una fontanella e due grandi alberi, i più alti del cortile. Nel retro
del cortile c’è ghiaia bianca con ai lati
altri bellissimi fiori ed anche una pianta
rampicante che ha fatto fiori stupendi.
Più in là c’e un piccolo orto con varie
verdure comprese l’insalata riccia che
mi piace. Sempre nel retro, c’e un cami-
no di mattoni che hanno costruito mio
papà, mio zio e mio nonno, per cuocere
la carne ai ferri, peccato però che nonostante questo camino sia bello e grande,
venga usato poche volte. Il mio cortile è
molto bello soprattutto in questo periodo con i fiori e le piante che lo rendono
molto colorato.
Dario Ferraresi
Mattia Azzolini
IL MIO GIARDINO
Nel mio giardino ci sono molte piante:rose rosse e bianche molto profumate, alcuni alberi tra cui dei pini; l’erba
del prato, in questa stagione, è verde
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brillante. Più lontano, al confine c’è un
piccolo orto in cui la mamma coltiva
l’insalata. In lontananza si vede un campo di calcio contornato da alberi bassi e
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tondi che assomigliano a biglie allineate
una accanto all’altra.
Ilaria Galletti
IL MIO STRUMENTO MUSICALE: IL VIOLINO
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Sto frequentando questa scuola da tre
anni ed è da tre anni che suono il violino,è uno strumento molto complicato,
però me la cavo abbastanza bene.
Quando avevo cominciato a suonare mi
sembrava che producesse un brutto suono ma perché io ero inesperto; adesso
penso che sia uno strumento bellissimo,quando comincio a suonarlo non
smetterei mai, ma il tempo passa per
tutti.
La mia prima vera esperienza col violino è stata un paio di anni fa, a Voghenza, me lo ricordo come se fosse ieri, i
brani musicali che avevo suonato erono
due:”Le Buffon”e”La Carovana del Deserto”.
Con il Professore di violino Mantovani
Massimo mi trovo benissimo, è molto
simpatico e ci fa ridere, il professore è
gentile con tutti ed è bravissimo a suonare. Quando suoniamo insieme mi
sembra di essere in un’orchestra, quando suono provo una sensazione di calma
e felicità, ma quando sbaglio si ferma
tutto.
Un’ esperienza musicale particolarmente significativa è stata quella di fine anno scolastico 2005/06, quando abbiamo
suonato due bellissimi pezzi, “il Coro”
e “il Frammento della Barer cantada”;
pensavo di sbagliare, invece ho sbagliato solo alla fine una sola nota e nessuno
se n’è accorto, neanche il Professore, lo
sapevo solo io.
Quando sarà finita la scuola, continuerò
a suonare, il Professore mi ha parlato di
una piccola scuola a Voghenza, io voglio continuare perché mia nonna, mio
nonno e mia mamma dicono che sono
bravo.
L’unica cosa brutta del violino è che si
scorda, e io da solo non riesco ad accordarlo, una volta avevo provato, ma ho
rotto la corda. L’ultima lezione di violino è stata Mercoledì scorso, ho provato
a suonare il “Minuetto in la maggiore”
scritto da Mozart, è molto complicato,
ma l’ ho imparato, è veramente bellissimo.
Guardando il Professore ho imparato
una cosa nuova, a fare il vibrato, non è
tanto difficile, solo un pochino; il Professore dice di stare attenti ai segni di
ritornello o di pausa.
Quando qualche persona manca, noi ci
mettiamo a giocare a “sette nomi”: è
carino ma il Professore ne sa più di tutti.
Adesso mi sto esercitando su un pezzo
molto difficile, si tratta del “Minuetto in
sol” sempre di Mozart,che è molto complicato.
Come tutti i mercoledì vado a violino,
ma il primo mercoledì in cui avevo questo strumento per me è stato speciale,
perché ero ansioso di imparare a suonarlo.
Entrato alle 14.00, ho conosciuto il professore e i miei compagni che conoscevo già perché erano in classe con me
alle elementari. Quando abbiamo finito
di parlare il profe ha disegnato un magnifico violino sul pentagramma e abbiamo scritto le varie parti, poi ci ha insegnato le note e ci ha fatto provare a
suonare. Alla fine il professore ci ha
dato degli esercizi per imparare le note
e ce le ha scritte sul ponticello, poi siamo usciti.
Adesso ogni mercoledì vado a violino e
suono gli esercizi dati a casa e poi una
canzone; quando non suono faccio i
compiti e finiti, gioco. Il primo giugno
ci sarà il saggio di fine anno e io spero
di andare bene.
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Michael D’Arcangelo
Righi Enzo
CONCERTO DI FINE ANNO SCOLASTICO
Venerdì 1 giugno 2007 in teatro a Voghiera, si è tenuto il puntualissimo saggio di fine anno scolastico delle classi II
e III della scuola media.
L’inizio della manifestazione era previsto per le ore 18:00, mentre noi alunni
dovevamo recarci in teatro alle 17:45
per provare i nostri brani e preparare gli
strumenti. Detto, fatto !! all’ora stabilita, il parcheggio del teatro era già occupato da macchine e da ragazzi in ansia
di suonare e di dimostrare a tutti ciò che
avevano imparato durante l’anno.
Dopo che l’Augusta, la bidella della
scuola, ha aperto le porte, siamo entrati
accompagnati dai proff.: Urbinati Massimiliano (pianoforte), Urbinati Domenico Marcello (clarinetto), Mantovani
Massimo (violino), Rosini Paolo
(chitarra) e Boldrini Renzo (educazione
musicale). Successivamente abbiamo
preso posto, sotto l’occhio vigile di Augusta, nell’enorme teatro e abbiamo iniziato a prepararci per il concerto. Noi
allievi di chitarra siamo andati in bagno
per farci accordare gli strumenti dal nostro prof. (questo è un rito scaramantico
che facciamo ad ogni esibizione musicale); i ragazzi di violino si sono fatti
accordare lo strumento dal loro prof., in
un angolo del teatro; mentre quelli di
clarinetto e di pianoforte hanno iniziato
subito a provare.
In un batter d’occhio il teatro si è riempito di genitori, amici, parenti, professori delle materie mattutine e c’erano anche il sindaco di Voghiera, il preside
della scuola e il direttore del Conservatorio. Non poteva mancare il presentatore : Massimiliano Urbinati.
Il tema della serata era la musica d’insieme, infatti, tranne Gabriele Battocchio (clarinetto) e Caterina Ferrari
(pianoforte), che si sono cimentati in
pezzi solistici, tutti noi abbiamo suonato
in gruppo. Io dovevo suonare con le mie
amiche Ludovica Ganzaroli e Caterina
Cervellati, “Minuetto” e “Deutcher
Tanz”. I primi a salire sul palco sono
stati i due ragazzi solisti, seguiti dai clarinetti di III, dai violini sia di II che di
III e dalle chitarre di entrambe le classi.
Nonostante l’agitazione, abbiamo suonato davvero bene.
E’ arrivato, poi, il momento dei flauti
diretti dal prof. Boldrini: noi di II E e II
F abbiamo suonato “C’era un ragazzo”
accompagnati dal piano, dalla batteria e
dai clarinetti; quelli di III E e III F, sempre accompagnati da altri strumenti,
hanno suonato “Amarcord”, “C’era una
volta il West” e “La vita è bella”.
Il pubblico ha gradito molto entrambe le
esibizioni. In seguito ci sono stati altri
QUADRUPEDI CONTRO BIPEDI
due brani: “Coro” eseguito dagli alunni
di violino di III, dalle ragazze di chitarra di III e da alcuni allievi di pianoforte
di II; “Les Bouffons” eseguito con i
violini, i clarinetti, le chitarre e i pianoforti.
Il finale è stato all’insegna delle premiazioni dei vari concorsi. Per quanto riguarda quello di Città di Castello, il direttore del Conservatorio ha premiato i
ragazzi di III, il sindaco quelli di II e il
preside quelli di I, presenti tra il pubblico. Infine, sempre il preside Fugaroli,
ha omaggiato la classe più ecologica (II
E) e, per il concorso letterario “Una voce tante voce””, ha consegnato un diploma ad ogni classe. Alla fine di tutto
ciò era previsto un rinfresco offerto dal
periodico “La Voce di Voghiera”, a cui
erano invitati tutti i presenti.
E’ stato un concerto entusiasmante e
con un elevato livello musicale, che ha
permesso, anche ai non intenditori, di
capire quanto è meraviglioso e divertente suonare. Un ringraziamento speciale
va ai professori di strumento che hanno
insegnato a me e ai miei compagni un
nuovo modo di comunicare: LA MUSICA!!
L’elefante aveva come vicino
un gallo piccino , piccino;
era però un po’ rumoroso
e per l’elefante era fastidioso.
Un giorno l’elefante dal gallo andò
e gli disse << Stai attento perché chiudere il becco ti farò>>,
il gallo rispose << Tu la guerra vuoi,
è ora che ciascuno raduni gli amici suoi>>.
L’elefante ribattè << Sarà una guerra tra bipedi
e possenti quadrupedi>>.
Il gallo nel primo campo disse <<Noi siamo colti
mentre loro sono stolti, anche se molti>>.
Iniziò la battaglia, molti uccelli partirono alla carica,
per loro era una mossa tipica;
l’elefante capo venne accecato
e il suo esercito travolse spaventato.
Enrico Agostinetto
Sabrina Balboni
IL CERVO ALLA FONTE
IL LEONE E LA LEPRE
Un cervo che alla fonte si abbeverava,
le sue corna ramificate egli lodava
disprezzando invece le sue gambe gracili e storte,
perché non sapeva della sua triste sorte.
I cacciatori lo stavano inseguendo
e per i campi fuggì correndo,
quando nella selva arrivò
con le corna nei rami si impigliò.
Il cervo finalmente capì che ,ciò che disprezzava
valeva di più di ciò che lodava.
Gli uomini a volte non sanno capire
e cose che nella vita a loro posson servire.
Nella foresta viveva un leone
grande e mangione.
Ogni giorno in giro se ne andava
e gli animali attaccava.
Gli altri animali,
anche quelli con le ali
andaron dal leone
ad offrir la colazione
che avrebbe riempito il suo pancione.
Il patto ogni animale rispettò,
ma poi alla lepre il turno toccò.
In un lampo un’idea si fece venire
e gli disse:- Stammi a sentire!
Un altro leone mi ha detto che quando ti vedrà
subito dopo ti mangerà,
ma prima ti farà a pezzetti
che peseranno pochi etti.
La lepre, poi, al pozzo il leone portò
ed esso vedendo la sua immagine subito ci si buttò.
Marco Padovani
Nico Bisaggio
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GITA A POGGIBONSI
Io insieme alla mia classe e alle classi II
E, I F, I E, il giorno mercoledì 4 aprile
2007, siamo partiti per Poggibonsi, in
Toscana, alle ore 7:00. Ci hanno accompagnato i professori Urbinati, Varriale,
Trevisani, Rossi, Lunghini, Bellettini e
Malacarne.
Il viaggio è stato abbastanza lungo, ma
non mi sono annoiata più di tanto, perché ascoltavo la musica con Elena e ogni tanto parlavo con le altre amiche.
Prima di arrivare a Poggibonsi ci siamo
fermati a fare colazione in un autogrill
e, dopo un quarto d’ora, siamo ripartiti.
Arrivati alla nostra meta, ci siamo divisi
in due gruppi: classi IF e IE un percorso
e classi IIF e IIE un altro.
La nostra guida ci ha illustrato la parte
esterna della fortezza e in lontananza ho
visto la chiesa di Sant’Agnese.
Poi siamo andati in una stanza con allestimenti museali dedicati alla storia dell’architettura militare – rinascimentale.
Alcune immagini raffiguravano incendi
che servivano a recuperare il terreno
fertile; tra l’ ‘800 e il ‘900 c’erano tracce di “curtis”, una fattoria divisa in due
parti: dominica, appartenente al signore
e massaricia, appartenente ai lavoranti.
La guida, poi, ci ha spiegato che a quel
tempo, la gente moriva prima di aver
compiuto 40 anni a causa del lavoro e
delle malattie e veniva seppellita nel
cimitero alto – medievale.
Il giorno 4 aprile alle ore 6:45 tutti noi
alunni di 1E e F 2E e F ci siamo trovati
a scuola per il viaggio d’istruzione a
Poggibonsi. Siamo saliti su due pullman
per sezioni E e F; all’andata eravamo
tutti molto agitati, e scalmanati, infatti
qualche sgridata non è mancata. Siamo
arrivati a Poggibonsi alle ore 10:30
puntualissimi. Per arrivare all’aziendamuseo abbiamo dovuto percorrere una
bella salita. Le classi prime dopo una
breve visita alla struttura dell’azienda si
sono recate ad ascoltare un’interessante
lezione sull’archeologia dove hanno
spiegato in modo preciso e abbastanza
sintetico le varie fasi che un’ archeologo deve svolgere:prima,durante e dopo
uno scavo. Ormai erano le 13:00 e il
nostro stomaco iniziava a chiedere cibo.
Ci siamo accomodati su due banchi e
ognuno di noi ha consumato fantastici e
meravigliosi panini preparati ovviamente dalle mamme. Finita la pausa pranzo
Nel 1155 ci fu la fondazione di un grande castello da parte del conte Guido che
fece costruire anche le mura attorno.
Più avanti ci fu la guerra contro la Francia e alla fine del XII secolo Poggibonsi
venne rioccupata da Enrico VII, che iniziò la ricostruzione del villaggio fortificato.
Si ebbe anche la guerra di Firenze contro Siena fino alla metà del 1500 e nel
1270 Firenze, che odiava Poggibonsi,
pagò dei soldati per assediarla.
La guida, poi, ha detto che nel 1313,
Enrico VII volle edificare la nuova città
di Monte Imperiale.
Dopo questa prima parte di visita, siamo andati nel parco, di fronte all’area
archeologica, per fare la pausa pranzo.
Dopo esserci riposati, abbiamo ripreso
la visita e ci siamo recati in stanze sottoterra, dove la guida ha descritto alcuni
oggetti storici tra cui i cannoni con i relativi sfiatatoi. Alla fine del XV secolo
le armi si sono evolute e gli scienziati
hanno inventato l’archibugio e hanno
studiato il modo per conquistare sempre
più facilmente le fortezze.
Successivamente la guida ci ha fatto
notare che le fortezze hanno bastioni a
forme geometriche e, a quel tempo, servivano per difendersi meglio dagli spari
dei cannoni.
Dopo quest’altra fase della gita ci siamo
riposati un po’ e abbiamo mangiato un
siamo ritornati al museo dove un archeologo ci ha mostrato tanti reperti trovati
durante uno scavo a Poggibonsi e proprio grazie a quelli gli archeologi hanno
potuto ricostruire gli avvenimenti di
quell’ epoca. Siccome sapeva che faceva parte del nostro programma di storia
l’archeologo ha iniziato a porci delle
domande alle quali abbiamo risposto in
maniera piu’ che soddisfacente, infatti
ha detto che a quel punto “poteva anche
licenziarsi”. Dopo questa seconda lezione siamo andati a fare un’escursione
24
LETTERE DAL FRONTE
panino come merenda.
