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RINGRAZIAMO I LETTORI PER L’ATTENZIONE Giornalino della Scuola Secondaria di 1° grado di Voghiera - Anno XIII - N. 23 - Anno Scolastico 2006-2007 Ai lettori… GLI ALUNNI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “L. ARIOSTO” DI VOGHIERA GLI INSEGNANTI Paola Trevisani Laura Vecchietti Roberta Tosi Carmela Varriale Renzo Boldrini LA MIA NUOVA SCUOLA L’anno scolastico corre veloce verso il traguardo ed i giovani campioni delle Scuola Secondaria di I grado scrivono le pagine del giornalino. “Punto e a capo” numero 23 vi propone: ♦ Esperienze scolastiche, pagg. 3 " 11 ♦ Attività musicali, pagg. 12 " 22 ♦ Gite, pagg. 23 " 24 ♦ Attualità e scuola, pagg. 25 " 26 ♦ Favole, fiabe e racconti, pagg. 27 " 45 ♦ Favole in rima, pagg. 46 " 47 ♦ Descrizioni, pagg. 48 " 50 ♦ Poesie, pagg. 51 " 57 ♦ Commenti a libri letti, pagg. 58 " 59 ♦ Autobiografie e biografie, pagg. 60 " 63 ♦ Barzellette e colmi, pagg. 64 " 66 Buona lettura! La redazione Istituto di Istruzione Secondaria “G. Falcone - P. Borsellino” Portomaggiore (FE) I tre anni di scuola La scuola sta finendo molto rapidamente, e tutti e tre gli anni mi tornano alla mente, la prima media era eclatante e le novità tante era un mondo nuovo tutto da scoprire e nessuno di noi sapeva come andava a finire. La seconda media più faticosa, non l’avevamo presa come una gran cosa, tutte le novità conoscevamo adesso, ma la fregata l’abbiamo presa lo stesso! In terza media, non ci volevamo far fregare, non avevamo più cose nuove da testare, ma tra esami da fare e scuole nuove da cercare, il tempo è corso troppo velocemente, la scuola sta finendo molto rapidamente. E’ già da alcuni mesi che frequento la scuola media, le mie prime impressioni sono state quasi tutte positive perché i professori mi sono sembrati simpatici e sono stata contenta di conoscere dei nuovi compagni anche se mi è dispiaciuto che molti miei compagni delle elementari fossero nell’altra classe. L'ambiente scolastico un po’ lo conoscevo già, infatti nella palestra ci andavo anche alle elementari, solo che alle medie ci sarà da faticare di più, l'aula di Arte è stata quella che mi è piaciuta di più perché è tutta addobbata da lavori (per farli ci vogliono alcuni giorni). La mia aula è più piccola di quella delle elementari è ovviamente c' è meno spazio per muoversi perché siamo in 25 alunni mentre alle elementari eravamo in 16. Nell'aula di musica ci sono dei pianoforti e una batteria molto grande. Da poco tempo hanno fatto una nuova aula di informatica dove ci sono 16 computer nuovi e bellissimi. In un' aula si svolgono le lezioni di chitarra, ma è anche laboratorio di scienze. Sara Govoni 68 1 Sto imparando anche due nuove materie: francese e tecnologia che mi piacciono molto, anche se mi piacciono geografia, italiano in particolare antologia, arte e matematica. Le cose che mi mancano di più dalle elementari sono tre: giocare durante l’intervallo, la pausa mensa e in particolare le mie maestre che mi sono state molto vicine in tutti e cinque gli anni. Una cosa che mi è rimasta impressa è che alle elementari avevo più paura quando c'erano le verifiche, mentre alle medie anche se se ne fanno di più non ho tanta paura. Alcune volte quando suona la campanella alle 13:20 mi viene voglia di restare a scuola perché ero abituata a uscire nel pomeriggio. Quando vado a casa appena finito di mangiare faccio subito i compiti perché ho paura che il giorno dopo me ne diano tanti altri. Le medie mi piacciono tanto anche se bisognerà studiare e impegnarsi di più. Bucchi Rachele 2 67 GALLO INNAMORATO Cosa dice il gallo goloso alla moglie gallina? Non ti lascerò mais. Alessandro Quarella COME FA Che cos’è quella cosa verde che salta 30 volte in un minuto? Una cavalletta col singhiozzo. Alessandro Quarella SAI IL COLMO … per un postino? Camminare spedito! … per una gallina? Avere tante penne e non sapere scrivere! … per uno zero? Stringersi troppo la cintura e diventare un otto! … per un ortolano? Dire cavolate! … per un’insegnante d’italiano? Rimanere senza parole! Alessandro Quarella 66 3 VISITA AL TEATRO COMUNALE DI FERRARA Lunedì 4 Dicembre 2006, noi alunni delle classi 3° E e 3°F siamo andati a vedere il Teatro Comunale di Ferrara. Ci hanno accompagnato le Prof.sse Tosi e Trevisani, che insegnano lettere, il Prof. di clarinetto Domenico Urbinati e Cinzia, l’educatrice che segue Gianluca, il nostro compagno di classe. Appena arrivati, ci ha accolto la responsabile dell’ufficio stampa del teatro, che ci ha fatto accomodare nelle prime file della platea. La responsabile ci ha fatto da guida, ci ha spiegato molte cose: la struttura del teatro è molto complessa, con cinque ordini di palchi, formati da 23 palchi ciascuno; il palcoscenico e la platea sono di forma ellittica e sono inclinati per permettere al pubblico una buona visibilità dello spettacolo. Il Teatro Comunale di Ferrara è un tipico esempio di teatro all’italiana. Voluto dalla borghesia, fu costruito in 20 anni dagli architetti Antonio Foschini e Cosimo Morelli, su progetto di Antonio Campana, quando Ferrara era ancora sotto la dominazione dello Stato Pontificio. Gli architetti studiarono a lungo forma e materiali per garantire una buona visibilità ed una buona acustica. Infatti, i materiali utilizzati ( legno, velluto, cartongesso ) sono studiati per garantire l’acustica migliore. Anche le vernici sono studiate per non riflettere il suono. Sotto la platea e il palcoscenico c’è il vuoto per garantire l’effetto di “ cassa di risonanza”, come nella chitarra. Il teatro nasce con lo scopo di ascoltare concerti e opere liriche. Venne inaugurato nel 1798, quando Ferrara faceva parte della Repubblica Cispadana. Fino ad allora, quasi ovunque, esistevano solo teatri privati all’interno dei palazzi dei ricchi, mentre, a partire dal ‘700, nacquero in tutta Italia molti teatri, primo fra tutti il teatro “ La Fenice “ di Venezia. Durante le rappresentazioni accompagnate da musica, vengono tolte le prime due file di poltrone e, davanti al palcoscenico, si crea la “ buca dell’orchestra “, molto importante per garantire la completa pulizia del suono. La buca dell’orchestra fu ideata dal musicista tedesco Wagner nell’Ottocento. Durante i concerti, invece, sul palco viene installata una camera acustica di pannelli di legno trattato, che garantisce la pulizia del suono, e in questo modo si può effettuare anche la registrazione dal vivo; nel teatro di Ferrara è smontabile, mentre in altri teatri è fissa. La struttura del teatro è fatta in modo che non ci siano pareti parallele e perfettamente lisce per impedire il riflettersi del suono. Le immagini dipinte sulle fasce che dividono i palchi hanno significati particolari: per esempio, le immagini del secondo ordine di palchi (serpenti) rappresentano le scienze, quelle del terzo (uccelli e libri) la poesia e quelle del quarto (maschere) il teatro. Fino alla fine del XX secolo la platea era senza poltrone, il teatro veniva usato soprattutto per le occasioni importanti e non vi era una vera e propria stagione teatrale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il teatro, venne usato come deposito e presidio militare tedesco. In seguito fu utilizzato per ospitare gli sfollati di guerra. Nel 1956 fu dichiarato inagibile e fu iniziato il restauro, finito poi nel 1964. Il teatro è facilmente incendiabile e nel 1989 venne messo a norma con molti sistemi antincendio (rilevatori di fumo e una porta frangi fiamme che lo isola dalla platea). Le immagini del soffitto richiamano scene della vita di Giulio Cesare e, al centro, c’è un rosone dal quale pendeva un lampadario in cristallo, che è andato perduto. Invece il sipario a caduta è in attesa di restauro e rappresenta scene dell’”Orlando Furioso”. Nei rosoni presenti nella volta del palcoscenico sono rappresentate persone illustri, tra le quali Ludovico Ariosto. Dopo una spiegazione iniziale, siamo saliti sul palcoscenico, ed è stato davvero emozionante! Esso è molto profondo (quasi più della platea), alto circa 5 metri e inclinato verso la sala. La parete di fondo ha una colorazione scura e su di 4 FURBIZIA CANINA essa vengono sistemate le scenografie, fatte calare, da tecnici esperti, dal graticcio, in legno originale ( forse di pino svedese ), che si trova circa a quattro metri di altezza. Arrivati a questo punto, abbiamo visitato i camerini degli attori principali, modernissimi e con il tipico specchio con tutte le lampadine attorno. Siamo poi saliti al secondo piano per vedere la struttura dei palchi; non sono molto grandi e possono ospitare 5 o 6 persone. Un tempo i palchi venivano acquistati dalle famiglie più ricche e venivano arredati secondo il gusto di ognuna di esse; spesso durante lo spettacolo si mangiava. Dal secondo piano si può accedere ai locali del ridotto ( foyer in francese ), più sale dove un tempo si discuteva di affari, si davano feste e ricevimenti e si giocava d’azzardo durante gli intervalli. I soffitti e un caminetto alla francese sono originali, inoltre, la luce che si riflette sulle rifiniture crea un’atmosfera dorata. Ancora oggi vi si svolgono piccoli concerti e convegni. Tra le tante sale vi è la Sala dello Stemma, dove al centro del soffitto, c’è uno stemma bianco e nero, e il Salottino del Cardinale legato, che rappresentava il Papa. Anche nel ridotto l’acustica è buona ed è presente uno spazio per l’orchestra. I lampadari sono simili agli originali, che sono andati perduti. Ci è stato inoltre spiegato che il piccolo cortile ovale all’esterno del teatro era utilizzato per il transito delle carrozze, che poi andavano in una delle tante stazioni di posta, presenti nelle vie attorno all’edificio. Ci è stato anche comunicato che alla fine degli anni ’30, a seguito delle leggi razziali, gli ebrei potevano accedere solo alla galleria (quarto ordine). Come ultima cosa abbiamo visto il loggione, che è molto più povero rispetto agli altri palchi, ma si ha l’acustica migliore e, nella parte centrale, si vede abbastanza bene. La cosa che mi ha più colpito è stato il palcoscenico perché si vede tutto il teatro nel suo insieme. Questa esperienza la consiglierei perché è molto divertente e interessante e penso sia stata perfetta. Il mio cane è così intelligente che tutte le mattine mi porta il giornale Beh, anche il mio lo fa… Sì,ma io non sono abbonato. Alessandro Quarella TEMPERATURE Perché di tre formiche su una matita una ha caldo e le altre no? Perché la prima è nella zona temperata. Alessandro Quarella INVITO Cosa dice un millepiedi a un altro millepiedi? Andiamo a fare duemila passi? Alessandro Quarella Linda Lambertini 65 GIORGIO PERLASCA In questo periodo abbiamo trattato l’argomento della giornata della memoria. Il 19 gennaio siamo andati in biblioteca, dove abbiamo parlato inizialmente della legge 211, che è stata istituita proprio per la giornata del 27 gennaio. Abbiamo poi ragionato sui termini che si usano per descrivere quello che è avvenne agli ebrei all’ interno dei campi. Questi termini sono: Olocausto, Genocidio, Shoah. Claudia, la bibliotecaria, ci ha illustrato anche ciò che accadeva nei campi, mostrandoci foto aeree. Infine ci siamo soffermati su Giorgio Perlasca, vedendo spezzoni del film a lui dedicato. In classe poi ne abbiamo visti altri e ci sono state consegnate fotocopie sulla sua vita. Giorgio Perlasca nasce a Como nel gennaio 1910 e si trasferisce a Maserà, nei pressi di Padova, con la sua famiglia. Da giovane aderisce al Fascismo e partecipa come volontario alla guerra civile in Spagna. Qui riceve un documento che gli offre la protezione da parte dell’ ambasciata spagnola, qualora ne avesse avuto bisogno. Tornato in Italia, si allontana dal Fascismo, per due motivi: erano state emanate le Leggi razziali nel 1938, e l’Italia si era alleata con la Germania. Non diventa però mai antifascista. Viene mandato in Ungheria per vendere carni e si accorge della situazione degli ebrei. Conosce Sanz Briz, l’ambasciatore spagnolo. Porta, insieme a Wallemberg, l’ambasciatore svedese, più ebrei possibili nelle case protette. Questi ebrei vengono da lui salvati prima che essi salgano sui treni che li porteranno a morte sicura. Per fare questo rilascia salvacondotti falsi. Il console spagnolo decide di fuggire e di abbandonare gli ebrei al loro destino. A questo punto Perlasca si finge sostituto del console e si attribuisce un nuovo nome: Jorge Perlasca. Grazie a questo suo ruolo, riesce a portare in salvo, presso l’ambasciata spagnola, circa 5218 ebrei. Torna in Italia e prova a raccontare la sua storia, ma non viene creduto neanche dalla sua famiglia. Di lui non si parla, fino a quando due ebree ungheresi lo cercano e spargono la voce su quello che aveva fatto. Quelle due donne erano state salvate da lui. Poco dopo il suo riconoscimento di “Giusto”, muore, nell’agosto 1992. Abbiamo approfondito l’argomento mercoledì 24 gennaio, al teatro di Voghenza, parlando direttamente con il figlio Franco Perlasca, e vedendo spezzoni di un DVD, con immagini dell’intervista a lui fatta. Delle attività mi ha colpito particolarmente l’incontro con il figlio. Di quell’ incontro mi ha sorpreso il fatto che Perlasca non si vantasse per quello che aveva fatto. In particolare mi ha colpito un episodio: un giorno si presentarono a casa di Perlasca delle persone salvate da lui, che volevano regalargli un cucchiaio, un medaglione e una tazzina, tutto quello che era loro rimasto del periodo precedente la guerra, e insistettero perché lui li accettasse. E’ stato molto significativo per me ascoltare dal figlio questo episodio, perché rende l’idea di quanto quelle persone fossero affezionate a lui. Per lasca ’è stato nominato “Giusto tra le nazioni”. Un “Giusto” è una persona che ha fatto del bene agli altri, mettendo in pericolo la propria vita. E’ diverso dall’eroe, che parla di quello che ha fatto e se ne vanta. Il bello di quest’ uomo è il fatto che a lui sembrava di aver fatto la cosa più normale del mondo. Valentina Bassi LA GIORNATA DELLA MEMORIA Il significato della giornata della memoria è quello di ricordare lo sterminio di gran parte del popolo ebraico a causa dei tedeschi e la liberazione del campo di sterminio più crudele e orribile: Auschwitz. Lunedì 22 gennaio siamo andati alla biblioteca e, visto che si avvicinava la giornata della memoria, la bibliotecaria Claudia, ce ne ha parlato un po’. Innanzitutto ci ha consegnato una carta geografica, dove erano segnati alcuni campi di concentramento costruiti in Europa, poi abbiamo parlato del significato della memoria e Claudia ci ha presentato alcuni libri che parlavano di alcune esperienze di ragazzi ebrei vissuti all’epoca di Hitler. Uno di questi libri dal titolo“Sotto il cielo d’Europa” racconta la storia di otto ragazzi, tra cui quella di Hans e Werner; il protagonista è un ragazzo tedesco Hans deportato in un campo di contentramento per aver espresso un’idea diversa da quella di Hitler. Lo stesso libro racconta la storia 64 di una ragazza vissuta nel ghetto di Varsavia, che organizzava il contrabbando, questa storia è raccontata da un suo amico ariano. Un altro libro che ci ha presentato è stato “ Il diario di Anna Frank”. Il 27 gennaio la professoressa Tosi ci ha letto poi alcune parti del libro “La valigia di Hana”.Il libro parla della storia di Hana e George, che facevano parte di una famiglia ebrea molto felice che viveva in Cecoslovacchia. Nel 19381939 furono introdotte le leggi razziali che limitavano molto le libertà degli ebrei. Un giorno arrivò una strana lettera indirizzata alla madre dei due bambini, diceva che doveva presentarsi alla polizia per poi essere deportata in un campo: la madre, allora, il giorno dopo si presentò alla stazione . Questo accadde anche al padre, qualche giorno dopo, e i due bambini furono costretti a trasferirsi dagli zii. Poi arrivò la lettera anche per Hana e George e così i due vennero deportati nel campo di transito di Tere5 zin dove si separarono e, in seguito, furono trasferiti ad Auschwitz. All’arrivo ad Auschwitz veniva fatta una selezione, chi non la superava veniva portato nelle camere a gas , Hana non la superò, George sì perché sapeva fare il lavoro d’idraulico. Mi ha colpito il punto in cui una famiglia qualunque viene stravolta solo perché è ebrea. Lo stesso giorno un nostro compagno di classe, Raffaele, ha portato delle foto che ci facevano avere un’idea di che cosa poteva succedere in un campo di concentramento. Ora so perché la giornata della memoria viene celebrata: perché le generazioni future non ripetano più questa tragedia. Luca Bacilieri LE MIE IMPRESSIONI SULL’INCONTRO CON FRANCO PERLASCA Mercoledì 24 Gennaio 2007, in occasione della “Giornata della memoria”, noi alunni delle classi II e III, della scuola Media di Voghiera, ci siamo recati in teatro a Voghenza per l’incontro con il figlio di Giorgio Perlasca. Questa uscita è stata molto interessante. All’inizio ci è stato mostrato un video per capire meglio chi era e che cosa aveva fatto Perlasca; ma la parte che a me ha entusiasmato di più è stato quando noi studenti abbiamo rivolto al figlio Franco alcune domande, che riguardavano soprattutto le imprese compiute dal padre, messa in salvo di molti ebrei ungheresi, e le sensazioni che lui aveva provato quando gli erano state raccontate. La notizia che più mi ha colpito è stata questa: prima che tutto il mondo venisse a sapere le gesta eroiche del padre, quando Giorgio accennava in famiglia la vicenda, veniva quasi preso in giro, come se fosse impossibile, che un uomo, da solo, avesse potuto fare tutto quello. Alla fine, però, si sono dovuti ricredere. Un altro aspetto che mi ha stupito, è stata l’umiltà del padre, perché quando è diventato quel “Giorgio Perlasca” di cui tutti hanno sentito parlare ed è stato riconosciuto come “Giusto”, lui voleva 6 ENZO FERRARI ancora essere considerato come un uomo qualunque, che ha reagito davanti a quelle atrocità. Questo incontro mi ha fatto capire l’importanza dei fatti accaduti, non milioni di anni fa, ma se ci si pensa bene, pochi anni fa e sono ancora vivi nei cuori della gente che li ha vissuti in prima persona. Questi avvenimenti sono ricordati ogni anno con la “Giornata della memoria” perché non possano mai riaccadere. Sabrina Balboni Enzo Ferrari, nasce a Modena nel 1898 corridore automobilistico e industriale italiano, fu una delle figure più importanti dell'automobilismo mondiale. Iniziò a pilotare nel 1919, alla Targa Florio; l’anno successivo gareggiò per l'Alfa Romeo, e con il marchio di Arese lavorò per vent'anni, ricoprendo vari incarichi: da collaudatore a pilota, da responsabile commerciale a direttore del settore corse. Nel 1929 fondò a Modena la Scuderia Ferrari, una società che aveva come obiettivo quello di consentire ai soci di partecipare a corse automobilistiche,nata grazie all’Alfa Romeo sia sotto l'aspetto tecnico sia in campo agonistico. Nel 1940 la Ferrari si staccò dall'Alfa, e nel 1943, dopo aver trasferito l'officina da Modena a Maranello, un paese della provincia, iniziò a progettare e a produrre autonomamente vetture da corsa. La prima Ferrari, la "375", era una 4500 di cilindrata modello 12 cilindri a V. Quando la scuderia Lancia si ritirò dalle corse, Ferrari fece rientrare nella sua scuderia il modello Lancia D50, con il quale ottenne numerosi successi nei Gran Premi del 1956 e del 1957. Un'altra storica vettura uscita con l'emblema del cavallino rampante, la "Dino Ferrari", fu realizzata nel 1957 e ottenne grandi risultati fra il 1958 e il 1960. Nel 1961 primeggiò la "Tipo 156", così come la "158" nel 1964; infine, il modello a 3 litri, la "312", dominò la scena nel 1966. Nel 1969 Ferrari cedette il 50% della sua azienda alla FIAT, una partecipazione diventata maggioritaria nel 1988 dopo la scomparsa del costruttore emiliano. La casa automobilistica modenese ha vinto, dal 1947 al 1988, sotto la direzione del suo fondatore, oltre 5000 gare sportive e ben 25 titoli mondiali in tutte la categorie delle corse automobilistiche. Tutti i più grandi piloti di Formula 1, da Alberto Ascari a Juan Manuel Fangio a Niki Lauda, da Gilles Villeneuve ad Alain Prost fino a Michael Schumacher ( che ha vinto 7 titoli mondiali mancan- 63 do per poco l’ottavo titolo), hanno gareggiato e vinto al volante di una Ferrari. Enzo Ferrari, figura di grande personalità e carisma, fu insignito di numerosi riconoscimenti per il suo genio sportivo e imprenditoriale. Nel 1960 l'Università di Bologna gli conferì la laurea HONORIS CAUSA in ingegneria meccanica, e nel 1988 dall'Università di Modena ebbe quella in fisica. Ricevette il premio Hammarskjöld dell'ONU nel 1962 e la Medaglia d'oro Scuola della cultura e dell'arte del Presidente della Repubblica nel 1970. L’otto maggio 1982, Enzo Ferrari, perde un suo grande pilota Gilles Vilneuve, sbalzando fuori dall’abitacolo della sua Ferrari ( Gilles, non muore subito, ma muore alle 21:00 di sera nell’ospedale di Zolder senza mai uscire dal coma. Nel 1988 muore Enzo Ferrari e nel 2002, la Ferrari, gli dedica una macchina con il suo nome. Luca Beccati LA MIA AUTOBIOGRAFIA Io sono sempre stato un bambino vivace e i miei genitori possono confermarlo. Al pomeriggio andavo molto frequentemente a dormire, anche se non ne avevo sempre voglia. Quando potevo, giocavo fuori a pallone o andavo a fare un giro con la bici assieme agli amici. Alle elementari, il mio rendimento scolastico era molto buono. Come comportamento, però, non ero il massimo: ero sempre solitario e riservato, ma i pochi amici che avevo, me li tenevo stretti. Se avevo degli amici, avevo anche dei nemici: c’era una persona in particolare che mi dava sui nervi, Danilo. Danilo era un bambino di media statura, un po’ brutto, con un carattere aggressivo e molto spesso finivamo per litigare. Un giorno, durante l’intervallo, mi disse: - Facciamo una bella corsa per vedere chi è il più veloce? Mi consultai con la mia combriccola per accordarci. - È solo una corsa , disse un mio amico, non può farti niente di male! -. Ora io non ero il bambino più veloce del mondo, ma ero sempre migliore di Danilo nel correre! Il percorso consisteva nel fare il giro della scuola di corsa, chi sarebbe arrivato primo avrebbe vinto. LE SINAGOGHE E IL MUSEO EBRAICO Non lo avessi mai fatto! All’ultima curva Danilo mi fece lo sgambetto, io caddi e mi sbucciai un ginocchio sulla ghiaia. Egli sostenne che ero caduto perché avevo “inciampato in un sasso”. Con dieci centimetri di ghiaia è molto difficile inciampare su un sasso, non credete anche voi?!. C’era molta gente che seguiva la nostra competizione, e tutti sostenevano la mia teoria. Andai dalla maestra, ma lei non mi credette, così ritornammo a fare lezione senza più parlare dell’accaduto. Matteo Rossi PANTANI “IL PIRATA” Lunedì 12 marzo, noi ragazzi delle classi 3E e 3F siamo andati a visitare la sinagoga israelitica. La comunità di ogni sinagoga deve essere formata da 10 uomini, se questo numero non viene raggiunto non può venire aperta la Torah, inoltre è importante che alla destra della Torah ci sia il lume perenne, che significa che è presente la Torah e la sinagoga è ancora in uso. La scola o sinagoga Italiana, dopo essere stata devastata nel periodo fascista, è stata trasformata in una sala di conferenze e riunioni, essendo molto grande. La scola Fanese è la sinagoga più piccola presente a Ferrara; oggi è in fase di restauro. La scola Tedesca è stata restaurata dopo essere stata devastata il giorno di Rosh ha- shanà del 1941. Uscendo dalla scola Tedesca si passa nella prima sala del museo, dove si trova in esposizione una Torah che ora non viene più usata, che il rabbino di Cento ha donato al museo. La Torah è avvolta da una corona, che è il segno della regalità della parola di Dio, è scritta su una pergamena da persone scelte dalla comunità ebraica. Il capodanno ebraico varia a seconda degli anni. Ogni nuovo anno viene annunciato dal rabbino ai credenti presenti nella sinagoga con un suono del corno di montone. Il 2007 per gli ebrei è il 5767, perché essi hanno iniziato il conteggio dagli anni della creazione del mondo. Dal 3 al 10 Aprile viene letto l’ Esodo e vengono mangiati cibi non lievitati. Nella religione ebraica se la madre è ebrea anche i figli sono ebrei. Il patto che Dio stabilisce con il popolo avviene, per i maschi, attraverso la circoncisione. Nel museo è presente il timbro che veniva posto sulle tombe per tutto il ‘600, in modo che gli studenti universitari non prelevassero i defunti ebrei per studi anatomici. Il museo in precedenza era un archivio. Ora gli ebrei della comunità sono 80, nel 1569 la comunità arrivò a 2.000 membri. Sono stati deportati durante la seconda guerra mondiale, nei campi di concentramento, 700 ebrei circa dei quali solo 150 nomi sono scritti sulle lapidi di fronte alle sinagoghe. Nel museo si trovano le chiavi del ghetto, che risalgono al 1598 quando i cardinali imposero il ghetto; gli ebrei potevano uscire dal ghetto solo durante la giornata e rientrare al tramonto. Questa visita per noi è stata molto interessante, pur essendo già stati al museo. Giulia Brini Buzzoni Ambra Gavagna Davide VISITA AL GHETTO E AL CIMITERO EBRAICO DI FERRARA Pantani Marco nato a Cesena nel 1970, ciclista italiano. Grande scalatore, erede di specialisti del calibro del lussemburghese Charly Gaul ( soprannominato l’”angelo della montagna” per le doti di scalatore) e dello spagnolo Federico Bahamontes (uno dei migliori scalatori di tutti i tempi).Pantani si era già segnalato come corridore di corse a tappe vincendo nel 1992 un Giro d'Italia da dilettante. Passato professionista l'anno seguente, dovette però aspettare il 1994 per mettersi in luce al Giro: in quell’edizione vinse due tappe di montagna, a Merano e all’Aprica. Formidabile fu l’impresa di quest’ultima, dove con un irresistibile scatto si lasciò alle spalle sulla ripidissima salita del Mortirolo lo spagnolo Miguel Indurain (il dominatore delle tappe e delle corse negli anni ’90) e il russo Evgenij Berzin.La sua carriera fu costellata di numerosi