Poi siamo andati in un’altra stanza, dove la guida ha rappresentato con un video alcune fasi della storia e al termine
ha chiesto chi voleva offrirsi come volontario per indossare gli abiti e l’armatura medievali, ha accettato il professor
Urbinati.
Alla fine di questa bella giornata, al ritorno, ci siamo fermati a mangiare quello che era rimasto negli zaini, perché in
autogrill c’era molta gente.
Dopo un po’ siamo ripartiti e, arrivati
davanti alla scuola media di Voghiera,
possiamo dire che avevamo una maggiore conoscenza culturale di Poggibonsi.
Purtroppo la gita è terminata con una
sgridata da parte dell’autista e degli insegnanti ai ragazzi seduti nelle ultime
file del nostro pullman, perché, giocando con i copritesta dei sedili, ne avevano persi due.
Questa gita mi è piaciuta molto tranne
l’arrivo movimentato nel piazzale della
scuola.
Acceglio, 12 giugno 1915
Carissima famiglia,
me ne sto seduto qui in trincea, in mezzo al fango e alla pioggia. L’acqua mi arriva fino alle ginocchia. Ora sono solo, indosso
vestiti sudici, sporchi, inzuppati. Questa sera non ho neanche mangiato; i miei compagni ora sono fuori, per un giro di perlustrazione. Ho paura! Ogni giorno sempre di più…
Non voglio che la mia vita finisca così; il coraggio però non mi manca; voi lo sapete, sono forte. Qui la vita è molto dura, ogni
giorno si spara, si spara e non si fa altro che uccidere. Molti dei miei amici e compagni sono morti. Ho rischiato molto anch’io,
davvero. Potevano uccidermi ma ce l’ ho fatta!
Una notte diluviava, ci hanno attaccato di sorpresa. Erano cinque soldati, uguali a noi! Io sono riuscito ad accorgermi della loro
presenza; così ho puntato la mitragliatrice, pronto per sparare. Poi, però, mi sono fermato…
Non so cosa mi sia successo, non sono riuscito a sparare. Perché, mi chiedo? Sono scappato, lasciando che Luca e Piero ( i
miei migliori amici), morissero…Sento che è colpa mia e provo rimorso. Non vedo l’ora che tutto questo finisca…
Mi manca molto la vita di un tempo, quando ero felice e spensierato, senza la paura del domani, del dopo…
A proposito, state tutti bene? Spero di sì…Alcune sere me ne sto qua in solitudine, e mi metto a scrivere pagine e pagine di
diario, perché non so a chi confidare tutti i miei timori, le mie angosce. Qui ho visto cose molto brutte, che mi hanno fatto e mi
fanno pensare, ogni giorno di più!
Riuscirò a riabituarmi alla vita quotidiana? Un letto caldo, morbido, tante persone da abbracciare e a cui volere bene. Pensandoci , mi viene da piangere! Io voglio che voi stiate bene, e non vi preoccupiate più di tanto di me. State tranquilli, anche se
tutto è brutto e inutile, me la saprò cavare.
Ora devo andare, è il mio turno di guardia. Ci rivedremo quando tutto questo finirà…
Vi prometto che tornerò…
Un grande saluto, vostro Giorgio.
Elisa Masieri
Caterina Ferrari
naturalistica dove abbiamo potuto sperimentare la procedura che ci avevano
illustrato nella prima lezione; lo scavo
consisteva nel riportare alla luce i reperti, ricostruirli e compilare una scheda di
lavoro, come fa effettivamente l’archeologo.Il mio gruppo ha trovato tanti
pezzi di ceramica, una tegola e un focolaio.Finito questo lavoro siamo andati
ad acquistare alcuni souvenirs; poi, per
nostra sfortuna, era ormai ora di tornare
a casa.
E’ stata una giornata nella quale mi
sono un po’ “annoiata” in quanto questa
attivita’ archeologica l’avevo gia’ fatta
alle elementari al museo di Belriguardo,
ma avendola vissuta con compagni ed
insegnanti nuovi e’ stata altrettanto piacevole
La scuola media è fantastica!
Silvia Cavolesi
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CARO ALESSIO
Voghiera, 10 novembre 2006
Ciao Alessio,
sono Davide Gavagna (per gli amici Gava), un tuo prossimo compagno di classe (almeno si spera!). Frequento la scuola media
di Voghiera, all’interno dell’Istituto “G.Falcone P.Borsellino” di Portomaggiore.
Abito a Voghiera da quando sono nato con i miei genitori e i miei due fratelli maggiori, Marco e Giulia (e voglio un bene dell’anima a tutti e due).
A Voghiera ho conosciuto e conosco tutt’ora i miei amici più importanti; Giulia Brini, Giulia Valenzano, Christian e
“Artio” (Davide Artioli).
Sono un ragazzo alto, diciamo un bel po’ per la mia età (1.78), sono una “sogliola”, così mi definiscono i miei genitori, perché
sono troppo magro, anche se adesso sto provando a mangiare di più, ho i capelli castani tagliati corti, mi vesto sempre all’ultima moda perché i miei genitori hanno un negozio di abbigliamento.
Ho un carattere molto vivace e allegro però, a volte, mi rattristo, dipende dai giorni e da cosa succede; comunque all’inizio
socializzo a rilento, poi parto a razzo con le domande, così amplio le mie conoscenze nei confronti dei nuovi amici. Fortunatamente ho anche qualche difetto: sono molto geloso e, quando mi arrabbio, divento una belva, però questi difetti li riesco a gestire in base alla situazione in cui mi trovo.
Amo il calcio e la pallacanestro, infatti gioco a calcio nella S.P.A.L., la società più importante di Ferrara, come spero che tu
sappia, anche se a me piacerebbe molto giocare a basket, perché è sempre stato il mio sogno. Comunque il pallone mi piace
molto, gioco da terzino sinistro anche se, da piccolo, all’età di 5 anni, avevo iniziato nel ruolo di attaccante.
Tu giochi a calcio?
Voglio confidarti che a me non piace leggere affatto, tranne “La Gazzetta dello Sport” e il giornalino “Forza Milan”; io sono
uno “stratifoso” dei rossoneri e, soprattutto, dei fenomeni Ricardo Kakà e Alberto Gilardino. Guardo quasi sempre le partite sia
di Serie A sia di Champions League, il Milan è per me una fonte di luce, di divertimento e di insegnamento per il mio futuro di
giocatore.
Tu per quale squadra tifi? (Spero che tu non sia uno “stramaledetto” Juventino!).
I miei film preferiti sono quelli di avventura, di horror e di guerra, sinceramente il mio preferito è “Il Gladiatore”; il film romantici o d’amore non mi piacciono e non mi piaceranno mai, sono davvero troppo, troppo noiosi.
Dai, adesso ti parlo della scuola…ti piace? A me no, solo un poco (ma proprio poco, sia chiaro) lo so, è importante, infatti ho
buoni voti ma…
Mi piace la Matematica e, dalla prima media in poi, è iniziata a piacermi la Storia che, pur essendo una materia difficile, è molto interessante. Tutte le altre materie non le amo ma sono, per fortuna, “sopportabili”.
La mia scuola ha l’indirizzo musicale, si può scegliere tra quattro strumenti: il violino, il clarinetto, il pianoforte e la chitarra,
io suono quest’ultimo strumento, è davvero molto bello saperlo suonare.
Se devo dire la verità ho davvero tanti amici, sia ragazzi che ragazze della mia stessa età, più piccoli o anche più grandi. Molte
volte ci troviamo al “Chiosco”, vicino alle scuole per passare un pomeriggio in compagnia all’aria aperta.
Ti volevo dire che ho anche una cagnolina di nome Luna, per me è come se fosse un’amica. Ci passo ore a giocare o a portarla
a fare dei giri per il paese, è davvero una giocherellona e con lei mi trovo molto bene.
Sai ho parlato della scelta della nuova scuola sia con i miei genitori che con le professoresse.; la mia scelta è stata condivisa da
tutti o quasi. Ho sentito dire che il Liceo Scientifico ad indirizzo Sportivo è molto duro e che bisogna studiare molto, però a me
l’idea non preoccupa affatto.
“Finalmente” sto per finire le scuole medie, un altro passo avanti per la fine degli studi. Però, a pensarci bene, mancano ancora
dieci anni, visto che dovrò frequentare l’Università, dopo il Liceo (Oddio!!).
Però c’è da ammettere che mi mancheranno molto i miei compagni di classe, con cui ho trascorso momenti importanti della
mia infanzia. In questi 3 anni di scuole medie ho vissuto molte esperienze nuove ed importanti, ad esempio i saggi e i concorsi
di chitarra, che mi hanno fatto maturare.
Dai, ho finito (per tua fortuna), spero che, grazie a questa lettera, conoscerai e capirai tante cose che mi riguardano.
Ci vediamo il prossimo anno, un saluto.
Il tuo futuro compagno
Davide Gavagna
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IL BULLISMO
Il problema del bullismo è purtroppo
sempre esistito, ma negli ultimi anni è
venuto agli onori della cronaca a seguito della messa in rete di un filmato deplorevole di alcuni ragazzi che picchiavano un ragazzo con dei problemi , in
una scuola di Torino. Questo fatto ha
portato alla luce l’ingiustizia di imporre
con la violenza la propria volontà nei
confronti di persone che non hanno la
possibilità di difendersi. In sintesi, per
me, il bullismo è vigliaccheria ed è anche la dimostrazione che, chi ha bisogno di nascondersi in un gruppo per dimostrare la propria personalità, è un insicuro.
Mi sembra che il problema sia anche
capire le motivazioni per cui i ragazzi si
riuniscono in un gruppo; c’è chi lo fa
per amicizia e vede nel gruppo la via
per vivere delle esperienze di vita e di
divertimento e di sport; c’è , invece, chi
pensa di unirsi in un gruppo per esprimere le proprie insicurezze e violenze
represse. Penso agli episodi di teppismo
negli stadi e, a volte, con la scusa dello
sport si vuole giustificare la violenza
che è dentro a queste persone, spesso
basta essere in gruppo per sentirsi più
forti e per voler sottomettere chi non è
dentro il gruppo.
Penso che il bullismo possa essere vinto
soltanto con la presa di coscienza delle
persone,capendo che è giusto accettare i
comportamenti e le differenze di pensiero, accettando, quindi, di confrontarsi
LA PRIMA FESTA IMPORTANTE
con tutti senza nessun pregiudizio. Sono
convinto che la tanta pubblicità che è
stata data a questo fenomeno dai massmedia sia stata dannosa perché ha funzionato come una specie di pubblicità
per queste persone. Non credo che la
scuola sia responsabile perché sono
convinto che non sempre bisogna trovare un colpevole a tutti i costi, ma secondo me è la mancanza di intelligenza e la
mancanza di consapevolezza di sapersi
mettere in discussione di alcune persone
la principale causa di tale fenomeno.
Lorenzo Morelli
CARO DIARIO… PROGRAMMI “TRASH” E “TRENDY”
Voghiera, 1 Marzo 2007
Caro diario,
oggi ti scrivo per raccontarti un po’ quello che penso della televisione. Molti programmi sono stati criticati e giudicati
“TRASH”, ovvero “spazzatura”: scandali, liti violente e con termini ancora di più. Ecco che cos’è la nostra televisione oggi!!
Il programma per eccellenza definito “trash” è “Buona Domenica”, in onda su Canale 5 ogni domenica pomeriggio. I giornalisti l’hanno giudicata una trasmissione violenta e volgare. In questo sono d’accordo: l’argomento è quasi sempre quello (gossip
in generale) e fa scatenare litigi con un linguaggio abbastanza colorito in ogni puntata.
Un altro spettacolo che non guardo quasi mai, è “Il Grande Fratello”, anche questo da anni criticato per i suoi contenuti e per le
brutte parole che i concorrenti dicono: ad esempio, quando litigano, su quasi ogni parola si sente un grande “BEEEEP” e spesso sono più i “Beeeep” che le parole. Io non lo guardo quasi mai, perché mi ha stancato: è già alla settima edizione e gira e rigira è sempre la stessa storia.
Questi sono i programmi più criticati dai giornalisti e anche un po’ da me. Sicuramente ce ne sono altri giudicati “spazzatura”,
ma questi, che ho citato, detengono il primato nazionale.
Ora ti scrivo di alcune trasmissioni che a me piacciono molto…
La prima in assoluto è “Striscia la notizia”, un TG satirico che viene mandato in onda ogni sera. Oltre a dare alcune informazioni sulle condizioni di paesi italiani senza ospedali attrezzati o con scuole malmesse, smascherano truffe e scoprono delle verità sui programmi televisivi che il pubblico non può sapere, ma rendono tutto ironico e divertente.
“Amici” è uno spettacolo domenicale e serale. Alcuni ragazzi, che vogliono diventare ballerini, cantanti o attori, si esibiscono
davanti al pubblico che, alla fine, deciderà il vincitore. Mi piace perché le esibizioni degli “alunni” sono molto belle, ma anche
un po’ buffe. Ha, però, un lato negativo: durante la puntata avvengono dei litigi che interrompono le esibizioni e io li detesto.
In generale è carino.
“Scherzi a parte” viene trasmesso il venerdì sera. Qui vengono fatti vedere gli scherzi fatti a personaggi famosi, inconsapevoli
di tutto. E’ un programma per le famiglie; è molto divertente, secondo me.
Per finire ci sono i telefilm, cartoni e anche film che vanno in onda su “Disney Channel”. E’ un canale dedicato ai ragazzi come me e quindi le trasmissioni non sono volgari. Ogni sera non manco mai l’appuntamento con i miei telefilm preferiti. Ogni
telefilm è divertente a modo suo e quelli che mi piacciono di più sono: “La mia vita con Derek”,”Zack e Cody al Grand Hotel”
e “Hanna Monthana”. Questi mi divertono molto perché in ogni puntata i protagonisti affrontano una nuova avventura e non
mancano mai battute divertenti.
Ecco come si presenta la TV di oggi che, come dice mio papà, è molto cambiata da una volta: c’erano più programmi educativi
e senz’altro non così volgari.
Insomma, la TV è cambiata e cambierà di nuovo. Chissà se ci saranno ancora queste trasmissioni così discusse? Solo il tempo
ce lo dirà e magari i miei gusti saranno diversi da quelli di adesso.
CIAO!
Voghiera, 14 maggio 2007
Cara Sabrina, come stai?
Io tutto bene, l’altra sera sono stato alla festa alla quale mi avevi invitato e alla quale non dovevo mancare assolutamente, ma
non ti ho proprio vista, perché non sei venuta?
Immagino per motivi famigliari, perché mi avevi detto, nell’altra lettera, che ci tenevi molto ad andarci con me! Avevi detto
anche che era una festa per soli maggiorenni, ho seguito quindi il tuo consiglio e mi sono fatto fare una tessera da un mio amico (molto abile con il computer): io avevo 18 anni, anche se i buttafuori non credevo alla “mia età”, infatti si vede che ne dimostro 14!
Comunque, come al solito, non ti sei sbagliata, è stata una festa a dir poco strepitosa; ora te la racconto, ma non con troppi dettagli, altrimenti potresti arrabbiarti visto che non sei venuta; e io lo so, perché ti conosco molto bene!
Allora, per prima cosa mi sono vestito come volevi tu: maglia a mezze maniche lunga e larga; jeans lunghi, larghi e con il cavallo basso e tennis bianche; appena sono entrato ho visto molte ragazze (anche carine; OK anche tu sei carina, ma loro lo
erano di più! Scherzo!!).
Scommetto, anzi sono sicuro che non ero l’unico minorenne, ho visto che c’erano due o tre ragazzi della mia età. Non conoscevo nessuno, ma credo che grazie al mio look stravagante, diciamo che ho fatto subito colpo.
Un ragazzo di nome Francesco, si è avvicinato a me con due sue amiche, non so se le conosci, si chiamano Greta e Raffaella,
sono di Ferrara anche loro, come te!
Dopo aver fatto amicizia, sono andato con loro tre nella pista da ballo, anche se non sono bravissimo a ballare, ma tanto mi
divertivo; ed è questo l’importante! Ho ballato per circa due ore filate, dopo di che, alle 22,30 mi sono riposato un po’ al tavolo
delle pietanze, c’erano: Coca Cola, patatine a volontà e pasticcini; una bontà infinita.
Mentre mangiavo, mi si è avvicinata una certa Ludovica, che diceva di essere tua una tua amica di infanzia (ma non mi ha dato
altri dettagli), io le ho detto che ti conoscevo, ma penso che questa cosa le abbia dato fastidio; forse perché sei carina e io forse
le piacevo; oppure perché non le interessava semplicemente niente…comunque dopo un po’ è tornata a ballare, quando si è
alzata, barcollava un po’, non so se era stanca, ma per me era un po’ “brilla”, devi sapere che alcuni ragazzi si erano portati da
casa degli alcolici abbastanza forti; ma stai tranquilla, io non ne ho bevuto, beh non troppo!
Si erano già fatte le 23,30 e la ragazza che ho conosciuto all’inizio della festa (la Greta; che ha la mai età), mi ha confessato
che ero carino, me lo ha detto in tono “amorevole”, come se le piacessi. Dopo avermi detto che ero carino, mi ha dato il mio
primo bacio; non avercela male, tanto noi siamo solo amici! Ma per me questo è molto importante, ci tengo alla nostra amicizia!
Ora io e Greta siamo insieme, ma credo che non durerà tanto, anche se mi auguro il contrario.
La festa è finita alle 2 di mattina, ma a mezzanotte e trenta io sono andato a casa perché ero troppo stanco!
È stata una festa bellissima, ti ringrazio di avermi invitato anche se non c’eri; OK io non ho più niente da dirti, rispondimi al
più presto.
Baci affettuosi, dal tuo amico
Andrea Marchetti
Sabrina Balboni
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UNA GIORNATA EMOZIONANTE
A Bologna era stato aperto il salone dell’ automobile, il “Motor Show”, e insieme a un mio amico decidemmo di visitarlo durante il “ponte dell’Immacolata”
dal momento che potevamo utilizzare
dei giorni di vacanza scolastica.
Appena arrivati abbiamo preso una
mappa dei saloni per seguire un percorso ben programmato. Il primo stand che
abbiamo visitato è stato quello della
“Fiat”, che presentava due nuovi modelli molto carini. Proseguendo abbiamo
visto delle macchine sportive molto belle, la mia preferita è stata la “Macerati
GT3”, una macchina usata in un campionato gran turismo e messa in vendita.
Ad ogni stand chiedevamo dei gadget
ed eravamo in giro già da due ore quando abbiamo deciso di assistere alle gare
automobilistiche; lì ho potuto ammirare
le “Lamborghini” che andavano circa ai
duecentocinquanta chilometri l’ora: fa-
cevano delle sgommate bellissime!!!
Ogni volta sentivo dei brividi lungo la
schiena!
Continuando il giro, in un salone vendevano delle minimoto e dei quad, il mio
amico ha comprato una minimoto, ma il
mio papà non ha voluto comprarla perché diceva che costavano troppo poco e
non era sicuro che potessero funzionare
bene per molto tempo. Nello stand della
Pegeot ho potuto vedere l’auto che avrebbe corso la “Ventiquattro ore” di
Les Mans, cercando di vincere e dimostrare, come già era successo, che una
macchina a diesel può vincere questo
tipo di competizione. Fuori dallo stand
della “Toyota” c’era un percorso per
provare la potenza delle loro fuoristrada.
Io e il mio amico c’eravamo messi ai
lati della macchina, senza considerare
che quando le auto curvavano andavano
su due o tre ruote e si avvicinavano tan-
to al suolo da dare l’impressione che il
fuoristrada si ribaltasse da un momento
all’altro, così ad ogni curva il cuore mi
saliva letteralmente in gola.
E con la nuova “Panda 4 per 4” abbiamo affrontato una salita del 45%, mentre sulla “Land Rover” siamo arrivati al
60% fino a raggiungere il punto più alto
della fiera da dove si poteva ammirare
un panorama bellissimo.
Ormai era ora di tornare a casa e quindi
ci siamo diretti verso l’uscita, ma per
poco non ci perdevamo ed abbiamo corso il rischio di rimanere chiusi dentro.
Appena arrivati in macchina ricordammo tutto quello che avevamo visto, emozionandoci ancora una volta.
Gabriele Giori
UNA VACANZA STRAORDINARIA
Da piccolo di giornate belline ne ho
sempre avute molte, in particolare ricordo che avevo sei anni quando io, la mia
mamma, il mio papà e mio fratello andammo al mare a Milano Marittima: fu
un giorno davvero speciale.
Dopo tre ore di viaggio, appena arrivato
rimasi a bocca aperta nel vedere l’appartamento gigantesco che la mia mamma aveva prenotato per le vacanze estive. L’appartamento era composto da
tante stanze: la cucina, il salone, tre camere da letto tra cui la mia camera che
era davvero grande ed io subito l’abbellii con tanti pupazzi di tutti i generi. Subito dopo aver ordinato i vestiti nell’ar-
madio, andai sulla spiaggia con mio fratello; ricordo che feci il bagno per tre
ore senza mai uscire dall’acqua!
Ritornai poi sulla spiaggia e con la sabbia feci molti castelli che distruggevo
uno dopo l’altro. Era ormai buio quando
rientrai a casa; e dopo aver fatto la doccia, giocato, mangiato, uscii dall’appartamento e mi recai in una sala giochi. I
video giochi erano tanti: c’erano le gru
che tiravano su le palline o i gommoni
che galleggiavano sull’acqua e altri giochi tipo pallacanestro, le moto videocomandate, le automobili videocomandate e anche gli sci videocomandati. Tra tutti, io preferivo l’ac-
chiappa-talpe; con un martello dovevo
colpire le talpe che venivano fuori da un
buco. Quando fui stanco di giocare andai a spasso per il paese con la bicicletta
fermandomi alla gelateria per gustare
un gelato buonissimo. Girando ancora
per il paese mi fermai in tutte le giostre
che incontravo, parlando ogni tanto con
i miei genitori; infine rientrai a casa a
dormire, esausto ma felice per tutte le
novità di quel giorno.
Marco Pareschi
IL GATTO ROCKY
Quando ero piccola la nonna aveva un
gatto di nome Rocky ; non era molto
vecchio, era di razza siamese, aveva un
manto marrone chiaro, con striature nere, era molto magro e lungo, aveva occhi azzurri come il cielo, il naso nero
come il carbone, le orecchie corte e non
aveva la coda. Emanava un odore da
gatto selvatico, era solitario, molto tranquillo, affettuoso con gli umani.
In inverno si sdraiava sulla sua seggiola, oppure si coricava sul calorifero e a
volte si addormentava.
Un giorno dalla campagna abbiamo visto arrivare una gatta, Rocky si innamorò e, dopo qualche mese, nacquero dei
bellissimi cuccioli, che però scapparono
con la loro mamma per la campagna.
Invece Rocky rimase con noi.
Dopo tre anni, mentre il nonno metteva
la macchina in garage, non si era accorto che c’era Rocky, così lo investì e il
gatto morì.
Il giorno dopo, arrivata in casa dei non42
ni, non vidi Rocky sdraiato sulla sua
seggiola, così chiesi alla nonna cosa gli
fosse successo; quando mi disse che era
morto ero molto dispiaciuta, ma dopo
qualche giorno la zia mi portò a casa
due tartarughine e così mi dimenticai
della morte di Rocky.
Martina Rubbi
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UN VECCHIO CANE E UN LEPROTTO VIVACE
Un giorno si incontrarono per strada un
vecchio cane malandato e molto magro
e un leprotto vivace e in carne e in carne. Allora dopo un po’ di tempo cominciarono a litigare per un fatto avvenuto
molti anni prima di questo incontro . Il
leprotto, sicuro di vincere, propone allo-
ra al cane di fare una gara di corsa per
vedere chi aveva ragione e il cane accettò senza esitare. La mattina del giorno seguente partirono il leprotto partì a
razzo e il cane partì molto più lentamente così il leprotto sicuro di avere
molto vantaggio e di vincere decise di
AVVENTURA NEL DESERTO
fermarsi a riposare e di bere alla fonte,
ma mentre egli beveva il cane gli passò
davanti e andò a vincere la gara. Questa
favola ci insegna a non sottovalutare i
propri avversari.
Nicolò Piazzi
LA TIGRE E LA RANA
Una volta, nella savana, una tigre si
vantava sempre di essere la più forte di
tutti e di non avere paura di niente e
nessuno. Un giorno andò a bere in uno
stagno e lì incontro una rana; cominciò
a vantarsi anche con lei, raccontandole
alcune false imprese che aveva compiuto, si guadagno l’ammirazione della rana. Dopo qualche tempo la rana venne a
sapere che la tigre aveva una fifa tremenda dei leoni, ma lei non volle crederci, perciò fece una prova: aspettò che
la tigre si recasse allo stagno per bere;
allora emise un gracidio simile al ruggito del leone facendo in modo che il felino lo sentisse. La tigre si spaventò corse
via. Da quel momento la tigre non si
diede più arie e tutti smisero di ammirarla. La favola dimostra che la superbia
non porta da nessuna parte, e che l’umiltà è una grande virtù.
Giulio Belletti
LO SCOIATTOLO GENEROSO
C’erano una volta uno scoiattolo molto
generoso e un topolino molto avaro.
Durante l’estate, entrambi gli animali
lavoravano faticosamente ma, mentre lo
scoiattolo lavorava quasi con piacere
passeggiando per tutto il bosco e salutando gli amici, il topo faceva la raccolta del cibo silenziosamente e svogliatamente, tornando subito dentro la sua
buia e fresca tana, isolandosi da tutti e
lasciando senza cibo chi non ne aveva
trovato.
Lo scoiattolo, pur non avendo racimolato molto cibo, aiutava sempre quelli in
difficoltà invitandoli in casa e offrendo
loro un pasto e un posto dove dormire.
Lo scoiattolo era quasi il benefattore di
tutto il bosco, anche degli orsi e dei serpenti più cattivi.
Il topo, invece, era famoso per la sua
avarizia e ad ogni animale che bussava
alla sua tana rispondeva:“ Il cibo che
voi ora chiedete a me servirà domani,
dopodomani o durante l’ inverno, mi
dispiace!”, poi gli sbatteva la porta in
faccia.
Arrivò l’inverno e passò; quasi tutti gli
animali erano sopravvissuti grazie al
cibo che avevano ricevuto dallo scoiattolo, che ora era rimasto senza cibo.
Il topo, non avendo dato a nessuno il
cibo, ne aveva ancora molto e, per non
donarlo a nessun altro animale della
28
foresta, si sforzò di mangiare tutto e,
incredibilmente, ci riuscì.
Nella foresta stava succedendo qualcosa
di strano, dopo tre giorni di pioggia
continua, ci fu una lunga carestia.
In quei giorni lo scoiattolo e il topo vagarono per trovare cibo, ma il terreno
non offriva nulla; l’orso, ricordandosi
dell’aiuto che lo scoiattolo gli aveva
recato, lo invitò nella sua tana e tutti gli
animali gli diedero un po’ del loro cibo,
sfamandolo.
Il topo, invece, non fu aiutato da nessuno e perì senza neanche un amico al suo
fianco.
Questa favola ci insegna che chi aiuta
gli altri, nei momenti difficili, verrà a
sua volta aiutato.
Altea Gallerani
Era arrivato il giorno di partire per l’Australia, il viaggio in aereo durava 24
ore e attraversava il deserto del Sahara e
tutta l’Africa.
Ero in aeroporto, al controllo dei bagagli ed ero in coda con la mia immensa
valigia viola, quando un’ingombrante
signora correva e spingeva tutti perché
era in ritardo per, come diceva lei, il suo
magnifico viaggio esotico in Australia.
Capii che era in aereo con me e dissi a
Veronica, la mia amica d’infanzia:
«Speriamo che non sia nei posti vicino
ai nostri, chi potrebbe sopportarla per
24 ore? Solo un santo!». E da lì cominciai a pregare e tra me e me dicevo: - Ti
prego, fa che non sia vicino a me, ti prego!-.
Parole sciupate, l’ingombrante signora
era seduta proprio nel posto davanti a
me e a Veronica.
Quando partì l’aereo, la signorona cominciò a parlare e parlare, non faceva
altro che parlare. Fu anche richiamata
più e più volte dal comandante, come
nulla.
Ad un certo punto del viaggio, il comandante si scusò con noi e ci trasferì
in un’altra parte dell’aereo.
Improvvisamente, nella notte, ci fu uno
scombussolamento totale. L’aereo stava
precipitando, eravamo nel bel mezzo
del Sahara; svegliai Veronica, che era al
mio fianco; ci mettemmo le mascherine
dell’ossigeno, ma senza buon fine. Io
mi salvai, Veronica resistette per qualche ora, poi non respirò più.
In vita eravamo rimasti solo in due, io e
quella signorona chiacchierona, che avevo davanti nella prima parte del viaggio. Ero lì con la persona più inquietan-
te del mondo, affranta dalla morte della
mia migliore amica, senza neanche un
pezzo di pane da mangiare, per affrontare giorni e giorni di cammino per tentare di raggiungere un’oasi o un paesino
nel deserto.
«Stai bene?» urlò la signora vedendomi
muovere.
«Sono stata meglio, e tu?» risposi.