incidenti. Il primo, provocato da una caduta durante un allenamento nel maggio del 1995, gli impedì di prendere parte al Giro. Ripresosi, a luglio partecipò al suo primo Tour de France, dove dimostrò le sue grandi doti di scalatore vincendo la storica tappa dell'Alpe d'Huez e, sui Pirenei, all'arrivo di Guizet Neige. Nell'ottobre dello stesso anno, dopo esser giunto terzo ai Campionati mondiali in Colombia, subì un gravissimo incidente: venne investito da un’auto che sopraggiungeva in senso contrario negli ultimi chilometri della MilanoTorino e riportò la frattura di tibia e perone della gamba sinistra. Rimasto lontano dalle gare per quasi un anno, ritornò a livelli competitivi solo nel 1997, quando però ancora una caduta nelle prime tappe del Giro lo costrinse al ritiro. Ristabilitosi a luglio per il Tour, vinse due tappe alpine, di nuovo all'Alpe d'Huez .La definitiva consacrazione del suo talento si notò nella stagione del 1998. Pur partendo senza i favori del pronostico, Pantani si impose nella classifica finale sia al Giro sia al Tour, facendo delle tappe di montagna il suo trampolino di lancio per fughe e vittorie entusiasmanti. Realizzando la storica doppietta, nel passato riuscita solo a grandi campioni come Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche e Indurain, entrò di diritto nell’Olimpo del ciclismo mondiale. Dominatore incontrastato anche dell’edizione 1999 62 del Giro d’Italia (aveva vinto quattro tappe ed era in testa alla classifica con un ampio vantaggio sul secondo), il campione romagnolo venne clamorosamente sospeso dalla corsa alla vigilia della penultima tappa in seguito a un controllo medico da parte dell’UCI (Unione ciclistica internazionale), che riscontrò nel suo ematocrito valori percentuali superiori al livello tollerato. Rimasto a lungo lontano dalle corse, al punto che molti ritennero che volesse lasciare definitivamente il ciclismo, tornò a gareggiare in occasione del Giro d’Italia 2000, aggiudicandosi nello stesso anno la tappa di Courchevel al Tour de France. Fu l’ultimo importante successo della sua straordinaria carriera: incapace di superare la crisi agonistica e personale in cui era precipitato in seguito alle accuse di doping, Marco Pantani abbandonò le gare e il 14 febbraio 2004 rimase vittima di un arresto cardiaco causato da intossicazione acuta da cocaina, con conseguente edema cerebrale e polmonare. Luca Beccati Lunedì 12/03 ci siamo recati a Ferrara per visitare il cimitero e il ghetto ebraico. Ci hanno accompagnato le prof. Tosi e Alberti. Per prima cosa abbiamo visitato il cimitero ebraico. All’ entrata, sopra il cancello, progettato da Ciro Contini, è presente la scritta in ebraico “Questa è la casa di tutti i viventi”. Il primo cimitero si trovava in via Savonarola, ma nel 1400 fu spostato nell’attuale Via delle Vigne. Anticamente era chiamato “Orto dove seppelliscono gli ebrei”. Essi venivano portati nel cimitero quasi di nascosto, durante la notte. Sulle tombe si mettono sassi o si piantano piante verdi in segno di rispetto. All’interno, il cimitero è diviso in 4 sezioni: Nella prima si trovano le tombe più recenti (‘800 - ‘900); la seconda sezione non contiene tombe: è però presente quella di Bassani, che nelle sue opere cita molteplici volte la città di Ferrara. Nella terza sezione sono localizzate le tombe più antiche; nella quarta sezione è presente la camera mortuaria, progettata anch’essa da Ciro Contini e si può osservare la tomba a baldacchino di due sposi. La tradizione ebraica vuole che il corpo sia seppellito a 24 ore dalla morte. L’inumazione avviene sempre in terra, ed è vietata la cremazione. In segno di lutto ci si fa uno strappo nelle vesti; il lutto può durare dai 7 ai 30 giorni. Nel cimitero vengono seppelliti i rotoli della Torah non più utilizzabili. Successivamente abbiamo visitato a piedi l’antico ghetto. Esso fu istituito da Papa Paolo IV nel 1627, dopo che gli Estensi ebbero abbandonato Ferrara. Il ghetto era chiuso da 5 cancelli, le cui chiavi sono esposte nel Museo ebraico. Il ghetto comprendeva 3 strade: via Mazzini (Sabbioni), via Vittoria 7 (Gattamarcia), via Vignatagliata. Il ghetto fu abolito con l’unità d’Italia. I cancelli si trovavano: in Via Mazzini (ad entrambi i lati); gli altri 3 cancelli si trovavano al termine di Via Vittoria e Via Vignatagliata, all’incrocio con San Romano, l’ultimo all’angolo di Via Contrari. In Via Vittoria, al N. 41 sorgeva la Scola Spagnola, distrutta dai fascisti nel 1944. Infine, in Via Vignatagliata al N. 79, avevano sede l’asilo e la scuola ebraica. Questa uscita è stata molto interessante perché abbiamo avuto modo di conoscere le tradizioni di una comunità diversa, che un tuttora vive nella nostra città di Ferrara. Valentina Bassi Alice Ferri Linda Lambertini RELAZIONE SULLA VISITA AL CIMITERO EBRAICO Lunedì 12 marzo 2007 abbiamo visitato il cimitero ebraico di Ferrara. Siamo partiti da Voghiera alle ore 8 e 40 con la classe terza E e le professoresse Tosi Roberta e Alberti Claudia. Arrivati a destinazione siamo entrati all’interno del cimitero; gli uomini dovevano avere il capo coperto. Nella storia della comunità di Ferrara ci sono stati vari luoghi di sepoltura. I più antichi, sorti nel cuore della città – nei pressi di San Girolamo e in contrada di Santa Maria Nuova – scomparvero nel XVI secolo. In contrada Santa Caterina da Siena, si trovava un cimitero di ebrei di rito spagnolo e levantino. Altre antiche lapidi, furono impegnate, nel 1719, per erigere la colonna che sostiene ancora oggi la statua del duca Borso d’Este. Negli spazi verdi della rinascimentale Addizione Erculea, a ridosso delle possenti mura estensi, si stende l’Orto dove seppelliscono gl’Ebrei, il grande cimitero di via delle Vigne. Luogo satanico, frequentato dai diavoli, nel pregiudizio popolare stuzzicato dall’Inquisizione; luogo di pace e di luce mediterranea per gli ebrei che potevano recarvi i loro morti dal lontano ghetto murato soltanto a certe ore consentite, quasi in segreto. La comunità ebraica ferrarese era protetta dai duchi d’Este. Dal 1911 un maestoso portale dell’architetto Ciro Contini ne orna l’ingresso. Gli eventi portano ad una progressiva diminuzione degli ebrei a Ferrara. Nel 1938 emigrano in gran parte con le leggi razziali; nel 1943 novantasei degli ebrei rimasti furono deportati senza ritorno. Oggi, a Ferrara, vivono meno di cento ebrei. Il cimitero di via delle Vigne è ormai troppo ampio per la piccola comunità che, tuttavia, lo mantiene con amorevole cura con l’aiuto del Comune, sicché ha potuto divenire luogo di pace e di riflessione tra i più affascinanti del nostro Paese, meta privilegiata di visitatori da tutto il mondo. È delimitato da un vecchio muro alto circa tre metri ed è ricoperto da una vasta superficie erbosa. Dal lato est, il muro di cinta corre a ridosso dei bastioni cittadini, fitti ancora oggi di grossi alberi, tigli, olmi, castagni, perfino quercie, allineati in duplice schiera lungo le sommità del terrapieno. Oggi si possono trovare fiori sulle tombe ebraiche, ma questa non è un’usanza tipica, ma un’ assimilazione dell’uso cristiano. Di solito si mettono sassi sulle tombe. Il cimitero non è un luogo di culto, ma impuro, perché impuro è il cadavere. Il primo campo del cimitero custodisce le tombe più recenti (fine 1800 e 1900), nella parte sotto le mura ci sono lapidi che fortunosamente si sono conservate, anche se non è possibile ricostruirne la collocazione, in quanto nel 1775 il cardinale Legato emanò un editto che ordinava lo smantellamento delle lapidi ebraiche e la proibizione di elevarne altre. Sulle lapidi le scritte in ebraico sono spesso degli acronimi (ovvero nomi formati dalle lettere iniziali di altre parole). Nel settore quattro si trova una tomba con un baldacchino: qui sono stati sepolti una coppia di sposi che ha voluto riprodurre il baldacchino matrimoniale, in segno della loro ininterrotta unione. Le usanze funebri sono diverse dalle nostre. Il defunto va seppellito il più presto possibile. Deve essere purificato 8 TUTTO NICHOLAS… DA 0 A 10 ANNI! con l’acqua. Se il corpo presenta delle ferite aperte non può essere lavato, perché c’è il rischio che l’acqua porti via sangue e parti che non verrebbero seppellite. L’inumazione avviene sempre in terra, in una semplice bara di legno (è vietato il metallo); se la cassa deve essere trasportata lontano è consensito un rivestimento in plastica. È vietata la cremazione, in quanto si ritiene che la resurrezione cominci da un osso particolare (il lutz, che forse è il coccige). Per un ebreo è preferibile essere seppellito in Israele, in quanto si ritiene che la resurrezione comincerà da là, dunque per assicurarsi un posto “in prima fila”. Dopo l’inumazione, occorre aspettare che il terreno si assesti prima di poter collocare la lapide. Così che a Ferrara e a Cento pare si usasse imprimere una sorta di timbro sulla terra (con su scritto ,שלויche significa “È SUO”), coperto poi da una tegola, per verificare se qualcuno, magari a scopo scientifico, avesse rubato la salma; dopo una settimana i cadaveri non sarebbero più stati utilizzabili, dunque la tegola poteva essere rimossa. In segno di lutto ci si fa uno strappo nelle vesti, a sinistra se si è perso un genitore, a destra nel caso di perdita di qualsiasi altra persona. Il lutto stretto dura 7 giorni. Il primo pasto dopo il funerale è costituito da pane e uova. Dopo i 7 giorni di lutto stretto ce ne sono altri 30, durante i quali gli uomini non si possono radere, non si può partecipare a cerimonie liete, si usa cambiare posto in sinagoga. «Secondo me, è stata una visita guidata molto interessante, in un percorso altamente rilassante e molto bello. » (G. Battocchio) «Secondo me, era molto bello come posto, silenzioso, rilassante.» (F. Bortolotti) « Il cimitero ebraico mi sembrava un posto rilassante dove si poteva pensare senza ostacoli, sia di tipo sonoro che visivo.» (A. Bonora) Gabriele Battocchio Alessandro Bonora Federico Bortolotti Dove non arriva la mia memoria di quando ero molto piccolo ci sono i ricordi della mamma e della mia famiglia. Da quando sono nato fino a due anni la mia famiglia era composta da me, dalla mamma, dai nonni e da mio zio Fabrizio. Ad un certo punto, nella nostra vita è arrivato Dani. A dir il vero è arrivato prima per me che per gli altri, perché l’ho conosciuto al campetto vicino al bar che frequentava mio zio: erano amici da tempo. Al bar mi compravano il gelato e anche se di quel periodo ho dei ricordi un po’ confusi perché ero piccolo, non ho dimenticato che mi facevano anche giocare. Dopo alcuni mesi lo ha conosciuto anche la mamma. Per un po’ ci siamo frequentati solo nei fine settimana perché Dani lavorava lontano da casa. Io allora frequentavo l’asilo e loro venivano sempre a vedere le recite di Natale e quelle d’estate. Per un po’ di tempo, quando siamo andati ad abitare insieme, siamo stati nella casa di Dani, a Ferrara. La mamma mi diceva sempre di mettere in ordine i giocattoli perché la casa era molto piccola e sembrava un puzzle: ogni cosa incastrata al suo posto; ma alla fine, la maggior parte delle volte erano loro a riordinare. Ricordo che all’asilo, quasi ogni giorno, quando mi venivano a prendere mi trovavano seduto vicino alla maestra perché ero stato un po’ troppo turbolento! Per me non è mai stato facile stare seduto fermo e concentrato, e già allora sia a casa sia le maestre hanno iniziato a sudare per controllarmi. Alle elementari non è andata molto meglio, almeno per i primi due anni. Ricordo la faccia della mamma quando andava ai colloqui e soprattutto l’espressione che aveva quando tornava: ero bravino ma vivace, troppo vivace. Quando io e lei parliamo mi dice che forse sono agitato per tutta la caffeina che ha bevuto con la Coca-Cola quando mi aspettava, e la nonna dice che ne ha bevuta TAAANTAAA!!! In terza elementare ho iniziato a praticare il tiro con l’arco, sport che pratico ancora adesso; sono tornato ad abitare nella casa di S. Nicolò e …la mamma e il papà si sono sposati. In questi anni, oltre alla mia famiglia, ci sono state altre persone che mi hanno affiancato: i miei amici, che sono stati con me all’asilo, alle elementari e sono ancora con me alle medie; le mie maestre dell’asilo e delle elementari che ricordo con piacere perché oltre ad insegnarmi mi hanno dato anche tanto affetto. Ho tralasciato un particolare, che mi hanno fatto e mi fanno compagnia tutti gli animali che ho perché la mia casa è come uno zoo!!! Nicholas Albieri ECCOMI Io ricordo poco di quando ero molto piccolo. Quando sono arrivato in Italia avevo sette anni e dovevo andare alla scuola elementare, ma avevo molta paura perché non conoscevo la lingua e le maestre. Il primo giorno di scuola mi ha accompagnato a scuola il mio papà, mi ha portato dentro e ha parlato con le mae- stre; la prima maestra che ho visto si chiamava Angela e mi è piaciuta molto perchè mi sorrideva. Io allora ho capito che quella scuola mi piaceva. Quando sono entrato in classe c’era una ragazza che piangeva: anche lei era arrivata da poco a Voghiera, ma lei veniva da un’altra città italiana. Un po’ alla volta mi sono abituato alla nuova vita, ma c’era un compagno che non mi piaceva e quando lo vedevo lui mi guardava con una espressione come se volesse dirmi: «Io non ti voglio». Le prime volte l’ho lasciato fare ma a un certo punto mi sono arrabbiato e gli ho dato dei calci; poi piano piano siamo diventati amici e lo siamo ancora. Ecco, questa è la mia storia. Dekar A. Muhedin NASCE UN BAMBINO UN PO’ BIRICHINO Mia mamma racconta che ero un bambino simpatico ma soprattutto birichino. Un giorno mentre ero fuori a giocare a palla con mia sorella sentii uno strano rumore provenire dal cielo, alzai gli occhi e vidi una cosa molto grande con due ali che le spuntavano dal corpo, qualche secondo dopo ero in casa gridando che avevo visto un mostro, in realtà era solo un aero, ma per tutta la serata mia sorella mi fece spaventare dicendomi che c’era il mostro che mi voleva catturare. Passarono alcuni anni e noi ci trasferimmo in un’altra casa. Ricordo che il primo giorno della scuo- la materna fu un incubo per me perché non volevo lasciare mia madre e appena fu uscita mi misi in un angolo tutto solo; dopo un po’ mi vidi venire incontro un ragazzo, Francesco, con cui entrai presto in confidenza; giocammo insieme per circa mezz’ora, poi arrivò un suo amico, Alessandro, che, come Francesco, era molto simpatico e generoso. Io, Alessandro e Francesco siamo diventati ottimi amici ed insieme siamo arrivati alla recita di fine anno della scuola materna, l’anno successivo avremmo frequentato la scuola elementare. Eccomi quindi arrivato alla scuola ele61 mentare: qui ho conosciuto delle maestre molto simpatiche ma ricordo soprattutto un maestro un po’ “pazzo” di nome Giuseppe. In terza elementare ho incominciato ad entrare veramente nel mondo della scuola, la quarta e la quinta poi sono state abbastanza difficili. Ora frequento la scuola media dove ho capito che bisogna “darci veramente sotto”, cioè lavorare sodamente. Ecco, questa è stata finora la mia vita. Il resto ve lo racconterò tra qualche anno! Mohammed Senfari VISITA AL GHETTO DI FERRARA Il 12 marzo la classe III E e noi di III F, siamo andati ad una visita guidata al cimitero e al ghetto ebraico. La prima tappa è stato il cimitero ebraico, successivamente abbiamo percorso le vie del ghetto. Il nostro percorso è cominciato da via Mazzini (via dei Sabbioni) dove molto è cambiato: ad esempio invece delle antiche botteghe degli ebrei, famose per le specialità gastronomiche, ci sono negozi, ma la struttura urbanistica è la stessa. Qui si trova il primo cancello: la libreria oggi chiamata "Melbook" a quel tempo era l'oratorio dove si svolgevano le prediche "coatte". Percorrendo via Mazzini, sulla sinistra si trova via Contrari; all'angolo si trova il secondo cancello, all'incrocio di via Mazzini con via Terranova si trova il terzo cancello; percorrendo questo tratto s'incontra la sinagoga dove si possono vedere due lapidi che riportano i nomi delle 96 vittime deportate da Ferraraal tempo della II guerra mondiale. Le altre due strade del ghetto, via Vittoria (via Gattamarcia) e via Vignatagliata, confluiscono nella piazzetta dedicata ad Isacco Lampronti (medico e rabbino). In via Vittoria nel numero 41 sorgeva la sinagoga spagnola distrutta dai fascisti nel 1944; in fondo a via Vittoria si trovava il quarto cancello. 60 In via Vignatagliata al numero 77 avevano sede l'asilo e la scuola ebraica, e verso la fine della via si trova l'ultimo cancello del ghetto. Queste vie sono dette le strade del silenzio perché gli ebrei subivano senza contestare, ed erano prigionieri delle proprie case. In seguito ci siamo recati alla sinagoga e al museo. Appena arrivati siamo stati accolti da una signora che gentilmente ci ha fatto compagnia nel cortile mentre aspettavamo la guida. Arrivata questa abbiamo salito le scale per arrivare alla scola tedesca creata nel 1603 da un gruppo di ebrei provenienti dall'est. Entrati nella sinagoga si ha una sensazione di grande luminosità, la parte sinistra è ornata da stucchi. La scola tedesca è stata messa a punto dopo essere stata restaurata dai fascisti. Uscendo da questa la guida ci ha condotti al museo che è costituito da quattro sale fondamentali: le prime due rappresentano la vita ebraica in generale, sia dal punto di vista religioso che famigliare, le altre due sale sono molto importanti perché hanno contribuito alla storia di Ferrara ebraica e in queste sono custodite le cinque chiavi che un tempo chiudevano i cancelli del ghetto. La scola italiana, meravigliosa, distrutta dai nazi-fascisti e in seguito restaurata, senza alcun abbellimento di mobili; 9 è tuttora usata come sala conferenze. Qui al tempo dei nazi-fascisti venivano raccolti gruppi di ebrei in procinto di essere deportati. Si passa infine alla scola danese dove il sabato dovevano esserci almeno dieci uomini (ognuno dei quali deve avere il capo coperto) per effettuare la lettura della Torah. In questa sala è presente il lume perenne, una luce bianca (a destra) simbolo della presenza della Torah, e di conseguenza dell'attuale funzionamento della sinagoga. Il rito viene celebrato tutto in lingua ebraica e gli uomini e le donne devono essere separati rispettivamente a destra e a sinistra. Nella sinagoga non può essere rappresentata la figura di Dio, perciò troviamo numerosi stucchi (al posto delle finestre chiuse nel 1820); questo è un luogo solenne e anche raccolto. Secondo noi quest'attività non è stata solo bella ed interessante, ma ci ha anche "riportato" al tempo in cui gli ebrei subivano queste inutili persecuzioni, facendoci vivere le loro tensioni e paure. Chiara Chiozzi Federica Sivieri Giulia Valenzano VISITA ALLA FERRARA MEDIEVALE E RINASCIMENTALE IL PICCOLO PRINCIPE Il libro che ho letto durante le vacanze natalizie è “Il piccolo Principe”. L’autore è Antoine de Saint Exupery. I personaggi principali sono l’aviatore e il piccolo Principe. L’Aviatore (che è l’autore) effettua un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara, qui incontra il protagonista, che è un piccolo Principe, proveniente da un altro pianeta. Il piccolo principe gli racconta la sua storia; lui vive su un asteroide, un po’ più grande di una casa, chiamato B612, che ha tre vulcani e una rosa con molte La mattina del 27/03/2007 io, assieme alla mia classe e alla II E, accompagnati dalle professoresse Fidora, Lunghini, Varriale e Vecchietti, con la prof. di arte come nostra guida, andammo a Ferrara per visitarla. Alle 8:30 il pulmino partì per Ferrara e alle 8:50 arrivammo davanti alla Chiesa di San Giorgio, iniziando così la visita alla parte medievale della città. All’esterno della chiesa la prof. Fidora ci disse che il campanile, rifatto da Biagio Rossetti, contiene la cella di Cosmè Tura. Poi passammo a visitare l’interno della chiesa costruita all’incirca nel 1600 e dove è stata posta la tomba interamente in marmo del vescovo Roverella. Dopo andammo a visitare il chiostro dove, nel mezzo, è stato posto un pozzo in marmo jugoslavo, adornato con fiori e lì sul pozzo la prof. Varriale ci scattò una foto. Mentre uscivamo dalla chiesa la prof. Fidora ci fece notare che il pavimento è molto pregiato. Usciti proseguimmo per andare a visitare la chieda e il convento di Sant’Antonio in Polesine; durante il tragitto incontrammo in Palazzo di Ludovico il Moro dove imparammo che al suo interno, nel giardino, c’è un labirinto di siepi. Un po’ più avanti abbiamo notato che negli incroci ci sono delle lastre di marmo sugli spigoli delle case, che variano di grandezza a seconda dell’importanza dell’incrocio. Poco dopo arrivammo nel piazzale di Sant’Antonio in Polesine, dove c’è un bellissimo ciliegio. Per visitare la chiesa, però, dovemmo aspettare alcuni minuti, finchè una suora di clausura benedettina, addetta alle visite, perché, con il permesso del vescovo, può parlare, ci venne ad aprire. La suora, prima di iniziare la visita, ci fece posare gli zaini, perché non rovinassimo le opere d’arte; poi cominciò col dirci che nella vita bisogna fare il proprio dovere e che bisognerebbe imitare l’esempio di Domenico Savio, il più giovane santo d’Italia, sepolto a Torino. Dopo questa breve introduzione, ci portò a vedere la tomba di Beatrice D’Este, con sopra una lastra d’argento, tele e dipinti stupendi. Sui dipinti ci disse che i pittori bizantini, come notammo, disegnavano Gesù alla sinistra di Maria, mentre i “nostri pittori” disegnano Gesù alla sua destra. Usciti dal convento ci dirigemmo al “Mc Donalds” per fare merenda. Durante il tragitto incontrammo delle case a cassero che sporgono sulla strada, per 10 ottimizzare al massimo lo spazio della strada. Arrivati al Mc Donalds, ci rifocillammo. Successivamente proseguimmo l’uscita con la visita alla facciata del Duomo, dove la prof. Fidora ci disse che la parte inferiore della facciata è in stile romanico, mentre la parte superiore è in stile gotico. Dopo andammo a visitare il Castello dall’esterno e poi ammirammo la chiesetta di San Giuliano, dove, nella parte superiore della facciata, è raffigurato S.Giuliano che in una notte tempestosa, tornato a casa, trova sua moglie a letto con due persone e dopo che ha accoltellato tutti e tre, scopre che le due persone erano i suoi genitori, da qui la sua vocazione e redenzione. Dopo la chiesa di San Giuliano passammo alla visita della ferrara rinascimentale. In questa parte visitammo il Palazzo dei Diamanti, il quadrivio degli Angeli e alcune costruzioni di Biagio Rossetti, aventi tutte le finestre a bifore binate, per avere una visuale migliore. Infine salimmo sul pulmino che ci portò a visitare la Casa del Boia, per poi tornare esausti a scuola. Andrea Trotta pretese, che lui cura con molto amore. Un giorno decide di partire per vedere com’è il resto dell’Universo e visita altri pianeti abitati da uomini strani e soli. Dopo aver viaggiato attraverso i vari pianeti, il piccolo Principe arriva sulla Terra e comincia ad esplorarla. Qui trova molte rose e di questo se ne meraviglia perché pensava che la sua rosa fosse l’unica di tutto l’Universo. Poi incontra e addomestica una volpe, che gli spiega che la sua rosa è speciale perché è l’unica che lui ama. Nel deserto incontra quindi l’aviatore che sta cercan- do di riparare il suo aereo. Il piccolo Principe sembra felice, ma il pensiero di aver lasciato sola e indifesa la sua rosa gli fa decidere di tornare sul suo pianeta. Abbandona così il suo amico aviatore lasciandolo molto triste. Mi ha colpito in particolare quando il Piccolo Principe decide di tornare sul suo pianeta e, per fare questo, si lascia mordere dal suo amico serpente. Il libro mi è piaciuto ma non saprei a chi consigliarlo … magari a tutti! Matteo Moretti IO NON HO PAURA “Io non ho paura” è il titolo di un libro di Niccolò Ammaniti, letto durante le vacanze natalizie. La vicenda si svolge ad Acqua Traversa, una frazione di Lucignano, un piccolo paese collinare del sud, con grandi campi coltivati a grano. I fatti si svolgono nella torrida estate del 1978. Il protagonista, Michele Amitrano, è un bambino di 9 anni che è costretto a portare sempre con sé la sorellina. Non è descritto fisicamente, ma l’autore evidenzia soprattutto gli aspetti del suo carattere che sono : altruismo e generosità. Inoltre Michele si dimostra molto coraggioso perché, pur di salvare un suo coetaneo, mette a rischio la propria vita. Come ogni giorno, un gruppo di ragazzi si trova a scorrazzare su e giù per una collina, facendo a gara con le proprie biciclette. Barbara, l’unica ragazza del gruppo, arriva ultima ed è obbligata a fare penitenza. Michele decide di prendere il suo posto, salvandola dalla pena inflitta dagli altri del gruppo, cioè salire al piano superiore di una casa diroccata, senza usare scale o altro. Con notevole difficoltà inizia l’arrampicata ma, nel momento in cui sta per arrivare in cima, il bambino perde la presa e cade pesantemente a terra, rimanendo stordito per qualche secondo poi, riaprendo gli occhi intravede, di fianco a lui, un buco profondo nel terreno, una sorta di pozzo e, guardandoci dentro tra sporcizia e rifiuti, riesce a scorgere un bambino raggomitolato su se stesso. Michele è scosso dalla scoperta fatta, e a casa cerca di confidarsi con il padre, ma capisce in un istante che si tratta di un rapimento e che anche il padre ne è coinvolto. Da quel giorno, Michele, all’insaputa del padre, cerca di aiutare per quanto gli è possibile il prigioniero, portandogli cibo e acqua e concedendogli qualche minuto d’aria fuori dalla botola; nasce una sottile complicità fra i due bambini, poi una vera amicizia. Intanto la casa di Michele è diventata anche il luogo d’incontro dei rapitori, i quali, sentendosi ormai braccati, decidono di uccidere il prigioniero. Ma Michele decide di anticiparli andan59 do a liberarlo e, con l’aiuto dei carabinieri, l’ostaggio sarà salvo. Questo romanzo mi ha colpito perché l’ho trovato attuale per gli eventi che tratta, come la giustizia e la criminalità, parla anche della delinquenza, favorita dalla scarsa occupazione che al sud è sempre all’ordine del giorno. Ammiro molto il protagonista per il coraggio dimostrato ed in particolare mi ha colpito quando Michele fa uscire dalla “prigione” il bambino rapito; caricandoselo sulle spalle per portarlo in mezzo al campo di grano, usando mille premure per via della debolezza fisica del prigioniero, dimostrando così una personalità adulta, non propria di un bambino di nove anni. Consiglierei questo libro a tutti, innanzitutto perché è scritto con un linguaggio semplice, e quindi di facile comprensione, e per i temi trattati come la giustizia, l’amicizia, il coraggio. Davide Artioli USCITA AL SUPERMERCATO COOP DI PORTOMAGGIORE Martedì 13 febbraio 2007, le classi II E e F sono partite alle 8:40 dalla Scuola Media di Voghiera per andare alla COOP di Portomaggiore. La signora, che ci ha accolto, ci ha fatto accomodare e, dopo esserci presentati, abbiamo iniziato le nostre attività; ci ha dato un foglietto ciascuno con scritto: “merende in” e “merende out”. Parecchi hanno messo nelle merendine “in” le merende preferite: patatine, pizza, panini … e pochi compagni la frutta. Nelle merende “out”, quelle poco amate, sono state indicate: frutta, yogurt e alcuni compagni i panini. L’animatrice ci ha spiegato che, di quello che avevamo scritto, fa bene tutto, però in giuste dosi. Dopo questo, ci siamo divisi in sei gruppi ed ad ognuno ha dato un foglio con scritto cosa dovevamo mettere nel cestino. Dovevamo andare nel super- 58 mercato per “comprare” quello scritto nei fogli. Nei fogli c’era scritto per ognuno dei sei: − bevanda e alimento dolce; − bevanda e alimento non pubblicizzato; − bevanda e alimento molto pubblicizzato; − bevanda e alimento da abbinare con il pane; − bevanda e alimento salato; − bevanda con alimento dietetico. Abbiamo avuto dieci minuti di tempo, nel foglio dovevamo scrivere: − tipo di confezione; − valore energetico; − tipo di prodotto; − prezzo al chilo o al litro; − i primi tre ingredienti; − marca. 11 Siamo tornati nella stanza e abbiamo guardato tutti gli alimenti che avevamo preso; ne abbiamo esaminati tre, poi abbiamo fatto merenda, ce l’hanno offerta loro: cracker e succo di frutta alla pesca; poi abbiamo continuato le nostre attività. Finito questo lavoro la signora ci ha detto, ed è la verità, che se prendiamo qualche alimento, scegliamo sempre quello che pubblicizzano per televisione e mai quello non pubblicizzato. A quel punto la nostra attività era finita e siamo ritornati a scuola alle 12:00. L’uscita alla COOP di Portomaggiore mi è piaciuta molto ed è stata molto interessante. Mi sono divertita e ho imparato cose nuove! Ambra Fornasari LA CAMPAGNA LA LUNA La campagna al mattino è svegliata dal gallo o da un uccello canterino. L’odore dei fiori profumati LA PARTITA mette tutti più allegri e rilassati con le facce degli animaletti Quante corse nel campo vivaci e furbetti. quanti calci al pallone La vita continua quante urla… fino al pranzo rilassato buono e profumato All’improvviso un batticuore… che con calma vien gustato. pareggio e ultimo rigore Verso il pomeriggio GOL! c’è ancora un clima da meriggio e un abbraccio di tutti i giocatori. e quel sole intenso m’illumina d’immenso. Ruggero Bonechi La sera arriva dopo aver parlato giocato LA NEVE e pensato il giorno è ormai passato. Ho visto cadere la neve Arriva il vespero di sera l’ho vista scendere lieve che precede la notte tutta nera ad un tratto con la mente e qui finisce la giornata ho pensato tranquilla e rilassata. ad un campo da sci tutto innevato… Marco Faccini peccato che poi mi sono svegliato! Che cos’è la luna piena? Un buco di gruviera. Che cos’è la luna piena? Un’astronave aliena. Che cos’è la luna piena? Un’anima in pena. Che cos’è la luna piena? Una luce nella sera. E la luna vuota? Una ruota Un ufo senza pilota. Giuseppe Bianco Jari Zanellato INCANTO E MISTERO Nascosta dagli alberi, al di là del cancello, protetta dai rami spogli, la grigia torre conserva tutta la sua intimità; anche se, d’altra maniera, sembra attenta a spiare con i suoi svettanti merli il mio piccolo paese oltre la foschia leggera. Dolce la rugiada si adagia sugli arrugginiti ferri dove un operoso ragno ha filato i suoi merletti. «Fermi! Di qui non si passa!» sembra che vogliano dire le statue a braccia conserte; 12 accanto, un viale alberato invita invece il passante a introdursi dopo aver percorso il piccolo ponte. Nell’angusto letto lento e calmo scorre il placido Sandalo e il suo canto sparisce sotto ogni ponticello per un magico incanto. Dagli argini i cespugli riflettonsi nell’acqua e sussurrano mille storie che poi lei racconterà a campi, paesi e strade. In un’immobile attesa il muto pozzo trattiene i segreti a lui donati da chi ne attingeva acqua. 57 Sul lavatoio di pietra le donne al duro lavoro sfregavan panni a fatica accanto all’annerito e fumoso caminetto. Sboccia con semplicità una bianca magnolia; e mostra la sua volontà, questo fiore delicato, ricordando all’umanità la forza della natura. Due giganti sempre all’erta sorvegliano intorno a sé, e i lunghi rami crean cento e più dialoghi che fine non avranno. Classe 2^E EVVIVA LA MUSICA COMUNICARE La musica è pensieri, parole, testi e melodie, solo quando l’ascolti senti che ti vuol dire. Comunicare tra amici, tra genitori, tra parenti… Con la musica piangi, ridi, scherzi e balli, ma soprattutto ricordi i momenti più belli. Elena Coletti IL GIORNALE Comunicare uguale esprimere, trasmettere emozioni, reazioni, canzoni… Comunicare è come la nutella che mondo sarebbe senza? LA MUSICA Ascoltare musica per ballare, Emanuele Ganzaroli per cantare e per sognare. Con la musica riesco ad esprimere i miei sentimenti, LA LETTERA È… le mie sensazioni e le mie paure. La lettera è un foglio Eleonora Casoni che contiene pensieri, opinioni ed informazioni. Il giornale è importantissimo perché trasmette delle informazioni che accadono nelle giornate in posti lontani. La lettera è un riassunto che racconta della propria vita, senza dimenticare niente. Il giornale è bello a chi piace leggere, si trova nelle edicole di ogni paese. Il giornale è un insieme di pagine, che scrivono i giornalisti per farle avere a noi ed aprirci la mente. Sofia Maestri LA TELEVISIONE ROMA... SCUOLA MUSICAFESTIVAL La lettera è un ritrovarsi tra amici cari e parenti, per potersi ridire: ciao! IL CELLULARE Beatrice Zanella C’è un oggetto, il cellulare, che tutti i ragazzi fa sbavare, è tondo, quadrato, piccolo e grande, insomma per i ragazzi è speciale. Con esso si parla del futuro e del passato rimane solo un gran buio. Oggi i ragazzi perdono ore e ore con quell’oggetto, che per loro ha un gran valore. La televisione è un vero tormentone Marcello Pirani con la pubblicità ride tutta la città. A colori o non colori guardiamo sempre degli orrori. Erica Sovrani 56 Giovedì 3 Maggio è una data che rimarrà sempre impressa nella mia mente. Ora la ricordo, a distanza di pochi giorni, come una giornata bellissima. E’ stato il giorno della partenza per Roma. Era mattino presto, circa le sei e un quarto ed eravamo tutti esaltati perché avremmo passato insieme i tre giorni successivi. Eravamo 21 ragazzi tra 3°E e 3°F, selezionati dal professor Boldrini perché il viaggio è avvenuto in occasione dello spettacolo “Scuola Musicafestival” che si sarebbe tenuto la sera di sabato 5 Maggio al “Gran teatro” di Roma. Ma andiamo con calma. Siamo sul pullman, noi 21 ragazzi e i tre professori accompagnatori: Patrizia Fidora, Paola Trevisani e naturalmente Renzo Boldrini; purtroppo era assente un nostro compagno, Federico Bortolotti, per problemi di salute. Ci è dispiaciuto molto per lui, ma lo abbiamo sentito spesso per telefono. Il viaggio in pullman è stato lungo e stancante ma molto divertente; era caldo perché il tempo (per fortuna!) è stato a nostro favore quasi sempre. Siamo arrivati, dopo varie soste, nella fantastica città di Roma all’una e mezza e abbiamo raggiunto la zia di una nostra compagna, che ci ha fatto da guida, a piazza San Pietro. Nel corso del pomeriggio abbiamo visitato i Musei vaticani, la Cappella Sistina e S. Pietro. Alle 17 circa l’autobus ci ha portati all’hotel dove avremmo alloggiato i giorni seguenti e ci siamo divisi nelle rispettive camere per disfare le valigie, lavarci e prepararci per la cena. Io ero in camera con Giulia Valenzano ed è stato molto divertente stare con lei. Dopo aver sistemato tutto, siamo scesi per la cena all’hotel. Eravamo al 3° piano e, per scendere, spesso dovevamo aspettare per parecchio tempo l’ascensore perché non eravamo i soli ragazzi all’hotel. Dopo cena siamo tornati tutti in camera e io e Giulia siamo andate nella camera di Jessica ed Elena, con Chiara e Federica. La sera stavamo sempre insieme noi sei e guardavamo la TV, parlavamo, ridevamo e telefonavamo agli amici a casa raccontando loro tutto quello che ci stava accadendo. Verso le 10 e mezza11 siamo tornate ognuna nelle proprie camere ma io e Giulia abbiamo continuato a parlare e soprattutto a ridere, e così è accaduto anche le sere seguenti. Il giorno dopo, venerdì 4 maggio, quando ci siamo svegliate ci aspettava una brutta sorpresa: fuori diluviava e noi dovevamo visitare la città, almeno in parte. Questo purtroppo non è stato possibile anche a causa del traffico, quindi la mattina l’abbiamo trascorsa in gran parte in pullman, sotto la pioggia. Verso le 11 siamo arrivati al Gran Teatro dove ci aspettavano per le prove della giornata. Non dimenticherò mai il momento in cui sono entrata al teatro: era immenso e sul palco una scuola di Lecco suonava un pezzo che ci fece emozionare tutti. Ero felice ed eccitata all’idea di suonare in un posto così grande e presto ne ebbi la possibilità. Tutto il pomeriggio lo passammo ad ascoltare le altre scuole e a provare i nostri pezzi per il “Concertone finale”. Suonavamo “Amarcord”, “C’era una volta il West” e “La vita è bella”, tutte colonne sonore che avevamo provato e riprovato durante le lezioni di scuola nell’aula di musica, assieme ai nostri compagni. Ma lì era ben diverso: eravamo 400 ragazzi provenienti da tutte le scuole d’Italia e gli strumenti erano tantissimi. Il giorno dopo le prove sono continuate e sono state ancora più intense. A pranzo mangiavamo nei camerini del teatro con panini e bibite che ci fornivano loro. 13 La giornata di Sabato è stata molto faticosa, ma ne è valsa la pena perché il concerto, la sera, è stato fantastico. Noi abbiamo suonato per ultimi e ci hanno chiesto il bis. La presentatrice era Maria Teresa Ruta ed è intervenuto come ospite speciale della serata Pino Insegno. Tutti 400 indossavano le magliette di Scuola Musicafestival e dei cappellini arancioni. E’ stato molto bello, un’esperienza indimenticabile. Quando siamo tornati all’hotel era circa mezzanotte e in pullman abbiamo fatto “dannare” l’autista cantando cori da stadio perché eravamo troppo felici della serata passata. La domenica è stata una giornata “libera”, nel senso che abbiamo potuto visitare Roma. Dopo aver liberato le stanze e fatto le valigie, siamo andati alla Fontana di Trevi, al Colosseo, al ponte dei lucchetti del film “Ho voglia di te” con Scamarcio, e nelle vie più belle e movimentate di Roma. Qui abbiamo incontrato il direttore del grande concerto della sera prima: Paolo de Lorenzi e abbiamo fatto le foto insieme a lui, che ci ha fatto gli autografi. Quando a mezzogiorno siamo andati a mangiare ha iniziato a piovere e allora siamo corsi al pullman e, saliti, abbiamo salutato Roma e tutte le belle esperienze passate in questa meravigliosa città. Siamo arrivati nel piazzale della scuola la sera di Domenica 6 Maggio alle 8 e mezza circa. Questa esperienza la ricorderò come la più bella gita scolastica che io abbia mai fatto; e tra foto, cartoline, regali e altri ricordi è scesa una lacrima che stava a significare la paura di non rivivere mai più un momento così bello con i miei amici delle medie… Grazie! Rita Belletti ROMA… SCUOLA MUSICAFESTIVAL Giovedì 3 maggio noi alunni delle classi terze siamo andati a Roma, per partecipare alla settima edizione del progetto Scuola Musicafestival. Ci siamo ritrovati alle ore sei davanti alla scuola media di Voghiera, dopo sei ore di viaggio, anche abbastanza noiose, siamo arrivati a Roma, dove abbiamo pranzato. Nel pomeriggio abbiamo visitato San Pietro e i Musei Vaticani: ci ha fatto da guida la cugina della nostra compagna Chiara. Trovarci in mezzo alla piazza di San Pietro ci ha fatto un effetto molto strano, perché vederla in televisione si presenta in modo diverso. Nei musei vaticani, ci è parso di provare un’insolita sensazione; abbiamo visto anche stanze con le pareti tutte dipinte, tra cui c’erano anche famosi dipinti di Raffaello e altri famosi pittori. Nel tardo pomeriggio, ci siamo sistemati in albergo, dove abbiamo poi cenato. Il giorno quattro la sveglia è suonata alle sette e trenta, dopo aver fatto colazione siamo saliti sul pullman che ci doveva portare al Gran teatro per le prove, ma prima l’autista ci ha portato a fare un giro per la città e ci siamo fermati anche a ponte Milvio dove ci sono i famosi “lucchetti”. Alle ore dodici ci siamo radunati al Gran Teatro, che era grandissimo e conteneva più di cinquemila posti; non solo la platea era enorme, ma anche il palco non era da meno. Insieme agli altri “ rappresentanti” delle regioni italiane, dopo la pausa pranzo, abbiamo provato i nostri brani diretti dal direttore Paolo De Lorenzi. Alle ore diciannove siamo rientrati in albergo per la cena. Il giorno cinque maggio dopo la colazione in albergo, ci siamo radunati al Gran Teatro per le prove del concertone serale. Durante le prove pomeridiane, i responsabili avevano organizzato una specie di lotteria: venivano estratti i nomi di alcune scuole a cui sarebbero andati i rispettivi premi sorteggiati (strumenti musicali, amplificatori, microfoni ecc…). Dopo l’estrazione è arrivata quella che sarebbe stata la presentatrice: Maria Teresa Ruta (è la settima volta consecutiva che presenta questa manifestazione). L’emozione era fortissima e tutti i nostri compagni parlavano di come si sarebbe svolta la serata, alcuni provavano i pezzi e altri cercavano di ingannare il tempo e di scaricare la tensione. Alle ore 20 è iniziato lo spettacolo, tutti eravamo molto agitati, ma per fortuna eravamo gli ultimi perché prima dell’esibizione alcune scuole si esibivano singolarmente. Arrivato il nostro momento ci siamo recati sul palco con ordine; quando eravamo già tutti seduti ognuno al proprio posto è arrivato l’ospite d’onore… Pino Insegno, che du- rante la sua apparizione ha intervistato cinque ragazzi che partecipavano allo spettacolo. Come ospiti d’onore oltre a Pino Insegno, avrebbero dovuto esserci gli autori dei nostri brani: Ennio Morricone e Nicola Piovani. Dopo il discorso fatto da un attore che commentava alcuni spezzoni dei film, abbiamo incominciato a suonare i nostri brani. Appena finito di suonare il pubblico ci ha acclamato con un forte applauso e subito dopo ci ha chiesto il bis. Finalmente dopo avere concluso la serata, molto stanchi ma molto contenti dei risultati, siamo ritornati in albergo e ci siamo riposati per il giorno dopo, che sarebbe stato l’ultimo della nostra permanenza a Roma. La mattina dopo siamo andati a piazza del Popolo e poi a vedere la Fontana di Trevi, il Parlamento e Palazzo Chigi. Dopo la visita alla fontana di Trevi siamo andati a comprare qualche souvenirs, poi siamo andati a pranzare. Una volta usciti dal ristorante ha iniziato a piovere, così siamo corsi al pullman e siamo partiti per il viaggio di ritorno a Voghiera, che al contrario dell’andata, è stato molto divertente. Alexa Ghedini Elena Locatalli RICORDI Ombra del passato tenera sussurri dolci note del silenzio. LIBERTÀ Sono stesa su un prato il cielo è pieno di stelle una siepe ostacola il mio sguardo. Sento voci di persone mi giunge odore di rugiada e profumo di rose. Sono sola mi sento libera corro all’aperto. Mi sento triste ma anche felice. RICORDI Sono in una stanza buia sola sono triste penso a quando ero piccola ed ero felice. Marta Scanavini Le lacrime scendono vorrei tornare alla felicità di un tempo ma non posso. Terrò i ricordi dentro il mio cuore per non dimenticarli mai. Jessica Marini Giada Vassalli IL MILITARE Sono un ragazzo giovane, il mio lavoro è il militare; ora sono pronto e in guerra devo andare, ma spero di non mai sparare. AUSCHWITZ In gran parte del mondo non regna la pace e a gran parte dei bambini è una cosa che non piace. Qui ad Auschitz c’è tanto dolore tanti bambini tanti adulti un silenzio… Non riuscirò a portare la felicità e pace in tutto il mondo; ma io ce la metterò tutta e arriverò fino in fondo. Manuele Mimosa Nicolas Mantovani 14 55 CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI” L’AMICIZIA L’amicizia è una vita di giochi L’amicizia è confidarsi con le amiche L’amicizia è essere sempre nei cuori altrui L’amicizia è l’amore che provi per le persone L’amicizia è tutto a patto sia un pensiero positivo. Giulia Righetti A UNA PERSONA SEMPLICE (Giorgio Perlasca) GRAZIE! a un padre che non è stato solo un padre. GRAZIE! a un Giusto che ha aiutato con determinazione migliaia di persone. GRAZIE! a un uomo la cui storia è così incredibile da non sembrare reale. Giovedì 10 maggio 2007, noi musicisti della Scuola media di Voghiera abbiamo partecipato al concorso “A. Zangarelli” di Città di Castello. Siamo partiti con il pullman alle ore 6:30 del mattino dal piazzale della scuola, accompagnati dai professori di musica: Urbinati Massimiliano, Urbinati Domenico e Rosini Paolo più la prof. Varriale. C’era anche un pullman con i genitori. Abbiamo caricato i nostri strumenti e siamo partiti. Il viaggio è stato lungo e per passarci il tempo abbiamo ascoltato la musica e abbiamo parlato. Eravamo tutti molto emozionati. Siamo arrivati in perfetto orario e appena entrati nella scuola ci hanno divisi in gruppi in base allo strumento. Anche quest’anno c’erano ragazzi che provenivano da tutta Italia. Dopo un po’ di tempo ci hanno chiamato per esibirci come solisti; siamo entrati in una stanza dove c’erano quattro giudici. Il primo a suonare della nostra categoria è stato Potti, poi Mohammed, dopo la Sabri, la Cate, io, Nicholas e Francesco. Quando mi hanno chiamato, mi hanno fatto accomodare su una sedia; davanti a me avevo un leggio e un poggia piede, intorno a me c’erano i genitori; appena me la sono sentita ho cominciato a suonare. Finito di esibirmi sono andata nel giardino della scuola dove c’erano tutti i miei compagni. Abbiamo mangiato insieme e fatto una partita a carte. Dopo un po’ i prof. ci hanno chiamato e ci siamo divisi ancora. io, Sabrina e Caterina siamo andate a fare le prove per il gruppo d’insieme, perché in quella cate- goria ci dovevamo ancora esibire. Finalmente alle ore 16:00 siamo state ascoltate dalla giuria. Ci siamo esibite in due pezzi e abbiamo suonato molto bene. Era già pomeriggio inoltrato e tutte le categorie dei vari strumenti avevano finito. Era il momento delle premiazioni, siamo ritornati nel giardino che si stava riempiendo di persone. I giudici hanno elencato i vincitori delle varie categorie. Anche quest’anno noi ragazzi della scuola media di Voghiera ci siamo classificati molto bene e dopo la cerimonia abbiamo festeggiato e successivamente siamo saliti in pullman e siamo ripartiti. Il 10 maggio ’07 sono partita per Città di Castello con i miei compagni di strumento per partecipare ad un concorso musicale. Ci siamo trovati alle 6.30 nel piazzale della scuola, alle 6.45 siamo partiti. Il viaggio è stato molto divertente. Alle 10.30 siamo arrivati a Città di Castello e subito siamo entrati nell’aula per esibirci davanti alla commissione: io ero molto emozionata ed ho pensato che non mi sarei classificata perché ave- vo sbagliato. Io ho suonato due pezzi che avevo in precedenza studiato. Alle 11.30 circa la nostra categoria aveva finito perciò siamo scesi al piano terra per il pezzo d’insieme. I miei compagni si sono esibiti al meglio e quando hanno finito di suonare abbiamo mangiato. Al pomeriggio io e la mia compagna siamo andate a sentire i gruppi d’insieme e abbiamo “girato” per la scuola. Alle 19.00 le commissioni hanno effettuato le premiazioni: eravamo tutti molto emozionati ed io quando ho sentito pronunciare il mio nome mi sono molto agitata. Finite la premiazione verso le 20.00 siamo saliti in pullman e siamo ritornati a Voghiera. E’ stata una bella esperienza e mi sono anche molto divertita. Ludovica Ganzaroli Giulia Brini UN AMICO “Chi trova un amico trova un tesoro”, può essere senza ricchezza, ma con tanta dolcezza. Un amico di gioco non è poco; un’amicizia lunga sarà con un po’ di impegno si manterrà. AMICO Amico… che cos’è un amico? un amico è l’altra tua metà. È un frammento del tuo cuore. È chi ti ascolta e ti capisce. Aspetta… forse tu non sei un amico. Ilaria Gallerani Alessia Ferrari 54 15 Sara Pacella CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI” LA PRIMAVERA In primavera volano gli aquiloni E nel cielo non ci sono nuvoloni; qualcuno è addormentato, ma il sole l’ha svegliato. Là nel prato giocano i bambini dove nascono i fiorellini; un grande campo di margherite, rose e viole tutte unite per formare la compagnia di un’allegra prateria. La primavera è un fiore, tutto pieno di colore e si gioca a tutte le ore. C’è chi ride ed è contento la primavera Il 10 maggio, noi ragazzi della scuola media di Voghiera, siamo andati a Città di Castello per partecipare al concorso musicale che si svolge abitualmente ogni anno. Siamo partiti la mattina presto con i nostri insegnanti e anche genitori e il viaggio è andato benissimo, non abbiamo incontrato nessun “ostacolo” per la strada a differenza degli anni scorsi e siamo così arrivati molto prima del previsto. La scuola in cui siamo andati è grandissima e anche molto accogliente; appena entrati noi ragazzi ci siamo divisi per strumenti e le chitarre hanno seguito il prof Rosini, che ci ha diretto verso la nostra sezione. Avevo una forte agitazione e appena arrivata ho iniziato a ripassare i miei pezzi solistici che avrei suonato dopo qualche minuto; vedo entrare i giudici nell’aula e tre miei compagni li seguono per iniziare a suonare. Io, nel frattempo, continuo a ripassare mentre in me sale sempre di più la paura; i tre miei amici escono, e mi dicono che è andato tutto bene. Cerco di tranquilizzarmi perché sapevo bene i miei pezzi e agitarmi non andava per niente bene; i giudici chiamano dentro altri tre dei miei amici, ma fra quelli, io non ci sono, allora decido di andare a prendere una boccata d’aria e smettere di pensare un attimo ai brani e alla paura. Dopo 15 minuti circa escono e anche loro mi dicono che è andato tutto bene. Adesso tocca a me; entro, mi siedo e penso ai miei pezzi mentre una mia amica suona: ok, ha finito, è il mio turno… inizio a suonare, ho il cuore a mille e mi tremano le mani, e suonare la chitarra mentre ti tremano le mani, non è un vantaggio. Ad un certo punto mi sento più tranquilla e tutto va bene… ho finito e mi lascio andare un lunghissimo sospiro; adesso sono molto più rilassata e mi torno a sedere aspettando che l’altro mio compagno suoni; appena finito i giudici, gentilissimi e molto simpatici, ci ringraziano ed usciamo. A questo punto, insieme ai miei genitori e a due mie amiche, vado nel giardino della scuola per pranzare e li incontro delle mie amiche, di altre categorie, che mi dicono che non hanno ancora suonato; dalle 12 alle 16 circa ci siamo tutti rilassati perché poi, io e altre 5 mie compagne, dovevamo andare a suonare nella categoria d’insieme due pezzi composti da cinque chitarre. Il prof ci chiama e noi, molto meno agitate, ci dirigiamo per andare a suonare nell’aula dove altri giudici ci aspettavano; subito entriamo e ci posizioniamo 16 per suonare, mentre il prof ci accorda le chitarre; siamo tutte pronte e iniziamo a suonare… finiti i pezzi il prof ci guarda e ci sorride come se dicesse che siamo state brave; in effetti siamo andate benissimo e siamo molto contente. Subito dopo usciamo dall’aula e andiamo in giardino perché le premiazioni stavano per iniziare; esse iniziano con le categorie dei violini fino e che non chiamano la categoria G3 cioè quelle di musica d’insieme; tutte noi ci prendiamo per mano e… ci siamo classificate prime con 98 punti su 100!!! Siamo contentissime e molto fiere di noi stesse. Subito dopo iniziano le categorie H3 cioè quelle solistiche; sono in piedi e ho le dita incrociate, quando chiamano il mio nome e dicono che mi sono classificata prima con 98 punto su 100!!! Sono contentissima perché così in alto non c’ero mai arrivata! Quando siamo in pullman tutti i professori ci fanno i complimenti e noi li contraccambiamo con un: “grazie di essere stati così disponibili e pazienti!” Mi sono divertita tanto quest’anno a Città di Castello e sono sicura che questa meravigliosa esperienza non la dimenticherò mai!!! Federica Scanavini LA PRIMAVERA La primavera riappare, tutto si trasforma: gli alberi diventano verdi, i fiori cominciano a colorarsi; c’è sempre quel bel venticello, gli insetti inziano a ronzare sopra i fiori, prendono il polline, lo portano all’alveare e producono la pappa reale Simone Battocchio GLI UCCELLINI Mi affaccio alla finestra stupito vedo molti uccellini una sensazione di felicità per il loro cinguettio. Ogni uccellino è pronto per il pasto serale mentre il vespro cala. IL SOLE Il sole è una grande palla rossa o arancione. Invece quel bel sole ci riscalda: è una stella infuocata che rende la vita bella: Senza il sole saremmo tutti tristi, invece il nostro sole ci dà la forza di vivere. Giacomo Sovrani Antonio Stracuzzi Elena Fioresi 53 VORREI… CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI” Vorrei poter cantare e ballare Vorrei poter sognare per ricordare Vorrei poter amare per sperare Vorrei poter aiutare per rallegrare Vorrei potermi innamorare per baciare Vorrei pensieri sinceri In modo che si esaudiscano i miei desideri Giulia Ardondi VORREI Vorrei la vita eterna vorrei un amore e una gioia infinita, vorrei che non ci fossero guerre, vivere una vita serena senza litigi. Alle volte vorrei essere come un uccello, sempre impaurito, ma a caccia della verità, volare talmente in alto, da veder tutto il mondo. Questa è la vita che vorrei. Ivan Bucchi VORREI ESSERE… Vorrei essere una farfalla per volare libera nel cielo. Vorrei essere un delfino Per tuffarmi nel mare e nuotare fino a stancarmi. I MIEI VORREI Vorrei un mondo perfetto Vorrei tutta la gente sotto un tetto Vorrei essere una volpe per correre in mezzo ai campi. Vorrei un mondo senza guerra Vorrei la pace su tutta la terra Vorrei un mondo incantato Vorrei tanti amici Vorrei un dolce canto fatato per raccontare i miei sogni felici. Martina Benasciutti DESIDERI Caterina Cervellati Vorrei volare nel cielo come gli uccelli, VORREI ESSERE UNA FARFALLA sentire come il vento solleva verso l’alto. Vorrei essere una farfalla per volare sui fiori, Vorrei essere una farfalla per vedere il mondo. volare di fiore in fiore ed essere tutta colorata, Vorrei essere una farfalla vivere nel prato, per volare dove c’è la guerra essere sempre libera. e portare la pace. Vorrei essere il sole, Vorrei essere una farfalla brillare nel cielo per portare il mangiare il più forte possibile ai bambini poveri. per scaldare la terra. Vorrei fare questo dono per vivere bene nel mondo. …sol, la, si, do, fa… pausa… la, si… fa… fa… e ancora pausa… ero già sveglia da un po’ e continuavo a ripetermi a memoria tutte le note dei pezzi,fino a quando non ho visto la porta della mia camera aprirsi e ho sentito la voce della mamma che mi diceva: <<Buon giorno Ieia! E’ ora di alzarsi!