«Idem» mi rispose e continuò avvicinandosi verso di me: «Hai qualcosa da
mangiare?» «No, mi dispiace» risposi.
Ci allontanammo dall’aereo e ci addormentammo.
Al mattino partimmo per il viaggio di
ritorno quando, ad un certo punto, ci
fermammo all’ombra di un cactus, perché il sole era più cocente che mai.
«Come ti chiami?» mi chiese.
«Francesca e tu?» chiesi con cortesia.
«Giovanna» mi rispose come se avesse
da nascondere qualcosa.
Poi si alzò in piedi e con aria scorbutica
disse: «Vuoi rimanere lì a marcire per
tutta la vita o preferisci trovare un luogo
protetto al più presto?».
Mi alzai e mi misi in marcia, camminammo per ore e ore, per giorni e giorni, senza sapere dove fossimo dirette, ci
sembrava di girare sempre intorno, in
quel posto tutto uguale pieno di sabbia e
dune insidiose.
Ad un certo punto del cammino vedemmo entrambe un’oasi con una vegetazione rigogliosa che terminava in un
meraviglioso laghetto, ci fermammo e
ci ristorammo all’ombra delle palme di
datteri, assaporando i loro dolcissimi
frutti.
Poi. Un bel giorno, arrivammo in un
paese affollato, perché era il giorno del
mercato. Io, che sapevo molte lingue,
chiesi in inglese ad un commerciante, in
quale sperduto posto potevamo mai essere capitate.
Eravamo in Egitto, la terra dei faraoni,
delle piramidi e del fiume Nilo.
Con una vettura precaria ci facemmo
condurre a Il Cairo, da dove potemmo
chiamare i nostri famigliari ed avvisare
che eravamo vive; poi con un aereo partimmo per l’Italia.
Sul volo di ritorno io e Giovanna facemmo pace e promettemmo di tenerci
sempre in contatto.
Non vi so dire la gioia provata quando
atterrai e potei riabbracciare i miei famigliari, ma anche il dolore nel ricordare la mia eterna amica Veronica.
Francesca Mingozzi
LA PISCINA NUOVA
Pensando alla mia vita, un giorno particolare che mi è piaciuto di più di tutti
gli altri è stato quando abbiamo comprato la nuova piscina molto più grande
dell’altra che si era bucata. Quel giorno
fu il giorno più bello della mia vita perché già dal primo momento che fu montata e riempita io cominciai a pensare di
chiamare alcuni miei amici per poterci
sguazzare e spruzzarci a vicenda con
l’acqua.
Adesso io non so ben ricordare tutti i
bei momenti trascorsi in quel giorno
con i miei amici che furono tanti, co-
munque ricordo quanti gavettoni ci siamo scambiati. Ci siamo bagnati talmente tanto che non riuscivamo più a contare i gavettoni che ci tiravamo addosso.
Ricordo benissimo che mentre tentavo
di colpire con un gavettone un mio amico, senza accorgermene sono andato
indietro fino ad inciampare nel bordo
della piscina e caderci dentro; tutti i
miei amici, soprattutto il mio migliore
amico, si misero a ridere a crepapelle
senza mai fermarsi e alla fine ridevo
anch’io.
Devo dire che quel giorno mi sono di41
vertito un mondo, e penso che i miei
amici si siano divertiti un mondo come
me.
E per finire, i nostri genitori sono arrivati di nascosto con le mani piene di
gavettoni e ci hanno “bombardati” all’improvviso; e da lì è scattata la guerra,
i genitori contro i propri figli.
Insomma quello è stato un giorno che
io ricorderò sempre perché mi sono divertito moltissimo.
Nicholas Michieletti
UNA GARA INDIMENTICABILE
Sono una persona a cui piace molto lo
sport, infatti anche adesso lo pratico
molto: la pallavolo, il tennis e a volte il
nuoto, quest’ultimo è stato il mio primo
“ amore”. Dopo aver imparato nella
piscina di Portomaggiore i primi rudimenti, via via ho affrontato nuovi corsi
di grado superiore. Certo gli allenamenti si intensificarono col trascorrere degli
anni, soprattutto nel periodo delle gare.
In particolare mi è rimasta impressa la
gara affrontata quando avevo dieci anni,
io avevo scelto di gareggiare in una
staffetta, e non da sola. Le altre squadre
erano molto forti ma a me le sfide piacciono molto; i componenti di ogni squa-
dra affrontavano stili diversi, io ovviamente mi presentavo per lo stile libero
in cui spiccavo particolarmente. Ero
molto agitata perché si trattava di una
gara molto importante. Ricordo che il
cronista chiamò le squadre ai blocchi,
poi diede il via e le prime ragazze partirono, poi dopo due vasche partirono le
seconde poi le terze. Toccava a me e mi
accorsi che tremavo, infatti ero molto
nervosa perché eravamo ultimi in quel
momento. Nuotai il più velocemente
possibile e quando toccai il muretto, mi
sentivo ancora delusa, perché pensavo
che avevamo perso. Il cronista a quel
punto disse il risultato di ogni squadra e
FURBIZIA CONTRO POTENZA
noi eravamo secondi, appena a due millesimi dal primo classificato. Tutti mi
fecero i complimenti perché avevo salvato la squadra, persino l’istruttrice era
contentissima, tanto da “passarmi” al
terzo agonistico. Purtroppo, a causa di
una operazione, non ho potuto continuare e allora mi sono dedicata allo studio
del pianoforte, uno strumento che mi ha
dato grandi soddisfazioni, ai concorsi.
Nel mio cuore però quella gara avrà
sempre un posto particolare e solo a
pensarci mi scappa di sorridere per la
felicità provata.
Qualche tempo fa c’erano un corvo e un
leone molto amici. Un giorno, mentre
giocavano, il leone con un grande balzo
cercò di uccidere il corvo. Il corvo con
un salto si schivò e, dopo essersi ripreso, disse: “ MA TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO? “; il leone confessò che la loro amicizia era solo una
trappola per poterlo mangiare.
Il corvo furioso decise di fare una sfida
portando i propri compagni. In attesa
della sfida, il corvo chiamò a raduno
tutti gli uccelli della foresta per studiare
una strategia, sapendo che con la forza
non ce l’avrebbero mai fatta.
bero riportati a casa.
Io e Franco accettammo, però volevamo
saperne di più. Loro ci mostrarono una
mappa e un orologio. Il tesoro si trovava in una caverna a nord dell’isola. Poi
chiesi al capitano dei pirati a che cosa
servisse l’orologio. Egli rispose che
quando le lancette fossero andate sullo
zero e i pianeti si fossero allineati avremmo dovuto inserire l’orologio nella
fessura del forziere e così esso si sarebbe aperto.
Mancavano esattamente tre ore e due
minuti prima che i pianeti si allineassero e quindi bisognava darsi da fare.
Percorremmo tutta l’isola e trovammo
la caverna. Era molto profonda e fredda.
Decidemmo di proseguire, con molta
attenzione ci calammo ed entrammo in
essa. Era umida e scivolosa. C’erano
molti disegni strani, scolpiti nella roccia. Percorremmo molta strada e ci
mancavano solo due ore e dodici minuti
prima dell’allineamento dei pianeti.
Avanzammo e sorse il primo e non ultimo problema: attraversare un burrone.
Ci legammo alle rocce con una fune e ci
calammo nel precipizio; era molto profondo, ma riuscimmo a superarlo abbastanza facilmente. Proseguimmo sempre
di più, quando ci attaccarono delle
scimmie, ma anche questo non fu u
40
se a distrarre gli animali nemici, mentre
il resto degli uccelli attaccò l’esercito
avversario alle spalle. Così ,con grande
sorpresa, il leone vide il suo esercito
scappare terrorizzato.
Il corvo disse:”SEI ANCORA IN TEMPO A SCAPPARE”,il leone prese l’occasione al volo e scappò via alla velocità della luce.
Così gli uccelli rimasero tranquilli per
molto tempo.
Thomas Trentini
Giulia Barotti
MARTA E LA SUA MATRIGNA
AVVENTURA TRA I PIRATI
Era una notte buia e tempestosa, io e
Franco, due pescatori, eravamo in mezzo all’Oceano. C’era un acquazzone terribile e la nave era instabile. Tutto ad un
tratto un fulmine colpì la nave, naufragammo e ci risvegliammo in un’isola.
Era una splendida mattinata, la sabbia
era calda e il mare era calmo. Io e Franco stavamo bene. Avevamo pensato di
costruirci una capanna e così cercammo
un posto abbastanza comodo dove poter
alloggiare.
Percorremmo un po’ l’isola e decidemmo di costruire la capanna su una collina, così si poteva controllare tutto il territorio. Raccogliemmo bastoni e foglie
di palma e iniziammo a costruirla. Ad
un certo momento, Franco mi corse incontro e mi disse che l’isola era abitata
e che aveva visto degli uomini. Erano
abbastanza anziani, con barba lunga e
capelli bianchi, magri come stecchini.
Ci videro e ci chiesero chi fossimo. Noi
gli rispondemmo che eravamo naufraghi, mentre loro ci dissero che erano dei
pirati e che si trovavano su quell’isola
per cercare un tesoro nascosto e che il
forziere che lo conteneva si poteva aprire solo ogni cento anni. Poi ci fece anche una proposta : quella che se noi li
avessimo aiutati a trovare il tesoro, ce
ne avrebbero dato una parte e ci avreb-
Il leone chiamò invece a raduno tutti gli
animali più forti della foresta.
Dopo una settimana gli animali si incontrarono nel luogo stabilito. Il leone
disse:”VINCEREMO NOI, SIAMO
TROPPO FORTI PER VOI”; il corvo
per niente impaurito rispose:”VOI SIETE FORTI E ROBUSTI, MA NOI SIAMO PIÙ FURBI ED INTELLIGENTI”.
Il leone, stanco di aspettare, disse
“VOGLIAMO COMINCIARE! “, il
corvo fu d’accordo e cominciarono la
sfida.
Dopo un po’ di studio tra gli eserciti, ad
un certo punto un gruppo di uccelli cor-
grande problema, visto che noi eravamo
armati.
Mancava poco all’ora esatta e noi raggiungemmo una sala, molto decorata,
con un pavimento in marmo, dove c’erano due scrigni e un orologio gigante,
uguale a quello piccolo, attaccato alla
parete. Mancavano esattamente nove
minuti e ventitré secondi all’allineamento dei pianeti. Ma quale scrigno sarà quello giusto?
Ragionammo un po’ e decidemmo di
infilare l’orologio nello scrigno di destra, per una ragione ben precisa: sullo
scrigno di destra erano raffigurati nove
pianeti come sull’orologio, mentre nello
scrigno di sinistra erano raffigurati il
sole e la luna.
Mancavano solamente cinque secondi e
io mi preparai davanti allo scrigno: tre,
due uno, zero! Le lancette erano esattamente sul punto zero e io posizionai l’orologio sulla fessura. Ci fu un bagliore
enorme, il forziere si aprì. Tutto aveva
funzionato secondo i piani. Dentro c’era
una chiave per aprire l’altro bauletto.
Tutti eravamo curiosi di vedere il contenuto. Lo aprimmo e questo era pieno di
gioielli e monete d’oro.
Eravamo ricchi!
Ludovica Ganzaroli
C’era una volta,in un castello sperduto
in un bosco, un padre vedovo che aveva
una figlia, viveva con una “nuova” moglie, che a sua volta aveva una figlia.
Alla matrigna non stava per niente simpatica la sua figliastra ma, per non fare
dispetto al marito, faceva finta di amarla moltissimo. Un giorno il padre morì
di malattia e nel castello rimasero la
matrigna con sua figlia e la figliastra.
La matrigna mise la figliastra a fare la
serva nelle cucine, mentre lei e sua figlia fecero le regine del castello. A
Marta, la figliastra, non andava per
niente bene perché il castello era suo e
di suo padre, mentre ne erano entrate in
possesso la sua sorellastra e la matrigna.
Marta passava tutto il giorno a lavare
dei piatti e a pulire il castello. Un giorno la matrigna la mandò a fare spesa
giù in città; era vestita con stracci e
tutta la gente che la incontrava le chiedeva:
-“Ma tu, non sei la figlia del povero
principe?”Lei fece finta di niente e non rispose a
nessuno, però dentro di sé, stava malissimo. Quando finalmente arrivò in città,
vide una giovane signora vestita in modo strano,con dei bellissimi capelli rossi, un vestito arancione e delle scarpe
con il tacco verdi.
Lei fissò a lungo Marta, poi la prese da
parte e le diede tre oggetti: un mestolo
in legno, che ogni volta che toccava la
spalla di una persona la faceva diventare bruttissima; un anello, che ogni volta
che toccava un oggetto, lo trasformava
in oro; infime un cesto che,ogni volta
che si buttava per terra, all’interno sarebbero comparse cose buonissime da
mangiare.
Quando Marta tornò al castello felice,
la matrigna era arrabbiatissima perché
era stata fuori più di quanto doveva.
Marta soffriva molto , così un giorno
andò dalla sua sorellastra e le chiese:
-“Ma tu cosa ne pensi della mia situazione? Un giorno ero principessa, e il
giorno dopo mi ritrovo a fare la serva
nel mio stesso castello?!?!”Lei rispose:
-“Sì lo so, è successo anche a me, quando mia madre si era sposata con un altro
re, anch’io sono stata trattata da serva.”Così Marta pensò di vendicarsi della
matrigna e si alleò con la sorellastra.
Andarono a prendere il mestolo e, appena la matrigna si distrasse, glielo batterono sulla spalla e lei diventò bruttissima, talmente brutta che si suicidò.
Così le due sorellastre divennero le
regine del castello e, grazie agli altri
due oggetti magici, comparvero oro e
moltissimi alimenti prelibati. Così anche i servi non dovevano più lavorare
tanto e si potevano riposare.
Larga le foglia, stretta la via, voi dite la
vostra che io dico la mia.
Giulia Bertieri
DELITTO SUL TRENO
Un anziano signore stava per andare a
dormire nella sua cuccetta ma sentì improvvisamente uno strano rumore; si
alzò per controllare, aprì il piccolo armadietto della sua cabina e un giovane
mascherato, con un mantello che lo
copriva tutto.
L’anziano signore preso dallo spavento
tentò di fuggire via, ma non ci fu niente
da fare, il giovane afferrò il coltello che
teneva in tasca e lo colpì violentemente
alla schiena.
L’uomo urlando dal dolore cadde subito
a terra. L’urlo della povera vittima fu
sentito da un investigatore privato e dal
suo aiutante che cercarono di soccorrerlo, ma quando arrivarono lo trovarono
morto e il colpevole era già fuggito via.
L’investigatore e il suo aiutante si misero subito alla ricerca di indizi per risolvere il caso, ma purtroppo inizialmente
non trovarono niente che li potesse
aiutare, tranne il coltello a pochi centimetri dalla vittima.
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Fecero anche fermare il treno immediatamente e corsero a cercare il probabile
colpevole perfino sul tetto del treno;
qui, cercando per bene, trovarono un
giovane nascosto sotto un telo scuro.
L’investigatore e il suo aiutante riportarono il presunto colpevole sul treno e lo
interrogarono; egli infine confessò di
averlo ucciso perché non voleva fargli
sposare sua nipote …
Nicholas Michieletti
IL CONTADINO CHE DIVENTÒ CAVALIERE
C’era una volta un re che era molto anziano e non aveva figli, allora si rassegnò a lasciare il regno a suo fratello minore.
Ma un bel giorno nacque una bellissima
b a mb in a , ch e ch ia mò Fr an c e sca.Quando Francesca compì 16 anni,
venne catturata da un orco, che la portò
in una grotta e la legò ad una roccia.
Allora il re, preoccupato, spedì una lettera a tutti gli abitanti del regno per
chiedere il loro aiuto.
Nicolas, un ragazzo di campagna, diede
la lettera a suo padre.Il padre la lesse e
disse: ”Figliolo, fai come credi, ma ricorda che per uccidere un orco devi trafiggergli il cuore con una freccia dalla
punta d’argento”. Allora Nicolas chiese
dove poteva trovarne una e suo padre
gli diede una conchiglia dicendogli:
“Mettila per terra ed esprimi il desiderio
di avere una lancia con la punta d’argento”.Lui lo fece e gli apparve la freccia. Il padre gli disse di usare la conchiglia solo in caso di bisogno, perché avrebbe funzionato solo per altre tre volte.Lui ringraziò suo padre, poi prese l’arco e si avviò verso il castello.
Il re organizzò un torneo per decidere
chi doveva salvare sua figlia; dopo diverse prove Nicolas risultò vincitore.
Così il re proclamò Nicolas cavaliere e
gli disse: “Domani mattina vai dall’orco
e uccidilo”. Il giorno dopo Nicolas partì
e, dopo alcune ore, trovò l’orco e iniziò
la battaglia; fu uno scontro brutale.Solo
AVVENTURA IN CAMPEGGIO
dopo un po’ Nicolas usò la freccia, la
prese insieme all’arco e la scoccò, ma
l’orco la schivò per un pelo.
Nicolas cercò la conchiglia, la trovò e la
mise per terra, espresse il desiderio e gli
apparvero davanti le frecce.Ne fece partire due, ma andarono a vuoto, allora
prese una roccia e la lanciò in testa al
gigante che cadde per terra, così Nicolas gli tirò l’ultima freccia nel cuore.Poi
liberò Francesca e insieme andarono dal
re e, come ricompensa, Nicolas sposò la
principessa.
E vissero per sempre felici e contenti.
Davide Incerti
IL RAGAZZO, LO SCUDO, LA SPADA E LA PECORA
C’era una volta un ragazzo che non si
staccava mai dalla spada che gli aveva
regalato suo padre e dallo scudo che gli
aveva regalato sua madre. Un giorno,
mentre passeggiava, un ranocchio brutto e parlante disse al ragazzo che voleva
salvarlo dal dragone Dukus. Il ranocchio lo portò in una caverna, ma dentro
c’era Dukus e il ranocchio lo incitava;
in quel momento il ragazzo capì che il
ranocchio era cattivo. Così scappò e,
mentre scappava, una pecora lo fermò e
gli disse che lo voleva aiutare, ma il
ragazzo non gli credette e continuò a
correre. Di notte, il ragazzo, che era
orfano, sognò sua madre e suo padre
che combattevano insieme, capì che
quel sogno poteva avere un significato.
Il giorno dopo il ragazzo incontrò di
nuovo la pecora che gli disse di accarezzarla, lui lo fece e, tra la lana, trovò
delle forbici e un ago. La pecora disse
al ragazzo di tagliarle la lana e, quando
iniziò, le forbici tagliarono tutto da sole
e l’ ago realizzò una coperta per riscaldarlo.
Il giorno dopo il ragazzo andò dal dragone e lo affrontò; quando Dukus lanciò
una palla di fuoco, il ragazzo tirò fuori
lo scudo, si creò una barriera e, quando
il ragazzo sguainò la spada, questa si
allungò per 100 m e tagliò in due sia
Dukus sia il ranocchio.
Così il ragazzo visse felice e tranquillo.
Mitya Maietti
La scuola era giunta al termine, ormai, e
tre ragazzi si stavano organizzando per
trascorrere un’estate indimenticabile. Il
gruppo dei tre ragazzi era formato da:
Sara, che era una ragazza buona e generosa, alta con i capelli biondi e un po’
robusta; poi c’era Alessandro che era il
più vecchio, anche lui alto con i capelli
biondo-castano e gli occhi azzurri di
ghiaccio,infine c’era Clara che era la
sorella gemella di Sara, solo che aveva i
capelli mori. Pensarono a tanti modi per
trascorrere l’estate, fino a quando a Clara venne l’idea del campeggio. Inizialmente gli altri due non erano d’accordo
ma poi cambiarono idea. Visto che avevano quasi sedici anni, tranne Alessandro che ne aveva diciassette, i loro genitori li lasciarono andare da soli. Ormai
avevano organizzato tutto:fissato giorno
e ora di partenza, deciso come organizzare il campo, preparato tutto il necessario da portare con sé. Sarebbero andati sulle Dolomiti.
Arrivò il giorno della partenza, era il 1
agosto ed erano le cinque di mattina;
Clara e Sara avevano lottato per alzarsi
così presto, invece Alessandro era molto mattiniero. Partirono con tutto il necessario per la settimana che sarebbero
stati via. Arrivarono intorno alle dieci di
mattina e iniziarono a montare il campo; arrivò mezzogiorno, era ora di pranzo e si divisero i compiti: Alessandro
IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA
Avevo sei anni. Mi trovavo nella classe
1^A nella Scuola Elementare di Voghiera. Ero appena entrato in classe
accompagnato dalla mia mamma, con la
cartella sulle spalle, dove avevo riposto
alcuni quaderni a quadretti. Mi sedetti
vicino a una cara amica che conosco da
quando sono nato!!!!!!!
Ero emozionantissimo, anche perché
c’erano tantissimi altri bambini che non
conoscevo. Ricordo la mamma di Caterina e il mio papà che scattavano continuamente foto per immortalare quell’avvenimento.
Ricordo che allora ero curioso di sapere
come sarebbe stato a scuola, adesso mi
accorgo che più si va avanti più diventa
impegnativa, a volte pesante, ma mai
noiosa!!!!
La paura mi esplose dentro quando mi
resi conto che avrei avuto ben tre inse-
gnanti: Gabriella, che insegnava storia,
geografia e italiano, Beppe, che insegnava matematica e scienze, e un’altra,
di cui non ricordo il nome.
Guardandoli negli occhi sentii che stavo
per piangere, ma mi trattenni grazie alle
pacche sulla schiena che mi diede la
mamma. Poco dopo i genitori andarono
via e rimanemmo soli con la maestra
Gabriella che ci avrebbe “portati” fino
in quinta elementare; iniziò a parlare del
comportamento che dovevamo mantenere e dei “giochi” o dei “divertimenti”
che avremmo fatto in quella scuola.
Scherzammo, ridemmo e giocammo per
quasi tutta la mattina, all’improvviso
suonò una strana campanella ed io mi
spaventai, ma la nostra maestra ci aiutò
a prepararci e aspettò finché non arrivò
Beppe che prima mi intimidiva tanto,
ma dopo pochissimo tempo è sembrato
30
doveva andare a pescare, Sara a raccogliere la legna e Clara doveva rimanere
al campo per finire di sistemare e controllare che non arrivasse nessuno. Clara notò che nel sottobosco si muoveva
qualcosa, inizialmente pensò a qualche
animale, ma poi sentì dei lamenti e volle andare a vedere….
Si allontanò dal campo per una mezz’oretta, sperando che non succedesse
niente; si inoltrò nel bosco e, con sua
grande sorpresa, vide una cerbiatta che
stava partorendo….cercò di aiutarla e ci
riuscì; la cerbiatta diede alla luce tre
cuccioli. Clara li prese con sé insieme
alla madre e si diressero verso il campeggio; ma, con sua grande sorpresa,
non trovò più niente, era rimasto solo il
fuoco spento. Andò ad avvertire Sara ed
Alessandro che rimasero sorpresi pure
loro. Alla fine si ritrovarono soli, senza
niente e con tre cuccioli e una madre da
accudire. Cercarono di utilizzare quello
che trovarono e riuscirono a superare la
notte ma, quando arrivò la mattina,
scoppiò un temporale e loro cercarono
un riparo.
Più in là trovarono una grotta e così si
sistemarono, la notte era freddo ma si
strinsero l’uno accanto all’altro per farsi
caldo. Giorni dopo Alessandro andò a
perlustrare la zona circostante, trovò il
loro materiale da campeggio e se lo riprese, portandolo alla grotta; le ragazze
lo accolsero come un eroe ma non persero la testa. Mancava solo un giorno
prima di tornare a casa, così i ragazzi
iniziarono a preparare tutto e a scendere
verso valle. Arrivarono e incontrarono i
ranger, dissero loro di prendersi cura
dei cerbiatti. I ranger annuirono e riconobbero tutta la loro attrezzatura, chiesero dove l’avessero trovata e i ragazzi
risposero che l’avevano trovata in una
casetta isolata nel bosco. Alla fine scoprirono che erano stati i ranger a prendere le attrezzature dei ragazzi, perché
credevano che fossero dei cacciatori. Il
mistero era svelato, i ragazzi erano felici di aver salvato i cerbiatti e che tutto
fosse andato per il meglio.
Non avrebbero mai dimenticato quell’avventura!!!
Sara Buzzoni
IL MIO CAPODANNO
simpaticissimo.
Squillò ancora una volta la campanella
e tutte le classi uscirono per andare a
casa. Fuori c’era la mia mamma ad aspettarmi ed io le parlai di quello che
avevamo fatto e le dissi che quello era
stato il giorno più bello della mia vita;
lei mi guardò con un dolcissimo sorriso
che mi diceva tutto anche senza parole.
Io invece di parole ne usai tante: raccontai prima al mio papà e anche a mia
sorella tutto quello che avevo visto, che
avevo fatto, che mi avevano detto …
non la smettevo più. Così come non
smettevo di pensare a come sarebbe
stato il giorno seguente e il giorno dopo
ancora, e mi addormentai sfinito da
quella giornata, sorridendo e sicuro che
sarebbe stato sempre così.
Alessandro Vandini
Il 31 Dicembre ero a casa di mia nonna
ad Abkenor, un paesino che in italiano
viene tradotto “Paese vicino al lago”,
anche se sinceramente l’ho appena imparato.Era il paese in cui viveva mia
mamma trent’anni fa.
Mi svegliai, ma non avevo chiuso occhio tutta la notte, perché non ero abituata a dormire per terra, avevo molto
sonno e decisi di dormire ancora un po’.Mi addormentai e dormii fino alle 10.00, mentre in Italia erano le 7.30, perché ci sono due ore e mezza di differenza.
Era da tre giorni che eravamo lì, quello
era il terzo ed ultimo giorno.Io non volevo partire perché avevo conosciuto
un’ amichetta: una gatta selvatica infreddolita ed affamata.Era distesa sull’erba, io l’ avevo chiamata verso di me,
agitando la mano e lei mi era corsa incontro per disperazione, almeno così
credevo.Dopo che gli abbiamo dato cibo e un riparo dove passare la notte faceva le fusa e si strusciava contro di noi
per ringraziarci.Era dolce e magra e,
viste alcune sue caratteristiche, abbiamo
trovato il nome: “Luna fusa”, perché
l’avevamo trovata di notte, quando la
luna era brillante e non era coperta dalle
nuvole e perché faceva sempre le fusa.
Poi siamo partiti per un viaggio di sei
ore, dopo un’ora ero già molto stanca;
dovevamo anche mangiare visto che
erano le 14.30.Per fortuna, grazie ad un
amico di mio zio, che conosceva bene il
posto in cui eravamo, abbiamo trovato
un ristorante.
Erano ormai le 15.00.Tutto era perfetto,
la cosa più bella era che eravamo seduti
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su materassi, coperti da un tappeto, così
abbiamo mangiato bene.
Il viaggio era ancora lungo, dovevamo
ancora attraversare diverse città.
Eravamo partiti da Abkenor, poi siamo
arrivati a Rasht, Rudbor, Mangil,Quazvin, la città dove abbiamo mangiato, poi c’erano Kurag e Teheran, la
capitale dell’Iran, dove si trova la mia
casa.
Finalmente eravamo arrivati a casa, corsi a farmi una doccia; poi andai nella
casa di mia zia e feci i compiti, mentre
lei preparava la cena.
Finito di mangiare, mio zio mi insegnò
a fare un trucco con le carte, poi salii in
casa ad aspettare l’anno che sarebbe arrivato.
Jasmine Attar
FATTI INSPIEGABILI A CASA PIAZZI
Era una sera tarda con il temporale, ero
da solo in casa e stavo leggendo un libro, ma a un certo punto dovetti andare
in bagno.
Appoggiai il libro sul letto e mi allontanai, tornai dopo una decina di minuti e
non vidi più il libro, cercai per tutta la
stanza ma non lo trovai.
Ad un certo punto, sentii un botto e vidi
il libro per terra in soggiorno, provai
una strana sensazione, come un brivido
su per la schiena, mi passò davanti una
luce accecante che galleggiava nell’aria,
si fermò in cucina, proprio tra il frigorifero e la lavastoviglie.
Andai piano piano, passo dopo passo,
in cucina, mi avvicinai sempre di più,
ebbi molta paura, stavo per agguantarla,
mancavano più di due metri, a in certo
punto sparì nell’aria fluttuando.
Poco dopo si sentì un fischio fortissimo,
assordante tanto che mi piegai a terra
dal dolore.
Poi si fermò, sembrava tutto passato, ad
un tratto si aprirono tutte le finestre e le
porte e si accesero tutte le tv in casa
mia.
Mi alzai da terra e, dietro di me, passò
una donna che rideva, aveva una bocca
enorme, io scappai nello sgabuzzino.
Accesi una piccola luce e mi specchiai,
poi la luce si spense e si riaccese dopo
circa un minuto, nello specchio c’era
scritto “MORTE” con il sangue. Scap-
OMICIDIO AL MARE
pai fuori dallo sgabuzzino e fuori dalla
casa urlando per chiedere aiuto ai miei
vicini. Appena misi il piede fuori dalla
porta, si formò un immenso cratere e
caddi, rotolai quasi vicino al fondo…
Poi mi svegliai alle otto del mattino, ero
disteso e terra, in camera mia, con il libro in faccia, per fortuna era stato soltanto un sogno.
Andai in cucina, la colazione era già
pronta, c’era un giornale aperto sulla
tavola con un articolo dal titolo:“Fatti
inspiegabili a casa Piazzi”.