>> (“Ieia”è il mio soprannome e la mamma e tutti gli amici che mi conoscono,da quando ero piccola,mi chiamano così!). Avevo i vestiti già tutti pronti e perfettamente abbinati:maglietta rossa che si abbinava con la cintura rossa brillantata,e i pantaloncini marroni abbinati con le scarpe nuove (Converse, basse, marroni). Sembravo arrabbiata con qualcuno, infatti la nonna mi chiedeva ogni due secondi cosa avessi fatto e io le rispondevo semplicemente: <<Niente, sono solo un po’ agitata!>>. Mi ha accompagnata il nonno che,oltre a essere venuto per sentirmi,aveva come scopo i prosciutti e i formaggi,che anche l’anno scorso aveva acquistato nello stesso negozietto,poco distante dalla scuola di Città di Castello! Siamo partiti intorno alle 7:00,in pullman;alcuni erano un po’ “spenti”,forse per la stanchezza e per l’agitazione,altri,come me, Rita, Chiara, Elisa, Federica erano euforiche! Cantavamo come “matte”. Tra Vasco, Zero Assoluto, Ligabue, Tiziano Ferro ed Evanescence è passata la prima parte del viaggio! Abbiamo fatto sosta in autogril per sgranchirci un po’ e fare uno spuntino, poi siamo ripartiti alla volta di Città di Castello. Quest’anno miracolosamente non è successo nessun imprevisto. La prof.ssa Varriale, che ci ha accompagnato assieme ai tre professori di musica, diceva che non era capitato niente perché c’era lei. In effetti, aveva ragione, ha portato fortuna! Per le 10.30 siamo arrivati a destinazione. L’autista ci ha aiutato a scaricare gli strumenti e ogni professore ha chiamato i suoi alunni. Rosini ha chiamato gli al- lievi di chitarra, Urbinati Massimiliano gli allievi di pianoforte e Urbinati Domenico (detto “Dommy”) gli allievi di clarinetto. Ci siamo divisi e ogni gruppo ha iniziato a provare in aule diverse. Io, Chiara, Alessandro e Gabriele, prima di suonare, abbiamo ascoltato le esibizioni degli altri (Giulio, Nico, Manuele) e di un ex alunno di clarinetto; devo dire che sono stati tutti molto bravi! Poi abbiamo fatto tutti una pausa pranzo, dopo la quale alcuni papà hanno anche offerto il gelato, che ci stava proprio , visto il caldo che faceva! Poi la classe di clarinetto, assieme alla prof.ssa Varriale, è andata in visita alla città. Dopo aver percorso un lungo viale alberato, siamo arrivati in piazza. Questa era piena di palazzi bellissimi. Ci siamo fermati nel solito bar e il professore ha offerto il gelato a tutti, alcuni che lo avevano già mangiato hanno fatto il bis (golosi!).Poi siamo andati a visitare il palazzo civico e il duomo della città, dove abbiamo fatto anche delle foto seduti sulla scalinata. Al ritorno della visita, il quartetto (formato da me, Chiara, Alessandro e Gabriele) ha iniziato a provare. Ero agitatissima; stavo iniziando a sudare freddo. Poco dopo siamo entrati nella sala delle torture! Ci siamo disposti come al solito, cioè a ferro di cavallo. Incrociati gli sguardi con Gabriele (il primo clarinetto che dava il via) siamo partiti … sol, la, si, do, fa… pausa… la, si… e ancora pausa… Alessandro non ha fatto la nota che serviva a Gabriele, Chiara non ha sentito Gabriele e si ferma, io non ho sentito Chiara e… insomma siamo tutti fermi! I giudici ci rassicurano e dicono di ricominciare come se non fosse successo nulla…. E allora via!! Ripartiamo con entusiasmo e riusciamo a fare tutti e quattro i pezzi… ce l’abbiamo fatta! La tortura è finita e anche la paura! Appena uscita sono scoppiata a piangere… ero felice,dopo aver finito tutto e dopo quell’ errore, ero contenta e piangevo! Che stupida! Abbiamo smontato gli strumenti e, fi- Magda Adinowska Federica Volinia 52 17 nalmente, eravamo liberi! Intorno alle 19.00 hanno iniziato le premiazioni. Tutti noi di terza aspettavamo la categoria “H3”… eccola... finalmente: “terzi, con 85 punti su 100, dalla scuola media di Voghiera-Portomaggiore secondaria G. Falcone-P.Borsellino, il quartetto formato da Guaraldi, Chiozzi, Bonora, Batocchio.” Tutti esultavamo e urlavamo per la gioia; anche se non siamo arrivati primi è come se lo fossimo! Dopo tanti sforzi e fatiche avevamo vinto! Mi batteva il cuore a 2000, ero felice! Il ritorno è stato completamente diverso: urla, cori,risate,di tutto! Noi di terza abbiamo pensato di scrivere una lettera ai professori di musica… Cari profe, vogliamo ringraziarvi per questi tre meravigliosi anni passati insieme e per tutte le meravigliose esperienze ed emozioni che ci avete regalato… dal primo istante che ci avete portato nel mondo della musica, ci avete fatto sentire importanti e uniti nel momento del bisogno, nonostante le nostre diversità, ….sappiamo già ora che ci mancherete tantissimo… siete i migliori… non vi dimenticheremo mai!! I ragazzi di terza Dopo aver letto la lettera, c’e stato un grande applauso. I professori erano contenti di quelle poche, ma significative parole che gli avevamo dedicato. Le meritavano come nessun altro. Siamo arrivati a casa alle 23.30…. stanchi del viaggio ma contenti! Contenti di noi! E' stata una giornata a di poco stupenda e indimenticabile, non ci sono parole per descrivere quanto ho provato in quel momento! Un grosso grazie ai professori di musica che ci hanno fatto vivere così tante emozioni in tre anni. I tre anni più belli della mia vita!! Valentina Guaraldi CITTÀ DI CASTELLO… CONCORSO MUSICALE “A. ZANGARELLI” Me l’aveva detto il prof. Rosini, era stato molto chiaro fin dall’inizio dell’anno scolastico: solo con impegno costante avrei ottenuto quella tranquillità e preparazione per poter eseguire i miei brani davanti alla commissione senza commettere nessun errore, per poter vincere la borsa di studio. Comunque anche quest’anno sono arrivato primo, ed è il terzo anno consecutivo che raggiungo questo risultato. Ma ora partiamo dall’inizio. L’appuntamento, come tutte le volte precedenti, era alle 6,30 davanti alla scuola. IL pullman è stato puntuale; al seguito avevamo un’altro pullman di genitori ed ex alunni e due macchine di genitori tra le quali mio padre e mia madre, che anche quest’anno non si volevano perdere questa occasione. Finalmente abbiamo raggiunto Città di Castello senza nessun incidente. Noi chitarristi, capitanati dal Prof. Rosini, abbiamo eseguito il rito antisfortuna con le fatidiche parole “ bip... bip... bip...” (è meglio se non le scrivo); dopodiché ci siamo addentrati nella scuola labirinto alla ricerca dei nostri orari per le esecuzioni dei brani. Io dovevo suonare alle ore 12, ero il terzo del mio gruppo. Per fortuna suonavo presto così non ho accumulato molta tensione che mi avrebbe agitato ancora di più. Ci siamo riscaldati le dita per un po’ e poi l’ora fatidica è arrivata. Sono entrato accompagnato solo dal prof., Tosatti e mia madre; non ho voluto nessun altro spettatore. Dopo aver accordato la chitarra, la commissione composta da tre professori di musica, mi ha dato il permesso di iniziare. Io avevo due brani molto lunghi e di difficile esecuzione: il primo l’ho fatto perfettamente, sul secondo la tensione è aumentata e ho fatto un paio di imperfezioni che mi hanno impedito di raggiungere il primo assoluto. Comunque sono stato soddisfatto del risultato perché rispetto agli anni scorsi sono arrivato più preparato. Dopo avere fatto la pausa pranzo, gelato compreso, nel giardino della scuola, insieme ai miei compagni e genitori, abbiamo ripreso le prove per i pezzi d’insieme che erano previsti per le ore 16. Il gruppo era composto da: Ardondi, Morelli, Tosatti ed io. Purtroppo mancava Bortolotti che doveva fare una parte importante nei nostri pezzi musicali, e questo ci ha sicuramente penalizzati, infatti siamo arrivati secondi. Qui rispetto ai pezzi solistici ero meno teso, forse suonare in compagnia mi ha fatto sentire più sicuro. L’ora delle premiazioni è arrivata velocemente, le nostre aspettative erano molto alte, purtroppo qualcuno è rimasto deluso. Io sono stato comunque molto contento sia dei risultati che della giornata trascorsa. Dopo le premiazioni abbiamo ripreso velocemente il pullman per il viaggio di ritorno. Sapevamo che l’orario d’arrivo sarebbe stato verso mezzanotte e il giorno dopo ci sarebbe stata scuola, perciò non abbiamo perso tempo e siamo partiti, fermandoci solo una volta per una breve cena. Il 18 maggio 2006 io e gli altri alunni delle classi prime, seconde, terze abbiamo partecipato al concorso musicale di Città di Castello. Ci siamo trovati tutti alle sei e trenta davanti al piazzale della scuola, qui ci aspettavano due grandissimi pullman: il più grande, per gli alunni, era a due piani, quello normale per i genitori. Io ero accompagnata dal mio papà. Con noi c’erano anche alcuni insegnanti: la professoressa Trevisani, la professoressa Malacarne, il professore Bellettini, e naturalmente non potevano mancare i nostri stimati professori di musica che ci insegnano a suonare il pianoforte, la chitarra, il clarinetto e il violino: il professore Urbinati Massimiliano, il professore Urbinati Domenico, il professor Rosini e il professore Mantovani. Quando il pullman partì tutti gridammo, eravamo molto eccitati, io poi non avevo mai visto dei giudici prima di quel momento. Durante il viaggio ci divertimmo un mondo a parlare, a raccontare barzellet- te e storie di paura ogni volta che passavamo sotto le gallerie. Erano già trascorse quattro ore di viaggio quando sulla strada più avanti di noi un camion ribaltato ci bloccò per più di due ore, per di più in curva e in tratto con una forte pendenza. Io ero addirittura terrorizzata perché pensavo che fosse accaduto qualcosa al pullman, come ad esempio una ruota bucata, o rimasti a “secco”. Nel frattempo abbiamo trovato un cucciolino di cane non di razza, di colore panna e più impaurito di noi. Quando finalmente ripartimmo eravamo ancora più ansiosi perché ci avvicinavamo sempre più alla nostra meta. Arrivati mi sono resa conto che oltre alla mia scuola ce n’erano almeno altre otto in gara. Mi sono tranquillizzata un po’ durante il pranzo, ma poi… . Alle quattro e mezzo venne il mio turno per suonare da solista. Quando finii il pezzo andai fuori dall’aula per “prendere un po’ d’aria”, mi sembrava di non riuscire a respirare tanto avevo il cuore in gola! Nel frattempo incontrai un mio compagno di classe che mi disse che era andato tutto bene. Intanto toccava di nuovo a me: dovevo suonare a sei mani con Giulia e Caterina. Alle cinque circa ci diedero i risultati. Da solista ero arrivata quarta e per il pezzo a sei mani ero arrivata seconda insieme alle mie amiche con le quali ho festeggiato anche sul pullman mentre ritornavamo a casa. Arrivata a casa non pensavo più a niente, sono saltata sotto le coperte e ho dormito fino a mezzogiorno del giorno dopo. Qualche settimana dopo siamo andati alla Sala Estense di Ferrara dove il nostro trio è stato premiato con una targa che adesso fa bella mostra nell’atrio della scuola, e tutte le volte che passo di lì mi soffermo per guardarla perché ancora adesso mi dà un tremito ricordare il bellissimo concorso di Città di Castello. 18 Andrea Bramuzzo Alessia Bevilacqua 51 LA CAMPAGNA IL MIO STRUMENTO MUSICALE: LA CHITARRA Il paesaggio è maestoso e ricco di colori dove il verde prevale; le chiome degli alberi squarciano il cielo. Tra le chiome si ode il pigolìo di molti uccellini. Dietro si vede un canale con acqua limpida che scorre lentamente. Il mio sguardo si perde poi, in una enorme distesa di campi coltivati dove le spighe ondeggiano, formando strani effetti, al venticello di primavera. Nico Marzocchi Dalla mia finestra vedo la campagna: in primo piano c’e un enorme campo di granoturco con spighe grandi di colore verde che sembra un grande prato. Finito l’enorme campo di granoturco ci sono viti con foglie verde chiaro e verde scuro che sembrano formare un muro basso, ma resistente. In lontananza vedo la strada e oltre a questa una casa recintata da un muretto con un piccolo giardino, un’altra casa si intravede tra gli alberi che le stanno davanti. Martina Piazzi 50 Io e la mia chitarra abbiamo una lunga storia alle nostre spalle. Tutto cominciò tre anni fa quando alla scuola Elementare ci venne chiesto quale strumento avremmo scelto e io risposi subito “la chitarra”; per assegnarci gli strumenti, dovevamo fare prima una specie di esame perché non si poteva accontentare tutti. Alla fine, fortunatamente, mi fu assegnata la chitarra ed io ero molto contento. In seguito, con l’entrata nella Scuola media, passai dal desiderio di suonare la chitarra alla pratica dello strumento. Alla mia prima lezione di chitarra, ero molto teso, ma non vedevo l’ora di suonare lo strumento e nei miei pensieri mi immaginavo già di suonare la chitarra a tutto volume sul palco, anche se era un po’ azzardato. Col passare del tempo io e la mia chitarra siamo maturati, passando dall’imparare le note, a pezzi facili e infine a pezzi difficili. La prima volta che ho suonato davanti ad un pubblico fu al mio primo saggio di Natale, durante il quale ero un po’ preoccupato, perché il mio pezzo non era perfetto e, a volte, lo sbagliavo; il mio timore più grande era quello di sbagliare davanti al pubblico, fermarmi e fare una brutta figura. Quando, però, mi misi a suonare, la paura che avevo passò e mi tranquillizzai; alla fine, suonai bene e fu una bella esperienza. Dopo cinque mesi, arrivai a Città di Castello, io avevo un po’ di paura, perché era una esperienza nuova e non potevo sapere come sarebbe andata. Ma, in fondo, sapevo Ciao a tutti, mi presento sono Ilaria Piazzi e frequento la 1^F della scuola “Falcone – Borsellino” di Voghiera, che è una scuola ad indirizzo musicale, qui insieme a quattro professori di musica impariamo a suonare: la chitarra, il clarinetto, il pianoforte e il violino. Io suono, o almeno ci provo, la chitarra. Questo strumento mi piace perché riesco pian piano a suonarlo e il professore mi dà dei pezzi molto belli e non tanto difficili. Il professor Rosini dice che ho delle ottime qualità che però non sfrutto o, al massimo, solo quando mi va. A me piace molto suonare e anche provare i pezzi di mia sorella Martina che suona il clarinetto. Io non sono potuta andare a Città di Castello, dove ogni anno si svolgono dei campionati tra le varie che dovevo stare tranquillo perché,nell’arco di tempo che andava dal saggio al concorso, io ero maturato dentro e in più i pezzi li sapevo, ma la paura era tanta lo stesso. Alla fine, quando suonai, andò tutto bene e in più arrivai 1° con novantasei punti su cento, e la felicità era tanta. Da quel momento in poi, io suonai in altri saggi e andai ancora a Città di Castello, senza nessun problema o preoccupazione. Arrivò l’ultimo anno, la terza media, l’anno in cui ho avuto più emozioni, oltre al saggio ho suonato anche alla manifestazione dell’ Utef, a Portomaggiore, e qualche mese prima al concorso “Agostini” e infine mi sono messo a studiare “Canarios”, il mio ultimo pezzo. Visto che sapevo che era molto difficile , ho finito di studiarlo la sera alle 23,30 prima del concorso di Città di Castello, perché, se volevo puntare in alto, dovevo impegnarmi fino all’ultimo. La mattina successiva, siamo partiti per Città di Castello, alle 11,05 ho suonato ed è andato tutto liscio, alla fine, sono arrivato 1°, con novantotto punti su cento e,per un soffio, non portavo a casa il premio assoluto, ma va bene così. Questo è tutto ciò che mi è accaduto fino ad ora grazie alla chitarra, in futuro penso che continuerò a suonare, perché la musica mi dà delle forti sensazioni che in tutta la vita non ho mai provato e mi fa sentire importante. Massimiliano Tosatti 19 scuole d’Italia, però mi sarebbe piaciuto moltissimo, perché mi sarei potuta confrontare con degli altri ragazzi che suonano il mio stesso strumento. Alla mia chitarra, che ho chiamato “Camilla”, ho cambiato le corde da poco e quindi fa dei suoni un po’ stonati. Il mio profe è simpaticissimo e mi fa ridere moltissimo, ma ogni tanto le lezioni sono un po’ noiose ugualmente; in questo periodo mi ha un po’ trascurata, perché doveva seguire chi andava a Città di Castello, ma ora che ci avviciniamo ai saggi di fine anno mi aiuterà più degli altri. Spero così di fare una bella figura durante questo ultimo appuntamento con tutti i genitori e i professori. Ilaria Piazzi IL MIO STRUMENTO MUSICALE: IL PIANOFORTE Il pianoforte è uno strumento musicale bellissimo, che ho potuto imparare a conoscere in questi tre anni di scuole media. Fin dalla prima ho instaurato un rapporto speciale col professor Urbinati Massimiliano e da subito ci siamo intesi “alla grande”. Nel corso degli anni sono cresciuto fisicamente, ma soprattutto emotivamente grazie ai tanti concorsi a cui ho partecipato. In seconda è scattata una scintilla e mi sono innamorato del pianoforte. Ho ricevuto tanti riconoscimenti e attestati nei concorsi di “Città di Castello” e “Il Verginese”, dove ho suonato “L’Antica Canzone Napoletana” di Petr Il’ič Ciajkovskij e la “Sonatina n° 2” di Beethoween . Al ritorno a scuola, dopo le vacanze estive, non so perché il pianoforte non mi dava più emozioni, quando suonavo ero svogliato, a casa studiavo poco gli esercizi, non ero più io. Così è intervenuto il professore che mi ha sgridato duramente, a tal punto da farmi piangere. Durante il mese di ottobre, non facevo altro che dire a me stesso “Io mollo!” . Ogni volta che c’era la lezione settimanale di pianoforte cercavo delle scuse, perché non studiavo, allora ci fu un’altra sgridata che fu quella decisiva, che mi fece precipitare in un momento di crisi profonda. Il brano che dovevo studiare e che avevo scelto io, era assai difficile : “Forrest Gump” di Alan Silvestri, colonna sonora del film omonimo, interpretato da Tom Hanks. Eravamo sotto Natale e il professore mi diede un brano a quattro mani da suonare con Giada: “Là ci darem la mano” di Beethoween. Col passare dei giorni uno spiraglio si è aperto dentro di me; durante la lezione, studiando assieme al professore, mi sentivo felice, libero da ogni preoccupazione, mi sentivo leggero come una piuma, ero rinato. Al saggio natalizio io e Giada abbiamo suonato benissimo, con leggerezza e determinazione allo stesso tempo. Durante le vacanze natalizie mi sono dato da fare duramente per recuperare; stavo ore e ore in camera a studiare continuamente: storia, geografia, matematica… ma soprattutto pianoforte. Alla notte dormivo poco, di giorno andavo avanti a caffè, mi sentivo fiacco. Il ritorno a scuola è stato un elisir perché di stare a casa ne avevo fin sopra i capelli e avevo voglia di rivedere i miei amici e il prof. Urbinati. Le lezioni della mattina passavano veloci e veniva subito pomeriggio che passavo in classe a studiare con determinazione la prima parte del brano composto da due pagine. Il professore era contento dei risultati ottenuti, però era questo il momento in cui dovevo avere più fiducia in me stesso. La seconda parte del brano, composta anche quella da due pagine, ( per un totale di quattro) era la più importante, ma anche la più difficile ed impegnativa. I mesi da febbraio ad aprile sono stati difficili ed intensi ma il mio sforzo ha dato i suoi frutti, con la partecipazione al concorso” Ludovico Agostini “, svoltosi al Teatro Concordia a Portomaggiore. La depressione di inizio anno si è tramutata in una passione per il pianoforte ancora più intensa, che mi ha dato la forza e la tenacia di continuare a provare e riprovare all’infinito DALLA MIA FINESTRA VEDO in vista del concorso di Città di Castello che mi ha dato l’opportunità di dimostrare a me stesso e agli altri ciò che avevo imparato. Giovedì 10 Maggio, una volta arrivati a Città di Castello presso la scuola “Dante Alighieri“ abbiamo preso d’assalto le aule di pianoforte per provare, mentre la tensione saliva a dismisura. Ormai era il mio turno: vado a presentare alla giuria il brano, mi siedo al pianoforte: il brano d’obbligo lo suono perfettamente, con qualche imperfezione, poi è il turno dell’altro brano, che molti dei miei compagni sono venuti ad ascoltare:… l’inizio è dolce e calmo,…. nessun errore… sto pensando già alla seconda parte, però è meglio non distrarsi…, va tutto bene… devo stare calmo….oh no ho fatto un errore, ma non importa… manca poco… ce la posso fare… sì, sì ce l’ho fatta! Tutti applaudono e mi fanno i complimenti, sono al settimo cielo! Ho provato soddisfazione e molta stima di me stesso, non stavo né in cielo né in terra, ero super contento del mio risultato. Questo è stato il momento più bello di tutto il mio percorso di studi alle medie. Ho scelto di continuare a suonare anche il prossimo anno, quando frequenterò le scuole superiori, perché dà tante soddisfazione a me e ai miei genitori e poi per un mio interesse personale per il mondo della musica. Dalla finestra della mia stanza vedo una casa con un grande giardino pieno di giochi. In lontananza un grande campo arato che sembra un deserto. Oltre questo campo si intravedono due case che sembrano due oasi perché sono pieni di alberi, di fianco una strada che sembra un fiume di catrame perché è nera e lucente. Alessio Veronesi IL MIO CORTILE Attorno alla mia casa c’e il cortile, sul davanti c’e un prato con dei fiori tra cui una rosa molto bella, di color rosa sfumato con il bianco; un tavolino con sopra un cactus una fontanella e due grandi alberi, i più alti del cortile. Nel retro del cortile c’è ghiaia bianca con ai lati altri bellissimi fiori ed anche una pianta rampicante che ha fatto fiori stupendi. Più in là c’e un piccolo orto con varie verdure comprese l’insalata riccia che mi piace. Sempre nel retro, c’e un cami- no di mattoni che hanno costruito mio papà, mio zio e mio nonno, per cuocere la carne ai ferri, peccato però che nonostante questo camino sia bello e grande, venga usato poche volte. Il mio cortile è molto bello soprattutto in questo periodo con i fiori e le piante che lo rendono molto colorato. Dario Ferraresi Mattia Azzolini IL MIO GIARDINO Nel mio giardino ci sono molte piante:rose rosse e bianche molto profumate, alcuni alberi tra cui dei pini; l’erba del prato, in questa stagione, è verde 20 brillante. Più lontano, al confine c’è un piccolo orto in cui la mamma coltiva l’insalata. In lontananza si vede un campo di calcio contornato da alberi bassi e 49 tondi che assomigliano a biglie allineate una accanto all’altra. Ilaria Galletti IL MIO STRUMENTO MUSICALE: IL VIOLINO 48 Sto frequentando questa scuola da tre anni ed è da tre anni che suono il violino,è uno strumento molto complicato, però me la cavo abbastanza bene. Quando avevo cominciato a suonare mi sembrava che producesse un brutto suono ma perché io ero inesperto; adesso penso che sia uno strumento bellissimo,quando comincio a suonarlo non smetterei mai, ma il tempo passa per tutti. La mia prima vera esperienza col violino è stata un paio di anni fa, a Voghenza, me lo ricordo come se fosse ieri, i brani musicali che avevo suonato erono due:”Le Buffon”e”La Carovana del Deserto”. Con il Professore di violino Mantovani Massimo mi trovo benissimo, è molto simpatico e ci fa ridere, il professore è gentile con tutti ed è bravissimo a suonare. Quando suoniamo insieme mi sembra di essere in un’orchestra, quando suono provo una sensazione di calma e felicità, ma quando sbaglio si ferma tutto. Un’ esperienza musicale particolarmente significativa è stata quella di fine anno scolastico 2005/06, quando abbiamo suonato due bellissimi pezzi, “il Coro” e “il Frammento della Barer cantada”; pensavo di sbagliare, invece ho sbagliato solo alla fine una sola nota e nessuno se n’è accorto, neanche il Professore, lo sapevo solo io. Quando sarà finita la scuola, continuerò a suonare, il Professore mi ha parlato di una piccola scuola a Voghenza, io voglio continuare perché mia nonna, mio nonno e mia mamma dicono che sono bravo. L’unica cosa brutta del violino è che si scorda, e io da solo non riesco ad accordarlo, una volta avevo provato, ma ho rotto la corda. L’ultima lezione di violino è stata Mercoledì scorso, ho provato a suonare il “Minuetto in la maggiore” scritto da Mozart, è molto complicato, ma l’ ho imparato, è veramente bellissimo. Guardando il Professore ho imparato una cosa nuova, a fare il vibrato, non è tanto difficile, solo un pochino; il Professore dice di stare attenti ai segni di ritornello o di pausa. Quando qualche persona manca, noi ci mettiamo a giocare a “sette nomi”: è carino ma il Professore ne sa più di tutti. Adesso mi sto esercitando su un pezzo molto difficile, si tratta del “Minuetto in sol” sempre di Mozart,che è molto complicato. Come tutti i mercoledì vado a violino, ma il primo mercoledì in cui avevo questo strumento per me è stato speciale, perché ero ansioso di imparare a suonarlo. Entrato alle 14.00, ho conosciuto il professore e i miei compagni che conoscevo già perché erano in classe con me alle elementari. Quando abbiamo finito di parlare il profe ha disegnato un magnifico violino sul pentagramma e abbiamo scritto le varie parti, poi ci ha insegnato le note e ci ha fatto provare a suonare. Alla fine il professore ci ha dato degli esercizi per imparare le note e ce le ha scritte sul ponticello, poi siamo usciti. Adesso ogni mercoledì vado a violino e suono gli esercizi dati a casa e poi una canzone; quando non suono faccio i compiti e finiti, gioco. Il primo giugno ci sarà il saggio di fine anno e io spero di andare bene. 21 Michael D’Arcangelo Righi Enzo CONCERTO DI FINE ANNO SCOLASTICO Venerdì 1 giugno 2007 in teatro a Voghiera, si è tenuto il puntualissimo saggio di fine anno scolastico delle classi II e III della scuola media. L’inizio della manifestazione era previsto per le ore 18:00, mentre noi alunni dovevamo recarci in teatro alle 17:45 per provare i nostri brani e preparare gli strumenti. Detto, fatto !! all’ora stabilita, il parcheggio del teatro era già occupato da macchine e da ragazzi in ansia di suonare e di dimostrare a tutti ciò che avevano imparato durante l’anno. Dopo che l’Augusta, la bidella della scuola, ha aperto le porte, siamo entrati accompagnati dai proff.: Urbinati Massimiliano (pianoforte), Urbinati Domenico Marcello (clarinetto), Mantovani Massimo (violino), Rosini Paolo (chitarra) e Boldrini Renzo (educazione musicale). Successivamente abbiamo preso posto, sotto l’occhio vigile di Augusta, nell’enorme teatro e abbiamo iniziato a prepararci per il concerto. Noi allievi di chitarra siamo andati in bagno per farci accordare gli strumenti dal nostro prof. (questo è un rito scaramantico che facciamo ad ogni esibizione musicale); i ragazzi di violino si sono fatti accordare lo strumento dal loro prof., in un angolo del teatro; mentre quelli di clarinetto e di pianoforte hanno iniziato subito a provare. In un batter d’occhio il teatro si è riempito di genitori, amici, parenti, professori delle materie mattutine e c’erano anche il sindaco di Voghiera, il preside della scuola e il direttore del Conservatorio. Non poteva mancare il presentatore : Massimiliano Urbinati. Il tema della serata era la musica d’insieme, infatti, tranne Gabriele Battocchio (clarinetto) e Caterina Ferrari (pianoforte), che si sono cimentati in pezzi solistici, tutti noi abbiamo suonato in gruppo. Io dovevo suonare con le mie amiche Ludovica Ganzaroli e Caterina Cervellati, “Minuetto” e “Deutcher Tanz”. I primi a salire sul palco sono stati i due ragazzi solisti, seguiti dai clarinetti di III, dai violini sia di II che di III e dalle chitarre di entrambe le classi. Nonostante l’agitazione, abbiamo suonato davvero bene. E’ arrivato, poi, il momento dei flauti diretti dal prof. Boldrini: noi di II E e II F abbiamo suonato “C’era un ragazzo” accompagnati dal piano, dalla batteria e dai clarinetti; quelli di III E e III F, sempre accompagnati da altri strumenti, hanno suonato “Amarcord”, “C’era una volta il West” e “La vita è bella”. Il pubblico ha gradito molto entrambe le esibizioni. In seguito ci sono stati altri QUADRUPEDI CONTRO BIPEDI due brani: “Coro” eseguito dagli alunni di violino di III, dalle ragazze di chitarra di III e da alcuni allievi di pianoforte di II; “Les Bouffons” eseguito con i violini, i clarinetti, le chitarre e i pianoforti. Il finale è stato all’insegna delle premiazioni dei vari concorsi. Per quanto riguarda quello di Città di Castello, il direttore del Conservatorio ha premiato i ragazzi di III, il sindaco quelli di II e il preside quelli di I, presenti tra il pubblico. Infine, sempre il preside Fugaroli, ha omaggiato la classe più ecologica (II E) e, per il concorso letterario “Una voce tante voce””, ha consegnato un diploma ad ogni classe. Alla fine di tutto ciò era previsto un rinfresco offerto dal periodico “La Voce di Voghiera”, a cui erano invitati tutti i presenti. E’ stato un concerto entusiasmante e con un elevato livello musicale, che ha permesso, anche ai non intenditori, di capire quanto è meraviglioso e divertente suonare. Un ringraziamento speciale va ai professori di strumento che hanno insegnato a me e ai miei compagni un nuovo modo di comunicare: LA MUSICA!! L’elefante aveva come vicino un gallo piccino , piccino; era però un po’ rumoroso e per l’elefante era fastidioso. Un giorno l’elefante dal gallo andò e gli disse << Stai attento perché chiudere il becco ti farò>>, il gallo rispose << Tu la guerra vuoi, è ora che ciascuno raduni gli amici suoi>>. L’elefante ribattè << Sarà una guerra tra bipedi e possenti quadrupedi>>. Il gallo nel primo campo disse <<Noi siamo colti mentre loro sono stolti, anche se molti>>. Iniziò la battaglia, molti uccelli partirono alla carica, per loro era una mossa tipica; l’elefante capo venne accecato e il suo esercito travolse spaventato. Enrico Agostinetto Sabrina Balboni IL CERVO ALLA FONTE IL LEONE E LA LEPRE Un cervo che alla fonte si abbeverava, le sue corna ramificate egli lodava disprezzando invece le sue gambe gracili e storte, perché non sapeva della sua triste sorte. I cacciatori lo stavano inseguendo e per i campi fuggì correndo, quando nella selva arrivò con le corna nei rami si impigliò. Il cervo finalmente capì che ,ciò che disprezzava valeva di più di ciò che lodava. Gli uomini a volte non sanno capire e cose che nella vita a loro posson servire. Nella foresta viveva un leone grande e mangione. Ogni giorno in giro se ne andava e gli animali attaccava. Gli altri animali, anche quelli con le ali andaron dal leone ad offrir la colazione che avrebbe riempito il suo pancione. Il patto ogni animale rispettò, ma poi alla lepre il turno toccò. In un lampo un’idea si fece venire e gli disse:- Stammi a sentire! Un altro leone mi ha detto che quando ti vedrà subito dopo ti mangerà, ma prima ti farà a pezzetti che peseranno pochi etti. La lepre, poi, al pozzo il leone portò ed esso vedendo la sua immagine subito ci si buttò. Marco Padovani Nico Bisaggio 22 47 46 23 GITA A POGGIBONSI Io insieme alla mia classe e alle classi II E, I F, I E, il giorno mercoledì 4 aprile 2007, siamo partiti per Poggibonsi, in Toscana, alle ore 7:00. Ci hanno accompagnato i professori Urbinati, Varriale, Trevisani, Rossi, Lunghini, Bellettini e Malacarne. Il viaggio è stato abbastanza lungo, ma non mi sono annoiata più di tanto, perché ascoltavo la musica con Elena e ogni tanto parlavo con le altre amiche. Prima di arrivare a Poggibonsi ci siamo fermati a fare colazione in un autogrill e, dopo un quarto d’ora, siamo ripartiti. Arrivati alla nostra meta, ci siamo divisi in due gruppi: classi IF e IE un percorso e classi IIF e IIE un altro. La nostra guida ci ha illustrato la parte esterna della fortezza e in lontananza ho visto la chiesa di Sant’Agnese. Poi siamo andati in una stanza con allestimenti museali dedicati alla storia dell’architettura militare – rinascimentale. Alcune immagini raffiguravano incendi che servivano a recuperare il terreno fertile; tra l’ ‘800 e il ‘900 c’erano tracce di “curtis”, una fattoria divisa in due parti: dominica, appartenente al signore e massaricia, appartenente ai lavoranti. La guida, poi, ci ha spiegato che a quel tempo, la gente moriva prima di aver compiuto 40 anni a causa del lavoro e delle malattie e veniva seppellita nel cimitero alto – medievale. Il giorno 4 aprile alle ore 6:45 tutti noi alunni di 1E e F 2E e F ci siamo trovati a scuola per il viaggio d’istruzione a Poggibonsi. Siamo saliti su due pullman per sezioni E e F; all’andata eravamo tutti molto agitati, e scalmanati, infatti qualche sgridata non è mancata. Siamo arrivati a Poggibonsi alle ore 10:30 puntualissimi. Per arrivare all’aziendamuseo abbiamo dovuto percorrere una bella salita. Le classi prime dopo una breve visita alla struttura dell’azienda si sono recate ad ascoltare un’interessante lezione sull’archeologia dove hanno spiegato in modo preciso e abbastanza sintetico le varie fasi che un’ archeologo deve svolgere:prima,durante e dopo uno scavo. Ormai erano le 13:00 e il nostro stomaco iniziava a chiedere cibo. Ci siamo accomodati su due banchi e ognuno di noi ha consumato fantastici e meravigliosi panini preparati ovviamente dalle mamme. Finita la pausa pranzo Nel 1155 ci fu la fondazione di un grande castello da parte del conte Guido che fece costruire anche le mura attorno. Più avanti ci fu la guerra contro la Francia e alla fine del XII secolo Poggibonsi venne rioccupata da Enrico VII, che iniziò la ricostruzione del villaggio fortificato. Si ebbe anche la guerra di Firenze contro Siena fino alla metà del 1500 e nel 1270 Firenze, che odiava Poggibonsi, pagò dei soldati per assediarla. La guida, poi, ha detto che nel 1313, Enrico VII volle edificare la nuova città di Monte Imperiale. Dopo questa prima parte di visita, siamo andati nel parco, di fronte all’area archeologica, per fare la pausa pranzo. Dopo esserci riposati, abbiamo ripreso la visita e ci siamo recati in stanze sottoterra, dove la guida ha descritto alcuni oggetti storici tra cui i cannoni con i relativi sfiatatoi. Alla fine del XV secolo le armi si sono evolute e gli scienziati hanno inventato l’archibugio e hanno studiato il modo per conquistare sempre più facilmente le fortezze. Successivamente la guida ci ha fatto notare che le fortezze hanno bastioni a forme geometriche e, a quel tempo, servivano per difendersi meglio dagli spari dei cannoni. Dopo quest’altra fase della gita ci siamo riposati un po’ e abbiamo mangiato un siamo ritornati al museo dove un archeologo ci ha mostrato tanti reperti trovati durante uno scavo a Poggibonsi e proprio grazie a quelli gli archeologi hanno potuto ricostruire gli avvenimenti di quell’ epoca. Siccome sapeva che faceva parte del nostro programma di storia l’archeologo ha iniziato a porci delle domande alle quali abbiamo risposto in maniera piu’ che soddisfacente, infatti ha detto che a quel punto “poteva anche licenziarsi”. Dopo questa seconda lezione siamo andati a fare un’escursione 24 LETTERE DAL FRONTE panino come merenda. Poi siamo andati in un’altra stanza, dove la guida ha rappresentato con un video alcune fasi della storia e al termine ha chiesto chi voleva offrirsi come volontario per indossare gli abiti e l’armatura medievali, ha accettato il professor Urbinati. Alla fine di questa bella giornata, al ritorno, ci siamo fermati a mangiare quello che era rimasto negli zaini, perché in autogrill c’era molta gente. Dopo un po’ siamo ripartiti e, arrivati davanti alla scuola media di Voghiera, possiamo dire che avevamo una maggiore conoscenza culturale di Poggibonsi. Purtroppo la gita è terminata con una sgridata da parte dell’autista e degli insegnanti ai ragazzi seduti nelle ultime file del nostro pullman, perché, giocando con i copritesta dei sedili, ne avevano persi due. Questa gita mi è piaciuta molto tranne l’arrivo movimentato nel piazzale della scuola. Acceglio, 12 giugno 1915 Carissima famiglia, me ne sto seduto qui in trincea, in mezzo al fango e alla pioggia. L’acqua mi arriva fino alle ginocchia. Ora sono solo, indosso vestiti sudici, sporchi, inzuppati. Questa sera non ho neanche mangiato; i miei compagni ora sono fuori, per un giro di perlustrazione. Ho paura! Ogni giorno sempre di più… Non voglio che la mia vita finisca così; il coraggio però non mi manca; voi lo sapete, sono forte. Qui la vita è molto dura, ogni giorno si spara, si spara e non si fa altro che uccidere. Molti dei miei amici e compagni sono morti. Ho rischiato molto anch’io, davvero. Potevano uccidermi ma ce l’ ho fatta! Una notte diluviava, ci hanno attaccato di sorpresa. Erano cinque soldati, uguali a noi! Io sono riuscito ad accorgermi della loro presenza; così ho puntato la mitragliatrice, pronto per sparare. Poi, però, mi sono fermato… Non so cosa mi sia successo, non sono riuscito a sparare. Perché, mi chiedo? Sono scappato, lasciando che Luca e Piero ( i miei migliori amici), morissero…Sento che è colpa mia e provo rimorso. Non vedo l’ora che tutto questo finisca… Mi manca molto la vita di un tempo, quando ero felice e spensierato, senza la paura del domani, del dopo… A proposito, state tutti bene? Spero di sì…Alcune sere me ne sto qua in solitudine, e mi metto a scrivere pagine e pagine di diario, perché non so a chi confidare tutti i miei timori, le mie angosce. Qui ho visto cose molto brutte, che mi hanno fatto e mi fanno pensare, ogni giorno di più! Riuscirò a riabituarmi alla vita quotidiana? Un letto caldo, morbido, tante persone da abbracciare e a cui volere bene. Pensandoci , mi viene da piangere! Io voglio che voi stiate bene, e non vi preoccupiate più di tanto di me. State tranquilli, anche se tutto è brutto e inutile, me la saprò cavare. Ora devo andare, è il mio turno di guardia. Ci rivedremo quando tutto questo finirà… Vi prometto che tornerò… Un grande saluto, vostro Giorgio. Elisa Masieri Caterina Ferrari naturalistica dove abbiamo potuto sperimentare la procedura che ci avevano illustrato nella prima lezione; lo scavo consisteva nel riportare alla luce i reperti, ricostruirli e compilare una scheda di lavoro, come fa effettivamente l’archeologo.Il mio gruppo ha trovato tanti pezzi di ceramica, una tegola e un focolaio.Finito questo lavoro siamo andati ad acquistare alcuni souvenirs; poi, per nostra sfortuna, era ormai ora di tornare a casa. E’ stata una giornata nella quale mi sono un po’ “annoiata” in quanto questa attivita’ archeologica l’avevo gia’ fatta alle elementari al museo di Belriguardo, ma avendola vissuta con compagni ed insegnanti nuovi e’ stata altrettanto piacevole La scuola media è fantastica! Silvia Cavolesi 45 CARO ALESSIO Voghiera, 10 novembre 2006 Ciao Alessio, sono Davide Gavagna (per gli amici Gava), un tuo prossimo compagno di classe (almeno si spera!). Frequento la scuola media di Voghiera, all’interno dell’Istituto “G.Falcone P.Borsellino” di Portomaggiore. Abito a Voghiera da quando sono nato con i miei genitori e i miei due fratelli maggiori, Marco e Giulia (e voglio un bene dell’anima a tutti e due). A Voghiera ho conosciuto e conosco tutt’ora i miei amici più importanti; Giulia Brini, Giulia Valenzano, Christian e “Artio” (Davide Artioli). Sono un ragazzo alto, diciamo un bel po’ per la mia età (1.78), sono una “sogliola”, così mi definiscono i miei genitori, perché sono troppo magro, anche se adesso sto provando a mangiare di più, ho i capelli castani tagliati corti, mi vesto sempre all’ultima moda perché i miei genitori hanno un negozio di abbigliamento. Ho un carattere molto vivace e allegro però, a volte, mi rattristo, dipende dai giorni e da cosa succede; comunque all’inizio socializzo a rilento, poi parto a razzo con le domande, così amplio le mie conoscenze nei confronti dei nuovi amici. Fortunatamente ho anche qualche difetto: sono molto geloso e, quando mi arrabbio, divento una belva, però questi difetti li riesco a gestire in base alla situazione in cui mi trovo. Amo il calcio e la pallacanestro, infatti gioco a calcio nella S.P.A.L., la società più importante di Ferrara, come spero che tu sappia, anche se a me piacerebbe molto giocare a basket, perché è sempre stato il mio sogno. Comunque il pallone mi piace molto, gioco da terzino sinistro anche se, da piccolo, all’età di 5 anni, avevo iniziato nel ruolo di attaccante. Tu giochi a calcio? Voglio confidarti che a me non piace leggere affatto, tranne “La Gazzetta dello Sport” e il giornalino “Forza Milan”; io sono uno “stratifoso” dei rossoneri e, soprattutto, dei fenomeni Ricardo Kakà e Alberto Gilardino. Guardo quasi sempre le partite sia di Serie A sia di Champions League, il Milan è per me una fonte di luce, di divertimento e di insegnamento per il mio futuro di giocatore. Tu per quale squadra tifi? (Spero che tu non sia uno “stramaledetto” Juventino!). I miei film preferiti sono quelli di avventura, di horror e di guerra, sinceramente il mio preferito è “Il Gladiatore”; il film romantici o d’amore non mi piacciono e non mi piaceranno mai, sono davvero troppo, troppo noiosi. Dai, adesso ti parlo della scuola…ti piace? A me no, solo un poco (ma proprio poco, sia chiaro) lo so, è importante, infatti ho buoni voti ma… Mi piace la Matematica e, dalla prima media in poi, è iniziata a piacermi la Storia che, pur essendo una materia difficile, è molto interessante. Tutte le altre materie non le amo ma sono, per fortuna, “sopportabili”. La mia scuola ha l’indirizzo musicale, si può scegliere tra quattro strumenti: il violino, il clarinetto, il pianoforte e la chitarra, io suono quest’ultimo strumento, è davvero molto bello saperlo suonare. Se devo dire la verità ho davvero tanti amici, sia ragazzi che ragazze della mia stessa età, più piccoli o anche più grandi. Molte volte ci troviamo al “Chiosco”, vicino alle scuole per passare un pomeriggio in compagnia all’aria aperta. Ti volevo dire che ho anche una cagnolina di nome Luna, per me è come se fosse un’amica. Ci passo ore a giocare o a portarla a fare dei giri per il paese, è davvero una giocherellona e con lei mi trovo molto bene. Sai ho parlato della scelta della nuova scuola sia con i miei genitori che con le professoresse.; la mia scelta è stata condivisa da tutti o quasi. Ho sentito dire che il Liceo Scientifico ad indirizzo Sportivo è molto duro e che bisogna studiare molto, però a me l’idea non preoccupa affatto. “Finalmente” sto per finire le scuole medie, un altro passo avanti per la fine degli studi. Però, a pensarci bene, mancano ancora dieci anni, visto che dovrò frequentare l’Università, dopo il Liceo (Oddio!!). Però c’è da ammettere che mi mancheranno molto i miei compagni di classe, con cui ho trascorso momenti importanti della mia infanzia. In questi 3 anni di scuole medie ho vissuto molte esperienze nuove ed importanti, ad esempio i saggi e i concorsi di chitarra, che mi hanno fatto maturare. Dai, ho finito (per tua fortuna), spero che, grazie a questa lettera, conoscerai e capirai tante cose che mi riguardano. Ci vediamo il prossimo anno, un saluto. Il tuo futuro compagno Davide Gavagna 44 25 IL BULLISMO Il problema del bullismo è purtroppo sempre esistito, ma negli ultimi anni è venuto agli onori della cronaca a seguito della messa in rete di un filmato deplorevole di alcuni ragazzi che picchiavano un ragazzo con dei problemi , in una scuola di Torino. Questo fatto ha portato alla luce l’ingiustizia di imporre con la violenza la propria volontà nei confronti di persone che non hanno la possibilità di difendersi. In sintesi, per me, il bullismo è vigliaccheria ed è anche la dimostrazione che, chi ha bisogno di nascondersi in un gruppo per dimostrare la propria personalità, è un insicuro. Mi sembra che il problema sia anche capire le motivazioni per cui i ragazzi si riuniscono in un gruppo; c’è chi lo fa per amicizia e vede nel gruppo la via per vivere delle esperienze di vita e di divertimento e di sport; c’è , invece, chi pensa di unirsi in un gruppo per esprimere le proprie insicurezze e violenze represse. Penso agli episodi di teppismo negli stadi e, a volte, con la scusa dello sport si vuole giustificare la violenza che è dentro a queste persone, spesso basta essere in gruppo per sentirsi più forti e per voler sottomettere chi non è dentro il gruppo. Penso che il bullismo possa essere vinto soltanto con la presa di coscienza delle persone,capendo che è giusto accettare i comportamenti e le differenze di pensiero, accettando, quindi, di confrontarsi LA PRIMA FESTA IMPORTANTE con tutti senza nessun pregiudizio. Sono convinto che la tanta pubblicità che è stata data a questo fenomeno dai massmedia sia stata dannosa perché ha funzionato come una specie di pubblicità per queste persone. Non credo che la scuola sia responsabile perché sono convinto che non sempre bisogna trovare un colpevole a tutti i costi, ma secondo me è la mancanza di intelligenza e la mancanza di consapevolezza di sapersi mettere in discussione di alcune persone la principale causa di tale fenomeno. Lorenzo Morelli CARO DIARIO… PROGRAMMI “TRASH” E “TRENDY” Voghiera, 1 Marzo 2007 Caro diario, oggi ti scrivo per raccontarti un po’ quello che penso della televisione. Molti programmi sono stati criticati e giudicati “TRASH”, ovvero “spazzatura”: scandali, liti violente e con termini ancora di più. Ecco che cos’è la nostra televisione oggi!! Il programma per eccellenza definito “trash” è “Buona Domenica”, in onda su Canale 5 ogni domenica pomeriggio. I giornalisti l’hanno giudicata una trasmissione violenta e volgare. In questo sono d’accordo: l’argomento è quasi sempre quello (gossip in generale) e fa scatenare litigi con un linguaggio abbastanza colorito in ogni puntata. Un altro spettacolo che non guardo quasi mai, è “Il Grande Fratello”, anche questo da anni criticato per i suoi contenuti e per le brutte parole che i concorrenti dicono: ad esempio, quando litigano, su quasi ogni parola si sente un grande “BEEEEP” e spesso sono più i “Beeeep” che le parole. Io non lo guardo quasi mai, perché mi ha stancato: è già alla settima edizione e gira e rigira è sempre la stessa storia. Questi sono i programmi più criticati dai giornalisti e anche un po’ da me. Sicuramente ce ne sono altri giudicati “spazzatura”, ma questi, che ho citato, detengono il primato nazionale. Ora ti scrivo di alcune trasmissioni che a me piacciono molto… La prima in assoluto è “Striscia la notizia”, un TG satirico che viene mandato in onda ogni sera. Oltre a dare alcune informazioni sulle condizioni di paesi italiani senza ospedali attrezzati o con scuole malmesse, smascherano truffe e scoprono delle verità sui programmi televisivi che il pubblico non può sapere, ma rendono tutto ironico e divertente. “Amici” è uno spettacolo domenicale e serale. Alcuni ragazzi, che vogliono diventare ballerini, cantanti o attori, si esibiscono davanti al pubblico che, alla fine, deciderà il vincitore. Mi piace perché le esibizioni degli “alunni” sono molto belle, ma anche un po’ buffe. Ha, però, un lato negativo: durante la puntata avvengono dei litigi che interrompono le esibizioni e io li detesto. In generale è carino. “Scherzi a parte” viene trasmesso il venerdì sera. Qui vengono fatti vedere gli scherzi fatti a personaggi famosi, inconsapevoli di tutto. E’ un programma per le famiglie; è molto divertente, secondo me. Per finire ci sono i telefilm, cartoni e anche film che vanno in onda su “Disney Channel”. E’ un canale dedicato ai ragazzi come me e quindi le trasmissioni non sono volgari. Ogni sera non manco mai l’appuntamento con i miei telefilm preferiti. Ogni telefilm è divertente a modo suo e quelli che mi piacciono di più sono: “La mia vita con Derek”,”Zack e Cody al Grand Hotel” e “Hanna Monthana”. Questi mi divertono molto perché in ogni puntata i protagonisti affrontano una nuova avventura e non mancano mai battute divertenti. Ecco come si presenta la TV di oggi che, come dice mio papà, è molto cambiata da una volta: c’erano più programmi educativi e senz’altro non così volgari. Insomma, la TV è cambiata e cambierà di nuovo. Chissà se ci saranno ancora queste trasmissioni così discusse? Solo il tempo ce lo dirà e magari i miei gusti saranno diversi da quelli di adesso. CIAO! Voghiera, 14 maggio 2007 Cara Sabrina, come stai? Io tutto bene, l’altra sera sono stato alla festa alla quale mi avevi invitato e alla quale non dovevo mancare assolutamente, ma non ti ho proprio vista, perché non sei venuta? Immagino per motivi famigliari, perché mi avevi detto, nell’altra lettera, che ci tenevi molto ad andarci con me! Avevi detto anche che era una festa per soli maggiorenni, ho seguito quindi il tuo consiglio e mi sono fatto fare una tessera da un mio amico (molto abile con il computer): io avevo 18 anni, anche se i buttafuori non credevo alla “mia età”, infatti si vede che ne dimostro 14! Comunque, come al solito, non ti sei sbagliata, è stata una festa a dir poco strepitosa; ora te la racconto, ma non con troppi dettagli, altrimenti potresti arrabbiarti visto che non sei venuta; e io lo so, perché ti conosco molto bene! Allora, per prima cosa mi sono vestito come volevi tu: maglia a mezze maniche lunga e larga; jeans lunghi, larghi e con il cavallo basso e tennis bianche; appena sono entrato ho visto molte ragazze (anche carine; OK anche tu sei carina, ma loro lo erano di più! Scherzo!!). Scommetto, anzi sono sicuro che non ero l’unico minorenne, ho visto che c’erano due o tre ragazzi della mia età. Non conoscevo nessuno, ma credo che grazie al mio look stravagante, diciamo che ho fatto subito colpo. Un ragazzo di nome Francesco, si è avvicinato a me con due sue amiche, non so se le conosci, si chiamano Greta e Raffaella, sono di Ferrara anche loro, come te! Dopo aver fatto amicizia, sono andato con loro tre nella pista da ballo, anche se non sono bravissimo a ballare, ma tanto mi divertivo; ed è questo l’importante! Ho ballato per circa due ore filate, dopo di che, alle 22,30 mi sono riposato un po’ al tavolo delle pietanze, c’erano: Coca Cola, patatine a volontà e pasticcini; una bontà infinita. Mentre mangiavo, mi si è avvicinata una certa Ludovica, che diceva di essere tua una tua amica di infanzia (ma non mi ha dato altri dettagli), io le ho detto che ti conoscevo, ma penso che questa cosa le abbia dato fastidio; forse perché sei carina e io forse le piacevo; oppure perché non le interessava semplicemente niente…comunque dopo un po’ è tornata a ballare, quando si è alzata, barcollava un po’, non so se era stanca, ma per me era un po’ “brilla”, devi sapere che alcuni ragazzi si erano portati da casa degli alcolici abbastanza forti; ma stai tranquilla, io non ne ho bevuto, beh non troppo! Si erano già fatte le 23,30 e la ragazza che