Roberto Piazzi
In una domenica di sole, due amici con
la stessa passione della pesca subacquea
andarono al mare.
Arrivati sulla spiaggia si infilarono le
tute e le maschere da sub, poi si immersero.
Gianni in realtà pensava di uccidere
Rudy spingendolo contro gli scogli, ma
poi gli venne l’idea di ucciderlo sparandogli un arpione, perché pensava che
Rudy gli aveva rubato la sua macchina
nuova.
Dopo aver preso qualche pesce, entrambi ritornarono sulla spiaggia per mangiare qualcosa e riposarsi un po’ perché
avrebbero fatto un’altra battuta di pesca
tevamo dormire e mangiare,sembrava di
essere in paradiso;c'erano tante farfalle
bianche che mi volavano attorno e un
intenso profumo di fiori.Alla sera abbiamo mangiato un buonissimo pollo allo
spiedo e patatine.La mattina seguente ci
siamo svegliati presto, abbiamo fatto
una colazione nutriente, qualche foto al
bellissimo panorama e siamo di nuovo
partiti.Quella mattina, prima di ritornare
a Malindi, abbiamo visto tre leoni, sette
giraffe e un cucciolo di ghepardo.La
sera nel nostro villaggio c’è stato un
"GALA’ "; io avevo un lunghissimo vestito e dei tacchi a spillo.Le settimane
sono terminate in fretta,e siamo ripartiti;
io ero in lacrime ma, una volta tornata,
sono stata contenta di rivedere la mia
amica del cuore, i miei compagni a cui
voglio tanto bene, e tutti i miei professori, che stimo tanto.
Una cosa mi è rimasta nel cuore:i sorrisi dei bambini e l'amore che provavano
per noi tutte quelle persone, mi ha colpito in particolare la loro povertà,
quando ho visto dei bambini di due anni
nudi in mezzo alla strada e i loro giochi
fatti con pezzi di ferro o di lega, ho pensato a noi, che possediamo la play
station , il cellulare e tanti giochi. Noi
stiamo molto più bene di loro , secondo
me forse abbiamo troppo dalla vita e
non sappiamo apprezzarlo.
Valentina Roversi
MISTERIOSI RUMORI
Una sera Miro, una ragazza di quattordici anni, era in casa da sola perché i
suoi genitori erano fuori per lavoro.Miro era una ragazza alta, magra, aveva i capelli neri e lisci, gli occhi azzurri e lucenti; era una ragazza molto
timida e per niente allegra, infatti era
quasi sempre triste, anche se i suoi genitori cercavano di riempirla d’affetto.Aveva pochi amici e a scuola stava
sempre con Ginevra, la sua migliore amica. Ginevra, al contrario di lei,era una ragazza molto allegra, vivace e aveva molti amici.
Quella sera Miro stava leggendo un libro nella sua camera, quando all’im-
provviso sentì una strana sensazione, si
sentiva spiata da qualcuno, ebbe molta
paura, però si fece coraggio e andò a
vedere se fuori ci fosse qualcuno.
Fuori non c’era nessuno ma, quando
rientrò in casa, sentì dei rumori provenire dalla sua camera.Miro era molto impaurita, così telefonò a Ginevra, la sua
amica, e le chiese se poteva venire a casa sua per passare la notte insieme.
Così Ginevra andò da Miro.Quando arrivò, Miro cominciò a raccontarle l’accaduto ma, non aveva ancora finito di
spiegarle tutto, che sentirono un forte
rumore proveniente dalla cucina, tutte e
due corsero in cucina e si accorsero che
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che aveva ancora l’arpione conficcato
nel petto.
Ad un tratto si sentì squillare un cellulare e, girando tra gli scogli, Marco scoprì
i vestiti della vittima e il suo telefonino
ormai muto.
Guardò tra i messaggi e lesse quello di
Gianni che dava appuntamento a Rudy
per andare a pesca.
Allora capì tutto e riuscì a cogliere di
sorpresa l’assassino proprio a casa sua
mentre tentava di scappare.
Nicola Patti
UN DELITTO AL MUSEO
IN AFRICA
Sono partita da Milano il giorno 16
Febbraio per andare in Africa,precisamente in Kenya, a Malindi.
Quando sono arrivata,dopo 9 ore di aereo,c'èra un caldo soffocante;abbiamo
preso il pulman e siamo andati nel villaggio:era bellissimo, non era tanto
grande ma, nel suo piccolo,era meraviglioso.
Ho fatto tante escursioni, una in particolare mi è piaciuta "da morire"il "Safari",
che è durato due giorni e una notte.Siamo partiti alla mattina alle 4.30
dal villaggio;quando siamo arrivati nella savana ho visto tanti animali:giraffe,
elefanti, leoni, zebre, scimmie, ippopotami, gazzelle, struzzi...ecc.
Poi siamo arrivati nelle logge dove po-
nel pomeriggio.
Intanto che Rudy dormiva, Gianni preparò l’arma del delitto, ovvero un arpione in alluminio; quando Rudy si svegliò
entrambi si infilarono ancora le tute da
sub e insieme andarono sott’acqua.
Appena Gianni fu immerso sparò a
Rudy colpendolo nel petto, come se non
volesse lasciarlo soffrire!
Il giorno dopo un pescatore trovò sulla
spiaggia il corpo di Rudy e, senza perdere tempo, chiamò il suo amico Marco,
un investigatore privato molto in gamba.
Quando Marco arrivò, il pescatore gli
spiegò tutto e gli fece vedere il corpo
era caduto un vaso.
Le ragazze non riuscirono a darsi una
spiegazione di come il vaso fosse potuto
cadere. Ma, mentre tornavano in salotto,
Milo si accorse che c’era qualcosa sul
divano, si avvicinarono e videro che era
un gatto.Il gatto era entrato dalla finestra che Miro aveva dimenticato di
chiudere. Così le ragazze scoprirono
che era stato il gatto a far cadere il vaso
e a provocare tutti quei rumori.La scoperta del gatto fece finalmente sorridere
Miro.
Erica Fioresi
In una tranquillo sabato di primavera,
verso le sei di sera, all’ora di chiusura
di un museo di Filadelfia un uomo cadde a terra in mezzo alla folla che usciva;
il custode cercò di sollevarlo e così,
girando il corpo, vide la sua schiena
perforata, allora capì che qualcuno gli
aveva sparato; mentre cercava di aiutarla la vittima guardò verso uno specchio
e sussurrò: “Ai lati …”
L’investigatore Mike passava lì per
caso, e quando vide tutta la polizia davanti al portone del museo si incuriosì,
andò a vedere e vide il corpo dell’uomo
accasciato a terra, ormai morto.
Allora chiese informazioni su chi fosse
e seppe che si chiamava Ector Potenza e
che aveva settantadue anni.
L’investigatore Mike e il suo assistente
Andry cominciarono l’inchiesta, iniziando a chiedere ai testimoni che cosa
avevano visto o sentito; una buona parte
di essi disse che avevano sentito un
rumore provenire dal lato destro della
stanza.
Mentre Mike si guardava allo specchio
per sistemarsi i capelli, si ricordò di ciò
che aveva raccontato il custode, cominciò quindi a toccare la cornice dello
specchio e improvvisamente si aprì un
passaggio segreto.
Proseguendo per il tunnel dietro allo
specchio arrivò alla casa della figlia di
Ettore Potenza; indagando su di lei scoprì che il giorno dell’omicidio era andata prima del solito a Messa per confessarsi, lasciando in casa il nipote che era
andato a trovarli per qualche giorno.
Quando Mike lo interrogò il nipote si
giustificò dicendo che lui quel pomeriggio era andato a una festa di compleanno ed era rientrato molto tardi.
L’investigatore non si fece ingannare,
egli infatti aveva trovato un sacchetto di
patatine nel tunnel!
A quel punto vennero rilevate le impronte digitali su quel sacchetto e si
scoprì che erano di Eddie, il nipote; per
di più si scoprì anche che egli era andato via molto presto dalla festa, come
confermarono i genitori del festeggiato.
Perquisirono quindi la stanza del nipote
e trovarono anche l’arma del delitto così
egli fu condannato per omicidio premeditato.
Continuando l’inchiesta, si scoprì che
tre quarti del patrimonio di suo nonno li
avrebbe ereditati il nipote che alla fine
confessò di averlo ucciso perché non
voleva aspettare la morte del nonno per
godersi la vita!?
Gabriele Giori
L’UNIONE FA LA FORZA
Un giorno due lupacchiotti, Wolf e Rex,
andarono a cercare qualcosa da mangiare nel bosco.
Quando venne la notte sentirono degli
strani rumori ed allora decisero di accamparsi e di riprendere il viaggio la
mattina successiva. La mattina seguente
al loro risveglio, avevano molta sete e
proprio in quel momento passò loro
davanti un topo; iniziarono a corrergli
dietro, ma ad un certo punto si trovarono davanti un grosso lupo che disse
loro<< Siete nel mio territorio, andarvene subito, altrimenti ve ne pentirete!>>.
I due lupacchiotti corsero a nascondersi
dietro ad un albero e Rex disse <<
Guarda lui ha un ruscello e molte cose
da mangiare>> Wolf gli rispose che, la
cosa che gli dispiaceva di più era che
uccideva tutti gli animali che incontrava ;<< Dobbiamo escogitare un piano>> disse Wolf: Pensarono e pensarono poi a Wolf venne un’idea <<Gli diremo che c’è in lupo più grosso di lui
che dice di essere il più forte>>.
Lo portarono quindi al fiume per fargli
vedere il suo “nemico”. Quando il lupo
arrivò al fiume si sporse per vedere
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l’altro lupo e, quando vide la sua immagine riflessa, non si riconobbe e si gettò
nell’acqua per azzannare l’avversario,
così annegò. I due lupacchiotti allora
annunciarono a tutti gli animali del bosco che il lupo era morto e quindi, da
quel momento, c’era acqua e cibo a
sazietà per tutti.
Da allo ra tutti vissero felici e contenti.
Elena Tralli
UN GIORNO DI PESCA
Un bel giorno un giovane pescatore era
sulla riva a pescare quando a un certo
punto vede l’acqua muoversi in un modo strano e vide del sangue, ma dato
che era tardi andò a casa.
Il giorno dopo vide ancora l’acqua che
si muoveva in modo strano allora si vestì da subacqueo e si immerse nel profondo lago. Quando arrivò in fondo vide una grossa coda che nuotava e andò
a vedere che cosa era; appena arrivò,
da una grande grotta uscì un mare di
sangue e poi un enorme drago, questo
drago era capace di ogni cattiveria allora il povero pescatore tentò di scappare,
ma si accorse che era troppo lento a
nuotare, quindi vide un cavalluccio ma-
rino che gli disse:<<Vai in quella grotta
> e lui vi andò, ma in realtà il cavalluccio era il servo del drago, così quando
andò nella grotta il drago lo seguì, ma il
giovane riuscì ad uscire da una fessura
della grotta. Mentre scappava vide un
pesce dorato che gli disse di andare nella grotta alla sua destra, e quando vi arrivò vide che era piena di scheletri, ma
in fondo vi era una conchiglia che brillava la prese e pensò che se l’avesse
venduta avrebbe guadagnato moltissimi
soldi. Appena uscito dalla grotta tornò
dal pesce dorato e lui gli disse che se
avesse aperto la conchiglia mentre vedeva il drago questi sarebbe morto perché dalla conchiglia usciva la luce del
PER FORTUNA ERA SOLO UN SOGNO
bene. Il giovane fece quello che gli aveva suggerito il pesce; entrò senza paura
nella grotta del drago gli andò vicinissimo e lo toccò, appena il drago aprì gli
occhi il giovane aprì la conchiglia e il
drago si polverizzò all’istante, poi il
giovane ritornò dal pesce e lo ringraziò
tantissimo. Il giovane salì a riva a pescare e da quel giorno tutti riuscirono a
pescare tanti pesci.
Angelo Chersoni
UNA GIORNATA SIGNIFICATIVA
Giovedì 28 dicembre 2006 alla mattina
quando mi sono svegliato sapevo che
nel pomeriggio io e mio padre saremmo
andati a vedere le finali di basket a gallo, un paese vicino al mio.
Durante la mattina ho fatto un po’ di
compiti e durante il pranzo io e mio padre abbiamo deciso di vedere le partite
che iniziavano alle cinque.
Il torneo si svolgeva in una palestra; appena arrivati abbiamo pagato il biglietto
poi siamo andati in tribuna tra i tifosi
delle squadre in gara.
Al torneo partecipavano tante squadre:
la Virtus di Bologna, la Sanibal Ferrara,
Reggio Emilia, Padova, le Quattro torri
di Ferrara, Cento.
Non conoscendo le regole, a volte non
capivo perché l’arbitro interrompeva il
gioco.
I giocatori erano molto veloci ed agili; i
loro allenatori erano molto severi quando sbagliavano.
Con il proseguire delle gare sono riuscito a capire il gioco e quindi ero molto
appassionato.
Io facevo il tifo per la Virtus di Bologna
e alla fine proprio la mia squadra ha
vinto il torneo.
Quando siamo usciti era molto tardi, ero
stanco, ma contento perché avevo visto
dal vero una partita importante
Filippo Fabbri
che ha scaricato da internet oppure le
piace tanto (ma non ho mai capito che
cosa ci sia di divertente) andare nel pannello di controllo a cambiare le impostazioni!
Quando invece, si sente sola e triste,
scrive nel suo diario segreto e mi racconta tutto quello che ha fatto e tutto
quello che pensa, devo dire che ha una
mente molto contorta! Ma non le dite
nemmeno questo!
Mi piace molto “ascoltare” i suoi problemi perché sono così “divertenti” che
mi passo il tempo altrimenti sarei sempre da solo.
Dopo circa un’oretta mi spegne.
Alle 19, di solito la vedo ritornare, mi
accende ma solo per ascoltare la musica, però mi tiene compagnia lo stesso!
Verso le 22e30 va a dormire e appena
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lo cercammo attorno al capanno, ma poi
ritornammo a letto.
La mattina dopo il cane non era ancora
tornato e noi decidemmo di andare a
dare un’occhiata sulle montagne. Arrivati sulle montagne vedemmo una caverna con scritto nella porta “I FRATELLI KILLER” e noi spaventati da
quel nome ci guardammo attorno e vedemmo il collare del cane per terra.
Il bambino si mise a piangere e mi disse
di andare dentro a vedere, io aprii la
porta e dentro c’erano delle scale, le salii e vidi i genitori del bambino insieme
ad altre persone morte. In un angolo c’era il cane del bambino ucciso; così tornai con il mio nuovo amico alla nostra
capanna di corsa, raccogliemmo le no-
stre cose ed andammo a nasconderci in
una grotta della montagna perché i fratelli KILLER ci avevano sentiti e ci stavano cercando. Dopo aver girato per
tutta la montagna e poiché non ci avevano trovato,tornarono alla caverna e
noi potemmo uscire dalla montagna e
tornare alla nostra capanna.