ho conosciuto all’inizio della festa (la Greta; che ha la mai età), mi ha confessato che ero carino, me lo ha detto in tono “amorevole”, come se le piacessi. Dopo avermi detto che ero carino, mi ha dato il mio primo bacio; non avercela male, tanto noi siamo solo amici! Ma per me questo è molto importante, ci tengo alla nostra amicizia! Ora io e Greta siamo insieme, ma credo che non durerà tanto, anche se mi auguro il contrario. La festa è finita alle 2 di mattina, ma a mezzanotte e trenta io sono andato a casa perché ero troppo stanco! È stata una festa bellissima, ti ringrazio di avermi invitato anche se non c’eri; OK io non ho più niente da dirti, rispondimi al più presto. Baci affettuosi, dal tuo amico Andrea Marchetti Sabrina Balboni 26 43 UNA GIORNATA EMOZIONANTE A Bologna era stato aperto il salone dell’ automobile, il “Motor Show”, e insieme a un mio amico decidemmo di visitarlo durante il “ponte dell’Immacolata” dal momento che potevamo utilizzare dei giorni di vacanza scolastica. Appena arrivati abbiamo preso una mappa dei saloni per seguire un percorso ben programmato. Il primo stand che abbiamo visitato è stato quello della “Fiat”, che presentava due nuovi modelli molto carini. Proseguendo abbiamo visto delle macchine sportive molto belle, la mia preferita è stata la “Macerati GT3”, una macchina usata in un campionato gran turismo e messa in vendita. Ad ogni stand chiedevamo dei gadget ed eravamo in giro già da due ore quando abbiamo deciso di assistere alle gare automobilistiche; lì ho potuto ammirare le “Lamborghini” che andavano circa ai duecentocinquanta chilometri l’ora: fa- cevano delle sgommate bellissime!!! Ogni volta sentivo dei brividi lungo la schiena! Continuando il giro, in un salone vendevano delle minimoto e dei quad, il mio amico ha comprato una minimoto, ma il mio papà non ha voluto comprarla perché diceva che costavano troppo poco e non era sicuro che potessero funzionare bene per molto tempo. Nello stand della Pegeot ho potuto vedere l’auto che avrebbe corso la “Ventiquattro ore” di Les Mans, cercando di vincere e dimostrare, come già era successo, che una macchina a diesel può vincere questo tipo di competizione. Fuori dallo stand della “Toyota” c’era un percorso per provare la potenza delle loro fuoristrada. Io e il mio amico c’eravamo messi ai lati della macchina, senza considerare che quando le auto curvavano andavano su due o tre ruote e si avvicinavano tan- to al suolo da dare l’impressione che il fuoristrada si ribaltasse da un momento all’altro, così ad ogni curva il cuore mi saliva letteralmente in gola. E con la nuova “Panda 4 per 4” abbiamo affrontato una salita del 45%, mentre sulla “Land Rover” siamo arrivati al 60% fino a raggiungere il punto più alto della fiera da dove si poteva ammirare un panorama bellissimo. Ormai era ora di tornare a casa e quindi ci siamo diretti verso l’uscita, ma per poco non ci perdevamo ed abbiamo corso il rischio di rimanere chiusi dentro. Appena arrivati in macchina ricordammo tutto quello che avevamo visto, emozionandoci ancora una volta. Gabriele Giori UNA VACANZA STRAORDINARIA Da piccolo di giornate belline ne ho sempre avute molte, in particolare ricordo che avevo sei anni quando io, la mia mamma, il mio papà e mio fratello andammo al mare a Milano Marittima: fu un giorno davvero speciale. Dopo tre ore di viaggio, appena arrivato rimasi a bocca aperta nel vedere l’appartamento gigantesco che la mia mamma aveva prenotato per le vacanze estive. L’appartamento era composto da tante stanze: la cucina, il salone, tre camere da letto tra cui la mia camera che era davvero grande ed io subito l’abbellii con tanti pupazzi di tutti i generi. Subito dopo aver ordinato i vestiti nell’ar- madio, andai sulla spiaggia con mio fratello; ricordo che feci il bagno per tre ore senza mai uscire dall’acqua! Ritornai poi sulla spiaggia e con la sabbia feci molti castelli che distruggevo uno dopo l’altro. Era ormai buio quando rientrai a casa; e dopo aver fatto la doccia, giocato, mangiato, uscii dall’appartamento e mi recai in una sala giochi. I video giochi erano tanti: c’erano le gru che tiravano su le palline o i gommoni che galleggiavano sull’acqua e altri giochi tipo pallacanestro, le moto videocomandate, le automobili videocomandate e anche gli sci videocomandati. Tra tutti, io preferivo l’ac- chiappa-talpe; con un martello dovevo colpire le talpe che venivano fuori da un buco. Quando fui stanco di giocare andai a spasso per il paese con la bicicletta fermandomi alla gelateria per gustare un gelato buonissimo. Girando ancora per il paese mi fermai in tutte le giostre che incontravo, parlando ogni tanto con i miei genitori; infine rientrai a casa a dormire, esausto ma felice per tutte le novità di quel giorno. Marco Pareschi IL GATTO ROCKY Quando ero piccola la nonna aveva un gatto di nome Rocky ; non era molto vecchio, era di razza siamese, aveva un manto marrone chiaro, con striature nere, era molto magro e lungo, aveva occhi azzurri come il cielo, il naso nero come il carbone, le orecchie corte e non aveva la coda. Emanava un odore da gatto selvatico, era solitario, molto tranquillo, affettuoso con gli umani. In inverno si sdraiava sulla sua seggiola, oppure si coricava sul calorifero e a volte si addormentava. Un giorno dalla campagna abbiamo visto arrivare una gatta, Rocky si innamorò e, dopo qualche mese, nacquero dei bellissimi cuccioli, che però scapparono con la loro mamma per la campagna. Invece Rocky rimase con noi. Dopo tre anni, mentre il nonno metteva la macchina in garage, non si era accorto che c’era Rocky, così lo investì e il gatto morì. Il giorno dopo, arrivata in casa dei non42 ni, non vidi Rocky sdraiato sulla sua seggiola, così chiesi alla nonna cosa gli fosse successo; quando mi disse che era morto ero molto dispiaciuta, ma dopo qualche giorno la zia mi portò a casa due tartarughine e così mi dimenticai della morte di Rocky. Martina Rubbi 27 UN VECCHIO CANE E UN LEPROTTO VIVACE Un giorno si incontrarono per strada un vecchio cane malandato e molto magro e un leprotto vivace e in carne e in carne. Allora dopo un po’ di tempo cominciarono a litigare per un fatto avvenuto molti anni prima di questo incontro . Il leprotto, sicuro di vincere, propone allo- ra al cane di fare una gara di corsa per vedere chi aveva ragione e il cane accettò senza esitare. La mattina del giorno seguente partirono il leprotto partì a razzo e il cane partì molto più lentamente così il leprotto sicuro di avere molto vantaggio e di vincere decise di AVVENTURA NEL DESERTO fermarsi a riposare e di bere alla fonte, ma mentre egli beveva il cane gli passò davanti e andò a vincere la gara. Questa favola ci insegna a non sottovalutare i propri avversari. Nicolò Piazzi LA TIGRE E LA RANA Una volta, nella savana, una tigre si vantava sempre di essere la più forte di tutti e di non avere paura di niente e nessuno. Un giorno andò a bere in uno stagno e lì incontro una rana; cominciò a vantarsi anche con lei, raccontandole alcune false imprese che aveva compiuto, si guadagno l’ammirazione della rana. Dopo qualche tempo la rana venne a sapere che la tigre aveva una fifa tremenda dei leoni, ma lei non volle crederci, perciò fece una prova: aspettò che la tigre si recasse allo stagno per bere; allora emise un gracidio simile al ruggito del leone facendo in modo che il felino lo sentisse. La tigre si spaventò corse via. Da quel momento la tigre non si diede più arie e tutti smisero di ammirarla. La favola dimostra che la superbia non porta da nessuna parte, e che l’umiltà è una grande virtù. Giulio Belletti LO SCOIATTOLO GENEROSO C’erano una volta uno scoiattolo molto generoso e un topolino molto avaro. Durante l’estate, entrambi gli animali lavoravano faticosamente ma, mentre lo scoiattolo lavorava quasi con piacere passeggiando per tutto il bosco e salutando gli amici, il topo faceva la raccolta del cibo silenziosamente e svogliatamente, tornando subito dentro la sua buia e fresca tana, isolandosi da tutti e lasciando senza cibo chi non ne aveva trovato. Lo scoiattolo, pur non avendo racimolato molto cibo, aiutava sempre quelli in difficoltà invitandoli in casa e offrendo loro un pasto e un posto dove dormire. Lo scoiattolo era quasi il benefattore di tutto il bosco, anche degli orsi e dei serpenti più cattivi. Il topo, invece, era famoso per la sua avarizia e ad ogni animale che bussava alla sua tana rispondeva:“ Il cibo che voi ora chiedete a me servirà domani, dopodomani o durante l’ inverno, mi dispiace!”, poi gli sbatteva la porta in faccia. Arrivò l’inverno e passò; quasi tutti gli animali erano sopravvissuti grazie al cibo che avevano ricevuto dallo scoiattolo, che ora era rimasto senza cibo. Il topo, non avendo dato a nessuno il cibo, ne aveva ancora molto e, per non donarlo a nessun altro animale della 28 foresta, si sforzò di mangiare tutto e, incredibilmente, ci riuscì. Nella foresta stava succedendo qualcosa di strano, dopo tre giorni di pioggia continua, ci fu una lunga carestia. In quei giorni lo scoiattolo e il topo vagarono per trovare cibo, ma il terreno non offriva nulla; l’orso, ricordandosi dell’aiuto che lo scoiattolo gli aveva recato, lo invitò nella sua tana e tutti gli animali gli diedero un po’ del loro cibo, sfamandolo. Il topo, invece, non fu aiutato da nessuno e perì senza neanche un amico al suo fianco. Questa favola ci insegna che chi aiuta gli altri, nei momenti difficili, verrà a sua volta aiutato. Altea Gallerani Era arrivato il giorno di partire per l’Australia, il viaggio in aereo durava 24 ore e attraversava il deserto del Sahara e tutta l’Africa. Ero in aeroporto, al controllo dei bagagli ed ero in coda con la mia immensa valigia viola, quando un’ingombrante signora correva e spingeva tutti perché era in ritardo per, come diceva lei, il suo magnifico viaggio esotico in Australia. Capii che era in aereo con me e dissi a Veronica, la mia amica d’infanzia: «Speriamo che non sia nei posti vicino ai nostri, chi potrebbe sopportarla per 24 ore? Solo un santo!». E da lì cominciai a pregare e tra me e me dicevo: - Ti prego, fa che non sia vicino a me, ti prego!-. Parole sciupate, l’ingombrante signora era seduta proprio nel posto davanti a me e a Veronica. Quando partì l’aereo, la signorona cominciò a parlare e parlare, non faceva altro che parlare. Fu anche richiamata più e più volte dal comandante, come nulla. Ad un certo punto del viaggio, il comandante si scusò con noi e ci trasferì in un’altra parte dell’aereo. Improvvisamente, nella notte, ci fu uno scombussolamento totale. L’aereo stava precipitando, eravamo nel bel mezzo del Sahara; svegliai Veronica, che era al mio fianco; ci mettemmo le mascherine dell’ossigeno, ma senza buon fine. Io mi salvai, Veronica resistette per qualche ora, poi non respirò più. In vita eravamo rimasti solo in due, io e quella signorona chiacchierona, che avevo davanti nella prima parte del viaggio. Ero lì con la persona più inquietan- te del mondo, affranta dalla morte della mia migliore amica, senza neanche un pezzo di pane da mangiare, per affrontare giorni e giorni di cammino per tentare di raggiungere un’oasi o un paesino nel deserto. «Stai bene?» urlò la signora vedendomi muovere. «Sono stata meglio, e tu?» risposi. «Idem» mi rispose e continuò avvicinandosi verso di me: «Hai qualcosa da mangiare?» «No, mi dispiace» risposi. Ci allontanammo dall’aereo e ci addormentammo. Al mattino partimmo per il viaggio di ritorno quando, ad un certo punto, ci fermammo all’ombra di un cactus, perché il sole era più cocente che mai. «Come ti chiami?» mi chiese. «Francesca e tu?» chiesi con cortesia. «Giovanna» mi rispose come se avesse da nascondere qualcosa. Poi si alzò in piedi e con aria scorbutica disse: «Vuoi rimanere lì a marcire per tutta la vita o preferisci trovare un luogo protetto al più presto?». Mi alzai e mi misi in marcia, camminammo per ore e ore, per giorni e giorni, senza sapere dove fossimo dirette, ci sembrava di girare sempre intorno, in quel posto tutto uguale pieno di sabbia e dune insidiose. Ad un certo punto del cammino vedemmo entrambe un’oasi con una vegetazione rigogliosa che terminava in un meraviglioso laghetto, ci fermammo e ci ristorammo all’ombra delle palme di datteri, assaporando i loro dolcissimi frutti. Poi. Un bel giorno, arrivammo in un paese affollato, perché era il giorno del mercato. Io, che sapevo molte lingue, chiesi in inglese ad un commerciante, in quale sperduto posto potevamo mai essere capitate. Eravamo in Egitto, la terra dei faraoni, delle piramidi e del fiume Nilo. Con una vettura precaria ci facemmo condurre a Il Cairo, da dove potemmo chiamare i nostri famigliari ed avvisare che eravamo vive; poi con un aereo partimmo per l’Italia. Sul volo di ritorno io e Giovanna facemmo pace e promettemmo di tenerci sempre in contatto. Non vi so dire la gioia provata quando atterrai e potei riabbracciare i miei famigliari, ma anche il dolore nel ricordare la mia eterna amica Veronica. Francesca Mingozzi LA PISCINA NUOVA Pensando alla mia vita, un giorno particolare che mi è piaciuto di più di tutti gli altri è stato quando abbiamo comprato la nuova piscina molto più grande dell’altra che si era bucata. Quel giorno fu il giorno più bello della mia vita perché già dal primo momento che fu montata e riempita io cominciai a pensare di chiamare alcuni miei amici per poterci sguazzare e spruzzarci a vicenda con l’acqua. Adesso io non so ben ricordare tutti i bei momenti trascorsi in quel giorno con i miei amici che furono tanti, co- munque ricordo quanti gavettoni ci siamo scambiati. Ci siamo bagnati talmente tanto che non riuscivamo più a contare i gavettoni che ci tiravamo addosso. Ricordo benissimo che mentre tentavo di colpire con un gavettone un mio amico, senza accorgermene sono andato indietro fino ad inciampare nel bordo della piscina e caderci dentro; tutti i miei amici, soprattutto il mio migliore amico, si misero a ridere a crepapelle senza mai fermarsi e alla fine ridevo anch’io. Devo dire che quel giorno mi sono di41 vertito un mondo, e penso che i miei amici si siano divertiti un mondo come me. E per finire, i nostri genitori sono arrivati di nascosto con le mani piene di gavettoni e ci hanno “bombardati” all’improvviso; e da lì è scattata la guerra, i genitori contro i propri figli. Insomma quello è stato un giorno che io ricorderò sempre perché mi sono divertito moltissimo. Nicholas Michieletti UNA GARA INDIMENTICABILE Sono una persona a cui piace molto lo sport, infatti anche adesso lo pratico molto: la pallavolo, il tennis e a volte il nuoto, quest’ultimo è stato il mio primo “ amore”. Dopo aver imparato nella piscina di Portomaggiore i primi rudimenti, via via ho affrontato nuovi corsi di grado superiore. Certo gli allenamenti si intensificarono col trascorrere degli anni, soprattutto nel periodo delle gare. In particolare mi è rimasta impressa la gara affrontata quando avevo dieci anni, io avevo scelto di gareggiare in una staffetta, e non da sola. Le altre squadre erano molto forti ma a me le sfide piacciono molto; i componenti di ogni squa- dra affrontavano stili diversi, io ovviamente mi presentavo per lo stile libero in cui spiccavo particolarmente. Ero molto agitata perché si trattava di una gara molto importante. Ricordo che il cronista chiamò le squadre ai blocchi, poi diede il via e le prime ragazze partirono, poi dopo due vasche partirono le seconde poi le terze. Toccava a me e mi accorsi che tremavo, infatti ero molto nervosa perché eravamo ultimi in quel momento. Nuotai il più velocemente possibile e quando toccai il muretto, mi sentivo ancora delusa, perché pensavo che avevamo perso. Il cronista a quel punto disse il risultato di ogni squadra e FURBIZIA CONTRO POTENZA noi eravamo secondi, appena a due millesimi dal primo classificato. Tutti mi fecero i complimenti perché avevo salvato la squadra, persino l’istruttrice era contentissima, tanto da “passarmi” al terzo agonistico. Purtroppo, a causa di una operazione, non ho potuto continuare e allora mi sono dedicata allo studio del pianoforte, uno strumento che mi ha dato grandi soddisfazioni, ai concorsi. Nel mio cuore però quella gara avrà sempre un posto particolare e solo a pensarci mi scappa di sorridere per la felicità provata. Qualche tempo fa c’erano un corvo e un leone molto amici. Un giorno, mentre giocavano, il leone con un grande balzo cercò di uccidere il corvo. Il corvo con un salto si schivò e, dopo essersi ripreso, disse: “ MA TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO? “; il leone confessò che la loro amicizia era solo una trappola per poterlo mangiare. Il corvo furioso decise di fare una sfida portando i propri compagni. In attesa della sfida, il corvo chiamò a raduno tutti gli uccelli della foresta per studiare una strategia, sapendo che con la forza non ce l’avrebbero mai fatta. bero riportati a casa. Io e Franco accettammo, però volevamo saperne di più. Loro ci mostrarono una mappa e un orologio. Il tesoro si trovava in una caverna a nord dell’isola. Poi chiesi al capitano dei pirati a che cosa servisse l’orologio. Egli rispose che quando le lancette fossero andate sullo zero e i pianeti si fossero allineati avremmo dovuto inserire l’orologio nella fessura del forziere e così esso si sarebbe aperto. Mancavano esattamente tre ore e due minuti prima che i pianeti si allineassero e quindi bisognava darsi da fare. Percorremmo tutta l’isola e trovammo la caverna. Era molto profonda e fredda. Decidemmo di proseguire, con molta attenzione ci calammo ed entrammo in essa. Era umida e scivolosa. C’erano molti disegni strani, scolpiti nella roccia. Percorremmo molta strada e ci mancavano solo due ore e dodici minuti prima dell’allineamento dei pianeti. Avanzammo e sorse il primo e non ultimo problema: attraversare un burrone. Ci legammo alle rocce con una fune e ci calammo nel precipizio; era molto profondo, ma riuscimmo a superarlo abbastanza facilmente. Proseguimmo sempre di più, quando ci attaccarono delle scimmie, ma anche questo non fu u 40 se a distrarre gli animali nemici, mentre il resto degli uccelli attaccò l’esercito avversario alle spalle. Così ,con grande sorpresa, il leone vide il suo esercito scappare terrorizzato. Il corvo disse:”SEI ANCORA IN TEMPO A SCAPPARE”,il leone prese l’occasione al volo e scappò via alla velocità della luce. Così gli uccelli rimasero tranquilli per molto tempo. Thomas Trentini Giulia Barotti MARTA E LA SUA MATRIGNA AVVENTURA TRA I PIRATI Era una notte buia e tempestosa, io e Franco, due pescatori, eravamo in mezzo all’Oceano. C’era un acquazzone terribile e la nave era instabile. Tutto ad un tratto un fulmine colpì la nave, naufragammo e ci risvegliammo in un’isola. Era una splendida mattinata, la sabbia era calda e il mare era calmo. Io e Franco stavamo bene. Avevamo pensato di costruirci una capanna e così cercammo un posto abbastanza comodo dove poter alloggiare. Percorremmo un po’ l’isola e decidemmo di costruire la capanna su una collina, così si poteva controllare tutto il territorio. Raccogliemmo bastoni e foglie di palma e iniziammo a costruirla. Ad un certo momento, Franco mi corse incontro e mi disse che l’isola era abitata e che aveva visto degli uomini. Erano abbastanza anziani, con barba lunga e capelli bianchi, magri come stecchini. Ci videro e ci chiesero chi fossimo. Noi gli rispondemmo che eravamo naufraghi, mentre loro ci dissero che erano dei pirati e che si trovavano su quell’isola per cercare un tesoro nascosto e che il forziere che lo conteneva si poteva aprire solo ogni cento anni. Poi ci fece anche una proposta : quella che se noi li avessimo aiutati a trovare il tesoro, ce ne avrebbero dato una parte e ci avreb- Il leone chiamò invece a raduno tutti gli animali più forti della foresta. Dopo una settimana gli animali si incontrarono nel luogo stabilito. Il leone disse:”VINCEREMO NOI, SIAMO TROPPO FORTI PER VOI”; il corvo per niente impaurito rispose:”VOI SIETE FORTI E ROBUSTI, MA NOI SIAMO PIÙ FURBI ED INTELLIGENTI”. Il leone, stanco di aspettare, disse “VOGLIAMO COMINCIARE! “, il corvo fu d’accordo e cominciarono la sfida. Dopo un po’ di studio tra gli eserciti, ad un certo punto un gruppo di uccelli cor- grande problema, visto che noi eravamo armati. Mancava poco all’ora esatta e noi raggiungemmo una sala, molto decorata, con un pavimento in marmo, dove c’erano due scrigni e un orologio gigante, uguale a quello piccolo, attaccato alla parete. Mancavano esattamente nove minuti e ventitré secondi all’allineamento dei pianeti. Ma quale scrigno sarà quello giusto? Ragionammo un po’ e decidemmo di infilare l’orologio nello scrigno di destra, per una ragione ben precisa: sullo scrigno di destra erano raffigurati nove pianeti come sull’orologio, mentre nello scrigno di sinistra erano raffigurati il sole e la luna. Mancavano solamente cinque secondi e io mi preparai davanti allo scrigno: tre, due uno, zero! Le lancette erano esattamente sul punto zero e io posizionai l’orologio sulla fessura. Ci fu un bagliore enorme, il forziere si aprì. Tutto aveva funzionato secondo i piani. Dentro c’era una chiave per aprire l’altro bauletto. Tutti eravamo curiosi di vedere il contenuto. Lo aprimmo e questo era pieno di gioielli e monete d’oro. Eravamo ricchi! Ludovica Ganzaroli C’era una volta,in un castello sperduto in un bosco, un padre vedovo che aveva una figlia, viveva con una “nuova” moglie, che a sua volta aveva una figlia. Alla matrigna non stava per niente simpatica la sua figliastra ma, per non fare dispetto al marito, faceva finta di amarla moltissimo. Un giorno il padre morì di malattia e nel castello rimasero la matrigna con sua figlia e la figliastra. La matrigna mise la figliastra a fare la serva nelle cucine, mentre lei e sua figlia fecero le regine del castello. A Marta, la figliastra, non andava per niente bene perché il castello era suo e di suo padre, mentre ne erano entrate in possesso la sua sorellastra e la matrigna. Marta passava tutto il giorno a lavare dei piatti e a pulire il castello. Un giorno la matrigna la mandò a fare spesa giù in città; era vestita con stracci e tutta la gente che la incontrava le chiedeva: -“Ma tu, non sei la figlia del povero principe?”Lei fece finta di niente e non rispose a nessuno, però dentro di sé, stava malissimo. Quando finalmente arrivò in città, vide una giovane signora vestita in modo strano,con dei bellissimi capelli rossi, un vestito arancione e delle scarpe con il tacco verdi. Lei fissò a lungo Marta, poi la prese da parte e le diede tre oggetti: un mestolo in legno, che ogni volta che toccava la spalla di una persona la faceva diventare bruttissima; un anello, che ogni volta che toccava un oggetto, lo trasformava in oro; infime un cesto che,ogni volta che si buttava per terra, all’interno sarebbero comparse cose buonissime da mangiare. Quando Marta tornò al castello felice, la matrigna era arrabbiatissima perché era stata fuori più di quanto doveva. Marta soffriva molto , così un giorno andò dalla sua sorellastra e le chiese: -“Ma tu cosa ne pensi della mia situazione? Un giorno ero principessa, e il giorno dopo mi ritrovo a fare la serva nel mio stesso castello?!?!”Lei rispose: -“Sì lo so, è successo anche a me, quando mia madre si era sposata con un altro re, anch’io sono stata trattata da serva.”Così Marta pensò di vendicarsi della matrigna e si alleò con la sorellastra. Andarono a prendere il mestolo e, appena la matrigna si distrasse, glielo batterono sulla spalla e lei diventò bruttissima, talmente brutta che si suicidò. Così le due sorellastre divennero le regine del castello e, grazie agli altri due oggetti magici, comparvero oro e moltissimi alimenti prelibati. Così anche i servi non dovevano più lavorare tanto e si potevano riposare. Larga le foglia, stretta la via, voi dite la vostra che io dico la mia. Giulia Bertieri DELITTO SUL TRENO Un anziano signore stava per andare a dormire nella sua cuccetta ma sentì improvvisamente uno strano rumore; si alzò per controllare, aprì il piccolo armadietto della sua cabina e un giovane mascherato, con un mantello che lo copriva tutto. L’anziano signore preso dallo spavento tentò di fuggire via, ma non ci fu niente da fare, il giovane afferrò il coltello che teneva in tasca e lo colpì violentemente alla schiena. L’uomo urlando dal dolore cadde subito a terra. L’urlo della povera vittima fu sentito da un investigatore privato e dal suo aiutante che cercarono di soccorrerlo, ma quando arrivarono lo trovarono morto e il colpevole era già fuggito via. L’investigatore e il suo aiutante si misero subito alla ricerca di indizi per risolvere il caso, ma purtroppo inizialmente non trovarono niente che li potesse aiutare, tranne il coltello a pochi centimetri dalla vittima. 29 Fecero anche fermare il treno immediatamente e corsero a cercare il probabile colpevole perfino sul tetto del treno; qui, cercando per bene, trovarono un giovane nascosto sotto un telo scuro. L’investigatore e il suo aiutante riportarono il presunto colpevole sul treno e lo interrogarono; egli infine confessò di averlo ucciso perché non voleva fargli sposare sua nipote … Nicholas Michieletti IL CONTADINO CHE DIVENTÒ CAVALIERE C’era una volta un re che era molto anziano e non aveva figli, allora si rassegnò a lasciare il regno a suo fratello minore. Ma un bel giorno nacque una bellissima b a mb in a , ch e ch ia mò Fr an c e sca.Quando Francesca compì 16 anni, venne catturata da un orco, che la portò in una grotta e la legò ad una roccia. Allora il re, preoccupato, spedì una lettera a tutti gli abitanti del regno per chiedere il loro aiuto. Nicolas, un ragazzo di campagna, diede la lettera a suo padre.Il padre la lesse e disse: ”Figliolo, fai come credi, ma ricorda che per uccidere un orco devi trafiggergli il cuore con una freccia dalla punta d’argento”. Allora Nicolas chiese dove poteva trovarne una e suo padre gli diede una conchiglia dicendogli: “Mettila per terra ed esprimi il desiderio di avere una lancia con la punta d’argento”.Lui lo fece e gli apparve la freccia. Il padre gli disse di usare la conchiglia solo in caso di bisogno, perché avrebbe funzionato solo per altre tre volte.Lui ringraziò suo padre, poi prese l’arco e si avviò verso il castello. Il re organizzò un torneo per decidere chi doveva salvare sua figlia; dopo diverse prove Nicolas risultò vincitore. Così il re proclamò Nicolas cavaliere e gli disse: “Domani mattina vai dall’orco e uccidilo”. Il giorno dopo Nicolas partì e, dopo alcune ore, trovò l’orco e iniziò la battaglia; fu uno scontro brutale.Solo AVVENTURA IN CAMPEGGIO dopo un po’ Nicolas usò la freccia, la prese insieme all’arco e la scoccò, ma l’orco la schivò per un pelo. Nicolas cercò la conchiglia, la trovò e la mise per terra, espresse il desiderio e gli apparvero davanti le frecce.Ne fece partire due, ma andarono a vuoto, allora prese una roccia e la lanciò in testa al gigante che cadde per terra, così Nicolas gli tirò l’ultima freccia nel cuore.Poi liberò Francesca e insieme andarono dal re e, come ricompensa, Nicolas sposò la principessa. E vissero per sempre felici e contenti. Davide Incerti IL RAGAZZO, LO SCUDO, LA SPADA E LA PECORA C’era una volta un ragazzo che non si staccava mai dalla spada che gli aveva regalato suo padre e dallo scudo che gli aveva regalato sua madre. Un giorno, mentre passeggiava, un ranocchio brutto e parlante disse al ragazzo che voleva salvarlo dal dragone Dukus. Il ranocchio lo portò in una caverna, ma dentro c’era Dukus e il ranocchio lo incitava; in quel momento il ragazzo capì che il ranocchio era cattivo. Così scappò e, mentre scappava, una pecora lo fermò e gli disse che lo voleva aiutare, ma il ragazzo non gli credette e continuò a correre. Di notte, il ragazzo, che era orfano, sognò sua madre e suo padre che combattevano insieme, capì che quel sogno poteva avere un significato. Il giorno dopo il ragazzo incontrò di nuovo la pecora che gli disse di accarezzarla, lui lo fece e, tra la lana, trovò delle forbici e un ago. La pecora disse al ragazzo di tagliarle la lana e, quando iniziò, le forbici tagliarono tutto da sole e l’ ago realizzò una coperta per riscaldarlo. Il giorno dopo il ragazzo andò dal dragone e lo affrontò; quando Dukus lanciò una palla di fuoco, il ragazzo tirò fuori lo scudo, si creò una barriera e, quando il ragazzo sguainò la spada, questa si allungò per 100 m e tagliò in due sia Dukus sia il ranocchio. Così il ragazzo visse felice e tranquillo. Mitya Maietti La scuola era giunta al termine, ormai, e tre ragazzi si stavano organizzando per trascorrere un’estate indimenticabile. Il gruppo dei tre ragazzi era formato da: Sara, che era una ragazza buona e generosa, alta con i capelli biondi e un po’ robusta; poi c’era Alessandro che era il più vecchio, anche lui alto con i capelli biondo-castano e gli occhi azzurri di ghiaccio,infine c’era Clara che era la sorella gemella di Sara, solo che aveva i capelli mori. Pensarono a tanti modi per trascorrere l’estate, fino a quando a Clara venne l’idea del campeggio. Inizialmente gli altri due non erano d’accordo ma poi cambiarono idea. Visto che avevano quasi sedici anni, tranne Alessandro che ne aveva diciassette, i loro genitori li lasciarono andare da soli. Ormai avevano organizzato tutto:fissato giorno e ora di partenza, deciso come organizzare il campo, preparato tutto il necessario da portare con sé. Sarebbero andati sulle Dolomiti. Arrivò il giorno della partenza, era il 1 agosto ed erano le cinque di mattina; Clara e Sara avevano lottato per alzarsi così presto, invece Alessandro era molto mattiniero. Partirono con tutto il necessario per la settimana che sarebbero stati via. Arrivarono intorno alle dieci di mattina e iniziarono a montare il campo; arrivò mezzogiorno, era ora di pranzo e si divisero i compiti: Alessandro IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA Avevo sei anni. Mi trovavo nella classe 1^A nella Scuola Elementare di Voghiera. Ero appena entrato in classe accompagnato dalla mia mamma, con la cartella sulle spalle, dove avevo riposto alcuni quaderni a quadretti. Mi sedetti vicino a una cara amica che conosco da quando sono nato!!!!!!! Ero emozionantissimo, anche perché c’erano tantissimi altri bambini che non conoscevo. Ricordo la mamma di Caterina e il mio papà che scattavano continuamente foto per immortalare quell’avvenimento. Ricordo che allora ero curioso di sapere come sarebbe stato a scuola, adesso mi accorgo che più si va avanti più diventa impegnativa, a volte pesante, ma mai noiosa!!!! La paura mi esplose dentro quando mi resi conto che avrei avuto ben tre inse- gnanti: Gabriella, che insegnava storia, geografia e italiano, Beppe, che insegnava matematica e scienze, e un’altra, di cui non ricordo il nome. Guardandoli negli occhi sentii che stavo per piangere, ma mi trattenni grazie alle pacche sulla schiena che mi diede la mamma. Poco dopo i genitori andarono via e rimanemmo soli con la maestra Gabriella che ci avrebbe “portati” fino in quinta elementare; iniziò a parlare del comportamento che dovevamo mantenere e dei “giochi” o dei “divertimenti” che avremmo fatto in quella scuola. Scherzammo, ridemmo e giocammo per quasi tutta la mattina, all’improvviso suonò una strana campanella ed io mi spaventai, ma la nostra maestra ci aiutò a prepararci e aspettò finché non arrivò Beppe che prima mi intimidiva tanto, ma dopo pochissimo tempo è sembrato 30 doveva andare a pescare, Sara a raccogliere la legna e Clara doveva rimanere al campo per finire di sistemare e controllare che non arrivasse nessuno. Clara notò che nel sottobosco si muoveva qualcosa, inizialmente pensò a qualche animale, ma poi sentì dei lamenti e volle andare a vedere…. Si allontanò dal campo per una mezz’oretta, sperando che non succedesse niente; si inoltrò nel bosco e, con sua grande sorpresa, vide una cerbiatta che stava partorendo….cercò di aiutarla e ci riuscì; la cerbiatta diede alla luce tre cuccioli. Clara li prese con sé insieme alla madre e si diressero verso il campeggio; ma, con sua grande sorpresa, non trovò più niente, era rimasto solo il fuoco spento. Andò ad avvertire Sara ed Alessandro che rimasero sorpresi pure loro. Alla fine si ritrovarono soli, senza niente e con tre cuccioli e una madre da accudire. Cercarono di utilizzare quello che trovarono e riuscirono a superare la notte ma, quando arrivò la mattina, scoppiò un temporale e loro cercarono un riparo. Più in là trovarono una grotta e così si sistemarono, la notte era freddo ma si strinsero l’uno accanto all’altro per farsi caldo. Giorni dopo Alessandro andò a perlustrare la zona circostante, trovò il loro materiale da campeggio e se lo riprese, portandolo alla grotta; le ragazze lo accolsero come un eroe ma non persero la testa. Mancava solo un giorno prima di tornare a casa, così i ragazzi iniziarono a preparare tutto e a scendere verso valle. Arrivarono e incontrarono i ranger, dissero loro di prendersi cura dei cerbiatti. I ranger annuirono e riconobbero tutta la loro attrezzatura, chiesero dove l’avessero trovata e i ragazzi risposero che l’avevano trovata in una casetta isolata nel bosco. Alla fine scoprirono che erano stati i ranger a prendere le attrezzature dei ragazzi, perché credevano che fossero dei cacciatori. Il mistero era svelato, i ragazzi erano felici di aver salvato i cerbiatti e che tutto fosse andato per il meglio. Non avrebbero mai dimenticato quell’avventura!!! Sara Buzzoni IL MIO CAPODANNO simpaticissimo. Squillò ancora una volta la campanella e tutte le classi uscirono per andare a casa. Fuori c’era la mia mamma ad aspettarmi ed io le parlai di quello che avevamo fatto e le dissi che quello era stato il giorno più bello della mia vita; lei mi guardò con un dolcissimo sorriso che mi diceva tutto anche senza parole. Io invece di parole ne usai tante: raccontai prima al mio papà e anche a mia sorella tutto quello che avevo visto, che avevo fatto, che mi avevano detto … non la smettevo più. Così come non smettevo di pensare a come sarebbe stato il giorno seguente e il giorno dopo ancora, e mi addormentai sfinito da quella giornata, sorridendo e sicuro che sarebbe stato sempre così. Alessandro Vandini Il 31 Dicembre ero a casa di mia nonna ad Abkenor, un paesino che in italiano viene tradotto “Paese vicino al lago”, anche se sinceramente l’ho appena imparato.Era il paese in cui viveva mia mamma trent’anni fa. Mi svegliai, ma non avevo chiuso occhio tutta la notte, perché non ero abituata a dormire per terra, avevo molto sonno e decisi di dormire ancora un po’.Mi addormentai e dormii fino alle 10.00, mentre in Italia erano le 7.30, perché ci sono due ore e mezza di differenza. Era da tre giorni che eravamo lì, quello era il terzo ed ultimo giorno.Io non volevo partire perché avevo conosciuto un’ amichetta: una gatta selvatica infreddolita ed affamata.Era distesa sull’erba, io l’ avevo chiamata verso di me, agitando la mano e lei mi era corsa incontro per disperazione, almeno così credevo.Dopo che gli abbiamo dato cibo e un riparo dove passare la notte faceva le fusa e si strusciava contro di noi per ringraziarci.Era dolce e magra e, viste alcune sue caratteristiche, abbiamo trovato il nome: “Luna fusa”, perché l’avevamo trovata di notte, quando la luna era brillante e non era coperta dalle nuvole e perché faceva sempre le fusa. Poi siamo partiti per un viaggio di sei ore, dopo un’ora ero già molto stanca; dovevamo anche mangiare visto che erano le 14.30.Per fortuna, grazie ad un amico di mio zio, che conosceva bene il posto in cui eravamo, abbiamo trovato un ristorante. Erano ormai le 15.00.Tutto era perfetto, la cosa più bella era che eravamo seduti 39 su materassi, coperti da un tappeto, così abbiamo mangiato bene. Il viaggio era ancora lungo, dovevamo ancora attraversare diverse città. Eravamo partiti da Abkenor, poi siamo arrivati a Rasht, Rudbor, Mangil,Quazvin, la città dove abbiamo mangiato, poi c’erano Kurag e Teheran, la capitale dell’Iran, dove si trova la mia casa. Finalmente eravamo arrivati a casa, corsi a farmi una doccia; poi andai nella casa di mia zia e feci i compiti, mentre lei preparava la cena. Finito di mangiare, mio zio mi insegnò a fare un trucco con le carte, poi salii in casa ad aspettare l’anno che sarebbe arrivato. Jasmine Attar FATTI INSPIEGABILI A CASA PIAZZI Era una sera tarda con il temporale, ero da solo in casa e stavo leggendo un libro, ma a un certo punto dovetti andare in bagno. Appoggiai il libro sul letto e mi allontanai, tornai dopo una decina di minuti e non vidi più il libro, cercai per tutta la stanza ma non lo trovai. Ad un certo punto, sentii un botto e vidi il libro per terra in soggiorno, provai una strana sensazione, come un brivido su per la schiena, mi passò davanti una luce accecante che galleggiava nell’aria, si fermò in cucina, proprio tra il frigorifero e la lavastoviglie. Andai piano piano, passo dopo passo, in cucina, mi avvicinai sempre di più, ebbi molta paura, stavo per agguantarla, mancavano più di due metri, a in certo punto sparì nell’aria fluttuando. Poco dopo si sentì un fischio fortissimo, assordante tanto che mi piegai a terra dal dolore. Poi si fermò, sembrava tutto passato, ad un tratto si aprirono tutte le finestre e le porte e si accesero tutte le tv in casa mia. Mi alzai da terra e, dietro di me, passò una donna che rideva, aveva una bocca enorme, io scappai nello sgabuzzino. Accesi una piccola luce e mi specchiai, poi la luce si spense e si riaccese dopo circa un minuto, nello specchio c’era scritto “MORTE” con il sangue. Scap- OMICIDIO AL MARE pai fuori dallo sgabuzzino e fuori dalla casa urlando per chiedere aiuto ai miei vicini. Appena misi il piede fuori dalla porta, si formò un immenso cratere e caddi, rotolai quasi vicino al fondo… Poi mi svegliai alle otto del mattino, ero disteso e terra, in camera mia, con il libro in faccia, per fortuna era stato soltanto un sogno. Andai in cucina, la colazione era già pronta, c’era un giornale aperto sulla tavola con un articolo dal titolo:“Fatti inspiegabili a casa Piazzi”. Roberto Piazzi In una domenica di sole, due amici con la stessa passione della pesca subacquea andarono al mare. Arrivati sulla spiaggia si infilarono le tute e le maschere da sub, poi si immersero. Gianni in realtà pensava di uccidere Rudy spingendolo contro gli scogli, ma poi gli venne l’idea di ucciderlo sparandogli un arpione, perché pensava che Rudy gli aveva rubato la sua macchina nuova. Dopo aver preso qualche pesce, entrambi ritornarono sulla spiaggia per mangiare qualcosa e riposarsi un po’ perché avrebbero fatto un’altra battuta di pesca tevamo dormire e mangiare,sembrava di essere in paradiso;c'erano tante farfalle bianche che mi volavano attorno e un intenso profumo di fiori.Alla sera abbiamo mangiato un buonissimo pollo allo spiedo e patatine.La mattina seguente ci siamo svegliati presto, abbiamo fatto una colazione nutriente, qualche foto al bellissimo panorama e siamo di nuovo partiti.Quella mattina, prima di ritornare a Malindi, abbiamo visto tre leoni, sette giraffe e un cucciolo di ghepardo.La sera nel nostro villaggio c’è stato un "GALA’ "; io avevo un lunghissimo vestito e dei tacchi a spillo.Le settimane sono terminate in fretta,e siamo ripartiti; io ero in lacrime ma, una volta tornata, sono stata contenta di rivedere la mia amica del cuore, i miei compagni a cui voglio tanto bene, e tutti i miei professori, che stimo tanto. Una cosa mi è rimasta nel cuore:i sorrisi dei bambini e l'amore che provavano per noi tutte quelle persone, mi ha colpito in particolare la loro povertà, quando ho visto dei bambini di due anni nudi in mezzo alla strada e i loro giochi fatti con pezzi di ferro o di lega, ho pensato a noi, che possediamo la play station , il cellulare e tanti giochi. Noi stiamo molto più bene di loro , secondo me forse abbiamo troppo dalla vita e non sappiamo apprezzarlo. Valentina Roversi MISTERIOSI RUMORI Una sera Miro, una ragazza di quattordici anni, era in casa da sola perché i suoi genitori erano fuori per lavoro.Miro era una ragazza alta, magra, aveva i capelli neri e lisci, gli occhi azzurri e lucenti; era una ragazza molto timida e per niente allegra, infatti era quasi sempre triste, anche se i suoi genitori cercavano di riempirla d’affetto.Aveva pochi amici e a scuola stava sempre con Ginevra, la sua migliore amica. Ginevra, al contrario di lei,era una ragazza molto allegra, vivace e aveva molti amici. Quella sera Miro stava leggendo un libro nella sua camera, quando all’im- provviso sentì una strana sensazione, si sentiva spiata da qualcuno, ebbe molta paura, però si fece coraggio e andò a vedere se fuori ci fosse qualcuno. Fuori non c’era nessuno ma, quando rientrò in casa, sentì dei rumori provenire dalla sua camera.Miro era molto impaurita, così telefonò a Ginevra, la sua amica, e le chiese se poteva venire a casa sua per passare la notte insieme. Così Ginevra andò da Miro.Quando arrivò, Miro cominciò a raccontarle l’accaduto ma, non aveva ancora finito di spiegarle tutto, che sentirono un forte rumore proveniente dalla cucina, tutte e due corsero in cucina e si accorsero che 38 che aveva ancora l’arpione conficcato nel petto. Ad un tratto si sentì squillare un cellulare e, girando tra gli scogli, Marco scoprì i vestiti della vittima e il suo telefonino ormai muto. Guardò tra i messaggi e lesse quello di Gianni che dava appuntamento a Rudy per andare a pesca. Allora capì tutto e riuscì a cogliere di sorpresa l’assassino proprio a casa sua mentre tentava di scappare. Nicola Patti UN DELITTO AL MUSEO IN AFRICA Sono partita da Milano il giorno 16 Febbraio per andare in Africa,precisamente in Kenya, a Malindi. Quando sono arrivata,dopo 9 ore di aereo,c'èra un caldo soffocante;abbiamo preso il pulman e siamo andati nel villaggio:era bellissimo, non era tanto grande ma, nel suo piccolo,era meraviglioso. Ho fatto tante escursioni, una in particolare mi è piaciuta "da morire"il "Safari", che è durato due giorni e una notte.Siamo partiti alla mattina alle 4.30 dal villaggio;quando siamo arrivati nella savana ho visto tanti animali:giraffe, elefanti, leoni, zebre, scimmie, ippopotami, gazzelle, struzzi...ecc. Poi siamo arrivati nelle logge dove po- nel pomeriggio. Intanto che Rudy dormiva, Gianni preparò l’arma del delitto, ovvero un arpione in alluminio; quando Rudy si svegliò entrambi si infilarono ancora le tute da sub e insieme andarono sott’acqua. Appena Gianni fu immerso sparò a Rudy colpendolo nel petto, come se non volesse lasciarlo soffrire! Il giorno dopo un pescatore trovò sulla spiaggia il corpo di Rudy e, senza perdere tempo, chiamò il suo amico Marco, un investigatore privato molto in gamba. Quando Marco arrivò, il pescatore gli spiegò tutto e gli fece vedere il corpo era caduto un vaso. Le ragazze non riuscirono a darsi una spiegazione di come il vaso fosse potuto cadere. Ma, mentre tornavano in salotto, Milo si accorse che c’era qualcosa sul divano, si avvicinarono e videro che era un gatto.Il gatto era entrato dalla finestra che Miro aveva dimenticato di chiudere. Così le ragazze scoprirono che era stato il gatto a far cadere il vaso e a provocare tutti quei rumori.La scoperta del gatto fece finalmente sorridere Miro. Erica Fioresi In una tranquillo sabato di primavera, verso le sei di sera, all’ora di chiusura di un museo di Filadelfia un uomo cadde a terra in mezzo alla folla che usciva; il custode cercò di sollevarlo e così, girando il corpo, vide la sua schiena perforata, allora capì che qualcuno gli aveva sparato; mentre cercava di aiutarla la vittima guardò verso uno specchio e sussurrò: “Ai lati …” L’investigatore Mike passava lì per caso, e quando vide tutta la polizia davanti al portone del museo si incuriosì, andò a vedere e vide il corpo dell’uomo accasciato a terra, ormai morto. Allora chiese informazioni su chi fosse e seppe che si chiamava Ector Potenza e che aveva settantadue anni. L’investigatore Mike e il suo assistente Andry cominciarono l’inchiesta, iniziando a chiedere ai testimoni che cosa avevano visto o sentito; una buona parte di essi disse che avevano sentito un rumore provenire dal lato destro della stanza. Mentre Mike si guardava allo specchio per sistemarsi i capelli, si ricordò di ciò che aveva raccontato il custode, cominciò quindi a toccare la cornice dello specchio e improvvisamente si aprì un passaggio segreto. Proseguendo per il tunnel dietro allo specchio arrivò alla casa della figlia di Ettore Potenza; indagando su di lei scoprì che il giorno dell’omicidio era andata prima del solito a Messa per confessarsi, lasciando in casa il nipote che era andato a trovarli per qualche giorno. Quando Mike lo interrogò il nipote si giustificò dicendo che lui quel pomeriggio era andato a una festa di compleanno ed era rientrato molto tardi. L’investigatore non si fece ingannare, egli infatti aveva trovato un sacchetto di patatine nel tunnel! A quel punto vennero rilevate le impronte digitali su quel sacchetto e si scoprì che erano di Eddie, il nipote; per di più si scoprì anche che egli era andato via molto presto dalla festa, come confermarono i genitori del festeggiato. Perquisirono quindi la stanza del nipote e trovarono anche l’arma del delitto così egli fu condannato per omicidio premeditato. Continuando l’inchiesta, si scoprì che tre quarti del patrimonio di suo nonno li avrebbe ereditati il nipote che alla fine confessò di averlo ucciso perché non voleva aspettare la morte del nonno per godersi la vita!? Gabriele Giori L’UNIONE FA LA FORZA Un giorno due lupacchiotti, Wolf e Rex, andarono a cercare qualcosa da mangiare nel bosco. Quando venne la notte sentirono degli strani rumori ed allora decisero di accamparsi e di riprendere il viaggio la mattina successiva. La mattina seguente al loro risveglio, avevano molta sete e proprio in quel momento passò loro davanti un topo; iniziarono a corrergli dietro, ma ad un certo punto si trovarono davanti un grosso lupo che disse loro<< Siete nel mio territorio, andarvene subito, altrimenti ve ne pentirete!>>. I due lupacchiotti corsero a nascondersi dietro ad un albero e Rex disse << Guarda lui ha un ruscello e molte cose da mangiare>> Wolf gli rispose che, la cosa che gli dispiaceva di più era che uccideva tutti gli animali che incontrava ;<< Dobbiamo escogitare un piano>> disse Wolf: Pensarono e pensarono poi a Wolf venne un’idea <<Gli diremo che c’è in lupo più grosso di lui che dice di essere il più forte>>. Lo portarono quindi al fiume per fargli vedere il suo “nemico”. Quando il lupo arrivò al fiume si sporse per vedere 31 l’altro lupo e, quando vide la sua immagine riflessa, non si riconobbe e si gettò nell’acqua per azzannare l’avversario, così annegò. I due lupacchiotti allora annunciarono a tutti gli animali del bosco che il lupo era morto e quindi, da quel momento, c’era acqua e cibo a sazietà per tutti. Da allo ra tutti vissero felici e contenti. Elena Tralli UN GIORNO DI PESCA Un bel giorno un giovane pescatore era sulla riva a pescare quando a un certo punto vede l’acqua muoversi in un modo strano e vide del sangue, ma dato che era tardi andò a casa. Il giorno dopo vide ancora l’acqua che si muoveva in modo strano allora si vestì da subacqueo e si immerse nel profondo lago. Quando arrivò in fondo vide una grossa coda che nuotava e andò a vedere che cosa era; appena arrivò, da una grande grotta uscì un mare di sangue e poi un enorme drago, questo drago era capace di ogni cattiveria allora il povero pescatore tentò di scappare, ma si accorse che era troppo lento a nuotare, quindi vide un cavalluccio ma- rino che gli disse:<<Vai in quella grotta > e lui vi andò, ma in realtà il cavalluccio era il servo del drago, così quando andò nella grotta il drago lo seguì, ma il giovane riuscì ad uscire da una fessura della grotta. Mentre scappava vide un pesce dorato che gli disse di andare nella grotta alla sua destra, e quando vi arrivò vide che era piena di scheletri, ma in fondo vi era una conchiglia che brillava la prese e pensò che se l’avesse venduta avrebbe guadagnato moltissimi soldi. Appena uscito dalla grotta tornò dal pesce dorato e lui gli disse che se avesse aperto la conchiglia mentre vedeva il drago questi sarebbe morto perché dalla conchiglia usciva la luce del PER FORTUNA ERA SOLO UN SOGNO bene. Il giovane fece quello che gli aveva suggerito il pesce; entrò senza paura nella grotta del drago gli andò vicinissimo e lo toccò, appena il drago aprì gli occhi il giovane aprì la conchiglia e il drago si polverizzò all’istante, poi il giovane ritornò dal pesce e lo ringraziò tantissimo. Il giovane salì a riva a pescare e da quel giorno tutti riuscirono a pescare tanti pesci. Angelo Chersoni UNA GIORNATA SIGNIFICATIVA Giovedì 28 dicembre 2006 alla mattina quando mi sono svegliato sapevo che nel pomeriggio io e mio padre saremmo andati a vedere le finali di basket a gallo, un paese vicino al mio. Durante la mattina ho fatto un po’ di compiti e durante il pranzo io e mio padre abbiamo deciso di vedere le partite che iniziavano alle cinque. Il torneo si svolgeva in una palestra; appena arrivati abbiamo pagato il biglietto poi siamo andati in tribuna tra i tifosi delle squadre in gara. Al torneo partecipavano tante squadre: la Virtus di Bologna, la Sanibal Ferrara, Reggio Emilia, Padova, le Quattro torri di Ferrara, Cento. Non conoscendo le regole, a volte non capivo perché l’arbitro interrompeva il gioco. I giocatori erano molto veloci ed agili; i loro allenatori erano molto severi quando sbagliavano. Con il proseguire delle gare sono riuscito a capire il gioco e quindi ero molto appassionato. Io facevo il tifo per la Virtus di Bologna e alla fine proprio la mia squadra ha vinto il torneo. Quando siamo usciti era molto tardi, ero stanco, ma contento perché avevo visto dal vero una partita importante Filippo Fabbri che ha scaricato da internet oppure le piace tanto (ma non ho mai capito che cosa ci sia di divertente) andare nel pannello di controllo a cambiare le impostazioni! Quando invece, si sente sola e triste, scrive nel suo diario segreto e mi racconta tutto quello che ha fatto e tutto quello che pensa, devo dire che ha una mente molto contorta! Ma non le dite nemmeno questo! Mi piace molto “ascoltare” i suoi problemi perché sono così “divertenti” che mi passo il tempo altrimenti sarei sempre da solo. Dopo circa un’oretta mi spegne. Alle 19, di solito la vedo ritornare, mi accende ma solo per ascoltare la musica, però mi tiene compagnia lo stesso! Verso le 22e30 va a dormire e appena 32 lo cercammo attorno al capanno, ma poi ritornammo a letto. La mattina dopo il cane non era ancora tornato e noi decidemmo di andare a dare un’occhiata sulle montagne. Arrivati sulle montagne vedemmo una caverna con scritto nella porta “I FRATELLI KILLER” e noi spaventati da quel nome ci guardammo attorno e vedemmo il collare del cane per terra. Il bambino si mise a piangere e mi disse di andare dentro a vedere, io aprii la porta e dentro c’erano delle scale, le salii e vidi i genitori del bambino insieme ad altre persone morte. In un angolo c’era il cane del bambino ucciso; così tornai con il mio nuovo amico alla nostra capanna di corsa, raccogliemmo le no- stre cose ed andammo a nasconderci in una grotta della montagna perché i fratelli KILLER ci avevano sentiti e ci stavano cercando. Dopo aver girato per tutta la montagna e poiché non ci avevano trovato,tornarono alla caverna e noi potemmo uscire dalla montagna e tornare alla nostra capanna. Il bambino mi raccontò che i fratelli KILLER erano alti 2.50 metri avevano i capelli con qualche ciuffo nero con le guance grosse con qualche ruga. Loro uccidevano la gente ma soprattutto bambini per rivenderli morti in altre città; avevano sempre con loro un grosso bastone che usavano per picchiare le persone che poi catturavano e portavano nella caverna. La notte seguente non riuscimmo a dormire perché eravamo impauriti e pensavamo che ci scoprissero; ma poi la stanchezza ci colse e ci addormentammo: Ci svegliammo che eravamo nella caverna ed i due fratelli si avvicinarono minacciosi,ma…mia sorella era entrata in camera e, facendo rumore, mi aveva svegliata. Mi sedetti sul letto e pensai “Per fortuna era solo un brutto sogno…” Martina Ardondi PICCOLA KATY LA MIA AMICA GIULIA Ciao a tutti sono il computer di Giulia o come la chiamo io Giugy!!Vi voglio raccontare tutte le cose che facciamo insieme. Alla mattina quando si sveglia, sveglia tutti compreso me( da quanto è poco rumorosa!)si veste si va a lavare la faccia e mangia.