Il bambino mi raccontò che i fratelli
KILLER erano alti 2.50 metri avevano i
capelli con qualche ciuffo nero con le
guance grosse con qualche ruga. Loro
uccidevano la gente ma soprattutto
bambini per rivenderli morti in altre città; avevano sempre con loro un grosso
bastone che usavano per picchiare le
persone che poi catturavano e portavano
nella caverna.
La notte seguente non riuscimmo a dormire perché eravamo impauriti e pensavamo che ci scoprissero; ma poi la stanchezza ci colse e ci addormentammo:
Ci svegliammo che eravamo nella caverna ed i due fratelli si avvicinarono
minacciosi,ma…mia sorella era entrata
in camera e, facendo rumore, mi aveva
svegliata.
Mi sedetti sul letto e pensai “Per fortuna
era solo un brutto sogno…”
Martina Ardondi
PICCOLA KATY
LA MIA AMICA GIULIA
Ciao a tutti sono il computer di Giulia
o come la chiamo io Giugy!!Vi voglio
raccontare tutte le cose che facciamo
insieme.
Alla mattina quando si sveglia, sveglia
tutti compreso me( da quanto è poco
rumorosa!)si veste si va a lavare la faccia e mangia.( vi svelo un segreto quando si sveglia e scende dal letto ha tutti i
capelli sparati e le occhiaie!! ma non
glielo dite!!)
Verso le 14 e 30, quando ritorna da
scuola, mi accende, io le faccio vedere
che deve mettere la password e poi incomincia ad aprire tutte le icone, ma
alla fine apre solo quella della musica.
Di solito gioca a carte anche se perde
sempre, il suo gioco preferito è spider!
Quando non sa cosa fare perché i compiti li ha già fatti, guardiamo un film
Era una notte di Dicembre e fuori pioveva.
Io ero nella mia stanza in punizione perché non avevo obbedito alla mamma ed
ero rimasta senza cena. Verso le 21.00
mentre stavo leggendo mi addormentai
e mi risvegliai in una grande città di
montagna piena di case e di gente povera.
Ero molto spaventata entrai in una casa
e vidi una mamma che stava picchiando
suo figlio; io allora corsi fuori e mi allontanai dalla città verso le montagne.
In una radura proprio ai piedi della
montagna trovai una capanno che sembrava abbandonato, ma, dentro c’era un
bambino tutto solo che stava dormendo
insieme al suo amato cane. Io li svegliai
e mi presentai loro. Cominciammo poi
a parlare e gli chiesi perché era li e non
insieme alla sua famiglia; lui mi disse
che i suoi genitori li avevano trovati uccisi tra le rocce di una montagna.
Lui mi disse che non era mai andato
sulle montagne per quello che era successo ai suoi genitori.
Era arrivata ormai la notte notte, ed io e
il bambino pensammo di metterci a dormire.
Verso mezzanotte sentimmo degli spari,
quando ci svegliammo vedemmo che il
cane era sparito, noi molto spaventati
tocca il letto si addormenta!
Poverina è fusa!!
Sembrerebbe che non le sono affezionata e invece le voglio tanto bene!
Lei è l’unica che mi spolvera tutti i
giorni, non tutti lo fanno con i propri
computer.
Delle volte mi dimentica acceso perché
si addormenta! Allora sua mamma mi
spegne subito per fortuna!!
Io sono felice di avere una “padrona”
così! un po’ “matta” ma simpatica! Una
cosa importante è che mi vuole bene!!
almeno spero....!
Giulia Valenzano
Mancava un giorno al mio decimo compleanno ed ero agitata perché non vedevo l’ora di scartare i miei regali; guardando il mio cellulare mi accorsi che mi
era arrivato un messaggio: era il mio
papà che mi scriveva: « Vieni fuori, c’è
un regalo per te!»
Corsi fuori e vidi mio padre che aveva
in mano una “cosa” di plastica; io non
riuscivo ad immaginare cosa ci fosse
dentro, ma poi vidi un musetto nero e
bianco che spuntava fuori: era una gattina!
Dovete sapere che io da sempre ho sognato di avere un animale, ma i miei
genitori non mi hanno mai accontentato
perché dicevano che non sarei riuscita a
badargli, invece io ero convinta che non
sarebbe stato così.
Forse la mia insistenza li aveva convinti
ed ora avevo davanti a me il simpatico
musetto di una gattina, la mia gattina!
Subito la presi in braccio e la portai in
casa perché tremava per la paura, ringraziando il mio papà e la mia mamma.
Nella mia camera cominciai a farla giocare con dei lacci e delle palline. All’improvviso mi resi conto che per la
gioia non le avevo ancora dato un nome!!!!! Pensandoci mi venne in mente
un programma televisivo dove cantavano una canzone dal titolo “ Piccola
Katy”, decisi allora di chiamarla Katy.
Giocai con lei tutto il pomeriggio: era
così carina e quando l’accarezzavo faceva le fusa!!!
Giunse l’ora di cena ed io e la mia gattina andammo in cucina dove la mamma
stava preparando il pollo; appena Katy
ne sentì l’odore fece un salto e rubò una
coscia mangiandosela in un baleno!
Il giorno seguente era il mio compleanno e mi alzai presto; cercando di non
svegliare la mia gattina cominciai a
scartare i miei regali, tutti bellissimi ma
nessuno mi diede la gioia di quando a37
vevo ricevuto la mia Katy.
Non finiva di stupirmi, come quando mi
cadde una caramella e la mia gattina
corse, schiantandosi contro il frigo, per
prenderla e riportarmela! Mi venne il
dubbio che si sentisse un cane perché di
solito sono loro che riportano gli oggetti
lanciati dai padroni! E’ proprio una gattina speciale!!
E poi non è finita qui.
Il mattino seguente cercai di infilarmi le
scarpe ma non riuscivo ad entrarci con
il piede perché erano piene di caramelle!
Io voglio tanto bene alla mia gattina, la
considero quasi come una persona e,
ancora oggi, ogni giorno non vedo l’ora
di tornare a casa per abbracciarla e coccolarla!!!!
Natascia Coratti
LA RAGAZZA SCOMPARSA
Roma, Liceo “Sperimenti”, ore 18:00
del giorno venerdì 17 del mese di Novembre; una ragazza di nome Sara sta
svolgendo nel laboratorio un esperimento di Scienze che le servirà per il giorno
dopo.
Fuori dal Liceo si aggira una ragazza
vestita di nero con in mano delle corde
e delle forbici.
Ore 18:15, la ragazza in nero si reca
nella stanza dove si trovano i contatori
elettrici e inizia a tagliare i fili in modo
da far andare via la luce.
Sara resta al buio e, spaventata, cerca
una torcia.
Intanto la ragazza in nero approfitta del
buio per aggredirla e portarla via.
Sara viene colpita e sviene. Sul Liceo
cala il silenzio.
A terra resta un pezzo del fermaglio a
cui Sara è legata particolarmente.
Il giorno dopo la madre di Sara si accorge che la figlia non è rincasata e allora
telefona alla sua migliore amica per
chiederle se l’aveva vista, ma lei non sa
nulla; a quel punto prova a chiedere al
custode del Liceo se sa qualcosa ed egli
le racconta che il pomeriggio del giorno
prima aveva sentito un urlo provenire
dal laboratorio di Scienze e di essersi
molto spaventato, che era andato a vedere però non c’era nessuno in tutto l’edificio.
La madre preoccupata chiama prima la
polizia ma le dicono che deve aspettare
almeno due giorni prima di poter fare la
denuncia; allora la poverina si rivolge
all’ investigatore privato Schik e al suo
aiutante Mark.
L’investigatore per prima cosa chiede
alle persone che abitano nei dintorni del
Liceo se hanno sentito o visto qualcosa
e un uomo racconta di aver visto una
ragazza in nero entrare nel Liceo alle
18:00 e che poi alle 18:45 ha visto una
macchina passare a tutta velocità.
Dopo l’investigatore si informa dalla
madre si informa dalla madre delle amiche che Sara frequentava, ma nessuna
di loro sapeva niente, tranne una che
sapeva che Sara non era tanto simpatica
ad Anna e che aveva raccontato quanto
LA SCATOLA
Anna fosse gelosa di lei perché aveva
un bel fisico, era intelligente e prendeva
sempre bei voti al contrario di lei.
Allora l’investigatore decide di andare a
trovare Anna; una volta lì si accorge
che in un cespuglio davanti all’entrata
c’era qualcosa impigliato nei rami, lo
prende e vede che è l’altra parte del fermaglio di Sara. Chiede quindi spiegazioni ad Anna ma lei sembra stupita e
dice di non saperne niente.
Intanto Mark perlustrando la casa sente
delle urla provenire dalla cantina, ne
apre la porta e sul pavimento vede delle
catene, le segue e si accorge di una ragazza in fondo alla stanza, Sara!
Mark avverte subito l’investigatore. Anna prova a scappare ma senza successo.
A quel punto Schik chiama la polizia e
fa arrestare Anna.
Poi accompagna a casa Sara che così
può riabbracciare finalmente la sua famiglia.
Natascia Coratti
LO SMERALDO RUBATO
Nonna Carla, la proprietaria della locanda di un paese di montagna, aveva assunto da poco un nuovo cameriere che
al custode Filippo non andava a genio:
secondo lui faceva troppe domande sullo smeraldo gigante custodito nella cassaforte della locanda.
La pietra preziosa era stata trovata anni
fa nella vicina miniera e tutti la consideravano un portafortuna per il paese.
Filippo andava spesso a controllare se
lo smeraldo era al suo posto e quando si
accorse che era sparito gli venne un attacco di panico.
Si precipitò nella locanda e accusò il
cameriere; il parroco che passava di là li
sentì litigare e quindi entrò per calmarli.
Nonna Carla sentì le urla e chiese che
cosa era successo; il custode le disse
tutto.
Da poco nel paese era arrivato un investigatore privato, Giacomo de Giacobini; in realtà egli era ancora inesperto
perché non aveva risolto neanche il suo
primo caso.
In ogni modo assunse l’incarico che
nonna Carla gli dette, così cominciò la
sua indagine.
Interrogò per prima nonna Carla e le
chiese che cosa aveva fatto nella mezz’ora prima di sentire litigare il cameriere
e il custode; al cameriere chiese perché
era venuto in quel paese; il custode, visto che lo sapevano tutti, confermò che
aveva bisogno di soldi ma non aveva
rubato lui lo smeraldo; al parroco chiese
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perché era sporco di terra, infatti era
una cosa strana, ma il parroco gli rispose che quando aveva sentito il litigio si
trovava nel suo orto.
L’investigatore trovò delle tracce fuori
dalla locanda, erano delle impronte di
scarpe, così controllò tutte le scarpe dei
quattro sospettati e vide che corrispondevano con quelle del parroco.
Gli sorse un dubbio, poi vide anche una
specie di gelatina sopra le scarpe, chiese
al custode che cosa poteva essere ed egli rimase sorpreso perché era la sostanza con cui era stato ricoperto il gioiello.
Il colpevole era proprio il prete e l’investigatore andò a casa sua e lo accusò di
aver rubato lo smeraldo, allora il ladro
scoppiò a piangere: egli voleva dare una
scuola ai bambini africani da lui adottati, non voleva fare un torto a nessuno,
anzi del bene; quel gioiello in cassaforte
non serviva a nessuno!
L’investigatore aveva così risolto il suo
primo caso, ma il prete non fu imprigionato perché nessuno volle denunciarlo
dopo aver saputo per quale motivo aveva rubato lo smeraldo gigante.
Elena Maietti
“Buona sera, signor Rider, mi ha chiamato?”
Il signor Rider con voce molto bassa
rispose: “Si, si! Ho bisogno.”
“Mi dica pure.”
“Devi andare su in mansarda …”
“In mansarda?”
“Si, in mansarda, ma parla piano.”
“Va bene signore, ma cosa devo fare?”
“Devi aprire la cassaforte e prendere la
scatola che c’è al suo interno, La combinazione è 54 – 6 – 9 – 27. Appena l’avrai presa portala qua da me.”
“Vado subito.”
Ma quando ritornò il maggiordomo si
accorse che il signor Rider era morto e
chiamò la polizia.
“Assassinato da una penna! Molto originale, tu che ne dici Gimmy?” disse
l’ispettore Armando Romano, un uomo
piccolo, con pizzetto bianco, faccia cicciotella, occhi grandi e neri, ma con un’intelligenza di cinquanta intellettuali
messi insieme e poi aveva una passione
per i francobolli e non parliamo del il
salame e del peperoncino piccante che
venivano dalla sua regione, la Calabria.
Gimmy era suo nipote ed era nel suo
ufficio quando il maggiordomo aveva
telefonato.
“Si, hai ragione zio.”
“Maggiordomo che cosa è quella scatola che ha in mano?”
“Niente, sono cose mie.”
“E come mai sopra c’è scritto Rider?”
“Ah, si … la scatola è della ditta che il
signor Rider sponsorizzava.”
“Da quello che so io il signor Rider
non ha mai sponsorizzato una ditta di
scatole.”
“Invece si, la Corpos Fabric Company.”
“Va bene può andare, ci vediamo in tribunale.”
“Zio io ho già qualche sospetto.”
“Anch’io, tu non hai visto quegli schizzi di sangue che aveva vicino agli occhi?”
“Si, ma ci ha detto che l’ha soccorso
…”
“E poi il maggiordomo aveva anche una
macchia di inchiostro sulla mano destra
…”
“Il colpevole può essere soltanto lui,
vero zio?”
“Oh, ci sei arrivato finalmente! Per oggi
va bene così, ci rivedremo in tribunale.”
“Aspetta zio, ma tu sai cosa c’è in quella scatola?”
“Lo scopriremo, stai tranquillo.”
…
Pom pom pom… “L’udienza è aperta.”
disse il giudice.
L’ispettore Armando Romano disse subito al giudice:
“Se mi posso permettere …”
“Parli pure ispettore”
“Ecco, volevo dire che il colpevole è il
maggiordomo.”
“E da cosa lo deduce?”
“Prima di tutto aveva una macchia di
inchiostro sulla mano destra; sicuramente si è sporcato mentre la svuotava
per riempirla di veleno, poi si è avvicinato alla vittima e lo ha colpito alla giugulare, infatti sulla penna ci sono ancora le sue impronte. Così ha potuto rubargli l’assegno da un milione di dollari
che era nella scatola. Egli aveva una
“storia” con la moglie del signor Rider
e voleva scappare con lei.”
“Si, però non ci sarebbe stato bisogno di
rubare l’assegno, la moglie avrebbe ricevuto l’eredità del marito …”
“Invece no! Infatti il signor Rider ha
sempre sospettato della moglie e allora
aveva destinato il suo patrimonio ad una
associazione che aiuta i bambini del
Terzo Mondo.”