( vi svelo un segreto quando si sveglia e scende dal letto ha tutti i capelli sparati e le occhiaie!! ma non glielo dite!!) Verso le 14 e 30, quando ritorna da scuola, mi accende, io le faccio vedere che deve mettere la password e poi incomincia ad aprire tutte le icone, ma alla fine apre solo quella della musica. Di solito gioca a carte anche se perde sempre, il suo gioco preferito è spider! Quando non sa cosa fare perché i compiti li ha già fatti, guardiamo un film Era una notte di Dicembre e fuori pioveva. Io ero nella mia stanza in punizione perché non avevo obbedito alla mamma ed ero rimasta senza cena. Verso le 21.00 mentre stavo leggendo mi addormentai e mi risvegliai in una grande città di montagna piena di case e di gente povera. Ero molto spaventata entrai in una casa e vidi una mamma che stava picchiando suo figlio; io allora corsi fuori e mi allontanai dalla città verso le montagne. In una radura proprio ai piedi della montagna trovai una capanno che sembrava abbandonato, ma, dentro c’era un bambino tutto solo che stava dormendo insieme al suo amato cane. Io li svegliai e mi presentai loro. Cominciammo poi a parlare e gli chiesi perché era li e non insieme alla sua famiglia; lui mi disse che i suoi genitori li avevano trovati uccisi tra le rocce di una montagna. Lui mi disse che non era mai andato sulle montagne per quello che era successo ai suoi genitori. Era arrivata ormai la notte notte, ed io e il bambino pensammo di metterci a dormire. Verso mezzanotte sentimmo degli spari, quando ci svegliammo vedemmo che il cane era sparito, noi molto spaventati tocca il letto si addormenta! Poverina è fusa!! Sembrerebbe che non le sono affezionata e invece le voglio tanto bene! Lei è l’unica che mi spolvera tutti i giorni, non tutti lo fanno con i propri computer. Delle volte mi dimentica acceso perché si addormenta! Allora sua mamma mi spegne subito per fortuna!! Io sono felice di avere una “padrona” così! un po’ “matta” ma simpatica! Una cosa importante è che mi vuole bene!! almeno spero....! Giulia Valenzano Mancava un giorno al mio decimo compleanno ed ero agitata perché non vedevo l’ora di scartare i miei regali; guardando il mio cellulare mi accorsi che mi era arrivato un messaggio: era il mio papà che mi scriveva: « Vieni fuori, c’è un regalo per te!» Corsi fuori e vidi mio padre che aveva in mano una “cosa” di plastica; io non riuscivo ad immaginare cosa ci fosse dentro, ma poi vidi un musetto nero e bianco che spuntava fuori: era una gattina! Dovete sapere che io da sempre ho sognato di avere un animale, ma i miei genitori non mi hanno mai accontentato perché dicevano che non sarei riuscita a badargli, invece io ero convinta che non sarebbe stato così. Forse la mia insistenza li aveva convinti ed ora avevo davanti a me il simpatico musetto di una gattina, la mia gattina! Subito la presi in braccio e la portai in casa perché tremava per la paura, ringraziando il mio papà e la mia mamma. Nella mia camera cominciai a farla giocare con dei lacci e delle palline. All’improvviso mi resi conto che per la gioia non le avevo ancora dato un nome!!!!! Pensandoci mi venne in mente un programma televisivo dove cantavano una canzone dal titolo “ Piccola Katy”, decisi allora di chiamarla Katy. Giocai con lei tutto il pomeriggio: era così carina e quando l’accarezzavo faceva le fusa!!! Giunse l’ora di cena ed io e la mia gattina andammo in cucina dove la mamma stava preparando il pollo; appena Katy ne sentì l’odore fece un salto e rubò una coscia mangiandosela in un baleno! Il giorno seguente era il mio compleanno e mi alzai presto; cercando di non svegliare la mia gattina cominciai a scartare i miei regali, tutti bellissimi ma nessuno mi diede la gioia di quando a37 vevo ricevuto la mia Katy. Non finiva di stupirmi, come quando mi cadde una caramella e la mia gattina corse, schiantandosi contro il frigo, per prenderla e riportarmela! Mi venne il dubbio che si sentisse un cane perché di solito sono loro che riportano gli oggetti lanciati dai padroni! E’ proprio una gattina speciale!! E poi non è finita qui. Il mattino seguente cercai di infilarmi le scarpe ma non riuscivo ad entrarci con il piede perché erano piene di caramelle! Io voglio tanto bene alla mia gattina, la considero quasi come una persona e, ancora oggi, ogni giorno non vedo l’ora di tornare a casa per abbracciarla e coccolarla!!!! Natascia Coratti LA RAGAZZA SCOMPARSA Roma, Liceo “Sperimenti”, ore 18:00 del giorno venerdì 17 del mese di Novembre; una ragazza di nome Sara sta svolgendo nel laboratorio un esperimento di Scienze che le servirà per il giorno dopo. Fuori dal Liceo si aggira una ragazza vestita di nero con in mano delle corde e delle forbici. Ore 18:15, la ragazza in nero si reca nella stanza dove si trovano i contatori elettrici e inizia a tagliare i fili in modo da far andare via la luce. Sara resta al buio e, spaventata, cerca una torcia. Intanto la ragazza in nero approfitta del buio per aggredirla e portarla via. Sara viene colpita e sviene. Sul Liceo cala il silenzio. A terra resta un pezzo del fermaglio a cui Sara è legata particolarmente. Il giorno dopo la madre di Sara si accorge che la figlia non è rincasata e allora telefona alla sua migliore amica per chiederle se l’aveva vista, ma lei non sa nulla; a quel punto prova a chiedere al custode del Liceo se sa qualcosa ed egli le racconta che il pomeriggio del giorno prima aveva sentito un urlo provenire dal laboratorio di Scienze e di essersi molto spaventato, che era andato a vedere però non c’era nessuno in tutto l’edificio. La madre preoccupata chiama prima la polizia ma le dicono che deve aspettare almeno due giorni prima di poter fare la denuncia; allora la poverina si rivolge all’ investigatore privato Schik e al suo aiutante Mark. L’investigatore per prima cosa chiede alle persone che abitano nei dintorni del Liceo se hanno sentito o visto qualcosa e un uomo racconta di aver visto una ragazza in nero entrare nel Liceo alle 18:00 e che poi alle 18:45 ha visto una macchina passare a tutta velocità. Dopo l’investigatore si informa dalla madre si informa dalla madre delle amiche che Sara frequentava, ma nessuna di loro sapeva niente, tranne una che sapeva che Sara non era tanto simpatica ad Anna e che aveva raccontato quanto LA SCATOLA Anna fosse gelosa di lei perché aveva un bel fisico, era intelligente e prendeva sempre bei voti al contrario di lei. Allora l’investigatore decide di andare a trovare Anna; una volta lì si accorge che in un cespuglio davanti all’entrata c’era qualcosa impigliato nei rami, lo prende e vede che è l’altra parte del fermaglio di Sara. Chiede quindi spiegazioni ad Anna ma lei sembra stupita e dice di non saperne niente. Intanto Mark perlustrando la casa sente delle urla provenire dalla cantina, ne apre la porta e sul pavimento vede delle catene, le segue e si accorge di una ragazza in fondo alla stanza, Sara! Mark avverte subito l’investigatore. Anna prova a scappare ma senza successo. A quel punto Schik chiama la polizia e fa arrestare Anna. Poi accompagna a casa Sara che così può riabbracciare finalmente la sua famiglia. Natascia Coratti LO SMERALDO RUBATO Nonna Carla, la proprietaria della locanda di un paese di montagna, aveva assunto da poco un nuovo cameriere che al custode Filippo non andava a genio: secondo lui faceva troppe domande sullo smeraldo gigante custodito nella cassaforte della locanda. La pietra preziosa era stata trovata anni fa nella vicina miniera e tutti la consideravano un portafortuna per il paese. Filippo andava spesso a controllare se lo smeraldo era al suo posto e quando si accorse che era sparito gli venne un attacco di panico. Si precipitò nella locanda e accusò il cameriere; il parroco che passava di là li sentì litigare e quindi entrò per calmarli. Nonna Carla sentì le urla e chiese che cosa era successo; il custode le disse tutto. Da poco nel paese era arrivato un investigatore privato, Giacomo de Giacobini; in realtà egli era ancora inesperto perché non aveva risolto neanche il suo primo caso. In ogni modo assunse l’incarico che nonna Carla gli dette, così cominciò la sua indagine. Interrogò per prima nonna Carla e le chiese che cosa aveva fatto nella mezz’ora prima di sentire litigare il cameriere e il custode; al cameriere chiese perché era venuto in quel paese; il custode, visto che lo sapevano tutti, confermò che aveva bisogno di soldi ma non aveva rubato lui lo smeraldo; al parroco chiese 36 perché era sporco di terra, infatti era una cosa strana, ma il parroco gli rispose che quando aveva sentito il litigio si trovava nel suo orto. L’investigatore trovò delle tracce fuori dalla locanda, erano delle impronte di scarpe, così controllò tutte le scarpe dei quattro sospettati e vide che corrispondevano con quelle del parroco. Gli sorse un dubbio, poi vide anche una specie di gelatina sopra le scarpe, chiese al custode che cosa poteva essere ed egli rimase sorpreso perché era la sostanza con cui era stato ricoperto il gioiello. Il colpevole era proprio il prete e l’investigatore andò a casa sua e lo accusò di aver rubato lo smeraldo, allora il ladro scoppiò a piangere: egli voleva dare una scuola ai bambini africani da lui adottati, non voleva fare un torto a nessuno, anzi del bene; quel gioiello in cassaforte non serviva a nessuno! L’investigatore aveva così risolto il suo primo caso, ma il prete non fu imprigionato perché nessuno volle denunciarlo dopo aver saputo per quale motivo aveva rubato lo smeraldo gigante. Elena Maietti “Buona sera, signor Rider, mi ha chiamato?” Il signor Rider con voce molto bassa rispose: “Si, si! Ho bisogno.” “Mi dica pure.” “Devi andare su in mansarda …” “In mansarda?” “Si, in mansarda, ma parla piano.” “Va bene signore, ma cosa devo fare?” “Devi aprire la cassaforte e prendere la scatola che c’è al suo interno, La combinazione è 54 – 6 – 9 – 27. Appena l’avrai presa portala qua da me.” “Vado subito.” Ma quando ritornò il maggiordomo si accorse che il signor Rider era morto e chiamò la polizia. “Assassinato da una penna! Molto originale, tu che ne dici Gimmy?” disse l’ispettore Armando Romano, un uomo piccolo, con pizzetto bianco, faccia cicciotella, occhi grandi e neri, ma con un’intelligenza di cinquanta intellettuali messi insieme e poi aveva una passione per i francobolli e non parliamo del il salame e del peperoncino piccante che venivano dalla sua regione, la Calabria. Gimmy era suo nipote ed era nel suo ufficio quando il maggiordomo aveva telefonato. “Si, hai ragione zio.” “Maggiordomo che cosa è quella scatola che ha in mano?” “Niente, sono cose mie.” “E come mai sopra c’è scritto Rider?” “Ah, si … la scatola è della ditta che il signor Rider sponsorizzava.” “Da quello che so io il signor Rider non ha mai sponsorizzato una ditta di scatole.” “Invece si, la Corpos Fabric Company.” “Va bene può andare, ci vediamo in tribunale.” “Zio io ho già qualche sospetto.” “Anch’io, tu non hai visto quegli schizzi di sangue che aveva vicino agli occhi?” “Si, ma ci ha detto che l’ha soccorso …” “E poi il maggiordomo aveva anche una macchia di inchiostro sulla mano destra …” “Il colpevole può essere soltanto lui, vero zio?” “Oh, ci sei arrivato finalmente! Per oggi va bene così, ci rivedremo in tribunale.” “Aspetta zio, ma tu sai cosa c’è in quella scatola?” “Lo scopriremo, stai tranquillo.” … Pom pom pom… “L’udienza è aperta.” disse il giudice. L’ispettore Armando Romano disse subito al giudice: “Se mi posso permettere …” “Parli pure ispettore” “Ecco, volevo dire che il colpevole è il maggiordomo.” “E da cosa lo deduce?” “Prima di tutto aveva una macchia di inchiostro sulla mano destra; sicuramente si è sporcato mentre la svuotava per riempirla di veleno, poi si è avvicinato alla vittima e lo ha colpito alla giugulare, infatti sulla penna ci sono ancora le sue impronte. Così ha potuto rubargli l’assegno da un milione di dollari che era nella scatola. Egli aveva una “storia” con la moglie del signor Rider e voleva scappare con lei.” “Si, però non ci sarebbe stato bisogno di rubare l’assegno, la moglie avrebbe ricevuto l’eredità del marito …” “Invece no! Infatti il signor Rider ha sempre sospettato della moglie e allora aveva destinato il suo patrimonio ad una associazione che aiuta i bambini del Terzo Mondo.” “La causa è già risolta: il colpevole è il maggiordomo. L’udienza è tolta.” A quel punto il nipote dell’ispettore gli chiese: “Zio, ma i soldi?” “Non preoccuparti ho pensato a tutto io e li ho dati in beneficenza come avrebbe voluto il signor Rider.” Francesco Corace OMICIDIO SUL VOLO 492 Aeroporto di New York, volo 492, l’aereo diretto in Inghilterra decollò in perfetto orario. A metà viaggio, durante il pranzo, si sentì un urlo proveniente dal bagno; molte delle persone imbarcate sull’aereo accorsero per vedere che cosa fosse accaduto e trovarono il corpo di un uomo steso a terra, in una pozza di sangue. Tutti restarono sconvolti, allora una hostess buttò subito un grande asciugamano su di lui. Tra i passeggeri c’era un investigatore di nome Park, famosissimo per risolvere i casi di omicidio, accompagnato dal suo aiutante Fray; essi si preoccuparono subito di identificare la vittima e scoprirono che l’uomo si chiamava Bit Hirly, una persona molto ricca in viaggio con i suoi quattro figli: il primo si chiamava Heirlade, il secondo Vraey, il terzo Si- mon e il quarto Essons. L’investigatore, guardando la scena del delitto, sollevò il grande asciugamano e vi scoprì una scritta, forse fatta dalla vittima sul pavimento con il sangue: nomis. Il suo aiutante intanto cercava altre trac- 33 ce e interrogò i presenti; una vecchia signora disse di aver visto un uomo con degli occhiali neri che era uscito dal bagno frettolosamente. Fray corse subito a dare la notizia all’investigatore. Dopo qualche minuto di silenzio, Park parlò a tutti i passeggeri: “Guarda caso Simon, il figlio di Bit Hirly, porta degli occhiali neri come ha visto la signora e se guardiamo l’asciugamano allo specchio la scritta “nomis” diventa “Simon”, proprio lui!” E indicò il colpevole che confessò: egli aveva perso grandi somme di denaro al gioco e il padre voleva cancellarlo dal proprio testamento così egli non avrebbe potuto ricevere nessuna eredità! Marco Pareschi SALVATE GIULIANO Stavo rincasando per cena quando vidi un anziano signore che barcollava in mezzo alla strada, addosso aveva un golf mezzo stracciato e si appoggiava a un bastone per tenersi dritto; allora mi fermai per soccorrerlo e gli chiesi cos’era successo. Prima non disse nulla, poi alzato il volto bisbigliò: “Aiutami, qualcuno ha tentato di uccidermi.” e cadde a terra svenuto. Chiamai subito l’ambulanza che lo portò in ospedale. Il giorno dopo lo andai a trovare e gli feci qualche domanda per chiarirmi le idee. Si chiamava Giuliano Montreschi, aveva 91 anni, abitava in una villetta di campagna con la sua gatta “Contessa” e qualcuno voleva ucciderlo forse per la sua eredità. Salii sulla mia 500 e mi diressi verso la sua casa; giunto a destinazione vidi un’auto ferma: sul parabrezza c’era il simbolo dei medici; davanti alla porta di casa due persone: Max e Terry, i due nipoti di Giuliano. Mi chiesero se sapevo dov’era il loro nonno e io risposi: “State tranquilli, ora è al sicuro all’ospedale ma qualcuno lo ha aggredito.” Aprii la porta e intanto notai che la serratura un era stata forzata; entrai e vidi una luce che pian piano si affievoliva provenire dal salotto, mi accostai alla porta e vidi una gatta che dormiva beata davanti al caminetto dove il caminetto si stava spegnendo. Setacciai tutta la casa ma non trovai niente, solo un forchettone per la carne ai ferri sporco di sangue, lo misi dentro un sacchetto di nailon per farlo esaminare. Tornai fuori e prima di salire in macchina, poiché avevo deciso di interrogare i nipoti, li convocai per l’indomani. Il mattino dopo erano già davanti alla porta del mio ufficio quando arrivai. Entrammo e dopo qualche domanda seppi che nel tardo pomeriggio del giorno in cui il nonno aveva subito l’aggressione lo avevano visto da una finestra del loro appartamento di città mentre litigava con qualcuno che poi lo aveva “spinto” con tanta forza che il nonno era quasi caduto. Erano subito scesi in strada ma non avevano più visto né il nonno né l’uomo ed essi erano rimasti molto indecisi se andare o no a riferire tutto alla polizia, ecco perché erano poi andati a casa sua. Ero scombussolato, non capivo cosa mi stava sfuggendo. Decisi allora di fare a Giuliano un’altra IL FUTURO NEL SOGNO visita per chiedergli se aveva notato qualcosa di strano nel suo aggressore. “Ricordo di aver visto che il colletto sbottonato della camicia non aveva l’asola dritta, ma obliqua.” Uscii dalla sua stanza e incrociai un’infermiera che aveva pronta una flebo per Giuliano, la salutai e ognuno prese la sua strada; ma poi mi fermai di botto: c’era una macchiolina scura sul suo camice e i veleni hanno un colore scuro non le flebo! Mi venne anche in mente che l’infermiera aveva il colletto sbottonato e l’asola era obliqua: allora collegai tutte le cose che sapevo e capii tutto. Tornai subito nella stanza di Giuliano e prima che la donna infilasse l’ago pieno di veleno nel suo braccio dissi: “ Fermi tutti, ho capito chi è il colpevole.” Giuliano a bassa voce chiese: “Chi è?” “E’ la donna che ti è accanto, voleva avvelenarti perché non è riuscita ad ucciderti con quel forchettone. Senz’altro era d’accordo con il suo fidanzato medico, tuo nipote Max: lei doveva ucciderti e lui avrebbe diviso con lei la sua eredità.” Francesco Vernacci Sono le 11 di sera e ho appena finito di lavarmi i denti, sono stanca e vorrei andare a letto a farmi una bella dormita. Sto dormendo ma… forse sono sveglia; davanti a me vedo una televisione e io ci sono dentro, mi vedo… sono più grande, ho tre anni in più. Sono cambiata: ho i capelli che arrivano fino alle spalle, sono dritti, sono alta e magra, per mia fortuna non porto più l’apparecchio ai denti. Sono cambiata anche nel carattere: sono più sicura di me stessa, non sono più timida. Mi piace stare in compagnia dei miei amici. In questo momento mi trovo in aula, sto facendo lezione, frequento la scuola che avevo deciso da tempo : l’Istituto alberghiero. Sono contenta. La lezione che sto seguendo è Educazione alimentare, è interessante questa materia, non è noiosa, anzi è divertente. Il primo anno, quando sono arrivata, non conoscevo nessuno, mi sono trovata in difficoltà all’inizio, poi ho conosciuto una ragazza di nome Chiara. Chiara è la mia migliore amica, con lei condivido tutto, ci scambiamo i vestiti, andiamo a dormire l’una dall’altra. Fino ad allora non avevo mai avuto una “ migliore amica”, sì avevo molte amiche, ma non una “migliore amica”. Suona la campanella della seconda ora, IO, AL LICEO Finalmente è iniziata la scuola! Come tutte le mattine, prendo la corriera e mi dirigo alla mia scuola. Ecco, ci siamo quasi...inizio a scorgere la facciata del liceo "G. Carducci" di Ferrara. Scendo e mi incammino all' entrata. Davanti alla porta ci sono le mie nuove amiche, che mi aspettano. Guardandole mi rendo conto di quanto si può cambiare in tre anni. Eccomi lì, un po’ più alta del solito, capelli lunghi e lisci, sempre castani. Il mio carattere non è cambiato molto, sono solo più sicura di me. Suona la campanella... è ora di andare. In questa scuola mi trovo molto bene, frequento l' indirizzo socio-psicopedagogico e, come in ogni classe, qualcuno si sopporta di più e qualcuno di meno. Intravedo dalla porta un lembo della lunga gonna della prof. di biologia e avviso la mia compagna di banco del suo arrivo. Eccola, sta varcando la so- glia... improvvisamente la classe diventa silenziosa e ordinata, si sentono tutti i miei compagni gridare un energico buongiorno- ma io, il lunedì mattina, non sono tanto sveglia. Come l' anno scorso, mi aspetto che tutti i professori ci chiedano come abbiamo trascorso le vacanze e se siamo contenti di tornare a scuola, così succedeva alle medie; invece qui si parte subito con la lezione. Le ore passano molto lentamente; mi ricordo che tre anni fa passavano più velocemente. Esco da scuola e prendo la corriera che mi porta a casa; mia mamma è al lavoro, e io rimango in casa con il mio cane. Dopo pranzo, salgo in camera mia e inizio a fare i compiti che, essendo il primo giorno, non sono molti. Decido poi di uscire un po’; adoro l' aria autunnale! Verso sera arriva mia madre e pronun- 34 ma abbiamo la stessa materia per un’altra ora consecutiva. La professoressa apre il registro per vedere chi interrogare; sono pronta, ieri io e Chiara abbiamo studiato insieme. La professoressa però chiama Marco. Dopo 45 minuti, suona la campanella; non ne potevo più di ascoltare l’interrogazione di Marco, anche se è andata bene. Sono al terzo anno e sia io che Chiara abbiamo dovuto scegliere tra: cucina, sala, bar o ricevimento. Abbiamo scelto entrambe ricevimento. Questa scuola mi piace molto, mi affascinano diverse materie come: educazione alimentare, alimenti e alimentazione, ma soprattutto i laboratori, dove andiamo a fare pratica per cucinare o per apparecchiare i tavoli; è una scuola molto impegnativa, perché, oltre alla mattina, abbiamo dei rientri al pomeriggio. Di qualche anno fa non rimpiango quasi niente, a parte il fatto che prima avevo più tempo libero. Oltre alla scuola e ai rientri, ho anche la pallavolo che mi toglie non poco tempo; abbiamo allenamento due volte a settimana, in più le partite il sabato pomeriggio o la domenica. Finalmente arriva la campanella dell’ul- tima ora del sabato e le lezioni sono finite; vado alla fermata della corriera che arriva alle 13:35 e arrivo a casa alle 14:15. In corriera c’è molta confusione e io non vedo l’ora di arrivare a casa; dove purtroppo c’e anche mia sorella; litighiamo molto, ma ci divertiamo. Appena finito di mangiare, vado in camera mia a fare i compiti. Di solito esco con il borsone da pallavolo, anche oggi mi aspetta un altro allenamento. Noi ragazze di pallavolo siamo 16, siamo un bel gruppo. A pallavolo ho legato di più con alcune persone che con altre: Rita, Federica e Giulia. Sono felice di far parte della squadra del “Voghiera”. Questa è una mia giornata tipica…ma scopro che sono le 7:20 e la sveglia sta suonando … mi ritrovo a letto, so che mi devo alzare e devo andare a scuola. Mi rendo conto che è stato un sogno; ripensandoci, mi dico “che sogno strano!!… però, spero proprio che si possa realizzare!!! Ambra Buzzoni LA COPPA cia la solita domanda: - “Com'è andata a scuola?”- alla quale io rispondo con la solita risposta: -“Tutto bene”-. Com'è bello andare al liceo! Al mattino parto un po’ sotto tono poi, salendo in corriera, vedo tutti quei visi assonnati e mi rendo conto che non sono quella messa peggio. Piano piano salgono in corriera i miei compagni e si inizia a ridere e scherzare. Quando andavo alle medie, non era così: Al mattino partivo bene, poi riflettevo sulle materie che avrei avuto quel giorno e il sorriso si trasformava in una smorfia. Sono molto orgogliosa della mia scelta e, con la testa, sono già proiettata nel mondo del lavoro. Mi vedo già seduta nel mio studio, anche se non so molto bene di che studio si tratti. Valentina Bassi Questa estate, all’inizio della stagione del calcio, ho provato forti emozioni perché, dopo aver affrontato un torneo, io e la mia squadra siamo arrivati primi confrontandoci con una squadra professionista. Questo torneo è stato organizzato in occasione della morte di un vecchio dirigente dell’Argentana, una persona veramente gentile e molto speciale. Il torneo si è tenuto nel campo sportivo di Argenta (che campo meraviglioso!!!) Io e la mia squadra abbiamo iniziato a giocare; la prima partita era contro una squadra che avevamo già “disintegrato” in passato, però bisognava sempre stare in guardia e impegnarsi, infatti questa partita la vincemmo ben 4-0, con tre goal miei e uno di un mio compagno. Fino a quel momento ero primo nella classifica dei capocannonieri, però non bisognava cantare vittoria subito. Il Ravenna era una delle squadre più forti, perciò dovevamo usare tutte le nostre forze e “dare l’anima”. Durante la partita, visto che loro avevano segnato, dovevamo fare goal a tutti i costi. Sì, era venuto il nostro momento, il mio compagno ha subito fallo e lui è bravissimo a battere le punizioni…. Così abbiamo pareggiato 1 a 1, con un goal bellissimo di punizione. Mancavano cinque minuti alla fine della partita, abbiamo fatto di tutto per vincere …. Ad un certo punto, io provo a fare un’azione personale però, dopo venti metri, mi hanno fatto fallo. Il mio allenatore mi aveva detto di passarla ai miei compagni, però uno di loro mi ha dato sicurezza per tirare in porta. Sì, era il mio momento, non ero sicuro di farcela, ero troppo lontano, però ho trovato il coraggio grazie alle parole di incitamento dei miei compagni… Ho tirato… e ho fatto goal , un goal decisivo, bellissimo, veramente bello. 35 Dopo il goal, i miei compagni mi sono saltati addosso e quello per me ha significato tanto. Quando ho fatto goal ho pianto per la contentezza e il mio allenatore è venuto ad abbracciarmi e a dirmi che avevo fatto bene a tirare in porta e a congratularsi con me. Lui era super contento della nostra prestazione. Ho provato un’emozione fortissima di gioia quando, alla premiazione, siamo risultati i vincitori della coppa del torneo, quella coppa l’abbiamo vinta noi…. Però c’era un’altra coppa, quella del capocannoniere; ero sicuro che l’avesse vinta un giocatore del Ravenna, invece l’ho vinta io, perché avevo fatto ben quattro goal. Christian Cavazza