“La causa è già risolta: il colpevole è il
maggiordomo. L’udienza è tolta.”
A quel punto il nipote dell’ispettore gli
chiese:
“Zio, ma i soldi?”
“Non preoccuparti ho pensato a tutto io
e li ho dati in beneficenza come avrebbe
voluto il signor Rider.”
Francesco Corace
OMICIDIO SUL VOLO 492
Aeroporto di New York, volo 492, l’aereo diretto in Inghilterra decollò in perfetto orario.
A metà viaggio, durante il pranzo, si
sentì un urlo proveniente dal bagno;
molte delle persone imbarcate sull’aereo accorsero per vedere che cosa fosse
accaduto e trovarono il corpo di un uomo steso a terra, in una pozza di sangue.
Tutti restarono sconvolti, allora una hostess buttò subito un grande asciugamano su di lui.
Tra i passeggeri c’era un investigatore
di nome Park, famosissimo per risolvere
i casi di omicidio, accompagnato dal
suo aiutante Fray; essi si preoccuparono
subito di identificare la vittima e scoprirono che l’uomo si chiamava Bit Hirly,
una persona molto ricca in viaggio con i
suoi quattro figli: il primo si chiamava
Heirlade, il secondo Vraey, il terzo Si-
mon e il quarto Essons.
L’investigatore, guardando la scena del
delitto, sollevò il grande asciugamano e
vi scoprì una scritta, forse fatta dalla
vittima sul pavimento con il sangue:
nomis.
Il suo aiutante intanto cercava altre trac-
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ce e interrogò i presenti; una vecchia
signora disse di aver visto un uomo con
degli occhiali neri che era uscito dal bagno frettolosamente.
Fray corse subito a dare la notizia all’investigatore. Dopo qualche minuto di
silenzio, Park parlò a tutti i passeggeri:
“Guarda caso Simon, il figlio di Bit
Hirly, porta degli occhiali neri come ha
visto la signora e se guardiamo l’asciugamano allo specchio la scritta “nomis”
diventa “Simon”, proprio lui!”
E indicò il colpevole che confessò: egli
aveva perso grandi somme di denaro al
gioco e il padre voleva cancellarlo dal
proprio testamento
così egli non avrebbe potuto ricevere
nessuna eredità!
Marco Pareschi
SALVATE GIULIANO
Stavo rincasando per cena quando vidi
un anziano signore che barcollava in
mezzo alla strada, addosso aveva un
golf mezzo stracciato e si appoggiava a
un bastone per tenersi dritto; allora mi
fermai per soccorrerlo e gli chiesi cos’era successo.
Prima non disse nulla, poi alzato il volto
bisbigliò: “Aiutami, qualcuno ha tentato
di uccidermi.” e cadde a terra svenuto.
Chiamai subito l’ambulanza che lo portò in ospedale.
Il giorno dopo lo andai a trovare e gli
feci qualche domanda per chiarirmi le
idee. Si chiamava Giuliano Montreschi,
aveva 91 anni, abitava in una villetta di
campagna con la sua gatta “Contessa” e
qualcuno voleva ucciderlo forse per la
sua eredità.
Salii sulla mia 500 e mi diressi verso la
sua casa; giunto a destinazione vidi un’auto ferma: sul parabrezza c’era il simbolo dei medici; davanti alla porta di
casa due persone: Max e Terry, i due
nipoti di Giuliano.
Mi chiesero se sapevo dov’era il loro
nonno e io risposi: “State tranquilli, ora
è al sicuro all’ospedale ma qualcuno lo
ha aggredito.”
Aprii la porta e intanto notai che la serratura un era stata forzata; entrai e vidi
una luce che pian piano si affievoliva
provenire dal salotto, mi accostai alla
porta e vidi una gatta che dormiva beata
davanti al caminetto dove il caminetto
si stava spegnendo.
Setacciai tutta la casa ma non trovai
niente, solo un forchettone per la carne
ai ferri sporco di sangue, lo misi dentro
un sacchetto di nailon per farlo esaminare.
Tornai fuori e prima di salire in macchina, poiché avevo deciso di interrogare i
nipoti, li convocai per l’indomani.
Il mattino dopo erano già davanti alla
porta del mio ufficio quando arrivai.
Entrammo e dopo qualche domanda
seppi che nel tardo pomeriggio del giorno in cui il nonno aveva subito l’aggressione lo avevano visto da una finestra
del loro appartamento di città mentre
litigava con qualcuno che poi lo aveva
“spinto” con tanta forza che il nonno
era quasi caduto.
Erano subito scesi in strada ma non avevano più visto né il nonno né l’uomo
ed essi erano rimasti molto indecisi se
andare o no a riferire tutto alla polizia,
ecco perché erano poi andati a casa sua.
Ero scombussolato, non capivo cosa mi
stava sfuggendo.
Decisi allora di fare a Giuliano un’altra
IL FUTURO NEL SOGNO
visita per chiedergli se aveva notato
qualcosa di strano nel suo aggressore.
“Ricordo di aver visto che il colletto
sbottonato della camicia non aveva l’asola dritta, ma obliqua.”
Uscii dalla sua stanza e incrociai un’infermiera che aveva pronta una flebo per
Giuliano, la salutai e ognuno prese la
sua strada; ma poi mi fermai di botto:
c’era una macchiolina scura sul suo camice e i veleni hanno un colore scuro
non le flebo!
Mi venne anche in mente che l’infermiera aveva il colletto sbottonato e l’asola era obliqua: allora collegai tutte le
cose che sapevo e capii tutto.
Tornai subito nella stanza di Giuliano e
prima che la donna infilasse l’ago pieno
di veleno nel suo braccio dissi: “ Fermi
tutti, ho capito chi è il colpevole.”
Giuliano a bassa voce chiese: “Chi è?”
“E’ la donna che ti è accanto, voleva
avvelenarti perché non è riuscita ad ucciderti con quel forchettone. Senz’altro
era d’accordo con il suo fidanzato medico, tuo nipote Max: lei doveva ucciderti
e lui avrebbe diviso con lei la sua eredità.”
Francesco Vernacci
Sono le 11 di sera e ho appena finito di
lavarmi i denti, sono stanca e vorrei andare a letto a farmi una bella dormita.
Sto dormendo ma… forse sono sveglia;
davanti a me vedo una televisione e io
ci sono dentro, mi vedo… sono più
grande, ho tre anni in più.
Sono cambiata: ho i capelli che arrivano
fino alle spalle, sono dritti, sono alta e
magra, per mia fortuna non porto più
l’apparecchio ai denti. Sono cambiata
anche nel carattere: sono più sicura di
me stessa, non sono più timida. Mi piace stare in compagnia dei miei amici.
In questo momento mi trovo in aula, sto
facendo lezione, frequento la scuola che
avevo deciso da tempo : l’Istituto alberghiero. Sono contenta.
La lezione che sto seguendo è Educazione alimentare, è interessante questa
materia, non è noiosa, anzi è divertente.
Il primo anno, quando sono arrivata,
non conoscevo nessuno, mi sono trovata
in difficoltà all’inizio, poi ho conosciuto
una ragazza di nome Chiara. Chiara è la
mia migliore amica, con lei condivido
tutto, ci scambiamo i vestiti, andiamo a
dormire l’una dall’altra.
Fino ad allora non avevo mai avuto una
“ migliore amica”, sì avevo molte amiche, ma non una “migliore amica”.
Suona la campanella della seconda ora,
IO, AL LICEO
Finalmente è iniziata la scuola!
Come tutte le mattine, prendo la corriera e mi dirigo alla mia scuola. Ecco, ci
siamo quasi...inizio a scorgere la facciata del liceo "G. Carducci" di Ferrara.
Scendo e mi incammino all' entrata.
Davanti alla porta ci sono le mie nuove
amiche, che mi aspettano. Guardandole
mi rendo conto di quanto si può cambiare in tre anni. Eccomi lì, un po’ più
alta del solito, capelli lunghi e lisci,
sempre castani. Il mio carattere non è
cambiato molto, sono solo più sicura di
me.
Suona la campanella... è ora di andare.
In questa scuola mi trovo molto bene,
frequento l' indirizzo socio-psicopedagogico e, come in ogni classe,
qualcuno si sopporta di più e qualcuno
di meno. Intravedo dalla porta un lembo
della lunga gonna della prof. di biologia
e avviso la mia compagna di banco del
suo arrivo. Eccola, sta varcando la so-
glia... improvvisamente la classe diventa silenziosa e ordinata, si sentono tutti i
miei compagni gridare un energico buongiorno- ma io, il lunedì mattina,
non sono tanto sveglia.
Come l' anno scorso, mi aspetto che
tutti i professori ci chiedano come abbiamo trascorso le vacanze e se siamo
contenti di tornare a scuola, così succedeva alle medie; invece qui si parte subito con la lezione.
Le ore passano molto lentamente; mi
ricordo che tre anni fa passavano più
velocemente.
Esco da scuola e prendo la corriera che
mi porta a casa; mia mamma è al lavoro, e io rimango in casa con il mio cane.
Dopo pranzo, salgo in camera mia e
inizio a fare i compiti che, essendo il
primo giorno, non sono molti. Decido
poi di uscire un po’; adoro l' aria autunnale!
Verso sera arriva mia madre e pronun-
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ma abbiamo la stessa materia per un’altra ora consecutiva.
La professoressa apre il registro per vedere chi interrogare; sono pronta, ieri io
e Chiara abbiamo studiato insieme. La
professoressa però chiama Marco.
Dopo 45 minuti, suona la campanella;
non ne potevo più di ascoltare l’interrogazione di Marco, anche se è andata bene.
Sono al terzo anno e sia io che Chiara
abbiamo dovuto scegliere tra: cucina,
sala, bar o ricevimento. Abbiamo scelto
entrambe ricevimento.
Questa scuola mi piace molto, mi affascinano diverse materie come: educazione alimentare, alimenti e alimentazione, ma soprattutto i laboratori, dove
andiamo a fare pratica per cucinare o
per apparecchiare i tavoli; è una scuola
molto impegnativa, perché, oltre alla
mattina, abbiamo dei rientri al pomeriggio.
Di qualche anno fa non rimpiango quasi
niente, a parte il fatto che prima avevo
più tempo libero. Oltre alla scuola e ai
rientri, ho anche la pallavolo che mi toglie non poco tempo; abbiamo allenamento due volte a settimana, in più le
partite il sabato pomeriggio o la domenica.
Finalmente arriva la campanella dell’ul-
tima ora del sabato e le lezioni sono finite; vado alla fermata della corriera che
arriva alle 13:35 e arrivo a casa alle 14:15. In corriera c’è molta confusione e
io non vedo l’ora di arrivare a casa; dove purtroppo c’e anche mia sorella; litighiamo molto, ma ci divertiamo.
Appena finito di mangiare, vado in camera mia a fare i compiti. Di solito esco
con il borsone da pallavolo, anche oggi
mi aspetta un altro allenamento. Noi
ragazze di pallavolo siamo 16, siamo un
bel gruppo. A pallavolo ho legato di più
con alcune persone che con altre: Rita,
Federica e Giulia. Sono felice di far parte della squadra del “Voghiera”.
Questa è una mia giornata tipica…ma
scopro che sono le 7:20 e la sveglia sta
suonando … mi ritrovo a letto, so che
mi devo alzare e devo andare a scuola.
Mi rendo conto che è stato un sogno;
ripensandoci, mi dico “che sogno strano!!… però, spero proprio che si possa
realizzare!!!
Ambra Buzzoni
LA COPPA
cia la solita domanda: - “Com'è andata
a scuola?”- alla quale io rispondo con la
solita risposta: -“Tutto bene”-.
Com'è bello andare al liceo! Al mattino
parto un po’ sotto tono poi, salendo in
corriera, vedo tutti quei visi assonnati e
mi rendo conto che non sono quella
messa peggio. Piano piano salgono in
corriera i miei compagni e si inizia a
ridere e scherzare.
Quando andavo alle medie, non era
così: Al mattino partivo bene, poi riflettevo sulle materie che avrei avuto quel
giorno e il sorriso si trasformava in una
smorfia.
Sono molto orgogliosa della mia scelta
e, con la testa, sono già proiettata nel
mondo del lavoro. Mi vedo già seduta
nel mio studio, anche se non so molto
bene di che studio si tratti.
Valentina Bassi
Questa estate, all’inizio della stagione
del calcio, ho provato forti emozioni
perché, dopo aver affrontato un torneo,
io e la mia squadra siamo arrivati primi
confrontandoci con una squadra professionista.
Questo torneo è stato organizzato in occasione della morte di un vecchio dirigente dell’Argentana, una persona veramente gentile e molto speciale.
Il torneo si è tenuto nel campo sportivo
di Argenta (che campo meraviglioso!!!)
Io e la mia squadra abbiamo iniziato a
giocare; la prima partita era contro una
squadra che avevamo già “disintegrato”
in passato, però bisognava sempre stare
in guardia e impegnarsi, infatti questa
partita la vincemmo ben 4-0, con tre
goal miei e uno di un mio compagno.
Fino a quel momento ero primo nella
classifica dei capocannonieri, però non
bisognava cantare vittoria subito.
Il Ravenna era una delle squadre più
forti, perciò dovevamo usare tutte le nostre forze e “dare l’anima”. Durante la
partita, visto che loro avevano segnato,
dovevamo fare goal a tutti i costi. Sì,
era venuto il nostro momento, il mio
compagno ha subito fallo e lui è bravissimo a battere le punizioni…. Così abbiamo pareggiato 1 a 1, con un goal bellissimo di punizione.
Mancavano cinque minuti alla fine della
partita, abbiamo fatto di tutto per vincere …. Ad un certo punto, io provo a fare
un’azione personale però, dopo venti
metri, mi hanno fatto fallo. Il mio allenatore mi aveva detto di passarla ai miei
compagni, però uno di loro mi ha dato
sicurezza per tirare in porta. Sì, era il
mio momento, non ero sicuro di farcela,
ero troppo lontano, però ho trovato il
coraggio grazie alle parole di incitamento dei miei compagni… Ho tirato…
e ho fatto goal , un goal decisivo, bellissimo, veramente bello.
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Dopo il goal, i miei compagni mi sono
saltati addosso e quello per me ha significato tanto. Quando ho fatto goal ho
pianto per la contentezza e il mio allenatore è venuto ad abbracciarmi e a dirmi che avevo fatto bene a tirare in porta
e a congratularsi con me. Lui era super
contento della nostra prestazione.
Ho provato un’emozione fortissima di
gioia quando, alla premiazione, siamo
risultati i vincitori della coppa del torneo, quella coppa l’abbiamo vinta noi….
Però c’era un’altra coppa, quella del capocannoniere; ero sicuro che l’avesse
vinta un giocatore del Ravenna, invece
l’ho vinta io, perché avevo fatto ben
quattro goal.
Christian Cavazza